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APPUNTI LEZIONI PSICOLOGIA DELLA DISABILITÀ E DELL'INTEGRAZIONE A.A. 2021-2022, Appunti di Psicologia Generale

Appunti delle lezioni del Corso di Psicologia delle disabilità e dell'integrazione tenuto dalla Prof.ssa Farina, A.A. 2021-2022.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 09/03/2022

Erica.A
Erica.A 🇮🇹

4.3

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Scarica APPUNTI LEZIONI PSICOLOGIA DELLA DISABILITÀ E DELL'INTEGRAZIONE A.A. 2021-2022 e più Appunti in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! PSICOLOGIA DELLE DISABILITÀ E DELL’INTEGRAZIONE A.A. 2021-2022 Prof.ssa Farina IL CORSO Il nome del corso non piace alla prof perchè contiene il termine INTEGRAZIONE, che quando è nata la disciplina in realtà aveva un buon intento ma poi trascina con sé l'idea di disabilità come limite. Un titolo più adeguato può essere “psicologia delle disabilità e dell’inclusione”; anche il termine delle disabilità rimanda a tutto il paradigma dell’etichettamento: dare delle etichette a delle cose. Sono certo importanti le etichette ma catturano un pochino troppo la nostra attenzione e se vengono appiccicate bene, anche se un giorno vengono tolte, rimane comunque il segno della colla. L’ottica di base del corso è quella sistemica . Approccio sistemico: nato tanti anni fa, si tratta di un approccio interdisciplinare che coinvolge diverse discipline. L’approccio sistemico relazionale ritiene che, per conoscere fenomeni complessi (come il comportamento umano, le comunicazioni interpersonali e familiari, le organizzazioni aziendali ed istituzionali, le interazioni tra uomo e natura) sia importante indagare le relazioni tra gli elementi di quel fenomeno ed il contesto nel quale questo avviene, più che i singoli elementi. Inoltre, secondo tale approccio, i fenomeni complessi non rispondono a logiche lineari e prevedibili (una causa, un effetto sicuro), ma a meccanismi più complessi di causalità circolare, nei quali causa ed effetto sono legati ricorsivamente e non è possibile stabilire dove vi sia l’inizio del processo se non in modo arbitrario, e per i quali condizioni di partenza simili possono avere conseguenze molto diverse, pertanto la prevedibilità è solo ipotetica. Anche l’insegnante è all’interno del sistema: i feedback che condividiamo modificano il sistema e l’andamento delle lezioni all’interno della classe. Nel contesto scolastico-formativo, utilizzare un approccio sistemico-relazionale significa non considerare i singoli soggetti (alunno, docente, dirigente, genitori…) in maniera separata, ma come parte di un sistema aperto, complesso ed in evoluzione non prevedibile. Così, un improvviso calo nel rendimento di un alunno verrà considerato come un messaggio, una comunicazione di difficoltà all’interno delle relazioni con un sistema complesso, che potrà essere preso in considerazione per formulare domande ed ipotesi , con l’obiettivo non di trovare “la causa” e quindi di fornire “la soluzione” (che spesso si rivela di breve durata), ma di dare spazio ai significati attribuiti dai partecipanti al sistema, agli effetti che il “sintomo” ha e alla possibilità di co-costruire azioni che permettano al sistema di trovare un nuovo equilibrio. Corso diviso concettualmente in due parti: ● Parte I: temi trasversali (pregiudizi, ascolto, analisi funzionale, concetto di disabilità – modello bio-psico-sociale, famiglia); 1 ● Parte II: analisi e riflessioni su diverse disabilità (disabilità motoria e intellettiva, disturbo da Deficit dell’Attenzione e dell’Iperattività, disturbi dello spettro dell’Autismo, disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo della condotta, disabilità sensoriali, epilessia, talento). (Viene fatto vedere il calendario del corso che è pubblicato e di volta aggiornato) PSICOLOGIA DELLE DISABILITÀ… Ha come oggetto di studio e di intervento la persona con disabilità – e non la disabilità - nelle varie fasi della sua vita (ci si allontana dall’ottica della fotografia, dal fissare la persona in un determinato momento), la famiglia e i contesti in cui interagisce con gli