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Appunti lezioni Letteratura Italiana Contemporanea DAMS, Appunti di Letteratura Contemporanea

Appunti lezioni Letteratura Italiana Contemporanea DAMS Anno 2020-2021; prof. Filippo Milani

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 21/11/2023

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Scarica Appunti lezioni Letteratura Italiana Contemporanea DAMS e più Appunti in PDF di Letteratura Contemporanea solo su Docsity! 01.02.21 Anna Banti, Artemisia (1947) - prima parte Argomento di quest’anno: • IL PITTORE COME PERSONAGGIO - sia aspetti storiografici - sia tecniche usate da vari autori per descrivere le arti figurative • TEMI: 1. CONFRONTO PAROLA/IMMAGINE - LETTERATURA/PITTURA; 2. EKPHRASIS = strategia retorica che si usa quando vogliamo descrivere un quadro 3. Questione dello sguardo in letteratura; 4. ANALISI ICONOLOGICA = ci permette di descrivere un quadro su diversi livelli, da quello base agli altri elementi iconografici e significati profondi e simbolici dell’opera..; 5. VISUAL TURN e PICTORIAL TURN = rivoluzioni di pittura, idea che negli ultimi anni; l’immagine abbia acquisito una sua importanza nell’esprimere concetti, più del testo. 6. Letteratura nella post-modernità. Autori degli ultimi 5 anni, che vivono già dentro ad un modo globalizzato, che cercano punti di riferimento in un mondo che non ne ha. LUIGI LONGHI ANNA BANTI OPERE DI ARTEMISIA Susanna e i vecchioni (versioni 1610 - 1622 - 1649) Giuditta che decapita Oloferne (versioni 1613 - 1620) 2. sguardo > cambia in base agli agenti atmosferici, in base all'intervento dell'uomo. alla posa se si tratta di un soggetto vivente ecc. 3. dispositivo > C'è sempre qualcosa che si interpone tra chi guarda ed il soggetto. Ogni dispositivo incide sullo sguardo dell'immagine finaleper dispositivo oltre a quello fisico, si può intendere anche un dispositivo culturale. Il nostro bagaglio culturale incide sul nostro sguardo Noi pensiamo che ci siano solo quello che guarda e quello che viene guardato. L’immagine -> passiva, perché viene guardata; invece non è passiva = cambia sempre. Questo incide anche sullo sguardo dell’osservatore ✴ incisione di Dürer: in mezzo vediamo una struttura, una specie di telaio -> da la quadrettatura dell’immagine e le proporzioni. Incide sullo sguardo: divide l’immagine in quadrati che non ci sono nella realtà e permette di riportare proporzioni ben definite. > È determinante: condiziona le relazioni tra gli elementi. Un dispositivo può anche essere una macchina fotografica, una cinepresa; es. cambiare l’obiettivo modifica l’effetto fonale, così come aprire il diaframma, fare entrare più o meno luce.. Il dispositivo -> c’è anche quando non c’è: noi osservatori guardiamo la realtà esterna che abbiamo dentro ormai introiettato = il bagaglio culturale che abbiamo incide sulla nostra osservazione. Es. possiamo ricondurre un paesaggio ad altri che abbiamo già visto in dipinti. Quando andiamo a realizzare un paesaggio, possiamo ricondurci a quello che è il nostro bagaglio culturale. Anche i pregiudizi e gli stereotipi sono dispositivi. - Ligabue - tigre -> non avremmo mai dipinto la pianura padana così. Lui lo fa perché era fuori da una certa scuola, non seguiva il filone dei paesaggisti che ricalcavano a quell'epoca i dipinti dell’800. - incisione di Durher -> ci sono invece molte cose legate all’epoca: pittore uomo, modella donna, strumenti del pittore, posa stessa della modella.. - Caravaggio -> va fuori dalla norma per la sua epoca, perché il regime scopico era tutt’altro, per questo non venne apprezzato. Da notare sempre quanto il pittore entra nell’idea dominante di un determinato sguardo. - Babbo natale -> abbiamo tutti una visione standardizzata di lui, immagine che è stata creata invece per scopi pubblicitari; sarebbe difficile togliersi dalla mente quell’immagine una volta assimilata. I misteri del giardino di Compton House (1982) dir. Peter Greenaway: SOVRAPPOSIZIONE DI REGIMI SCOPICI PETER GREENAWAY - I misteri del giardino di Compton House Qui si vede chiaramente l’uso di un dispositivo, a tratti DOPPIO = camera che guarda nel dispositivo che guarda alla realtà. La cinepresa -> ci fa vedere anche quello che sta fuori dalla cornice. > LUIGI GHIRRI = ci fa vedere anche quello che non c’è! Interessante ciò che sta oltre. > ANNA BANTI: in qualche modo lo scrittore fa lo stesso: Anna Banti con Artemisia deve riconoscere il Regime Scopico del 600 ,ma è immersa nel contesto storico nella quale sta raccontando, assimilando dunque il Regime Scopico contemporaneo. Distinzione di èkphrasis secondo Hollander • Mimetica: “falsificazione" > un quadro esistente viene descritto più fedelmente possibile. In Artemisia ci sarà il tentativo di descrivere delle opere d’arte con la parola. • Nozionale: Veridicizazzione sul piano letterario di un quadro inventato (es. nel libro di tiziano scarpa) = un quadro che non esiste viene descritto come se fosse stato realizzato. - Opere di “videoarte" di Tiziano Scarpa non esistono. - Max Aub - Jusep Torres Campalans -> biografia finta di un pittore che non esiste. Era stata realizzata una mostra di opere di questo artista, questa biografia uscita come catalogo con tanto di lista delle opere; queste erano in realtà state realizzate da lui e da sue nipote, erano anche state vendute in mostra!! 