Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

appunti lezioni di Understanding Consumer Behaviour 1, Appunti di Comportamento del Consumatore

Appunti lezioni di Understanding Consumer Behaviour modulo 1. lezioni tenute da professori Chizzoli e Busacca, primo anno marketing management Università Bocconi. Appunti integrati con libro "Le decisioni del consumatore - Busacca Chizzoli"

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 05/10/2022

MartaC1099
MartaC1099 🇮🇹

4.8

(8)

10 documenti

1 / 49

Toggle sidebar

Anteprima parziale del testo

Scarica appunti lezioni di Understanding Consumer Behaviour 1 e più Appunti in PDF di Comportamento del Consumatore solo su Docsity! UNDERSTANDING CONSUMER BEHAVIOUR MODULE 1 Lezione 10/09/21 L’evoluzione del marketing determinata dalla trasformazione digitale I corsi base di marketing hanno una visione funzionale dello stesso, si parla dei momenti chiavi del marketing che sono: momento analitico à lavora con un focus sull’analisi del macro ambiente, come evolvono le variabili macro ambientali (tecnologia, demografia, ecc). c’è anche un’analisi della domanda, dei concorrenti e della distribuzione. Momento strategico à si occupa di tre decisioni chiave: segmentazione, targeting e positioning. Segmentazione = rappresentare la varietà dei bisogni e comportamenti che ci sono in un mercato, mappare le possibilità di articolazione dell’offerta. Targeting = scegliere su quali segmenti puntare in base agli obiettivi dell’azienda. Positioning = ha l’obiettivo di far assumere alla marca un posizionamento distintivo nella mente del cliente, la comunicazione svolge un ruolo fondamentale. Momento operativo à chiama in causa le leve di marketing, il c.d. marketing mix. Esso è formato dalle 4 P: product, price, promotion, place. Queste leve sono in continua evoluzione. Si aggiungono oggi le leve legate al digitale, le 3 C: content, commerce, community. Nel tempo alla visione funzionale si è affiancata la visione di processo. La visione di processo si focalizza sulle le fasi chiavi della creazione di valore (company value chain). Quali sono i contributi del marketing all’interno della company value chain? Comprensione del valore: cioè cosa vuole il consumatore. Qui l’analisi del consumatore è fondamentale. Nella costruzione del valore vengono chiamate in causa altre funzioni come ricerca e sviluppo. È dove si costruisce la value proposition. Il marketing è cruciale nella comprensione del valore, nella comunicazione e nella delivery del valore. La visione sistemica parte dal presupposto che la competizione è tra reti di imprese, perciò si parla di rete del valore invece che di catena del valore. Qui ci si rende conto che non si può più competere da soli, perché la competizione è a livello di ecosistemi. Un esempio può essere la competizione tra l’ecosistema Apple e l’ecosistema Android. La condivisione del valore diventa sempre più centrale. Comprensione del valore Costruzione del valore Comunicazione del valore Delivery del valore Competence building: l’evoluzione del marketing Nel tempo si assiste a un cambiamento nella filosofia produttiva: si parte da una logica di produzione di massa, si passa alla personalizzazione di massa e si arriva alla micronizzazione. Nel primo caso il marketing deve bilanciare il desiderio di varietà del consumatore con la necessità di avere processi standardizzati, il marketing differenzia i prodotti sul piano psicologico perché non può cambiare i prodotti. Nella personalizzazione di massa si riesce a cambiare alcuni attributi del prodotto, ma il processo consente comunque economie di scala. Ci sono alcune cose che il consumatore può personalizzare ma la base è quella (Es. diverse configurazioni macchina). Oggi nella micronizzazione è possibile produrre prodotti sempre più personalizzati a costi contenuti. Viene meno il trade off tra personalizzazione e standardizzazione. Viene meno anche il trade off tra reach e richness, cioè il fatto che una comunicazione ricca poteva essere mandata solo a pochi consumatori. Oggi con le tecnologie digitali è possibile raggiungere un’audience enorme con un’informazione sempre più ricca. Micronizzare significa fare un marketing sempre più specifico sul singolo. All’inizio l’orientamento era al costo per quanto riguarda il prezzo, poi orientamento al valore e infine orientamento alla relazione (cioè quanto vale il cliente nel corso della sua relazione con la marca). La comunicazione inizialmente era volta a persuadere, non importa cosa si dicesse andava ripetuto allo sfinimento. Quindi messaggi semplici ripetuti. Poi si passa a una comunicazione basata sull’informazione, cioè si cerca di dare informazioni al consumatore per aiutarli a scegliere sempre meglio. Oggi si parla di comunicazione basa sul consenso, il consumatore deve percepire valore nella comunicazione. La distribuzione passa da canali fisici, a canali multipli (multichannel), a piattaforme integrate di delivery (omnichannel). Nel multichannel le piattaforme sono tante ma gestite separatamente, nell’omnichannel le piattaforme sono integrate come se fossero un canale unico. Il potenziamento dell’offerta si avvale prima di partner verticale, poi di partner orizzontali, oggi si tratta di reti di partner perché la competizione è basata su ecosistemi. Il supporto consumatore all’inizio prevedeva l’accesso alle persone (ci sono delle persone che rispondono al customer service), poi si arriva ad accesso alle informazioni (sono processi automatici (es. chatbot). Infine se la partnership tra fornitore e azienda è forte si parla di accesso ai processi aziendali (ad esempio ci sono dei sensori sui packaging che dicono all’azienda quanto manca dalla fine dello scaffale e capire ogni quanto vanno riforniti). Un esempio è Google che ha acquisito Nest che produce termostati, perché grazie a Nest si riesce a fare la casa intelligente. Anche gli indicatori di performance si sono evoluti: market share à value share à share of mind / share of heart. Non è che la market share non è più importante ma se ne aggiungono altri. Il 100% delle marche high performance usano l’etnografia come metodo di ricerca, il ricercatore condivide l’esperienza di consumo con il consumatore. Grazie all’osservazione diretta nascono gli dall’esperienza diretta, perciò il consumatore deve ricercare informazioni. Subito dopo c’è l’acquisto modificato ad esempio non è la prima volta che compro il prodotto ma è la prima volta che acquisto quella marca. Il cliente ha alcuni elementi di conoscenza in merito alla categoria di prodotto considerata ma deve fronteggiare l’incertezza dovuta al cambiamento di alcune variabili. Il livello minore di complessità è l’acquisto invariato, ad esempio prendere il modello nuovo di un prodotto. In questa situazione di acquisto invariato è probabile che il cliente adotti un comportamento abitudinario e che il processo decisionale risulti estremamente semplificato. È opportuno incrociare il grado di novità con il livello di apprendimento richiesto alla domanda: il livello massimo di complessità decisionale c’è quando sia tratta di un nuovo acquisto e di un prodotto complesso / a elevato apprendimento. Livello di coinvolgimento psicologico del consumatore Questa è una variabile psicologica e individuale, cambia perciò da consumatore a consumatore. Nello stesso mercato posso trovare chi è molto coinvolto e chi no. Il coinvolgimento è quanto il consumatore è disposto a dedicare risorse per risolvere il problema decisionale. L’idea condivisa è che in linea di massima il coinvolgimento consiste nell’importanza che l’individuo attribuisce a un oggetto, a un’azione o a un’attività. Tale importanza influisce sul processo decisionale, sulla ricerca di informazioni, sull’attenzione riservata alle comunicazioni veicolate e ai prodotti offerti dalle imprese. Sono stati studiati quali sono i driver del coinvolgimento psicologico, cioè quali sono i fattori che lo stimolano. Ci sono due determinanti primarie che sono l’interesse personale del consumatore e il grado di rischio percepito. Se abbiamo molto interesse dedichiamo più energie anche perché dedicare energie a quelle scelte può essere piacevole. L’interesse dipende soprattutto da elementi soggettivi difficilmente generalizzabili, quali le valenze funzionali e psico-sociali attribuite al prodotto o il valore emotivo annesso al processo di consumo. Il rischio percepito si riferisce alle conseguenze negative che il consumatore dovrebbe affrontare se prendesse una decisione sbagliata, se le conseguenze negative sono importanti per noi siamo molto coinvolti psicologicamente, cioè siamo disposti a dedicare molte energie al processo di scelta per evitare di prendere una decisione sbagliata. Le tipologie di rischio percepito possono essere diverse: rischio fisico à derivante dalle possibili conseguenze negative per la salute e l’incolumità dell’individuo; se il prodotto è nocivo, mi fa allergia, il suo utilizzo è pericoloso ecc. rischio funzionale à legato alla performance del prodotto, il prodotto non fa quello che mi aspettavo, è connesso al timore di una performance inadeguata del prodotto; rischio economico à collegato alle conseguenze che una scelta errata può comportare sul piano patrimoniale/reddituale, è la questione di aver buttato via i soldi; rischio psicologico à sbagliando a scegliere abbasso l’autostima; rischio sociale à come gli altri mi vedono dopo l’acquisto, se penseranno male di me. I processi cognitivi che regolano le attività di comparazione e scelta del cliente vanno interpretati alla luce del livello di incertezza che caratterizza il momento decisionale e della tipologia di rischio prevalente nella specifica situazione di acquisto e di utilizzo. Il cliente cerca di minimizzare il rischio percepito perciò ricerca informazioni, sono quindi importanti le fonti informative. Ci sono prodotti che magari sulla base delle loro caratteristiche avrebbero un processo decisionale semplice, ma che invece hanno un rischio sociale alto per il consumatore e quindi il processo decisionale diventa complesso. Più alti sono l’interesse personale e il rischio percepito, più alto è il coinvolgimento. Ci sono poi due variabili secondarie (moderatrici) che sono l’occasione d’uso e la visibilità sociale dell’acquisto/consumo, entrambe impattano sull’interesse personale e sul rischio, non direttamente sul coinvolgimento. L’occasione d’uso è l’occasione per cui faccio l’acquisto, un’occasione d’uso importante aumenta l’interesse e il rischio psicosociale e di conseguenza si alza il coinvolgimento psicologico. Con occasione d’uso ci si riferisce al contesto di utilizzo del prodotto e al suo variare cambiano i benefici ricercati dall’acquirente, le percezioni delle marche e l’importanza attribuita agli attributi differenziali dell’offerta. Più aumenta la visibilità sociale, più aumenta il rischio psicologico e quello sociale. la visibilità sociale del prodotto accresce il grado di coinvolgimento psicologico del cliente in quanto si amplifica il rischio psicosociale percepito e si innalza la rilevanza del prodotto sul piano simbolico. Ad esempio l’acquisto di una bibita gasata ha una complessità bassa per ciò che concerne caratteristiche del prodotto e novità del problema decisionale, però se l’occasione d’uso è ospitare degli amici a cena voglio fare bella figura quindi cambio il processo decisionale per essere sicuro. Gli individui sono alla ricerca di una differenziazione sul piano sociale, per questo acquistano beni a elevata potenza segnaletica (abbigliamento, accessori, ecc.). Quando il processo decisionale è ad alta complessità: nella ricerca di informazioni si sviluppa un apprendimento intenzionale. Nella