altri. Il focus è la persona che ha diverse caratteristiche che trascendono la sola disabilità. Non ha senso parlare di una disabilità (o di malattia) senza fare riferimento ad una persona che ce l’ha e al suo funzionamento. La malattia non è un’entità quindi se non c’è una persona che ce l’ha allora non ha senso di esistere. Esempio : pensiamo ad una persona con sindrome di Down… come ve la immaginate? Uomo o donna? Bambino o bambino? (Chiara si immagina un uomo adulto ma non per tutti è così, molti invece si immaginano magari una persona che ha incontrata nel corso della vita. Questo esemplifica come quando si parla di disabilità ci si immagina in fondo sempre una persona Inoltre è una persona che cresce ed evolve nella vita: si vuole andare oltre all’intento della fotografia. Ci sono in quelle persone delle potenzialità che cambiano nella vita perché a cambiare sono le persone stesse. I processi di maturazione si intrecciano inevitabilmente con i processi di apprendimento. Non è vero che solo la maturazione influenza il modo in cui apprendiamo, ma è vero anche l’opposto che sono anche le esperienze a farci crescere e a maturare ed apprendere. Quindi dobbiamo studiare le disabilità da un punto di vista evolutivo, focalizzare l’attenzione anche sul modo in cui ci rapportiamo con gli alunni e con le loro famiglie. C’è anche tutto il percorso di presa di consapevolezza da parte della famiglia che il proprio bambino ha una disabilità e che è influenzato dal fatto che il bambino è un bambino in crescita. Pensiamo a quanto per un genitore porta speranza la frase: “Questo ancora non lo sa fare perchè ancora deve crescere”. Quindi studiare per studiare la disabilità è bene porsi in una prospettiva evolutiva. Inoltre il come affronto la malattia dipende molto non solo dalla fase della vita in cui sono ma anche da chi e cosa mi circonda e dunque del contesto, in primis famiglia e scuola. La scuola è uno dei contesti in cui queste persone crescono. La psicologia della disabilità dunque studia anche i contesti. Più nello specifico si vede come la psicologia della disabilità va a studiare di quella persona che ha quelle caratteristiche, che è in quella fase della vita e che vive in quel contesto si vanno ad esplorare le sue capacità, ovvero a valutare (c’è anche a questa parte) i livelli di autonomia (sempre rapportati al contesto e al livello di crescita) e le limitazioni. 2 ➔ La norma crea delle aspettative: ad esempio che cosa è possibile aspettarsi in altezza ad una certa età. ➔ È importante avere chiaro quale sia il parametro di paragone, che spesso equivale a noi stessi; in questo corso vorrebbe comprendere meglio noi stessi per capire cose di noi nuove e che ci aiutano a metterci in relazione con i bambini una volta a scuola. ➔ È possibile modificare la norma grazie alla curiosità e all’osservazione. Tuttavia è utile domandarsi: ● Chi stabilisce la norma? (risposte: la maggioranza, le istituzioni, la società, il contesto culturale, test e dati, noi stessi) ● Come si fa a stabilire una norma? (I nostri standard, è il comportamento che si vede più spesso, più semplice, si va per il dato quantitativo della maggioranza, la tradizione perché si è sempre fatto così) Il termine normale viene utilizzato in molti contesti ma in molti di questi il termine normalità può far riferimento a determinati aspetti piuttosto che altri); ad esempio la statura normale (chi l’ha stabilit?) è stata stabilita a fronte di alcune ricerche scientifiche quantitative che hanno misurato le persone in età diverse (le curve di crescita) e sono giunti a dei valori medi. La linea curva indica che la maggior parte dei bambini si situa, inerentemente all'altezza, in quella fascia lì. E’ un calcolo quantitativo. Questo termine, nato in ambito principalmente statistico, però si lega a delle sfere in cui non ha senso fare e non è possibile fare delle ricerche quantitative. E’ un termine che va quindi al di là della relazione tra il singolo individuo e delle misurazioni svolte da scienziati. Alla fine si può utilizzare più per comodità. A cosa ci serve? crearsi delle aspettative, in alcuni casi queste aspettative