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Appunti lezioni Linguistica generale Astori + Corso di linguistica generale Sausurre, Dispense di Linguistica Generale

Appunti lezioni di Linguistica generale Davide Astori 2022+ Riassunto del "Corso di linguistica generale" di Ferdinand De Sausurre (fino a pagina 168, linguistica diacronica esclusa). Gli appunti sono sufficienti per sostenere l'esame e non necessitano di nessuna integrazione del volume :)

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 25/11/2022

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Scarica Appunti lezioni Linguistica generale Astori + Corso di linguistica generale Sausurre e più Dispense in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! 1 Linguistica generale Se l’attenzione e l’interesse al linguaggio e alle sue questioni affonda le radici nell’antichità, la linguistica come disciplina propriamente detta è recente: la voce linguistica è registrata per la prima volta nel 1833 (Sprachwissenschaft) da Bopp (“scienza della lingua”) - il padre di questa disciplina. La funzione primaria dell’atto linguistico è una funzione pragmatica, perché vogliamo che il mondo cambi in funzione a ciò che interessa a noi, ci permette di plasmare il mondo a nostro piacimento. Il problema della definizione di una disciplina a carattere umanistico, come la linguistica, presenta vari problemi perché non ha carattere scientifico normativo. Lo sforzo di attenersi ad un “criterio convenzionale e ufficiale, ma oggettivo”. Qualche definizione: «È linguistica tutto ciò che viene registrato annualmente nei bei volumi della Linguistic Bibliography dell’Unesco, a partire dal 1937-47». (Tullio De Mauro) «Il linguaggio deve quindi essere studiato in atto, nella sua evoluzione, allo stato nascente, in dissoluzione. E se il linguista, in questa faticosa indagine, è portato, per le esigenze pratiche della ricerca, ad accentrare, di volta in volta, la sua attenzione su problemi particolari e ad interessarsi separatamente del piano fonematico e di quello morfematico, dell’aspetto formale e di quello semantico, egli tuttavia ha piena coscienza che non può “isolare realmente gli elementi, ma solo distinguerli”, e sa che la risposta compiuta, che cerca e che attende, non gli può venire se non dalla “struttura polifonica”, dall’interazione pluridisciplinare nella quale la singola ricerca si immerge e si giustifica». (Luigi Heilmann, nell’introduzione all’edizione italiana dei Saggi di linguistica generale di Roman Jakobson, 2002) Declaratoria del settore scientifico-disciplinare L-LIN/01- GLOTTOLOGIA E LINGUISTICA secondo il Decreto Ministeriale pubblicato nell’ottobre del 2000 Declaratoria definizione del ministero, provvedimento del giudice a carattere dichiarativo. Il settore L-LIN/01 comprende gli studi teorici sul linguaggio, la storia del pensiero linguistico e gli studi di linguistica storica, con riferimento ai problemi del mutamento e alle metodologie della comparazione e della ricostruzione; comprende inoltre lo studio della variazione linguistica, del plurilinguismo e del contatto linguistico, delle tematiche sociolinguistiche ed etnolinguistiche. Include, nell’ambito delle metodologie applicative del linguaggio, lo studio degli aspetti fono-acustici, morfosintattici e lessicografici anche con applicazioni descrittive a lingue e dialetti, nonché la psicolinguistica, lo studio delle patologie linguistiche, delle interazioni tra linguistica e informatica e delle problematiche dell’educazione alla linguistica. Comprende altresì lo studio delle lingue di ambito baltico e della relativa filologia. Al settore afferiscono i docenti in possesso delle competenze didattiche necessarie a tenere, nei diversi livelli dei curricula universitari, gli insegnamenti che hanno per oggetto le tematiche di ricerca in esso comprese. 2 La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio. La stessa parola nel corso del tempo ha assunto significati diversi, fin quando nel 1800 gli studiosi della lingua si definirono “glottologi”. Nel 1900 poi adottarono il nome di “linguisti”, siccome ricercavano il senso di una lingua a livello sociale. Linguistica storica  glottologia e linguistica comparata dell’Ottocento. Contenuti teorici di una lingua e contestualizzazione storica di questi (riflessione ottocentesca e novecentesca). Definizione di linguaggio in linguistica: 1. Facoltà di linguaggio: quel qualcosa che ci permette di comunicare attraverso le lingue e non solo; 2. Qualunque codice che permetta uno scambio di informazione. Tutte le volte che comunichiamo noi utilizziamo dei sistemi semiotici, sistemi che sono il linguaggio che è tutto ciò che permette uno scambio informativo. All’interno dei linguaggi, vi sono delle categorie che hanno delle caratteristiche tali che rendono questa categoria molto coesa, che sono le lingue. Linguaggio vs lingua  la differenza tra i due è il cuore della visione di Sausurre Dalla parola al termine: qual è la differenza? La parola è ampia, include tanti accezioni di uno stesso termine (essa è il grigio tra il bianco e il nero); Il termine è specifico, si riferisce proprio a ciò a cui si riferisce. • Polisemia vs. monosemia • Concetto di “microlingua”  la parola diventa termine. Mutamento vs variazione  vi è una differenza fondamentale tra i due termini (che troviamo nella declaratoria). Sincronia vs diacronia  è sincronico ciò che accade nel momento, mentre è diacronico ciò che passa attraverso il tempo. Noi crediamo di essere sincronici (il qui ed ora), quando in realtà siamo diacronici perché siamo il risultato di tutto ciò che c’è stato prima del qui ed ora. I parlanti incidono sulla vita della lingua, contribuendo a mantenerne il suo uso e a ridefinirlo. Le lingue continuamente si evolvono, in quanto nell’utilizzo, continuamente commettiamo errori che permettono di inventare nuove parole e regole. Sausurre dice che oggetto della linguistica generale è la lingua in sé per sé. 5 La linguistica è una disciplina descrittiva: essa è lo studio scientifico del linguaggio. prescrittivo vs descrittivo prescrittivo è ciò che decide ciò che è o non è, ciò che va fatto o no. Anche se per il linguista è importante anche il lato prescrittivo. Una definizione di linguaggio: «Il linguaggio è la capacità peculiare della specie umana di comunicare per mezzo di un sistema di segni vocali (o langue) che mette in giuoco una tecnica fisiologica complessa la quale presuppone l’esistenza di una funzione simbolica e di centri nervosi geneticamente specializzati. Tale sistema di segni vocali utilizzato da un determinato gruppo sociale (o comunità linguistica) costituisce una lingua particolare. Per i problemi che pone, il linguaggio è oggetto di analisi per altro diverse, che implicano molteplici rapporti: la relazione fra soggetto e linguaggio che è il campo della psicolinguistica, fra linguaggio e società, che è il campo della sociolinguistica, fra la funzione simbolica e il sistema che costituisce la lingua, fra la lingua come un tutto e le parti che la costituiscono, fra la lingua come sistema universale e le lingue che ne sono le forme particolari, fra la lingua particolare come forma comune ad un gruppo sociale e le diverse realizzazioni di tale lingua da parte dei parlanti, tutto ciò che è il campo della linguistica. Questi diversi campi sono necessariamente e strettamente collegati gli uni agli altri. La miglior definizione che si possa dare della linguistica [è dunque] come scienza del linguaggio (comprendente dunque psicolinguistica e sociolinguistica) e scienza al tempo stesso della lingua e delle lingue, nel loro funzionamento e nel loro sviluppo (o cambiamento)» (dal Dizionario di linguistica Zanichelli, s.v. ‘linguaggio’) Una carrellata storica (in ottica occidentale) Storia della linguistica nel 1600 Scuola Port Royal 1800 Bopp 1900 Sausurre Mondo Antico Aristotele; Platone 6 Il XX secolo Saussurre è chiamato pre-strutturalista perché parla della parola come struttura senza usare la parola struttura. Il concetto di strutturalismo è la base del Novecento! Date importanti: • Leonard Bloomfield e il comportamentismo della prima metà del secolo (1816); • 1926 circolo linguistico di Prada: ultimo anelito di strutturalismo europeo. Intanto, l’innatismo si sposterà in America e avrà un modo di concepire il mondo diverso da quello europeo. Il 1926 è il cuore dello sviluppo del concetto di fonema, il quale ci porterà a riflettere sull’aspetto materico della lingua. • Innatismo, Noam Chomsky (1957): viene pubblicata la sua tesi di dottorato, in cui afferma che la visione dei comportamentisti è errata producendo un nuovo modo di vedere il mondo. INNATISMO VS COMPORTAMENTISMO 1941/42, Bloomfield viene chiamato a portare la sua visione comportamentista in un progetto ministeriale. Che cos’è l’indoeuropeo? Filippo Sassetti (1540-1588) era un ricco mercante, ovvero un uomo di cultura, che si sposta verso le Indie. In un estratto di una delle sue lettere, “Lettere dall’India”, scrive così: «Sono scritte le loro scienze tutte in una lingua, che dimandano sanscruta, che vuol dire bene articolata, della quale non si ha memoria quando fusse parlata, con