08.02.21 Artemisia - memoria, sovrapposizione, realismo fantasmatico. All’inizio del libro -> Anna Banti si riferisce al lettore, spiega perchè ha deciso di raccontare questa storia (pagine scritte nel 1944, perdute durante nei bombardamenti); decisione legata a: - suoi interessi storico-artistici; - studi del marito che stava rilanciando la figura di Caravaggio; - riscoprire (condivisa con il marito) l’idea di riscoprire alcuni pittori dell’epoca, si facevano sempre gli stessi nomi. Fanno un grande lavoro filologico, ricerca delle pitture nelle chiese, dei manoscritti, trascrizione.. primi lavori di ricerca dopo la guerra. ! legame memoria/storia; ! aveva come un tarlo nella mente che le dice di ricominciare il suo romanzo e scrivere qlcs su Artemisia; ! abbiamo una biografia su Artemisia, affermazioni sulla parità tra i due sessi -> affermazioni in tempo di guerra, i tempi non erano così maturi per certe affermazioni. Non bisogna definirlo un romanzo femminista, patina che ha acquisito solo successivamente. ! DIALOGO ARTEMISIA/ANNA BANTI Garboli ragiona sul tempo. Non è un romanzo storico, è un romanzo di memoria sdoppiata (Anna Banti non è più la stessa dopo i bombardamenti di conseguenza non lo è nemmeno Artemisia) Garboli: sostiene che i romanzi della Banti non siano romanzi storici, come invece vengono più comunemente definiti. Chi scrive romanzi storici deve immaginare, ma fino ad un certo punto, perché deve basarsi sulla storicità. Un romanziere appassionato di storia -> deve servire la storia come posizione etica di scrittore, ridare vita al passato. Per la Banti: questo non succede, poiché il passato è asservito al presente, è riportato con ordini imperativi da padrona: chiede al passato di servire al presente x essere raccontato. > Presente agisce sul passato, che non offre resistenza e può essere manipolato da questo. La Banti lavora come un romanziere storico, ma: la storia è più debole rispetto all’autrice, perché da questa si fa manipolare, mentre il personaggio è molto forte perché pretende di essere raccontato = rapporto quasi AGONICO tra Artemisia/narratrice. Non inizia infatti come un romanzo storico, sviluppandosi biograficamente -> verosimiglianza e immaginazione prendono il sopravvento sul vissuto, l'oggettività storica si intorbida e la ricostruzione di eventi veri o lontani si complica di interessi che fanno trionfare la psicologia, la fantasia per dare realtà agli eventi e disperderli. = romanzo di MEMORIA SDOPPIATA: - personaggio del passato su cui cerchiamo di ricostruire la vita; - memoria del manoscritto perduto (Anna Banti che ha anche memoria di sé stessa), Artemisia non è la stessa che Anna Banti voleva raccontare in precedenza, e così anche la Banti stessa è cambiata, perché ha vissuto sotto i bombardamenti e certo non era cosa facile. • ANALISI PRIME PAROLE DEL ROMANZO: Anna Banti parte in prima persona in un giardino, dopo il bombardamento, una vocina le dice di non piangere = inizia in medias res Non sappiamo se a parlare sia Artemisia o Anna Banti a parlare. - REALISMO FANTASMATICO = Anna Banti parla sostanzialmente con dei fantasmi: - la sua Artemisia -> personaggio del 1944; - Artemisia del 1500 - Molti altri personaggi che si era inventata; Non alza gli occhi ma sa che non c’è nessuno. Riusciamo infine a ricostruire che è Anna Banti che sta parlando, rifugiatasi nel giardino di Boboli dietro palazzo Pitti, e sta piangendo per qualcosa (probabilmente per i bombardamenti). Suono dei sassolini -> continua a sentirli in sottofondo perché la gente attorno cammina nel giardino. - Narrazione ad ondate > onde di narrazione di eventi in alternanza con momenti riflessivi dove si rimugina su quanto detto. ( > c’è molta Virginia Woolf, molto stile del 900.) - Inizia come un romanzo biografico. - SOVRAPPOSIZIONE Artemisia/romanzo sotto alle macerie = Artemisia scottata, convulsa.. prima di morire schiacciata -> tutto questo è accaduto al romanzo in realtà. il corpo di artemisia diventa il manoscritto stesso. - Si mescola con il momento della MEMORIA: vede Artemisia bambina, giovinetta, e poi da adulta camminare per i viali di Firenze -> sta già ricostruendo gli snodi della biografia di Artemisia, ma con la memoria di quello che ha scritto. (*) - DIALOGA con Artemisia: la interroga sulla sua vita. Come un film le immagini scorrono via. La Banti introduce le diverse Artemisie con cui ha a che fare (Saggio di Bazzotti) Fa due elenchi: - vita di ARTEMISIA - PASSATO - vita di Anna Banti nel 1944 - PRESENTE ‣ A partire da qui si crea uno strano gioco di sguardi: - occhi di Angelica, piccola paralitica che Anna Banti vede; - occhi di Artemisia, che Anna Banti vuole raccontare; - occhi di Cecilia Nari, amica di Artemisia che Anna Banti si era inventata. In questa triangolazione -> stessa voglia di vivere, stessi disagi, stesso modo di vedere il mondo.. Mentre guarda Angelica vede Artemisia bambina a 10 anni = prima descrizione di Artemisia. -> MEMORIA che filtra il suo rapporto con Artemisia. (*) ‣ altro gioco di sguardi: la deve consolare perché le aveva dato un’amica letteraria con cui dialogare, ma che ora è andata persa. Angelica e Cecilia -> hanno le stesse malattie e lo stesso sguardo - Gianfranco Contini -> non è solo un dialogo, ma individua una PRESENZA TRIPLICE: - Artemisia PERSONA (che è realmente esistita e che cerchiamo di ricostruire) - Artemisia PERSONAGGIO DA FARE (che si stava formando nella prima versione del romanzo) - Artemisia PERSONAGGIO DA RIFARE (che si deve rifare e ricostruire in questo nuovo romanzo) All’inizio si parla molto delle prime due Artemisie, la terza sembra un pò in disparte. Spesso queste tre figure si sovrappongono, a volte divergono e non ci fanno capire di quale Artemisia stia parlando, anche se questi sono personaggi di finzione. = EFFETTI DI DIFFRAZIONE = una Artemisia dentro a tre. Viene anche definita come un FASCIO DI IMMAGINI. -> in conclusione: è un REALISMO FANTASMATICO. - Il personaggio di Artemisia appare RADENTE: Artemisia brilla di luce radente = come la luce che emerge dalle opere di Caravaggio e anche dai suoi quadri. A un tratto non sappiamo più chi è a raccontare. Il gesto del labbro che fa Artemisia -> imita quello di Cecilia. Da quello “fu ferita” (scritto proprio tra virgolette). Continua sovrapposizione tra presente/passato. MEMORIA EIDETICA = quando ricordiamo un’immagine. Artemisia - geme mutamente -> come una Medusa tra i serpenti = Medusa di Caravaggio; - Si distende poi a terra come una morta = Banti ha visto cadaveri per i bombardamenti, ma anche cadavere di Artemisia. Prima narrazione dello stupro Parla di Agostino -> si insinua attraverso la pittura. All’inizio si metteva a dipingere di nascosto, ma poi qualche fratello la scopre e le da qualche consiglio, e il padre la inizierà alla pittura. Agostino è un personaggio pieno di sé, ma anche spavaldo. Racconta anche del suo stupro, quando aveva 14 anni > Il fantasma può crescere, invecchiare come vuole per raccontare. • Sangue molto meno naturale • Giuditta è vestita di bianco (immacolata) ed il suo viso sembra schifato e timoroso, le braccia sono protese in avanti tenendo il corpo di Oloferne distante • L'ancella è anziana e dallo guardo indifferente • Non c'è collaborazione tra le donne come nel quadro di Artemisia La versione di Artemisia è molto più violenta Dal saggio di Bazzocchi: - La Banti nel romanzo non ha quasi mai utilizzato la tecnica dell'ekphrasis ma si possono applicare modalità più estese Modalità estese di Ekphrasis (SAGGIO DI COMETA) 10.02.21 Il periodo napoletano di Artemisia Topografie della descrizione: 6 funzioni dell'ekphrasis nel genere del romanzo (mise en abyme): • Cornice: quadro come leitmotiv della narrazione. • Genetica: quadro da avvio alla narrazione. • Intertestuale: quadro rinvia ad un'altra narrazione. • Intermediale: quadro rinvia ad un'altra rappresentazione. • Metapoetica: quadro come rispecchiamento teorico. Permette di parlare della poetica del pittore o dell’autore • Metanarrativa: quadro come rispecchiamento narrativo. Artemisia Periodo napoletano Artemisia arriva a Napoli, è una pittrice affermata ed ha molte commissioni. Si tratta del periodo dell'affermazione. Matura il suo stile, con l'aiuto dei ritratti di dame. Sente che deve cambiare il suo stile. Il clima napoletano è differente da quello fiorentino, c’è anche una maggiore volontà di farsi ritrarre da lei. Inizia a dipingere dei paesaggi, utilizza ad utilizzare più ombre, con pennellate più decise, quasi affilate. Artemisia si sta staccando dalla pittura che le ha insegnato il padre, non deve stupire per la violenza ma per lo sfarzo, infatti ritrae gli uomini con le armi e le donne vestite in modo sfarzoso. Artemisia è rammaricata dal fatto che la figlia sia entrata in convento in quanto non riesce a trasmetterle la sua passione per la pittura ed a insegnarle a dipingere. Infatti, afferma quasi di averla "persa", in questo senso. Anna Banti fa un PARALLELISMO con Artemisia: il suo risveglio è anche quello dell'autrice dopo la guerra. • Riflessione metapoetica: Artemisia non è più fantasma, come nella fine del periodo fiorentino, ma la scrittrice riesce quasi ha vederla realmente, riesce quasi a sentirla mentre passeggia con lei. • Possiamo definire la tecnica di scrittura come manierista > non riusciamo più a distinguere i dati reali e la finzione. Artemisia ha una commissione per il ritratto di una dama, Donna Virginia, una duchessa della corte di Spagna. La descrizione è fatta in modo che noi guardiamo da fuori la scena, sembrano addirittura due oggetti abbandonati. La donna non vuole farsi ritrarre e, infatti, Artemisia fa molta fatica a ritrarla, non riesce ad addolcirle i tratti del viso, come le sopracciglia aggrottate. Artemisia chiede alla duchessa se vuole vedere il ritratto e lei, osservandolo, scoppia a piangere. Tutti i valletti ed Artemisia stessa cercano di consolarla. Anche la pittrice si rende conto di non averlo voluto dipingere. Le due donne stanno per consolarsi a vicenda ma vengono interrotte dall'entrata del duca nella stanza. Un'altra novità di Napoli è la nascita di una scuola vera e propria di pittura, la cui allieva più stretta è Annella De Rosa (tanto che non si sa se nel quadro "autoritratto come allegoria della pittura" del 1639, fatto da Artemisia, non sappiamo se la figura ritratta sia la pittrice o la sua allieva; tecnica del doppio specchio). Banti trova una lettera che chiede del marito lontano e fa si che Artemisia si senta la mancanza le marito, che anche, oltre al padre le ha insegnato la tecnica della pittura. Afferma che non ha rifermenti come madre e come maestra di pittura, è il periodo della sua libertà nonostante la difficoltà con la figlia e le allieve. Fa un elenco di pittrici del seicento e anche di avvenimenti che, nonostante la sua fama, fanno sembrare che ci si dimentichi di lei (come i suoi dipinti alla chiesa di Pozzuoli). Artemisia afferma che bisogna far conoscere Annella, che bisogna farla risplendere, facendole un ritratto ed insegnandole anche come si fa, che però è schiva e il suo comportamento sembra quello di Artemisia all'inizia. Annella, alla fine, prende il volo. Artemisia si sente delusa, ora è il momento di Annella, che ha tutte le caratteristiche di Artemisia che si è guadagnata a fatica. Anche se ora ha una casa, dei figli e dei servi, sente che non ha protezione e che non riesce a proteggere Annella, che infatti muore per mano del marito. Artemisia deve continuare a lottare, fa un esempio di come se chiede 200 scudi le ne vengono dati 100, in quanto donna. Lotta anche con Annella, per avere il primato, scontro che gli uomini di corte scaldano ancora di più trattandolo come una lite tra donnelle, senza considerarle come due pittrici. Afferma, poi, che nessuno può farle male come una donna. Il problema era che le donne non venivano considerate oltre che ad un semplice oggetto; ad esempio Annella che era una bravissima artista ma comunque veniva picchiata dal marito, tanto che alla fine proprio lui la ucciderà. Artemisia è sminuita anche dagli uomini di poco conto, che non la trattano con rispetto. Pensa che alla figlia, che per sfuggire a questo è entrata in convento. Parallelismo con Anna Banti che, per far risplendere il marito come storico d'arte si è scostata dall'ambito, fatto che fa soffrire l’autrice. Periodo inglese di Artemisia Artemisia e il padre Orazio si incontrano nuovamente a Londra. Lei è diventata finalmente una pittrice affermata. Il padre osserva i quadri che la figlia ha fatto in Inghilterra, quindi abbiamo la descrizione di Orazio mischiata con i pensieri di Artemisia. La pittrice afferma che tutto quello che c'è sulla tela è lì alla luce del sole, non vuole nascondere niente, è completamente sincera. Artemisia e Orazio si parlano a occhiate, è un linguaggio senza parole. L'occhio di Orazio è quello di più pittori, tra i quali Caravaggio e i Carracci tra gli altri, tutti gli artisti della fine del '500 e inizio '600. Parlano da pittore a pittore, escludendo tutte le categorie di genere e familiari. Anna Banti li definisce due spiriti che si confrontano. Artemisia reagisce in modo pacato alle critiche, ai complimenti e a tutto ciò che le dice il padre, riconoscendosi come pittrice, non comportandosi da figlia. Artemisia viene riconosciuta come pittore, al maschile, nonostante il suo passato, quando il padre la riconosce come tale. E, inoltre, prende sostanza in modo definitivo nel romanzo, non è più un fantasma ma è un personaggio in carne ed ossa. • Seguendo il ragionamento di Binswanger, Artemisia è un personaggio manierista > in quanto la sua esistenza è realizzato da Anna Banti come una versione migliore della scrittrice stessa. L'occhio manierista cerca fuori di sé dei modelli esterni, tiene sotto controllo se stesso e allo stesso tempo si sporge verso il modello esterno. Il personaggio Artemisia è consapevole di questa condizione e ogni tanto cerca di uscire da questo suo senso di inadeguatezza che sente, specialmente nelle situazioni pubbliche (come quando le donne di Firenze la vedono dipingere), e riesce ad esprimersi e a far vedere la propria identità attraverso la pittura. ‣ La scrittrice cerca di far rivivere la pittrice, tra le difficoltà di essere donna e essere artista, mentre Artemisia si lascia cadere, percependo perdita e fallimento. Autoritratto come allegoria della pittura (1638) spiega esattamente il motivo di questo processo. Forse l'unica vera ékphrasis del libro. Artemisia deve fare un quadro ad una regina ma questa non si presenta e quindi, dopo giorni, di dipingere un quadro senza modello, fatto solo per sé, solo con la memoria; memoria di chi? Anna Banti crede che la persona raffigurata sia Annella de Rosa. Artemisia riesce a riconoscere chi è dalla posa tipica dell'allieva, chinata sulla spalla sinistra, con l'espressione tipica di quando dipingeva. Il quadro viene descritto in modo quasi fotografico, sembra uno scatto rubato. Artemisia dice "buongiorno Annella", come quando a Napoli la sorprendeva a dipingere nel suo studio, di un pittore di nome Massimo. Viene poi portata da questo pittore allo studio di Artemisia, per salvarla dalle furie del marito. > Secondo il manierismo per ottenere questa immagine Artemisia avrebbe usato la tecnica del doppio specchio. In questo quadro Annella e Artemisia si mischiano, usando come tema l'allegoria della pittura. Artemisia riflette su come Annella sarebbe stata trentenne allora, se non fosse stata uccisa dal marito. Vengono mischiati sia la descrizione del quadro che la memoria della pittrice. L'immagine possiede la sua memoria, che nemmeno Artemisia riesce a cogliere completamente. ‣ Secondo Warburg alcune figure hanno una facoltà di sopravvivenza attraverso di secoli, avendo un percorso di inabissamenti ed emersioni. In questo caso Annella sopravvive attraverso il quadro di Artemisia, che sopravvive grazie al romanzo della Banti. dalle città e dall’acqua. - C'è anche una difficoltà linguistica per parlare con gli abitanti che parlano esclusivamente il dialetto locale, solo qualcuno sa parlare un italiano standard. - Afferma, inoltre, che in questa terra, dove non c'è peccato o redenzione, non c'è un male etico o morale, ma è esclusivamente fisico, materiale. - La capra diventa il simbolo di quelle terre in quanto riesce a dare cibo ma allo stesso tempo viene associata al diabolico. 23.02.21 Quando Don Trajella lo chiama pittore, il personaggio Carlo Levi capisce che la pittura possa essere uno strumento per connettersi con il popolo. Nelle varie camminate intorno al paese, trova piacevole stare al cimitero, dove nessuno gli sta intorno, non deve ascoltare nessuno. Oltre a questo motivo, utilizza questo luogo per i suoi primi dipinti, dove non ci sono case e solo qualche albero. Uscendo con tela e colori, si piazza all'ombra di un ulivo ed inizia a dipingere. Questa attività insospettisce il podestà, che gli mette alle calcagna un brigadiere che controlla ogni sua pennellata, in paura che facesse qualcosa di sovversivo. Afferma che dipingere con qualcuno dietro mette un po' di soggezione, anche se non come Cezanne, che non sopportava che qualcuno lo guardasse dipingere. Questo carabiniere, che fino a quel punto non ha mai espresso un parere sulla sua pittore, gli chiede di fare un ingrandimento di un'immagine di una madre morta. Per far capire la sua condizione di desolazione fa un rifermento agli ossi di seppia abbandonati (riferimento a Montale). La luna, inoltre, lo riporta alla sua condizione di prigionia nella cella prima del confino, dicendo che si trova ancora imprigionato, anche se senza sbarre. Il capo dei carabinieri ed il podestà arrivano, meno benevoli del brigadiere, e lodano il suo lavoro. Vedendo che il suo lavoro era apprezzato, prova a chiedere di poter uscire dal confine a lui assegnato, per poter dipingere; dopo alcune settimane si forma un silenzioso accordo che gli permetteva di uscire dal centro urbano, di 100/200 metri per poter dipingere (bisogna ricordare che il podestà ed il brigadiere erano molto precisi con le regole). Poteva uscire sia oltre il cimitero che nei sentieri, in uno dei quali incontra una vipera, avvertito però in tempo dal suo cane. La pittura: alienante in contrasto con l'alienazione prodotta dal paese in cui si trova > effetto liberante. La sorella viene a trovarlo a qualche giorno, e porta con se medicine, libri e materiale da pittura da poter lasciare a lui. Incontra il prete, che afferma di non aver più passione per libri e pittura, per la cultura in generale. Anzi, la stanza che doveva essere la libreria, contenete quindi dei libri, diventa un pollaio, nel quale si trovano libri di