nascono a seguito delle misurazioni effettuate alla popolazione, ma in alcuni casi sono più arbitrarie e si avvicinano al comodo. ● È sempre valida? (L’altezza è cambiata nel corso dei secoli, certe cose cambiano quindi no; QI, un individuo che oggi ha un QI medio, se fosse vissuto tanti anni fa, molto probabilmente sarebbe stato sopra la media. Al giorno di oggi infatti cìoè una stimolazione cognitiva che ha modificato il 5 nostro modo di apprendere ● Cosa la può far modificare? La risposta risiede nella Scienza: curiosità, osservazione, rilevazione (di qualcosa che magari non torna), cambiamento. Alcuni parametri possono cambiare e la postura da adottare è quella della curiosità. La norma di adesso, guardando l’aula universitaria, è che 9 studenti su 10 ha un computer, cosa impensabile (non normale) qualche decennio fa. L’idea di normalità è dinamica. Molti potrebbero pensare che una persona con disabilità (intellettiva, per esempio) è comunque fuori dalla norma. Ok sicuramente ma perchè viviamo in questo mondo qui. Sicuramente ci sono alcuni individui che per alcune caratteristiche possiamo dire essere non normali, ma bisogna comunque tenere in considerazione che il focus della psicologia della disabilità è la persona a 360 gradi: avrà delle caratteristiche sicuramente nella norma. Ci sono dunque aspetti che sicuramente vanno al di là della norma della popolazione, ma qualcosa d’altro che invece la segue. L’errore è forse considerare normale come sinonimo di giusto. ● Pregiudizio Dal dizionario Treccani: pregiudìzio (ant. pregiudìcio) s. m. [dal lat. praeiudicium, comp. di prae- «pre-» e iudicium «giudizio»]. – 1. Nel diritto romano, azione giuridica precedente al giudizio, e tale da influire talvolta sulle decisioni del giudice competente. 2. a. Idea, opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore (è sinon., in questo sign., di preconcetto): avere pregiudizî nei riguardi di qualcuno, su qualcosa; […]b. Convinzione, credenza superstiziosa o comunque errata, senza fondamento: combattere contro vecchi p. popolari; è un vecchio p. che rompere uno specchio porti sfortuna. 3. a. Il danno che può derivare agli interessi di una persona da un atto che pregiudichi, cioè comprometta l’esecuzione di una eventuale decisione favorevole del giudice competente; spec. in frasi del tipo: senza p. dei miei diritti; senza p. di terzi; in p. di, con riferimento ad azione giudiziaria, civile o penale, proposta a carico di qualcuno. b. Per estens., fuori del linguaggio giuridico, danno in genere: essere di p. (o di grave p.) per la salute, per la reputazione[…]. (Pensieri sulla definizione: ha sempre accezione negative in tutte le definizioni, rimanda al campo semantico del danno, tendenza a dividere in macrogruppi trascurando l’individualità, superstizione senza fondamento) 6 E’ inevitabile avere dei pregiudizi. Esso è un segno della nostra tendenza a costruire dei significati sulla realtà, inerentemente e in base alle nostre esperienze pregresse. Riguarda in senso lato anche il mondo delle aspettative “Io mi aspetto che…”. Trattandosi di un PREgiudizio, non è ancora un giudizio (non è insindacabile): esso nasce spontaneamente come strumento che fa da bussola nelle nostre esperienze quotidiane, ma non deve diventare l’unico dispositivo in vista della valutazione. Il pregiudizio deve necessariamente essere integrato con altri parametri osservativi e di riferimento. Il pregiudizio prima deve essere indagato (è necessario entrare in contatto con questa dimensione naturale e spontanea in un certo senso) e poi usato (magari come ipotesi da verificare o disconfermare). NON DEVE ESSERE L’UNICO ELEMENTO DELLA VALUTAZIONE. Bisogna metterlo in dialogo con quello che succede, con l’osservazione, l’apertura e la conoscenza. ➔ Esercizio: indagare i nostri pregiudizi (quali sono i nostri pregiudizi? Annotali e tienili da parte) ◆ Su questo corso ◆ Sulla disabilità ◆ Sulla professione di insegnante Visione del video : Zoom (dall’albo illustrato). https://www.youtube.com/watch?v=Kgi-RCEjOLw&feature=youtu.be Cosa vuol dire? Che è necessario allargare le proprie prospettive personali per