avere (com’io dico) memorie antichissime. Imparanla come noi la greca e la latina e vi pongono molto maggior tempo, sí che in sei anni o sette se ne fanno padroni: e ha la lingua d’oggi molte cose comuni con quella, nella quale sono molti de’ nostri nomi, e particularmente de’ numeri el 6, 7, 8 e 9, Dio, serpe, e altri assai»  In India esiste lo sanscrito (lingua di tradizione, cultura e religione (l’equivalente del nostro latino). La radice della parola sta per “creato perfettamente” e vuol dire “una variante di lingua che è perfetta”. L’interesse per il sanscrito è molto diffuso perché è una lingua antica, perfetta ed è il nostro equivalente del greco e latino (in questa lingua, vedono la loro radice culturale primaria). Sassetti si stupisce anche del fatto che le radici di alcune parole (6, 7, 8, 9, Dio, serpe) siano uguali alle nostre: questo problema arriva alle orecchie dei linguisti che iniziano a studiare quella lingua. William Jones è considerato come il padre della visione indo-europea. Egli aveva una formazione giuridica, il quale ha delle intuizioni ancora più interessanti dal punto di vista del lessico. [BOPP È CONSIDERATO COME IL PADRE DELLA LINGUISTICA COMPARATA E NON JONES. PERCHÉ NELLA LINGUISTICA ESISTONO SISTEMI APERTI E SISTEMI CHIUSI  IL LESSICO È UN SISTEMA APERTO. CREARE UN PARALLELO LINGUISTICO AL LIVELLO DEL LESSICO È Sausurre (1916) STRUTTURALISMO 7 MOLTO RISCHIOSO PERCHÉ SI PUÒ SBAGLIARE FACILMENTE (PER ESEMPIO, L’ITALIANO HA DELLE ASSONANZE CON LA LINGUA ARABA PERÒ NON SIGNIFICA CHE SIA UNA LINGUA SEMITICA)]. “The Sanscrit language, whatever be its antiquity, is of a wonderful structure; more perfect than the Greek, more copious than the Latin, and more exquisitely refined than either, yet bearing to both of them a stronger affinity, both in the roots of verbs and the forms of grammar, than could possibly have been produced by accident; so strong indeed, that no philologer could examine them all three, without believing them to have sprung from some common source, which, perhaps, no longer exists; there is a similar reason, though not quite so forcible, for supposing that both the Gothic and the Celtic, though blended with a very different idiom, had the same origin with the Sanscrit; and the old Persian might be added to the same family”  Il sanscrito è più perfetto del Greco, più ricco del Latino e più raffinato di entrambi… il sanscrito è considerate perfetto, ricco e raffinato nei verbi, nelle forme grammaticali e tutto ciò non può essere accaduto per caso (ricerca la ragione storica). Sarebbe bene suppore che anche il Gotico e il Celtico, possano avere la stessa origine del sanscrito: FAMIGLIE LINGUISTICHE.  Parole chiave dell’Ottocento, teorizzate da un mercante. Alexander Hamilton, comincia ad interessarsi di sanscrito e va in India ad impararlo. Egli aveva prodotto un catalogo descrittivo dei manoscritti sanscriti presso la biblioteca imperiale a Parigi  la prima scuola di studio di questa lingua è francese- intellettuali francofoni. Antoine-Isaac Silvestre de Sacy (1758-1838), uomo che si interessa di tantissime questioni e di tante lingue, soprattutto delle lingue orientali. Per esempio, si interroga se esistano delle strutture comuni a tutte le lingue che possano permettere a chiunque di imparare una lingua facilmente (ricordiamo Chomsky). Friedrich Schlegel (1772-1829), nel 1808 produce un libro “Della lingua e della saggezza degli indiani”- all’interno di questo testo compare la parola di grammatica comparata (“vergleichende Grammatik”). Jacob Grimm (1785-1863), i fratelli Grimm delle favole. Nel 1822 esce un testo che cambia la grammatica tedesca, “Deutsche Grammatik” attraverso il recupero della storia della lingua, riescono a dare stabilità al loro presente e al sogno del loro futuro. Importante è notare come la linguistica dell’Ottocento sia profondamente germanica (andare alla ricerca dei fondamenti culturali, della tradizione): come mai? I grandi Stati Nazione dell’Ottocento e la Germania in particolare, sono alla ricerca della loro tradizione, “andare al sangue della Nazione”. Trovare il meglio della loro storia e riconoscersi come chi ha la tradizione più forte. In tedesco non si parla di indo-europeo, bensì di indo-germanisch. Franz Bopp, linguista che si pone il problema di come comparare queste linguiste per vedere cos’hanno in comune e provare a inferire i tratti che possono aver ereditato da una “mamma” comune. Nel 1816 esce il suo testo “Über das Konjugationssystem der Sanskritsprache in Vergleichung mit jenem der griechischen, lateinischen, persischen und germanischen Sprache”: uscita cent’anni prima del 1916, uscita del libro di Sausurre (morto nel 1913. In seguito, i suoi studenti decisero di mettere assieme la sua saggezza in un volume e di farlo uscire proprio nel 1916 per celebrare il volume di Bopp- che all’epoca era considerato il maestro supremo della linguistica). Rasmus Kristian Rask, linguista danese che parla di democrazia linguistica. Egli si interessa delle stesse cose di cui si interessa Bopp, ma non riceve lo stesso seguito, anzi. Questo perché Bopp passa alla storia 10 Non bisogna confondere lingua e scrittura: • È pieno di lingue che non hanno scrittura; • Ci sono persone che sanno parlare una lingua ma non sanno scrivere;  Si può considerare una lingua, anche se è priva di scrittura.  Spesso noi possiamo scrivere qualsiasi lingua in qualsiasi modo: la scrittura è una scelta politica. 1. Il caso turco: Dopo la prima guerra mondiale, con la salita al potere di Kemal Atatürk in Turchia e la fine dell'Impero ottomano, vi fu un processo di occidentalizzazione in Turchia che si manifestò anche nell'adozione dell'alfabeto latino al posto di quello ottomano per la lingua turca. Con la scomparsa dell'Unione sovietica, le repubbliche turche - sotto l'influenza della Turchia - hanno iniziato un processo di rigetto del cirillico in favore dell'alfabeto latino turco. 2. Il caso serbo-croato: Il serbo-croato, che ufficialmente non esiste più, si iniziò ad affermare negli anni 30-40 del Novecento come compromesso di un continuum linguistico delle lingue parlate in quella regione. Con l’Accordo di Vienna delle metà del XIX secolo si procedette però a una sorta di “fusione” delle due, vuoi anche perché in quegli anni fu creato il primo Regno di Yugoslavia (1929- 1941). Con la creazione della Yugoslavia titina la centralizzazione e la standardizzazione linguistica proseguirono e portarono alla creazione del “serbo-croato o croato-serbo” come veniva chiamato, ovvero un’unica lingua con due varianti aventi pari diritti (Accordo di Novi Sad). Non serve dire che se già non correva buon sangue tra i due popoli, con l’auto-dichiarazione di indipendenza croata e l’invasione della Croazia da parte della Serbia più la guerra che ne è seguita, l’insofferenza o la diffidenza generalizzata verso l’altro sfociarono nell’odio, e anche la questione linguistica assunse, e ha tutt’ora, un alto valore simbolico e nazionale. Serbo e croato ad oggi sono senza dubbio due lingue distinte (anche se dal punto di vista strettamente linguistico, le differenze sono molto sottili). Perché alcune lingue si diffondono ed altre no? Gli Indoeuropei erano un popolo che ebbe in comune la cultura, la religione, l’etnia e la lingua. Tra il 4500 ed il I millennio a.C, con ondate migratorie successive, colonizzarono gran parte dell’Asia centro- meridionale e dell’Europa. Sembra che la regione d’origine degli Indoeuropei fosse nelle pianure della Russia meridionale (nelle zone del Mar Caspio). Le lingue di origine indoeuropea formano il gruppo di lingue più diffuse nel mondo. Di questa grande famiglia fanno parte le lingue celtiche, germaniche, italiche, slave, baltiche, indoiraniche ed in più un gruppo di lingue più isolate come il greco, l’albanese e l’armeno, alle quali sono da aggiungere due sottogruppi linguistici oggi estinti: le lingue anatoliche, che erano quelle parlate dagli Ittiti e il tocarico, che veniva parlato nel Turkestan cinese. Tre furono le ondate migratorie: 1. la prima, avvenuta verso il 2000 a.C, spinse verso sud gli Ittiti ed i Greci. I primi fondarono un grande impero nell’Asia Minore, mentre i secondi si diffusero progressivamente nei territori estremi della penisola balcanica e nelle isole del Mar Egeo. 2. Nel corso della seconda ondata, alcuni gruppi si spinsero fino all’India e alla Persia, formando i popoli Indiani, Medi e Persiani. L’estensione primaria di queste lingue, copre quasi tutto il continente europeo ed una buona parte dell’Asia. Dopo le grandi scoperte geografiche, le lingue indoeuropee si sono diffuse in tutti i continenti. Esse sono flessive, tutte con declinazione nominale e sistema verbale articolati. 11 3. La terza ondata migratoria di popoli Indoeuropei, interessò l’Europa occidentale e meridionale ed interessò i Veneti, i Latini, gli Osci, gli Umbri, gli Illiri ed i Celti. Dunque, perché si è diffusa in tutto il mondo la lingua indoeuropea? Perché questi popoli si sono istaurati in tutto il mondo, attraverso guerre e battaglie, influenzando la lingua del luogo fino a trasformarla. Le lingue si sono spostate e trasformate: l’indoeuropeo originario si è trasformato e si è andato ad aggiungere alle lingue del luogo. Ferdinand de Sausurre 1857-1913. Ferdinand de Saussure è considerato il padre della linguistica moderna. Egli nasce a Ginevra nel 1857 da una coltissima famiglia di scienziati, che lo inducono a intraprendere studi di chimica e fisica. Ma egli ben presto abbandona tali studi per dedicarsi alla linguistica. Contributi importanti:  Nel 1878 pubblica Memoria sul sistema primitivo delle vocali nelle lingue indoeuropee, in cui postula l’esistenza di entità vocaliche astratte, definite dalla loro funzione strutturale e non semplicemente dalla loro realtà fonetica  Neogrammatica: neogrammatici sono stati detti alcuni linguisti che hanno sostenuto il principio che le leggi dei suoni (le "leggi fonetiche"; v. dialetto; fonetica; linguaggio; linguistica) non soffrono nessuna eccezione: che, cioè, queste leggi operano con la puntualità e con la cecità delle leggi necessarie, inderogabili, imprescindibili della natura, o in modo somigliante.  La sua opera più importante, apparsa postuma nel 1916, è il Corso di linguistica generale: essa si presenta come una raccolta di note autografe e di appunti trascritti da alcuni uditori delle lezioni che egli tenne tra il 1906 e il 1911; l’opera è stata redatta da alcuni allievi di Saussure. • L’opera è di importanza capitale, poiché produce, in ambito linguistico, una vera e propria rivoluzione che si rivelerà fondamentale anche per l’avvento dello strutturalismo. • Ad avviso di Saussure, la lingua è un sistema di segni che esprimono idee. Se si ipotizza l’esistenza di una scienza generale dei segni sociali (scienza allora non ancora esistente, e 12 che Saussure battezzò col nome di “semiologia”), allora la linguistica verrà ad essere una parte di quest’ultima; e in particolare sarà la scienza che si occupa di quello specifico segno che è il “segno verbale”; la semiologia, dal canto suo, studierà anche i segni non verbali (scrittura, alfabeto dei sordomuti, riti simbolici, segnali militari, e così via). Ma la linguistica non ha per oggetto specifico il linguaggio - esso è una massa eterogenea analizzabile sotto diversi punti di vista (fisico, psichico, fisiologico, e così via) - ma piuttosto quella sua parte essenziale che è la lingua. • Ed è a questo proposito che Saussure distingue nettamente tra “lingua” e “parola”:  la prima rappresenta il momento sociale del linguaggio ed è costituita dal codice di strutture e regole che ciascun individuo assimila dalla comunità di cui fa parte, senza poterle inventare o modificare.  La parola è invece il momento individuale, cangiante e creativo del linguaggio, ossia la maniera in cui il soggetto che parla “utilizza il codice della lingua in vista dell’espressione del proprio pensiero personale”. • Saussure spiega che il segno linguistico unisce un “concetto” a una “immagine linguistica”.  Su questo presupposto, Saussure distingue tra “significato” e “significante”:  il significato è ciò che il segno esprime;  il significante è il mezzo utilizzato per esprimere il significato (l’immagine acustica). Ma il significato e il significante sono inseparabili e il loro rapporto è arbitrario: ciò è dimostrato dal fatto che, per esprimere uno stesso significato (ad esempio, sorella), le diverse lingue usano significanti diversi (sorella in italiano, soeur in francese, e così via). • Egli distingue la sfera “diacronica” della lingua da quella “sincronica”.  La linguistica sincronica studia la lingua nella sua simultaneità, cioè come essa si presenta in un certo momento;  la linguistica diacronica studia invece la lingua nella sua successione, cogliendone cioè lo sviluppo temporale. Anche se la sincronia non esclude la diacronia, Saussure sostiene il primato della dimensione sincronica: infatti, nella misura in cui la lingua è un sistema di valori determinato dallo stato momentaneo dei suoi termini, lo studioso della linguistica è necessitato a badare alla sincronia (il valore attuale di un dato termine), trascurando la diacronia. • Anche se Saussure non parla mai di “struttura”, innegabile è l’eredità da lui lasciata allo strutturalismo: in primo luogo, l’idea del carattere sistemico della lingua (ogni elemento ha un valore determinato dal rapporto con gli altri elementi); ma anche l’idea del primato della lingua sul parlante, e l’idea dell’egemonia della sincronia sulla diacronia. • L’eredità saussureiana è decisiva anche nella cosiddetta “Scuola di Ginevra”, che ha per esponenti principali gli allievi di Saussure stesso. Studi non pubblicati: 15 In campo linguistico, esperimenti analoghi furono condotti per la prima volta da Sapir, il quale sottopose ai suoi soggetti le parole senza senso "mal" e "mil", chiedendo loro di associarle a due tavole di differenti dimensioni. Nella grande maggioranza dei casi essi scelsero la vocale più aperta e più grave di /mal/ per designare la tavola di dimensioni maggiori, la vocale più chiusa e più acuta di /mil/ per quella di dimensioni minori. L'esperimento fu ripetuto in differenti condizioni e diede risultati talmente regolari che il fonosimbolismo di /i/ come emblema universale della "piccolezza" appare oggi accettato dalla gran parte della letteratura. Le opposizioni saussuriane • sincronia vs. diacronia  secondo Saussure ciò che è più importante in linguistica è la sincronia, cioè studiare un sistema linguistico in un dato momento, svelando i rapporti che intercorrono tra gli elementi che compongono la struttura di una lingua. Diacronia: studiare i cambiamenti delle lingue nel tempo. Questi possono riguardare la forma (il significante) di una parola (il latino noctem si è evoluto foneticamente nell’italiano notte) o il significato: l’etimologia dell’espressione “passare la notte in bianco” appartiene al campo della diacronia (i cavalieri medievali, la notte prima dell’investitura, vegliavano in preghiera vestiti di bianco come simbolo di purezza). • langue vs. parole Langue Parole Sociale/collettiva Individuale Astratta (mentale) Concreta (fisica) Potenziale (potenza) Effettivo (atto) Competence (Chomsky) Performance (Chomsky) La langue è l’insieme delle convenzioni adottate dai membri di una comunità per comunicare tra loro. La langue costituisce l’aspetto sociale e oggettivo del linguaggio, in contrapposizione a parole, che rappresenta invece l’aspetto individuale e soggettivo. • Linguistica interna vs. esterna  Linguistica interna: funzionamento ed evoluzione di una lingua in sé stessa cioè indipendentemente dalla società e dalla storia  lingua in sé e per sé; Linguistica esterna: influsso del mondo esterno sulla lingua.  Se le divergenze nel tempo sfuggono spesso all’'osservatore, le divergenze nello spazio saltano immediatamente agli occhi (LINGUISTICA GEOGRAFICA).  Nella diversità linguistica, si dimentica il fattore tempo, perché esso è meno concreto del fattore spazio; ma in realtà proprio dal tempo dipende la differenziazione linguistica. La diversità geografica deve essere tradotta in a. Forma maluma b. Forma takete 16 diversità temporale. ll cambiamento in sé stesso, in una parola l'instabilità della lingua, dipende dal tempo soltanto. • Rapporti sintagmatici vs. associativi  Due tipi fondamentali di relazione tra elementi linguistici:  rapporto sintagmatico: concatenamento degli elementi comunicativi (le parole o qualsiasi altro segno) considerati nel loro rapporto di contiguità (l'uno dopo l'altro);  rapporto associativo: l'insieme delle parole o dei segni con i quali, per associazione, si può sostituire ciascun elemento dell'asse sintagmatico. Le funzioni fra gli elementi situati sull'asse associativo sono "correlazioni" (disgiunzioni logiche del tipo "o ... o"), mentre le funzioni fra gli elementi che trovano posto sull'asse sintagmatico sono "relazioni" (congiunzioni logiche del tipo "e ... e"). L'asse sintagmatico di un programma televisivo è il palinsesto della serata, cioè i programmi che lo precedono e lo seguono, mentre sull'asse paradigmatico si dispongono le alternative possibili, i programmi che avrebbero potuto sostituirlo. • Il concetto di ‘valore’  La langue per Saussure è sistema di entità linguistiche che vanno delimitate, cioè non considerate a sé stanti, ma in relazione ad altre unità consimili. Le unità hanno valore perché differiscono, opponendosi le une alle altre all’interno di uno stesso sistema. Per Saussure i valori delle unità linguistiche non hanno esistenza isolata, ma sono determinati in rapporto agli altri. «nella lingua non vi sono se non delle differenze» Saussure e l’esperanto L’OCCASIONE È QUELLA DI SOTTOLINEARE L’IMPOSSIBILITÀ PER QUALSIASI LINGUA DI SVINCOLARSI DELLE LEGGI DELLA MUTABILITÀ, COMPRESO IL CASO PIÙ ETERODOSSO, QUELLO APPUNTO DELL’ESPERANTO, CHE, NONOSTANTE LA SUA ARTIFICIALITÀ, NEL MOMENTO IN CUI ENTRA NELLA SUA VITA SEMIOLOGICA SI COMPORTA DI NECESSITÀ COME TUTTE LE ALTRE. I piani della lingua I. Fonetico II. Morfosintattico fonologia fonemi fonetica foni consonantismo vocalismo 17 III. Lessicale Una frase acquista senso perché collocata in un determinato contesto. A noi servono determinate parole, in base al contesto nel quale viviamo  la lingua deriva dalla nostra esperienza del mondo. La lingua è la nostra storia: è la nostra percezione del mondo e di noi nel mondo, della nostra identità. Qual è l’unità minima dotata di Significato? • L’unità primaria con significato è un testo, perché è soltanto all’interno del testo che deduco il significato. Esso è l’unita minima di significato che acquista senso in un contesto che lo delimita. • La prima unità alla base della lingua è la frase. L’enunciato ha senso perché è parte di un testo. • Un enunciato è il racconto di un cambiamento di stato (verbo/azione) e quest’azione ha bisogno di essere complementata. Completata con i complementi. • Unità minime essenziali per il trasferimento del senso sono i complementi. • Altre unità della lingua sono le sillabe. La sillaba è qualcosa che ruota attorno al concetto di accento1, che ci serve a portare l’attenzione sulle cose. La sillaba è l’unità minima che si appoggia su una sola emissione di fiato. Abbiamo bisogno di mantenere un flusso nel parlato ed è per questo che vi sono le sillabe e si prende fiato (prosodica). 1 Esiste l’accento di sillaba, l’accento di parola e l’accento di frase. morfemi grammaticali direzionali riflessivi lessicali lessemi 20 visivo gestuale veicola principalmente gli aspetti legati alla relazione che intercorre tra gli interlocutori, mentre il canale verbale veicola principalmente gli aspetti di contenuto dei messaggi. Competenza linguistica di Fabbri e Balboni • Competenza extralinguistica: che rappresenta la capacità di produrre e ricevere messaggi attraverso: la gestualità (competenza cinetica) la distanza fisica tra gli interlocutori (competenza prossemica) gli oggetti (competenza oggettemica); • Competenza paralinguistica: la capacità di variare alcune caratteristiche del parlato come il tono (es.: frasi interrogative e affermative, allungamento delle vocali, modulazione dell'intensità dei suoni), la cadenza della pronuncia, la capacità di intercalare risate, esclamazioni, pause, sospiri. • Competenza sociolinguistica: si riferisce ai fattori socioculturali dell'uso linguistico (relazioni sociali, registri, varietà regionali) che permettono all'apprendente di padroneggiare un'estesa gamma di usi della lingua e dei linguaggi. Cenni di psico- e neurolinguistica «Si sa che per Queneau, a Cerisy, l’origine del linguaggio è una cosa che non è escluso si debba a un tipo che aveva mal di pancia e voleva dirlo. Ma Queneau ha precisato, davanti a Charbonnier: Evidentemente non ci riusciva, non c’è mai riuscito, nessuno ci riuscirà mai. Dopo questa misteriosa origine, è accaduto che gli insuccessi del linguaggio hanno condotto poco per volta gli utenti a interrogarsi su quello strano strumento, che si poteva considerare, che ti obbligava talvolta a considerarlo al di fuori della sua utilità. Ci si è accorti che si era linguaggio dalla testa ai piedi. E che, quando si credeva di avere mal di pancia, era al linguaggio che si aveva male. Che la faccenda era parecchio confusa. Che la medicina andava bene, ma che, se era al linguaggio che soffrivamo, ci voleva ben altro, benché la medicina sia anch’essa un linguaggio. Ci si è dunque messi a esplorare, o a voler esplorare il linguaggio. Si è cominciato ad aver confidenza nelle sue proprietà. Lo si è lasciato giocare da solo. I giochi di parole sono diventati il gioco delle parole in Queneau, argomenti di tesi del terzo ciclo proposto dall’eccellente Daubercies. Si sono diretti i suoi giochi, del linguaggio, si è cercato, scoperto e incoraggiato un certo numero delle sue capacità. Si è prestata molta attenzione a questa sua natura, che ha forse, o che si costituisce o che costituisce noi». competenza extralinguistica competenza paralinguistica competenza sociolinguistica competenza linguistica 21 Che cosa è il linguaggio? (Julia Joyaux, Le langage, cet inconnu) «Rispondere a questa domanda vuol dire introdursi nel cuore stesso della problematica che in tutti i tempi è stata quella dello studio del linguaggio. Ogni epoca e ogni civiltà, in conformità all’insieme del suo sapere, delle sue credenze, della sua ideologia risponde in modo diverso e vede il linguaggio in funzione delle forme che la costituiscono. […] Per poter dunque capire il linguaggio bisognerebbe seguire il cammino del pensiero, che, attraverso le epoche, e ancor prima del costituirsi della linguistica come scienza particolare, ha tratteggiato le diverse visioni del linguaggio» le principali tappe dello sviluppo del linguaggio nel bambino • Lallazione. la produzione pre-linguistica dei lattanti a partire dal settimo mese, il caratteristico balbettio del bambino che impara a parlare. • olofrase (o parola-frase). Dai 12 ai 18 mesi il bambino comincia a produrre parole fino ad un numero che può arrivare a 40/50. È il periodo della parola-frase (olofrase) che è un segno (ad esempio, una singola parola) che trasmette il significato (o contenuto) di un'intera frase. Esempio di questo fenomeno sono le parole sì, no, ecco usate in risposta a una domanda, dove il resto della risposta resta sottinteso, ma lo stesso vale anche per le interiezioni. • frase dirematica. Verso i 18 mesi, i bambini cominciano a unire le parole a due a due (enunciato "dirematico"). TEMA E REMA Dal punto di vista della comunicazione, ci sono sostanzialmente due parti:  una che si presuppone essere nota ai parlanti, e che viene chiamata molto significativamente Tema, ed è appunto l'argomento del quale la frase dice qualcosa. In questo caso si tratta del mio amico Enrico;  l'altra invece che rappresenta un’informazione nuova relativa al Tema, informazione che chi compone la frase comunica a chi la frase la riceve, e che viene chiamata Rema: l'informazione che la frase di esempio contiene è che ha fatto dei compiti molto difficili. Questo modo di vedere la frase mette maggiormente in risalto il valore comunicativo della frase: tema (quello che so) – rema (l’informazione che aggiungo) Etnolinguistica L’America di inizio Novecento, dal punto di vista linguistico, è un paese che possiede molti materiali differenti da studiare rispetto all’Ottocento. Nel Novecento è facile trovare lingue utilizzate da piccoli gruppi e gli americani iniziano ad interessarsi di linguistica e tutto cambia… Non vi è un approccio filologico alla grammatica comprata come nell’Ottocento- tutto ciò che abbiamo imparato a conoscere nella linguistica deve imparare ad adeguarsi alle situazioni che trova. Così nasce l’etnolinguistica: ci si rende conto del rapporto tra lingua ed identità/visione del gruppo. Alcune figure di riferimento: - Franz Boas - Edward Sapir - Benjamin L. Whorf 22 L’altro approccio culturale che si trova nell’America del ‘900 è un’America che inizia a studiare la comunicazione dal punto di vista pragmatico (il modello di Shannon-Weaver è simbolico). È un’America che si inizia ad interessare dei problemi delle masse.  Vi è una volontà di studiare le cose dal punto di vista pratico (studiosi della pubblicità… comunicazione). Leonard Bloomfield e il Comportamentismo La linguistica comportamentista nasce all’interno di un filone culturale più ampio: parlare di comportamentismo in linguistica significa parlare di una risacca del comportamentismo in generale, che nasce sempre in questa America del Novecento di cui abbiamo parlato su. - La linguistica non è ancillare (anche se è una disciplina nuova). Ivan Petrovic Pavlov e l’esperimento del cane: Il condizionamento classico si verifica quando uno stimolo neutro, quindi non direttamente legato a un evento, diventa però un segnale per l’evento stesso. Nell’associazione che si crea tra i due eventi, si può chiamare stimolo condizionato, il primo evento e stimolo incondizionato il secondo. È come quando, per esempio, ti immagini di mordere un limone (stimolo condizionato), e cominci a salivare (stimolo incondizionato) anche se, in realtà, il limone non c’è. Grazie ai risultati ottenuti Pavlov riuscì dunque a dimostrare che il cervello controlla i comportamenti non solo sociali, ma anche fisiologici. Pavlov arrivò a queste conclusioni svolgendo l’esperimento appunto con il…cane di Pavlov.  Il cane quando deve mangiare sbava e, se tutte le volte che gli diamo da mangiare suoniamo una campanella, egli sbaverà ogni volta che sentirà anche solo la campanellina.  Questo perché noi abbiamo degli stimoli, delle risposte… su questa idea i comportamentisti hanno creato un approccio su quello che è il modello della conoscenza. Come apprendiamo le cose? Tramite l’esperienza. La nostra mente è una tabula rasa su cui l’esperienza scrive continuamente.  Le nostre esperienze ci sono da stimolo per creare nella nostra mente dei solchi che ci consentono di apprendere, di renderci chi siamo. Come si impara una lingua secondo un comportamentista? Il bambino nasce in una società che parla una lingua e così, tramite l’esperienza, la impara. 1941: ASTP- Army Specialised Training Program in Foreign Languages il creatore è Bloomfield. Apprendimento di frasi minimali per mandare gli americani in guerra: un approccio minimo al lessico e all’uso linguistico. Programma che si rivelerà fallimentare. Noam Chomsky e l’innatismo Si pone contro il comportamentismo: noi possiamo capire e formulare frasi che non abbiamo mai sentito.  Nella nostra mente abbiamo delle parti ricorsive che possiamo aggiungere fino all’infinito ma noi l’infinito non possiamo conoscerlo tramite l’esperienza. Zelling Sabbetai Harris (1909-1992) è allievo di Bloomfield e maestro di Chomsky. Comportamentismo e innatismo non sono in opposizione: sono in opposizione contrastiva come il bianco e il nero… è un opposto che è un pendolo. 25 Inoltre, qualunque sia il punto di vista adottato, il fenomeno linguistico presenta eternamente due facce che si corrispondono e delle quali l’una non vale che in virtù dell’altra. Ecco quale esempio: - l’udito e l’articolazione fonica delle sillabe sono due momenti inscindibili tra loro e l’uno non potrebbe esistere senza l’altro e viceversa. [Le sillabe che si articolano sono impressioni acustiche percepite dall’orecchio, ma i suoni non esisterebbero senza gli organi vocali. Non è possibile ridurre la lingua al suono, né distaccare il suono dall’articolazione boccale]. - il suono, unità complessa acustico-vocale, forma con l’idea una unità complessa, fisiologica e mentale; non ha senso se è privo di un’idea mentale che lo caratterizzi; - il linguaggio ha un lato individuale e uno sociale e non si può concepire l’uno senza l’altro; - in ogni istante il linguaggio implica sia un sistema stabile sia un’evoluzione; in ogni momento è una istituzione attuale ed un prodotto del passato. Il rapporto che unisce il sistema e la sua storia è così stretto che è faticoso separarle. Un modo per evitare errori e confusioni è quello di porsi immediatamente sul terreno della lingua e prenderla per norma di tutte le altre manifestazioni del linguaggio. Ma che cos’è la lingua? Essa non va confusa con il linguaggio; essa non ne è che una determinata parte essenziale. Essa è al tempo stesso un prodotto sociale della facoltà del linguaggio ed un insieme di convenzioni necessarie, adottate dal corpo sociale per consentire l’esercizio di questa facoltà negli individui. Non è provato che la funzione del linguaggio, quale si manifesta quando noi parliamo, sia interamente naturale, nel senso che il nostro apparato vocale sia fatto per parlare come le nostre gambe per camminare. I linguisti sono lontani dall’esser d’accordo su questo punto. Per Whitney, che assimila la lingua a un’istituzione sociale alla pari di qualunque altra, è per ragioni di comodità che adoperiamo l’apparato vocale come strumento della lingua: gli uomini avrebbero potuto scegliere altrettanto bene il gesto e adoperare immagini visive anziché immagini acustiche. Per Sausurre, la lingua è un’istituzione sociale/una convenzione diversa dalle altre e la natura del segno sul quale si conviene è indifferente. Non il linguaggio parlato è naturale per l’uomo, ma la facoltà di costruire una lingua (un sistema di segni distinti corrispondenti a delle idee distinte). Ma perché il linguaggio (facoltà naturale) deve essere subordinato alla lingua (convenzionale)? Innanzi tutto, la facoltà di parlare non è un fatto del tutto artificioso, perché la forma degli organi vocali è particolarmente utile allo scopo. Inoltre, la facoltà del linguaggio è naturale per l’uomo, ma l’articolazione del linguaggio (ovvero la distinzione tra le varie parti che si compie nel momento in cui si codifica un’informazione sonora) è invece artificiale. In terzo luogo, la facoltà del linguaggio è stata localizzata in un’area ben precisa del cervello, chiamata area di Broca proprio grazie a colui che la scoprì.  La facoltà, naturale o no, di articolare parole si esercita per merito dello strumento creato e fornito dalla collettività. È dunque la lingua che fa l’unità del linguaggio. Il posto della lingua tra i fatti del linguaggio si trova nel circuito della parole, del quale è necessario ricostruire il percorso. Il punto di partenza del circuito è nel cervello di uno dei due individui in cui i fatti di coscienza (concetti) si trovano associati alle rappresentazioni dei segni linguistici o immagini acustiche che servono alla loro espressione. Se un dato concetto fa scattare nel cervello una corrispondente immagine acustica è un fenomeno interamente psichico, seguito a sua volta da un processo fisiologico: il cervello trasmette agli organi della fonazione un impulso correlativo all’immagine; poi le onde sonore si propagano dalla bocca di A all’orecchio di B: processo fisico. Successivamente, il circuito si prolunga in B in un ordine inverso: dall’orecchio al cervello, trasmissione fisiologica dell’immagine acustica; nel cervello, associazione psichica di questa immagine con il concetto corrispondente. 26  Questa analisi fa comprendere immediatamente che l’immagine verbale è una parte psichica e non va assolutamente confusa con il suono, che è invece fisico.  COMUNICAZIONE = relazione tra AUDIZIONE e FONAZIONE, due processi fisiologici, + PROCESSI PSICHICI. Il circuito può dividersi ulteriormente in: i. Parte esteriore (vibrazione dei suoni che vanno dalla bocca all’orecchio) e parte interiore comprendente il resto; ii. Parte psichica (fatti fisiologici) e parte non psichica (fatti fisici); iii. Parte attiva (dal centro di associazione di un soggetto all’orecchio dell’altro) e parte passiva (dall’orecchio al centro di associazione); iv. Nella parte psichica localizzata nel cervello si può chiamare esecutivo tutto ciò che è attivo e ricettivo tutto ciò che è passivo. Bisogna aggiungere una facoltà di associazione e coordinamento, che si manifesta in quanto non si parla più di segni isolati, ma di una loro organizzazione. Questa parte è fondamentale per organizzare la lingua in un sistema. Questa facoltà nasce nell’aspetto sociale del linguaggio, e non trova la sua origine né nella parte fisica né nella parte psichica (che in quanto esecuzione puramente individuale sarà chiamata parole), ma nella parte ricettiva e coordinativa, che fa nascere delle impronte simili per tutti. La lingua diventa dunque il patrimonio compreso in tutte le conoscenze dei parlanti. Il legame sociale che costituisce la lingua è un tesoro depositato dalla pratica della parole nel cervello di un insieme di individui, dato che la lingua non è completa in nessun singolo individuo, ma esiste perfettamente soltanto nella massa. Separando la lingua dalla parole si separa allo stesso tempo ciò che è sociale da ciò che è individuale e ciò che è essenziale da ciò che è accessorio e più o meno accidentale. La lingua resta distinta dalla parole perché dove la prima è sociale e necessaria, la seconda è individuale e contingente. La lingua non è una funzione del soggetto parlante: è il prodotto che l’individuo registra passivamente. La parole al contrario è un atto individuale di volontà e di intelligenza, nel quale conviene distinguere le particolari espressioni con cui il soggetto utilizza la lingua per esprimersi e il meccanismo psico-fisico che gli permette di esternare le proprie espressioni. I principali caratteri della lingua: 1. È un oggetto ben definito nell’insieme caotico dei fatti del linguaggio. Si trova nel punto (psichico) in cui un’immagine acustica si associa con un concetto. È la parte sociale del linguaggio; è esterna all’individuo, che non ha la facoltà di modificarla; è il frutto di un patto sociale tra i parlanti. 2. La lingua, distinta dalla parole, può essere studiata indipendentemente dagli altri fatti del linguaggio. 3. I segni della lingua sono tangibili; la scrittura può fissarli in immagini convenzionali, mentre sarebbe impossibile fotografare in tutti i loro dettagli gli atti della parole. La lingua, così delimitata nell’insieme dei fatti di linguaggio, è classificabile tra i fatti umani, mentre il linguaggio non lo è. 27 La lingua è il più importante dei sistemi di segni esprimenti delle idee. La semiologia è la scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale. La linguistica è solo una parte di questa scienza generale. Il compito del linguista è definire ciò che fa della lingua un sistema speciale nell’insieme dei fatti semiologici. Capitolo IV LINGUISTICA DELLA LINGUA E LINGUISTICA DELLA “PAROLE” Lo studio del linguaggio comporta due parti: 1. l’una ha per oggetto la lingua, che nella sua essenza è sociale e indipendente dall’individuo; questo studio è unicamente psichico; 2. l’altra, secondaria, ha per oggetto la parte individuale del linguaggio, vale a dire la parole, compresa la fonazione; essa è psicofisica. I due oggetti sono strettamente legati e si suppongono a vicenda: la lingua è necessaria perché la parole sia intelligibile e produca tutti i suoi effetti; ma la parole è indispensabile perché la lingua si stabilisca… il fatto di parole precede sempre  Solo ascoltando gli altri apprendiamo la nostra lingua materna; essa giunge a depositarsi nel nostro cervello solo in seguito a innumerevoli esperienze. È la parole che fa evolvere la lingua: sono le impressioni ricavate ascoltando gli altri che modificano sensibilmente le nostre abitudini linguistiche. Vi è dunque interdipendenza tra la lingua e la parole; la prima è nello stesso tempo lo strumento e il prodotto della seconda. Ma ciò non impedisce che esse siano due cose assolutamente distinte. La lingua esiste in ciascun individuo pur essendo comune a tutti e collocata fuori della volontà dei depositari. OCCORRE UNA MASSA PARLANTE PERCHÉ VI SIA UNA LINGUA. La parole è la somma di ciò che la gente dice, le combinazioni individuali e gli atti di fonazione. Non vi è nulla di collettivo nella parole.  Per questo si può parlare di linguistica, che ha come oggetto la lingua, e linguistica della parole… Capitolo V ELEMENTI INTERNI ED ESTERNI DELLA LINGUA La nostra definizione della lingua implica che da essa escludiamo tutto ciò che è fuori dal suo “sistema”, tutto ciò che rientra nel termine linguistica esterna. Questa linguistica tuttavia si occupa di cose importanti ed è ad essa che si pensa quando si intraprende lo studio del linguaggio. Si tratta di tutti i punti in cui la linguistica confina con l’etnologia, di tutte le relazioni che possono esistere tra la storia d’una lingua e quella d’una razza o d’una civiltà: queste due storie si mescolano e intrecciano rapporti reciproci. I costumi d’una nazione incidono sulla sua lingua e, d’altra parte, è proprio la lingua che fa la nazione. Bisogna anche menzionare le relazioni esistenti tra la lingua e la storia politica. La colonizzazione trasporta un idioma in ambienti diversi, il che produce cambiamenti nell’idioma. La politica interna degli stati non è meno importante per la vita delle lingue: vi sono governi che ammettono la coesistenza di più lingue, altri aspirano all’unità linguistica. Un grado avanzato di civiltà favorisce lo sviluppo di lingue speciali (lingua giuridica, terminologia scientifica…). Questo ci porta a un terzo punto: le relazioni tra la lingua e le istituzioni di tutti i tipi, la Chiesa, la scuola ecc.. la lingua letteraria che entra in conflitto con i dialetti locali; il linguista deve esaminare i rapporti reciproci tra la lingua dei libri e la lingua corrente, dato che ogni lingua letteraria, prodotto della cultura, giunge a distaccare la sua sfera d’esistenza dalla sfera naturale, quella della lingua parlata. Rientra nella linguistica esterna anche tutto ciò che riguarda l’estensione geografica delle lingue e il frazionamento dialettale. 30 La delimitazione dei suoni nella catena parlata può dunque poggiare solo sull’impressione acustica; ma per la loro descrizione le cose stanno diversamente. Essa non potrebbe esser fatta che sulla base dell’atto articolatorio perché le unità acustiche prese dalla propria catena sono inanalizzabili.  Il fonema è la somma delle impressioni acustiche e dei movimenti articolati, dell’unità udita e dell’unità parlata.  Un fonema è una unità linguistica dotata di valore distintivo, ossia un’unità che può produrre variazioni di significato se scambiata con un’altra unità: ad esempio, la differenza di significato tra l’italiano tetto e detto è il risultato dello scambio tra il fonema t e il fonema d.  È una rappresentazione fonica astratta.  Suono: rappresentazione concreta. Dopo aver analizzato un numero sufficiente di catene parlate appartenenti a diverse lingue, si arriva a conoscere e classificare gli elementi con i quali esse operano; si constata allora che, se si tralasciano sfumature acusticamente indifferenti, il numero delle specie date non è indefinito. L’apparato vocale Possiamo dividerlo in: • Cavità nasale La cavità nasale è un organo del tutto immobile. Il passaggio dell’aria può essere fermato dall’innalzamento dell’ugola: o si apre o si chiude, non c’è una via di mezzo. • Cavità boccale Qui è essenziale distinguere: → le labbra; → la lingua; → i denti superiori; → il palato che comprende:  parte anteriore, ossea e inerte;  parte posteriore, molle e mobile. → l’ugola. La cavità boccale, rispetto alle altre, offre un ‘gioco’ molto vario: si può aumentare la lunghezza del canale con le labbra; gonfiare o rilassare le guance; restringere e perfino chiudere la cavità con i movimenti diversi delle labbra e della lingua. • La laringe, contenente la glottide e le due corde vocali La glottide è formata da due muscoli paralleli, conosciuti come corde vocali, che si apre per il loro allontanarsi o si chiude per il loro avvicinarsi. L’apertura può essere larga o stretta  Se è larga, l’aria passa liberamente e le corde non vibrano; se è stretta, il passaggio dell’aria determina le vibrazioni sonore. Così avviene la normale emissione di suoni. Il ruolo di queste cavità nella produzione di suoni è dato dalla loro diversa mobilità. Nella produzione del suono, i fattori che possono entrare in gioco sono l’espirazione, l’articolazione boccale, la vibrazione della laringe e la risonanza nasale. Bisogna stabilire per ogni fonema quale è la sua articolazione boccale, se comporta un suono laringale o no o se comporta una risonanza nasale oppure no. Quando uno di questi tre elementi non è determinato, l’identificazione del suono è incompleta, ma quando siano noti tutti e tre, le loro diverse combinazioni determinano tutte le specie essenziali di atti fonatori. Generalmente i suoni si classificano secondo il luogo della loro articolazione. - Occlusive  Questa classe comprende tutti i fonemi ottenuti con la chiusura completa della cavità boccale. Abbiamo tre tipi di occlusive:  il tipo labiale (p, b, m) che si articola con le due labbra; 31  il tipo dentale (t, d, n) dove l'estremità della lingua si applica sul davanti del palato;  il tipo gutturale (k, g) dove il dorso della lingua è in contatto con il dietro del palato. - Fricative o Spiranti  Caratterizzate da una chiusura incompleta della cavità boccale, che permette il passaggio dell'aria causando una specie di sfregamento. In questa classe non abbiamo solo tre tipi perchè:  le labiali propriamente dette sono assai rare, esse sono rimpiazzate da labiodentali prodotte dal ravvicinamento del labbro inferiore ai denti (f e v in francese);  le dentali si dividono in più varietà, a seconda della forma presa dalla punta della lingua. (s,z). - Nasali  m, n sono propriamente delle occlusive sonore nasalizzate: quando si pronuncia amba l'ugola si alza per chiudere le fosse nasali. - Liquide  In questa classe abbiamo due tipi di articolazioni:  Laterale, quando la lingua si appoggia contro la parte anteriore del palato, lasciando però un'apertura a destra e sinistra (l);  Vibrante, la lingua è meno raccostata al palato che per la L, ma vibra. - VOCALI I U  Questi suoni presuppongono una chiusura considerevole, piuttosto vicina a quella delle consonanti. I si pronuncia con le labbra contratte; U con le labbra arrotondate. - VOCALI E O  La cui articolazione corrisponde rispettivamente a quella di i u. - VOCALE A  Apertura massima. Quando è un’unita semplice a cambiare, tipo che in una data lingua ogni a diventa o, non interessa molto ai linguisti, ci si limita ad esaminare il fenomeno. La scienza del suono, la fonologia, viene in aiuto quando sono due o più elementi interdipendenti che cambiano- gruppi binari o catene di fonemi.  La fonologia combinatoria circoscrive le possibilità e fissa le relazioni costanti dei fonemi interdipendenti. Partiamo da un’osservazione: quando si pronuncia il gruppo “appa” si percepisce una differenza tra le due p, di cui una corrisponde a una chiusura, l’altra ad un’apertura.  Si è chiamata la chiusura implosione e l’apertura esplosione > <. Esse sono diverse dal punto di vista della durata, infatti l’apertura è rapida e rimane più a lungo nell’orecchio… si apprezza di più.  Nello stesso senso si può parlare di suoni chiudenti e di suoni aprenti.  Non bisogna confondere il movimento di chiusura o apertura richiesto dall’emissione dei suoni con le diverse aperture dei suoni stessi. Qualsiasi fonema può essere tanto implosivo che esplosivo: è tuttavia vero che l’apertura influisce sull’implosione e sull’esplosione, nel senso che la distinzione dei due movimenti diventa tanto meno netta quanto maggiore è l’apertura del suono. Principi generali Capitolo I NATURA DEL SEGNO LINGUISTICO Si è visto, a proposito del circuito della parole, che i termini implicati nel segno linguistico sono entrambi psichici ed uniti nel nostro cervello dal legame dell’associazione. Il segno linguistico unisce un concetto e un’immagine acustica. Quest’ultima è la traccia psichica del suono materiale, la rappresentazione che ci viene data dalla testimonianza dei nostri sensi: essa è sensoriale. 32 Il segno linguistico possiede due caratteri primordiali. 1. Primo principio: l'arbitrarietà del segno  Il legame che unisce il significato al significante è arbitrario, in quanto non esiste alcun particolare motivo per il quale un specifico concetto debba venire collegato ad una specifica immagine acustica. Da ciò risulta che il segno linguistico è arbitrario. D’altro canto, quando si parla di arbitrarietà non si deve intenderla nella facoltà di un parlante di attribuire a un significato un significante, bensì nel fatto che questa attribuzione è del tutto immotivata. Anche le onomatopee sono, in fin dei conti, frutto di una scelta arbitraria, così come le esclamazioni; infatti anch’esse subiscono l’evoluzione propria di ogni segno. 2. Secondo principio: carattere lineare del significante  Il significante, essendo di natura auditiva, si svolge soltanto nel tempo ed ha i caratteri che trae dal tempo: a. Rappresenta un’estensione b. Tale estensione è misurabile in una sola dimensione: è una linea. Infatti, i significanti acustici non dispongono che nella linea del tempo: i loro elementi si presentano uno dopo l’altro, formano una catena. Tale carattere appare immediatamente quando si scrive. Immutabilità e mutabilità del segno IMMUTABILITÀ  Se in rapporto all’idea che rappresenta, il significante appare scelto liberamente, per contro, in rapporto alla comunità linguistica che l’impiega, non è libero, ma è imposto. La massa stessa non può esercitare la sua sovranità neppure su una sola parola: essa è legata alla lingua qual è. In qualsiasi epoca la lingua appare sempre come un’eredità dell’epoca precedente. Di fatto nessuna società conosce e ha mai conosciuto la lingua altro che come un prodotto ereditato dalle generazioni precedenti e da accettare tale e quale. Tuttavia si può obiettare che anche un’eredità è in qualche modo modificabile. Per rispondere a questa obiezione bisogna collocarsi nell’ambito sociale, cercando di spiegare perché la trasmissione escluda totalmente la possibilità di un cambiamento generale e improvviso. Le risposte a questa domanda sono quattro: 1. Il carattere arbitrario del segno: questa caratteristica rende impossibile la mutabilità del segno con un atto volontario. Infatti, se il significante è stato attribuito con un atto immotivato, non c’è alcuna ragione per sostituirlo con un altro. Non si può discutere riguardo a qualcosa che non è fondato su una norma ragionevole. 2. La moltitudine dei segni necessari a costituire qualsiasi lingua: è materialmente impossibile sostituire una parte rilevante degli innumerevoli segni che costituiscono una lingua. Il carattere psichico delle nostre immagini acustiche appare bene quando noi osserviamo il nostro linguaggio…  Senza muovere le labbra né la lingua possiamo parlare tra noi o recitarci mentalmente un pezzo di poesia. Il segno linguistico è dunque un’entità psichica a due facce: concetto (significato) e immagine acustica (significante). 35 Malgrado questo, la mossa ha incidenza su tutto il sistema; può avere importanza minima, media o massima, rivoluzionandolo. La stessa cosa avviene nella lingua. Negli scacchi ogni posizione ha il singolare carattere d’essere indipendente dalle precedenti; è indifferente che vi si sia arrivati per una via oppure per un’altra; conoscerla non apporterebbe nessun vantaggio al giocatore; così è per la sincronia e diacronia nello studio della lingua. La parole opera sempre e solo su uno stato di lingua ed i mutamenti che intervengono tra gli stati non vi hanno alcun posto. Il paragone non regge solo per un aspetto: il giocatore di scacchi ha l’intenzione di operare lo spostamento e di esercitare un’azione sul sistema; invece la lingua non premedita niente: i suoi pezzi si spostano o piuttosto si modificano, spontaneamente e fortuitamente. Ancora su sincronia e diacronia… L’aspetto sincronico domina sull’altro, poiché per la massa parlante è la vera ed unica realtà. Anche i metodi di ciascun ordine sono diversi, e in due modi: 1. La sincronia conosce una sola prospettiva, quella dei soggetti parlanti, e tutto il suo metodo consiste nel raccogliere le loro testimonianze; la realtà di un fatto sarà tale solo in quella esistente nella loro coscienza. La linguistica diacronica al contrario, deve distinguere due prospettive, l’una prospettica, che segue il corso del tempo, l’altra retrospettiva, che risale lo stesso corso. 2. La sincronia opera essenzialmente su una sola lingua mentre la diacronia si occupa di numerose lingue per compiere le sue comparazioni. I l fenomeno sincronico non ha niente in comune con il diacronico; l’uno è un rapporto tra elementi simultanei, l’altro è la sostituzione di un elemento ad un altro nel tempo, ossia è un avvenimento.  Legge sincronica e legge diacronica La lingua è un fatto sociale e da ciò segue che deve essere governata da leggi analoghe a quelle che reggono la collettività. Ora qualsiasi legge sociale possiede due caratteri fondamentali:  È imperativa  È generale Le leggi della lingua rispondono a questa definizione? Per capirlo, bisogna separare una volta in più le due sfere del sincronico e del diacronico. La legge sincronica è generale, ma non è imperativa. Senza dubbio essa si impone agli individui con la costrizione dell’uso collettivo, ma noi non scorgiamo qui una obbligazione relativa ai soggetti parlanti. L’ordine che essa definisce è precario proprio perché non è imperativo. Insomma, se si parla di legge in sincronia ciò è nel senso di sistemazione, di principio di regolarità. La diacronia suppone invece un fattore dinamico dal quale deriva un effetto. Ma questo carattere imperativo non basta perché si applichi la nozione di legge ai fatti evolutivi. Infatti, perché accada un cambiamento si presuppone l’esecuzione di qualcosa, e qui sta l’imperatività: ma essa si applica di volta in volta solo ad avvenimenti accidentali e particolari. Le eventuali modificazioni al sistema che introduce le sono estranee.  I fatti diacronici sono particolari; lo spostamento di un sistema si produce sotto l’azione di avvenimenti che non soltanto gli sono estranei, ma che sono isolati e non formano sistema tra loro. Riassumendo I fatti sincronici presentano una certa regolarità ma non hanno alcun carattere imperativo; i fatti diacronici, al contrario, si impongono alla lingua, ma non hanno niente di generale. Né gli uni né gli altri sono retti da leggi nel senso definito più in alto, e se si vuole parlare di leggi linguistiche questo termine ricoprirà significazioni totalmente differenti a seconda che sia applicato a cose dell’uno o dell’altro ordine. Essa cioè si impone e si estende a tutti i casi. 36 C’è un punto di vista pancronico2? Fino a questo momento, abbiamo utilizzato il termine ‘legge’ con l’accezione del campo giuridico. Ma potrebbero esistere nella lingua delle leggi nel senso in cui si intendono le leggi fisiche o scientifiche, cioè in senso pancronico? Senza dubbio. E così poiché si producono e si produrranno sempre mutamenti fonetici, si può considerare questo fenomeno in generale come uno degli aspetti costanti del linguaggio: ecco quindi una delle sue leggi.  In linguistica, come nel gioco degli scacchi, ci sono regole che sopravvivono a qualsiasi evento. Ma si tratta di principi generali esistenti indipendentemente dai fatti concreti; in quanto si parli di fatti particolari e tangibili, non c’è punto di vista pancronico. Ad esempio, ogni cambiamento fonetico è limitato a un tempo, quindi esiste diacronicamente. È proprio un criterio in base al quale si può riconoscere ciò che fa parte della lingua e ciò ne è estraneo. Un fatto concreto suscettibile di una spiegazione pancronica non appartiene ai fatti di lingua. Il punto di vista pancronico non raggiunge mai i fatti particolari della lingua. Tutto quanto nella lingua è diacronico non lo è che per la parole. Nella parole si trova il germe di tutti i cambiamenti: ciascuno è inizialmente lanciato da un certo numero di persone prima di entrare nell’uso. Non tutte le innovazioni della parole hanno lo stesso successo, e finché restano individuali, non dobbiamo tenerne conto; esse rientrano nel nostro campo di osservazione soltanto al momento in cui la collettività le ha accolte. Un fatto di evoluzione è sempre preceduto da un fatto, o piuttosto da una moltitudine di fatti similari nella sfera della parole. Nella storia di ogni innovazione si incontrano sempre due momenti distinti: - il momento in cui sorge presso gli individui; - il momento in cui è diventata un fatto di lingua, esteriormente identico, ma adottato dalla collettività. Le due parti della linguistica, così delimitate, costituiranno una dopo l’altra l’oggetto del nostro studio. → La linguistica sincronica si occuperà dei rapporti logici e psicologici colleganti termini coesistenti e formanti sistema, così come sono percepiti dalla stessa coscienza collettiva. → La linguistica diacronica studierà invece i rapporti colleganti termini successivi non percepiti da una medesima coscienza collettiva, e che si sostituiscono gli uni agli altri senza formar sistema tra loro. Noi studieremo solo la linguistica sincronica. LINGUISTICA SINCRONICA Capitolo I Generalità L’oggetto della linguistica sincronica generale è stabilire i principi fondamentali di ogni sistema, i fattori costitutivi di qualsiasi stato di lingua… come ad esempio le proprietà generali del segno. È alla sincronia che appartiene tutto ciò che si chiama grammatica generale. Uno stato di lingua non è un punto, ma è uno spazio di tempo più o meno lungo durante il quale la somma delle modificazioni sopravvenute è minima. 2 Che prescinde da una collocazione o dimensione temporale. 37 Una lingua cambierà a malapena durante un lungo intervallo, e subirà poi delle trasformazioni considerevoli in qualche anno. Di due lingue coesistenti in un medesimo periodo l’una può evolversi molto e l’altra quasi per niente. La nozione di stato di lingua non può essere che approssimativa: in linguistica statica nessuna dimostrazione è possibile senza una semplificazione convenzionale dei dati. Capitolo II Le entità concrete della lingua I segni di cui una lingua è composta sono degli oggetti reali. Essi ed i loro rapporti sono ciò che la linguistica studia  possono essere chiamati le entità concrete di questa scienza.  L’entità linguistica non esiste che per la associazione del significante e del significato. Appena si considera uno solo di questi elementi, essa svanisce. Una sequenza di suoni è linguistica soltanto se è il supporto di un’idea. Per esempio col significato, se lo si separa dal suo significante, concetti come casa, bianco, vedere, considerati in sé stessi, appartengono alla psicologia; essi diventano entità linguistiche soltanto per associazione con immagini acustiche.  L’entità linguistica non è completamente determinata se non quando è delimitata, separata da tutto ciò che la circonda nella catena fonica. La lingua è una massa indistinta in cui l’attenzione e l’abitudine sole possono farci trovare deli elementi particolari. L’unità è una porzione di sonorità che è, ad esclusione di ciò che precede e di ciò che segue nella catena parlata, il significante di un certo concetto. Chi possiede una lingua ne delimita le unità con un metodo molto semplice, almeno in teoria… METODO DI DELIMITAZIONE.  Esso consiste nel collocarsi nella parole, considerata come documento della lingua, e nel rappresentarla mediante due catene parallele, quella dei concetti e quella delle immagini acustiche. Una delimitazione corretta esige che le divisioni stabilite nella catena acustica corrispondano a quelle della catena dei concetti. Come verifica, si può ricercare la stessa unità in un’altra frase e constatare se essa ha lo stesso significato oppure no. Si osservino i due membri di frase “la force du vent” e “à bout de force”: nell’uno come nell’altro lo stesso concetto coincide con la stessa porzione fonica; è dunque proprio un’unità linguistica. Ma in “il me force a parler”, force ha un senso del tutto diverso; è dunque un’altra unità. Se assumiamo che le unità siano le parole, questo metodo sembra di semplice applicazione, ma in realtà non è così. Infatti basta considerare il singolare e il plurale di una parola: sono due parole diverse o due forme della stessa parola? Se da una parte non si può ignorare il legame che le unisce, dall’altra bisogna constatare che sia dal punto di vista del significato che da quello del significante si tratta di due entità diverse. Dunque l’unità non è la parola, e non può essere ricercata neanche nelle frasi, perché nella loro grandissima diversità ciò che le accomuna sono proprio le parole, per cui si torna al punto di partenza. La lingua è un sistema basato completamente sull’opposizione delle sue unità concrete. Non si può evitare di conoscerle né è possibile fare un passo senza ricorrere ad esse; e tuttavia la loro delimitazione è un problema tanto delicato che ci si domanda se esse sono realmente date. La lingua presenta dunque questo carattere strano e stupefacente di non offrire entità percepibili immediatamente, senza che si possa dubitare tuttavia che esse esistono e che proprio il loro gioco costituisce la lingua. In ciò vi è senza dubbio un tratto che la distingue da tutte le altre istituzioni semiologiche. 40 Rapporti sintagmatici e rapporti associativi La lingua si basa su differenze e rapporti tra termini, e questi rapporti possono essere di due tipi: - Sintagmatici: I termini acquistano valore sintagmatico solo perché, posti in un sintagma (cioè una combinazione di due o più elementi consecutivi- sintagma per eccellenza è la frase) si oppongono alle altre unità dello stesso sintagma. Ogni termine della combinazione non è autonomo ma è relazionato al suo contesto sintagmatico, ovverosia agli elementi contigui, da cui riceve il valore: “Posto in un sintagma, un termine acquisisce il suo valore solo perché è opposto a quello che precede o a quello che segue ovvero a entrambi”. I rapporti sintagmatici si basano su termini presenti effettivamente in una produzione reale. - Associativi: I rapporti associativi nascono nella mente e legano un termine ad altri già presenti nella lingua di ciascun individuo a causa di similarità di qualche tipo tra queste unità. Le serie associative mentali non si formano in modo caotico, ma ordinato in base alle similitudini che un termine può generare. Dunque ci possono essere più rapporti, in base alle associazioni che la mente può creare. Esse possono essere di natura fonetica, di significato o entrambe. Una parola può richiamare tutto ciò che può esserle associato in un modo o nell’altro, senza una necessità di ordine preciso, e dunque si possono generare un numero indefinito di rapporti. La serie associativa è quindi caratterizzata da un ordine indeterminato e da un numero indefinito.  Il rapporto sintagmatico è in praesentia; esso si basa su due o più termini egualmente presenti in una serie effettiva- il loro supporto è l’estensione. Il rapporto associativo unisce i termini in absentia in una serie mnemonica virtuale- il loro supporto è la simultaneità. Capitolo V Meccanismo della lingua L’insieme delle differenze foniche e concettuali che costituisce la lingua risulta dunque da due tipi di comparazioni; gli accostamenti sono talora associativi, talora sintagmatici; i raggruppamenti dell’uno e dell’altro ordine sono stabiliti dalla lingua; è questo insieme di rapporti usuali che la costituisce e che presiede al suo funzionamento. Quasi tutte le unità della lingua dipendono sia da ciò che le circonda nella catena parlata, sia dalle parti successive di cui esse stesse si compongono: si tratta di solidarietà sintagmatiche. La formazione delle parole basta a mostrarlo. Ad esempio, in una parola il radicale e la desinenza, separatamente, non hanno senso3; solo la loro combinazione produce una unità. Allo stesso modo questa unità deve essere inserita in contesto significativo per poter avere a sua volta un valore. Quando si produce un sintagma, le sue parti diventano analizzabili solo in quanto contemporaneamente nella mente si generano dei rapporti associativi con altri termini simili. Solo se si realizzano queste molteplici associazioni il sintagma diventa scomponibile nelle sue parti, altrimenti non si tratta più di un sintagma. Nella nostra memoria sono presenti tutti i sintagmi  nel momento in cui essi devono essere utilizzati, si generano una serie di rapporti associativi di opposizione che rendono possibile la costruzione del segno. Questo principio vale per tutti i sintagmi, dai più complessi (le frasi) ai più semplici (i singoli fonemi, qualora abbiano un valore). 3 Una unità come désireux si decompone in due sottounità (désir + eux). È un prodotto, una combinazione di due elementi solidali, che hanno valore soltanto per la loro azione reciproca in un’unità superiore (désir x eux) 41 Il principio fondamentale dell’arbitrarietà del segno non impedisce di distinguere in ciascuna lingua ciò che è radicalmente arbitrario da ciò che lo è solo relativamente. Solo una parte dei segni è assolutamente arbitraria; il segno, quindi, può essere relativamente motivato. Dunque, l’arbitrarietà del segno non impedisce di riconoscere un certo grado di motivazione in alcuni segni particolari. Se si tratta infatti di segni sintagmatici composti da sotto-unità facilmente individuabili (come ad esempio corrimano), l’analisi permette di ritrovare le sue componenti, quindi un rapporto sintagmatico; inoltre troviamo il richiamo a uno o altri termini, quindi un rapporto associativo. Questo richiamo di ordine sintagmatico e associativo limita l’arbitrarietà. Tuttavia, le unità componenti una parola sono comunque arbitrarie, e il valore del termine totale non è dato dalla loro somma ma dal loro prodotto.  Questo carattere della limitazione dell’arbitrarietà è proprio delle lingue.  Esse non sono né del tutto motivate né del tutto immotivate, e tra i due estremi si possono collocare tutte. Si può affermare che le più immotivate sono le più lessicologiche (sanscrito), mentre le più motivate sono le più grammaticali (cinese). Capitolo VII La grammatica e le sue suddivisioni La grammatica studia la lingua in quanto sistema di mezzi d’espressione; chi dice grammaticale dice sincronico e significativo, e poiché nessun sistema è allo stesso tempo valido per più epoche, non c’è una “grammatica storica”. Si è convenuto di chiamare grammatica la morfologia e la sintassi riunite, mentre la lessicologia o scienza delle parole ne è esclusa. - La morfologia tratta delle diverse categorie di parole e delle differenti forme della flessione. - La sintassi ha per oggetto le funzioni connesse alle unità linguistiche, mentre la morfologia non considera che la loro forma. Una declinazione non è né una lista di forme né una serie di astrazioni logiche, ma una combinazione delle due cose; forme e funzioni sono solidali, ed è difficile, per non dire impossibile, separarle. Linguisticamente, la morfologia non ha un progetto reale ed autonomo; essa non può costituire una disciplina distinta dalla sintassi.  In conclusione, le divisioni tradizionali della grammatica possono avere la loro utilità pratica, ma non corrispondono a distinzioni naturali e non sono unite da alcun nesso logico.
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