teologia e casistica seicenteschi. Don Trajella afferma inoltre di aver dipinto dei quadri, in particolare dei polittici, raffiguranti episodi della sua vita; tira fuori da sotto dal letto questi dipinti e anche delle statuette. Il prete fa notare che non ha più realizzato niente da quando è arrivato al paese, dove l'arte non viene apprezzata. Notiamo la completa rassegnazione dell'uomo, che invita Carlo Levi a prendere un altro bicchiere di vino, che rifiuta. Le galline volano e saltano intorno a loro e grazie a questo trambusto, in quanto Don Trajella si mette a rincorrere le galline, esce dalla stanza. Ad un certo punto si trasferisce in nella casa provvisoria, che è prestata da uno dei "nobili" del paese. L'alloggio è quasi vuoto e gli vengono fornite alcune cose dai paesani; di suo porta il cavalletto grande e la poltrona, che lo hanno seguito in tutti i suoi viaggi, oltre ad una cassa di libri, controllati puntualmente uno dei preti del paese, che cerca di fare l'intellettuale. Le donne borghesi scelgono una donna, chiamata Giulia Venere, detta Giulia Santarcangelese, tra le vedove del paese, per poter vivere con lui, in modo da dargli una mano. Le donne che vengono chiamate streghe, in quanto sanno utilizzate delle cosiddette pratiche magiche. Giulia è già stata in quella casa, in quanto ci ha già abitato quando serviva il prete. Questa donna, di 41 anni, si viene a sapere di aver avuto 17 gravidanze, tra gravidanze riuscite o non e tra i figli morti, da 15 uomini diversi. Carlo Levi parla di due dei figli ancora vivi, ai quali ha anche fatto dei ritratti. Carlo Levi parte sempre da una descrizione ritrattistica delle persone, prima degli incontri con le persone stesse. Giulia entra nella casa con una sicurezza che la fa sembrare appartenente al luogo, che non ha pietà di se stessa pur vivendo in questo paesino. Levi la paragona ad una bestia, in quanto le donne del paese lavorano molto fisicamente, facendo lavori pesanti che gli uomini non fanno. Inoltre viene ribadito il fatto che sappia fare "magie", come far morire qualcuno solo pronunciando delle formule oppure creare delle pozioni. All'inizio si osservano da lontano, soppesandosi; Giulia percepisce in lui qualcosa di magico, di cui il pittore non è consapevole. A metà libro osserva che in quella casa si è formata una piccola "famiglia": lui, Giulia con il piccolo figlio ed il cane di Levi, Barone. • Inizia la seconda parte del libro. Gli viene raccontata una favola, nella quale prima degli uomini ci fossero draghi e cavalieri in quelle terre. Inizia l'analisi antropologica del luogo: non c'è limite tra umano ed animalesco, tra razionale ed irrazionale, quindi potrebbero benissimo vivere allo stesso tempo uomini, animali e draghi. Concetto di doppia natura Una donna sposata e con figli, era nata da una mucca, come diceva ed una leggenda, che tutti confermavano, anche lei stessa. E c'è anche una madre umana. Nessuno vede in questa doppia natura una contraddizione. La doppia natura poteva essere sempre presente oppure apparire solo in certi momenti; un esempio di questo sono i sonnambuli, che di notte diventano lupi e vanno dai loro fratelli lupi. Un altro rituale è il fatto che, quando questi uomini tornano a casa, la moglie deve aprire solo dopo che hanno bussato tre volte. - L'uomo partecipe dell'animalità e partecipa, contemporaneamente, della divinità. Qualsiasi cosa, anche parole, animali e fatti, è partecipe di questa complessità. Infatti Carlo Levi non può parlare con loro con razionalità ma attraverso la pittura, quindi con l'irrazionalità e la divinizzazione ("tanto Cristo quanto la capra"). Religione, storia e razionalità non servono a quello a quello che servono altrove. Tutto è magia naturale. Tutto è indifferenziato originale ed organico nel prerazionale. 24.02.21 Secondo Carlo Levi, l'Italia ha due capitali: Torino e Matera, perfettamente opposte l'una all'altra, che sembrano appartenere a due mondi differenti. La Bartalesi, nel suo saggio, riflette su come in questo romanzo sia presente l'idea che il futuro ed il presente devono sempre tenere presente il passato; come nei ritratti di Giulia la donna è realmente una creatura divina ma allo stesso tempo rimane sempre una contadina lucana. > Nasce in questo modo, nei ritratti, la dualità ragione / indistinto originario. Levi, grazie a Giulia, riesce a comprendere che la pittura ha un fattore magico, in quanto è come se fosse in grado di rubare un'immagine alla persona. Infatti, la donna è convinta di questo, anche per quanto riguarda i paesaggi e gli oggetti, e non vuole farsi ritrarre ma cede quando l'uomo la minaccia di picchiarla. Capisce che deve utilizzare un metodo differente che a Torino, deve far sentire che è il capo branco, deve aver un atteggiamento animalesco. Giulia cede e sorride, sottomessa. La ritrae con i bambino, ma la maternità è un attaccamento fisico e terrestre, amaro; una montagna (la madre) da cui cresce un alberello appena nato (il figlio). Giulia gli spiega le storie del luogo e, per ricambiare, lui la ritrae secondo la sua tradizione (tipica pittura italiana mischiata a Cezanne). Grazie alla pittura riesce a tornare a Grassano, per dipingere (aveva chiesto un permesso per fare ciò). Racconta che, mentre mangiava al fiume con degli amici, si rende conto che è il luogo meno pittoresco che abbia mai visto: una distesa senza niente di interessante. I suoi amici comunque rimangono sorpresi di aver visto sulla tela delle immagini prodotte dal pittore; essi infatti non hanno quella che Levi chiama la mezza cultura, che non crea strumenti ma pregiudizi, quindi può, e lo fa, chiedere loro se piacesse loro ciò che ha dipinto. Torna a Gagliano dopo pochi giorni, e fa una riflessione sui bambini, meno indaffarati dei genitori e incuriositi dalla pittura, tanto che dipingono anche insieme. C'è una differenza tra la curiosità dei signorotti e i bambini: i primi non gli permettono di dipingere, in quanto deve rispondere a tutte le loro domande, mentre gli altri lo incoraggiano quasi, osservandolo. I bambini, inizialmente attratti dalla figura di Barone, iniziano ad avere un rapporto con i bambini, tanto che si fanno ritrarre spontaneamente, orgogliosi di vedersi dipinti. Inoltre, si informavano di quando andava a dipingere all'esterno e lottavano, letteralmente, per portargli la cassetta, che essendo la più pesante era trasportata dal più "degno" ed il cavalletto; lui decideva chi portava cosa quando le lotte si spingevano troppo in là, comportandosi come ciò che loro lo vedevano in lui: una specie di semidio. Inoltre, gli chiedevano di regalare loro i tubetti vuoti di colore e i pennelli spelacchiati, inutilizzabili, per poter giocare. Uno dei bambini, chiamato Giovanni, lo imitava: partendo dalla preparazione della tela fino alla pennellata; per il bambino anche la preparazione della tela faceva parte della realizzazione della pittura. Nella pittura del bambino, nella sua ripetizione, Levi vede lo stesso pensiero delle pratiche magiche del luogo, pensando che imitando ciò che facesse il pittore, prima o poi, riuscisse a riprodurre ciò la pittura del pittore. Un altro ragazzo fedele a lui, Michelino di circa 10 anni, ha degli occhi nei quali Levi vede un pianto ancestrale, tramandato da millenni. I bambini sono già "vecchi", hanno dentro una muta rassegnazione al dolore, come se fosse tramandato da tempi antichissimi. Già dentro di sé hanno la figura del contadino, lo stesso atteggiamento, che contrasta con la curiosità per tutto; ad esempio, quando lo vedono scrivere, chiedono lui di insegnare a loro di fare ciò, cosa che poi Levi fa, partendo da zero. Un giorno, dove il nevischio era misto a pioggia, i contadini vengono a chiamarlo per cercare di salvare un loro compagno ma lui cerca di rifiutare, in quanto gli era stato impedito, con ordini diretti da Matera; viene convinto e riesce a farsi dare il permesso dal podestà. Arrivano la sera alla zona del Pantano, che ha un paesaggio ancestrale, lasciato intonso dall'uomo, guidato dai contadini che riescono ad orientarsi in quello che lui considera un labirinto. Arrivano in questa masseria e lui capisce che non c'è nulla da fare, colpito da una fortissima peritonite, quindi decide di toglierli un po' di dolore facendogli delle iniezioni di morfina. Fa una riflessione in questo luogo, circondato da pelli di volpi appena uccise, ascoltando il lamento dell'uomo moribondo. Sente che in quella casa tutto è infuso di morte e capisce di aver trovato una sintonia con i contadini, pur avvertendo la sua impotenza in certe situazioni. I contadini gli avevano conferito era a metà tra un medico, un semidio ed un santone. Percepisce di essersi staccato dal suo paradigma di luogo e tempo che ha avuto per tutta la vita, ed essere entrato in questo infinito atemporale del luogo, celato ed ignoto agli uomini, sente la parte magica in se germogliare nuovamente, e di essere entrato nella nascita della relazione dell'uomo con il mondo. > Dualità ancestrale dell'uomo tra ragione e magia, tra Torino e Lucania. Finisce la riflessione con la gioia di aver compreso questo, decostruendo questo suo paradigma ed arrivando alla sua origine, alla felicità primordiale, all'indistinto originale, a quello che Pascoli chiama il fanciullino. All'alba, l'uomo malato è morto, concludendo la metamorfosi dalla vita alla morte, che va oltre l’umano. Dopo questo episodio ha la possibilità di tornare a Torino, a cui non sa reagire dopo la metamorfosi che ha subito in Lucania. Si mette a riflettere sul fascismo e sul comunismo in relazione con la Lucania, completamente esclusa dalla visione dell'uomo. Fa un'aspra critica al fascismo, che ormai è all'apice del suo tempo, subito prima della liberazione. I contadini cercano di farlo rimanere, dopo aver avuto il permesso di poter tornare a casa dopo la grazia, concessa dopo la sconfitta in Etiopia. Promette di tornare e saluta tutti, creature razionali ed irrazionali e magiche. Lascia al comune un suo quadro, per che lo ricordino. Saluta i monti, saluta Pantano, saluta le argille e all'alba, insieme al cane Barone, parte e guarda Gagliano sparire all’orizzonte. 01.03.21 ”Ligabue” di Cesare Zavattini L'autore ha conosciuto il pittore e riusciva a comunicare con lui; era difficile per Ligabue parlare in quanto parlava due lingue, italiano e tedesco, e spesso confondeva le due e le mischiava. La prima edizione è stata prodotta da Franco Maria Ricci in una tiratura molto limitata nel 1967. Biografia dell'autore 1902 > il 20 settembre nasce a Luzzara (Reggio Emilia); i genitori sono proprietari di una locanda sul Po. 1917 > si trasferisce a Roma coi genitori; si iscrive al liceo classico. 1921 > si iscrive alla Facoltà di Legge all'Università di Parma ma non si laurea. 1922 > legge le riviste di P. Gobetti Antonio Ligabue (1899-1965) 1899 >il 18 dicembre nasce Zurigo da Elisabetta Costa 1900-19 > affidato alla famiglia svizzera Gobel; lingua madre il tedesco 1901 > Bonfiglio Liccabue, emigrato in Svizzera da Gualtieri, sposa Elisabetta Costa dando il proprio cognome ad Antonio, che lo cambia in Italia 1913-15 > viene messo nell'istituto per ragazzi con handicap, abile nel disegno ma cattiva condotta; espulso, torna dalla famiglia ma fa una vita errabonda 1917 > ricoverato in clinica psichiatrica dopo uno scontro con la madre adottiva 1919 > il 15 maggio viene espulso dalla Svizzera su denuncia della madre adottiva; in estate viene mandato a Gualtieri, città del padre, cerca di fuggire e viene ospitato nel rifugio di mendicità 1919-27 > vive lungo il Po facendo lavori salutari e dipingendo 1928 > lo scultore Marino Mazzacurati si interessa alle sue sculture di argilla 1932 > ospitato a casa del flautista Licinio Ferretti e altri amici 1937 > internato per 5 mesi nell'Ospedale di Reggio Emilia per autolesionismo 22.03.21 ”Il dono di saper vivere"; Tommaso Pincio Tommaso Pincio è lo pseudonimo di Marco Colapietro. Si tratta di uno scrittore che vorrebbe essere anche pittore, formandosi anche all'Accademia di Belle Arti, ma capisce che non è la sua strada, quindi a malincuore si dedica esclusivamente alla scrittura. Questo romanzo ha al centro la figura di Caravaggio, le sue innovazioni. Il titolo può anche essere una domanda che l'attore pone a se stesso e a Caravaggio: “L'autore sa vivere?” Bisogna ricordare comunque che il personaggio differisce leggermente dall'autore; il primo si identifica perfettamente con l'artista, mentre l'autore è diverso, non si rispecchia completamente, ma si rispecchia nei quadri di Caravaggio. Caravaggio sa vivere? Sa relazionarsi con gli altri? Guardando sia il suo pensiero sulla società e il pensiero che la società che ha di lui. Ritorna anche il tema del "si può realmente scrivere la biografia di un artista? Si può realmente conoscere un personaggio complesso, ombroso, di cui nemmeno i suoi contemporanei conoscono tutte le sfaccettature?"; infatti, il libro non è una biografia dell'autore. Bibliografia di Tommaso Pincio 1963 > nasce a Roma il 1 maggio; il suo vero nome è Marco Colapietro Anni ’80 > frequenta l'Accademia di Belle Arti; esordisce come fumettista Anni ’90 > lavora come gallerista a Roma e New York per Gian Enzo Sperone 1998 > "M." romanzo d'esordio pubblicato in proprio 2000 > "Lo spazio sfinito" romanzo postmoderno 2002 > "Un amore dell'altro mondo" romanzo biografico si Kurt Cobain 2005 > "La ragazza che non era lei" romanzo sulla delusione degli anni ’60 2006 > "Gli alieni" saggio sul mito degli extraterrestri 2008 > "Cinacittà" romanzo distopico su Roma colonizzata dai cinesi 2011 > "Hotel a zero stelle" saggio autobiografico sul rapporto con grandi scrittori; prima di entrare in una "stanza" c'è il ritratto dello scrittore che la occupa. 2012 > "Pulp Roma" romanzo pulp su Roma con fumetto 2015 > "Panorama" romanzo sui social network; "Scrissi d'arte" raccolta di saggi sull'arte 2018 > "Il dono di saper vivere" romanzo su Caravaggio James G. Ballard Franz Kafka Pier Paolo Pasolini David Foster Wallace Il suo pseudonimo deriva dall'italianizzazione del nome di uno scrittore americano: Thomas Pynchon, nato nel 1937. Scrittore americano riconosciuto come uno dei massimi esponenti della letteratura postmoderna. Tra i romanzi più importanti: - V. (1963) - L'incanto del lotto 49 (1966) - L'arcobaleno della gravità (1973) - Vineland (1990) - Mason & Dixon (1997) - Vizio di forma (2009) La poetica di Pincio Costanti della sua scrittura: • Cultura pop • Caratteri della postmodernità • Distopia • Attenzione all'ibridazione tra romanzo e immagine • Conoscenza del lessico storico- artistico "Scrissi d'arte"; 2015 Raccoglie una selezione di testi critici in ordine cronologico affiancati da capitoli autobiografici che ne illustrano il contesto e svelano i retroscena, aiutando il lettore a comprenderne il background e il senso. E' il resoconto della mutazione da artista a esperto d'arte, da critico a scrittore di fiction, dalle immagini alle parole, da Marco Colapietro a Tommaso Pincio. Ritrai, ti prego, la mia storia (2012); da "Scrissi d'arte" “Volevo fare il pittore, scoprii di non avere sufficiente talento e mollai tutto senza sapere a cos'altro dedicarmi. Col tempo, come una sorta di parziale risarcimento, è sopraggiunta la scrittura, l'alternativa del descrivere e del raccontare. Evocare con parole non è come rappresentare con segni e colori, nondimeno lo sguardo del pittore mancato è rimasto dentro di me alla maniera di cui gli estinti seguitano ad abitare una casa, la maniera dei fantasmi cioè.” 23.03.21 Il dono di saper vivere 2 "Quando rubavo la vita a Caravaggio"; 2011; da "Scrissi d'arte" “Soltanto dopo dubbi e tentennamenti ho ceduto all'idea di mettere in cantiere un romanzo su Michelangelo Merisi. [...] Parliamo di una vita già percorsa più volte; reinventata calcandone i lati oscuri e irrequieti, alimentando l'immagine di un genio maledetto oltre ogni dire ovvero il classico cliché che uno scrittore con un po' di sale in zucca dovrebbe scansare come la peste. Più forte del buon senso però era il bisogno di risarcire. [...] La ragione per cui Caravaggio strega il mondo consiste proprio nella multiforme duttilità del suo personaggio. Ognuno può ritagliarsi l'uomo che preferisce. L'omosessuale violenti, l'eversore a rischio di inquisizione, l'anticipatore della fotografia: sono tutti ritratti credibili anche se con molta probabilità tutti falsi. E questa duttilità, le tante e diverse facce che assume agli occhi dei posteri, non ne sminuiscono affatto la figura, semmai lo esaltano, lo rendono mirabilmente italiano, l'uomo capace di trasformarsi, di essere più cose a un tempo.” "Il dono di saper vivere"; 2018 Il libro è bi partito: abbiamo due narratori in due differenti parti: sono senza nome e entrambi potrebbero essere Pincio anche se hanno delle differenze. • Prima parte: è una specie di confessione, o di memorie, di un personaggio che si trova in galera. Si rivolge ai muri della cella, descrivendo la stanza, poi pronuncia un proverbio russo, che gli ha detto il suo avvocato, e riflette sul suo significato; non sa perché è in carcere. [Richiamo al suo stesso libro "Cinacittà": narrato in galera e non si sa perché ci sia] Un elemento importante è lo specchio > infatti si tratta di un libro di rispecchiamenti. Dopo aver descritto la banconota da 100.000 lire della banca d'Italia, e aver cercato qualche indizio per capire perché si trova in galera, afferma che ha capito di non "mai fidarsi dei sensi, futuro non"; finisce così la prima parte del libro. • La seconda parte si intitola "la maledizione di dover raccontare”. Il narratore ha molte affinità con Pincio ma non sono proprio uguali; questo personaggio ci dice che il soprannome del primo narratore è "melancolia", per distinguersi da lui e fa un paragone con il cinema: afferma che questa vicenda è come quando si guarda un film e questo, all'interno della pellicola stessa, viene interrotto dal regista e si vede ciò che c'è dietro (film metacinematografico), quindi si tratta di una parte metaletteraria, in