cercare di non farsi influenzare dai propri pregiudizi, ma allo stesso tempo compiere, se necessario, il movimento opposto: restringere lo sguardo ai dettagli e non perdere di vista il focus. È essenziale trovare un bilanciamento tra allargamento e restringimento dello sguardo in base all’obiettivo. Ogni immagine faceva nascere un pregiudizio rispetto al quale poteva essere il contesto, poi il contesto veniva smentito o confermato quando l’immagine si allargava. Se ci fermiamo ad osservare solo un dettaglio, rischiamo di non comprendere la realtà nella sua interezza; ogni persona o cosa è sempre inserita in un contesto e intrattiene con il resto delle cose/persone un’infinità di relazioni e interrelazioni. È fondamentale attenzionare il contesto. LEZIONE 2 - 06.10.2021 - ASCOLTO Entriamo nel vivo delle tematiche trasversali. ATTENZIONE ALL’ALTRO Ascoltare significa attivarsi sotto più punti di vista: orecchio, occhi, ma anche mente e cuore, lavorando in sinergia. 7 attenzione ai diversi segnali mi metto in una disposizione d’ascolto più aperto edè anche molto più utile. Se io presto attenzione a diversi segnali sarò in grado di comprendere meglio quello che gli altri vogliono comunicare. Prendere dei tempi giusti (che necessitano di tentativi) per ascoltare l’altro, rispettare i momenti di attesa dell’altro. Questo per i bambini con disabilità è importante, soprattutto magari per coloro che hanno alcuni canali compromessi: mutismo, disabilità uditive o intellettive. Prestare attenzione ai gesti, ai tempi, ai diversi segnali che arrivano da diversi canali diventa importante. Un altro elemento significativo risiede nella capacità di tollerare il silenzio; silenzio e attesa nella comunicazione sono difficili da tollerare, ma sono parte integrante anche quando la consegna è semplice (come contare fino a 15!). Spesso in ambito scolastico si dà priorità al portare al termine velocemente il compito e arrivare al risultato, a far recuperare carenze e deficit, che prestano poco spazio di valore al silenzio. Devo essere in grado di osservare gli alunni di tutta la scuola e rispettare il silenzio degli altri. Questo è impegnativo ma è comunque fondamentale. Marianella Sclavi è un’autrice che ha scritto saggi tra cui: “L’arte di ascoltare”. Nel testo esplicita le 7 regole dell’arte di ascoltare: 1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. E’ la tentazione più forte. La fretta (magari di arrivare a delle conclusioni) pone degli ostacoli all’ascolto autentico. Questi aspetti che tra noi sono condivisibili, in questo contesto di ambito di studi, una volta intercalati nel quotidiano scolastico o in altri contesti vengono spesso sopraffatti dalla fretta. 2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista . Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista. Bisogna innanzitutto capire da dove si sta guardando una situazione (anche solo, banalmente, sotto una prospettiva di vista che cambia a seconda di dove mi trovo, anche nella stessa aula, nella stessa stanza). E’ bene prendere consapevolezza della nostra prospettiva e dal “Questo bambino da dove lo sto guardando?” In questa domanda il termine dove non dipende solamente dalla prospettiva fisica spaziale ma anche quella più culturale, derivata da esperienze pregresse, formazione passata, pregiudizi e preconcetti. Esempio : “Paolo è sempre agitato”, questa frase ovviamente dipende anche da da che prospettiva fisica vedo Paolo (magari è proprio posizionato con il banco davanti alla cattedra e dunque più in vista). In una tesi di laurea si è indagata la partecipazione in classe e in questa prospettiva si è scoperta la funzionalità della video-registrazione, ovvero nel predisporre occasioni e tempi in cui le insegnanti potessero rivedere il contesto classe durante la lezione in differita in un secondo momento. Una maestra si è accorta che la posizione che ha avuto per tutta la lezione è rimasta invariata e che il suo sguardo è sempre stato rivolto ad una parte dell’aula, perdendosi una 10 bambina che non era quasi mai intervenuta ma che nella registrazione si vede alzare più volte la mano per intervenire (questa presa di coscienza della sua prospettiva, in questo caso fisica, le ha permesso di cambiare il suo stare in classe). L’ascolto autentico richiede un lavoro metariflessivo su se stessi, sui nostri impliciti. È importante imparare a guardarsi dall’esterno: quali sono i miei preconcetti? I miei pregiudizi? Da dove sto guardando questo bambino? Posso guardarlo in modo diverso? Per punto di vista si intende anche quello fisico: il mio modo di gestire l’aula e le interazioni, permette la partecipazione di tutti? 3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che abbia ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva (convincermi rispetto le tue affermazioni) . E’ difficilissimo, di solito facciamo l’opposto: si parte dal presupposto che si ha ragione e cerco con modo anche carino di esprimere questo mio pensiero. L’insegnante agendo in questo modo si mette in dialogo. Spesso le insegnanti fanno l’opposto: partono dall’idea che loro abbiano ragione e che tu sbagli, di conseguenza provano a farti cambiare idea/a farti cambiare prospettiva. 4. Le emozioni sono strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi. 5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze. Si ritorna al concetto di curiosità . Ci si è mai fermati a pensare: perchè questa cosa mi dà fastidio (e non un altra)? Perchè questa cosa mi irrita? E perchè non lo fa qualcos’altro? Questo è l’iter che ci permette di mettermi in ascolto anche di segnali che a me irritano ma che magari alle colleghe non da fastidio. Ciò ci spinge ad indagare proprio quelle cose, quei mondi o dettagli che non ci piacciono, perché dicono tanto di noi stessi. Ci aiuta ad ascoltarci, ad analizzarci. 6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti . Un buon ascoltatore non è spaventato dall’idea di confrontarsi con opinioni differenti (dei dissensi) in quanto è in grado di accogliere il messaggio e farlo dialogare con il suo. Significa stare dentro ad un conflitto e nel dissenso e mettersi in una posizione di dialogo. Dall’esperienza di Reggio: le tensioni positive, sono i conflitti che generano metacognizione, e sono positivi per l’apprendimento quando l’insegnante non li contrasta ma li guida, li monitora, li documenta. 7. Per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare l’umorismo viene da sé. Non dobbiamo prenderci troppo sul serio, se sappiamo ascoltare l’altro riusciamo a vedere la posizione dell’altro e riusciamo a mettere da parte la convinzione che la mia idea sia l’unica possibile. 11 Queste regole sono d’oro nell’ambito di tutte le disabilità. Esempio L’autismo, secondo alcuni studi, può essere visto come una cultura diversa. C’è chi dice che per promuovere lo sviluppo di bambini con autismo bisogna essere dei mediatori culturali. Dobbiamo cercare di relativizzare il nostro pensiero e il nostro modo di vedere le cose. Il presupposto per lavorare con i bambini con autismo deve essere questo: “il loro modo di vedere il mondo è semplicemente diverso” e ha bisogno di interpreti. Così come loro hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a comprendere lo spazio, le relazioni, il mondo di chi non ha una diagnosi. Necessità di relativizzare il nostro pensiero. Simulazione 1 (Simulazione collegio, minuto 1 ora e 33) Collegio docenti: presentazione di un bambino con disabilità in ingresso in prima primaria. Caso di Luca = forma di autismo, parla poco, ha le sue fisse (non può vedere i capelli lunghi sciolti perchè li tira), ha un interesse particolare per la botanica, sensibile ai rumori forti, a volte vuole alzarsi, girare per l’aula e urlare, sa già scrivere. Cosa notiamo nel dialogo in aula: ★ insegnanti curricolari preoccupate per l’inserimento in classe di Luca (che viene percepito come un problema che può ostacolare il raggiungimento dell’obiettivo: finire il programma) ★ L’insegnante di sostegno è spesso considerata la principale referente del bambino con disabilità, purtroppo ci si dimentica che l’insegnante di sostegno è un’insegnante di classe ★ il bambino come un caso clinico di autismo, come un problema da risolvere ★ l’interesse del bambino per la botanica diventa