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appunti lezioni diritto privato, Appunti di Diritto Privato

appunti di tutte le lezioni di diritto privato della prof sciarrone, relativi all'anno accademico 2022-2023

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 16/01/2023

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margherita-marturano 🇮🇹

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Scarica appunti lezioni diritto privato e più Appunti in PDF di Diritto Privato solo su Docsity! il diritto é un materia in cui le parole hanno un ruolo significante e in cui vi é una terminologia specifica da adottare. Diritto può essere: diritto oggettivo: insieme di regole e norme emanate da rispettare e che hanno a che fare con determinate • situazioni, ambiti e soggetti (es: diritto italiano si riferisce alle norme/disposizioni/regole vigenti e applicate sul territorio italiano) diritto soggettivo: (es diritto di proprietà, alla salute, al nome, di credito) termine di riferimento é un • soggetto e alla situazione in cui si trova un soggetto che è titolare di quel diritto e che in forza di quella situazione ha dei vantaggi e può ricevere una tutela. faccio riferimento ad un fenomeno giuridico nell’ottica di un soggetto che è appunto titolare del diritto Non sono due aspetti distinti ma hanno un rapporto l’uno con l’altro: il diritto oggettivo è rivolto necessariamente a soggetti destinatari. Il diritto in quanto tale è un fenomeno legato alla socialità, senza società le norme non hanno valore, la radice delle regole giuridiche è un bisogno che nasce dall’esistenza di una pluralità di soggetti. i romani dicevano ubi societas ibi ius. il diritto nasce con lo scopo di regolare in modo più efficiente i rapporti tra le persone attraverso norme che si rivolgono i soggetti e in quanto destinatario di una norma ne è anche titolare. Ci sono diversi tipi di norme e diversi problemi che le riguardano come: Organizzazione e struttura dello stato, di cui si occupa il diritto pubblico, che indica come sono distribuiti i • poteri all’interno dello stato, amministrazione dello stato. diritto privato si occupa delle relazioni tra soggetti privati (cittadini, aziende, enti collettivi e società, una • fondazione o associazione) ci sono rapporti giuridici che hanno a che fare tra privato cittadino ed ente pubblico (esempio può essere università statale, scuola statale): nel nostro ordinamento l’ente pubblico può relazionarsi con il privato non ponendosi con un rapporto di parità ma di autorità oppure stipulare un contratto paritario con il soggetto privato. Dipende dal ruolo che nell’azione con il privato gioca l’ente pubblico. regole/disposizioni/norme: le regole sono fatte per i soggetti, cioè i destinatari del diritto. Le regole giuridiche nascono per mettere ordine all’interno di un gruppo di persone (altrimenti ci sarebbe l’anarchia) e per prevenire una potenziale conflittualità tra diversi soggetti. L’ordinamento é un altro termine cruciale che vuol dire dare una forma e mettere ordine, diritto è anche (sfumatura) coercizione è una dimensione imperativa soprattutto per quanto riguarda alcune norme e se non rispettate ne consegue una mancata efficienza. norme imperative o inderogabili: regole a rispetto obbligatorio che non possono essere violate • norme dispositive o derogabili: ci sono una serie di regole che il legislatore propone/suggerisce ai destinatari • (come i contratti, un accordo con un altro soggetto) distaccandosi dalla previsione contenuta nel codice L’ordinamento è la cornice in cui si inseriscono diverse norme, ed è l’archetipo su cui si fonda tutta la teoria moderna del diritto perché quando si parla di ordinamenti giuridici essi sono strettamente correlati al concetto di stato e di sovranità che si esplica attraverso una serie di poteri pubblici e riconducibili allo stato. Da ciò ne consegue la pluralità del concetto di ordinamenti poiché non c’è uno stato solo ma tanti e conseguentemente ci sono tanti ordinamenti ed essi esistono parallelamente (accanto all’ordinamento italiano c’è quello francese ecc) e all’interno del perimetro di ciascuno di questi stati ci sarà un ordinamento diverso rispetto a quello vigente in un altro stato. >>>>pluralità di ordinamenti e stretto legame di questi ultimi con lo stato Ci sono anche ordinamenti che sono sovranazionali, cioè collocati ad un livello superiore degli ordinamenti statali (EU per esempio). Quindi per esempio uno stato andando ad aderire all’Unione europea e quindi ad una organizzazione sovranazionale che ha i suoi organi e struttura organizzativa e regole, riconosce che i suoi ordinamenti giuridici sono influenzati e toccati e limitati dalle norme provenienti da EU. Un altro ordinamento diverso da quelli statali è il diritto canonico, cioè un insieme di regole che si è data la chiesa cattolica che prescinde dallo stato e dal territorio (per esempio il matrimonio dal punto di vista del sacramento prevede delle regole giuridiche: per annullare il sacramento del matrimonio si deve andare alla sacra rota, una autorità giudiziaria della chiesa cattolica) la giuridicità di una norma è data dall’appartenenza ad un ordinamento e alla autoritivita di quell’ordinamento. Importante è la figura del giudice: ciò che non è giuridico non ha importanza. le regole e norme, da un punto di vista etimologico richiamano la regolarità e la normalità. Quando parliamo di regole giuridiche pensiamo ai dei precetti, cioè prescrizioni, che sono emanate in modo generale ed astratto (opposto è individuale e concreto). Le regole sono dei precetti e sono congeniate nel senso che il legislatore immagina una situazione tipo che si può verificare in futuro e in cui si possono venire a trovare dei soggetti/ privati e successivamente il legislatore propone/detta una regola di comportamento. Quindi vi è la descrizione della situazione tipo e poi la descrizione delle conseguenze giuridiche. La situazione tipo deve essere descritta in un modo tale da poter ripetersi più volte (non scrivo una norma che si riferisca ad un solo caso) e da poter coinvolgere più di un destinatario. Questa situazione tipo è la fattispecie (dal latino descrizione della situazione fattuale), ed è il campo di applicazione della norma. Art.927/8 (diritto di proprietà e modo in cui si può diventare proprietari di un bene): cose ritrovate, chi trova una cosa mobile (fattispecie) deve restituirla al proprietario e senza ritardo all’ufficio oggetti smarriti della città in cui è stato ritrovato e indicando le circostanze del ritrovamento (precetto). L’articolo successivo afferma che, se il proprietario non si presenta entra un anno per ritrovarla, chi l’ha trovata ne diventa il proprietario. Nel momento in cui abbiamo una fattispecie, un precetto e poi delle violazioni, le conseguenze giuridiche negative causate dalla violazione di norme imperative si chiamano sanzioni, nei casi peggiori è la limitazione della libertà personale. Le sanzioni sono correlate alla violazione di norme imperative o anche dispositive dopo aver deciso di applicarle. Il concetto di sanzione dal punto di vista giuridico è molto eterogeneo in quanto esistono diversi tipologie di sanzioni, che sicuramente portano con se qualcosa di negativo Risarcimento del danno, in tantissime ipotesi al verificarsi di una determinata situazione tipo e alla • imposizione di un determinato precetto non rispettato consegue un danno che un privato cagiona ad un altro (poi risarcimento). L’operato delle banche è controllato e vigilato dalla banca d’Italia e dalla banca centrale europea, qualora • vengono violate delle norme dalla banche esse possono essere sanzionate dall’autoritá di vigilanza con sanzioni pecuniarie La sussunzione consiste nell’operazione logica che riporta qualcosa di concreto ad un qualcosa di astratto (è il compito dell’avvocato: prende in esame la situazione e vedere se è riportabile a delle norme. se dico al mio avvocato che secondo me la banca ha sbagliato, il mio avvocato deve verificare le norme e capire se i comportamenti siano riconducibili a quelle norme). La sussunzione più importante è quella che poi fa il giudice. Chi incomincia la causa si chiama attore, la persona chiamata in giudizio è il convenuto. L’attore formula una domanda con l’aiuto dell’avvocato e condanna qualcosa/qualcuno, il convenuto si difende. Nasce il contraddittorio, che si conclude con una sentenza del giudice, basata su due parti fondamentali: i fatti di causa e la motivazione. Una volta che il giudice ha descritto bene i fatti, motiva la sentenza è la sua motivazione è basata su un processo di sussunzione: deve decidere se i fatti delle due parti sono o non sono riconducibili alle norme chiamate in causa. I Giudici hanno un ruolo di primo piano negli ordinamenti giuridici. Alcuni ordinamenti rispetto al ruolo dei giudici hanno compiuto una scelta diversa rispetto a quella di altri ordinamenti riguardo il rapporto tra giudici e regole e produzione di esse. Nel mondo infatti ci sono due modelli di ordinamenti: common law: sono gli ordinamenti fondamentalmente di matrice angloamericana (nord america, Canada e • Inghilterra). La caratteristica di fondo degli ordinamenti di common law riguarda il ruolo dei giudici e quella secondo cui i giudici hanno il potere di creare regole nuove. Significa che anche i giudici sono titolari del potere di creare regole nuove, quando il giudice deve decidere di un caso in un sistema di common law dovrà verificare se ci sono delle regole già scritte e che provengono da organi dello stato applicabili a quel portano alla fuoriuscita della norma di rango inferiore contrastante. Questo vale a tutti i livelli, tutte le norme altre dalla costituzione di carattere nazionale in quanto la costituzione contiene norme di “rango superiore”. L’articolo uno parte con un riferimento alle leggi, il nostro punto di partenza è la costituzione, spiegando in che senso la costituzione è la prima fonte e che peso ha la costituzione nell’ambito del diritto privato. La costituzione è del 1947, 5 anni successivi alle disposizione sulla legge in generale. La nostra costituzione appartiene al novero delle costituzioni lunghe ( tra costituzioni brevi e lunghe non consiste in un criterio dimensionale ma dall’oggetto della costituzione. Alcune costituzioni individuano i principi fondamentali come nucleo, anche nella nostra costituzione i primi 12 articoli costituiscono il nucleo) Articolo 3 riguarda l’uguaglianza: uguaglianza formale, secondo cui tutti sono uguali davanti alla legge e uguaglianza sostanziale, che attribuisce alla repubblica il compito di rimuovere ostacoli di ordine economico- sociale che limitano la libertà e uguaglianza dei cittadini e che impediscono lo sviluppo della persona umana Nelle costituzioni brevi ci sono norme che riguardano la struttura organizzativa dell’ordinamento in cui la carta costituzionale si inserisce, quindi organizzazione dello stato. Articolo 55: apre una serie di norme che sono intitolate ordinamento della repubblica, descrizione del parlamento, presidente della repubblica, del governo, corte magistratura e costituzionale le costituzioni lunghe, come la nostra, contengono i diritti e i doveri dei cittadini, e di cui questi ultimi sono titolari. L’articolo 54 è una parte in forza della quale la nostra costituzione si può definire lunga inoltre rende la nostra costituzione molto rilevante per il diritto privato. Tante norme della costituzione entrano anche nel diritto di famiglia. Il diritto di proprietà trova il suo fondamento nella costituzione, nell’articolo 42 si afferma che la proprietà è pubblica o privata, riconosciuta e garantita dalla legge. Tante norme del codice civile si radicano e fondano in previsioni che stanno nella carta costituzionale. Articolo 32 afferma che la repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo (diritto privato, diritto che merita di essere tutelato) e interesse della collettività, garantisce cure gratuite degli indigenti (sistema sanitario nazionale). La presenza di queste norme fa si che la nostra costituzione possa essere qualificata come costituzione lunga. Rende la costituzione molto rilevante nel diritto privato. Pensiamo che il codice civile è precedente alla costituzione quindi le norme sul diritto di famiglia quando sono state scritte nel 1942 c’era un approccio all’ambiente familiare caratterizzato dal maschilismo, i due coniugi non erano considerati in una posizione uguale, il padre era considerato superiore rispetto alla madre. Le norme servono a trovare un modo per evitare un conflitto di interesse. Nella costituzione le norme del codice civile in cui non era espressa uguaglianza sono state dichiarate incostituzionali e più volte è stata chiamata ad intervenire la corte costituzionale andando di volta in volta a individuare come fossero incostituzionali o parzialmente costituzionali alcuni articoli del codice fino a quando nel 1975 tutto il gruppo di norme del codice civile che si occupa del diritto di famiglia è stato profondamente riformato dal legislatore che l’ha modificato nel suo impianto rendendolo più coerente con la costituzione. La costituzione incide sul diritto privato perché disciplina dei contenuti con riguardo a materie del diritto privato che poi le fonti di rango inferiore devono rispettare altrimenti si pongono in una posizione di incostituzionalità. La corte costituzionale è disciplinata puntualmente nella costituzione dagli articoli 134 e seguenti, i primi parlano della competenza della corte costituzionale, 135 la sua composizione, elezione dei giudici, 136 in cui si entra nel merito di come funziona la dichiarazione di illegittimità costituzionale, come si fa adire (rivolgersi al tribunale, …) la corte costituzionale? Non è ad accesso di privati cittadini, ma ci si può arrivare indirettamente dopo aver presentato una domanda ad un tribunale normale della magistratura ordinaria. La persona in questione solleva un’eccezione di incostituzionalità, in qualunque campo ci troviamo può capitare che una delle due parti solevi la eccezione di incostituzionalità cioè dica che la norma da applicare è in violazione di una norma della costituzione. Possono essere norme di diverso tipo perché possono riguardare i contenuti di una norma, il rispetto delle norme della costituzione che riguardano il procedimento di formazione delle leggi, ci sono alcune norme dall’articolo 70 che riguardano il procedimento di formazione delle leggi, se io, privato cittadino, ritengo che una che una norma che è stata emanata non ha rispettato una norma costituzionale relativa al procedimento di formazione della legge, quella norma è incostituzionale e posso sollevare un’eccezione di incostituzionalità. Io posso sollevare un’eccezione di incostituzionalità se ritengo che una determinata disposizione sia in violazione di un principio fondamentale, come la violazione dell’ uguaglianza formale/sostanziale. costituzionebrevi pruasonoramente oraniamentoaccostato Sollevare un’eccezione di incostituzionalità presenta un grande vantaggio nel senso che se si va alla corte costituzionale significa che quel procedimento si ferma e chissà per quanto e se un procedimento avviato si sospende ha un grande rallentamento. Chi ha torto tenta ogni rimedio per ritardare la sentenza e la eccezione di incostituzionalità può avere scopi dilatori, in quanto rinvia nel tempo. La prima valutazione rispetto alla fondatezza o meno dell’eccezionalità di incostituzionalità la deve fare il giudice davanti a cui ho sollevato questo problema, nel caso venga respinto si manda alla corte costituzionale ed emana una sentenza che può essere di tre tipi: rigetto, accoglie e se accoglie come dice l’articolo 136 la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo (impatto pesante sull’ordinamento), può emanare sentenze con cui impone ai giudici l’interpretazione della norma in un determinato modo per far sì che quella norma sia costituzionalmente legittima (sentenza di natura interpretativa e vincolante per tutta la magistratura ordinaria che dovrà applicare la disposizione in questione) Interpretazione delle norme che ha come riferimento la costituzione, cioè non è necessario avere bisogni di una sentenza della corte costituzionale per porre il problema di che peso ha la costituzione quando interpreto una norma di rango inferiore, un giudice che deve applicare è una norma del codice civile se la norma del codice civile ha a che fare con una norma della costituzione si deve chiedere in che modo essa deve essere interpretata per essere fedele alla costituzione. Seguendo l’ordine gerarchico la seconda fonte è data dalle norme europee. Dimestichezza con i diversi tipi di norme europee e vige anche un problema di sovranità, limitazioni alla sovranità e di rapporti tra norme primarie e di come si intendono i rapporti tra gli stati/poteri statali e l’organizzazione sovranazionale stessa ed entro che limite si può parlare di compressione del potere di sovranità. In Europa un ordinamento molto poco propenso a questo genere di discorso è la Germania, che è gelosa della sovranità attribuita allo stato tedesco ma altri stati come la Francia è più incline a riconoscere una supremazia della sovranità europea. Noi sappiamo che l’ordinamento europeo e le fonti del diritto europeo sono fonti anche del nostro ordinamento. Approccio che troviamo a livello costituzionale, articolo 10 e 11 l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute e l’Italia consente in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri pace e giustizia, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Questi due articoli aprono ala possibilità di una limitazione del potere e della sovranità del nostro stato nel momento in cui questo è richiesto in condizioni di parità con altri stati per l’adesione a organizzazioni internazionali. Per esempio, la partecipazione all’ONU e all’Unione europea. Quando parliamo di EU è un ordinamento, insieme di norme che provengono d a diverse istituzioni europee a cui è stata attribuita potere legislativo. Anche nell’ordinamento europeo abbiamo una gerarchia tra le norme, innanzitutto quelle presenti nei trattati istitutivi (di Roma, Maastricht) che individuano alcuni principi fondamentali e in primis la costituzione e lo sviluppo del mercato unico e non frammentato dai confini nazionali dei singoli stati. Trattati individuano i principi fondamentali e poi si lascia spazio alla struttura dell’ordinamento europeo e quindi il parlamento, commissione europea. Altri tipi di norme con lo scopo di dare vita ad un mercato unico per fare si che dal punto di vista economico/ mercato (contesto in cui le persone si rapportano l’una con l’altra per commerciare). Per realizzare questo obiettivo l’elemento delle norme è molto importante perché ci sono tanti ordinamenti con le proprie fonti/ regole, ci si è resi conto che se ci sono regole troppo lontane le une dalle altre nelle stesse materie tra i diversi stati questo è di ostacolo alla creazione di un mercato unico. Una delle sfaccettature del mercato unico riguarda la possibilità di svolgere attività di impresa anche fuori da i confini. Per esempio in Italia ci sono oltre alle banche italiane anche banche fisicamente presenti come banche francesi o tedesche ma altre sono online. Prima dell’Unione europea e dell’approccio volto alla creazione di un mercato unico sarebbe stato impensabile avere una banca non italiana sul nostro territorio. con la partenza dell’Europa e dell’idea di un mercato unico una banca può trasferire la propria banca anche su altro territorio e stabilirsi aprendo le filiali oppure operare in regime di prestazione dei servizi. Per realizzare il mercato unico era fondamentale tendere verso l’armonizzazione e avvicinamento dei vari ordinamenti nazionali attorno a dei nuclei fondamentali stabiliti in modo omogeneo a livello europeo. L’Europa ha a disposizione due tipi di norme: Regolamenti: sono una tipologia differente e più invasiva di norme, entrano direttamente senza bisogno di • recepimento a far parte degli ordinamenti di tutti gli stati membri. Se viene emanato un regolamento esso deve essere inserito immediatamente. Uso molto frequente di queste norme e spesso nel settore bancario si utilizzano sia regolamenti sia direttive Direttive europee: sono molte e presenti in diversi campi, sono norme emanate seguendo un iter ben • preciso descritto nei trattati ed emanate dal parlamento, consiglio, commissione europea. Nel momento in cui viene emanata una direttiva, in una data materia, a livello europeo vengono emanate delle norme che non sono immediatamente in vigore in ogni ordinamento e non si rivolgono ai privati ma agli stati e impongono/richiedono che gli stati recepiscano la direttiva stessa entro un determinato periodo di tempo con una legge di carattere nazionale consentendo al contenuto della direttiva di entrare nell’ordinamento. (Armonizzazione minima inizialmente e poi massima) le direttive prevedono un termine di recepimento, l’Italia era perennemente in ritardo di conseguenza si è introdotto un sistema per non essere in ritardo>>>legge comunitaria per il recepimento delle leggi. Le direttive europee sono lo strumento principale dell’ Armonizzazione, volta ad avvicinare le legislazioni e ordinamenti dei diversi stati membri con lo scopo ultimo di consentire un migliore e più efficace sviluppo del mercato unico. Le direttive soprattutto in passato quando l’Italia era in infrazione: c’è una norma in una direttiva europea che tutela una persona , scade il termine previsto dalla normativa europea per recepire la norma e lo stato italiano non l’ha recepita, tale persona non può far valere quella norma nella sua situazione. Ma una volta scaduto il termine di recepimento di una normativa senza che lo stato l’abbia recepita siamo sicuri che quella norma non possa essere direttamente invocata da un privato nell’ambito di un processo? Fondamentalmente non si può ottenere direttamente l’applicazione di una norma contenuta in una direttiva se non è stata recepita ma se abbiamo un norma già dettagliata e che non richiede nessuna modifica secondo alcuni giudici si può ottenere direttamente l’applicazione di quella norma>>>self executing. In modo analogo come rispetto all’ordinamento italiano c’è una corte costituzionale che si occupa di garantire il rispetto della costituzione così a livello europeo c’è una corte di giustizia europea che ha il compito di garantire che le legislazioni nazionali degli stati membri non siano in violazione dei principi contenuti nei trattati e delle regole contenute nelle direttive rispetto al livello di singoli ordinamenti nazionali. Una norma di legge italiana non può violare norme europee, se c’è una norma italiana in contrasto con la normativa europea succede che bisogna iniziare un procedimento in italia in cui si chiede l’applicazione di quella norma ed entra in gioco quella norma per la soluzione del caso, spesso il convenuto solleva davanti al giudice nazionale eccezione di violazione di norma di ordinamento europeo. Valutazione sommaria viene fatta dal giudice nazionale, rigetta l’eccezione oppure si sospende il procedimento in Italia, presentazione del caso davanti alla corte di giustizia europea e sentenza della corte di giustizia europea relativa a quella norma. Questo fenomeno è in ascesa, quantitativamente, riguarda anche il diritto bancario e finanziario. Se la corte di giustizia ritiene che una norma italiana sia in contrasto con una norma europea la norma italiana cessa di essere in vigore perché non ci può essere una violazione da parte dell’ordinamento italiano che è di rango superiore rispetto al principio gerarchico data dalle fonti europee. Una sentenza è passata in giudicato quando quella sentenza non è più impugnabile, definitivamente acquisita e irreversibile dal punto di vista degli effetti che produce, si verifica per le sentenze della cassazione ma può essere che passino in giudicato sentenze di grado inferiore come di primo grado nel momento in cui decorrono i termini previsti dalla legge senza che sia stato presentato appello o se parliamo di una sentenza della corte d’appello decorrono i termini fissati per legge per ricorrere in cassazione. Se la norma dichiarata incostituzionale è già stata applicata in un procedimento che si è concluso con una sentenza che è passata in giudicato, quella sentenza è irreversibile, non posso ripresentarmi davanti al giudice chiedendo di riprendere in considerazione il fatto che ha generato tutto perché la disposizione è diventata incostituzionale. Con una sola eccezione che vale per il diritto penale, non c’è giudicato che tenga in quanto prevale la tutela del cittadino. Esiste anche un codice penale che racchiude le norme di natura penalistica, cene sono altri due cioè il codice di procedura civile e il codice di procedura penale in cui sono raccolte le norme che regolano il funzionamento del processo. Per esempio il termine di tempo in cui si può presentare un’impugnazione riguardo una sentenza che si è ottenuta è una norma di carattere processuale. LE LEGGI sono fonti del diritto italiano. Articolo 2 afferma che la formulazione delle leggi e la formulazione degli atti del governo aventi forza di leggi sono disciplinati da legge di carattere costituzionale. La formazione delle leggi e l’emanazione degli atti del governo aventi forza di legge. Questa bipartizione è importante perché quando si parla di leggi si fa riferimento a due tipi diversi di regole, quelle contenute in leggi in senso formale (emanate dal parlamento con una serie di iter procedimentuali descritto dalla costituzione); leggi in senso forward looking, mettendo in campo regole che siano effettivamente utili per il futuro cercando di prevedere il futuro Articolo 1476 si inserisce nelle norme che disciplinano il contratto di compravendita, è un contratto di piccolo importo e stipulato verbalmente oppure può essere un contratto complesso e scritto. Questo articolo descrive le obbligazioni principali che gravano sul venditore, cioè nel momento in cui un soggetto stipula un contratto di compravendita e vende un bene a che comportamenti è tenuto (è un elenco di precetti puntualmente descritti). Articolo 1498 è omologo rispetto agli obblighi di chi compra. Quando troviamo norme che descrivono i comportamenti da adottare puntualmente parliamo di norme che hanno un contenuto estremamente dettagliato. Clausole generali: sono una tipologia di norme in cui il precetto è espresso in termini generali. Per esempio, l’articolo 1175 dice che il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza. Tutte le volte in cui c’è un rapporto obbligatorio un’obbligazione tra due soggetti in forza del quale uno dei due, il debitore è tenuto a una certa prestazione nei confronti dell’altro, entrambi devono comportarsi correttamente. Dice in modo generale che nel momento in cui entrambi sono coinvolti in un rapporto obbligatorio, si devono comportare correttamente, cioè perseguendo il proprio interesse e quello della controparte. correttezza sinonimo comportarsi secondo buona fede. A prescindere dal contratto stipulato bisogna comportarsi correttamente. Il precetto non è espresso in modo analitico ma in modo generale. Le clausole generali come tecnica normativa sono uno strumento molto valido per rendere un ordinamento abbastanza flessibile, non troppo rigido e consentire al giudice un certo grado di libertà. CODICE CIVILE: è un corpo normativo quantitativamente e qualitativamente corposo perché il legislatore in quegli anni ha scelto di trattare in uno stesso testo tutte le relazioni tra soggetti privati che costituiscono il diritto privato. Il codice rappresenta l’ambizione di mettere all’interno di un unico provvedimento tutta la disciplina sistematica delle relazioni giuridiche tra soggetti privati. Il codice è suddiviso in sei libri, in cui sono raggruppati sistematicamente tutti i precetti relativi ad una determinata materia giuridica. Libro primo: delle persone e della famiglia. questo libro è proprio il contenuto diviso un po’ in due nel senso che ci sono un primo gruppo di disposizioni che riguardano i soggetti di diritto e poi un grosso numero di articoli e di disposizioni che riguardano la disciplina della famiglia. Questo libro si occupa innanzitutto delle persone e dei soggetti di diritto. Quando ci riferiamo a soggetti di diritto ci riferiamo ai destinatari delle norme, persone fisiche o enti collettivi (formazioni più articolate rispetto alla singola persona) presi in considerazione da norme in termini di potenziali titolari di diritti e di obblighi o di situazioni giuridiche. Soggetto di diritto può anche essere definito autonomo centro di imputazione di situazioni giuridiche attive (diritti) e passive (obblighi). Questo è un pilastro del diritto perché le norme sono scritte e si rivolgono ai soggetti di diritto che sono i destinatari delle norme e centri di riferibilitá di situazioni giuridiche. Le persone infatti dalla nascita alla morte sono soggetti di diritti e sono dotate di soggettività giuridica, ma non sempre è stato così infatti per esempio nell’antica Roma lo schiavo non era un soggetto di diritto ma considerato alla stregua di un bene, non godeva di nessuna protezione dal punto di vista giuridico. Gli enti collettivi sono soggetti di diritto, infatti la società può essere titolare improprio e autonomo di un diritto di proprietà sull’immobile presso il quale ha incardinato la propria sede. Ci sono una seria di organizzazioni come associazioni e fondazioni che sono titolari di diritti giuridici. La disciplina degli enti collettivi è parte del primo libro e del quinto libro e la distinzione riguarda la finalità e lo scopo che gli enti collettivi perseguono e nel quinto libro sono disciplinate le società. La distinzione si basa anche sulla finalità ultima per il quale l’ente collettivo viene costituito, nel primo libro troviamo gli enti no profit/del terzo settore Primo settore è ente pubblico; secondo settore è ente privato che persegue finalità di profitto, il loro obiettivo è di svolgere un’attività per ottenere un ritorno economico; terzo settore è una dimensione a cui appartengono una serie di enti non pubblici ma privati e non profit e perseguono altre finalità di natura sociale, morale ed etica con un profitto devolto ad un investimento dell’attività dell’ente. Le prime dodici norme riguardano le persone fisiche e incontriamo concetti fondamentali come la capacità giuridica e capacità di agire. Articolo 1: la capacità da giuridica si acquista dal momento della nascita, i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita. Questa norma non da una definizione vera e propria ma coincide con il concetto di soggetto di diritto, cioè attitudine a essere titolari di situazioni giuridiche attive o passive e positive o negative. Nel secondo comma è menzionato il concepito, è un esempio di una norma Articolo 2: E per la verità nel primo nel secondo comma introduce una regola generale che si riferisce al concetto di capacità generale di agire e poi nel secondo comma in particolar modo le regole che si riferiscono a capacità speciali di agire. la maggiore età è fissata al compimento del 18º anno, con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita un’età diversa, sono salve le leggi speciali che stabiliscono un’età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro in tal caso il minore è abilitato all’esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro. La capacità di agire si acquista ai 18 anni, si compiono validamente atti giuridici rilevanti, perché questa capacità presuppone che il soggetto di cui si sta parlando abbia la capacità di intendere e di volere, che nel linguaggio giuridico va sotto il nome di capacità naturale. Capacità naturale è pregiuridica nel senso che valuto realisticamente se qualcuno possiede questa capacità. Rendersi conto di se e di ciò che ci circonda. La capacità di volere è quella di autodeterminarsi. Il nostro ordinamento nonostante il codice civile si apra con capacità giuridica e di agire in realtà da rilevanza anche al concetto di capacità naturale, da rilevanza al negativo di questo concetto cioè di incapacità naturale. Per esempio, se una situazione di disabilità non viene segnalata dai genitori prima del compimento della maggiore età nel momento in cui essa viene raggiunta automaticamente diventa dal punto di vista del diritto capace di intendere e di volere. Oppure se una persona diventa con la senilità incapace di intendere e volere se un parente non segnala questa situazione la persona in questione verrà riconosciuta giuridicamente capace di intendere e di volere. Ma non sempre alla capacità di agire scritta su carta si accompagna capacità di agire pratica. Articolo 404 delle misure di protezione di persone prive in tutto o in parte di autonomia. Nota: questa denominazione è stata modificata nel 2004 per effetto di una legge, a cui consegue l’introduzione ex novo un istituto che si chiama dell’amministrazione di sostegno. C’è sempre stato l’istituto dell’interdizione, inabilitazione e incapacità naturale. Persona fisica non ha capacità di intendere e di volere nonostante abbia raggiunto la maggiore età. Ci si preoccupava solo di proteggere il patrimonio della famiglia in cui quelle persone si trovavano più che della protezione della persona stessa. Interdizione: utilizzato per privare della capacità di agire un soggetto a causa di una grave infermità. Articolo • 114: il maggiore/minore emancipato che si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione. L’effetto della sentenza è la perdita per la persona di capacità di agire e quindi non può compiere in prima persona e in modo autonomo un qualsiasi atto giuridico ma solo in presenza di un tutore. È prevista la possibilità attivarsi per richiedere l’interdizione anche prima del compimento della maggiore età per un caso grave di disabilita. Nel nostro ordinamento ci sono norme per proteggere persone maggiori di età prive della capacità di intendere e di volere permanentemente. Concetto di rappresentanza è centrale nel codice civile, è parente prossimo del concetto di capacità di agire perché rappresentanza è un potere (vuol dire potere di compiere atti giuridicamente rilevanti in nome e per conto di un altro soggetto. Siamo sul terreno dell’attività in quanto è un soggetto che compie atti non per se, porta con se una relazione tra due soggetti: il soggetto che agisce, rappresentante e il soggetto nel nome e per conto di chi agisce, il rappresentato). Il rappresentante fa la spendita del nome di chi è rappresentato e il rappresentante quando compie gli atti li deve compiere nell’interesse del rappresentato e non nel proprio interesse. In termini generali bisogna chiedersi come nasce il potere di rappresentanza? Ci sono tre possibilità di acquistare potere si rappresentanza e sono correlate alle tre principali forme di rappresentanza che costituiscono le tre principali nel nostro ordinamento. Rappresentanza legale: ci sono casi in cui un soggetto si trova fornito del potere di rappresentanza • rispetto ad un altro perché è la legge stessa ad attribuirgli questo potere automaticamente o mediamente attraverso il provvedimento di un giudice. (per esempio responsabilità genitoriale oppure diritti/doveri del figlio). Ci sono soggetti non in grado di agire e ci vuole qualcuno che sia il suo punto di riferimento e in grado di compiere atti giuridici. Articolo 424 dice che le disposizioni sulla tutela dei minori si applicano alla tutela degli interdetti e quindi alla fine la disciplina è la stessa per gli uni e per gli altri. Rappresentanza volontaria: il presupposto è una manifestazione di volontà del rappresentato, che capace • di agire e di volere di attribuire il potere di rappresentanza a qualcuno altro. Il procuratore del calciatore per esempio sono i rappresentanti dei calciatori e si occupano degli atti giuridici dei giocatori. La procura è la fonte del potere di rappresentanza, nel nostro codice le norme della rappresentanza volontaria sono nel quarto libro e nella parte che si occupa dei contratti perché la procura (un atto unilaterale) riguarda più spesso atti giuridici come contratti. Le norme sono gli articoli 1387 e seguenti (il potere della rappresentanza è conferito dalla legge ovvero dall’interessato. Questa norma si riferisce anche alla rappresentanza legale oppure la volontà dell’interessato). La rappresentanza legale per definizione è generale, se la persona che rappresento mi occupo a 360 gradi del rappresentato mentre nella rappresentanza volontaria è possibile nominare qualcuno proprio rappresentante generale con una procura generale però è molto raro e pericoloso. Rappresentanza organica: Gli enti collettivi hanno organi e sono organizzati in modo tale che al loro • interno ci siano persone fisiche che abbiano un ruolo in forza della quale sono dotate di potere di rappresentanza. Per esempio in una società per azione (SPA) l’amministratore delegato INABILITAZIONE: la norma di riferimento è l’articolo 415, ha tre commi: il maggiore di eta infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all’interdizione può essere inabilitato (una persona adulta comunque inferma di mente perché si parla ma non così grave da avere bisogno di essere totalmente privato della capacità di agire e tutore, quindi un’infermità di mente seria permanente duratura ma meno grave di quella che dà luogo all’interdizione). Il secondo comma: possono anche essere inabilitati coloro che per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti espongono se ho la loro famiglia aggravi pregiudizi economici. Il terzo comma: possono essere inabilitati sordomuti e chi è cieco dalla nascita o dalla prima infanzia se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente salvo che non siano così gravi da ricadere nell’interdizione (questa è una norma praticamente disapplicata). anche l’inabilitazione richiede un provvedimento del giudice, qualcuno che attivi il procedimento. Dal punto di vista della capacità di agire con una sentenza di inabilitazione succede che c’è una perdita parziale di capacità di agire che diventa perciò limitata. Il soggetto chiamato ad affiancarlo negli atti giuridici deve essere nominato dalla sentenza di inabilitazione e prende il nome di curatore. Curatore dell’inabilitato. Quali sono gli atti che può compiere validamente da solo L’inabilitato e quali supervisionato? La differenza sta negli atti di ordinaria amministrazione e atti di straordinaria amministrazione, il criterio per questa distinzione ha a che fare con l’impatto che quell’atto ha sul patrimonio di colui che deve compierlo. L’amministratore di sostegno è una figura nuova introdotta nel 2004 e segue l’interesse della persona in quanto tale. La fattispecie che giustifica la nomina di un amministratore di sostegno è la norma 404: la persona che per effetto di un’infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica si trova nella impossibilità anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi può essere assistita da un amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa la residenza o il domicilio. la fattispecie è un po’ più generale nella sua descrizione perché si dice per effetto di un’infermità. È una strada meno dolorosa rispetto a quelle precedenti, la differenza fondamentale è che questa misura può essere costruita sartorialmemte rispetto alle esigenze della persona priva di autonomia in tutto o in parte. L’amministratore di sostegno è una figura duttile perché si vanno a descrivere in dettaglio le caratteristiche che quell’amministrazione di sostegno deve avere (sono diverse tra di loro) e ha un approccio più umano centrico. Il punto critico è la certezza del diritto, cioè i terzi Tutte le volte in cui un soggetto che è privo della capacità di agire, totalmente oppure parzialmente, dal punto di vista formale, cioè è un minore di età, interdetto o inabilitato, in tutti questi casi si ciò nonostante stiamo parlando compiere gli atti (può essere che una persona interdetta compie un atto di straordinaria amministrazione senza l’assistenza del curatore) succede che il contratto è giudicato invalido e viene annullato. Una persona capace di agire, perfettamente sana che però in un momento circoscritto della propria vita si trova incapace di intendere o di volere e quindi in una condizione di incapacità naturale, questa situazione riguarda sia persone sane ma anche persone che sono potenzialmente interdicibili ma non segnalate. Anche a questi casi il legislatore ha previsto una norma e quindi una tutela della persona, si tratta dell’articolo 428: atti compiuti da persona incapace di intendere e di volere, atti compiuti da persona che sebbene non interdetta si provi essere stata per qualsiasi causa anche transitoria incapace di intendere o volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa valutare se aveva un senso o meno costituire un ente collettivo non volto a perseguire un’attività a scopo lucrativo bensì di natura ideale, sociale e filantropica. Nel 2000 questo atteggiamento muta in uno di più larga veduta perché nel frattempo matura la percezione che è fondamentale per il perseguimento di una serie di scopi di utilità sociale l’attività svolta da enti non profit. Discrezionalità vuol dire una decisone presa con un certo margine di libertà. Valutare che determinata attività non merita di ottenere una certa libertà per una serie di motivi. Oggi il riconoscimento consiste una verifica dei requisiti previsti dalla legge (oggetto sociale necessario, ecc) a quel punto l’ente viene riconosciuto. Se si vuole operare a livello nazionale e non limitato territorialmente, si va dal prefetto viceversa per un ambito territoriale più circoscritto che rimane nei confini della regione la richiesta di riconoscimento va presentata al presidente della regione dentro la quale si vuole operare. Una volta ottenuto il riconoscimento, si procede con una pubblicità all’interno del registro delle persone giuridiche da non confondere con il registro delle imprese dove invece sono iscritte le società. Accanto alla possibilità delle associazioni riconosciute esiste la possibilità delle associazioni non riconosciute (fondazioni devono per forza essere riconosciute) perché non ho tutti i requisiti richiesti o non mi interessa. Le ass non riconosciute hanno un amplio spazio nel nostro ordinamento (i partiti politici, sindacati non sono riconosciuti) perché in realtà la tipologia di ente collettivo non riconosciuto è una figura abbastanza allettante, in quanto presenta dei lati di vantaggio: potersi organizzare più liberamente e non essere ingabbiati in modelli di organizzazione prefissati e • prestabiliti dal legislatore. Articolo 36: dice che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati autonomia. Non essendo un’associazione riconosciuta essa non può avere autonomia patrimoniale perfetta, propria solo delle persone giuridiche. Succede che innanzitutto questo tipo di associazione deve avere un patrimonio, definito fondo comune di cui si occupa l’articolo 37 (i contributi degli associati e i beni acquistati con questi contributi costituiscono il fondo comune dell’associazione, cioè il suo patrimonio). il tema dell’autonomia patrimoniale e della sua imperfezione lo spiega articolo 38 (per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune; delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione). Società di persone e di capitali: differenza principale sta nell’autonomia patrimoniale perfetta e imperfette. La società semplice: è quella più elementare dal punto di vista giuridico ed è disciplinata in una serie di articoli. È un ente collettivo, del quinto libro, costituito da una pluralità di soci, ecc però non è dotata di autonomia patrimoniale perfetta. articolo 2266 riguarda la rappresentanza della società semplice in cui è scritto: la società acquista diritti e assume obbligazioni per mezzo dei soci che hanno la rappresentanza, cioè i soci amministratori. la norma subito dopo, l’articolo 2267 è rubricata responsabilità per le obbligazioni sociali e dice: i creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale, e per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome per conto della società. Più o meno dal 2000 sono intervenute affianco al codice civile una serie di altre normative speciali che si sono andare ad occupare in modo disordinato di quelle che si chiamano ONLUS, organizzazioni senza scopo di lucro, che venivano rese oggetto di normative speciali, fuori dal codice civile principalmente al fine di offrire agevolazioni fiscali di enti impegnati nel terzo settore. Finché nel 2017 il legislatore ha deciso di emanare un testo unico per ordinare la normativa, definito codice del terzo settore. Per raggruppare e organizzare in un modo razionale e complementare e non rispetto alla disciplina che rimane nel primo libro del codice. Questa idea genera molta incertezza e confusione sotto diversi punti di vista. Ci si vuole giocare di una serie di benefici che il codice del terzo settore prevede allora non basta rispettare la disciplina contenuta nel libro del codice ma anche le norme del codice del terzo settore. Se non si è interessati a questi benefici si può rimanere assoggettati alle norme del primo libro del codice. TUTELA DEI DIRITTI: è all’interno del sesto libro, si occupa della prescrizione e della decadenza, con riferimento agli articoli 2934 e seguenti e sono accomunati dal fatto che hanno a che fare con il fattore tempo, cioè sono due istituti che sono intimamente connessi con il trascorrere del tempo. Titolo quinto del libro sesto. Ci sono una serie di diritti indisponibili e imprescrittibili, mentre la maggior parte dei diritti del nostro ordinamento sono diritti prescrittibili. La prescrizione: è un istituto che consiste nel fatto che come regola generale un soggetto titolare di una determinata situazione giuridica e tutelata dall’ordinamento rispetto a quel diritto, deve se quel diritto è leso attivarsi entro un ragionevole periodo di tempo rispetto a quando ha subito la lesione. Si deve attivarsi per esercitare il suo diritto entro un ragionevole tempo perché, se sono titolare di un diritto e non lo esercito/reagisco alla violazione subita, si crea una situazione di incertezza perché i terzi possono dubitare che abbia interesse a far valere il diritto di cui sono titolare. Istituto che serve a stabilire una regola generale con delle eccezioni a protezione della certezza del diritto. dall’articolo 2934: disposizioni generali, la prima è rubricata estinzione dei diritti: ogni diritto si estingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge; non sono soggetti alla prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge. La prescrizione è un fatto estintivo dei diritti, il mancato esercizio di un diritto per un mancato periodo di tempo porta all’estinzione del diritto stesso. Il legislatore precisa che questa è una regola generale ma ci sono delle eccezioni. Diritto disponibile ma imprescrittibile è il diritto di proprietà, quindi il proprietario pio chiedere tutela rispetto al suo diritto quand’anche non lo eserciti per un periodo di tempo molto lungo proprio perché non si prescrive. Tutte le azioni e diritti sono prescritti ma con eccezioni come il diritto di proprietà, azione di nullità con riferimento ad un contratto per un altro. Disciplina generale della prescrizione: la norma 2935, rubricata con decorrenza della prescrizione: tutte le volte in cui ci sono norme che mettono in gioco il fattore tempo avremo una norma che indica quanto tempo e da quanto tempo (dies a quo, giorno dal quale). La norma dice che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere per la prima volta. articolo 2946: rubricato prescrizione ordinaria e dice: salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di 10 anni; il che significa detto in parole più spicce il termine ordinario di prescrizione del nostro ordinamento è decennale. Questi due articoli costituiscono una regola generale, tutti i diritti si prescrivono ed entro dieci anni. Le norme sulla prescrizione sono inderogabili. Il diritto di proprietà è particolare perché non si prescrive, questo concetto viene spiegato nel terzo libro e dalla norma 948: riguarda le azioni a difesa della proprietà a fronte di una lesione che ha subito, la prima azione può essere quella di rivendica della proprietà ed è esercitata nei confronti di un soggetto che si è impossessato dei beni del proprietario e mette in discussione il suo diritto di proprietà. Il terzo comma di questo articolo dice: azione di rivendicazione non si prescrive quindi è imprescrittibile l’azione a tutela della proprietà, il che fondamentalmente comporta che è imprescrittibile il diritto di proprietà. L’azione di rivendicazione non si prescrive salvi gli effetti dell’acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione (modo di acquisto della proprietà, abbastanza inconvenzionale, opposto della prescrizione, era definita in passato prescrizione acquisitiva, strettamente legata al fattore tempo. Si fonda sulla disponibilità materiale di un bene per un lungo periodo di tempo produce come conseguenza l’acquisto del diritto, possesso materiale si trasforma in diritto). La decadenza: si occupa di tempo a scopo estintivo, istituto che assicura e protegge la certezza del diritto nel nostro ordinamento imponendo ai soggetti il compimento di determinati atti a salvaguardia dei diritti stessi. La differenza è che i termini di decadenza sono spesso molto brevi e che hanno origine da contratti (come acquisto di qualcosa) perché si vuole velocizzare la verifica di determinati aspetti per sveltire il consolidamento di posizioni giuridiche tra le parti. Le ultime norme del libro secondo in realtà non si occupano in senso tecnico della successione a causa di morte, perché si occupano delle donazioni sono dei contratti. Molte volte lo scopo principale per cui una persona dona a qualcun altro un bene è sostanzialmente di disporre in vita di un bene in una logica di carattere parasuccessorio. Terzo libro del codice che insieme al quarto è uno dei libri più importanti. Il terzo libro ha una denominazione che non è propriamente fedele al suo reale contenuto, perché fa unicamente riferimento alla proprietà. Non è affatto vero che ci siano solo norme che disciplinano il diritto di proprietà ma più che altro un portato del passato perché sopratutto prima il diritto di proprietà era un diritto fondamentale nell’ordinamento. In nome di questa centralità attribuita sopratutto in passato al diritto di proprietà il terzo libro del codice ha questa unica denominazione. Ci sono diversi istituti: i beni, è il presupposto per comprendere come funzionano la proprietà e tutta una categoria di diritto • soggettivi definiti diritti reali. il possesso, è una situazione di fatto giuridicamente rilevante alla cui esistenza il legislatore riconnette • determinate conseguenze giuridiche. la proprietà • I BENI: sono disciplinati dalle norme che vanno dal 810 al 831. la prima norma, cioè 810 è rubricata nozioni (per fornire una nozione sui beni e utilizza un’espressione estremamente ampia) sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti. i beni sono oggetti di diritti, tale da avere valenza giuridica e di costituire l’oggetto dei diritti reali. Ci possono essere beni oggetto di diritti di proprietà e oggetto di particolari tipi di diritti di proprietà che non hanno tanta materialità (l’energia è un bene e forma oggetto di diritti, ma non è una cosa materiale). Il trascorrere degli anni e l’evolversi della società ha potenziato il concetto di bene immateriale. proprietà declinato al plurale: dal punto di vista giuridico è più corretto usare l’espressione al plurale perché tante regole diverse che si applicano in funzione del diritto di proprietà di cui stiamo parlando. Disciplina di una tipologia di proprietà da un altra tipologia è definito dal tipo di bene che forma oggetto del diritto, cioè il diritto di chi è proprietario di fondi non può essere appicato a chi ha beni mobili (cose di valore ma anche il denaro, gli strumenti finanziari, le quote di società). È una pluralità di diritti di proprietà Il legislatore propone una distinzione tra beni mobili e beni immobili, è un concetto da cui si generano e scaturiscono tante differenze disciplinari. L’articolo del codice che distingue quali sono i beni immobili e mobili è il 812, lo fa con tre commi di cui i primi due riguardano gli immobili e il terzo i mobili. sono beni immobili il suolo, sorgenti, corsi d’acqua, alberi, edifici, altre costituzioni anche se unite al suolo per periodo transitorio, tutto ciò che naturalmente o artificialmente sono incorporati al suolo. Questa norma contiene un elenco esemplificativo (altrimenti elenchi tassati o quella norma si applica solo alle ipotesi menzionate dal legislatore). Nel secondo comma ci si riferisce anche a costruzioni nell’acqua come palafitte, mulini, ecc. Il terzo comma: sono mobili tutti gli altri beni. Il concetto di bene mobile è estremamente eterogeneo per natura sua e per altro l’articolo 814 fa riferimento alle energie e dice: si considerano beni mobili le energie naturali che hanno un valore economico. (Universalità di mobili, concetto di pertinenza) Articolo 815: presuppone altre sue prospettive che hanno a che fare con la differenza tra beni mobili ed immobili. Beni mobili iscritti in pubblici registri e dice: i beni mobili iscritti in pubblici registri sono soggetti alle disposizioni che li riguardano, cioè alle disposizioni proprie che si riferiscono a beni mobili registrati, e in mancanza alle disposizioni relative ai beni mobili. Possono essere macchine, aerei, moto, imbarcazioni>>grandi categorie di beni attraverso cui ci si sposta via terra, via aria e via mare. Questa categoria da l’occasione di spiegare la distinzione tra beni mobili ed immobili: a partire da questa distinzione nel nostro ordinamento sono state compiute scelte differenti per quanto riguarda la circolazione di questi beni e la pubblicità necessaria per l’opponibilità ai terzi. Negli anni 40 c’era l’idea che dal punto di vista della ricchezza e importanza giuridica i beni immobili fossero più importante di quelli mobili (oggi i più ricchi hanno tanta ricchezza mobiliare), per questo peso differentemente attribuito il legislatore ha deciso che tutto ciò che riguardava i beni immobili dovessero essere necessariamente stipulati per iscritto. Nel nostro ordinamento non è obbligatorio che ogni tipo di contratto sia stipulato per iscritto, per un principio di libertà di forma ma ci sono dei contratti che devono essere stipulati per iscritto perché altrimenti considerati nulli, questo vale per i beni immobili. la norma che lo conferma è nel libro quarto ed è l’articolo 1350: rubricato atti che devono essere messi per iscritto: devono farsi per Atto pubblico o per scrittura privata sotto pena di nullità i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili, i contratti che costituiscono modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili. Quello che riguarda la circolazione dei beni immobili deve essere fatto per iscritto, quelli mobili non richiedono la forma scritta. A questa differenza ne segue ancora un’altra: nel sesto libro, dedicato alla tutela dei diritti, viene trattata la pubblicità e trascrizione, l’articolo 2643: della trascrizione degli atti relativi ai beni immobili, titolato atti soggetti a trascrizione e dice che si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione: i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili, i contratti che costituiscono/trasferiscono il diritto di usufrutto sugli immobili. Quando si acquista una proprietà si stipula un contratto per iscritto con un notaio, per qualche ragione il perché la pubblica amministrazione ha legalmente dichiarato questa espropriazione. Nonostante ciò è un atto giuridico dannoso per qualcuno e quindi si parla per il soggetto danneggiato di diritto all’indennità. Un’altra differenza è il quantum/somma di denaro in quanto non c’è un giudizio di disvalore non si parla di un ristoro pieno al 100% ma si parla di una giusta indennità (non deve essere irrisorio ma non si può pretendere un ristoro completo). Tema importante perché per anni, siccome sono leggi speciali quelle che seguono lespropriazione, chi veniva espropriato riceveva un indennizzo irrisorio e aveva a che fare con il valore catastale (pubblico registro in cui viene dato un valore ai beni ma comunque bassissimo è lontano dal valore di mercato reale del bene). Il quarto comma dell’articolo 42 dice che la legge stabilisce le norme e i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello stato sull’eredità. Costituisce il fondamentale costituzionale della disciplina del libro secondo del codice civile. La legge stabilisce le norme e limiti di successione: ci rimanda a spiegare quali sono le scelte di fondo compiute a proposito dei propri beni e in particolare modo due scelte: successione testamentaria presuppone che una persona in vita abbia deciso di occuparsi della sorte dei suoi beni per il tempo successivo alla sua morte e lo abbia fatto con il testamento. Si chiama de cuius, la persona del cui testamento stiamo parlando. Un altro aspetto è il tipo di contenuto che posso inserire nel testamento, posso nominare i miei eredi (istituzione di persone) oppure beneficiari di un legato. La revocabilità fino all’ultimo respiro è valida. Nel nostro ordinamento il testatore può organizzare come vuole il suo patrimonio ma se non scrive un testamento esistono una serie di norme applicabili contenute nel codice civile che vanno sotto la successione legittima. Se si fa testamento in proprio questa libertà non è totale perché la successione testamentaria nel nostro ordinamento conosce dei limiti dati d alcune norme sotto il nome di successione necessaria (si fa riferimento ai limiti previsti dalla legge alla successione testamentaria perché ci sono alcune categorie di persone considerate dal legislatore così vicine dal punto di vista dei legami familiare al defunto che non possono essere diseredate. Se un persona ha figli, fuori da ipotesi di casi gravi, ma ha rapporti con essi incrinati e non nomina suoi eredi i propri figli. Questa situazione il testamento non è valido, se un figlio non è stato contemplato vuole chiedere tutela può farlo) Fonti delle successioni mortis causa quando il fenomeno successorio è innescato dalla morte del titolare, facciamo riferimento all’articolo 457 del codice, che individua le fonti della successione e l’individuazione dei soggetti successivi è la porzione di patrimonio ereditario che spetta a ciascuno di essi, la cosiddetta delazione dell’eredità può essere regolata o dalla legge o dal testamento. Per chiarificare i rapporti tra queste due fonti viene in soccorso il comma secondo da cui si desume che la successione testamentaria prevale sulla legittima, in ossequio al principio dell’autonomia privata che nell’ambito del diritto delle successioni si declina come autonomia testamentaria.rilevanza residuale significa che la successione legittima opera quando manca un testamento o quando il testamento è stato redatto ma è inefficace o invalido. Ma è ammesso anche il decorso cioè la successione può essere regolata in parte dalla legge e in parte dal testamento, questo avviene quando il testamento non copre l’intero asse ereditario e quindi la porzione di patrimonio che non è oggetto del testamento si devolve agli eredi secondo le regole della successione legittima. La successione legittima è regolata dagli articoli 565 e seguenti che individua chi sono i successi lui ex lege: il coniuge o parte di unione civile, figli, ascendenti, collaterali (fratelli e sorelle) e altri parenti fino al sesto grado. Se il soggetto che muore non ha parenti per la successione legittima deve per forza esserci un erede come lo stato, come ultima istanza succede lo stato italiano per garantire la continuità dei rapporti giuridici. Nell’articolo 457 dopo aver individuato le fonti della successione e i rapporti tra le fonti prevede al terzo comma le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari, siamo nell’ambito della successione necessaria: nell’ordinamento a tutela dell’unità dei vincoli familiari prevede un limite al l’autonomia testamentaria perché individua dei soggetti/legittimari che devono sempre e comunque succedere e devono avere la quota di legittima/riserva. Definita successione legittima potenziata, perché prevede questi soggetti che devono necessariamente succedere, cioè i legittimari, a cui è dedicato il capo decimo del titolo primo: l’articolo 536 individua come legittimari il coniuge o parte dell’Unione civile, figli, ascendenti che però sono successori necessari se il de cuius muore senza lasciare prole. Abbiamo un novero dei soggetti che coincide con quello legittimi ma è più ristretto perché la ratio delle norme della successione necessaria va individuata nella tutela dei vincoli familiari più stretti, il rapporto tra la successione necessaria e le due forme di successione alla luce del fatto che alcuni soggetti devono necessariamente succedere e nel caso della successione legittima è già la legge ad averli contemplati. Nel caso della successione legittima si possono porre dei problemi di tutela dei legittimari ma solo a fronte di donazioni, se ci sono state donazioni lesive alla legittima. Per la tutela dei legittimari diventa più forte nel caso della successione testamentaria, come appunto prevede l’articolo 457, nell’ultimo comma. Le disposizioni testamentarie del de cuius lèdono il diritto dei legittimari di ciò che possono ledere il diritto dei legittimari di succedere necessariamente. Articolo 832: il proprietario ha il diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico. ordinamento giuridico pone dei limiti, che si distinguono nei limiti posti nell’interesse pubblico (espropriazione per pubblica utilità, beni artistici e culturali, proprietà edilizia e fondiaria) e nell’interesse privato (rapporti di vicinato) riguardano la disciplina degli atti emulativi, emissioni, distanze legali e muri/luci/vedute. Divieto di atti emulativi che troviamo all’articolo 833, per comprendere la notevole portata di questa norma dobbiamo partire da un principio del diritto Romano che di affermava qui iure uti turbo neminem ledit: concezione assoluta che chi è titolare di un diritto può fare quello che vuole, oggi questo principio può dirsi ormai definitivamente superata. Indennizzo quando atto di esercizio di un diritto cagiona un pregiudizio ad altri chi l’ha esercitato può essere condannato a corrispondere ad un indennizzo. Oggi vale il divieto di abuso del diritto, la norma a partire dalla quale è stato affermato il principio dell’abuso del diritto è l’articolo 833, norma che si ritiene attribuisca cittadinanza al divieto di abuso di un diritto. Gli atti emulativi sono tradizionalmente definiti come atti che non arrecano nessuna utilità a chi li realizza ma sono volti ad arrecare pregiudizio a terzi. È necessario una condotta attiva, il compimento di un fare, che deve essere privo di utilità è solo di arrecare danno ai terzi. Negli ultimi anni la giurisdizione ha sottoposto questa norma ad interpretazione improntata al dovere di solidarietà sociale, perché oggi nel concetto di atti emulativi sono compresi anche quelli che sono comunque idonei ad arrecare una minima utilità a chi li realizza. Dobbiamo interrogarci sulle forme di tutela del vicino danneggiato che non vede più: Tutela di risarcimento, si accorda al proprietario con azione inibitoria, che è uno strumento di tutela • preventiva, appartiene al novero della tutela di condanna. Tutela di cognizione prevede tre tipologie di azioni: azioni di mero accertamento; azioni costitutive; azioni di • condanna e azione inibitoria. Immissioni, la cui disposizione di riferimento è l’articolo 844. Distinzione tra: Immissioni materiali: consistono nelle attività materiali che si riversano nei fondi continui, come mero lancio • di oggetti o rifiuti. Il proprietario ha incondizionatamente diritto a farle cessare “…” immateriali: sono le attività che comporta la produzione di fumi, odori ed esalazioni che si propagano ai • fondi contigui. Non si risolve semplicisticamente ma con il criterio della normale tollerabilità perché non ha a disposizione nessuna tutela perché deve essere in grado di tollerare il criterio. Il problema nasce quando queste immissioni superano la sogli di normale tollerabilità, due sottoscenari che si ricavano dell’articolo 844, cioè le immissioni sono giustificate dalle esigenze produttive e da un’attività di impresa e in questo caso c’è un conflitto di interessi entrambi costituzionalmente tutelati. I proprietari dei fondi non possono far cessare l’attività produttiva ma possono richiedere un indennizzo, che sarà pari alla riduzione del valore del fondo. Il secondo scenario è quello in cui le emissioni superano la soglia di normale tollerabilità ma non sono giustificate da esigenze dell’impresa, in questo caso lo strumento è la cessazione che viene richiesta con la tutela preventiva e con l’azione inibitoria con possibilità di richiedere il risarcimento dei danni. Come si fa a stabilire se le immissioni superano le soglie di normale tollerabilità? per esempio livello dei decibel per le azioni materiali invece per quelle immateriali non si può fare riferimento a un criterio formalistico che tenga conto di ogni caso specifico e del tipo di attività svolta o situazione in cui versa chi è danneggiato dalle immissioni. Nell’ottica di questa interpretazione evolutiva, la giurisprudenza si è mossa in una duplice direttiva. La norma è pensata come tutela della proprietà ma in realtà si è notata che le immissioni materiali tutelano il diritto di proprietà ma quelle immateriali non tutelano il diritto di proprietà e inoltre danneggiano il diritto alla salute e al diritto a vivere in un ambiente salutare. Le immissioni immateriali ledono i diritti della personalità e in particolare quello alla salute/vivere ambiente salubre/diritto alla tranquillità, che trovano migliore esplicazione nell’articolo due e trentadue della costituzione. LA PROPRIETÀ FONDIARIA: trova fondamento nell’articolo 840 che sancisce un principio espresso: usque ad sideras usque ad inferos, cioè la proprietà si estende illimitatamente nel sotto e sopra suolo fino a dove questi sono suscettibili di utilizzazione economica e dino a dove il proprietario ha interesse ad escludere l’attività di terzi. Il proprietario non può opporsi ad attività di terzi che si estendono ad una profondità tale nel sotto e sopra suolo ad un’altezza tale che non abbia interesse ad escluderle. Il proprietario del fondo, inteso come terreno, non è libero di costruire perché è necessaria un’approvazione/ permesso di costruire dalla pubblica amministrazione che gli dica come/se/può/con che limiti può farlo perché è limitato dai vincoli urbanistici. Una volta che il privato ha ottenuto il provvedimento amministrativo non è libero di farlo come vuole perché vi è una disciplina di distanze legali tra edifici, che impone che le costruzioni su fondi confinanti siano poste ad una distanza di almeno tre metri. In questa disciplina il fattore tempo assume grande importanza, chi costruisce per secondo subisce le scelte del primo, concezione espressa dal principio di prevenzione, per cui le scelte edilizie di chi costruisce per secondo rispettino quelle di chi ha costruito per primo. Con questo articolo in realtà si tutela il potere del godimento di un bene che spetta al titolare o allaffittuario. MODI DI ACQUISTO DI UNA PROPRIETÀ: l’articolo 42 ha una riserva di legge anche nei modo di acquisto della proprietà: la proprietà si acquista per occupazione, accessione, usufruttò, invenzione, usucapione, contratti, successione a causa di morte e negli altri modi stabiliti dalla legge. Da questa clausola capiamo che vige un principio di tassatività dei modi di acquisto della proprietà, quando parliamo di modi di acquisto dobbiamo avere presente una distinzione presente nell’articolo 922: modi di acquisto a titolo ordinario (diritto nuovo è libero dai limiti, vizi e benefici) e titolo derivativo (quando il soggetto subentra il medesimo diritto del suo ante causa), significa acquistare lo stesso diritto, con l’ora tesso contenuto, vizi e limiti; le tipiche modalità di acquisto a titolo derivativo avvengono con contratto e sopratutto per successione a causa di morte. I modi di squisito a titolo originario occupazione (quando soggetto in maniera definitiva assume la proprietà di beni vuoti e abbandonati, res nullius), invenzione (ritrovamento di beni mobili smarriti della cui sorte il proprietario è ignaro) e accesione verticale (stabile incorporazione di un bene in un altro, il proprietario della cosa principale acquista a titolo originario salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente. È un fatto giuridico in senso stretto, l’effetto opera indipendentemente dalla libertà, si acquista la proprietà superficiale la volontà non rileva, si può attribuire la proprietà ad un terzo). Situazione di fatto: ordinamento attribuisce rilevanza a mere situazioni di fatto, chi le esercita è tutelato, facciamo riferimento al possesso e alla detenzione. Titolo ottavo del terzo libro, dagli articoli 1140 che definisce il possesso come il potere di fatto sulla cosa che si manifesta in un’attività materiale corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà. Ius possessioni e ius possidenti, effettivamente diritto di possedere un bene. Possesso pieno, concorso di due elementi: corpus, cioè la materiale disponibilità di un bene • Detenzione: il soggetto ha la materiale disponibilità del bene ma l’elemento soggettivo si atteggia • diversamente, abbiamo l’animus detinendi, perché il soggetto ha la materiale disponibilità del bene e ne gode con la consapevolezza dell’altrui diritto reale e che un altro soggetto ne è proprietario. Possesso mediato: situazione del proprietario di casa dove non c’è il corpus ma l’animus, il soggetto è • consapevole di essere proprietario. La differenza tra possesso e detenzione sta nell’ elemento oggettivo, cioè il possesso è una situazione di fatto che corrisponde all’esercizio del diritto di proprietà invece la detenzione è l’attività materiale corrispondente all’esercizio di un diritto reale o personale di godimento. Possesso è legittimo quando il potere di fatto è esercitato a fronte dell’effettiva titolarieta del diritto reale, cioè quando la situazione di fatto coincide con la situazione di diritto e allora il possesso è legittimo. Il possesso illegittimo invece si definisce quando la situazione di fatto non coincide con quella di diritto, chi ha la materiale disponibilità del bene non ha effettivamente diritto ad averla, cioè non è l’effettivo titolare di quel bene. Nel nostro ordinamento è tutelato sia il possesso legittimo sia illegittimo. Il possesso illegittimo si suddivide in possesso di: Malafede: chi ha la materiale disponibilità del bene, non è titolare del diritto reale e ne è consapevole, quindi • non ignora di ledere il diritto altrui. Buonafede: può assumere due connotati, cioè in senso oggettivo e soggettivo. In senso oggettivo è • sinonimo di correttezza/lealtà e riguarda la disciplina delle obbligazioni, dovere di comportamento che deve riguardare il creditore e il debitore. In senso soggettivo bisogna intenderla come ignoranza di ledere il diritto altrui, trova fondamento nell’articolo 1147, perché il possessore legittimo è colui che possiede pur non essendo titolare del diritto reale ma ignora di ledere il diritto del titolare. È sufficiente che la buona fede sussista nel momento in cui il soggetto consegue la materiale disponibilità del bene, la malafede sopravvenuta è irrilevante. Presunta buonafede quando il possessore non è tenuto a provare la buona fede. Esiste anche il possesso illegittimo vizioso, che si ha quando il possesso è stato conseguito con violenza o clandestinità. Questa distinzione ci interessa per comprendere la distinzione tra successione al possesso e altro, qualunque contratto con cui si cedono crediti ha effetto reale perché abbiamo una vicenda traslativa. 1376 fa un’elencazione dei contratti con effetti reali e rubrica contratto con effetti reali: nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato. Nel nostro ordinamento gli effetti reali si producono solo in ragione del consenso accompagnato dalla pubblicità e senza bisogno della traditio del bene (in Germania non vale il principio di consensualita). Diritti reali di godimento sono trattati nel libro terzo e nel titolo quinto. Ci sono altri modi di poter aver giuridicamente un titolo per il godimento reale di un bene senza diventare titolari di un diritto reale. In quanto l’usufrutto comprime molto il diritto di proprietà esso non può essere perpetuo, perché la compressione sarebbe molto forte e questo è espresso nell’articolo 979 che si rifece alla durata dell’usufrutto, che non può eccedere la vita dellusufruttaio e non è un diritto trasferibile per successione. Inoltre l’articolo dice che l’usofrutto costituito a favore di una persona giuridica non può durare più di trent’anni per non comprimere il diritto di proprietà, è cedibile ma nell’arco di quegli anni stabiliti. Servitù: è una famiglia di diritti che sono dal punto di vista pratico ed economico importanti, le norme che riguardano le servitù sono contenute nel titolo sesto. Si comincia con disposizioni generali, partiamo dall’articolo 1027 che dice: la servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario. Ci devono essere due fondi e due proprietari diversi, un fondo che viene chiamato fondo dominante che si avvantaggia da una compressione del contenuto della proprietà relativa ad un altro fondo che viene a chiamarsi fondo servente. Si tratta di servitù tra fondi, uno dominante e uno servente dove uno dei fondi subisce un danno e vede compresso il suo diritto di proprietà e gli toglie il diritto di godimento del proprio fondo. C’è una compressione del diritto di proprietà del fondo servente perché il fondo servente va a vantaggio del proprietario del fondo dominante, che trae un’utilità per il suo fondo dalla compressione della proprietà del fondo servente. La servitù è una relazione tra fondo servente e dominante che appartengono a soggetti differenti. L’utilità può consistere nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante. Articolo 1031: costituzione delle servitù, le servitù prediali possono essere costituite coattivamente o volontariamente o per usucapione o per destinazione del padre di famiglia. Sulla base di questa distinzione classifichiamo le servitù in: Coattive, con un interesse che sta alla base del diritto di servitù, ci sono interessi della collettività che • l’acqua sia diffusa in modo equo sul territorio a prescindere dal sacrificio che subiscono i proprietari di fondi interessati a questo tipo di proprietà. Ci sono situazioni in cui l’interesse di proprietario soccombe rispetto agli interessi della collettività o un fondo intercluso. Volontarie: alla base di questa tipologia di servitù non ci sono interessi collettivi ma solo privati e soggettivi • Differenza che dal punto di vista giuridico è importante, la soluzione ottimale è che il proprietario del fondo dominante e servente trovino fra di loro un accordo. Il modo più lineare per costituire la servitù è il contratto sia per quanto riguarda la servitù coattiva sia volontaria. Le servitù volontarie se non si trova un accordo non nasce la servitù invece le servitù coattive se non si trova un accordo alla servitù si arriva lo stesso, attraverso una sentenza del giudice. Le servitù coattive, articolo 1032: quando in forza di legge, il proprietario di un fondo ha diritto di ottenere la parte del proprietario di un altro fondo, la servitù in mancanza di contratto succede che è la servitù è costituita con sentenza del giudice. La sentenza stabilisce le modalità della servitù, inoltre determina l’indennita dovuta, prima del pagamento dell’indennità il proprietario del fondo servente può opporsi all’esercizio della servitù. Tipologia di sentenza attribuita al giudice molto forte dal punto di vista delle conseguenze giuridiche. La sentenza con cui nasce un diritto di servitù, la servitù nasce per effetto della sentenza, che ha una natura costitutiva perché è la sentenza stessa che produce la servitù. È ancora più significativa perché si sostituisce un contratto. Altro caso in cui abbiamo una sentenza costituiva e tiene luogo di un contratto che sarebbe dovuto essere concluso e invece le parti spontaneamente non concludono: norma 2932, situazione di un compromesso, contratto con il quale due parti si impegnano a stipulare in futuro un contratto. Quando si stipula un contratto preliminare ci si impegna a stipulare un contratto in futuro, qualora si cambiasse idea senza ragione giuridica non è sufficiente ad annullare il contratto e ci si presenta dal giudice a chiedere una sentenza di natura costitutiva che tiene luogo del contratto definitivo che si doveva stipulare. LE OBBLIGAZIONI Le obbligazioni sono un rapporto giuridicamente rilevante tra due soggetti e che ha per oggetto l’esecuzione di una prestazione che il creditore deve svolgere nei confronti del debitore.Le obbligazioni non sono solo riferibili a prestazione pecuniarie ma si espande anche ad altri comportamenti, che possono avere a che fare con beni diversi dal denaro come il fare oppure un non fare (astenersi dal compiere una certa attività). I diritti di credito sono le obbligazioni, che sono disciplinati nel quarto libro in modo puntuale e analitico. Il quarto libro si apre con una serie di norme che riguardano la disciplina del rapporto obbligatorio, in cui il legislatore ha inserito anche altri istituti che sono legati al rapporto obbligatorio in quanto ne costituiscono le fonti, cioè come dice l’articolo 1173: fonti delle obbligazioni sono(spiega come nascono le obbligazioni e da dove scaturiscono): il contratto, fatto illecito, da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico (altri fatti costitutivi e altre fonti di obbligazioni, come la legge e altri istituti che non sono menzionati espressamente ma che costituiscono le altre tre principali fonti di obbligazione: promesse unilaterali, cioè una dichiarazione di impegno che viene fatto unilateralmente da un soggetto, gestione di affari altrui, ripetizione dell’indebito, arricchimento ingiustificato. Sono istituti particolari e un po’ astratti perché rimandano a fatti da cui scaturiscono obbligazioni nuove. le promesse unilaterali articolo 1987: la promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti obbligatori fuori dai casi ammessi dalla legge. A differenza dei contratti le promesse unilaterali sono tipiche, ci si può impegnare solo nei casi che il legislatore ha già previsto e non in qualsiasi altro caso. C’è un principio di tipicità delle promesse unilaterali ma ci sono una famiglia di promesse unilaterali cioè quella dei titoli di credito, come la cambiale o una ricompensa da parte di un soggetto per il ritrovo di un oggetto/animale, da cui nascono obbligazioni. gestione di affari altrui articolo 2028: un’altra fonte di obbligazioni, è un istituto particolare perché fa derivare la assunzione di obbligazioni da un comportamento che in prima battuta è di ingerenza non richiesta da parte di un altro soggetto. Rubricato obbligo di continuare la gestione: chi senza essere obbligato assume scientemente la gestione di un affare altrui è tenuto a continuarla e a condurla a termine finché l’interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso. Il compimento di questo fatto fa nascere delle obbligazioni e il gestore è soggetto alle stesse obbligazioni derivanti da un mandato, in forza del quale un soggeto è incaricato di compiere atti gestori. Articolo 2031 ci parla di obblighi dell’interessato e dice qualora la gestione sia stata utilmente iniziata l’interessato deve adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunto. Si producono obbligazioni sia in capo al gestore sia all’interessato. Articolo 2033 riguardo la ripetizione o pagamento dell’indebito. È un istituto correlato alla conseguenza e al riflesso di altri istituti. L’indebito vuol dire non dovuto e la ripetizione implica una restituzione, cioè alla possibilità di vedersi restituito qualcosa che si è pagato ma non era dovuto, che deve essere restituito. Serve a riequilibrare sfere giuridiche non più in equilibrio. Ci sono due sottofigure di indebito: Indebito soggettivo: articolo 2036, chi ha pagato un debito altrui credendosi debitore in base a un errore • scusabile può ripetere ciò che ha pagato sempre che il creditore non si sia privato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito. L’obbligazione c’è ma non sussiste fra la persona che esegue il pagamento e la persona che riceve il pagamento; ci sono due soggetti uno che esegue la prestazione e paga un debito altrui pensando di essere il debitore e sulla base di un errore scusabile. Chi ha ricevuto la prestazione avrebbe comunque dovuto riceverla ma chi riceve nel caso dell’indebito soggettivo doveva ricevere ma da un’altra persona. Ci sono dei contemperamenti Indebito oggettivo: articolo 2033, chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha • pagato e ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento se chi lo ha ricevuto era in malafede oppure se questi era in buona fede dal giorno della domanda di restituzione. Immaginiamo un contratto nullo non in grado di produrre effetti, ma le due parti che lo hanno stipulato non lo sanno, succede che le parti eseguono le prestazioni del contratto ma se il contratto è nullo le prestazioni sono non dovute e come tali vanno restituite. questo è un tipico caso in cui si applica l’istituto dell’indebito oggettivo. Oggettivo perché le prestazioni non erano dovute per nessuno dei soggetti coinvolti e sono casi in cui ci sono contratti invalidi. Non c’è debito e infatti la prestazione va restituita Un’altra azione che nel nostro ordinamento non prevede la prescrizione è l’azione per far valere la nullità di un contratto. Le azioni di ripetizione si prescrivono in dieci anni, se io stipulo un contratto nullo e ho eseguito la prestazione e solo quindici anni dopo voglio far annullare il contratto per avere indietro la prestazione che ho eseguito non posso. arricchimento ingiustificato o senza causa articolo 2042: ha un cratere sussidiario perché proponibile quando non ci sono altri rimedi da utilizzare, l’azione di arricchimento ingiustificato non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito. articolo 2041: chi senza una giusta causa si è arricchito a danno di un’altra persona e tenuto nei limiti dell’arricchimento a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Nel nostro ordinamento le attribuzioni patrimoniali, cioè gli spostamenti da un patrimonio ad un altro di beni realizzati con atti di disposizioni, devono avere una giustificazione causale, dal punto di vista giuridico se un bene entra nella sfera giuridica di un’altra persona ci deve essere una giustificazione causale. Non è ammissibile una attribuzione patrimoniale senza un perché dal punto di vista giuridico, perché quando avviene questo caso se non c’è un giustificazione ci sono una serie di rimedi per riportare equilibrio e a ripristinare due sfere giuridiche in cui si è verificata un’attribuzione non dovuta. Principio generale di necessaria giustificatezza delle attribuzioni patrimoniali. Si ricava da norme che riportate al sistema riconducono a questo principio. Articolo 1174, contiene una sorta di definizione delle obbligazioni perché individua le caratteristiche che devono sussistere perché si possa nel nostro ordinamento parlare di obbligazioni in senso stretto e tecnico. Carattere patrimoniale della prestazione: la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse anche non patrimoniale del creditore. Ci sono due elementi fondamentali: Patrimonialità della prestazione e sussistenza di un interesse del creditore a ricevere la prestazione anche non patrimoniale. Significa che posso rendere oggetto dell’obbligazione molte tipologie di comportamento. La maggior parte dei comportamenti possono essere suscettibili di valutazione economica. Gli obblighi o doveri (come fedeltà tra i coniugi) non sono suscettibili di valutazione economica invece le obbligazioni si. Esistenza di un interesse alla prestazione patrimoniale di un creditore. Articolo 1175: debitore e creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza. È una clausola generale e fondamentale, deve essere applicata per valutare se il comportamento sia conforme o meno a questo precetto. Si presta ad essere applicata in numerosi casi ed è l’unica norma che si rivolge sia al debitore sia al creditore, trattati allo stesso modo. In tutte le altre norme ci sono una serie di precetti rivolti solo al creditore o solo al debitore, questa invece li pone sullo stesso piano e secondo buona fede e cioè perseguendo il proprio interesse ma salvaguardando anche l’interesse della controparte. Concetto di correttezza è sinonimo di buonafede e troviamo comparire il questo termine con due diverse accezioni: buonafede oggettiva, cioè comportandosi correttamente e buonafede e buona fede soggettiva, cioè stato di ignoranza o conoscenza di ledere un diritto altrui (articolo 1147). DISCIPLINA DELLE OBBLIGAZIONI: argomento dell’ adempimento, cioè esatta esecuzione della prestazione dovuta e si immagina che il debitore tenga il comportamento dovuto nei confronti del creditore qualsiasi attività si tratti. Obbligazione nasce proprio per essere adempiuta dal debitore ma non sempre succede così infatti di fronte ad una obbligazione, lo sviluppo di essa prevede non solo l’adempimento ma anche inadempimento. Il debitore tenga un comportamento ma parziale, tardivo, sbagliato, non qualitativo valido. Titolo primo riguardo le obbligazioni: dell’adempimento delle obbligazioni: per valutare se un obbligazione sia stata adempiuta o meno, quando entriamo all’interno di una prestazione che è stata eseguita male. C’è un criterio molto generale, alcuni di carattere soggettivo cioè bisogna verificare che chi ha eseguito la prestazione era il debitore e che chi l’ha ricevuta fosse il creditore; criterio riguardo il luogo dell’ adempimento; criterio sul tempo; limiti di accettabilità del ritardo. (alcune norme riguardano il soggetto, alcune il luogo e tempo e altre la qualità della prestazione) Ci sono una serie di norme che hanno a che fare con la qualità dell’adempimento, la norma 1176 è rubricata diligenza nell’adempimento, composta di due commi e dice: nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia; nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata. È un metro di valutazione di un comportamento e della bontà del suo comportamento; nel primo comma ci si riferisce ad un qualunque debitore invece il secondo comma si riferisce alle obbligazioni inserite all’interno di un esercizio di un’attività professionale. Inadempimento colposo è sinonimo di negligenza e di colpa ed è stato un comportamento volontario. Questa norma consente di distinguere tra due tipi di obbligazioni: obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato che ha a che fare con l’adempimento, in certi casi il debitore si assume l’obbligo di conseguire un determinato risultato altre obbligazioni invece prevedono che il debitore svolga la sua prestazione secondo lo standard di diligenza. creditore possa soddisfarsi agendo contro il creditore apparente che ha ricevuto la prestazione. dove va eseguito l’adempimento? Articolo 1182 riguardo il luogo dell’adempimento, di regola il luogo è stabilito dal titolo cioè dalla fonte del rapporto o anche dagli usi o desunto dalla mattina della prestazione o altre circostanze. Ci sono anche criteri legali suppletivi se non si possono applicare gli altri criteri principali. L’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta nel luogo in cui la cosa si trovava quando l’obbligazione è sorta; se l’obbligazione ha per oggetto una prestazione di pagamento di una somma di denaro liquida, cioè determinato nell’ammontare, deve essere adempiuta al domicilio del creditore. tempo dell’adempimento? Termine di adempimento, di regola il termine viene stabilito dalle parti e quando viene a scadenza la prestazione, il tèrmine è fondamentale ai fini della responsabilità del debitore. Articolo 1184 dice che in mancanza di espressa previsione il termine si presume in favore del debitore. Eseguibilità riferita al debitore • esigibilità riferita al creditore, che esige l’adempimento della prestazione • Se il termine è previsto in favore di entrambe le parti la prestazione è inseguibile e inesegibile; se il termine è previsto a favore del creditore la prestazione è ineseguibile ma immediatamente esigibile; se il termine previsto a favore del debitore la prestazione è immediatamente eseguibile ma inesigibile. Articolo 1187 fissa il computo del termine di adempimento e rinvia alle norme sulla prescrizione dei crediti. Si applica la regola per cui non si conta il giorno in cui l’obbligazione è stata fissata ma da quello successivo. Articolo 1193 imputazione del pagamento, si applica quando il soggetto è il debitore di un altro in forza di più rapporti, ha più debiti che derivano da titoli e fonti diversi. Articolo 1184 in cui ci sono più debiti che derivano dallo stesso rapporto INADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI: Sono norme dell’articolo 1218 al 1229. La prima norma è fondamentale perché descrive compiutamente la fattispecie dell’inadempimento e la sua conseguenza. Responsabilità del debitore: il che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Fino a quando o nel limite in cui la prestazione oggetto della obbligazione è ancora possibile eseguirla tutto ciò che non è esatto adempimento è inadempimento; ma è immaginabile che il debitore non esegua la prestazione dovuta o la esegua in modo inesatto o in ritardo perché l’esatta esecuzione della prestazione è diventata impossibile. se la prestazione è impossibile, il debitore non può più eseguire la prestazione, bisogna precisare che ci si deve accertare della causa della sopravvenuta impossibilità. Se la prestazione oggetto della obbligazione è diventata impossibile per una causa estranea e non imputabile al debitore allora non si può parlare di inadempimento ma di un modo di estinzione della obbligazione diverso dell’adempimento definita impossibilità sopravvenuta della prestazione per una causa non imputabile al debitore (articoli 1256 e seguenti). Il primo comma dell’articolo 1256 dice che: l’obbligazione si estingue quando per una causa non imputabile al debitore la prestazione diventa impossibile. Quando c’è una obbligazione il creditore ha interesse a ricevere la prestazione, se l’adempimento non c’è il creditore non ha soddisfazione del suo interesse e questo tanto nel caso dell’adempimento quanto impossibilità sopravventa della prestazione per una causa non imputabile al debitore. In ogni caso il creditore non ha realizzato il suo interesse, ma la differenza sta nel fatto che se la impossibilità della prestazione è in un qualche modo imputabile al debitore il mancato soddisfacimento dell’interesse del creditore deve essere mitigato con lo strumento del risarcimento del danno; viceversa quando l’impossibilità non è imputabile al debitore, il debitore non deve risarcire il danno. Quando parliamo di impossibilità dobbiamo distinguere due tipologie di impossibilità, che possono essere: Naturale: vuol dire che una prestazione che il debitore dovrebbe eseguire è diventata da un l’unto di vista • della realtà impossibile. Per esempio devo consegnare una cosa determinata nel genere e nella specie, il bene viene rubato/distrutto e quindi non posso eseguire questa prestazione. Giuridica: ci sono ipotesi in cui una prestazione che pure sarebbe ancora naturalmente possibile viene • considerata alla stregua della valutazione giuridica di questa impossibilità come impossibile. Ci sono casi in cui il debitore si è assunto per effetto di un contratto l’obbligo di tenere un certo comportamento immaginando un certo scenario in cui il suo comportamento si inserisce ed è stato previsto il corrispettivo/ controprestazione. Per esempio immaginiamo un trasporto per nave e che prevede che una determinata imbarcazione prenda un carico di merce e la trasporti da un luogo ad un altro con un certo corrispettivo, in ragione di una condizione climatica avversa e imprevedibile, il porto per effetto di una tempesta di ghiaccio è ghiacciato e il trasportatore si trovi in difficoltà ad effettuare il trasporto. Nella vicenda non c’era una impossibilità naturalistica in senso stretto, ma per uno sforzo del trasportatore esagerato si parla di impossibilità giuridica per dal punto di vista naturalistico la prestazione sarebbe ancora possibile ma con uno sforzo tropo grande per poter essere richiesto al debitore, in questa dinamica il costo correlato alla situazione imprevedibile sarebbe addebitato al creditore. Entrambe devono essere impossibilità oggettive e non soggettive. La differenza è che quella oggettiva prevede che qualunque debitore si trovasse in quella situazione avrebbe le stesse difficoltà cioè non riguarda la sfera soggettiva del debitore. Per essere rilevante ai fini dell’estinzione della obbligazione devono essere impossibilità che hanno lo stesso impatto e ricaduta su qualsiasi debitore. Inesigibilità della prestazione: vuol dire che una prestazione è inesigibile nel momento in cui il creditore non può pretenderne l’adempimento. Per esempio quando una obbligazione è sottoposta ad un termine temporale, nell’ambito di un contratto mi assumo il pagamento entro 90 giorni di una somma di denaro e il creditore prima della scadenza di quei giorni non può pretendere di ricevere il pagamento. O quando la prestazione è sottoposta ad una condizione specifica e ad un accadimento futuro ed incerto. Per esempio la corcertista della scala si è impegnata e il giorno prima una persona strettamente legata a lei è in una condizione salutare grave e c’è una seria difficoltà per la debitrice ad essere presente. Dal punto di vista naturalistico e giudico non c’è alcuna impossibilità ma diventa una situazione inesigibile per ragioni di carattere strettamente personali del debitore ma talmente rilevanti da togliere al creditore la tutela risarcitoria per il mancato soddisfacimento del proprio interesse. articolo 1218: inadempimento totale, parziale, tardivo e con diversi comportamenti del debitore che si discostano dalla esatta prestazione. In questi casi il legislatore prevede una conseguenza cioè l’obbligo di risarcire il danno che il debitore ha causato al creditore con il suo inadempimento. Inadempimento non porta alla estinzione dell’obbligazione ma essa permane e semplicemente si trasforma perché si introduce la dimensione della responsabilità del debitore. Quando parliamo di obbligazioni il suo contenuto va scomposto nel debito cioè la prestazione e la responsabilità, quando nasce una obbligazione il debitore è tenuto ad una prestazione dovuta se viene eseguita essa si estingue. Ma se entriamo nella prospettiva dell’ inadempimento oltre al debito si aggiunge la responsabilità nel senso che il debitore è responsabile delle conseguenze negative del suo inadempimento e ne risponde con il risarcimento del danno. L’inadempimento temporale produce il venire meno del dovere di prestazione perché il creditore non è più interessato e la sostituzione del dovere di prestazione in un obbligo di risarcire. Per esempio nel caso dell’abito da sposa se la consegna avviene il giorno dopo il matrimonio l’abito ormai non è più necessario. La conseguenza dell’inadempimento è l’obbligo di risarcire il danno ed entriamo nella dimensione delle obbligazioni risarcitorie. Nel nostro ordinamento l’articolo 1218 è una delle sole due fattispecie in grado di produrre obblighi di risarcire il danno nel senso che ci sono solo due macro situazioni in grado di generare obbligazioni di risarcimento del danno. articolo 2043: risarcimento per fatto illecito: qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto, che produce nella sfera giuridica di un altro soggetto un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Ci sono norme che individuano una serie di casi accumunati dal fatto che manca un precedente rapporto obbligatorio tra debitore e creditore e che sono sconosciuti/senza legame giuridico, può capitare un fatto doloso o colposo produttivo di un danno, con la conseguenza che il soggetto danneggiante deve risarcire il danneggiato. Le due norme invece dal punto di vista delle conseguenze la disciplina è la stessa. Articolo 2056, siamo nel contesto del fatto illecito, rubricato valutazione dei danni: il risarcimento dovuto al danneggiato terminare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226, 1227 significa che fondamentalmente legislatore rinvia alle norme introdotto parlando al risarcendo del danno conseguente all’inadempimento. La disciplina delle obbligazioni risarcitorie è contenuto nella parte che si riferisce all’inadempimento. (Si era ipotizzato che anche l’articolo 1337 potesse riferirsi alla disciplina delle obbligazioni risarcitorie ma l’ipotesi è stata poi smentita, ma è riconducibile alla micro fattispecie dell’articolo 1218). MORA DEL DEBITORE: Il termine mora attiene al ritardo, nel senso che il legislatore accanto al termine ritardo per riferirsi al ritardo utilizza il termine mora per specificare un ritardo giuridicamente qualificato da cui derivano conseguenze giuridiche ed effetti giuridicamente rilevanti. Il risarcimento riguardo il ritardo del debitore non è disciplinato allo stesso modo in tutte le obbligazioni: ci sono obbligazioni in cui basta che il debitore sia in ritardo che viene considerato automaticamente in • mora, si utilizza l’espressione mora ex re; altri casi in cui il debitore e in ritardo e per fare si che dal quel ritardo derivano delle conseguenze giuridiche • di tipo risarcitorio il creditore si deve attivare e queste situazioni ai definiscono mora ex persona, cioè derivante da un comportamento del creditore. Salvo alcune ipotesi ci vuole sempre un’attivazione del creditore con una lettera di costituzione i mora, si procede a mettere in mora il debitore (vuol dire invitare e intimare>>serve per manifestare in modo chiaro al debitore l’interesse e la volontà del creditore di pretendere l’adempimento della prestazione minacciando di andare dal giudice per reclamare un risarcimento del danno). Articolo 1219 si occupa di casi che di per se non richiedono la costituzione in mora, ci sono obbligazioni i; cui automaticamente il debitore si considera in mora e si possono esercitare le azioni risarcitorie. Ci sono tre casi/eccezioni rilevanti: Quando il debito deriva da fatto illecito, se stiamo parlando di una obbligazione risarcitoria nel caso delle • obbligazioni derivanti dal fatto illecito, il debitore si considera già in mora perché alla base c’è un fatto illecito. Quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler compiere l’obbligazione • Quando scaduto il termine la prestazione deve essere eseguita a domicilio del creditore • MORA DEL CREDITORE: ultimo istituto disciplinato dal legislatore nel capo secondo con un ingente numero di disposizioni. È un istituto meno usato rispetto a quello del debitore perché è un istituto troppo formalistico e difficoltoso da mettere in atto. Prima norma: il creditore è in mora quando senza motivo legittimo non riceve il pagamento offertogli nei modi indicati dagli articoli 1208 e seguenti, o non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l’obbligazione. Comportamento posto in essere dal creditore che si traduce in una semplice inerzia. Ci sono tanti casi in cui la prestazione del debitore non può essere eseguita senza la collaborazione del creditore. Risarcimento del danno: 1223, 24, 25, 26 e articolo 1228 (norma su inadempimento e responsabilità dell’inadempimento che comunque il debitore si assume nel momento di non adempiere personalmente ma di avvalersi dell’opera di collaboratori o di ausiliari). Si tratta di norme di frequente applicazione; si tratta di una disciplina che consegue da due diverse fatti specie; il danno è una conseguenza negativa di un comportamento di un altro, innanzitutto parliamo di conseguenze negative di tipo economico e patrimoniale (se vengo investito e la mia auto si danneggia ed è una; conseguenza negativa dal punto di vista del patrimonio), si parla quindi di danno patrimoniale, ha a che fare con una conseguenza negativa economica di un • soggetto che può essere la lesione di un diritto di carattere economico e personale. ci possono essere danni patrimoniali sia in conseguenza della lesione di un diritto di natura patrimoniale sia danni patrimoniale che sono la conseguenza di una lesione di un diritto di natura personale. Nel nostro ordinamento esiste anche il danno non patrimoniale (prima definito danno morale), cioè • conseguenza negativa che ha a che fare con la persona e il soggetto leso. Per effetto di un incidente il soggetto entra in una fase di shock, il danno causato non si può esaurire nel restituire i soldi necessari alle visite mediche, c’è un danno di carattere non patrimoniale, ma personale. Anche dalla lesione di un diritto di carattere patrimoniale possono scaturire dei danni di carattere personale e che possono essere risarciti. Seppur con maggior difficoltà anche il risarcimento di danno non patrimoniale è preso in considerazione. Esistono due tipologie di risarcimento: Risarcimento del danno per equivalente, cioè una somma di denaro equivalente alla conseguenza • negativa che ho subito. Risarcimento in forma specifica, cioè il soggetto danneggiante (sia debitore sia chi ha causato il fatto • illecito) anziché offrire una somma di denaro equivalente offre di riportare il bene alla forma e alla situazione prima del verificarsi della lesione. Si verifica in ipotesi molto rare e sopratutto il creditore deve essere d’accordo con il debitore. Uno dei principali problemi del risarcimento del danno è di distinguere bene tra le conseguenze negative quali devono essere risarcite e quali no. Con una sorta di concatenazione causale da una conseguenza negativa se ne verifica una nuova e così via, è quindi importante comprendere quale conseguenza negativa deve essere risarcita. Le norme offrono criteri di selezione tra le conseguenze negative che si sono verificate di quelle che è giusto addossare al debitore o danneggiante è quello che vanno tenute nella sfera giuridica del creditore o danneggiato comunque in capo al debitore originario. L’articolo 1229, rubricato clausole di esonero da responsabilità e dice: qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. La norma dice che è immaginabile che in un contratto vengano introdotte limitazioni concernenti la responsabilità. Questo articolo ha più a che fare con il contratto. modi di estinzione di un’obbligazione diversa da adempimento: impossibilità sopravvenuta • la novazione • remissione (creditore rinuncia al suo credito, estinzione dell’obbligazione con una rinuncia da parte del • creditore al proprio diritto di credito) compensazione • confusione (l’obbligazione è un rapporto giuridico, presuppone una alterità tra soggetti. Se si verifica una • sovrapposizione dei due ruoli giuridici in capo alla stessa persona si tratta di confusione e di conseguenza si estingue l’obbligazione COMPENSAZIONE: è un istituto fondamentale. Il fenomeno della compensazione ha a che fare con una coesistenza di distintivi rapporti obbligatori di segno opposto tra gli stessi soggetti. per esempio una compensazione bilaterale oppure multipli soggetti che fra di loro sono in posizione di debitore e creditore, cioè si tratta di una multilateralità di soggetti e una pluralità di obbligazioni che si estinguono per la parte corrispondente e rimangono vive per la parte residuale. Nel nostro ordinamento la disciplina della compensazione è articolata in tre tipologie: legale • giudiziale • volontaria • Il legislatore esordisce nell’articolo 1241: estinzione per compensazione e dice quando due persone sono obbligate luna verso l’altra i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti secondo le norme degli articoli che seguono. Articolo 1243: si riferisce alla compensazione legale e giudiziale; il primo comma riguarda la compensazione legale e dice la compensazione legale si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di denaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili. In certi casi la compensazione avviene automaticamente, cioè quando innanzitutto le due obbligazioni coesistenti devono riguardare beni dello stesso genere; si deve trattare di debiti/crediti liquidi (cioè il preciso ammontare del bene di cui stiamo parlando); esigibili, cioè possiamo pretendere il pagamento. Dati questi tre requisiti si parla di compensazione legale. Il secondo comma riguarda la compensazione giudiziale (presuppone l’intervento del giudice) dice: se il debito posto in compensazione non è liquidò ma di facile e pronta liquidazione il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente e può anche sospendere la condanna per il credito liquidò fino all’accertamento del credito opposto in compensazione. Compensazione volontaria: Per volontà delle parti può avere luogo compensazione anche se non ricorrono le condizioni previste dagli articoli precedenti, le parti possono anche stabilire preventivamente le condizioni di tale compensazione. Dal punto di vista economico è un istituto fondamentale perché può rendere compensabile obbligazione di qualunque tipologia. La compensazione diventa una modalità di estinzione duttile con previo accordo delle parti, che possono persino stringere accordi preventivamente. MUTAMENTI: capitolo che riguarda i mutamenti nel lato attivo e passivo del rapporto obbligatorio, cioè un obbligazione può essere mutata nel lato attivo o passivo, può darsi che nella vita di un obbligazione il creditore cambi ed è persino possibile che cambi la posizione del debitore. Quando parliamo di mutamenti o successione del lato attivo cambia il creditore, del lato passivo cambia il debitore. Mutamento nel lato attivo rimanda alla disciplina della cessione del credito e al pagamento con surrogazione; mutamento del lato passivo rimanda a tre istituti cioè delegazione, accollo ed estromissione. Partiamo dal mutamento nel lato attivo e dalla cessione del credito (1260-1267) Disciplina pensata con riguardo a cessione di singoli trasferimenti di crediti; esiste anche la disciplina di cessione di massa di crediti. Il legislatore per rispondere ai bisogni nuovi come la cessione di massa ha pensato di aggiungere altre norme (factoring, quelle contenute nel testo unico bancario e sicurisation) sulla cessione in blocco. Il legislatore afferma nei primi due articoli (1260-1) che nel nostro ordinamento il principio generale è di una cedibilitá dei crediti, il fattore che ad un creditore si sostituisca un altro creditore non crea un problema perché il debitore non deve cambiare il suo comportamento. Nel nostro ordinamento, salvo casi particolari, non è prevista la necessità del consenso del debitore, la cessione può avvenire senza il consenso del debitore e anche quando il debitore non è d’accordo; questa linea generale subisce delle eccezioni perché ci sono dei crediti di natura strettamente personale che sono considerati incedibili per natura oppure può darsi che nel momento in cui è sorto un credito il debitore e creditore si siano messi d’accordo per la sua incedibilità. Fuori dai casi di incedibilita i crediti sono cedibili e non è necessaria la manifestazione di consenso da parte del debitore. La cessione del credito è un contratto bilaterale tra il creditore originario e quello nuovo, l’articolo 1260 dice: il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito anche senza il consenso del debitore purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge; le parti possono escludere la cedibilita del creditore quando il credito nasce, ma il patto non è opponibile al cessionario se non si prova che lo conosceva al tempo della cessione. Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito riassume il concetto di molteplicità di ragioni per cui si può cedere un credito. Altro concetto importante è la posizione del debitore ceduto, non è parte in causa però non è irrilevante il ruolo che il debitore ceduto svolge all’interno della cessione del credito perché l’articolo 1264-1265 si occupano del tema della efficacia della cessione riguardo il debitore ceduto. Articolo 1264 dice: la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata; tuttavia, anche prima della notificazione debitore che paga al cedente non è liberato se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione. Se nessuno informa il debitore, quest’ultimo paga l’originario creditore ed effettua la prestazione alla persona che secondo lui è legittimata a ricevere ed essendo in buona fede ha pagato bene (non deve risarcire il creditore nuovo); da qui quindi deriva l’esigenza che il debitore ceduto sia informato della cessione di un creditore ad un altro. Articolo 1265 dice se il medesimo credito ha formato oggetto di più cessioni a persone diverse prevale la cessione notificata per prima al debitore quella che è stata per prima accettata dal debitore con atto di data certa ancorché essa sia di data posteriore. Cosa si trasferisce quando si trasferisce un credito? nel codice è disciplinata la cessione del contratto dall’articolo 1206 al 1210. La prima nozione dice: ciascuna parte di un contratto può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto o prestazioni corrispettive se queste non sono state ancora eseguite purché l’altra parte consenta. Dal cedente al cessionario cosa si trasferisce? La norma 1263, è rubricata accessori del credito: per effetto della cessione del credito è trasferito al cessionario con i privilegi con le garanzie personali e reali e con gli altri accessori. Il legislatore parla del fatto che quando cedo il credito, con esso cedo anche le garanzie reali e personali del credito. Tutte le volte che un credito è garantito, quando si cede il credito con il credito passa anche la garanzia, cioè l’accessorio del credito. Sono anche elencati i privilegi che sono una caratteristica peculiare del credito stesso. Articolo 1266 è rubricato obbligo di garanzia del cedente invece l’articolo 1267 si riferisce alla garanzia della solvenza del credito o solvenza del debitore (cedente quando cedo il credito al cessionario devo garantire che sto cedendo un credito esistente), l’articolo dice: Quando la cessione è a titolo oneroso il cedente è tenuto a garantire l’esistenza del credito al tempo della cessione, la garanzia può essere esclusa per patto ma il cedente resta sempre obbligato per fatto proprio; se la cessione è a titolo gratuito la garanzia è dovuta solo nei casi e nei limiti in cui la legge pone a carico del donante la garanzia per l’evizione. Ma nella cessione dei crediti quali sono le garanzie che il cedente deve dare al cessionario: garanzia dell’esistenza del credito in misura graduata come afferma l’articolo 1266; garanzia dell’ assolvenza del debitore ceduto, cioè che il debitore pagherà è una garanzia che il cedente deve dare al cessionario o non è una garanzia che deve dare. La risposta è fornita dall’articolo 1267 e dice: il cedente non risponde della solvenza del debitore salvo che ne abbia assunto la garanzia. L’articolo dice però che il cedente non risponde salvo che ne abbia assunto la garanzia, il cedente garantisce la solvenza del debitore ceduto. Sono fiorite nel tempo abbastanza recente le cessioni di crediti di massa per il fatto che si sono sviluppate molto cessioni dei crediti in blocco, che il cedente fa al cessionario nella sua sfera giuridica o crediti futuri, cioè non ancora presenti nella sfera giuridica del cedente. Nella prassi si sono organizzate cessioni di crediti futuri e che verranno ad esistenza di contratti già esistenti. Le discipline speciali rispetto a quella ordinaria si discostano in punto di garanzie dell’esistenza della solvenza che sono congegnate apposta per delle cessioni in massa e in punto di notifica al debitore ceduto (è sufficiente una pubblicazione sulla gazzetta ufficiale). PAGAMENTO CON SURROGAZIONE: disciplinato nella parte finale del capo secondo dagli articolo 1201 e seguenti. È un istituto complicato perché al suo interno è articolato in tre ipotesi: Surrogazione per volontà del creditore • Surrogazione per volontà del debitore • Surrogazione legale, cioè automatica • Pagamento è la esecuzione della prestazione; surrogazione è sinonimo di sostituzione e azione surrogatoria in cui qualcuno si sostituisce a qualcun altro nel compimento di un’azione. Il pagamento di surrogazione vuol dire che ci sono dei casi in cui abbiamo una obbligazione tra due soggetti, si verifica un pagamento in situazioni diverse accumunate dal fatto che colui che paga che non è il debitore subentra e si sostituisce nella posizione del creditore originario. Meccanismo si verifica facendo entrare chi ha pagato (non il debitore) nella posizione del creditore. Quindi abbiamo un mutamento nel lato attivo dell’obbligazione Il creditore ricevendo il pagamento da un terzo può surrogarlo nei propri diritti, la surrogazione deve essere fatta in modo espresso e contemporaneamente al pagamento. Surrogazione legale, articolo 1203: la surrogazione ha luogo di diritto nei seguenti casi: (numero tre) a vantaggio di colui che essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito aveva interesse di soddisfarlo. Ci sono casi in cui un soggetto è tenuto al pagamento di un debito altrui perché è un garante personale, automaticamente il pagamento del fide iussore produce la surrogazione di questo ultimo nella posizione del mio creditore. Mutamenti nel lato passivo sono un argomento complesso e molto tecnico. Delegazione • Estromissione • Accollo • Triade di istituti di cui fa parte il mutamento nel lato passivo. Un collegamento al capo sesto nel suo insieme il legislatore lo fa anche in un altro punto della disciplina delle obbligazioni, cioè la novazione (1930 e seguenti: rubricato novazione oggettiva, cioè una obbligazione che si estingue essendo sostituita da una obbligazione diversa per oggetto o per titolo o causa giustificativa). Articolo 1235: novazione soggettiva, non ha una sua vera disciplina ma è finalizzato ad effettuare un rinvio perché dice quando un nuovo debitore è sostituito a quello originario che viene liberato si osservano le norme contenute nel capo sesto di questo titolo. Ci sono tre istituti perché dipende da chi prende l’iniziativa e tra chi interviene un accordo di questa sostituzione: nel caso della delegazione si tratta dell’iniziativa del debitore, l’estromissione è una ipertesi che prevede l’iniziativa da parte del terzo, accollo è un accordo tra debitore e terzo. A prescindere dalla forma di cui stiamo parlando il legislatore ha sempre previsto due varianti per ciascun istituto: variante cumulativa o variante liberatoria. Variante comulativa vuol dire che un altro soggetto si affianca al debitore originario ma senza liberazione del debitore originario che continua ad essere obbligato; il creditore può darsi che non sia d’accordo e proprio perché nel nostro ordinamento si protegge molto la sfera giuridica da conseguenze negative viceversa i miglioramenti possono prescindere dal consenso del titolare. Variante liberatoria prevede che il consenso del creditore sia contemplato e anzi è assolutamente necessario, perché nel nostro ordinamento un mutamento forte nel lato passivo con liberazione ed le debitore originario può avvenire solo quando il debitore consente. Tutte le volte in cui ci troviamo di fronte a variabili cumulative abbiamo una obbligazione plurisoggettiva (categoria ampia di obbligazioni che si riferisce a tutti i casi in cui sono coinvolti più di due soggetti. Possono essere tali sia nel lato attivo sia nel lato passivo), si pone un tema rilevante per quanto riguarda la pluralità di debitore, cioè quando ci sono più debitore il creditore può pretendere da ciascun debitore l’intera prestazione o si deve rivolgere per la metà a uno dei debitori e per l’altra metà all’altro debitore? Obbligazioni in solido/ solidale in tema delle obbligazioni plurisoggettive dall’articolo 1292 apre le obbligazioni in solido ed è rubricato nozione di solidarietà: l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri. oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione e l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori. Articolo 1294, rubricato solidarietà tra debitore e dice: i con debitori sono tenuti in solido se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente. il che significa che nel nostro ordinamento se non è scritto diversamente nel un diritto reale è opponibile erga omnes. diritto di sequela: quando un bene esce dalla sfera giuridica di un soggetto ed entra nella sfera giuridica di un’altra persona si trasferiscono anche tutti i diritti. Sia per quanto riguarda il pegno sia l’ipoteca, è possibile che un terzo offra solo un bene gravato di pegno/ipoteca e non esponga l’intero suo patrimonio. Le garanzie personali: tra cui quella per eccellenza è data dalla fideiussone, cioè un contratto e disciplinato nel quarto libro del codice, dall’articolo 1936 che è rubricato nozione, dice: è fideiussore colui che obbligandosi personalmente verso il creditore garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui; la fideiussione efficace anche se il debitore non è a conoscenza. Significa che assumendosi in proprio una obbligazione nei confronti del creditore risponderà con tutto il suo patrimonio; il rafforzamento si genera sul fatto che il creditore si può soddisfare di due patrimoni, cioè quello del debitore principale e del debitore garante. Un’altra caratteristica importante è la Accessorietà della fideiussione: vuol dire che il garante garantisce e si obbliga personalmente a garantire ma solo nei limiti in cui l’obbligazione garantita esiste e per l’ammontare dell’obbligazione garantita e in modo speculare dalla obbligazione garantita. All’interno delle garanzie personali esistono le garanzie autonome/atipiche: in cui è sempre presente la struttura della fideiussione ma con una variante cioè che queste garanzie sono autonome e non correlate alla accessorietà. Sono anche definite garanzie a prima richiesta, il creditore a fronte dell’inadempimento del debitore bussa alla porta del debitore garante e dice mi devi garantire e nel caso in cui la garanzia è autonoma il debitore deve pagare immediatamente. Se l’azione giudiziaria finisce con la soccombenza del debitore principale, il creditore si tiene i soldi ricevuti dal garante; viceversa se al termine dell’azione si decide che l’eccezione era fondata allora al garante vanno restituiti i soldi. Escutere la garanzia vuol dire pretendere che il garante faccia il suo dovere e che esegua la prestazione che il debitore principale non ha eseguito. Nel nostro ordinamento il principio generale è di parità tra i creditori, ma ci sono robuste deviazioni in particolare riguardo le cause legittime di prelazione, sulla base di un fondamento giustificativo secondo cui un creditore o più possono essere preferiti rispetto ad altri. Per distinguere come famiglia i creditori muniti di cause di prelazione (privilegi, o pegno o ipoteca) dagli altri creditori è utilizzato l’espressione creditori chirografari, cioè creditori che non hanno nessuna ragione per poter pretendere un trattamento preferenziale rispetto ad altri. Articolo 2744: divieto del PATTO COMMISSORIO: accordo tra debitore e creditore in forza delle quali le parti convengono che la proprietà del bene oggetto di un diritto di pegno o ipoteca si trasferisca al creditore. Se il debitore non adempie entro la scadenza il creditore si impossessa del bene, si parla di una compravendita sospensivamente condizionato all’inadempimento. Questo strumento ricorda la datio in solutum, il patto viene concluso successivamente all’inadempimento. L’articolo 2744 è una norma imperativa negativa che afferma che il patto commissorio è nullo: secondo alcuni il patto è nullo perché si vuole tutelare il monopolio dello stato sull’amministrazione della giustizia, cioè i privati non possono farsi giustizia da se e deve rivolgersi allo stato/ autorità giudiziaria; il divieto è stato emanato per evitare che il creditore si arricchisca ingiustamente ai danni del debitore; vietato non è solo l’accordo ma qualunque accordo che comunque strutturato provochi un effetto analogo, cioè un ingiustificato impoverimento del debitore. La nullità è stata estesa ad una serie di fattispecie analoghe che producono lo stesso effetto ed in particolare si riferisce alle alienazioni con funzione di causa di garanzia. Patto marciano: accordo tra debitore e creditore dove si prevede che in caso di inadempimento del debitore, la proprietà di un bene di quest’ultimo passi al creditore. È prevista la nomina di esperto imparziale, nominato dal presidente della camera di commercio, che stima il bene alla data dell’inadempimento e si prevede l’obbligo di restituire al debitore l’eventuale eccedenza ricavata dalla vendita di quel bene. Mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale: l’azione surrogatoria, articolo 1900, il debitore è titolare di un diritto verso un terzo ma omette di • esercitarlo e non fa nulla, grazie allo strumento dell’azione surrogatoria il creditore si può sostituire al debitore ed esercitare quel diritto. Si deve trattare di un credito patrimoniale e non di natura strettamente personale (revocazione di una donazione per ingratitudine) e l’inerzia deve essere pregiudizievole. revocatoria, il presupposto è che il debitore compie atti che diminuiscono al garanzia patrimoniale generica • sia quantitativamente sia qualitativamente. Bisogna essere creditori, può anche trattarsi di un credito litigioso o incerto, è stato compiuto un atto dispositivo da parte del debitore di un bene che cagiona un danno e arreca pregiudizio al creditore, si aggiungono presupposti soggettivi che il creditore deve provare. Per la prova dell’elemento soggettivo bisogna distinguere a seconda che l’atto sia precedente o successivo al sorgere del credito. Atto dispositivo è successivo al credito, per esempio vendo l’immobile e bisogna provare la consapevolezza di portare danno al creditore e se l’atto è a titolo oneroso bisogna provare che anche il terzo stava arrecando danno al creditore. Se invece l’atto dispositivo è anteriore al sorgere del credito, cioè non sono debitore, bisogna provare la dolosa ordinazione (atto compiuto volontariamente). L’effetto poi è l’inefficacia relativa a quell’atto, che è inefficace nei confronti del solo creditore che ha agito in revocatoria. L’articolo 1903 conclude la disciplina prevedendo che l’azione revocatoria è soggetta ad un termine di prescrizione quinquennale sequestro conservativo, strumento al quale il creditore ricorre per prevenire un danno • La disciplina del CONTRATTO è contenuta nel quarto libro del codice, perché il contratto è la più importante forma di obbligazioni sia da un punto di vista quantitativo (molti rapporti tra creditore e debitore scaturiscono da un contratto) sia qualitativamente (per le diverse tipologie di obbligazioni). È disciplinato con un gruppo di norme che costituisce il titolo secondo che si focalizza sui contratti in generale (norme che si applicano a tutti i contratti) e un secondo gruppo di norme che si occupa dei singoli e specifici contratti (definiti contratti tipici, come il contratto di fideiussone, mediazione o assicurazione, ecc). Se abbiamo una norma contenuta nella disciplina di un contratto tipico che si riferisce a uno stesso profilo per cui il legislatore ha previsto una norma nella disciplina dei contratti in generale prevale lo speciale sul generale. Inizio titolo secondo si apre con una serie di disposizioni generali/preliminari, in totale quattro norme: articolo 1321, nozione di contratto: il contratto è l’accordo di una o più parti per costituire o regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. Il contratto è composto da una manifestazione di volontà concorde bilaterale cioè di almeno due soggetti di diritto, il contratto è per sua natura negoziale. È intrinseca nella nozione di contratto la natura bilaterale o plurilaterale. Escluso che il contratto possa prescindere dell’esistenza di almeno due soggetti coinvolti e quindi affermata la sua necessaria bilateralità, possiamo sottolineare che esistono contratti plurilaterali come nel caso di enti collettivi/persone giuridiche (quando viene costituito un ente collettivo di natura associativa), la differenza sta nella quantità di soggetti coinvolti. Immaginiamo un contratto di compravendita bilaterale: per esempio in cui tizio vende e caio compra; oppure avviene la compravendita di un bene in co-proprietà (marito e moglie che vendono un bene). Accordo di due o più parti non è di per se coincidente con il concetto di soggetto e persona fisica perché una parte può essere plurisoggettiva. I contratto plurilaterale (contratto di società o di associazione sono un esempio, perché se abbiamo una società di dieci soci di conseguenza ci sono dieci parti) sono contratti dotati di alcune regole speciali rispetto a quelle previste per i contratti bilaterali. Una differenza riguarda l’invalidità del contratto, l’articolo 1420 si riferisce alla invalidità del contratto plurilaterale, nei contratti con più di due parti in cui le prestazione di ciascune sono dirette al conseguimento di uno scopo comune, se c’è una nullità che riguardano il vincolo imposto a solo una parte non cade tutto il contratto ma solo la parte che riguarda quel specifico soggetto. Il contratto per la sua validità ha bisogno di altri elementi, definiti requisiti del contratto, che sono quattro in totale: accordo delle parti, causa del contratto, oggetto del contratto, forma del contratto; la mancanza di questi produce la nullità del contratto. Il contratto è delimitato alla funzione del contratto ai rapporti giuridici patrimoniali, con un contratto si può dare vita ad una nuova obbligazione, far sorgere e acquisire nuovi rapporti obbligatori; serve a regolare rapporti giuridici tra le parti cioè a modificarlo (anche per esempio con effetto traslativo). articolo 1322, fissa il principio di autonomia privata nel campo dei contratti (nel contesto di un ordinamento come quello italiano viene lasciato un ampio spazio di manovra ai privati per soddisfare i propri interessi con diverse modalità). Autonomia vuol dire darsi norme da soli, quindi della possibilità dei privati di regolare i propri interessi in modo libero nel rispetto di una cornice dentro la quale tutti noi ci muoviamo che è data dalle norme inderogabili del nostro ordinamento. Questo principio si manifesta in modo più prorompente nell’ambito del contratto, la principale declinazione dell’autonomia dei privati è proprio nell’ambito contrattuale dove prende il nome di autonomia contrattuale. Articolo 1322: le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Il primo comma è riferito ai contratti tipici, nel nostro ordinamento ci sono contratti definiti tipici perché sono stati già presi in considerazione dal legislatore e ha ritenuto che fosse un contratto sufficientemente diffuso e volto a perseguire gli interessi meritevoli di tutela, lo ha definito dandoli una nozione e lo ha disciplinato rendendolo un contratto tipico. In un contratto ci sono alcune norme imperative da rispettare e di norme dispositive, cioè una serie di norme applicabili nel momento in cui le parti non prevedono una diversa regolazione tra di loro (per esempio il prezzo di un bene è lasciato all’autonomia dei privati). Il secondo comma dice: Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Se le due parti intendono concludere un contratto atipici e non corrispondente ad un contratto tipico possono farlo, senza che il contratto sia considerato invalido (per esempio nel caso di leasing). Il criterio di valutazione sta nel fatto che questi contratti siano diretti a realizzare interesse meritevoli di tutela nell’ordinamento giuridico. Questo vuol dire che si deve trattare di contratti che abbiano una causa coerente con il nostro ordinamento, il contratto deve perseguire un interesse meritevole di tutela. Per quanto riguarda i contratti tipici l’esistenza o meno della causa in termini generali è già stata indicata dal legislatore, si parla quindi di una funzione economico-sociale del contratto che è già stata indicata dal legislatore e dobbiamo verificare la leceita o illiceità; nei contratti atipici il ragionamento sulla causa è sull’esistenza di una funzione economico-sociale meritevole di tutela. Dal punto di vista pratico bisogna capire che quando il nostro ordinamento apre le porte ai contratti atipici significa che la stipula di questo contratto è consentita liberamente e se non nascono contestazioni nessuno prenderà in conto questo contratto; viceversa se si stipula un contratto e nasce un contenzioso riguardo l’adempimento la controparte si rivolge al giudice, quest’ultimo trattandosi di un contratto atipico la prima valutazione che fa riguarda l’esistenza o meno dell’interesse meritevole di tutela. Contratti atipici per aggirare norme imperative che invece per loro natura devono essere necessariamente rispettate. Articolo 1323 è strettamente collegato a quello precedente, si parla di norme regolatrici dei contratti, spiega quali norme si applicano e quali no: tutti i contratti ancorché non appartengono ai tipi che hanno disciplina particolare sono sottoposti alle norme generali contenute in questo titolo. Quando è stipulato un contratto atipico, vuol dire che una serie di regole si danno all’interno di un contratto, per quanto un contratto sia puntuale può capitare che si verifichino delle condizioni per cui i privati non hanno previsto risoluzione contenuta a livello contrattuale>>il giudice fa riferimento alla disciplina generale del contratto. In alcuni casi nel contratto atipico si rendono applicabile norme riferibili al contratto tipico, in particolare quando il contratto atipico costituisce una variante gemmato da quel determinato contratto tipico. Articolo 1324, norme applicabili agli atti unilaterali: salvo diverse disposizioni di legge le norme che regolano i contratti si osservano in quanto compatibili anche per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale. Si fa riferimento agli atti negoziali che sono dichiarazione di volontà unilaterali, non è necessaria la bilateralità come nel caso della remissione del debito da parte del creditore senza consenso del debitore. Nel nostro ordinamento non esiste una disciplina generale degli atti unilaterali, non è stata contemplata per scelta in quanto ad essi può essere applicabile L disciplina dei contratti nella misura in cui sono compatibili. Elementi essenziali: disciplina costituisce l’oggetto del capo secondo intitolato dei requisiti del contratto, descritti nell’articolo 1325, in mancanza di uno di essi il contratto è nullo. Esistono altri elementi del contratto definiti elementi accidentali del contratto, cioè che possono essere presenti nel contratto senza che la loro mancanza generi alcun dubbio a proposito della validità del contratto di cui stiamo parlando. Gli elementi accidentali sono due: condizione: nel definire il contratto condizionale dice che le parti possono subordinare l’efficacia o la • risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro ed incerto. Significa la possibilità offerta alle parti di subordinare una vicenda contrattuale al verificarsi o meno di un avvenimento che deve avere due caratteristiche per poter formare oggetto di condizione, cioè essere futuro ed incerto. termine: varia l’elemento dell’incertezza, in un contratto posso imporre un termine, che per oggetto può • avere solo un accadimento futuro e cioè fondamentalmente una data. Clausola del contratto intesa come funzione economica-sociale e il motivo, cioè i motivi sono le ragioni individuali che mi portano alla stipula di un contratto (come quello di compravendita). I motivi sono irrilevanti per il diritto dato che appartengono alla sfera individuale del soggetto, con eccezione alla illiceità dei motivi, dice l’articolo 1345: un contratto è illecito e quindi anche nullo quando le parti si sono determinate a concluderlo cioè lo hanno stipulato esclusivamente per un motivo illecito comune a entrambe. Posso dare rilevanza ai motivi all’interno del contratto. L’oggetto del contratto riguarda le prestazione, il contenuto del contratto stesso. Il legislatore dice che definitivo). La seconda caratteristica è che introducono, nella fase delle trattative entro cui si collocano questi istituti, dei vincoli ulteriore a capo ad uno dei potenziali contraenti o entrambe, rispetto al semplice obbligo di comportarsi secondo buona fede>>>l’ordinamento mette a disposizione dei potenziali contraenti degli strumenti che introducono durante la fase delle trattative un maggior grado di vincolatività, cioè introducono obblighi di diverso livello e che possono essere bilaterali o unilaterali. L’articolo 1337 dice che bisogna agire secondo buona fede e che si deve esplicitare sempre il grado di convincimento che ho nella buona riuscita delle trattative alla mia potenziale controparte, cioè quello che non va bene è indurre un affidamento della mia controparte sul buon esito delle trattative e poi ad un certo punto interrompo bruscamente le trattative questo si chiama recesso ingiustificato. Questa comportamento è considerato contrario all’obbligo di agire secondo buona fede e produttivo di responsabilità. Fuori da questo caso è possibile cambiare idea e modificare le trattative. INVALIDITÀ DEL CONTRATTO: La teoria generale del diritto insegna che ci sono due forme di patologia che dobbiamo distinguere: Illiceità, riguarda il comportamento • Invalidità/illegittimità, riguarda l’atto. • L’invalidità si articola in due figure: nullità e annullabilità. Nel diritto dei contratti la nullità come forma di invalidità è la regola mentre l’annullabilità è l’eccezione che opera nei soli casi espressi dalla legge. L’invalidità va distinta anche dalla inefficacia: quando parliamo in generale di invalidità diciamo che sostanzialmente il negozio è affetto da un vizio generico che impedisce a quell’atto di acquisire valore giuridico; inefficacia invece si ha quando il negozio non è idoneo a produrre gli effetti cui è preordinato. La NULLITÀ del contratto, articolo 1418 e seguenti. Quando un contratto è nullo? Ci sono tre ipotesi di nullità: testuale, virtuale e strutturale. La nullità testuale è nullo nei casi stabiliti dalla legge (nullità del patto commissorio); la nullità strutturale vuol dire che manca/difetta uno degli elementi essenziali del contratto elencanti dell’articolo 1325 o il contratto che presenta causa illecita o un motivo illecito e comune alle parti o quando l’oggetto del contratto non presenta i requisiti previsti dell’articolo 1346; la nullità virtuale quando il contratto è contrario a norme imperative salvo i casi in cui la legge dispone diversamente (norme imperative introducono un limite per l’autonomia privata perché vietano alle parti la stipula del contratto). Con la nullità virtuale il primo problema riguarda l’individuazione delle norme imperative la cui violazione da luogo alla nullità del contratto, questo problema ne scaturisce un altro perché non tutte le violazioni di norme imperative danno luogo alla nullità del contratto. In realtà quando l’interprete si trova dinanzi alla violazione delle norme ha individuato la norma imperativa questo non basta a dire che il contratto è nullo. Occorre distinguere all’interno di norme imperative tra regole di validità e di comportamento. Le regole di comportamento (prevedono un obbligo di comportamento e una regola di condotta nella fase precontrattuale), se violate non danno luogo a nullità virtuale ma attribuisce alla parte solo il diritto al risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale per violazione dell’obbligo ex lege di comportarsi secondo buona fede. Quella più problematica è l’ipotesi di nullità virtuale, cioè la contrarietà del contratto a norme imperative, quando il contratto viola una norma imperativa; al di fuori dei casi in cui la legge espressamente prevede un rimedio diverso, si pongono per l’interprete due problemi: Individuare le norme imperative • Comprendere la tipologia di regola • Nullità parziale: articolo 1419, la nullità parziale è la nullità che colpisce una o più clausole del contratto (se è nulla una sola clausola è nullo l’intero contratto o solo quella clausola). Principio di conservazione degli effetti del contratto perché se possibile la legge preserva l’efficacia del contratto con la previsione di un meccanismo sostitutivo. La nullità parziale di singole clausole non si estende all’intero contratto quando la legge stessa prevede che le clausole nulle siano automaticamente di diritto sostituite da norme imperative. Quindi abbiamo l’intero regolamento contrattuale che viene preservato attraverso un meccanismo di integrazione affidato alla legge. Articolo 1339: inserzione automatica di clausole: dei prezzi imposti dalla legge sono di diritto inserite nel contratto ancorché le parti avessero pattuito diversamente. Se la legge non prevede nulla per stabilire se la nullità si estenda o meno all’intero contratto, l’interprete deve effettuare un’indagine per capire se la parte colpita da invalidità avesse carattere essenziale o meno per le parti. Nel senso che laddove risulta che le parti avrebbero ugualmente concluso il contratto, pur senza quella clausola nulla, allora la nullità parziale colpisce la singola clausola e non si estende all’intero contratto, che per il resto rimane valido ed efficace. Se invece risulta che la clausola contrattuale ha un significato essenziale per le parti allora la nullità parziale si estende all’intero contratto. L’articolo 1421 chiarisce che la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse a far dichiarare dal giudice la nullità di quel contratto. L’azione di accertamento della nullità è imprescrittibile, cioè il diritto non è soggetto a prescrizione e può essere fatta valere senza tempo e termini. Negli ultimi anni si è diffusa la nullità di protezione, perché in generale la nullità è posta a presidio di un interesse esclusivo di una delle due parti. Può essere fatta valere solo dalla parte nel cui interesse è prevista la causa di nullità e quindi non c’è una legittimazione assoluta. Quindi i terzi e la controparte contrattuale non può far valere la nullità. Se la nullità può essere fatta valere solo dalla parte nel cui interesse la causa di nullità è prevista; allo stesso modo il rilievo d’ufficio da parte del giudice potrà essere attivato ed azionato solo se ciò va a vantaggio della parte nel cui interesse è prevista la causa di nullità. L’articolo 1423 prevede in generale che il contratto nullo non può essere convalidato, salvo che la legge dispone diversamente. Da questa norma si desume la l’inammissibilità di una sanatoria, cioè la nullità è in generale insanabile, cioè se il contratto è affetto da nullità le parti non possono ugualmente decidere di darvi esecuzione. Contratti nulli affetti da vizi gravi non possono trovare esecuzione. La nullità non può essere sanata. L’articolo 1424 permette invece la conversione del contratto, quindi abbiamo una ipotesi di nullità del contratto che però presenta i requisiti di forma e di sostanza di un diverso contratto, l’articolo prevede che quel contratto nullo si possa convertire nel diverso contratto di cui possiede i requisiti di forma e di sfonda e che quindi produrrò effetto tra le parti se risulta che le parti lo avrebbero concluso se avessero conosciuto la causa di nullità. Si richiede all’interprete di indagare la volontà ipotetica delle parti. La conversione non deve essere confusa con la rinnovazione del contratto si ha quando le parti hanno concluso un contratto nullo e nella consapevolezza concludono un contratto privo del vizio che precedentemente inefficiava il contratto. Se l’azione di nullità viene accolta: se il contratto è nullo vuol dire che mancava un titolo giustificativo dello spostamento patrimoniale, perciò questo significa che è la parte che ha eseguito la prestazione in esecuzione del contratto nullo avrà diritto alla restituzione di quella prestazione che ha eseguito e a sua volta dovrà restituire la parte che eventualmente aveva ricevuto dalla controparte (ripetizione dell’indebito). Questa regola generale fanno eccezione alcuni casi specifici in cui la legge prevede che la nullità operi dal momento della dichiarazione di nullità (per ed esempio contratto di società o lavoro subordinato) e poi quelle previste dall’articolo 1422 in cui si prevede che la nullità è imprescrittibile salvi gli effetti dell’uso capione e della prescrizione e del diritto alla ripetizione dell’indebito. Ci sono poi gli effetti della nullità verso i terzi, cioè coloro che abbiano acquistato in virtù di un contratto nullo. Gli effetti dipendono dalle diverse situazioni e dei meccanismi che entrano in gioco per la tutela dei terzi; di regola è possibile a meno che non abbia operato il meccanismo della trascrizione sanante (articolo 2756). L’annullabilità è un vizio genetico meno grave. Articolo 1425 e seguenti, questo istituto opera in casi di incapacità legale o naturale (il contratto concluso da un soggetto incapace è annullabile). L’annullamento del contratto per incapacità naturale è trattato nell’articolo 428 che chiarisce che non basta provare lo stato di incapacità naturale ma occorre anche la malafede del terzo contraente. Vizi di volontà, il contratto è annullabile anche quando il la volontà di una parte sia viziata perché affetta da errore, violenza o dolo. L’errore, dall’articolo 1427 e seguenti, è una falsa rappresentazione della realtà (difformità tra cognizione del soggetto e realtà), l’errore deve essere essenziale è riconoscibile dall’altro contraente. Per esempio l’articolo 1429 individua le ipotesi di essenzialità dell’errore, cioè ci dice che l’errore è essenziale quando cade sull’oggetto o sulla natura del contratto o sull’identità o sulle qualità personali dell’altro contraente. Non basta essenzialità dell’errore ma deve esser riconoscibile dall’altro contraente, nel senso che non deve entrare in gioco la tutela dellaffidamento dell’altro contraente. L’articolo 1431 chiarisce che l’errore deve essere ritenuto riconoscibile quando una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo e accorgersene. L’articolo 1430 prevede che il mero errore di calcolo da luogo alla mera rettifica del contratto a meno che non si tratti un errore sulla quantità. L’annullamento è evitabile se l’altra parte offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto della parte caduta in errore, il cosìdetto mantenimento del contratto rettificato. La parte in errore non può domandare l’annullamento se l’altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità che quella intendeva concludere, in questo caso il contratto viene sostanzialmente modificato e ha esecuzione in maniera conforme alla volontà dell’altra parte. L’articolo 1433 tratta l’errore ostativo, cioè nella dichiarazione o manifestazione della volontà. Prevede applicabilità della disciplina generale dell’errore. La violenza intesa come minaccia e violenza morale. Articolo 1436 chiarisce che la violane e causa di annullamento del contratto anche quando si rivolge verso i terzi. Dolo consiste nei raggiri, inganni o artifizi, quando una parte inganna l’altra attraverso comportamenti. Si distingue tra: Dolo incidente quando la parte senza il dolo avrebbe comunque prestato il consenso ma a condizioni • diverse e per se svantaggiose allora l’articolo 1440 esclude l’annullamento ed opera solo il risarcimento del danno. Dolo determinante quando è stato determinante del consenso. Articolo 1439 dice che il dolo determinante • del consenso è causa di annullabilità del contratto. All’interno del codice sono disseminate ulteriori ipotesi di annullabilità del contratto, come l’abuso di potere rappresentativo o contratto con se stesso (auto contratto o doppia rappresentanza). L’ANNULLAMENTO: il contratto annullabile è invalido ma provvisoriamente efficace, quindi produce effetti e continuerà a produrli a meno che non venga caducato per effetto dell’esercizio dell’azione di annullamento. L’azione di annullamento è costitutiva perché volta a causare un contratto invalido che però altrimenti rimarrebbe efficace; l’azione di annullamento può essere fatta valere solo dalla parte nel cui specifico interesse è prevista quella causa di annullabilità. Qui l’annullamento può essere fatto valere solo dal soggetto incapace o dal suo legale rappresentante.l’azione di annullamento è soggetta a un termine di prescrizione di cinque anni, altimetri il contratto stabilizza definitamente i propri effetti. L’eccezione di annullamento è rilevabile d’ufficio? No ma può essere fatto solo valere dalla parte. Distinzione tra azione ed eccezione di annullamento: l’azione di annullamento è proposta dalla parte che intende catalogare il contratto nel cui interesse è prevista la causa di verità; l’eccezione di annullamento entra in gioco quando è l’altra parte che agisce in giudizio contro l’altra e chiede la condanna al l’adempimento delle prestazioni derivanti dal contratto e l’altra parte eccepisce l’annullamento. Cosa succede se viene accolta l’azione di annullamento? L’annullamento ha effetto retroattivo quindi il contratto è considerato come se non fosse mai esistito tra le parti e ancora una volta può operare la disciplina della ripetizione dell’indebito. La parte vittima di errore che ha eseguito la prestazione ha diritto alla restituzione dopo aver ottenuto l’annullamento e anche l’incapace che aveva adempiuto ha diritto alla restituzione. Però nel caso di annullamento per incapacità contiamo integrare quanto detto con l’articolo 1443, cioè alla prestazione eseguita dall’altra parte in favore dell’incapace. Proseguiamo con la trattazione di due figure relative alla patologia del contratto: rescissione e risoluzione del contratto. LA RESCISSIONE: articoli 1447 e seguenti. Fenomeno che attiene all’equilibrio contrattuale e in particolare all’equilibrio economico delle prestazioni contrattuali. Sono contratti in cui ciascuna parte è tenuta ad eseguire una determinata prestazione in favore dell’altra e le prestazioni sono legate da un nesso di interdipendenza funzionale in forza della quale l’una giustifica l’altra. Il diritto privato è dominato dal principio dell’autonomia contrattuale ed autonomia negoziale che lascia le parti libere di valutare i termini economici di una data operazione e la convenienza dell’affare che le stesse intendono concludere. Quindi nei contratti sinallagmatici sono le parti che sono chiamate a valutare l’equilibrio economico tra le reciproche prestazioni, di questo equilibrio economico l’ordinamento si disinteressa. In questo contesto si inserisce la rescissione del contratto che è un fenomeno di carattere eccezionale che interviene quando la decisone di una parte di stipulare un contratto è stata condizionata da una particolare situazione che ha dato luogo ad un vizio genetico parziale della causa. Ci sono due diverse ipotesi di rescissione: per contratto concluso in stato di pericolo e per contratto concluso in stato di bisogno articolo 1447, si applica in presenza di tre presupposti: stato di pericolo (quando una parte si determina a concludere il contratto a fronte della necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Scelta influenzata da situazione di pericolo che minaccia la vita o integrità psico-fisica di una persona; non rilevano le minacce e i pericoli per il patrimonio o per i beni); conoscenza di stato di pericolo da parte dell’altro contraente, al quale quindi questa situazione deve essere nota; iniquità delle condizioni contrattuali alle quali la parte che versava in stato di pericolo ha assunto obbligazioni. L’articolo 1447 mostra come il vizio genetico sia in realtà un vizio parziale perché comunque il secondo comma consente al giudice che accoglie la domanda di rescissione di assegnare all’altra un equo compenso per l’opera prestata, con riguardo alle specifiche circostanze (prima ipotesi). Sul piano interpretativo è la seconda ipotesi, cioè quella della rescissione del contratto concluso in stato di bisogno/rescissione per bisogno, quella più interessante ed è regolata dall’articolo 1448 che in questo caso trova applicazione al ricorrere di tre presupposti: sproporzione tra prestazione tra le parti (si specifica l’entità
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