quanto da qui in poi ci dice cosa c'è dietro alla scrittura del libro. Si parla della figura pop di Caravaggio, come si capisce in quanto introduce i capitoletti con delle citazioni di Andy Warhol e, nell'ultima frazione di questa parte, fa una propria biografia di Caravaggio, non con un ordine cronologico ma seguendo dei fili tematici. Seguendo il clima post-moderno, o del capitalismo, mescola gli stili di scrittura. Ritratto di Jack Kerouac • 1584 > apprendista nel laboratorio del pittore milanese Peterzano • 1594 - 96 > si trasferisce a Roma e lavora per la bottega del Cavalier D'Arpino • 1597 - 99 > amicizia con il cardinal Del Monte, compra i suoi quadri e prime commissioni • 1599 - 1602 > incarichi importanti e successo; varie risse e carcerazioni • 1603 > Giovanni Baglione lo querela per diffamazione, giudicato colpevole • 1606 > fattaccio della Pallacorda, condannato a morte e fuga da Roma • 1606 - 10 > vaga tra Napoli, Malta e la Sicilia • 1610 > revoca pena di morte, ma muore nel tentativo di tornare a Roma ➡ Non abbiamo opere del primo periodo. ➡ Dipinti: I bari; Ragazzo morso dal ramarro; Bacchino malato; Canestra di frutta. ➡ Dipinti: Vocazione e martirio di S. Matteo; Conversione di S. Pietro; Crocifissione di S. Pietro; Giuditta e Oloferne; Deposizione di Cristo; S. Giovanni Battista; Cena in Emmaus. ➡ Dipinti: Flagellazione di Cristo; Davide e Golia; Sette opere di Misericordia; Decollazione di S. Giovanni Battista; Amorino dormiente; Martirio di Sant'Orsola. dell'arte è facile fare soldi. Il gallerista definisce Caravaggio "l'omicida della pittura antica"; visione molto diffusa dell’artista. Il quadro del Cavalier d'Arpino ed il ritratto di Caravaggio sulle banconote gli fanno tornare in mente di un incontro che aveva già avuto con un'opera di Caravaggio, ovvero "Bacchino malato" (1593-94), che aveva visto durante una visita ad un museo fatta alle superiori; ricorda che lo turba il fatto che l'artista in quel periodo, ovvero a metà '900, venga molto apprezzato e sia simbolo del genio ribelle, che spesso si ritrae nei suoi quadri, ma ne è comunque attirato, sente già crescere una passione per la sua figura e la sua arte. Il narratore ricorda anche che un suo compagno di classe, per prenderlo in giro, afferma che lo rivede nel personaggio ritratto. Il tema della malinconia diventa uno temi principali del libro, mentre si cerca di capire se Caravaggio sia malinconico o anti-malinconico. ✴ Il dipinto è stato realizzato presso la bottega del Cavalier d'Arpino, insieme al "Fanciullo con canestro di frutta", dove restano fino a quando Papa Paolo V non li requisisce. Forse è autoritratto di Caravaggio convalescente. Si trova ora alla Galleria Borghese. Melancolia E' il soprannome che viene dato al protagonista del romanzo. Etimologia: dal gr. μέλας "nero" e χολή "bile" (Hyppocrate, V sec. a.C.) La melancolia o lipemania è la sindrome affettiva che ha per note fondamentali una tristezza morbosa e ostinata, indipendente dagli avvenimenti esterni, un pessimismo invincibile, un senso profondo di sfiducia e di avvilimento, che paralizza l'azione. Ogni impressione esterna riesce spiacevole, il pensiero s'aggira in una chiusa cerchia d'idee tristi. Ogni idea d'azione evoca considerazioni dolorose, la visione di danni inevitabili: da ciò l'impossibilità di qualsiasi iniziativa, la ripugnanza per ogni azione. [fonte: Treccani] Le prime concezioni di Freud sulla genesi risalgono al 1916 e da quel momento il concetto viene sovrapposto a quello moderno di depressione endogena. Tra tutti i quadri di Caravaggio presenti nella galleria, che visita durante questa uscita con la scuola, ce n'è solo uno che gli piace e che descrive approfonditamente: "Davide con la testa di Golia" (1609-10). Dipinto in esilio a Napoli e accluso alla domanda di grazia che invia al cardinale Scipione Borghese, nipote di Papa Paolo V. Si tratterebbe di un doppio autoritratto: il David-Caravaggio non ancora toccato dal peccato uccide il Golia-Caravaggio ormai peccatore incallito secondo un'ottico espiativa. Si trova ora alla Galleria Borghese. Il narratore ragazzo capisce una cosa importante del quadro: Davide e Golia sono le due strade del bivio della vita di Caravaggio, ovvero l'uomo che poteva essere, "senza" peccato, e l'uomo che è diventato, quello che viene spesso considerato un mostro. Quasi come se l'uomo che poteva diventare si è vendicato dell’uomo che è diventato. Quindi si ritorna all'idea del bivio ad Y. Il narratore parla con l'avvocato e gli chiede di come sia venuto a sapere del presunto libro che sta scrivendo, e dicendogli che lo sapevano molte persone, e gli viene suggerito che potrebbe diventare uno scrittore, consiglio che non accetta e, irritato, torna in cella, affermando quanto non sopporti che si continuino a cercare segni in tutto, che si cerchino in tutto ciò che accade in torno a noi; riflette sul dono di saper vivere e che questo sia collegato, e scollegato allo stesso tempo, alla ricerca di questi sensi, che sia il poter cercare di interpretare il ruolo che ci venga affidato, che dobbiamo seguire il copione, senza cercare di cambiarlo. Caravaggio sulle 100.000 lire • Prima serie (1967 - 1979): Manzoni. • Seconda serie (1978 - 1982): Botticelli. • Terza serie (1983 - 1998): Caravaggio. Sul retro delle banconote era raffigurato il volto del pittore ritratto da Ottavio Leoni e la sua opera "Buona ventura"; sul verso, il noto dipinto "Canestra di frutta". Il narratore riflette sul fatto che quando il volto di Caravaggio viene stampato sulle banconote l'inflazione sale e che quindi valgano meno di quelle che venivano stampate con Manzoni, cercando un segno e dando a lui la "colpa" di ciò. Analisi dei quadri originali Nel ritratto di Leoni, fatto "alla macchia", non c'è lo stesso l'astio con il quale è descritto solitamente, in quanto l'artista ha conosciuto Caravaggio e lo stimava. "Buona ventura"; Caravaggio; 1596 "Ritratto di Caravaggio"; Ottavio Leoni;
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