una strategia per farlo rientrare negli schemi della classe (per inserirlo) e non è invece tenuta in considerazione come una strategia per realizzare inclusione ★ Le diverse caratteristiche del bambino vengono passate in rassegna come una carellata e non come tessere del puzzle da unire per avere una visione sistemica dell’alunno. La maggior parte delle volte ci si sofferma sui limiti e si tenta di dare poco valore alle potenzialità. Non si parlava del bambino in sé ma della sua etichetta, ovvero l’essere il bambino con autismo. Le etichette vengono utilizzate per patologizzare, per demarcare una patologia elencandone le caratteristiche e le fragilità preponderanti. Esse a volte possono avere un’utilità, ma la maggior parte delle volte restituiscono un’immagine povera e ridotta del bambino. Attenzione all’uso delle parole: Marco non è un BES, un DSA, un AUTISTICO. L’uso di queste espressioni veicola il messaggio che quel bambino lì è quella patologia lì e non è nient’altro. Riassumendo: sono emersi tutti gli stereotipi 12 delle immagini da sinistra a destra), ma rifacendosi al territorio (ovvero da est ad ovest); ★ alcune popolazioni non sanno contare perché nella loro lingua non ci sono delle parole associate alla sequenza numerica; ★ Le parole che vengono utilizzate in una conversazione hanno il potere di creare immagini nella mente di chi ascolta, dunque di creare pensieri e hanno effetto sul modo in cui pensiamo → questo ha un effetto sui comportamenti. Ad esempio per quanto riguarda l’esposizione degli imprevisti; gli inglesi e il mondo anglosassone tendono a focalizzare la struttura linguistica su chi ha causato l’imprevisto; in Spagna invece si pone l’accento sull’intenzionalità e la motivazione del fatto (dunque che si tratta di un imprevisto, non voluto e non di un’azione programmata e pensata). ★ Anche l’impatto del genere dei nomi ha una ripercussione sul modo di interpretare e descrivere gli eventi: un ponte (parola maschile in germanofono) viene descritto dalla popolazione tedesca con aggettivi riconducibili al genere maschile, di robustezza, fortezza; diversamente gli spagnoli, per cui ponte è una parola femminile, tenderanno a descriverlo con aggettivi tipici del campo semantico femminile (eleganza, sinuosità…) ★ È utile domandarsi non tanto che tipo di pensieri fanno gli altri, ma chiedersI quali pensieri la nostra lingua ci sprona a fare e quali nuove prospettive e mondi possibili potremmo indagare con altri pensieri e dunque parole. LEZIONE 3 - 12.10.2021 - PREGIUDIZI LA TEORIA CLASSICA DELLA COMUNICAZIONE In ogni comunicazione ci sono due livelli: ● Contenuto: la notizia oggettiva in sé, il dato, l’informazione, l’opinione. ● Relazione: il modo soggettivo di interpretare la notizia rispetto al suo significato relazionale. Il livello relazionale rappresenta una metacomunicazione, cioè una comunicazione sulla comunicazione. La metacomunicazione può essere coerente oppure contraddittoria rispetto al contenuto. Contenuto e relazione Il marito, mentre era solo in casa, aveva risposto ad una telefonata interurbana da un amico che gli aveva detto che doveva venire da quelle parti per qualche giorno. Il marito si era offerto subito di ospitarlo, sapendo che sua moglie sarebbe stata lieta di averlo come ospite e che, se si fosse trovata a rispondere al telefono, gli avrebbe fatto lo stesso invito. Ma quando la moglie era tornata a casa avevano litigato aspramente per questa offerta di ospitalità che il marito aveva fatto. Sia il marito che la moglie erano 15 <d’accordo nell’ammettere che invitare l’amico era la cosa più giusta e naturale da fare…ma poi, «chissà perché» non erano d’accordo… PROVIAMO A FARE DELLE IPOTESI! I punti in questione erano due: - Uno riguardava come agire adeguatamente in una situazione pratica (invito), e su questo era possibile comunicare con il linguaggio verbale, livello di contenuto. - L’altro riguardava la relazione tra i due (chi ha il diritto di prendere l’iniziativa senza consultare l’altro), che, per risolvere attraverso il linguaggio verbale, presuppone la capacità di metacomunicare, ovvero di parlare sulla relazione. