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L'Economia del Cinquecento e la Nascita del Capitalismo: Stati Militari e Riforma, Appunti di Storia Moderna

Come l'economia del Cinquecento, caratterizzata dall'accumulazione originaria di ricchezze in certi contesti sociali come Spagna, Olanda e Inghilterra, ha contribuito alla nascita del capitalismo. Vengono inoltre introdotti nuovi settori come l'industria della carta e la stampa a caratteri mobili. Il testo illustra come le città-Stato imperiali, come Francia, hanno contribuito alla nascita di correnti originali di pensiero riformato, distinguendo la Riforma francese da quella di Lutero. Viene inoltre descritta la politica di consolidamento dello Stato in Francia sotto Richelieu e Mazzarino, e la successiva rivolta dei magistrati e dei principi del sangue.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 23/01/2022

Alice_Berdini
Alice_Berdini 🇮🇹

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Scarica L'Economia del Cinquecento e la Nascita del Capitalismo: Stati Militari e Riforma e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! STORIA MODERNA I 8+10/03/21 STORIA = quello che è accaduto; il racconto di ciò che è accaduto; MODERNA = “modus” dal latino → di ora, di adesso. È la storia di adesso? CONTEMPORANEO = stesso spazio temporale MODERNA = migliore/i, più razionali e riformisti. Questioni attualissime. Per secoli la distinzione è sempre stata solo tra “antico” e “moderno” (i «moderni tempi» e «antichi» in Boccaccio, la «lezione delle cose antique» e «l'esperienza delle cose moderne in Machiavelli»). A fine Seicento, si cristallizza la triade «antico – di mezzo – nuovo (o moderno)» → CHRISTOPH KELLER = “storia antica, storia medievale e storia nuova”. La storia moderna comincia con la presa di Costantinopoli per mano di Maometto II (1453). Per l'ordinamento francese di metà Ottocento la storia moderna era abbastanza vicina come data iniziale a quella che abbiamo ancora oggi (scoperta dell'America come data iniziale, quindi 1492) però la considerano tutta moderna, in quanto “moderno” significa “di ora, di adesso”. A pochi decenni dalla fine del Congresso di Vienna (1814) la cesura viene percepita come periodizzante. “di adesso” intendiamo la storia contemporanea e non quella moderna. La storia «di adesso» non è la storia contemporanea? Il «contempo» - il sincrono – il simultaneo (semplice connotazione cronologica: fatti o persone che accadono o si trovano nello stesso momento) es: Ottaviano Augusto (non è moderno) contemporaneo di Antonio; Shakespeare contemporaneo di Elisabetta I e Giacomo I; Rivoluzione Russa contemporanea alla Prima Guerra Mondiale; Elisabetta II d'Inghilterra contemporanea di Papa Giovanni XXIII e del Presidente Sergio Mattarella. Il contemporaneo non è necessariamente quello che guarda a ieri, ma è semplicemente quello studioso che vede i fenomeni storici in compresenza, che deve confrontare due cose che avvengono nello stesso momento. La modernità, già dal 600, è un grande dibattito del pensiero, non è una parola neutra. Inizialmente un valore negativo, ma poi diventerà positivo (“moderni”, cioè “migliori”, più razionali, riformisti e tolleranti). Rispetto alla storia contemporanea, è subito piena di giudizi. Persino “medievale”, che in realtà era nata come una cosa topografica, qualcosa che stava in mezzo tra altre due cose, però si è caricata di valori, per cui “medievale” quasi significa oscuro, qualcosa di ancora rozzo, imperfetto, violento... si è connotato dal punto di vista valoriale. NEGATIVO -querelle antichi/moderni; -controrivoluzione; -restaurazione; -filosofia (da Nietzsche a Freud) POSITIVO -connotazione positiva; -”moderni”, “migliori”, più razionali, riformisti e tolleranti. Qual è la specificità di moderno rispetto a contemporaneo? Moderno è capace di piantare radici e di far crescere altezze molto maggiori. Oggi noi affrontiamo nella globalizzazione un processo che è iniziato nel 400, quelle radici che sembrano lontane sono in realtà vicinissime. I versanti (o campi o approcci) della storia moderna: spaziale/geografico; economico; culturale/scientifico; politico; religioso; antropologico/sociale Centralità della storia moderna: -cautela sui valori; -analisi dei diversi campi già messi in evidenza (se possibile avvertita della non neutralità delle precedenti letture; -accento sui cambiamenti significativi. IL VERSANTE SPAZIALE: -percezione dello spazio; una civiltà che si è sempre mossa a piedi o a cavallo per brevi tratti. Il 500 è un momento di cesura straordinaria; grandi vie di comunicazione dal nord al sud Europa (Roma- Venezia in sette giorni o Roma-Parigi in meno di due settimane). Si comincia a sviluppare anche una misurazione delle distanze tra l'Europa e il resto del mondo → lo spazio diventa una grandezza fondamentale. -la prova della validità della cesura periodizzante: il mondo alle fine del '400 e all'inizio '800 -esplorazioni geografiche scientifiche (1492, 1519) -scoperte: non si scopre l'America ma si scoprono anche le dimensioni del globo, cui si dà nuova forma: conquiste e insediamenti. Momento iniziale della globalizzazione: tema caldissimo, è stata per una ventina d'anni un concetto che sembrava dovesse riguardare soltanto le scienze economiche e sociali contemporanee quindi quello che riguardava la società degli anni '70. Gli storici hanno cominciato a occupare il terreno della globalizzazione dalla fine degli anni 80; -effetti mondiali: antagonismo Asia-Europa (la grande divergenza di Kenneth Pomeranz); -la subalternità africana (la tratta degli schiavi) IL VERSANTE ECONOMICO: Si vuole vendere e non solo comprare la materia prima. Quindi va verso la direzione della formazione di un mercato mondiale (economia-mondo) = globalizzazione, vendere i propri materiali; il versante economico sfrutta ciò che è disponibile, soprattutto le vie acquatiche, quindi tutto l'Atlantico e tutto il Pacifico. Mari che si impongono come rivalità: il commercio del Mediterraneo soffre per quello sull'Atlantico (Mar Mediterraneo, Oceano Atlantico, Oceano Pacifico: rivali) e subisce lo schiaffo di Magellano che riesce a fare un giro completo del globo. L'economia di questo periodo è anche quello della “accumulazione originaria”, cioè quella del deposito progressivo di ricchezze che certi contesti sociali/Stati fanno (Spagna, Olanda, Inghilterra) e le origini del capitalismo. (Inglesi primi capitalisti, compagnia delle Indie Orientali Olandese o Inglese) ma non è ancora proprio capitalismo: per questo ci vuole l'imprenditore privato che sfruttando la mano d'opera e la forza lavoro dei lavoratori nel commercio dell'attività primaria, estrae i plusvalore e si arricchisce, tutte cose successe nell'età moderna, quindi anche da questo punto di vista il lavoro salariato, lo stipendio è qualcosa che nasce adesso, tra il 700 e l'800. In vicini. Cos'è un tasso di natalità/mortalità? Ogni mille persone abbiamo ogni anno 35-40 nuovi nati/morti. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale di questa popolazione, intanto è legata alle zone: c'è una striscia che va dal nord Italia, attraversa la tedesco-francese e va verso le Fiandre che è molto urbanizzata, quindi c'è una prevalenza di densità di popolazione in città. Altrimenti la maggiore quantità di popolazione abita in campagna; nasceranno anche città portuali e queste si sviluppano anche in modo sensibile nella popolazione e quindi avremo, come Amburgo, grandi città sul mare → ma si torna a una situazione di prevalenza di insediamenti abitativi in campagna. Se guardiamo la struttura demografica dal punto di vista delle unioni tra uomini e donne in età moderna, l'età del matrimonio è legata alle condizioni economiche, quindi vuol dire che quando c'è un momento di migliore condizione economica e nei secoli, dal 500 al 700, questo vuol dire soprattutto quando i raccolti sono stati migliori, le persone si sposano più giovani, non appena c'è la minima avvisaglia di una crisi economica l'età del matrimonio si allontana verso e oltre i 30 anni e quindi questo ha un impatto anche sulla possibilità di fare figli. Il clero è in ottima posizione dal punto di vista numerico, oscilla tra il 3 e il 5% di tutta la popolazione europea. La densità di popolazione è abbastanza scarsa nel resto del continente, escludendo la striscia verso le Fiandre che è molto urbanizzata (come le capitali). La demografia di basa su statistiche; prima di queste si ricorreva ad altri fonti → libri parrocchiali, spesso conservati dal 500/600 in molte parrocchie dell'Europa cattolica. Dal 1563 → hanno costituito l'oggetto di una precisa prescrizione normativa del concilio di Trento, che diceva che in ogni parrocchia bisognava tenere i libri delle nascite, delle morti e delle unioni in matrimonio. Sistema delle commende → Europa dell'età moderna è ancora molto occupata dagli ordini religiosi e militari (l'ordine di Malta, l'ordine di San Maurizio e Lazzaro, l'ordine di Santo Stefano in Toscana); tutti questi ordini avevano queste unità di presenza sul territorio che si chiamano “commende” che era un insieme di abitati in cui risiedevano persone che si occupavano dei beni di quella commenda (massima parte agricoltura, molto più raro in allevamento). Da fine 500 e inizio 600, tutti i grandi poteri statali europei cominciano a registrarsi i sudditi maschi tra 18 e 50 anni per vedere che tipo di potenziale militare possono tirar fuori dalla loro popolazione maschile. Che cosa cambia in questo settore? Intanto la popolazione aumenta del 330%. Possiamo anche dire che ci sono state molte guerre, crisi, scarsa igiene e alto tasso di mortalità, però in quella data situazione ha potuto crescere in modo enorme la quantità di popolazione presente sul continente europeo → a causa del miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, la scomparsa della peste... le persone hanno potuto avere una tendenza verso la crescita della popolazione senza più queste crisi violente. → il netto miglioramento dell'alimentazione europea dopo all'arrivo del mais e patate dal nuovo mondo. Ma la resa economica è ancora molto bassa per l'agricoltura dell'età moderna quindi il fatto di poter contare su alimenti altrettanto nutrienti ma più facili da coltivare, ha voluto dire un miglioramento per le condizioni di vita dei nostri antenati. → altri mutamenti demografici più spiccati dalla fine del '600 è il tasso di mortalità che è decresciuto: la guerra dei 30 anni è l'ultimo spaventoso conflitto che riguarda le popolazioni in modo così distruttivo; le guerre successive non hanno più visto un coinvolgimento dei civili così pesante. → l'età del matrimonio si abbassa, perché con l'arrivo degli alimenti americani hanno maggiore possibilità di sposarsi prima, che vuol dire fare più figli e più forza lavoro. Nel corso del Sei, Settecento si passa sempre più insistentemente dalle famiglie allargate a quella più vicine al modello nucleare che prende definitivamente forma nell'800 → ovvero i contadini europei hanno sempre cercato di tenere 3 generazioni nella stessa unità produttiva (nonne, figli e nipoti – non molto frequente campare così tanto da avere un'intera famiglia di 3 generazioni in una stessa unità). Con il miglioramento delle condizioni dell'agricoltura e quindi dell'economia, succede che le famiglie contadine o dei grandi artigiani vogliono sempre meno essere un'unica unità produttiva e quindi lasciano spazio al distacco dei figli che formano delle famiglie a loro volta soltanto basati su coppia e figli → famiglia nucleare → innovazione della storia europea tra 600/700 → tasso di natalità cresce appena. Nel '700 finisce questo regime democratico dei 10/12 figli per donna e si comincia a praticare dei metodi di contraccezione. È stato detto che appena ci si affaccia ad un livello sociale superiore rispetto all'interno degli stati sociali superiori l'ostentazione del proprio apparire è una regola fondamentale. Abbiamo questa grande nobiltà feudale, capace di condizionare i territori in cui si trova (grandi nobili dell'Italia padana che riescono a condizionare addirittura la politica di Carlo V e quella di Filippo II, quindi farsi ascoltare dai sovrani più potenti del 500/600). Accanto a questa nobiltà c'è il patriziato più basso, che non ha grossi possedimenti fondiari a parte qualche casale; può essere specializzato nelle professioni e si specializza nel governo delle città. Ci sono dei percorsi di ascesa e discesa (quando la famiglia romana Savelli comincia a perdere posizioni e a impoverirsi, saranno i Barberini, famiglia papale, a comprarsi i loro feudi e a diventare nobiltà feudale). Il patriziato punta sempre a diventare nobiltà terriera ed è una grande importanza perché vuol dire che ancora nella società dà come valore fondamentale qualcosa che sta molto alle spalle. La proprietà terriera di tipo feudale è un qualcosa di molto lontano nel 500/600 i più ricchi sono quelli che si sono dati da fare con la finanza, con il commercio, però questi al punto massimo di arrivo hanno quella di diventare comandanti d'esercito per l'imperatore, comprarsi un feudo e mettersi a riposo. Questa società non è immobile, si muove → diventare un nobile di vecchio tipo. ECONOMIA → l'economia è basata sull'agricoltura, ma molto povera. La signoria fondaria è diffusa, le condizioni del contadino che lavora per le grandi signorie è quella del servo. Chiunque abbia un pezzo di terra per sé deve pagarci un canone sopra. Il prelievo fiscale è doppio, perché c'è il prelievo fiscale del signore e quello dello Stato che sta nascendo e che mette tasse per chiunque le possa pagare; in più qualsiasi cosa dovevano usare, dovevano pagarla al signore: il mulino, il frantoio, i battelli per passare il lago... tutti appartenenti al signore, quindi una condizione difficile per gli strati più bassi. Pian piano si riesce a uscire da questo stato di predominanza della signoria e di andare verso una presenza degli affitti più consistente: la durata dell'affitto è una variabile molto importante perché se si avrà un affitto a lunga durata ci si occuperà della terra, strategie → pensare più in grande. Il mercato esiste, ma è ancora molto povero per la maggior parte dei beni. Lo scambio è limitato e si cerca l'autosufficienza: prima avere per sé, poi vendere, ma non è un grosso mercato di scambio. Si arricchisce soprattutto chi lavora sul denaro come i banchieri, finanzieri, quelli che inventano i metodi di pagamento più funzionali. Già da fine 700 si era visto che i limiti di questo assetto strutturale erano molto stretti THOMAS MALTHUS → malthusianesimo → difficoltà suscitate dalla pressione demografica = nei periodi di aumento della popolazione la crescente offerta di manodopera fa diminuire i salari, e quindi determina un peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Per quanto riguarda l'industria, questo è un periodo ancora poco manifatturiero: all'inizio del 500 le più fiorenti città d'Europa erano anche importanti centri manifatturieri e la loro prosperità è legata allo sviluppo delle manifatture. L'attività più diffusa era quella tessile, lavorazione della lana. In questo settore il primato industriale era detenuto dalle città dell'Italia centro-settentrionale come Firenze, Milano, Bergamo; ma l'industria laniera era presente anche nei Paesi Bassi e Inghilterra, dove si affermò la produzione di panni di lana di nuovo tipo, più leggeri e meno costosi. Dopo la metà del secolo, con il ritorno della pace, arriva la lavorazione più pregiata della seta, anche impiegando manodopera femminile, più flessibile ed economica → si toccavano vette della produzione di lusso. In aggiunta, sorsero nuovi settori, come l'industria della carta, ma nel '500 ricevette un potente impulso dalla diffusione della stampa a caratteri mobili, messa a punto da Gutenberg a metà '400. Venezia divenne la capitale europea dell'arte della stampa, ma anche in Francia e Germania. (Poi anche metalli, vetro, armi). COMMERCIO E FINANZA → ramo più produttivo. Abbiamo tutti i livelli del mercato: le fiere (importanti quelle di Piacenza e Besançon, dove si fa scambio dei contenuti finanziari del commercio), il commercio ambulante, compagnie di mercanti (la compagnia delle Indie Orientali olandesi / Inghilterra); la compagnia di mercante è un insieme di mercanti di una città che fa una petizione ad un governo per ottenere un privilegio di fare dei commerci in una certa parte del mondo. Una volta che si è avuto un contatto diretto con le zone e cominciato il commercio si diventa monopolisti, ci si arricchisce, si cominciano a fondare delle basi su quelle zone per dare sicurezza ai traffici che partono da quelle zone. Gli stati sono grandi protagonisti dell'economia in questo periodo, fa parte della macro struttura dell'età moderna, la presenza molto forte degli stati: innanzitutto perché intervengono molto spesso in economia (la manifattura di Colbert del secondo 600); ma anche quanti ordinativi fanno i sovrani per quello che riguarda la metallurgia, le armi e le armature, fanno costruire mura, fortezze, navi... quindi danno lavoro a tanti, c'è un grosso intervento pubblico dell'economia. Sono stati che immaginano la loro attività come bellica e quindi devono estrarre risorse dai loro contesti territoriali quindi diventano delle grandi macchine di estrazione di risorse fiscali (= Stati fiscali militari). Questo denaro non basta mai, il ricorso al privato che presta è sempre in agguato; questi Stati possono cadere in bancarotta perché non riescono a pagare i prestiti ricevuti. Anche chi non va in bancarotta, come la grande Francia di Luigi XIV, ha dei comportamenti spregiudicati nei rapporti della finanza (ovvero si fa prestare denaro, privatizza delle cose e poi le rimette in vendita dopo averle già vendute una volta). 1557 → la bancarotta dichiarata da Filippo II provocò la rovina dei Fugger e danni gravissimi alla piazza finanziaria di Anversa, che dipendeva dal re di Spagna. Cosa cambia nel Cinquecento? – grande ascesa dei prezzi. I prezzi salgono perché l'Europa viene inondata dall'oro e dall'argento americano; – la prima battuta d'arresto di fine secolo → questo ciclo si interrompe quando cominciano ad arrivare meno carichi di oro e di argento, soprattutto quando c'è la “piccola glaciazione”, sembra abbia fatto molto più freddo del normale a fine '500 e i raccolti cominciano ad essere molto cattivi per un po' di anni; – cambia anche il fatto che gli usi collettivi della terra ereditati dal Medioevo, cioè regolamentare l'accesso alle risorse della terra un po' per uno nelle comunità periferiche, ma poteva riguardare anche il pascolo... dal '500 in poi comincia a cambiare. Situazione inglese → dal '500 più del 40% delle terre che erano in possesso comune viene recintata → “enclosures”; successe anche in Italia; – anche nel commercio qualcosa cambia: ricerca delle nuove rotte per l'Oriente, il commercio e la finanza sono diventati molto più integrati; esteri dell'Impero cinese. Dall'Africa erano giunti in Portogallo oro, schiavi e pepe rosso. Ma le spezie d'Oriente erano più redditizie. La corona portoghese, che aveva lasciato il commercio africano al monopolio di compagnie commerciali private, dichiarò monopolio reale il commercio indiano, che andava diretto verso alla Casa da India di Lisbona, fondata dopo il ritorno di Vasco da Gama. Da lì le spezie erano inviate ad Anversa, dove nel 1508 fu costituita una sede secondaria della Casa da India. Il monopolio reale era difficile da difendere e i costi di trasporto erano alti (introiti derivanti dal commercio delle spezie costituì il 40% delle entrate della corona). LA CONQUISTA DELL'AMERICA I 1500 uomini che accompagnarono Colombo nella sua seconda spedizione appartenevano in gran parte a ceti poveri, molti artigiani e contadini, mossi dalla fortuna. I primi territori occupati furono Portorico, Giamaica, Cuba, dove si trovò abbastanza oro. In tutto questo periodo gli spagnoli seguirono il modello portoghese; a Siviglia la regina Isabella fondò nel 1503 la Casa de Contrataciòn, ispirandosi al modello di quella da India. Le cose cambiarono quando dalle Antille la conquista si estense al continente. Questa seconda fase dell'occupazione spagnola in America iniziò nel 1519, quando Hermàn Cortés scoprì l'esistenza di una civiltà più ricca di tutte quelle incontrate prima e conquistò i nuovi territori. Cortés aveva sottomesso un impero e stimolò la formazione di altre spedizioni. 1527 → Francisco de Montejo partì alla conquista dell'impero dei Maya, e nel 1529 Francesco Pizarro e Diego de Almagro iniziarono l'invasione degli Incas in Perù. GLI AZTECHI Messico centrale. Erano una popolazione nomade stabilitasi lì nel XIV secolo, fondando la propria capitale Tenochtitlàn, l'attuale Città del Messico. Dotati di un'efficiente organizzazione militare, nel corso del '400 avevano esteso il territorio sotto il loro controllo, imponendo alle città-Stato di pagare dei tributi (tessuti, oro, gioielli). La capitale era un enorme centro urbano, dotati di acquedotti e fontane e attraversato da canali. Era divisa in 4 quartieri ciascuno dei quali composto da un'ottantina di calpulli: questi, che erano simile a un clan familiare, detenevano la proprietà collettiva della terra e presiedevano all'organizzazione della vita dei loro membri. La carica di imperatore era ereditaria. Alla base della piramide sociale vi erano poi gli schiavi, prigionieri di guerra o i condannati. La città abbondava di mercati dove si potevano trovare sia prodotti locali che merci provenienti da fuori. Gli Aztechi non conoscevano l'uso della ruota e non possedevano animali da soma, Utilizzavano il bronzo, ma non il ferro. Al suo Cortés fu accolto e gli fu facile insediarsi in città, prendere in ostaggio il sovrano e assumere il controllo. 1521 → strinse alleanze con le tribù ostili e riuscirono a conquistarla. I MAYA E GLI INCAS Un'altra grande civiltà dell'America centrale era quella dei Maya; il loro territorio era costellato da centinaia di luoghi di culto per le cerimonie religiose. Accanto al clero esisteva una potente nobiltà che aveva il monopolio della terra e imponeva pesanti tributi ai contadini. Avevano un complesso sistema di scrittura + conoscenze astronomiche sviluppate. Il terzo grande impero con cui gli spagnoli vennero in contatto fu quello degli Incas. A differenza di quelli dell'America centrale, questo impero era fondato sulla continuità territoriale e sul controllo politico, attuato mediante l'inserimento dei governanti locali all'interno di un sistema di potere centralizzato. Al vertice della società c'era l'Inca, il sovrano, che esercitava un potere assoluto su un'organizzazione piramidale gerarchica: ogni popolo assoggettato aveva i suoi governanti e come ogni gruppo di 10 persone aveva un suo capo. Ogni villaggio possedeva la terra e i contadini dovevano coltivare i campi dei signori e del clero, oltre ai propri. Essi dovevano fornire prestazioni di lavoro gratuito per la costruzione di strade e canali di irrigazione. Non conoscevano la scrittura a differenza dei Maya, ma erano in grado di elaborare statistiche. Gli Incas erano ingegneri in grado di costruire ponti e gallerie, acquedotti. Gli spagnoli catturarono l'Inca e la famiglia imperiale e assoggettarono la popolazione. GLI STRUMENTI DELLA CONQUISTA Gli imperi americani, grandi e potenti, sono crollati facilmente perché: - non riuscirono a respingere i conquistadores ma anche a causa del superiore equipaggiamento militare degli spagnoli, dotati di armi da fuoco e cannoni, e cavalli; – in Perù Pizarro si approfittò di una crisi dinastica; in più tra gli spagnoli circolavano le notizie delle imprese belliche, mentre le popolazioni che vivevano isolate e parlavano lingue diverse ignoravano quello che stava accadendo; – si aggiunsero le malattie, in quanto gli indiani non avevano difese immunitarie contro le malattie portate dagli europei, quindi in molti morirono di influenza, vaiolo, morbillo. LA NUOVA ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI I sovrani incoraggiavano la fondazione di città e nel 1523 Carlo V stabilì le regole per l'organizzazione dello spazio all'interno delle città. Gli spagnoli introdussero la struttura territoriale della parrocchia, in modo che l'affermazione dell'autorità civile andasse di pari passo con quella dell'autorità religiosa. Anche una seconda istituzione, l'encomienda. 1502 → Isabella ordinò di assegnare a ogni comunità indigena uno spagnolo che amministrasse la giustizia e proteggesse gli abitanti. Nacque così l'idea di esportare in America una forma di senorìo castigliano, ovvero feudo. L'encomienda consisteva in una serie di città, villaggi e altri centri abitati sottoposti al dominio reale, che la corona di Castiglia affidava al governo di una persona meritevole, in cambio del diritto di riscuotere dagli abitanti le tasse. Coloro che vivevano nell'encomienda dovevano lavorare gratuitamente per l'encomendero; in cambio si impegnava a proteggerli e a garantire loro l'istruzione religiosa. A Madrid la gestione complessiva degli affari americani venne affidata a un Consejo de Indias, che aveva il compito di preparare le ordinanze relative ai nuovi territori e di istruire tutte le pratiche provenienti da essi. I territori delle colonie furono divisi in due viceregni: la Nuova Spagna (Messico), e la Nuova Castiglia, (Perù), ciascuna dotata di propri organi di governo e dipendente da un viceré. Con la conquista del Nuovo Mondo gli europei scoprirono l' “altro”. Di fronte alle popolazioni indigene l'atteggiamento fu spesso di totale chiusura e molti conquistatori si abbandonarono alle più efferate e gratuite forme di crudeltà. Tuttavia alcuni missionari ed avventurieri adottarono un atteggiamento più attento nei confronti degli amerindi, lasciandoci preziose testimonianze del loro modo di vivere. 29/03/21 LA RIFORMA All'inizio del '500 si avvertiva l'esigenza di una riforma della Chiesa, che comportasse un ritorno alla semplicità e alla purezza delle origini. Ad aggravare la situazione c'era il fatto che i proventi delle terre di proprietà dell'istituzione religiosa lasciavano il paese dirette a Roma o altre parti, con grave perdita economica per la comunità locale. Uno dei mezzi utilizzati dalla Chiesa per racimolare risorse era quello della concessione di indulgenze in cambio di elemosine: 1517 → papa Leone X concesse l'indulgenza plenaria (cioè la remissione delle pene) a chi si fosse pentito dei loro peccati e avesse compiuto un atto di carità, versando un'elemosina adeguata alle loro possibilità. In Germania l'appalto per l'indulgenza fu assunto da Alberto di Brandeburgo, vescovo di Magonza e Magdeburgo. Nella concezione comunitaria del cristianesimo medievale, la dottrina tradizionale della salvezza, risalente a sant'Anselmo, secondo la quale nessuno poteva perdonare un qualunque tipo di offesa (furto o omicidio di un parente) finché non gli fosse stata offerta in cambio una compensazione di pari valore → stabilire la somma che doveva essere pagata per cancellarle. Erasmo da Rotterdam la considerava incivile e così anche Lutero. La critica fu applicata anche a questioni riguardanti la Chiesa, come la «donazione di Costantino» (l'atto con il quale l'imperatore Costantino avrebbe concesso territori a papa Silvestro I), di cui Lorenzo Valla dimostrò la falsità, e allo stesso Nuovo Testamento, che Erasmo si impegnò a ristabilire nella versione originale in greco, mettendo alla luce i tanti errori presenti nella versione latina di san Girolamo. MARTIN LUTERO (1483-1546) Lutero nasce in Germania. Studiava diritto all'università e la sua formazione fu influenzata dalla teologia di sant'Agostino, dalla sua visione pessimistica della natura umana e dalla convinzione che la salvezza si potesse raggiungere solamente attraverso la grazia concessa da Dio. Leggeva la Lettere ai romani di san Paolo che dice che Dio è giusto e punisce i colpevoli; la salvezza era dunque nella fede, la quale era una conquista e la sola cosa che poteva aiutare era la parola di Dio, contenuta nel Vangelo. Erano le basi di quella teoria della salvezza sola gratia, sola fide, sola scriptura (solo attraverso la grazia, la fede e la scrittura) che avrebbe costituito il nucleo della teologia protestante. 1517 → Lutero rese pubbliche 95 tesi sulla dottrina delle indulgenze, nelle quali non si limitava a denunciare gli abusi ma affrontava lo stesso fondamento dottrinario dell'indulgenza, sostenendo che Dio, e non il papa, aveva il potere di rimettere le pene da Lui inflitte. La diffusione del luteranesimo → le tesi di Lutero ebbero molto successo in quanto contenevano un attacco alla Chiesa. Il loro contenuto provocò una denuncia da parte del vescovo e contro Lutero fu avviato un processo per eresia, conclusosi nel 1520 con la bolla Exsurge Domine. Dopo l'elezione di Carlo d'Asburgo a imperatore, nel 1521 fu convocata la Dieta di Worms, un'assemblea degli stati dell'Impero, durante la quale dovevano scomunicare Lutero e quest'ultimo si presentò di fronte alla Dieta e rifiutò le contestazioni di questa. Ma Federico il Savio di Sassonia, di cui Lutero era suddito, lo salvò nascondendolo nel suo castello dove si dedica alla traduzione della Bibbia in tedesco. Le sue parole però furono interpretate in senso politico, scatenando così numerose rivolte, tra lui quella dei cavalieri (tra 1521 e 23) e la seconda fu la rivolta dei contadini. LA GUERRA DEI CONTADINI Il rapporto con i signori feudali era regolato da un «patto» che non poteva essere violato. Con l'espansione del mercato e l'aumento dei prezzi, molti signori stavano adottando una politica che mirava ad alterare quegli accordi per accrescere il proprio guadagno: cercavano di costringerli a lavorare gratuitamente, aumentavano le tasse, confiscavano le terre dei vassalli. Le prime rivolte scoppiarono nel 1524 nella Germania sud-occidentale; in questa occasione i contadini si organizzarono dandosi un programma e delle parole d'ordine, tutto scritto sul documento I dodici articoli dei contadini tedeschi. Questi dodici articoli si aprivano con due rivendicazioni significative: – il diritto della comunità a scegliersi il proprio parroco, che predicasse solo secondo il Calvino intraprese un'intensa opera di riforma degli ordinamenti religiosi e politici della città, per trasformarla in una vera comunità cristiana, in cui i «pastori» avrebbero dovuto spiegare la parola di Dio e amministrare i sacramenti. A capo della Chiesa ginevrina fu istituito il Concistoro, un organo collegiale formato da anziani e da pastori, che aveva anche il compito di vigilare sulla condotta delle magistrature cittadine. I compiti delle autorità secolari si estendevano al controllo sui comportamenti privati dei cittadini, che dovevano conformarsi a una severa disciplina cristiana. La distinzione tra potere civile e potere ecclesiastico veniva a cadere. LA RIFORMA IN INGHILTERRA Gli scritti dei riformatori arrivavano anche in Inghilterra, ma la spinta immediata al distacco della Chiesa inglese da quella romana venne da ragioni personali o politico-dinastiche, più che religiose. Enrico VIII infatti, non aveva avuto un erede maschio dalla moglie Caterina d'Aragona, e chiese al papa di dichiarare nullo il matrimonio in modo da poter sposare una dama di corte, Anna Bolena. Ma papa Clemente VII Medici rifiutò. Il re si rivolse al Parlamento che approvò (1532-34) una serie di atti con i quali ruppero tutti i legami tra la Chiesa inglese e quella romana. 1535 → fu emanato l'Atto di supremazia, con il quale si conferiva al re il titolo di Capo supremo della Chiesa d'Inghilterra. Il processo di riforma si arrestò nel 1553, quando salì al trono la sorellastra di Edoardo, Maria Tudor, della la Sanguinaria per la sua feroce repressione del protestantesimo. Ma riprese 6 anni più tardi, dal momento dell'ascesa al trono di Elisabetta I. GLI ERETICI ITALIANI DEL '500 La svolta decisiva si ebbe con il Sacco di Roma del 1527, che molti interpretarono come una punizione divina contro la corruzione della Chiesa, e che rafforzò all'interno della Curia romana il partito favorevole alla convocazione di un concilio generale. La richiesta preoccupava il papa, che temeva di essere messo sotto accusa. Ma anche a Roma spirava un «vento evangelico» sempre più forte. In alcuni centri si formarono dei cenacoli di sostenitori di una nuova spiritualità. A Napoli , attorno allo spagnolo Juan de Valdés si costituì un gruppo formato da personalità prestigiose per status sociale, cultura, posizione all'interno della gerarchia ecclesiastica. Gli aderenti a questo gruppo consideravano secondarie le pratiche esteriori del culto e fondavano la propria esperienza religiosa sulla ricerca di un rapporto diretto con Dio, attraverso l'illuminazione interiore. 31/03/21 GUERRE D'ITALIA E FORMAZIONE DEGLI STATI TERRITORIALI/REGNI E IMPERI IN LOTTA NEL CINQUECENTO La pace di Lodi del 1454 avrebbe dovuto inaugurare un periodo di tranquillità ed equilibrio tra i diversi Stati italiani. In realtà si aprì un periodo di congiure, destinato a degenerare dopo il 1492, quando scomparvero i due principali protagonisti politici di questo periodo, papa Innocenzo VIII e Lorenzo de' Medici, signore di Firenze. A capo della Chiesa fu eletto lo spagnolo Alessandro VI, il cui principale obiettivo della sua politica fu di arrivare a costituire uno Stato territoriale per il figlio Cesare. Alle ragioni interne di turbolenza bisogna aggiungere le pressioni di francesi e aragonesi che, per motivi strategici e dinastici, miravano a conquistare o mantenere possedimenti in Italia. La situazione precipitò nel 1494, quando l'instabilità si trasformò in una serie di guerre aperte, che si protrassero per una ventina d'anni. Nel 1516 i due principali protagonisti delle guerre d'Italia erano cambiati: sul trono di Francia sedeva ora Francesco I e su quello unificato di Spagna Carlo d'Asburgo. Nel 1519 quest'ultimo fu anche eletto imperatore del «Sacro romano impero della nazione tedesca» col nome di Carlo V, e si trovò così a regnare su territori vastissimi. L'elezione di Carlo d'Asburgo a imperatore alterava l'equilibrio raggiunto tra le varie potenze in Italia → 1521 si riaprono le ostilità tra gli eredi degli antichi contendenti. Fu coinvolto anche il papato e nel 1527 un esercito di lanzichenecchi al soldo di Carlo V invase Roma e la sottopose a un feroce saccheggio (Sacco di Roma); suscitò grande scalpore in tutta la cristianità, per il significato simbolico di punizione divina. Quando la città non ebbe più nulla da offrire, l'esercito si ritirò e tra il papa e Carlo V si giunse a un compromesso: l'imperatore si impegnava a restituire al papa i suoi domini; in cambio questi riconosceva i diritti dell'imperatore sui territori italiani e nel 1530 a Bologna, lo incoronò solennemente imperatore. Il conflitto tra Francia (con nuovo re Enrico II) e Spagna era lontano dal concludersi → 1559: dopo decenni di guerra si arrivò alla pace di Cateau-Cambrésis, che chiuse il conflitto, ma non fu Carlo V a siglare l'accordo perché nel 1556 aveva abdicato, ritirandosi a vita privata e dopo aver diviso i suoi possedimenti tra il figlio Filippo II (Spagna, Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna, Paesi Bassi, colonie americane) e il fratello Ferdinando I (corona imperiale, le terre degli Asburgo, Boemia e Ungheria); con questo atto riconosceva l'irrealizzabilità dell'impero universale. LE ISTITUZIONI STATALI ALL'INIZIO DEL 500 Gli Stati del primo '500 avevano caratteristiche assai diverse da quelli odierni. L'impero germanico era formato da centinaia di territori relativamente autonomi rispetto al potere imperiale. Il potere politico era esercitato congiuntamente dall'imperatore, elettivo, e dall'assemblea dei ceti, la Dieta. Tra l'uno e l'altra esisteva un rapporto che era contemporaneamente di collaborazione e di competizione. Anche nei regni iberici Carlo V (la Castiglia e la Catalogna) aveva a che fare con delle assemblee rappresentative dei ceti – le Cortes – ma qui la struttura politico-istituzionale era meno frammentata. Organi di rappresentanza – gli Stati generali – esistevano pure in Francia, ma il loro potere era minore che altrove. Il diretto rivale di Carlo V, il re di Francia Francesco I di Valois, aveva a che fare con una struttura politica molto meno difficile da gestire. Anche in Francia esisteva un'assemblea rappresentativa, gli Stati generali, e anche in Francia esisteva un'assemblea di ampia indipendenza; i domini del re di Francia costituivano un'unità territorialmente compatta, all'interno della quale il re poteva essere sempre presente. GUERRE E POTERI MONARCHICI L'impero di Filippo II, figlio di Carlo V d'Asburgo, era assai ridotto rispetto a quello su cui aveva regnato suo padre. Fin dagli anni '20 erano stati istituiti degli organi collegiali (i Consigli di Castiglia, Aragona, delle Finanza, delle Indie) il cui compito era di istruire tutte le pratiche riguardanti quel territorio. Il più importante fu il Consiglio delle Finanze per gestire le entrate e il patrimonio dell'Impero. Il Regno di Francia presentava minori elementi di dispersione rispetto al suo vicino; la corona godeva dell'importante diritto di imporre un'imposta diretta sulla terra senza dover passare per l'approvazione degli Stati generali. Nelle province esistevano inoltre delle assemblee rappresentative dei tre ordini, gli Stati provinciali. La suprema carica militare e civile delle province, quella di governatore, che esercitavano poteri quasi sovrani all'interno dei loro territori. In materia religiosa, il re di Francia godeva del diritto di nomina ai benefici ecclesiastici e quindi di una notevole influenza sulla Chiesa francese. Come tutti gli altri sovrani, Francesco I non concepiva la possibilità di un'unità politica indipendente dall'unità religiosa. LE GUERRE DI RELIGIONE IN FRANCIA E L'EVOLUZIONE DELLA TEORIA POLITICA In Francia ai problemi economici e finanziari derivati da cinquant'anni di guerre si aggiungeva un contrasto sempre più profondo tra cattolici e protestanti (= ugonotti) che sfociò nella guerra civile (il più grave episodio fu, nel 1572, il massacro della notte di San Bartolomeo). La situazione si aggravò con l'ascesa al trono di Enrico III, quando degenerò in guerra di tutti contro tutti. Dopo l'assassinio del re salì al trono il Borbone col nome di Enrico IV, ma la sua successione fu riconosciuta solo dopo che si fu convertito al cattolicesimo (1593). Nel 1598 l'editto di Nantes sancì, con una soluzione di compromesso tra cattolici e ugonotti, la pacificazione interna. L'OFFENSIVA DELLE MONARCHIE E LA DIFESA DELL'AUTOGOVERNO: FILIPPO II E I PAESI BASSI Nei Paesi Bassi, dove si erano diffuse le dottrine riformate, le violazione del principio dell'autogoverno e la politica antiprotestante perseguita da Filippo II provocarono una rivolta. L'esercito spagnolo era il più forte d'Europa e usava metodi spietati. I costi della guerra erano altissimi, e pesavano sulle finanza spagnole al punto che nel 1575 Filippo II fu costretto a dichiarare bancarotta; l'esercito si abbandonò alle forme tradizionali di autofinanziamento, saccheggiando la città di Anversa, capitale finanziaria d'Europa. 1576 → gli Stati generali delle 17 province decisero di accordarsi con Guglielmo d'Orange e con i ribelli, e di unirsi con Filippo II nella pacificazione di Gand. La ferocia della repressione spagnola spinse le protestanti province del Nord a proclamarsi indipendenti e a dare vita alla Repubblica delle Province Unite. L'INGHILTERRA ELISABETTIANA In Inghilterra, dopo i capovolgimenti religiosi legati ai brevi regni di Edoardo VI (protestante) e Maria Tudor (cattolica), il lungo regno di Elisabetta I (1558-1603) fu contrassegnato da un orientamento moderatamente filoprotestante. Un grave problema per la sovrana inglese fu tuttavia costituito dalla presenza in Inghilterra della regina di Scozia, Maria Stuart, al centro di intrighi per la restaurazione del cattolicesimo. Ragioni religiose, politiche ed economiche accesero una profonda rivalità tra l'Inghilterra e la Spagna di Filippo II, ma la spedizione dell'«Invincibile Armata» si rivelò un fallimento per gli spagnoli. Durante il regno di Elisabetta l'Inghilterra conobbe un periodo di sviluppo economico, grazie alla crescita del settore tessile e soprattutto all'incremento dell'attività delle compagnie commerciali, cui la corona concedeva privilegi in cambio di una partecipazione ai profitti. Come nel resto d'Europa, però, si accentuarono i fenomeni di pauperismo, cui si rispose con a Poor law. (aumento vagabondaggio e della mendicità → assistenza ai poveri). L'ITALIA SPAGNOLA Dopo decenni di guerra, il dominio spagnolo seppe almeno assicurare all'Italia un lungo periodo di pace, la pax hispanica appunto. Con la pace la popolazione riprese a crescere e nonostante pestilenze e carestie, continuò così fino al 1620 circa. La crescita demografica comportò un nuovo sviluppo dell'agricoltura, favorita dalla domanda di generi alimentari e da prezzi che continuavano a salire → produzione di olio, vino, seta, limoni, che venivano esportati in tutta Europa. → nella pianura padana il processo di riconversione fu basato sulle bonifiche e sulla creazione di un sistema di canalizzazione delle acque che consentì il passaggio a forme molto più efficienti di agricoltura, basate sulla compresenza di cereali e prati irrigui, che consentivano un migliore allevamento del bestiame + produzione manifatturiera aumentò velocemente fino al 1570. Tuttavia l'alleanza con la Chiesa si tradusse in rigida censura e repressione del dissenso. La censura ecclesiastica si abbatté sulla cultura italiana + vietate traduzioni di Bibbia e Vangelo, allontanando chiunque non conoscesse il latino. 7/04/21 LA CONTRORIFORMA Già prima di Lutero si erano manifestati nella Chiesa movimenti riformatori e una diffusa richiesta di una severa opera di moralizzazione, ma la decisione del papa Paolo III di convocare un concilio fu di Scozia, che unificò così le due corone. I problemi erano più o meno gli stessi che affliggevano altri sovrani: il disordine delle finanze dello Stato, causato dalla guerra con la Spagna, e sul piano religioso. Essendo scozzese, Giacomo I doveva guadagnarsi il favore dei propri sudditi, a cominciare dalla nobiltà e a differenza di Elisabetta, Giacomo si mostrò molto generoso. Il mantenimento dell'esercito anche in tempo di pace e la rapida crescita delle spese di corte incidevano sulle finanza pubbliche. Giacomo inoltre era protestante e dovette difendersi da congiure tese a restaurare il cattolicesimo. CARLO I E IL PARLAMENTO 1625 → salì al trono suo figlio Carlo I, che manifestava simpatie per le correnti più moderate dell'anglicanesimo ed era sposato con una principessa cattolica. Il contrasto tra Carlo I e i membri puritani della Camera dei Comuni cominciò a manifestarsi in occasione dell'emissione di un prestito imposto, quando alcuni parlamentari si rifiutarono di pagare e furono imprigionati, e divenne più evidente con la convocazione del Parlamento nel 1628, quando il re si vide presentare una Petizione del diritto, nella quale si denunciavano gli arresti illegali e la violazione della prassi costituzionale del regno in materia di imposizione fiscale. La Petizione era stata scritta da un giurista, Edward Coke, e mostrava grande competenza storico-giuridica, ma questo non migliorò i suoi rapporti con il Parlamento. Le cerimonie liturgiche, la disposizione degli altari, la santificazione della domenica assunsero connotazioni cattolicheggianti. La decisione di non convocare il Parlamento comportava l'impossibilità di ottenere un aumento delle entrate statali attraverso le vie ordinarie, e implicava la ricerca di fonti alternative di finanziamento. Tutte queste misure suscitarono solo proteste isolate e per un certo periodo la politica di Carlo I sembrò destinata al successo. Ma la sua pretesa di estendere ai tempi di pace, e rendere ordinario il contributo finanziario per l'armamento delle navi, lo Ship money, fecero da catalizzatore del malcontento, capovolgendo la situazione. Carlo I aveva cercato di legittimare le sue azioni attraverso una ricerca storica dei precedenti. Altrettanto fecero i suoi oppositori. La legalità della tassa divenne oggetto di uno scontro giudiziario tra il re e colui che si era rifiutato di pagarla; un numero crescente di contribuenti cominciò a rifiutarsi di pagare. Questo non bastò a coalizzare i diversi malcontenti; il vero problema venne dalla Scozia: gli scozzesi avevano molte ragioni di nutrire ostilità nei confronti di un re che restava lontano dai suoi sudditi, li escludeva dalle cariche e non li faceva partecipare ai benefici dello sviluppo commerciale. Lo scontro più aspro si accese sulla questione religiosa, quando Laud e Carlo I pretesero di estendere l'uniforma dottrinaria anche alla Scozia presbiteriana, imponendole un Prayer Book che conservava ben poco dell'originaria imposizione calvinista. Gli scozzesi rifiutarono e minacciarono la frattura. Per armare un esercito e reprimere la rivolta scozzese, il re aveva bisogno di finanziamenti: nel 1640 fu costretto a convocare il Parlamento, dopo 11 anni, ma lo sospese poco dopo, irritato dalle proteste. L'esercito scozzese varcò i confini e travolse quello inglese, minacciando di invadere tutta l'Inghilterra se il re non avesse ritirato le misure religiose e non avesse pagato una grossa somma a titolo di risarcimento delle spese di guerra. Carlo I riconvocò il cosiddetto lungo Parlamento. A Londra la situazione si era fatta tesa: una crisi commerciale aveva in parte paralizzato l'economia cittadina e si diffondevano voci di complotti e minacce di invasione da parte di potenze straniere. Il malcontento della popolazione si espresse in una manifestazione popolare, nella quale l'ostilità verso la politica fiscale del re si intrecciava con l'avversione all'arminianesimo. Intanto i parlamentari alzavano il tiro delle loro rivendicazioni: abolizione dello Ship money e di tutte le tasse arbitrarie, scioglimento dei tribunali. A far crescere la tensione intervenne una rivolta cattolica scoppiata in Irlanda, che costrinse il re a chiedere il voto di un sussidio, e aumentò i timori di un complotto «papista» contro l'Inghilterra protestante. Tra 1641-42 il Parlamento approvò una Grande Rimostranza con la quale ripercorreva i motivi di dissenso che lo avevano contrapposto al re, addossandone la colpa ai cattivi consiglieri. Carlo I pensò di uscire dall'intoppo con il ricorso alla forza ed entrò in Parlamento per arrestare i cinque membri della Camera dei Comuni che più si erano distinti. L'operazione fallì e Londra si sollevò contro il re, costringendolo ad abbandonare la città. LA GUERRA CIVILE La svolta decisiva nelle sorti della guerra si ebbe nel 1645, quando l'esercito parlamentare inflisse una sconfitta all'esercito del re nella battaglia di Naseby, nella quale ebbe un ruolo fondamentale Oliver Cromwell, un membro della Camera dei Comuni che si era già distinto per le proprie capacità strategiche. Qualche tempo dopo il re si arrese, consegnandosi agli scozzesi. Una minoranza dei parlamentari, favorevoli alla tolleranza religiosa (gli Indipendenti), si opponeva alla maggioranza presbiteriana, che invocava una rigida ortodossia. Il disaccordo riguardava anche i rapporti con Carlo I perché, mentre i Presbiteriani erano più favorevoli alla ricerca di una pace negoziata con le forze realiste, gli Indipendenti erano decisi a combattere fino alla vittoria. Anche l'esercito risentiva di queste divisioni. Si stabilì anche il movimento dei Livellatori: gruppi radicali da ceti medi che prevedeva – tolleranza religiosa – diritto di voto esteso a tutti i maschi adulti tranne mendicanti e servi – riduzione delle tasse – abolizione dei monopoli commerciali – democratizzazione di tutta l'organizzazione sociale. Rivendicazioni presenti nel documento An Agreement of the People. La fuga del re, che cercò di accordarsi con gli scozzesi, e lo scoppio di una seconda fase della guerra civile, non posero fine alle divisioni tra esercito e Parlamento. Quando il re fu di nuovo sconfitto e fatto prigioniero, le truppe invasero la Camera dei Comuni, arrestando una quarantina di parlamentari presbiteriani. Uno dei suoi primi atti fu la costituzione di una corte di giustizia con il compito di processare il re Carlo I, che fu condannato a morte e decapitato nel 1649; fu abolita la Camera dei Lord e fu proclamato il Commonwealth, la Repubblica. IL PROTETTORATO DI CROMWELL Dopo aver ristabilito l'ordine in Inghilterra e aver represso la rivolta irlandese, Cromwell puntò – con l'Atto di navigazione, attraverso trattati con Svezia, Portogallo e Danimarca e tramite un'alleanza con la Francia - a incrementare la potenza commerciale inglese ai danni di Olanda e Spagna. Sul fronte interno, la situazione costituzionale rimaneva instabile. Tra le rivendicazioni del nuovo Parlamento repubblicano e le trame dei realisti, Cromwell impose quindi una dittatura militare, che fu rapidamente rovesciata dopo la sua morte. Nel 1660, con l'approvazione del Parlamento, fu dunque restaurata la dinastia degli Stuart, nella persona di Carlo II. LA RESTAURAZIONE STUART E LA «GLORIOSA RIVOLUZIONE» La restaurazione degli Stuart fu seguita da un periodo di pacificazione politica e religiosa durato oltre un decennio. Ma, preoccupato per la politica filofrancese di Carlo II e temendo un possibile ritorno all'assolutismo e – una volta che fosse salito al trono il fratello del re – una restaurazione cattolica, il Parlamento stabilì l'esclusione di tutti i non anglicani dalle cariche pubbliche e definì ulteriormente il diritto di Habeas corpus. Sul problema della successione si determinarono due opposti schieramenti politici: i tories, favorevoli alla successione di Giacomo Stuart, e i whigs, che invece erano contrari. Nel 1685 Giacomo II salì al trono, ma presto la sua politica filocattolica gli tolse ogni simpatia. Nel 1688 il Parlamento offrì la corona a Guglielmo d'Orange e alla moglie Maria Stuart. La seconda rivoluzione inglese portò a una monarchia costituzionale fondata sulle prerogative del Parlamento e sui limiti del potere monarchico. I due sovrani accettarono una dichiarazione dei diritti che elencava gli abusi di Giacomo II, le prerogative del Parlamento e i compiti dei nuovi sovrani. Questo testo,il 18 dicembre 1689, è noto come Bill of rights (la legge sui diritti dei sudditi e sulle norme della successione). La rivoluzione inglese, il protettorato di Cromwell e la restaurazione furono periodi di intensa attività intellettuale ed elaborazione politica. Particolarmente importante per il futuro del pensiero politico furono le teorie assolutistiche di Hobbes e quelle liberali di Locke. L'OLANDA DEL '600 La Repubblica delle Province Unite conservò un'organizzazione statale poco strutturata: ogni provincia e ogni città mantenne i suoi organi e le sue tradizioni di autogoverno, anche se la provincia dell'Olanda, più ricca e sviluppata delle altre, esercitò una forte influenza sul resto del paese. I primi anni di vita della Repubblica furono segnati dalla rivalità tra favorevoli e contrari al proseguimento della guerra contro la Spagna, che videro schierati sui due fronti contrapposti anche due delle principali cariche dello Stato, il Gran pensionario e lo Stadhouder (governatore militare). Importanti furono anche i dissidi religiosi all'interno della Chiesa calvinista, che culminarono nello scontro tra arminiani e gomaristi e nella repressione dei primi ad opera dei secondi. Questi avvenimenti contribuirono a convincere le autorità laiche della necessità di tenere separate le questioni dottrinarie da quelle politiche e a creare quel clima di relativa tolleranza che costituì uno dei caratteri distintivi della Repubblica. LO SVILUPPO DELLE COMPAGNIE COMMERCIALI Gli abitanti dei Paesi Bassi si erano specializzati nel commercio marittimo, e le loro navi assicuravano gran parte degli scambi tra le materie prime. Dopo il 1585, quando Anversa era stata riconquistata dagli spagnoli, erano stati gli olandesi a raccogliere questa eredità; erano riusciti anche ad assicurarsi una buona quota del commercio nel Mediterraneo. Queste attività erano portate avanti da compagnie commerciali; ma la concorrenza era un dannoso fattore di disturbo 1602 → dieci compagnie olandesi si fusero nella Compagnia unificata delle Indie orientali, dando vita alla prima vera compagnia per azioni. Il Gran pensionario e gli Stati generali svolsero un ruolo importante nella costituzione della Compagnia e le conferiscono il monopolio del commercio nell'Oceano Indiano. La Compagnia era governata da un gruppo di 17 persone, elette dalle 6 camere locali che componevano l'associazione. La Compagnia era una sorta di Stato nello Stato; disponeva di una propria flotta e di propri uomini armati, e portava avanti una propria politica, fu quindi in grado di subentrare al Portogallo nella penetrazione nei mercati orientali e nel dominio su di essi. Il commercio consentiva enormi guadagni, così nel 1621 fu fondata una Compagnia delle Indie occidentali, che però ebbe minor fortuna. LA CRESCITA DEL SETTORE FINANZIARIO: BORSA E BANCA Il relativo benessere del paese si tradusse in un'accresciuta domanda di prodotti di tutti i generi, facilitata dal fatto che le città portuali dell'Olanda si stavano trasformando nei principali empori commerciali d'Europa. Grande importanza assunse la pittura, che fu utilizzata sia in funzione semplicemente decorativa, sia come strumento di autoesaltazione da parte delle élites cittadine. Tanta abbondanza creò tuttavia qualche disagio alla severa morale calvinista, cui si rispose con l'esaltazione dell'ordine e della pulizia come metafore della virtù. In seguito agli scontri tra arminiani e gomaristi si sviluppò un dibattito sulla separazione tra Chiesa e Stato sulla cui base si sviluppò il principio di tolleranza. compone in sé” e anche la fisiologia degli animali (e degli uomini) rispondeva al modello della macchina: nervi, muscoli, cervello funzionavano secondo i meccanismi di azione e reazione propri di qualsiasi macchina. Per lui consiste nel non accettare per vera nessuna cosa che non avesse prima attentamente esaminato, nello scomporre ogni problema complesso nelle sue componenti più semplici. I PROGRESSI DELLA MEDICINA Cartesio esercitò una grande influenza sugli scienziati del suo tempo, compresi i medici e i fisiologi. Nel 1543, il grande anatomista Andrea Vesalio aveva pubblicato una serie di tavole anatomiche in cui descriveva gli organi del corpo umano. La conoscenza dell'anatomia umana che Vesalio poteva avere era superiore a quella sei suoi predecessori perché la dissezione dei cadaveri agli inizi del XIV secolo era stata vietata. Le sue tavole anatomiche correggevano quindi alcuni errori degli antichi. La nuova filosofia e la nuova scienza furono spesso oggetto di attenzione da parte della censura, che interveniva a reprimere ogni forma di anticonformismo. Anche per questo molti studiosi cercarono l'appoggio di sovrani o altri personaggi potenti, o si limitarono a descrivere il risultato delle loro ricerche senza azzardare interpretazioni generali. IL PERFEZIONAMENTO DEL METODO MATEMATICO L'eredità di Bacone fu raccolta da Robert Boyle e da altri scienziati che insieme a lui nel 1660 fondarono la Royal Society di Londra. Questa associazione divenne un centro di raccolta e smistamento di informazioni scientifiche e quindi un prezioso strumento di comunicazione tra studiosi. Quando Isaac Newton cominciò a diffondere i risultati dei suoi esperimenti sulla natura della luce, dovette constatare che essi suscitavano molte più dispute che consensi. Un metodo che garantisse l'assoluta attendibilità degli esperimenti e delle scoperte scientifiche non era stato ancora messo a punto. Fin dall'inizio del '500 ci si era mossi nella direzione della matematizzazione del discorso scientifico e a questa impresa proprio Newton diede alcuni tra i più formidabili contributi, nell'opera Principi matematici di filosofia naturale, pubblicata nel 1687, con la quale riduceva i fenomeni fisici a dati quantitativi e misurabili e affrontava lo studio del movimento e delle sue forze in termini matematici. 21/04/21 GLI ALTRI MONDI: ASIA, AUSTRALIA, AFRICA Da diversi anni a questa parte la ricerca storica ha abbandonato la tradizionale prospettiva eurocentrica. Dall'accumularsi delle conoscenze sia sulle società occidentali, sia su quelle orientali, è infatti emerso che abili artigiani e grandi mercanti internazionali erano presenti ance in altri paesi, anche altri imperi erano dotati di armi da fuoco e di eserciti poderosi, e anche in altre società erano diffuse la scienza e la tecnologia avanzata. Inoltre, gli scambi culturali, la diffusione delle tecnologie e delle conoscenze scientifiche e persino gli scambi umani in conseguenza delle migrazioni hanno reso il mondo interconnesso anche in secoli apparentemente molto più immobili del nostro. L'IMPERO OTTOMANO TRA IL XVII E XVIII SECOLO La morte di Solimano I il Magnifico, nel 1566, fu l'inizio di un processo lento e complesso di trasformazione dell'Impero ottomano. Tra 500 e 600 la ricchezza e la forza militare ottomane continuarono a essere un punto di riferimento per le potenze islamiche, nonché un temibile avversario come l'Iran. Segnali di crisi emersero in ambito istituzionale con l'allontanamento del sultani dall'esercizio diretto del potere. Solimano I aveva affidato i compiti del governo al gran visir, una sorta di primo ministro/cancelliere. L'Europa fu all'origine di un'acuta crisi del sistema militare ottomano. Il 600 e 700 furono secoli di dure sconfitte. Sconfitti dal re polacco Sobieski, i turchi furono costretti a una rapida e umiliante ritirata. Persa l'Ungheria, l'Impero ottomano si trovò coinvolto in un luogo conflitto su più fronti. Ai tradizionali nemici – Venezia, Austria e Polonia – si aggiunse la potenza russa. Dalla fine del '600 e per tutto il '700, l'Impero ottomano fu ripetutamente in guerra con questi paesi. La pace di Carlowitz (1699) sancì la perdita dell'Ungheria e la cessione a Venezia della Dalmazia. La situazione restò instabile per tutto il XVIII secolo, durante il quale nuove guerre furono combattute e nuove paci stipulate. Alla fine del '700 l'Impero ottomano avrebbe visto ridotti i suoi domini nei Balcani ai territori a sud del Danubio, cioè all'estensione che avevano agli inizi del regno di Solimano il Magnifico. Indebolita territorialmente, la Turchia fu costretta a riconoscere alla Russia e all'Austria (nel 1774) la tutela dei sudditi cristiani del'Impero. Durante il regno di Ahmed III (1703-1730) fu tentata una riorganizzazione delle più importanti istituzioni. È l'epoca conosciuta come il periodo dei tulipani, così detto per la moda invalsa nell'alta società di coltivare questo fiore importato dall'Olanda. Fu un periodo di grande apertura e interesse nei confronti di tutti gli aspetti della cultura occidentale. La tendenza all'occidentalizzazione venne ostacolata dai gruppi che se ne sentivano maggiormente minacciati. Era il caso dei giannizzeri che, nel corso del XVII secolo, si erano venuti trasformando da un corpo militare scelto in una potente associazione, i cui membri praticavano anche il commercio o l'artigianato e svolgevano le funzioni di polizia. La protesta dei giannizzeri fu appoggiata dagli ulema (teologi e giuristi), che si consideravano i depositari della tradizione islamica ottomana. Il “periodo dei tulipani” si concluse nel 1730 con una sanguinosa rivolta, protagonisti della quale furono i giannizzeri, gli artigiani, gli ulema. La rivolta si trasformò in una ribellione dei ceti sociali meno agiati, ma fu duramente repressa. L'INDIA MOGHUL Nel 1526 un esercito composto da tribù turco-mongole guidate da Babur, discendente di Tamerlano, invase il subcontinente indiano dando vita all'Impero moghul. Il vero punto di forza dell'Impero moghul era costituito dall'esercito, composto da ufficiali di origini centro-asiatiche che reclutavano dei mercenari, ai quali dovevano garantire equipaggiamento e stipendio. Il territorio era stato suddiviso in province e distretti; tale sistema venne perfezionato dagli imperatori moghul da Akbar il Grande, il cui lungo regno durò dal 1556 al 1605. Akbar avviò una serie di riforme per incrementare il controllo del sovrano sull'intero sistema e legare a sé un numero crescente di nobili. Alcuni rajput (nobili appartenenti a clan guerrieri dell'India occidentale) indù furono coinvolti nel servizio dell'imperatore. Risorse il problema dell'islamismo e induismo, che restarono estranei. → importante è l'eliminazione della tassa importata ai sudditi non musulmani. Tale politica venne rispettata dai successori di Akbar, ma non dall'ultimo imperatore: Aurangzeb, che revocò tutte le leggi emanate in favore degli indù. La reazione fu immediata: i rajput si sentirono traditi e negarono il loro appoggio ai moghul, mentre i sikh, una setta guerriera, si ribellarono. I successori di Aurangzeb non riuscirono ad opporsi al crescente autonomismo dei principati indù del Deccan, che si sottrassero all'autorità dell'imperatore. LA CINA DEI QING Fine del dominio mongolo nel a metà Trecento. Nel XIV secolo si affermò la dinastia nazionale Ming che governò fino all'ultima invasione di nomadi, provenienti dalla Manciuria. I mancesi erano una popolazione nord-orientale che, nella seconda metà del '500, creò un potente regno, guidato dalla dinastia Qing. La debolezza del potere dei Ming rese agevole la penetrazione mancese nell'Impero cinese. Con la presa di Pechino e il suicidio dell'ultimo imperatore Ming ebbe inizio il lungo regno della dinastia Qing, destinato a durare fino al 1912. Ma il consolidamento del potere fu un processo lungo e difficile: al Sud la vecchia classe dirigente organizzò una lotta di resistenza che riuscì a ritardare l'affermazione dei Qing sull'intera Cina. I Qing sono improntati a un'aspra politica di repressione e di imposizione dell'egemonia mancese; ben presto si avviò un processo di integrazione nella cultura e nella civiltà cinesi, soprattutto per quel che riguardava le forme di governo: come il grande apparato burocratico, che venne mantenuto intatto. La dinastia Qing assicurò all'Impero cinese un lungo periodo di prosperità, rispecchiato dal grande sviluppo demografico nel corso del '700. Vennero introdotte migliorie nelle tecniche di coltivazione e di allevamento: – tecnica del doppio raccolto; – fitta rete idraulica; – selezione di tipi di riso. Durante il regno di Kangxi, il più grande imperatore Qing, fu rafforzata la burocrazia tradizionale e fu depotenziata l'aristocrazia mancese. Tentò di stabilire buoni rapporti con l'élite dei letterati- burocrati, i mandarini, dimostrandosi attento alle loro esigenze e condividendoci il confucianesimo, l'ideologia cardine del sistema burocratico. IL GIAPPONE TOKUGAWA: CENTRALIZZAZIONE E ISOLAZIONISMO Il Giappone era un paese feudale. La struttura del potere era organizzata su tre livelli: – al vertice c'era l'imperatore, mikado, una figura semisacrale dal forte peso simbolico e religioso ma dagli scarsi poteri; – il governo era tenuto dallo shogun, una sorta di primo ministro e comandante militare; – il terzo livello era tenuto dai signori feudali, daimyo, che controllavano le province in cui esercitavano potere assoluto. Al servizio dei daimyo e dello shogun c'era la classe militare samurai; modello che si applica dall'inizio del '600 alla metà dell'800. Prima di allora il Giappone fu attraversato da continue guerre tra i diversi clan, anche a causa all'introduzione delle armi da fuoco. Negli ultimi decenni del 500 emerse la figura di Toyotomi Hideyoshi, un potente signore feudale, che riuscì a porre fine alle guerre e a riunificare il Giappone; ma venne sconfitto nel 1600 da Tokugawa Ieyasu, che, nominato shogun, impose il proprio clan. Con i Tokugawa fu garantita una pace duratura e vennero rafforzati i poteri centrali grazie a un'amministrazione efficiente, pace assicurata anche dall'isolamento del paese dal 1639 al 1853. → incremento demografico → industria tessile a domicilio → grande sviluppo urbano (Osaka, Nagasaki, Edo ovvero la futura Tokyo) + centri commerciali. LE ISOLE DELLE SPEZIE La miriade di isole che costellava i mari del Sud-Est asiatico non costituiva un impero. Da qui venivano alcuni dei prodotti più preziosi – il pepe, cannella, chiodi di garofano, noce moscata – ma i poteri politici erano frammentati e rispondevano di più agli interessi dei mercanti. Ciò non vuol dire che le formazioni politiche erano deboli: alcune di loro, come il Sultanato di Aceh, furono molto attive sul piano militare, tanto da costituire un ostacolo alle mire espansionistiche dei vicini. All' inizio del XVI secolo Malacca era una città che si estendeva in tutto l'arcipelago indonesiano. La sua prosperità era legata al fatto di costituire uno dei nodi strategici del commercio marittimo asiatico, collegato alla Cina e alle estremità orientali dell'arcipelago da un lato, all'India, al golfo Persico e al Mar Rosso dall'altro. Quando i portoghesi la conquistarono, nel 1511, il sultano spostò la capitale più a sud ed entrò in conflitto col vicino Sultanato di Aceh, nel nord di Sumatra, a proposito del controllo sullo stretto di Malacca, fondamentale per il passaggio delle navi dalle isole delle spezie all'Oceano Indiano. Anche i portoghesi dovettero affrontare le forze militari di Aceh, formazione di una cultura ufficiale, fortemente celebrativa, che non tollerava voci dissenzienti. Protagonista della politica economica fu Colbert, che dette realizzazione compiuta ai princìpi del mercantilismo, favorendo le esportazioni e limitando le importazioni; a questo scopo rafforzò l'economia interna, finanziando le manifatture statali, e stimolò il commercio estero attraverso la fondazione delle compagnie commerciali. La politica economica francese, tuttavia, si risolse in un insuccesso. Luigi XIV rafforzò l'esercito come strumento di espansione lungo i confini nord-orientali. Il conflitto per la successione spagnola, connesso all'accettazione della corona di Spagna da parte di Filippo d'Angiò, nipote di Luigi XIV, oppose principalmente Francia e Spagna a Impero asburgico, Inghilterra, Province Unite e altri Stati, tra cui la Prussia. L'esito del conflitto ridimensionò le ambizioni di Luigi XIV: fu mantenuta la separazione dei due rami dei Borbone, mentre l'Austria ottenne i Paesi Bassi spagnoli e larghi vantaggi territoriali nelle Fiandre e in Italia a scapito degli spagnoli (pace di Utrecht e Rastatt, 1713-14). Con Luigi XIV la Francia vide fallire il progetto di riforma finanziaria di Law (carta moneta x aumentare ricchezza del paese in virtù di una più rapida circolazione del denaro) e naufragare definitivamente le ambizioni di dominio oltremare (guerra dei Sette anni). La vita parlamentare britannica fu dominata per gran parte del '700 dai Whigs, i liberali, interpreti dei princìpi della «Gloriosa rivoluzione», in antagonismo con i Tories, i conservatori filomonarchici. In questo periodo la lotta politica era gravemente inquinata da clientele e vincoli di parentela che rendevano frequente la corruzione. Negli anni in cui il paese fu guidato dal whig Walpole, prese forma il governo di gabinetto: un ristretto numero di ministri condotto dal leader della maggioranza parlamentare, con delega del re, che esercitava il potere esecutivo controllato dal Parlamento. In seguito, con William Pitt il Vecchio, la Gran Bretagna attuò una politica internazionale che rafforzò l'impero commerciale inglese (guerra dei Sette anni). Tra la metà del '600 e la metà del '700 si combatterono in Europa numerose guerre per interessi commerciali, questioni dinastiche e per le ambizioni di conquista delle potenze continentali. Per sostenere i conflitti le maggiori potenze rafforzarono i loro eserciti e la burocrazia. Tra gli Stati che nutrivano interessi commerciali, la Spagna tenne una linea difensiva rispetto all'aggressività di altre potenze, soprattutto della Gran Bretagna. Per motivi dinastici si combatterono la guerra di successione spagnola e le due guerre di successione polacca e austriaca. Quest'ultima si risolse con il passaggio della Slesia dall'Austria alla Prussia e il riconoscimento della Prammatica sanzione (e dunque dell'ascesa al trono asburgico di una erede): pace di Aquisgrana, 1748. A scatenare la guerra dei Sette anni (1756-1763) furono invece le ambizioni di conquista. Essa sancì per un verso l'intesa fra Prussia, Austria e Russia e per l'altro la supremazia coloniale britannica a danno della Francia. Le guerre verificatesi in Europa in questo periodo trovano una spiegazione nel contesto geopolitico: un arco di aree forti (Spagna, Portogallo, Province Unite, Francia, Gran Bretagna, Stati scandinavi, Russia) chiudeva due grandi aree deboli (il bassopiano tedesco-polacco e la penisola italiana). L'ASCESA DELLA PRUSSIA Alla fine del regno di Federico II, la Prussia poteva mettere in campo molti più uomini rispetto alla Francia. La Prussia divenne, nella seconda metà del '700, la potenza militare più temuta, anche per la superiorità tattica e ai successi in campo di Federico II. È infatti nel 1618 che la Prussia, una regione posta sul Baltico al confine orientale della Polonia oltre che possesso originario dell'ordine tedesco, si aggiunse ai territori del principe del Brandeburgo. Prussia e Brandeburgo erano e rimasero distanti tra loro. Quando il principe elettore del Brandeburgo (della famiglia degli Hohenzollern) divenne re di Prussia, nel 1701, le due regioni erano ancora separate. Solo con la prima spartizione della Polonia, nel 1772, si stabilì una continuità territoriale tra est e ovest. Un esercito permanente era stato creato già da Federico Guglielmo il Grande Elettore per poter entrare in gioco nei numerosi conflitti di quell'epoca. Dopo la prima guerra del Nord (1654-1660), il Grande Elettore ottenne la fine della dipendenza feudale della Prussia dal Regno di Polonia, mentre la Svezia conquistava il dominio sul Baltico assicurandosi anche il controllo delle coste settentrionali della Germania. Ma nella successiva seconda guerra del Nord, terminata nel 1720.1721, la Svezia fu sconfitta: il controllo del Baltico passò alla Russia, mentre il Regno di Prussia ottenne la Pomerania e la città di Stettino, che divenne il suo porto principale. Questo risultato consentiva alla Prussia di partecipare ai produttivi commerci del Baltico che fornivano legnami per la costruzione delle navi delle potenze marittime. Ma la vocazione principale della Prussia rimase quella militare per contrastare le altre grandi potenze territoriali dell'Europa centrale. LA RUSSIA DA PIETRO II A CATERINA II Alla metà del '700 la Russia prese parte alla guerra dei Sette anni: per la prima volta il grande impero dell'Europa orientale si spingeva con il suo esercito nei territori tedeschi. Nei primi anni del secolo la Russia aveva interrotto il suo isolamento. Artefice di questa trasformazione fu lo zar Pietro I il Grande, che diede inizio alla modernizzazione della Russia. L'opera di Pietro fu politica e militare. Lo zar seguì le 3 direttrici riformatrici volte a costruire un sistema di governo secondo il modello delle monarchie assolute: – creazione di un esercito permanente con reclutamento obbligatorio; – depotenziamento della grande nobiltà; – costruzione di un sistema amministrativo e di un sistema fiscale in grado di fornire le risorse alla potenza militare Per vincere la sfida della supremazia nel Baltico era indispensabile sconfiggere per terra e per mare la Svezia, che era il principale avversario dell'Impero russo: fu così sviluppata anche una marina da guerra. L'obiettivo del Baltico era confermato anche dalla fondazione nel 1703 di una nuova capitale, San Pietroburgo, che diventa il principale porto militare e commerciale sul Baltico. Un passaggio decisivo verso un'amministrazione moderna fu l'apertura a tutti (nobili e borghesi) dell'accesso alle cariche statali. La Russia era diventata un'autocrazia. Morto Pietro (1725), particolarmente incisive furono le personalità di Elisabetta I e Caterina II. I RISULTATI DI CENTO ANNI DI GUERRE Al termine delle guerre combattute tra la fine del '600 e il '700, Francia e Prussia videro ampliati i loro territori. La Francia tuttavia subì grandi perdite nei possessi coloniali a vantaggio della Gran Bretagna. Quest'ultima accrebbe i suoi possedimenti extraeuropei anche a spese della Spagna. La Spagna perse di importanza nello scacchiere internazionale insieme alle Province Unite e alla Svezia, che uscì sconfitta dal conflitto per la supremazia nel Baltico, vinto invece dalla Russia. L'Austria perse il Regno di Napoli e di Sicilia, il Ducato di Parma (ceduti alla Spagna), e la Slesia (passata alla Prussia); sul fronte orientale subì il grave assalto turco. In Italia mantennero continuità politica e territoriale Genova, Venezia e lo Stato pontificio. Il Piemonte dei Savoia vide premiata la sua intraprendenza nello scenario bellico europeo (ottenne la Sicilia e il titolo regio, 1713). Smarcatosi della sudditanza francese, lo Stato sabaudo perse la Sicilia guadagnando la Sardegna (1718) e i Savoia assunsero il titolo di re di Sardegna. 28/04/21 L'ILLUMINISMO La vita culturale del XVIII secolo fu dominata dall'Illuminismo. La Francia fu il maggiore centro di diffusione di questo movimento. Nell'Illuminismo confluiscono posizioni e orientamenti, interessi e riflessioni diversi; è possibile individuare alcune caratteristiche comuni, come il modo di considerare la ragione, di cui vengono esaltati i poteri. Strumento che appartiene a tutti gli uomini, la ragione per gli illuministi è in grado di esaminare criticamente la realtà. Presente in tutto il pensiero illuminista fu la fiducia nel progresso. Bersaglio centrale degli illuministi furono la Chiesa e le confessioni religiose in genere, considerate fonti di ignoranza: in questo senso l'Illuminismo fu un movimento laico. Prevalse invece l'adesione ai deismo e a una religione naturale. Protagonista dell'Illuminismo fu una nuova figura di intellettuale, più saggista e filosofo; l'intellettuale illuminista riservava a sé e alle élites colte un ruolo chiave nella società. Si rafforzarono i luoghi e gli strumenti della comunicazione: salotti, caffè, club, accademie e le pubblicazioni a stampa, pamphlets, riviste. Si consolidò l'interesse per le componenti affettive ed emotive, tanto da fare del sentimento una categoria interpretativa e uno strumento di comprensione dell'agire umano. Questo contibuì ad allargare gli orizzonti del pensiero settecentesco. CULTURA E POLITICA NEL '700 FRANCESE La Francia agli inizi del '700 era il paese più popolato e ricco del continente. La sua influenza politica si estendeva su tutta l'Europa. Le prime opere dell'Illuminismo furono degli scritti che ponevano al centro della riflessione la società del tempo, il sistema politico e i fondamenti della monarchia. Un esempio furono le Lettere persiane di Montesquieu. Ma la sua fama è legata a l'Esprit des lois, pubblicato nel 1748, una delle opere più importanti del pensiero illuminista. È significativo per il suo intento sociologico, realizzato, nella descrizione dei meccanismi regolatori della società, con un procedimento privo di riferimenti religiosi e metafisici, modellato sul metodo sperimentale delle scienze. Dopo aver descritto i caratteri dei tre sistemi politici fondamentali – repubblica, monarchia, dispotismo – Montesquieu sottolineò l'importanza dei corpi intermedi (i Parlamenti) come antidoto alla degenerazione delle monarchie in dispotismo. Trasse la convinzione dell'importanza della separazione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. L'esaltazione dell'Inghilterra in confronto con la Francia era già stata al centro delle Lettere filosofiche (1734) di Voltaire. Divulgatore della filosofia inglese e del deismo, difensore della tolleranza, Voltaire teorizzò una monarchia assoluta illuminata dall'opera dei filosofi. Le sue posizioni politiche e filosofiche sono presenti nel Trattato sulla tolleranza (1763) e nel Dizionario filosofico (1764). La realizzazione culturale più significativa dell'Illuminismo francese fu un'opera collettiva, l'Enciclopedia, che fu considerata espressione di un vero e proprio partito filosofico. Negli stessi anni maturò il pensiero di Rousseau, la personalità più problematica e complessa dell'Illuminismo. Collaborò all'Enciclopedia con articoli di argomento musicale e redigendo la voce Economia politica. Rousseau criticava la società e le istituzioni, e guardava alla storia come progressiva decadenza e corruzione. Un'analoga modernità di intuizioni è presente nell'Emilio, in cui era delineato un modello educativo naturale, che rovesciava le tradizioni del passato e promuoveva una nuova pedagogia, fondata sul principio del libero sviluppo della personalità del bambino. L'ECONOMIA POLITICA, LA STORIA E LE ALTRE SCIENZE Nel corso del XVIII secolo nacque una nuova scienza, l'economia politica, grazie all'opera dei fisiocratici francesi (che vedeva nella terra e nell'agricoltura le fonti reali della ricchezza) e di Adam Smith. Il maggior teorico della fisiocrazia, Quesnay, individuò nell'agricoltura l'attività economica soprattutto una maggiore disponibilità di capitali per gli investimenti nelle nuove tecnologie industriali; inoltre la Gran Bretagna del '700 presentava una società vivace, dinamica, in cui andava diffondendosi una cultura scientifico-pratica, e in cui il basso costo dell'energia rendeva conveniente investire sull'innovazione. INNOVAZIONI E SVILUPPO TECNOLOGICO Alla rivoluzione industriale si collegò l'introduzione di nuove tecnologie. Il rapporto di reciprocità tra invenzione e produzione è evidente nel settore tessile: nel giro di pochi anni, e grazie a una serie di invenzioni (la jenny/giannetta di Hargreaves, il filatoio idraulico di Arkwright e il filatoio mule di Crompton), si passò alla completa meccanizzazione della filatura, che a sua volta stimolò l'invenzione del telaio meccanico (Cartwright). La fase successiva della innovazione tecnologica fu quella dell'utilizzazione del vapore come forza motrice (macchina a vapore di Watt) al posto delle ruote idrauliche azionate dai mulini, utilizzate fino ad allora. COTONE E FERRO La prima attività in cui si sviluppò il sistema di produzione basato sulla fabbrica fu quella cotoniera, la cui produzione aumentò enormemente grazie ai costi limitati delle nuove tecnologie, alla possibilità di alti profitti, alla disponibilità di manodopera a basso costo, all'espansione del mercato. La Gran Bretagna, tradizionalmente produttrice di tessuti in lana, divenne così leader anche nel settore del cotone. La meccanizzazione favorì anche l'industri siderurgica, che dovette far fronte alla nuova domanda di ferro, indispensabile per la costruzione delle macchine. Grazie all'uso del coke come combustibile e al sistema di puddellaggio ideato da Cort, la qualità della ghisa e la sua produzione aumentarono costantemente e il ferro assurse a simbolo della nuova civiltà della macchina: il suo impiego, oltre che in ogni tipo di strumenti, si affermò anche nell'edilizia pubblica e residenziale. LA NASCITA DELLA FABBRICA E LA CONDIZIONE DEI LAVORATORI Il sistema di fabbrica determinò la trasformazione del lavoratore in operaio salariato, soggetto a una crescente divisione dei compiti e a condizioni di lavoro e di vita durissime. Inoltre, la semplificazione del processo produttivo rese possibile, soprattutto nell'industria tessile, l'impiego di donne e bambini. La prima reazione contro il sistema di fabbrica fu il luddismo, opera di lavoranti a domicilio e artigiani del settore tessile, che distruggevano le macchine in segno di protesta contro i bassi salari; ma le pesanti sanzioni e una legislazione repressiva riuscirono a controllare e a riassorbire abbastanza rapidamente il fenomeno. Le fabbriche si concentrarono per lo più nelle città mutando la fisionomia del paesaggio urbano e rurale. PROBLEMI E PROSPETTIVE DELLA SOCIETA' INDUSTRIALE Le trasformazioni legate all'industrializzazione sollecitarono, nell'ambito del radicalismo inglese, una nuova riflessione sui temi della partecipazione politica e della riforma sociale. Bentham, principale teorico dell'utilitarismo, individuò nel concetto di utile il criterio fondamentale cui deve conformarsi l'azione politica. Ricardo, il maggior teorico dell'economia classica, pose in relazione la conflittualità sociale con la distribuzione del prodotto complessivo tra le varie classi. La rivoluzione industriale inglese, inoltre, diede l'avvio a un nuovo sistema produttivo che, dal 1830 circa, si sarebbe esteso al resto dell'Europa e agli Stati Uniti. 5/05/21 LA NASCITA DEGLI STATI UNITI La colonizzazione inglese del Nord America iniziò al principio del '600 e, nonostante l'iniziale assistenza dei nativi, fu caratterizzata da un'aspra lotta contro i pellerossa per il territorio. Essa fu il risultato dell'iniziativa di compagnie commerciali e dell'emigrazione di minoranze politiche e religiose – anzitutto i puritani. Alla metà del '700 i possedimenti britannici comprendevano tredici colonie, tutte sulla fascia costiera atlantica. Nel Nord l'economia delle colonie si fondava sulla coltivazione dei cereali e, nei centri urbani, su una vivace attività commerciale e cantieristica. Nel Sud prevalevano le piantagioni di tabacco e di cotone, con grandi proprietà basate sul lavoro degli schiavi. Il Centro presentava un quadro economico simile a quello del Nord, ma con una diversa struttura della proprietà terriera e più marcati squilibri sociali. In tutte le colonie, alla forte dipendenza economica dalla Gran Bretagna faceva riscontro una notevole autonomia sul piano politico. Importante fu inoltre la diversità delle appartenenze religiose e le istanze di libertà religiosa finirono per coincidere con quelle di libertà politica. UNA RIVOLUZIONE PER L'INDIPENDENZA Il contrasto da cui ebbe origine la lotta per l'indipendenza nacque, negli anni '60 del '700, in seguito alla decisione della Gran Bretagna di far pagare in misura crescente alle colonie i costi del proprio impero americano con l'imposizione di tasse e dure leggi commerciali. Il dualismo di poteri che si era creato fra i governatori nominati dalla corona e le assemblee legislative del coloni esplose quando la Gran Bretagna impose lo Stamp Act, la legge sul bollo: i coloni reagirono opponendo il principio secondo cui chi non è rappresentato in Parlamento non è tenuto a pagare tasse che non ha contribuito ad approvare (no taxation without representation). I coloni risposero poi col boicottaggio quando la madrepatria assegnò alla Compagnia delle Indie il monopolio della vendita del tè nel continente americano. Così la popolazione delle colonie andò sempre più orientandosi verso la rivendicazione dell'indipendenza. Nel 1774, dopo dure misure di ritorsione britanniche, la ribellione divenne aperta. Nel 1775 si formò un esercito di coloni, sotto il comando di George Washington. Nel 1776 il Congresso continentale dei coloni (nato due anni prima) approvò la Dichiarazione di indipendenza stesa da Thomas Jefferson, che rompeva con la monarchia e dava vita alla repubblica. Nonostante l'inferiorità militare e i gravi problemi finanziari, le colonie riuscirono ad avere il sopravvento sulla Gran Bretagna grazie alla solidarietà dell'opinione pubblica europea e all'intervento in loro favore di Francia e Spagna. Nel 1783 la Gran Bretagna riconobbe l'indipendenza delle tredici colonie con la pace di Versailles. LA GUERRA CIVILE E GLI IDEALI REPUBBLICANI Lo scontro fra colonie e corona britannica si tradusse in una guerra civile tra lealisti, fedeli alla madrepatria, e patrioti, di aspirazioni indipendentiste. Questi ultimi rappresentarono la maggioranza, e i lealisti, sconfitti alla fine del conflitto, furono costretti all'esilio. Ad animare i patrioti fu in particolare la fede nei princìpi contrattualistici e nel mito delle virtù repubblicane. Ma dei principi egualitari affermatisi con la loro vittoria e la Dichiarazione di indipendenza godettero solo i bianchi americani: esclusi dalla rivoluzione furono infatti gli schiavi neri e i nativi americani, seppure coinvolti nel conflitto. LA COSTITUZIONE E LA DEMOCRAZIA AMERICANA Nel 1787 una Convenzione costituzionale diede vita a uno Stato federale e a un sistema politico di tipo presidenziale, basato sulla divisione e l'equilibrio dei poteri. Il presidente della Repubblica era a capo dell'esecutivo e indipendente dal potere legislativo – esercitato dalla Camera dei rappresentanti e dal Senato - , mentre il potere giudiziario era posto sotto il controllo di una Corte suprema. La Costituzione doveva però essere approvata dai singoli Stati dell'Unione: in questa fase si sviluppò un acceso dibattito tra federalisti – favorevoli a un forte potere centrale e portatori degli interessi di commercianti, industriali e grandi proprietari terrieri – e antifederalisti – che esprimevano le esigenze dei ceti medio-bassi e le istanze democratiche e ruraliste. Prevalsero le tesi federaliste, pur se mitigate dall'approvazione di dieci emendamenti alla Costituzione. Nel 1789 George Washington fu eletto presidente. Il criterio di voto affermatosi fu il suffragio censitario. Negli anni successivi, la politica economica di Hamilton, leader dei federalisti, suscitò l'opposizione dei proprietari del Sud e dei coloni dell'Ovest, che trovarono un punto di riferimento nel Partito repubblicano-democratico, il cui esponente più autorevole fu Thomas Jefferson. Nell'ultimo decennio del '700, infine, furono istituiti altri 3 Stati. 10/05/21 LA RIVOLUZIONE FRANCESE La rivoluzione francese trasformò il sistema di potere, i contenuti e i metodi della politica non solo in Francia, ma in tutta l’Europa continentale. Fu una trasformazione radicale, profonda: mescolò sangue e violenza, passioni civili e immaginazione politica. La rivoluzione scoppiata nel 1789 affondava le sue radici nella lunga crisi attraversata dalla Francia nel XVIII secolo. Dalla morte di Luigi XIV l’assolutismo si era indebolito senza riuscire a riformarsi. Fra i tanti problemi di governo, uno sembrava riassumerli tutti: l’incapacità di risolvere la crisi finanziaria. L’indebitamento statale aveva raggiunto da tempo dimensioni tali da esigere l’adozione di energici provvedimenti. Il re e i suoi ministri propendevano per la tassazione dei ceti privilegiati. Nell’ordinamento tradizionale del regno, il clero e la nobiltà erano effettivamente esonerati dalle contribuzioni ordinarie. Il clero: da tempo in tutti i paesi cattolici si discuteva dei privilegi della Chiesa. La nobiltà: era stata protagonista di un notevole dinamismo politico. Sotto la reggenza di Filippo d’Orleans ai nobili era stato nuovamente affidato un attivo ruolo di governo, e il diritto a partecipare all’amministrazione della res pubblica. Grazie al generale sviluppo dell’agricoltura, la nobiltà aveva inoltre beneficiato di un incremento delle proprie entrate e in molti casi alla maggiore ricchezza si erano accompagnati maggiori interessi culturali e più grande apertura mentale. Ciò non toglie che forti sentimenti antinobiliari attraversassero l’intera nazione, come dimostra la diffusione di satire in cui un contadino/a portano sulle spalle un gentiluomo e un prete o una gentildonna e una suora, a indicare il peso che gravava sui ceti produttivi in virtù delle posizioni parassitarie occupate dai ceti privilegiati. Terzo stato: raccoglieva indistintamente tutti i francesi che non erano né nobili né ecclesiastici: la grande borghesia dei commercianti, delle manifatture, finanza, la borghesia media, i proprietari terrieri medi e piccoli, gli artigiani, i contadini e i braccianti rurali. La popolazione era in stragrande maggioranza insediata nelle campagne: quella francese era la struttura tipica della società di ancien régime. Finanzieri e banchieri erano le figure di maggiore prestigio della borghesia. Ma più importanti si riveleranno nelle successive vicende politiche gli uomini di legge, gli avvocati soprattutto, cresciuti alle dispute legate al complesso contenzioso feudale: uomini colti, partecipi di quel dinamismo culturale che caratterizzava la società dei Lumi. Le élites del Terzo stato cominciarono a rivendicare la riforma degli antichi criteri di rappresentanza e delle procedure di voto dell’assemblea degli Stati. Era infatti previsto che il Terzo stato esprimesse lo stesso numero di deputati del clero e della nobiltà e che si votasse per ordine e non per testa, con l’attribuzione cioè, di un solo voto per ciascuno degli ordini, in questo modo l’alleanza fra ceti privilegiati avrebbe potuto prevalere sistematicamente sul Terzo stato. Portatore delle richieste di raddoppio e di una diversa procedura di voto fu il partito nazionale, raggruppamento eterogeneo di intellettuali del Terzo stato, nel quale confluirono anche nobili illuminati ed esponenti del clero. Il quadro più ampio delle aspettative del Terzo stato e degli altri corpi fu quello fornito dai cahiers de doléances (quaderni di lagnanze), documenti che raccoglievano le rimostranze e le proposte espresse a livello locale. Redatti in seguito alla consultazione promossa dal sovrano per la riunione degli Stati Generali, i cahiers furono, insieme all’elezione dei rappresentanti, il momento più significativo della mobilitazione politica e l’espressione più estesa del malessere della Francia. L'AVVIO DELLA RIVOLUZIONE E LA FINE DELL'ANCIEN REGIME Fra le cause immediate della rivoluzione, accanto alla debolezza della monarchia, decisiva fu la mobilitazione politica del Terzo stato fra la fine del 1788 e gli inizi del 1789. Nello stesso periodo cominciarono a essere evidenti gli effetti della crisi economica. Il pessimo raccolto agricolo del 1788 aveva infatti determinato un’improvvisa impennata dei prezzi del frumento. L’incremento del prezzo del pane, che ne derivò, ridusse la capacità di acquisto delle classi popolari e determinò in virtù di una minore domanda, una crisi produttiva e una diminuzione del numero degli occupati. Il 1789 si aprì dunque con una situazione di forte tensione negli strati popolari. A marzo si tennero le LA RIVOLUZIONE POPOLARE E DEMOCRATICA La Convenzione nazionale (questo il nome della nuova assemblea) fu eletta ai primi di settembre del 1792, ma il potere esecutivo fu esercitato di fatto da organismi straordinari come il Comune insurrezionale di Parigi. Fu il Comune a tenere prigioniero il re ed a organizzare un’armata di volontari mentre i prussiani si avvicinavano al confine. In questa atmosfera eccezionale si diffuse la voce di un complotto controrivoluzionario che avrebbe avuto inizio nelle carceri. I sanculotti diedero l’assalto alle prigioni e massacrarono indiscriminatamente più di 1000 prigionieri. I massacri di settembre rivelarono le potenzialità del radicalismo dei sanculotti. Forse la stessa componente di violenza elementare e sovvertitrice esplosa a Parigi, unita all’entusiasmo e alla passione rivoluzionaria, fu uno dei fattori che consentirono alle truppe francesi di battere i prussiani a Valmy: una vittoria più importante per il suo significato simbolico che per quello militare. Da allora guerra e rivoluzione tesero a identificarsi nel nome della nazione e del sentimento nazionale. Il giorno dopo Valmy, la Convenzione dichiarò l’abolizione della monarchia dando vita alla repubblica. L’Assemblea era egemonizzata agli inizi dai girondini, ai quali si contrapponevano i deputati della «Montagna», i montagnardi (fra i quali Robespierre, Danton, Marat), che sedevano a sinistra, al centro i deputati moderati costituivano la Pianura, chiamata anche spregiativamente Palude. La lotta tra girondini e montagnardi contrassegnò la Convenzione dal settembre ’92 al giugno ’93. Le vere differenze tra i due schieramenti erano di natura politica e ideologica, ed è possibile misurarle sulle due maggiori questioni del momento: il processo a Luigi XVI e il ruolo da attribuire a Parigi, al Comune rivoluzionario e al movimento dei sanculotti. Durante il processo al re, uno dei periodi più drammatici della rivoluzione, i girondini tennero un atteggiamento meno intransigente, non tanto sulla colpevolezza del sovrano, quanto sulla necessità di appellarsi al popolo per confermare la condanna. La colpevolezza fu decretata quasi all’unanimità, mentre l’appello al popolo venne respinto. Con 387 voti favorevoli e 334 contrari Luigi XVI fu condannato a morte. La ghigliottina fu eretta di fronte alle Tuileries, sulla piazza della Rivoluzione; il monarca di diritto divino venne giustiziato come un uomo qualunque: tutta una parte della storia di Francia e d’Europa fu spazzata via da quel gesto. Il processo e l’esecuzione del re accentuarono l’ostilità delle altre potenze, mentre internamente si verificò prima la rivolta contadina di Vandea (dovuta a un sentimento di estraneità di una parte del mondo rurale alla rivoluzione, vissuta come predominio della borghesia urbana) e successivamente l’agitazione del popolo parigino contro il carovita. In questo clima difficile la Pianura decise di trovare un accordo con i montagnardi. La nuova maggioranza della Convenzione adottò una serie di provvedimenti eccezionali: furono creati un tribunale rivoluzionario contro i sospetti e comitati di vigilanza rivoluzionaria; gli emigrati furono banditi dal territorio nazionale e soprattutto venne istituito il Comitato di salute pubblica, il vero organo di governo. Tutte queste misure apparvero ai girondini come un cedimento inaccettabile ai sanculotti e come l’inizio di una dittatura, il contrasto divenne così sempre più insanabile. I girondini, che miravano a ridurre lo strapotere di Parigi, cercarono, senza successo di decapitare il movimento popolare e contemporaneamente si accordarono con le forze moderate in tutto il paese ma in giugno sotto al minaccia di 80.000 uomini della Guardia nazionale, la Convenzione si piegò e decretò l’arresto di 29 deputati e di due ministri girondini. LA DITTATURA GIACOBINA L'ideologia dei giacobini discendeva dalle teorie democratiche degli illuministi, in particolare Jean- Jacques Rousseau. Giacobini e sanculotti speravano in una società caratterizzata da un insieme di piccoli produttori, contadini e artigiani, proprietari dei mezzi di produzione. Si inaugurava così un modello di democrazia totalitaria. I giacobini credevano di poter trasformare nel profondo la società francese, gestendo il cambiamento delle strutture economiche e sociali e della mentalità. La Convinzione mise “il Terrore all'ordine del giorno”, intensificando la politica repressiva e introducendo criteri discrezionali; furono processati e decapitati l'ex regina Maria Antonietta e i capi girondini. Nel 1799 la leva sarebbe divenuta obbligatoria – e giovani generali, anche di estrazione popolare, assunsero il comando, sotto il controllo dei commissari della Convenzione. Dalla primavera del 1794 i contrasti tra i gruppi politici al potere si fecero sempre più aspri. Alla contestazione della sua egemonia Robespierre rispose eliminando prima gli avversari di sinistra, gli hebertisti e gli indulgenti. Robespierre intensificò la politica del Terrore e maturò il colpo di Stato, una congiura che vide unite l'ala moderata e quella estremista della Convenzione. Il 27 luglio 1794 Robespierre e i suoi seguaci vennero messi sotto accusa e arrestati. CONTINUITA' E DIFESA DEI RISULTATI RIVOLUZIONARI La caduta di Robespierre non segnò la fine della rivoluzione, ma l’inizio di una nuova fase caratterizzata da faticosi tentativi di stabilizzazione volti a garantire la sopravvivenza del ceto politico rivoluzionario e dall’espansione francese in Europa. In breve tempo fu smantellata la struttura di potere giacobina e attenuato l’accentramento dell’esecutivo. I club giacobini vennero chiusi. Contro il movimento popolare e le sue istituzioni si scatenò la jeunesse dorée (gioventù dorata) monarchica e altoboghese che scatenò una caccia sanguinosa al giacobino e al sanculotto. I successi militari contro Prussia e Olanda aiutarono la stabilizzazione interna e la Convenzione si dedicò all’elaborazione di un nuovo testo costituzionale che doveva conferire stabilità al nuovo assetto politico borghese della Francia. Il potere esecutivo fu affidato a un Direttorio di 5 membri che nominava i ministri e fu creato un parlamento bicamerale. La nuova Costituzione era sempre preceduta da una Dichiarazione dei diritti questa volta però arricchita di contenuto evangelico e moraleggiante. Si proclamò la difesa del diritto di proprietà e accentuò il carattere censitario del sistema elettorale. Negli stessi mesi si riaffacciò pericolosamente la minaccia monarchica con uno sbarco di emigrati che organizzarono a Parigi un’insurrezione realista. Nell’ottobre 1795 truppe governative, comandate tra gli altri da Napoleone Bonaparte repressero a cannonate la sommossa. A conferma del debole radicamento delle istituzioni rivoluzionarie e repubblicane nel paese, le successive elezioni videro il successo di un gran numero di rappresentanti moderati o nascostamente monarchici. La debolezza del nuovo regime costrinse il Direttorio ad una politica pendolare tra la destra filomonarchica e la sinistra giacobina (il cui gruppo più radicale, capeggiato da Babeuf, tentò nel ’96 un’insurrezione). Il rafforzarsi della destra spinse la maggioranza del Direttorio ad un colpo di Stato (settembre ‘97) realizzato con l’intervento dell’esercito. Ormai la sopravvivenza del regime e la continuità rivoluzionaria erano affidate non solo alle vittorie degli eserciti ma al diretto intervento dei generali vittoriosi nella vita politica. NUOVA POLITICA E MENTALITA' RIVOLUZIONARIA La rivoluzione non costituì solo uno spartiacque del pensiero politico, ma determinò anche un nuovo dinamismo nei rapporti politici in tutta Europa. Da un lato, i governi si impegnarono a spegnere e reprimere i focolari di protesta o di dissenso politico e sociale nel timore che l’esempio francese dilagasse; dall’altro, i nuclei di opposizione presero coscienza di sé e dei propri obiettivi. Quella stessa struttura di comunicazione (la stampa, le logge massoniche), che avevano dato luogo alla feconda circolazione delle idee illuministe, agì anche per i princìpi rivoluzionari. L’influenza della rivoluzione fu particolarmente forte nei paesi limitrofi, dove poté agire come elemento di squilibrio dei rapporti interni. Tali furono i casi del Belgio e dell’Olanda. In Italia il centro più attivo di organizzazione rivoluzionaria si costituì in Liguria ma i vari club giacobini vennero duramente repressi dai governi. L'ESPANSIONE RIVOLUZIONARIA La guerra, l'uccisione del re e il Terrore ridussero notevolmente, in Europa, il numero dei sostenitori della Rivoluzione. Questa da un lato spinse i governi europei a reprimere il dissenso interno, dall'altro stimolò lo sviluppo dei nuclei di opposizione. L'influenza della Rivoluzione fu marcata in Belgio e in Olanda, dove l'intervento francese portò nel primo caso all'annessione e nel secondo alla costituzione della Repubblica batava. In Italia si formarono vari club giacobini, duramente repressi dai governi. LA CONQUISTA DELL'ITALIA E LE REPUBBLICHE GIACOBINE Nel 1796 Bonaparte ottenne il comando dell'armata d'Italia, nei cui territori il giovane generale doveva condurre un'azione diversiva per mettere in difficoltà l'esercito austriaco. I suoi straordinari e rapidi successi costrinsero l'Austria alla pace: con il trattato di Campoformio (1797) gli austriaci, in cambio di Venezia, riconoscevano alla Francia il controllo diretto di Lombardia, Emilia e Romagna. Sull'onda dell'entusiasmo rivoluzionario, che animò molti intellettuali italiani simpatizzanti col giacobinismo, tra il 1798 e il 1799 nacquero la Repubblica romana e la Repubblica partenopea. Queste repubbliche ebbero Costituzioni moderate e i loro organi legislativi e di governo furono soggetti al controllo francese. L'estraneità dei ceti popolari al dominio francese, tuttavia, determinò frequenti episodi di rivolta: la sollevazione dei contadini, guidata dal cardinale Ruffo alla testa dell'armata della Santa Fede, fu decisiva per la restaurazione borbonica nell'Italia meridionale. IL COLPO DI STATO E LA SVOLTA AUTORITARIA DI BONAPARTE Mentre l'instabilità politica caratterizzava la situazione interna francese, Bonaparte organizzò una spedizione in Egitto (1798) per colpire da lì gli interessi commerciali inglesi. I suoi successi militari contro i Mamelucchi (Battaglia delle Piramidi) furono annullati dalla distruzione della flotta francese operata dall'ammiraglio inglese Horatio Nelson ad Abukir, mentre austriaci e russi attaccarono Germania e Italia, annullando le precedente conquiste francesi. La situazione di crisi politica si risolse con il colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre '99), che poté realizzarsi solo grazie all'intervento militare di Bonaparte. Quest'ultimo e altri due membri del Direttorio divennero consoli con potere esecutivo. IL MITO E L'EREDITA' DELLA RIVOLUZIONE Questo colpo di Stato pose fine alla dinamica politica rivoluzionaria, anche se la stabilizzazione delle conquiste della Rivoluzione si realizzò soltanto negli anni del consolato di Napoleone. Con la Rivoluzione francese cambiarono radicalmente modi e contenuti della politica: in questo senso essa dà inizio alla storia contemporanea, divenendo il punto di riferimento obbligato di tutte le tendenze politiche dell'800. 12/05/21 NAPOLEONE Il successo di Napoleone Bonaparte nella conquista del potere poggiava su un elemento di fondo: il ruolo dell’esercito nella vicenda rivoluzionaria. Napoleone rimarrà indissolubilmente legato ai successi militari e alla necessità di rinnovarli. Ma proprio il dominio francese sull’Europa susciterà per contrasto l’emergere di forze nazionali che decideranno il crollo dell’Impero napoleonico. L’ascesa la potere di Bonaparte venne sancita dalla nuova Costituzione dell’anno VIII che, sottoposta a plebiscito, entrò in vigore alla fine del 1799. Nella redazione prevalsero le direttive e la volontà di Bonaparte. Il potere esecutivo fu interamente attribuito al Primo console, Napoleone Bonaparte. Gli altri due membri del consolato ebbero solo un ruolo consultivo. Il primo console deteneva l’iniziativa legislativa. Si venne di fatto instaurando un governo dittatoriale che ruotava intorno alla figura di Bonaparte, propostosi come nuovo despota illuminato, restauratore dell’ordine e delle libertà, l’unico in grado di concludere la rivoluzione. Alla costruzione di questa immagine contribuirono, almeno in una prima fase, gli intellettuali del gruppo degli idéologues, eredi della tradizione illuminista. Ma Napoleone mirò soprattutto a garantirsi un ampio consenso di base, al di là dell’esercito, nel paese. Con questo obiettivo, il ricorso al plebiscito fu uno dei fattori costitutivi del regime napoleonico. Il plebiscito era inteso infatti come ricerca di una delega diretta da parte del popolo. La riforma
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