fase di valutazioni pre acquisto si sviluppano atteggiamenti pre, invece nella fase di valutazione post si sviluppano atteggiamenti post. Più aumenta il coinvolgimento più si accresce lo sforzo d’acquisto che il cliente è disposto a sostenere. Ciò esercita riflessi sull’attività di raccolta dei dati finalizzata alla produzione di informazioni e sulla criticità dei processi valutativi precedenti e successivi all’esperienza di consumo. Un alto livello di coinvolgimento psicologico consente all’impresa di ricercare nuove fonti di differenziazione, relazionandosi con un cliente attento e sensibile al contenuto informativo dell’offerta. È importante impostare il processo di produzione del valore per il cliente in modo coerente con il livello di coinvolgimento che quest’ultimo associa al prodotto. Quando il processo è a bassa complessità: non c’è una vera e propria ricerca di informazioni, si passa subito all’acquisto (acquisto di impulso), anche la valutazione post non è detto che ci sia. Il cliente in questo caso fonda le proprie scelte su un processo di apprendimento incidentale e non intenzionale, minimizzando le energie cognitive investite nel processo decisionale. Il cliente utilizza la sperimentazione del prodotto quale fondamentale fonte informativa e valuta lo stesso solo dopo aver completato l’esperienza di consumo. Il sistema di preferenze si fonda su una mediazione dei risultati delle scelte pregresse e le convinzioni derivanti dall’esposizione passiva a stimoli di natura commerciale. Da questo deriva che gli atteggiamenti nei confronti dei prodotti sono instabili. È possibile si verifichino comportamenti di acquisto ripetitivi nei confronti di una marca ma derivano dall’esigenza di semplificare il processo decisionale e non dalla fedeltà. Questi sono i due estremi possibili per quanto riguarda i processi decisionali. Per lavorare sul coinvolgimento devo intervenire sulle sue determinanti in modo che si traducano in elementi importanti per il consumatore. Azione sull’interesse à la benzina si può differenziare? Di base no però Shell ha provato a farlo sia sul prodotto di qualità, ha aggiunto un premium price, ha fatto un cobranding con Ferrari e ha funzionato. Si può applicare un premium price a un interruttore? Percezione del bisogno Ricerca di informazioni Valutazioni pre-acquisto Acquisto e uso Valutazioni post Percezione del bisogno [apprendimento incidentale] Acquisto e uso Valutazione post acquisto Si, è stata introdotta la componente design nell’interruttore e applicato un grande premium price. Ovvio che bisogna fare anche delle azioni di marketing per la riuscita del processo. È possibile anche aumentare il livello di rischio percepito e dire che la propria marca è sicura sotto più punti di vista (esempio muri che cadono con il terremoto, il mio non cade). Il valore percepito dal consumatore scaturisce generalmente dell’esecuzione di processi cognitivi che interessano tre sistemi fondamentali: Il sistema motivante è importante per capire come si attiva il bisogno di acquisto. Ci sono due strumenti utili: catena mezzi-fini e la matrice per la classificazione dei benefici. Il sistema motivazione da cui dipende l’attivazione del processo di acquisto. Il sistema percettivo è utili per capire come funziona la ricerca di informazioni. il sistema percettivo filtra e categorizza stimoli di varia natura provenienti da differenti fonti informative e orienta i processi di comparazione fra i prodotti e le marche. Il sistema valutativo che comprende le sequenze e le procedure valutative sottostanti alla formazione degli atteggiamenti precedenti e successivi alle esperienze di consumo. Dall’attivazione delle motivazioni all'acquisto dipende l'avvio dell'iter decisionale che si tradurrà nella scelta e nell'utilizzo di un dato bene o servizio. Gli studiosi hanno evidenziato la natura multiforme e complessa e delle motivazioni sottostanti ai comportamenti di acquisto. Una prima distinzione utile per comprendervi sistema delle motivazioni al consumo fa riferimento alla loro natura intrinseca ed estrinseca. La motivazione intrinseca induce l'individuo all'azione indipendentemente dall'esistenza di ricompense o pressioni esterne. La motivazione estrinseca si attiva invece in presenza di rinforzi esterni, quali tipicamente il desiderio di ottenere un riconoscimento o di evitare una conseguenza negativa. Le motivazioni dipendono dall'insieme di esigenze che il consumatore si attende di appagare attraverso il processo di acquisto e l'utilizzo di un certo prodotto. Tra le variabili atte a intervenire nei processi cognitivi che regolano la percezione dei bisogni assumono particolare rilevanza i valori individuali, le conseguenze connesse all'acquisto e/o all'utilizzo del prodotto e gli attributi dello stesso, dalla cui interazione nasce la mappa cognitiva sottostante alla preferenza per una data offerta. CATENA MEZZI-FINI Le domande successive servono per passare dal parlare degli attributi (es. una particolare suola), ai benefici (es. gioco meglio) ai valori (es. se gioco bene sono ben visto nel circolo, mi da sicurezza). Alcune marche entrano subito nella parte alta della catana (es. profumi). LA MATRICE DEI BENEFICI Lavora su due dimensioni: evidenza dei benefici e concretezza dei benefici. Se l’evidenza è alta e anche la concretezza si tratta di benefici funzionali espliciti. Se l’evidenza è bassa e la concretezza è alta si tratta di benefici funzionali impliciti. Se l’evidenza è alta e la concretezza bassa allora sono benefici psico-sociali espliciti. Se sono con bassa evidenza e bassa concretezza si tratta di benefici psico-sociali impliciti, questi benefici non vengono dichiarati facilmente. I benefici di natura funzionale sono strettamente connessi alla performance del bene, quelli di natura psicologica e sociale sono correlati al significato che il prodotto assume sul piano simbolico. I benefici espliciti sono ricollegabili a motivazioni consce e possono essere facilmente individuati dalle imprese. Devono essere soddisfatti dal prodotto sennò il consumatore non lo prende nemmeno in considerazione, se vengono soddisfatti non danno grande vantaggio concorrenziale. I benefici impliciti sono collegati a motivazione delle quali nemmeno lo stesso cliente è a conoscenza oppure a esigenze percepite ma che non intende rivelare. Possono essere individuati solo con analisi qualitative e destrutturate. Dalla soddisfazione di tali benefici derivano vantaggi concorrenziali. Questa matrice consente di fare la segmentazione sui benefici. La ricerca e l’organizzazione delle informazioni L'attivazione delle motivazioni all'acquisto innesca una serie di attività cognitive, finalizzate alla produzione delle informazioni utili a orientare le attività di comparazione e scelta. Tali attività sono rappresentate: dalla selezione dei dati; dalla produzione di informazioni, cioè dall'attribuzione ai dati raccolti di un preciso significato; dall'organizzazione delle formazioni in strutture di conoscenza. La gerarchia di preferenze espresse dagli individui dipende non dagli attributi oggettivi che caratterizzano i prodotti in concorrenza, ma dalle percezioni che essi maturano al riguardo. Gli aspetti di maggior rilevanza nell'analisi delle fasi di raccolta organizzazioni delle informazioni attengono: ai meccanismi che regolano la percezione degli stimoli; alle tipologie di convinzioni sulle quali si fonda il processo di valutazione dei prodotti; alle interazioni tra le stesse, che definiscono le strutture cognitive con cui vengono rappresentate sul piano mentale le offerte in concorrenza. Si parte dal presupposto che è l'attività fondamentale di chi acquista sia quella dell'elaborazione delle informazioni. È quindi necessario considerare il processo attraverso cui gli stimoli informativi diventano oggetto di attenzione e di comprensione da parte degli individui. Più il prodotto è complesso più si utilizzano fonti, che sono di diverso tipo. Sono quattro le tipologie fondamentali di fonti: commerciali à sono controllate direttamente dall’impresa e rappresentate primariamente dalla pubblicità e dalla forza di vendita. Istituzionali à sono caratterizzate da connotati quali imparzialità e competenza, ne fanno parte gli esperti, le riviste specialistiche e le associazioni dei consumatori. Interpersonali à Sono identificabili in gruppi o individui di riferimento in precedenti utilizzatori o acquirenti del bene o nelle persone con cui si intrattengono rapporti sociali. Empiriche à Sono costituite dalla sperimentazione diretta dei prodotti oggetto di acquisto. Tali fonti non sono sempre consultate nella loro totalità, spesso una decisione di acquisto è assunta sulla base delle informazioni attinte da una sola fonte. È possibile ipotizzare che l'individuo proceda alla definizione di una sorta di gerarchia informativa, ordinando le diverse fonti di dati in modo da soddisfare al minor costo possibile le proprie esigenze conoscitive. L'individuo adotta un processo di ricerca di tipo sequenziale, procrastinando lo sino al punto in cui i vantaggi incrementali derivanti da un'ulteriore acquisizione di dati non eguagliano i costi aggiuntivi a essa connessi. Ciascuna fonte informativa è caratterizzata da un proprio livello di credibilità agli occhi dell'individuo. Quanto minore è la capacità del l'imprese di condizionare la fonte tanto maggiore risulta la sua credibilità: le fonti interpersonali sono in genere considerati più credibili rispetto alle fonti commerciali. Anche i canali sensoriali sono molto importanti. Dal punto di vista psicologico, l'esposizione, l'attenzione e la comprensione sono i tre passaggi che, a partire dagli stimoli filtrati dai canali sensoriali, guidano il processo di percezione individuale. Noi ci esponiamo, prestiamo attenzione e comprendiamo gli stimoli in maniera selettiva. Sono rintracciabili tre passaggi che delineano i requisiti minimi affinché avvenga la percezione di un qualsivoglia messaggio: occorre che il destinatario sia esposta uno stimolo e ne abbia sensazione; che vi ponga attenzione, selezionando tra la folla di quelli presenti nel flusso della comunicazione; che lo interpreti in modo consonante con le attese del mittente. Il processo prende avvio con la sensazione, intesa quale effetto a livello corticale di una stimolazione sensoriale periferica che ha luogo attraverso vari canali. I più noti canali sensoriali sono vista, udito, gusto, tatto e olfatto. Mentre la sensazione può essere intesa come la risposta immediata dei nostri sensi a uno stimolo, la percezione rappresenta il processo mediante il quale le sensazioni sono selezionate organizzate e interpretate. Affinché lo stimolo dei termini l'attivazione dei sensi è necessario che esso superi un determinato limite, denominato soglia assoluta. La soglia differenziale è invece la quantità minima di stimolazione necessaria per distinguere due stimoli diversi. Con il termine esposizione si fa riferimento alla capacità fisica e mentale di un individuo di ricevere uno stimolo all'interno di un determinato contesto. L'esposizione può essere di tipo intenzionale o accidentale. La prima si verifica quando il soggetto pone deliberatamente in essere una condotta finalizzata alla ricerca delle informazioni necessarie a fronteggiare un determinato problema. L'esposizione accidentale si verifica invece allorché l'individuo ha un contatto non intenzionale con l'informazione, spesso in situazioni del tutto estranee all'attività di acquisto. L'esposizione, di per sé, non garantisce però che lo stimolo venga effettivamente percepito. La percezione degli stimoli al luogo sulla base di un processo di tipo selettivo, nel senso che la sovrabbondanza di stimoli induce l'individuo a operare un processo di selezione degli stimoli, con la conseguenza che solo una parte di quelli a cui è esposto viene percepita. Oltre che dal livello di coinvolgimento psicologico nei confronti del prodotto o della situazione di acquisto, il processo di selezione è fortemente influenzato dalle caratteristiche individuali del soggetto, le quali generano specifiche sensibilità per alcuni tipi di stimoli nei confronti dei quali l'attenzione risulta maggiore (filtri percettivi). Un secondo elemento in grado di spiegare il carattere selettivo dell'esposizione è il rappresentato dal processo di adattamento dell'individuo, il quale si sostanzia nella sua progressiva assuefazione a determinati stimoli. Un ulteriore elemento alla base dell'esposizione selettiva è rappresentato dal principio di difesa, espressione con la quale si indica la tendenza dell'individuo a confermare e a difendere le proprie convinzioni anche contro evidenze contrarie, a tal fine rifiutando e quindi non percependo determinati stimoli. Di converso, in base al principio dell'equilibrio percettivo, l'individuo accetta di buon grado stimoli consonanti con le proprie conoscenze. Infine, l'esposizione verso gli stimoli e influenzata dalle caratteristiche di questi ultimi, in particolare dalla posizione e dal contrasto. La posizione si riferisce al luogo dove lo stimolo viene collocato, ma anche alla sua dimensione. Il contrasto attiene invece al livello di distinzioni uno stimolo rispetto a quelli tra i quali si trova collocato, quanto più elevata è tale distinzione tanto maggiore è la probabilità che esso sia percepito. Una volta esposto un certo stimolo, l'individuo attiva determinati processi di attenzione, intendendo con ciò fare riferimento ai processi mentali che trasferiscono la sensazione percepita al cervello per la successiva elaborazione. Non basta la semplice esposizione a uno stimolo affinché Nell'individuo si attivi il meccanismo dell'interpretazione, riconoscimento e memorizzazione. Posto che esistono due forme di attenzione – volontaria e involontaria – tale processo è condizionato significativamente da tre fattori: il livello di coinvolgimento dell’individuo, le sue condizioni emotive, la rilevanza dello stimolo rispetto all’ambiente. Il livello di coinvolgimento del soggetto può influenzare il livello di attenzione e anche la selezione delle informazioni da considerare. Con riguardo alle condizioni emotive, molte ricerche evidenziano che, in situazioni di elevate citazione, l'individuo può manifestare una maggiore attenzione per gli stimoli a cui è esposto. Inoltre in particolari situazioni l'attenzione viene attratta da te tipologie di stimoli: stati d'animo negativi inducono a recepire solamente o maggiormente stimoli con valenza negativa. Infine, la rilevanza ambientale attiene alla misura in cui lo stimolo informativo si discosta da altri stimoli all'interno dell'ambiente di riferimento dell'individuo: più si discosta meglio è. Superata la barriera dell'attenzione, gli stimoli informativi in ingresso vengono sottoposti a processi di comprensione, mediante i quali l'individuo attribuisce loro un senso alla luce delle conoscenze che già possiede. Nella realtà lo stimolo può avere un contenuto informativo del tutto assente o relativamente modesto. Nel primo caso, si può richiamare il filone di studi sul sound symbolism, il quale sviluppa l'idea secondo cui il semplice suono nome può essere evocatore di precisi significati per il consumatore. Anche attraverso i suoni si può influenzare il consumatore (vedi takete vs. maluma). Quale esempio di stimolo dal contenuto informativo modesto si pensi al contenuto di principio attivo presente in un farmaco, questa informazione possiede un significato decisamente limitato: ciò che consente di attribuire loro senso compiuto è il collegamento con le conoscenze che l'individuo possiede in memoria in relazione a quei prodotti, ai loro attributi e alle conseguenze che associa al loro utilizzo. L'esposizione e l'attenzione rivolta allo stimolo, benché necessarie, non sono dunque di per sé sufficienti ad assicurare la corretta comprensione del messaggio da parte dell'individuo. Oltre ai veri e propri errori di comprensione ci possono essere anche differenze di interpretazione. Nel momento in cui il soggetto interpreta uno stimolo informativo, lo arricchisce di contenuti che già gli appartengono e nel fare ciò trasferisce su di esso il peso della sua personalità, della propria cultura e delle sue esperienze. Nell'ambito di questo processo, particolare rilevanza compete alle aspettative, nel senso che la comprensione di uno stimolo informativo è influenzata da ciò che l'individuo si attende rispetto al probabile significato che quello stimolo dovrebbe assumere. In base alle caratteristiche personali e alle specifiche conoscenze accumulate nel corso del tempo, gli individui possiedono una serie di chiavi interpretative soggettive, che vengono attivate per guidare l'attribuzione di significato. Perciò, di fronte a un certo stimolo le esperienze maturate dall'individuo, unitamente alla sua conoscenza in ordine a quel determinato prodotto, possono indirizzarlo verso una specifica interpretazione. La presenza di chiavi interpretative costituisce la base per la formazione di aspettative in ordine alla comprensione del significato degli stimoli. Oltre che dalle caratteristiche dell'individuo, i processi di comprensione sono influenzati dalle caratteristiche dello stimolo e da aspetti relativi al contesto in cui lo stimolo stesso è percettiva di una data convinzione è correlata negativamente alla sua elasticità percettiva, che esprime la sensibilità agli stimoli esterni da essa manifestata; positivamente al suo leverage percettivo, che si riferisce al l'intensità dell'impatto che la sua modificazione è potenzialmente in grado di esercitare sul cambiamento della struttura cognitiva globalmente considerata. l'elasticità percettiva di una convinzione può essere calcolata misurando la sua variazione percentuale successivamente alla comunicazione pubblicitaria essa relativa. Il leverage percettivo della convinzione, ovvero il contributo che questa fornisce al cambiamento della struttura cognitiva globalmente considerata virgola e invece determinabile rapportando la somma delle variazioni percentuali indotte dalla stessa comunicazione pubblicitaria nelle restanti convinzioni allo scostamento globale delle percezioni del cliente (Ottenuto dalla sommatoria degli scarti in valore assoluto verificatesi nei diversi costrutti percettivi). Gli spazi per un efficace ed efficiente intervento sul sistema percettivo del cliente dipendono dunque dalla capacità dell'impresa di: individuare le convinzioni caratterizzate da alto leverage percettivo, ovvero da elevata potenzialità di impatto sulle altre rappresentazioni mentali che definiscono l'immagine di marca; rafforzare la posizione della propria marca con riferimento a tali convinzioni mediante opportune azioni sul piano funzionale o simbolico. Lezione 24/09/2021 Processo valutativo La valutazione si basa su dei criteri di scelta che ognuno ha maturato nei confronti di un determinata categoria merceologica. I criteri di scelta dipendono dalle motivazioni. L’altra componente importante del processo valutativo sono le convinzioni che sono il risultato del processo percettivo. I criteri di scelta e le convinzioni fanno maturare gli atteggiamenti pre acquisto, che guideranno le scelte del consumatore. Si sceglie il prodotto che ha l’atteggiamento pre aquisto più positivo. L’atteggiamento pre acquisto precede la fase di acquisto e uso e successivamente si sviluppano gli atteggiamenti post acquisto. Perciò il processo di scelta complesso ha due momenti valutativi: la valutazione pre acquisto e la valutazione post acquisto. Il confronto tra la valutazione pre e la valutazione post determinerà la soddisfazione del consumatore. È chiaro che l’atteggiamento post acquisto può modificare l’atteggiamento pre acquisto o i criteri di scelta per le volte successive. Gli atteggiamenti nei confronti dei prodotti nascono dall'interazione tra i criteri di scelta, le convinzioni, le esperienze, i sentimenti, le emozioni e i valori del cliente, risolvendosi indisposizione psicologiche nei confronti dell'offerta sottoposta a valutazione. L'atteggiamento è uno stato interno all'individuo che si mantiene stabile almeno per un certo periodo di tempo. Gli atteggiamenti sono necessari al mantenimento di un certo grado di coerenza tra le varie componenti della conoscenza dell'individuo e soprattutto tra di essa e i comportamenti. L'atteggiamento costituisce un elemento di raccordo fondamentale fra le conoscenze di base di cui il soggetto dispone, l'ambiente esterno e il comportamento individuale. Nella prospettiva di marketing, l'interesse nei confronti dell'atteggiamento discende proprio dal legame con il comportamento d'acquisto. L'idea è quella che se si riesce a suscitare nel soggetto un atteggiamento positivo nei confronti dell'offerta aziendale, è lecito attendersi che aumenti anche la probabilità di acquisto. Gli atteggiamenti sono delle disposizioni mentali positive o negative relativamente stabili costituiti da tre componenti: 1. Componente cognitiva: riguarda la conoscenza del prodotto rispetto a cui abbiamo maturato l’atteggiamento. Sono l’insieme di convinzioni. sono le convinzioni personali del soggetto in merito alle caratteristiche dei prodotti e delle marche. 2. Componente affettiva: fa riferimento alla preferenza che il consumatore ha maturato nei confronti del prodotto. È la conseguenza della componente cognitiva. [Si riferisce alle valutazioni le quali possono riguardare sia i singoli attributi sia il prodotto o la marca nel suo complesso.] 3. Componente conativa: fa riferimento all’intenzione di comportamento. Costituisce l componente più generale di manifestazione dell’atteggiamento. Nella prospettiva di marketing le principali aree di indagine degli atteggiamenti dei clienti si riferiscono all' analisi: della loro stabilità; delle funzioni che svolgono a livello psicologico e sociale; dei metodi utilizzabili per la loro misurazione. La stabilità degli atteggiamenti Gli atteggiamenti possiedono caratteristiche di spiccata resistenza al cambiamento, a meno che non vengano messi in discussione le basi su cui poggiano. La condizione necessaria affinché un dato atteggiamento si mantenga stabile nel tempo è rappresentata dalla sintonia fra le componenti cognitiva, affettiva e conativa. Nel momento in cui si manifesta uno squilibrio fra tali componenti, l'individuo entra in uno stato di tensione psicologica che, se irrisolto, può determinare un cambiamento delle preferenze di consumo. Teoria della dissonanza cognitiva à una delle principali fonti di squilibrio del sistema di atteggiamenti dell'individuo è rappresentata dalla necessità di compiere scelte alternative caratterizzate da elementi sia positivi sia negativi. Un cliente che procede all'acquisto di una determinata marca e successivamente ricevere informazioni volte a enfatizzare le caratteristiche positive delle alternative rifiutate sperimenta uno stato di tensione che, raggiunta una certa intensità, lo induce ad attivare particolari meccanismi di risoluzione del conflitto psicologico. Tra questi oltre alla modifica delle convinzioni e degli atteggiamenti verso l’alternativa selezionata, assumono importanza centrale i meccanismi cognitivi come per esempio la distorsione delle informazioni contrastanti con la scelta compiuta e l'esposizione o l'attenzione selettiva prestata alle informazioni che evidenziano i connotati negativi delle alternative rifiutate. se questi meccanismi cognitivi si rivelano insufficienti, viene meno la stabilità dell'atteggiamento nei confronti del prodotto scelto e ciò rende probabile il cambiamento del comportamento. Questo enfatizza la rilevanza di tutte le possibili azioni di marketing che l'impresa può attuare per rassicurare i propri clienti in merito alla validità della scelta compiuta, neutralizzando i tentativi dei concorrenti di minare la stabilità degli atteggiamenti. Teoria dell’equilibrio degli atteggiamenti àsi focalizza sulle situazioni di tensione psicologica riconducibili alla presenza di convinzioni contrastanti nei confronti di un determinato oggetto e di una fonte informativa che fornisce informazioni in merito a quell'oggetto. Se un individuo ha una disposizione favorevole verso un determinato prodotto e riceve informazioni positive su di esso da una fonte che giudica negativamente, si origina una situazione di squilibrio che al limite può risolvere si in un mutamento dell'atteggiamento originario verso il prodotto o verso la fonte informativa. Perciò assume notevole importanza il controllo sistematico e la gestione attiva delle comunicazioni in ordine alla marca attivate da varie fonti. sSe uno stimolo contraddice i nostri atteggiamenti, ci sono due alternative possibili. O applico un filtro percettivo e non recepisco lo stimolo oppure modifico l’atteggiamento, rivedendo le varie componenti. Se l’atteggiamento del consumatore è positivo nei confronti del brand, il brand è in qualche modo protetto a sporadici episodi di insoddisfazione perché l’atteggiamento in questo caso positivo è abbastanza stabile. Questa struttura di processo decisionale c’è solo se il consumatore è particolarmente coinvolto. Se il consumatore è poco coinvolto il processo di scelta sarà semplificato. Le funzioni degli atteggiamenti Un'ulteriore ambito di studio degli atteggiamenti approfondisce il loro influsso sugli orientamenti comportamentali, facendo riferimento alle funzioni che essi svolgono nell'ambito del contesto psicologico e sociale dell'individuo. Funzione strumentale à in quanto l'atteggiamento nei confronti di un dato oggetto può rivelarsi utile nella misura in cui l'oggetto è il risultato efficace in passato e un atteggiamento favorevole a esso serve a non dimenticarne la qualità e a identificarlo fra i concorrenti. in questo modo l'atteggiamento orienta il comportamento dell'individuo verso gli obiettivi perseguiti, favorendo il conseguimento dei benefici attesi e la minimizzazione dei possibili sacrifici necessari per ottenerli. Funzione di autodifesa à Poiché l'atteggiamento può assumere il ruolo di difensore rispetto a varie fonti di ansia e di incertezza. Manifestare atteggiamenti nei confronti di oggetti situazioni serve a mantenere sotto controllo l'incertezza che da essi deriva. Funzione comunicativa à Gli atteggiamenti esprimono anche il sistema di valori individuale, sostenendo i processi di comunicazione mediante i quali l'individuo definisce il proprio stile di vita e la propria appartenenza a specifici gruppi di riferimento. Funzione cognitiva à In quanto gli atteggiamenti contribuiscono alla costruzione di schemi interpretativi dell'ambiente socio culturale in cui l'individuo è inserito, attraverso la trasformazione dell'esperienza soggettiva in convincimenti radicati. L'atteggiamento nei confronti del prodotto o della marca costituisce una forma di sintesi di ciò che l'individuo sa su di essi e di come li valuta. In generale, allorché l'atteggiamento nei confronti di una data marca svolge al meglio le funzioni sopraelencate si rafforza la fedeltà verso la stessa e di conseguenza si riduce la vulnerabilità competitiva. La misurazione degli atteggiamenti La complessità degli atteggiamenti ha indotto la ricerca di marketing a privilegiare modelli di misurazione multiattributo, basati sulle valutazioni espresse dai soggetti domanda con riferimento alle diverse caratteristiche del prodotto considerato. Fra i modelli multiattributo quello più noto è quello proposto da Fishbein (in foto). Un secondo schema utile per classificare le sequenze valutative da cui dipende l’apprezzamento del valore offerto al cliente considera, accanto al livello di coinvolgimento, la natura dei benefici ricercati dal cliente. Alcuni prodotti (think product) sono infatti valutati principalmente attraverso la considerazione di fattori razionali, volti a favorire l'apprezzamento dei benefici funzionali da essi ottenibili. Altri (feel product) Vengono invece selezionati ricorrendo a fattori emotivi, connessi a conseguenze psicologiche e sociali. Sulla dimensione orizzontale ci sono i benefici ricercati dal consumatore, divisi in funzionali e psicosociali. Sulla dimensione verticale c’è il livello di coinvolgimento, alto o basso. La matrice si propone di classificare diverse tipologie di prodotto e abbinarli al comportamento del consumatore. In alto a sinistra il consumatore cerca benefici funzionali ed è molto coinvolto à learn-feel-do, i prodotti che ricadono in questa categoria sono i prodotti razionali. Qui i benefici ricercati sono prevalentemente di natura funzionale e l'elevato coinvolgimento si traduce nella definizione di ponderate convinzioni preacquisto. Se i benefici ricercati sono più psico sociali e il coinvolgimento è elevato (in alto a dx), ci sono due possibili sequenze: feel-learn-do oppure feel-do-learn, i prodotti rientrano un categorie affettive. La differente successione degli stadi relativi ad apprendimento e azione può essere in via prioritaria correlata alla conoscenza della categoria di prodotto da parte del consumatore virgola che si riflette direttamente sulla sua capacità di ancorare le proprie sensazioni alla percezione di caratteristiche differenziali fra le alternative. L'assenza di tale capacità subordina di fatto l'apprendimento all'azione, rendendo probabile il manifestarsi di stati di dissonanza cognitiva e quindi accrescendo le esigenze di rassicurazione successiva alla scelta. Quando il coinvolgimento è basso e il beneficio ricercato è funzionale (in basso a sx) la sequenza è do-learn-feel, e si tratta di prodotti di routine. Non ci sono valutazioni pre scelta e il cliente usa la prova del prodotto come principale fonte informativa. Invece se il coinvolgimento è basso e i benefici ricercati sono psicosociali (in basso a dx) la sequenza è do- feel-learn, il prodotto appartiene a una categoria edonistica. Nella sequenza feel do learn (cateogorie affettive) il consumatore è probabile si trovi in una situazione di dissonanza cognitiva e cerca di ridurla, acquisendo informazioni che lo convincono della scelta fatta. Le regole valutative Il consumatore può adottare regole valutative diverse, cioè le regole che applico per fare un ranking tra i prodotti. Sono regole che uso per strutturare la gerarchia di preferenze. Si possono classificare lungo due dimensioni: numerosità degli attributi ritenuti rilevanti (se sono molto coinvolto tengo in considerazione più attributi per essere più sicuro della scelta) e se per ogni attributo il consumatore ha in mente un livello ideale o soglia. Il livello soglia se superato fa direttamente scartare l’alternativa. Il livello ideale permette deroghe se ne nel complesso ci sono altri vantaggi. Consumatori diversi, con regole diverse, scelgono prodotti diversi. Nello stesso processo decisionale si usano anche regole diverse. Solitamente si inzia dal basso con quelli soglia e poi tra quelle che vanno bene si applicano i livelli ideali. Le regole congiuntive sono fondate sulla considerazione da parte del cliente di un insieme relativamente vasto di attributi del prodotto e sull’individuazione, per ciascuno di questi, di una dose di presenza minima. La valutazione dei prodotti in concorrenza avviene verificando la presenza dei requisiti minimali richiesti consentendo una semplificazione del problema decisionale (non garantisce la scelta ottima). L’adozione di procedimenti congiuntivi si traduce in valutazioni non compensative, in quanto il mancato superamento della soglia di accettabilità da parte di un determinato attributo pregiudica il giudizio formulato dal cliente nei confronti del prodotto, indipendentemente dalla dose di presenza dei rimanenti attributi. Le medesime considerazioni possono essere avanzate anche per quanto attiene alle regole disgiuntive. l'unica differenza di rilievo è rappresentata dal numero di attributi giudicati rilevanti dal cliente, che in questo caso risulta estremamente ridotto, permettendo un'ulteriore riduzione della complessità del processo di scelta. Le regole lessicografiche si concentrano nella strutturazione gerarchica dell'insieme di attributi del prodotto e nell'identificazione, per ciascuno di essi, di un livello ideale, corrispondente alla dose di presenza dell’attributo che il soggetto ritiene idonea a massimizzare la propria utilità. I vari attributi vengono ordinati sulla base della loro importanza relativa e la valutazione delle alternative avviene verificando la distanza fra la posizione da queste occupata con riferimento al l'attributo considerato maggiormente rilevante e il livello ideale di quest'ultimo. Soltanto nell'ipotesi in cui tale confronto non sia sufficiente, il cliente prende in esame sempre singolarmente ulteriori attributi, rispettando nell'ordine di importanza e replicando il procedimento di comparazione sino a fornire adeguata soluzione al problema decisionale. Il profilo di offerta ideale implica l’esplicita considerazione dell’insieme di attributi che definiscono i prodotti oggetto di comparazione, della rilevanza a essi attribuita nel processo di scelta e delle funzioni di utilità associate dal cliente a ciascun attributo. La valutazione dei prodotti considerati si fonda sulla verifica delle distanze esistenti fra questi ultimi e il profilo di offerta ideale, che ciascun cliente esprime ordinando l’insieme di attributi secondo la gerarchia e l’intensità giudicate ottimali. Il prodotto più vicino all’ideale è quello che meglio si adatta al sistema di preferenze individuali. Lezione 01/10/21 L’acquisto Spesso la decisione di acquisto scaturisce dall’interazione fra numerosi soggetti, che a vario titolo assumono rilevanza nel processo di scelta e utilizzo del prodotto. Tali soggetti compongono il gruppo decisionale di acquisto e hanno diversi ruoli. Ci sono vari ruoli di acquisto: influenzatore (condiziona le fasi di ricerca dei dati, produzione di informazioni e definisce i criteri selettivi), acquirente (si occupa dell’attività connesse all’approvvigionamento del prodotto), fruitore o consumatore (vivendo in prima persona l’esperienza di utilizzo influenza la formazione degli atteggiamenti successivi all’acquisto), decisore (gli spetta la scelta finale e la responsabilità che ne deriva), iniziatore (rende manifesta la necessità di soddisfare una determinata esigenza), prescrittore (ad esempio il medico). Lo stesso individuo può agire in più ruoli e il medesimo ruolo può essere svolto da più soggetti. I processi di scelta del consumatore spesso scaturiscono da una mediazione delle finalità perseguite dai membri del gruppo decisionale di acquisto. Acquirente e fruitore non è detto che coincidano, il primo fa la transazione il consumatore utilizza il prodotto. È importante questa distinzione, anche se nei processi decisionali poco complessi coincidono. In ogni caso l’acquirente ha delle motivazioni di acquisto che possono essere diverse rispetto a quelle del consumatore. Hanno dei criteri di scelta diversi, l’interazione tra questi criteri diventa rilevante. L’acquirente presta attenzione ai servizi commerciali principalmente, cioè aspetti logistici, convenienza, assortimento ecc. L’acquirente non è interessato agli attributi del prodotto, ma a quelli dei servizi commerciali. Il focus del consumatore è sul prodotto/brand e le sue caratteristiche. Il consumatore è interessato alle caratteristiche d’uso e di immagine dei prodotti. Questa dicotomia è importante quando acquirente e consumatore entrano in conflitto e quale delle due prevale. Se a scegliere è l’acquirente il brand deve essere presente nei punti vendita altrimenti è inutile, non verrà mai acquistato. I retailer sono diventati più potenti perché per molti prodotti il processo decisionale è diventato quello dell’acquirente perché il coinvolgimento si è abbassato. Per l’acquirente sono importanti i servizi commerciali e il punto vendita viene scelto in base a questi, solo già all’interno del punto vendita viene prestata attenzione ai prodotti. Non è che l’acquirente va in determinato punto vendita perché vuole un determinato prodotto. A volte store loyalty e brand loyalty sono in contrasto. Le private labels nascono per questo, perché le imprese commerciali si rendono conto che la loro etichetta/insegna ha un valore. Le marche consumatore. La distinzione fra processi autotelici e processi strumentali di consumo per la generazione di valore risulta articolabile ulteriormente introducendo le due tipologie di valore funzionale e psicosociale. è possibile immaginare l’esistenza di processi autotelici volti sia alla generazione di valore funzionale sia psicologico, e allo stesso modo, processi strumentali orientati all’ottenimento di valore funzionale e psicosociale. 1.8 Il risultato dell’esperienza di consumo e i comportamenti successivi all’utilizzo La fedeltà alla singola marca o a un gruppo di marche I comportamenti di consumo ripetitivi assumono sul piano economico aziendale rilevanti implicazioni, sostanzialmente riconducibili al manifestarsi di fenomeni di fedeltà alla marca ad un gruppo di marche, al punto vendita. È opportuno sottolineare l'impossibilità di istituire un rigido parallelismo tra comportamenti ripetitivi e fedeltà del consumatore: i primi rappresentano infatti una condizione necessaria ma non sufficiente per la concreta manifestazione della seconda. Infatti, esiste un'ulteriore tipologia di comportamenti ripetitivi soggetta all'influsso esercitato dal sistema di abitudini e riconducibile a un iter decisionale routinario e semplificato. Le fondamentali determinanti dei comportamenti ripetitivi possono essere ricollegati a fattori di natura cognitiva, ambientale e psicologica. Tra i primi rivestono una particolare importanza alle valutazioni espresse dal consumatore sulla corrispondenza dell'alternativa selezionata alla propria configurazione di gusti, nonché sull'intensità relativa dei rapporti di sostituzione esistenti nel mercato. Quanto minore è la numerosità delle marche giudicate idonee al soddisfacimento delle esigenze individuali e quanto più definte si rivelano le convinzioni relative alla posizione da esse occupate rispetto al profilo di offerta ideale, tanto maggiore risulta ceteris paribus la probabilità che si istaurino comportamenti di consumo ripetitivi che si sostanziano nell’adozione di una determinata alternativa. Tra i fattori di natura ambientale vanno ricordati gli spazi monopolistici conquistati dalle imprese attraverso adeguate politiche di differenziazione dell'offerta e il grado di dinamismo della situazione concorrenziale che, se elevato, accresce sensibilmente la varietà e la variabilità degli orientamenti comportamentali. per quanto attiene alle determinanti psicologiche, assumono rilievo sia particolari elementi connessi alla personalità degli individui, sia fattori inerenziali, legati ai meccanismi che regolano l'apprendimento e suscettibili di risolversi in fenomeni di vischiosità delle scelte. la fedeltà alla marca può essere considerata una fattispecie particolare in cui l'adozione sistematica della medesima alternativa di offerta deriva da un preciso atto di volontà dell'acquirente, a sua volta riconducibile all'esistenza di una struttura di preferenze gerarchicamente ordinata a livello di singole marche. Mentre la fedeltà comportamentale è un outcome osservabile, l'analisi della fedeltà cognitiva richiede di comprendere le cause sottese al processo di formazione della loyalty, attraverso la definizione di vari indicatori in grado di esprimere la risposta cognitiva e affettiva del cliente. Gli indicatori cognitivi si fondano principalmente sulle dichiarazioni di preferenza e di intenzione di acquisto espresse dai consumatori e collegano il livello di customer loyalty a: 1. L’atteggiamento verso la marca (misurato con modello Fishbein) 2. Il valore percepito dell’offerta aziendale 3. Il livello di soddisfazione del cliente, espresso mediante: a) indici sintetici del gap di valore; b) indicatori espressivi della propensione del cliente a veicolare comunicazioni positive sull’impresa (net promoter score à si chiede quanto da 0 a 10 un soggetto raccomanderebbe il prodotto ad amici e familiari. Si calcola facendo percentuale promotori, cioè chi ha votato 9 e 10, meno percentuale detrattori, cioè chi ha votato da zero a 6. È semplice e si può usare per fare confronti nel tempo) 4. La fiducia nei confronti dell’impresa. Benefici ottenibili dalla fedeltà 1. Solidità della posizione concorrenziale, giustificata dalla scarsa sensibilità degli acquirenti fedeli alle mosse competitive dei concorrenti. 2. La relativa stabilità delle preferenze dei consumatori si riflette positivamente sui gradi di libertà di cui l’impresa dispone nella scelta delle modalità di utilizzo del potere di mercato stesso. 3. Il consumatore fedele è più propenso ad apprezzare altri prodotti della stessa marca e le innovazioni proposte. 4. Maggiore potere di mercato nei confronti dei distributori. 5. Minori costi di marketing connessi all’assistenza e alla comunicazione. Questi benefici sono attenuati se il consumatore è fedele a un gruppo di marche e non a una sola marca. Le marche all’interno del gruppo sono considerare altamente sostitutive rispetto ai medesimi bisogni. La fedeltà a un gruppo di marche implica una relativa indifferenza del consumatore alle alternative di offerta tra le quali avviene la scelta di acquisto, che nell’insieme vengono comunque percepite come differenti rispetto alle altre marche presenti sul mercato. Tra brand e store image ci sono dei condizionamenti reciproci: l’immagine dell’insegna condiziona l’immagine delle marche commercializzate e l’immagine delle marche condiziona l’immagine del punto vendita. (vedi par. 1.8.2) Lezione 08/10/21 Il valore per il cliente Il valore per il cliente nasce dal confronto tra componenti positive (benefici) di un’offerta e i costi che deve sostenere per ottenerli. Si tratta di componente get (quello che il cliente ottiene) e componente give (quello che il consumatore deve sostenere). Le aziende devono gestire entrambe queste dimensioni. La componente give non è solo il prezzo, ci sono anche costi non monetari. La componente get si riferisce ai vantaggi che di natura funzionale, psicologica, sociale ed emotiva che in data alternativa di offerta è in grado di garantire al cliente. I benefici funzionali sono vantaggi connessi alla performance del prodotto. I benefici psicosociali sono vantaggi connessi a sicurezza, autostima, status. I benefici psicologici riguardano le risposte interne e soggettive che l’individuo avverte in corrispondenza dell’utilizzo del prodotto. I benefici sociali derivano dal particolare ruolo che il soggetto ritiene di assumere nella società a seguito dell’uso di un determinato prodotto/marca. I benefici emotivi si riferiscono alle emozioni positive derivanti dall’esperienza di acquisto e utilizzo. La componente give comprende i sacrifici monetari e non monetari che il cliente è chiamato a sostenere per ottenere tali benefici. I costi sono: informativi (costi di ricerca), di valutazione, di acquisto (costi di reperimento, costi di acquisto, costi psicologici), di utilizzo (costi di esercizio, manutenzione, apprendimento, obsolescenza) e di riacquisto (costi di conversione, costi psicologici, costi di dismissione). Grazie all’intelligenza artificiale le aziende possono intervenire maggiormente sulla componente give: le piattaforme dotate di intelligenza artificiale possono fornire raccomandazioni di prodotti personalizzate, semplificheranno processi di acquisto con routine automatici, continua ricerca delle offerte migliori, analisi approfondite del reale valore delle offerte in concorrenza. I consumatori in cambio forniscono alle piattaforme il pagamento dei prodotti, informazioni su preferenze e processi di acquisto, informazioni su sensibilità al prezzo, propensione al rischio e aspettative sulla privacy, fedeltà. Ci sono dei vantaggi anche per le marche: spazio su scaffali virtuali, unico canale per offerta di servizi e operazioni commerciali, comportamenti di acquisto e consumo, esposizione ai mezzi, pagamenti per i beni e servizi ceduti, gestione delle attività di approvvigionamento. Le marche forniscono alle piattaforme: fee promozionali e di listing, informazioni e contenuti sui prodotti, innovazioni mirate per i clienti, conoscenza della categoria di prodotto. Il valore per il cliente è un costrutto percettivo basato sulla valutazione contestuale di tutte le diverse componenti dell’offerta (get e give), comparate a quelle di uno o più concorrenti. Il valore è una variabile multidimensionale, perciò ci sono molte componenti, allora c’è tutto un tema di varietà delle dimensioni cognitive ed emotive da presidiare. Si intende che per agire con efficacia sulle diverse tipologie di benefici e sacrifici, l’impresa deve necessariamente potenziare la propria offerta in riferimento a molteplici attributi tangibili e intangibili. Servono strumenti per la misurazione del valore in grado di far emergere la varietà delle dimensioni rilevanti sul piano cognitivo, emotivo, motivazionale e valutativo. Una seconda caratteristica del valore è la soggettività, ciascuno ha delle priorità specifiche, la segmentazione dovrebbe essere basata sul valore. Le percezioni e le preferenze relative agli attributi dipendono da variabili individuali. È importante segmentare con approcci in grado di cogliere le individualità dei processi cognitivi dei clienti. La terza caratteristica è la relatività, cioè bisogna avere un parametro di confronto, serve un benchmark competitivo. Il valore per il cliente di un offerta è sempre oggetto di comparazione con sostituti diretti e indiretti, in grado di soddisfare i medesimi bisogni. Infine, il valore è una variabile dinamica, i clienti evolvono; quindi, l’analisi del valore deve essere sistematica. Le determinanti del valore per il cliente sono soggetta a continua trasformazione che dipende sia dal progresso tecnologico sia dalla sempre maggiore complessità sociale. Strategic window Sull’asse delle ordinate c’è il valore offerto dall’impresa e il valore atteso dal cliente, sull’asse delle ascisse c’è il tempo. Questo modello fa capire come evolvono i desideri di valore dei clienti e come evolvono le capacità delle imprese di offrire valore. La curva dell’impresa mappa l’evoluzione del valore offerto: quando un’impresa lancia un’innovazione non offre moltissimo valore perché sostiene Economic value for the customer (vedi par 2.3) à consente di misurare il valore differenziale offerto al cliente determinato dal confronto tra i benefici offerti rispetto a un’alternativa concorrente. L’EVC si caratterizza sia per semplicità applicativa sia per rapidità e convenienza economica del processo di misura. L’approccio si sostanzia nell’esame e nella valorizzazione degli attributi del prodotto che assumono maggiore rilevanza nell’influenzare il comportamento di scelta dei clienti. Si può usare quando la componente monetaria assume rilevanza. La selezione degli attributi riduce le caratteristiche rilevanti a quelle che maggiormente differenziano l’offerta aziendale rispetto a quella dei concorrenti e che sono direttamente esprimibili in termini monetari. Per ciascun attributo individuato il management deve valutare differenza, in termini di benefici e di costi per il cliente, tra l’offerta della propria impresa e quelle dei concorrenti di riferimento, traducendola in termini di differenziale monetario. Gli elementi del valore su cui il management non ravvisa differenze fra le due offerte si definiscono punti di parità, mentre quelle in relazione ai quali vengono individuate differenze vengono denominati punti di differenza. Bisogna concentrarsi su questi ultimi. L'impresa deve dimostrare e documentare in modo esauriente queste differenze, in modo che il cliente possa ravvisarle agevolmente, capendo come il fornitore le ha stimate e trovando convincente il risultato. La misura di valore in tal modo ottenuta è dunque relativa, poiché è riferita sia uno specifico cliente, sia il concorrente o a concorrenti di riferimento intendendo per tali le offerte a qualunque titolo sostitutive nella generazione dei medesimi benefici per il cliente. mediante l'analisi del vantaggio economico, si giunge pertanto a stimare con relativa semplicità un differenziale di valore per il cliente, che vieni immediatamente espresso in termini monetari. Si presta per i prodotti di consumo durevole, perché durante la vita utile si possono manifestare costi di natura monetaria (es. lavatrice: manutenzione, corrente, ecc.). L’EVC prende in considerazione benefici e costi di natura monetaria. Se il valore per il cliente deriva principalmente da attributi intangibili, legati a benefici psicosociali ed esperienziali, che sono difficilmente misurabili dal punto di vista monetario, l’EVC perde le proprie potenzialità. Con riferimento ai beni durevoli, l’approccio EVC ben si presta ad analisi in una prospettiva dinamica, nel senso che permette di considerare i costi e i benefici che si manifestano durante l’intero ciclo di vita del prodotto. Si fa riferimento al costo totale di possesso, dato dalla somma del costo di acquisto con tutte le spese sostenute dall’acquirente durante la sua vita utile, al netto dell’eventuale prezzo di liquidazione. Ad esempio offerta A: benefici = 60 costi= 40 valore = 60- 40 = 20. Offerta B: benefici = 80 costi = 50 valore = 30. Valore differenziale = 30 – 20 = 10. Dopo aver individuato l’EVC, ci si può chiedere se il prezzo a cui si vende è giusto. Il prezzo è giusto se mi permette di ottenere la preferenza del consumatore. Ma se ho un EVC positivo, posso alzarlo e continuare ad avere la preferenza? In teoria, si devo calcolare il prezzo di indifferenza. Il prezzo di indifferenza è quello che rende indifferente scegliere un prodotto o l’altro. In questo contesto il prezzo di indifferenza è quello che rende l’EVC pari a 0 annullandolo. Questo diventa un punto di riferimento per le politiche di pricing dell’azienda. Se rimango sotto avrò una quota di mercato ampia, se sono sopra è molto probabile che sia preferita l’alternativa del concorrente. La formula è: EVC impresa A = costo impresa B – costo impresa A. dal momento che impongo l’EVC uguale a zero posso stimare il prezzo di indifferenza facendo Costo Alfa = Costo Beta. Se ho un EVC negativo per catturare la preferenza dei clienti dovrei abbassare il prezzo, di quanto? Calcolo prezzo di indifferenza. Esempio lavatrice: prezzo alfa/vita utile + costo energia + detersivo + consegna = costo unitario lavatrice Beta. Risolvo con prezzo di alfa a destra à prezzo alfa = (3,904-3,517) x 6000 = 2.322. Le trappole decisionali del consumatore – deviazioni dai principi di razionalità (1.9) Teoria del prospetto à ci aiuta a capire quali sono gli allontanamenti possibili dai principi della razionalità. La teoria parte dalle scelte reali degli individui e si propone di quei processi che inducono ad assumere molto più spesso di quanto si pensi, decisioni che appaiono sub ottimali agli occhi della teoria economica classica. Il punto di partenza è che il nostro sistema percettivo è in grado di riconoscere le differenze e i cambiamenti di stato, piuttosto che valutare una condizione in termini assoluti. Allo stesso modo, nell’affrontare un qualunque problema decisionale, l’individuo ne valuterebbe i possibili esiti non in termini assoluti, ma confrontandoli con un livello di riferimento che solitamente corrisponde allo status quo. Il prospetto è la combinazione dei possibili esiti decisionali con le relative probabilità. Gli autori ricorrono a due funzioni: la funzione delle probabilità à rappresenta l’attribuzione soggettiva delle probabilità di verifica degli esiti di un prospetto. Esiste una distorsione sistematica nella distribuzione delle probabilità, secondo cui quando l’evento è poco probabile oggettivamente noi attribuiamo probabilità più alte (es. vincere alla lotteria). Le probabilità più basse sono sopravvalutate. Le probabilità medi/alte sono sottovalutate (gli esiti molto probabili sono sottovalutati rispetto alla certezza che si verifichino). La funzione del valore à rappresenta il valore attribuito soggettivamente a tutti i possibili esiti di un prospetto. Tale funzione è caratterizzata da tre aspetti fondamentali: 1. gli esiti del prospetto sono valutati in relazione ad un punto di riferimento e sono categorizzati come guadagni o perdite; 2. la curva ha una maggior pendenza nel quadrante delle perdite rispetto a quello dei guadagni (avversione alle perdite), il valore attribuito a una perdita è maggiore di quello attribuito a un guadagno di pari valore. 3. la funzione è concava per i guadagni e convessa per le perdite, in entrambi i quadranti si osserva una diminuzione della sensibilità ai cambiamenti (utilità / disutilità crescenti). La curva è più pendente nel quadrante delle perdite, questo significa che la tristezza di un esame che va male è maggiore della gioia di un esame che va bene. Es. se ho come media 25 e prendo 24, sono molto più triste rispetto alla felicità che ho se prendo 26. Da questa teoria si possono individuare alcune tipiche deviazioni della razionalità, tre bias cognitivi sono: framing, dotazione e status quo Framing à si verifica quando, modificando la struttura concettuale di un problema decisionale, pur mantenendone invariati gli esiti finali, si determino dei cambiamenti nelle scelte degli individui. Tendenza a cambiare i comportamenti a seconda di come i termini di un problema sono incorniciati. Spiega come gli individui modifichino le proprie scelte in funzione del modo in cui è descritto il problema decisionale. Esperimento del prosciutto: alcuni avevano etichetta 10% grassi, altri con etichetta 90% senza grassi. Se non ci fosse l’effetto framing il gruppo uno e due dovrebbero avere mediamente le stesse risposte. Il gruppo con 10% grassi ha valutato più alto il livello di grasso rispetto al gruppo con 90% senza grassi. Per la qualità è l’opposto cioè gruppo due ha percezione qualità più alta e gruppo uno percezione qualità più bassa. Un’impresa responsabile comunica la presenza di grassi e non l’assenza perché oggettivamente il prosciutto è un prodotto grasso che se consumato molto può avere conseguenze negative. L’effetto framing viene rilevato nel seguente esperimento: si presentano due candidati sindaci uno con tratti medi e l’altro con tratti sia molto positivi, sia molto negativi. Ai partecipanti la domanda viene posta diversamente, ad alcuni si chiede il candidato preferito e ad altri il candidato da scartare. Le preferenze per il candidato con tratti estremi aumentava le preferenze se veniva chiesto il candidato preferito, mentre il gruppo a cui era chiesto di scartare il candidato peggiore si è concentrato sugli aspetti negativi che erano espliciti rsempre per il candidato con tratti estremi dando quindi una valutazione peggiore rispetto a quella dell’altro gruppo. Dotazione à si manifesta quando gli individui tendono ad attribuire un maggiore valore a un bene una volta che ne sono entrati in possesso. Tale effetto si riverbera nelle differenze tra WTP e WTA (willingness to accept). Per via dell’effetto dotazione saremmo portati a valutare un bene in nostro possesso di più di quanto noi stessi saremmo disposti a spendere per acquistarlo. Esperimento maglietta: alcuni avevano già ricevuto la maglietta e dovevano rivenderla, l’altro gruppo doveva solo comprarla. A entrambi si chiedeva il prezzo corretto secondo loro (alcuni vendere altri comprare). Probabilmente a causa dell’effetto dotazione, chi aveva già la maglietta e la deve vendere avrebbe richiesto un prezzo doppio rispetto a chi la deve comprare e basta. Questo perché la perdita vale doppio rispetto alla gioia come nella teoria del prospetto. Infatti i risultati confermano. L'entrata in possesso di un bene costituisce un guadagno rispetto al punto di riferimento iniziale, rappresentato dal non possesso del bene stesso. L'opzione di acquistare tale bene viene quindi letta e valutata nel quadrante positivo della funzione di valore. Una volta decisa l'acquisizione del bene, il possesso di quest'ultimo diviene il nuovo punto di riferimento rispetto al quale valutare le alternative decisionali. Nel caso in cui se ne dovessi decidere la cessione, tale scelta ricadrebbe pertanto nel quadrante delle perdite e come tale sarebbe valutata. L’acquisizione dell’oggetto provocherebbe una gioia inferiore al dolore per una sua perdita. Da qui la richiesta di contropartite più elevate per cedere il bene (WTA) rispetto a quelle che si riconoscono per acquistarlo (WTP). Status quo (effetto default) à spiega la tendenza degli individui a confermare le scelte già optate piuttosto che ad attivare un nuovo processo decisionale. Lo status quo rappresenta il punto di riferimento rispetto al quale le diverse opzioni decisionali vengono valutate, classificando negli esiti netnografia ecc. Dopo si passa alla misurazione delle preferenze e delle percezioni. Le prime riguardano la misurazione dell’importanza dei benefici per il consumatore, la misura delle preferenze è importantissima per la segmentazione perché posso mettere insieme chi vuole le stesse cose. Nella misurazione dell’importanza degli attributi emersi dalla ricerca qualitativa è preferibile usare la scala con rating a somma costante (va bene quando ci sono pochi attributi, perché si chiede di distribuire 100 punti tra gli attributi). Ciascun individuo è naturalmente orientato a massimizzare i benefici ricercati e ciò può indurlo ad assegnare la massima rilevanza anche ad attributi in realtà non prioritari. Mediante la scala con rating a somma costante si evita questo problema. Le percezioni fanno riferimento ai giudizi che i consumatori hanno dei prodotti/brand. Si procede alla raccolta delle convinzioni dei soggetti in merito alla dose di presenza di ciascun attributo nelle alternative di offerta. Le misurazioni si fanno principalmente tramiti sondaggi e scale come quelle unipolari, stapel (valutazioni dei consumatori graduate tra due estremi uno di tipo positivo e l’altro negativo), differenziale sistematico (due affermazioni opposte agli estremi della scale, devono posizionarsi vicino a quello che ritengono vero) e Likert (si chiede di esprimere il grado di accordo/disaccordo con l’affermazione). Si usano tendenzialmente scale dispari con 7-9 punti cosi c’è anche il punteggio entrale che esprime indifferenza. Adesso è possibile applicare i modelli multi attributo in modo da arrivare alla stima del valore. La stima del valore si può fare con la tecnica a la fishbein. Questa misura l’atteggiamento del consumatore rispetto al prodotto j come sommatoria delle percezioni che il consumatore ha maturato su ogni attributo del prodotto ponderate per l’importanza dell’attributo. È una misurazione di natura compensativa perché i giudizi sugli attributi si compensano a vicenda. L’applicazione del modello Fishbein consente di: o Ottenere un indice sintetico dell’atteggiamento nei confronti delle marche, che può essere relativizzato rispetto al punteggio massimo raggiungibile, identificando gli spazi di miglioramento esistenti. o Individuare i punti di forza e di debolezza che caratterizzano l’offerta, e quindi le priorità di intervento. o Valutare la solidità della posizione di mercato detenuta dall’impresa rispetto a specifici concorrenti, sia a livello aggregato che disaggregato. Questi modelli sono utili per fare analisi/diagnosi di posizionamento. È infatti possibile fare stime su indici di valore, sui prezzi di indifferenza, l’identificazione dei punti di forza e di debolezza, identificare vantaggi e svantaggi competitivi, indici di differenziazione e determinanza. Esempio Attributi: Importanza Percezioni A IxP Percezioni B IxP Potenza 0.4 8 3,2 9 3,6 Durata 0.3 9 2,7 9 2,7 Affidabilità 0.2 7 1,4 9 1,8 Facilità d’uso 0,1 4 0.4 7 0,7 7,7 8,8 Utilizzo di fishbein per la verifica del posizionamento del prezzo Indice di valore --> valore percepito di A diviso il valore percepito di B = 7,7/8,8= 0,88. Se inferiore a uno siamo peggio del concorrente e quindi in una situazione di svantaggio competitivo. Prezzo di indifferenza per A --> indice di valore per prezzo della marca B = 0,88 x prezzo di B. Utilizzo di Fishbein per il miglioramento del valore percepito. Analisi punti di forza --> si usa la matrice importanza performance. L'importanza media è 0,25 e la performance media è 7. come si fa a portare verso l’altro un attributo? Bisogna spingere sul sistema delle valutazioni, deve cambiare il criterio di scelta. Per spostarsi in orizzontale bisogna agire sulla percezione. I punti di debolezza sostanziali sono l’area prioritaria di intervento. Matrice importanza performance relativa: per calcolare la performance relativa devo fare percezione di A diviso percezione di B per ogni attributo. Perciò se risultati superiori a 1 sono meglio del concorrente se inferiori sono peggio. Per l’importanza tengo la stessa media di prima per dividere. Indice di differenziazione: deviazione standard campionaria tra valutazione a e b il singolo attributo su excel Indice di determinanza: indice di differenziazione x importanza dell’attributo. Serve per tenere conto che magari l’attributo si differenzia poco ma è molto importante. L'indice l’ottengo facendo l’indice di differenziazione ponderato del singolo attributo diviso la sommatoria degli indici di differenziazione ponderati di tutti gli attributi. Lezione 5/11/21 L’approccio di scomposizione: la conjoint analysis L’approccio di composizione che caratterizza i modelli multi attributo ha dei limiti: 1. Se si chiede quanto sono importanti le singole caratteristiche e le rispettive valutazioni i consumatori fanno fatica a scomporre il giudizio generale sui vari attributi. Se il giudizio è positivo in generale, tutti quelli sui singoli attributi saranno positivi. 2. I modelli multi attributo assumono anche che i giudizi sulle singole caratteristiche siano indipendenti tra loro, invece non è vero. 3. Spesso i consumatori tendono a dare importanza a tutto, non riescono a differenziare bene gli attributi per importanza. Ad esempio il brand influenza anche tutti gli altri giudizi. L’approccio basato sulla scomposizione risolve questi problemi. La conjoint analysis parte da un giudizio complessivo del prodotto e tramite la regressione lo si scompone rispetto ai contributi dei singoli attributi. Cerco di capire quanto contribuiscono i singoli attributi al giudizio complessivo. Il primo step è l’identificazione dei benefici e attributi rilevanti come con gli altri modelli, però per ciascuno di questi bisogna definire i livelli di prestazione. Elenco attributi motocicletta à design, numero cilindri, marca, frizione idraulica e prezzo. I possibili livelli di prestazione sono à carenata vs. dell’esempio è 12,200 – 11,800 = 0,4. Ora faccio il differenziale di prezzo con 0,4 * 714,29€ = 285, 71 euro. Questo differenziale di prezzo praticabile va sommato al prezzo attuale del prodotto concorrente cioè 6250 + 285,71 = 6535,71. Se poi sconto entrambe anche per l’utilità negativa del prezzo i prodotto devono avere la stessa utilità sociale. Nel mio caso devo fare il prezzo per il vector (-1,4) e trovo – 9,15 lo tolgo a 12200 e trovo 3050. Stima delle quote di preferenza Possiamo applicare due tipologie di modelli. Modelli deterministici à modello first choice: the winner takes all, cioè il migliore si porta a casa tutto il mercato. Può andare bene se ho un prodotto molto meglio degli altri in termini di utilità, se le differenze di utilità sono piccole non è probabile come risultato. Se io ho tre prodotti con UA = 8 UB = 7 UC=3, è improbabile che tutto il mercato vada da A sicuro qualcuno andrà da B. Modelli probabilistici à modello BTL: la probabilità di essere scelto per un prodotto è uguale al rapporto tra utilità prodotto/ sommatoria utilità di tutti i prodotti. BTL A = 8/ 8+7+3 = 8/18 = 44% BTL B = 7/18 = 38,88% BTL C = 3/18 = 16,67%. Con questo metodo si da troppa quota la peggiore, lo svantaggio è che sovrastima la quota del prodotto peggiore. Modello logit: la probabilità del prodotto di essere scelto è data dal rapporto di e elevato all’utilità (e = 2,72). In questo caso faccio e elevato alla 8 / somma di tutte le e elevate alle utilità. Il logit funziona bene se le differenze delle utilità sono marcate, se invece i concorrenti hanno U = 8 – 7- 7,5 è meglio usare il BTL. BTL per prodotti con poca differenza di utilità, Logit con tanta differenza di utilità, perché sovrastima la quota del prodotto migliore. Lezione 12/11/2021 I limiti dell’analisi congiunta: 1. Impossibile presentare tutte le combinazioni ai consumatori e chiedere giudizi su tutti. Più profili ometto, più rischio di ottenere stime imprecise. Devo considerare attributi tra loro non correlati. 2. La tecnica si presta di più per attributi funzionali perché è più facile esprimere giudizi. Nel caso di prodotti ad alto valore simbolico, i giudizi sui concept rischiano di essere completamente inaffidabili. 3. Non è possibile testare gli effetti di interazione tra la marca e ogni altro attributo, perché bisogna contenere il numero di profili da sottoporre al consumatore e quindi escludere quelli non indipendenti. 4. La tecnica si adatta bene a processi di scelta ad elevato coinvolgimento, in caso contrario occorre prestare molta attenzione alla somministrazione degli stimoli. Dal valore per il consumatore alla customer satisfaction Ci possono essere aziende che offrono più valore ma hanno clienti meno soddisfatti, perché la soddisfazione è un concetto complesso. La customer centricity è l’orientamento che tutte le aziende vogliono perseguire. Si tratta di mettere al centro il valore del cliente per soddisfarlo, in modo da creare una fiducia relazionale che alimenta un circolo virtuoso tra valore per il cliente e valore per l’impresa. Questo avviene perché il valore per il cliente si converte in soddisfazione, la soddisfazione diventa fedeltà e il valore delle imprese aumenta. Il marketing e l’analisi del consumatore ha un ruolo molto importante, ma la logica della customer centricity riguarda tutta l’azienda, non solo il marketing. Ci sono due temi da tenere a mente: 1. La centracità della customer satisfaction: le teorie su ciò sono partite dall’articolo “why satisfied customers defect?”, l’evidenza empirica è che c’erano molti settori con consumatori molto soddisfatti (tipo 80%), ma comunque questi cambiavano fornitori. Hanno indagato che relazione c’era tra la customer satisfaction e la customer loyalty (100% compro sempre lo stesso brand quando ho quel bisogno). L’evidenza empirica era che per una customer satisfaction dell’80% corrispondeva una customer loyalty del 50% (settore servizi per auto). Altri settori avevano soddisfazione al 20% e livello di fedeltà all’80%. Come è possibile? In alcuni settori le curve hanno andamento logaritmico, mentre in altri andamento esponenziale (?). Le aspettative di chi è soddisfatto sono sempre più alte quindi non sono mai veramente soddisfatti (curve esponenziali). Le situazioni di curve logaritmiche cioè consumatori poco soddisfatti e fedeli possono dipendere dalle poche alternative, in monopolio è ovvio che succeda così perché non c’è incentivo per l’azienda a investire sul valore per il cliente. Questa situazione può essere spiegato anche da basso coinvolgimento che non mi spinge a valutare altre alternative. Altra giustificazione sono gli switching costs, nella forma di vincoli contrattuali o anche per la fatica richiesta a cambiare, anche costi non economici. Le authorities dovrebbero lavorare per abbatterli. Anche l’inerzia influisce. Con curve esponenziali si creano mercati ipercompetitivi, dove la soddisfazione bisogna che cresca, perché alta soddisfazione è un requisito necessario per la fedeltà. L’asticella per avere clienti fedeli è molto elevata. In questo caso le osservazioni fatte per mercati con curve logaritmiche sono da ribaltare per quelli con curve esponenziali. 2. Metriche per il valore del cliente: alcune misurano il life time value, cioè quanto vale il cliente nel ciclo di vita della relazione con la marca. Se io sono BMW e voglio capire i clienti di classe A (sono quelli che usano tanto l’auto, quindi di fascia alta) quanto valgono se rimangono con me? LTV = sommatoria per t che va da zero a t* del margine di contribuzione dei clienti (cioè ricavi clienti – costi per servirli) attualizzato (1+i alla t al denominatore) meno AC (i costi di acquisizione del cliente). T* = durata attesa relazione con clienti. i = tasso di attualizzazione. Durata della relazione con il cliente, ci sono alcune metriche ad hoc. CRR (customer retantion rate) = (numero di clienti a fine periodo – nuovi clienti acquisiti nel periodo)/numero di clienti che esistevano all’inizio del periodo. Es: (120 – 40)/100 = 80%. L’analisi preliminare è l’analisi ABC che serve a suddividere i clienti in base al loro valore. Defection rate = 1 – CRR. Nell’esempio è uguale al 20%. Anzianità media prospettica (t*) = 1/(1-CRR) = 1/0,2 = 5 anni. Mi aspetto che i clienti rimarranno per cinque anni. Nei mercati ipercompetitivi si usa molto una metrica per la soddisfazione del cliente, cioè il net promoter score. NPS = %promoters - %detractors. Promoters chi vota 9 e 10, detractors chi vota 0-6. Un problema è che nell’utilizzo delle scale c’è la tendenza ad escludere gli estremi delle scale. Il modello dei gap per l’analisi della customer satisfaction La soddisfazione del cliente rappresenta un costrutto sottrattivo, risultante dalla differenza percepita tra: • Le aspettative di valore normative à ossia il valore desiderato dal cliente considerando i propri obiettivi e le proprie convinzioni. È il valore ideale che prescinde dalla valutazione delle alternative possibili. • Le aspettative di valore predittive à cioè il valore atteso delle specifiche alternative di offerta considerate alla luce delle convinzioni del cliente in merito alle promesse formulate dalle rispettive imprese. • Le percezioni di valore ricevuto à dipendono non solo dal livello assoluto del confronto tra i benefici e sacrifici associati alla marca acquistata, ma anche dalla relativizzazione di tale confronto rispetto sia a quanto ottenuto dall’impresa sia a quanto da questa offerta nel tempo. Il valore desiderato non dipende dalle caratteristiche dell’offerta, nasce quando il cliente avverte il bisogno. Il valore atteso rappresenta ciò che il cliente sia attende di ricevere date le caratteristiche dell’offerta oggetto di valutazione, nasce dopo che il cliente ha costruito in consideration set e valuta le diverse alternative. Nel momento in cui il cliente utilizza il bene ha luogo la verifica del valore che effettivamente questo è in grado di generare. La soddisfazione del cliente scaturisce dal confronto tra valore desiderato, valore atteso e valore percepito e rappresenta un’antecedente e una conseguenza della fiducia. La customer satisfaction influenza positivamente il valore dei clienti e l’orizzonte temporale in cui tale valore si manifesta. Fiducia à forma di conoscenza che richiede un minor numero di dati per effettuare qualunque scelta. La fiducia rende il cliente disponibile a fronteggiare un certo grado di rischio. Questa disponibilità si basa su aspettative e percezioni: la conferma delle aspettative, rafforzando le percezioni del cliente, accresce la fiducia nella performance futura dell’impresa, riducendo il fabbisogno informativo. La customer satisfaction nasce dalla sintonia tra valore generato per i clienti e valore da essi desiderato/atteso. Ogni cliente ha un’idea del valore da lui desiderato, però poi quando si sceglie si ragiona in termini di valore atteso. È ovvio che il valore atteso di ryanair non è lo stesso che mi attendo su Emirates. Il valore atteso si costruisce con esperienze passate, passaparola, comunicazioni della marca (posizionamento). Dopo l’esperienza di utilizzo ho una percezione di valore, io sarò soddisfatto se il valore atteso è allineato al valore ricevuto (conferma delle aspettative). La soddisfazione poi retroagisce sulle scelte future. Dalla definizione della soddisfazione in termini relativi alle aspettative, deriva che la soddisfazione delle esigenze del cliente può assumere tre stati: 1. Soddisfazione à VA = VP le aspettative sono state raggiunte. 2. Insoddisfazione à VA > VP il consumatore riceve meno di quello che si aspettava. 3. Delizia à VP > VA il consumatore riceve di più di quello che si aspettava. Perché non risolviamo la questione mantenendo le aspettative basse? Perché non è possibile, se una compagnia aerea dice “forse atterreremo” è ovvio che non la scelgo. Con aspettative basse si genera un problema di customer acquisition. Le aspettative in merito ai comportamenti aziendali costituiscono l’essenza del concetto di fiducia. Le percezioni incidono sull’intensità della fiducia e attengono principalmente alle motivazioni che guidano l’azione dell’impresa e alla capacità di quest’ultima di garantire il conseguimento dei benefici ricercati nella relazione. Orientandosi alla soddisfazione del cliente l’impresa comunica: • La qualità del proprio sistema di offerta e la capacità di generare valore per il cliente • La volontà di mantenere gli impegni assunti • L’intenzione di agire nell’interesse dei clienti e la coerenza fra i valori aziendali e qurlli condivisi sai segmenti di domanda a cui si indirizza l’azione aziendale. Gap di valore à divergenza tra valore desiderato e valore percepito. Questo è l’indicatore di sintesi da monitorare costantemente per soddisfare il cliente. Gap di sintonia à differenza tra valore desiderato e pianificato dall’azienda Gap di allineamento à differenza tra valore pianificato e recepito dall’organizzazione Gap di progettazione/realizzazione à differenza tra valore recepito e valore offerto Gap di percezione à scostamento tra valore offerto e valore percepito dal cliente. I gap di sintonia e percezione hanno natura esterna e dipendono da carenze di marketing. I gap di allineamento e progettazione sono interzi e dipendono da carenze di tipo organizzativo. Quando ragioniamo sul gap di valore dovremmo sempre tenere conto del valore desiderato, del valore atteso e del valore percepito. Tra valore desiderato e atteso c’è il gap di valore desiderato (differenza tra aspettative ideali e aspettative nei confronti dell’impresa), tra il valore percepito e il valore atteso c’è il gap valore atteso (differenza tra aspettative e percezione del valore). La somma dei due gap porta al gap di valore totale. Quando abbiamo solo il gap di valore totale dobbiamo capire se è spiegato di più dal gap di valore desiderato o atteso. Ad esempio ho due imprese A e B, per entrambe valore desiderato pari a 5, valore percepito pari a 2, così entrambe le imprese hanno un gap di valore pare a tre. Se misuro anche il valore atteso per A è 3,5 mentre per l’impresa B è 2,5. Così l’impresa A ha un gap di valore desiderato di 1,5 e un gap di valore atteso pari a 1,5. L’impresa B ha come gap di valore desiderato 2,5 e gap di valore atteso 0,5. Sono più soddisfatti quelli di B perché la distanza dalle loro aspettative è minore. Il problema dell’impresa B è che i suoi clienti vogliono altro, è un’area significativa di vulnerabilità competitiva. La criticità del gap di valore si rivela tanto maggiore quanto più elevata risulta l’incidenza del gap di valore atteso sul gap di valore totale. La soddisfazione del cliente dipende infatti dalla conferma delle aspettative generate durante il processo di acquisto. In caso di coincidenza fra attese e percezioni il gap di valore desiderato, pur evidenziando l'esistenza di spazi anche sostanziali di miglioramento, può quindi non esercitare effetti negativi sulla relazione con i clienti perlomeno nel breve periodo. Cause del gap di valore Possono essere classificate facendo riferimento al loro grado di evidenza e di genericità. Distinguiamo cause esplicite, non è difficile individuarle, e cause latenti, non di agevole determinazione e spesso sottovalutate. Il secondo criterio permette di distinguere cause generali, riconducibili all’inadeguatezza del patrimonio di conoscenze dell’impresa, dalle cause specifiche, peculiari a un particolare scostamento. Le cause generali ed esplicite sono rappresentate dai gap interni ed esterni. Essi derivano da una causa generale e latente è l’insufficiente dotazione di risorse immateriali. Cause specifiche e latenti possono essere sintetizzate nell’errata definizione della catena mezzi fini, da cui dipendono le motivazioni di acquisto di un’offerta. Le cause specifiche ed esplicite sono identificabili con l’inadeguata definizione della posizione occupata dal profilo di offerta ideale nello spazio percettivo dei clienti. Tale causa di manifestazione è ascrivibile a carenze nell’analisi del processo di formazione delle preferenze, in particolare del processo valutativo sottostante alle attività di comparazione e scelta. Un’altra causa specifica e implicita è l’erronea interpretazione dei meccanismi sottostanti alla percezione delle caratteristiche qualitative e d’immagine dell’offerta aziendale. Ai fini dell’accrescimento del valore per il cliente assume particolare criticità lo sviluppo delle competenze tecnologiche, di mercato e integrative, necessarie per gestire l’innovazione di prodotto, di processo e di marketing secondo il principio della continuità. Competenze tecnologiche à conoscenze concernenti ricerca e sviluppo, la progettazione e la produzione, dalle quali dipendono l’individuazione e il presidio delle aree di potenziamento dell’offerta. Competenze di mercato à attengono alle conoscenze su cui si fondano i processi di marketing analitico, strategico e operativo, quali per esempio la selezione e il controllo delle tendenze ambientali e dei concorrenti rilevanti, costruzione segmenti di domanda obiettivo, posizionamento dell’offerta ecc. Competenze integrative à conoscenze organizzative necessarie per favorire la combinazione e il coordinamento delle competenze tecnologiche e di mercato. Annullamento del gap di valore Le principali modalità di annullamento del gap di valore sono: 1. Riduzione delle aspettative dei clienti: implica il riconoscimento dell’incapacità dell’impresa di accrescere la value proposition per mantenere le promesse che hanno determinato la scelta. Si può percorrere come strada se: non è possibile adottare altre strategie, il gap di valore è spiegato principalmente da un gap di valore atteso, ci sono segmenti di domanda con minori aspettative, è possibile creare un profilo di offerta per questi segmenti che permetta all’impresa di sopravvivere. L’ultima spiaggia è ridurre le aspettative avvicinando il valore atteso a quello percepito. Si riportano le aspettative su quello che effettivamente sanno fare. Si tratta di fare un riposizionamento verso il basso. 2. Rafforzamento del sistema di offerta: può essere perseguito tramite molteplici vie ma che devono tradursi nell’incremento dei benefici offerti e/o nella riduzione dei sacrifici connessi all’offerta. È necessario sapere la relazione che esiste tra la valutazione degli attributi e la soddisfazione complessiva percepita nei confronti dell’offerta. Bisogna migliorare il valore percepito, rafforzando la value proposition, deve migliorare il prodotto sugli attribuiti critici. Si fa riferimento alla three factor theory. La teoria si basa sull’analisi dell’impatto sulla soddisfazione dei singoli attributi dell’offerta, si guarda se l’impatto è forte o debole. Si chiede prima la soddisfazione in generale del prodotto, dopo chiedo come hanno valutato gli attributi e le divido tra negative e positive, questi due sottoinsiemi poi valuto quanto impattano su soddisfazione. Da qua si scopre che ci sono: 1. Basic attributes: impatto molto forte su insoddisfazione se hanno una bassa performance, se invece hanno una valutazione molto positiva non generano soddisfazione. Vengono dati per scontati, i prodotti li devono avere e basta. Se sono sull’alta velocità è ovvio che ci devo mettere poco, se invece ci metto più del previsto mi scoccia molto. 2. Exciting attributes: se ci sono e sono valutati male non è un problema non creano insoddisfazione, se invece sono valutati bene impattano molto positivamente sulla soddisfazione. 3. Attributi performance: sono lineari se sono valutati bene aumentano soddisfazione, se sono valutati male aumentano insoddisfazione. L’inclinazione dipende dall’importanza dell’attributo, più è importante più pendente. Gli attributi da exciting poi diventano basic perché quando sono exciting vengono imitati dai concorrenti, quando ce li hanno tutti diventano di performance e infine basic. Gli attributi basic rappresentano le condizioni necessarie per competere, devono esserci per forza, ma non ha senso investire molto per portarli a livelli altissimi perché tanto non fanno aumentare la soddisfazione. Gli altri attributi giustificano investimenti per raggiungere una performance migliore dei concorrenti. Gli attributi exciting sono la vera fonte del vantaggio competitivo e costituiscono un’area di investimento caratterizzata da rendimenti crescenti. L’analisi di posizionamento è ampiamente utilizzata per interpretare il mercato secondo la prospettiva del cliente. Si compone di una mappa delle percezioni (come vengono percepite le marche sulle dimensioni oggetti di indagine) e di una mappa delle preferenze (sulle medesime dimensioni vengono chiesti i livelli ideali desiderati). Sovrapponendole è possibile verificare la corretta percezione degli attributi del prodotto, l’esistenza di eventuali vuoti i offerta e gli ambiti concorrenziali rilevanti e la loro dinamica evolutiva. Si inizia con ricerche di tipo qualitativo per identificare benefici e attributi rilevanti per i clienti rispetto alle varie offerte. Si misurano poi le percezioni delle marche concorrenti e anche i livelli ideali desiderati. Si costruiscono le mappe in base
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved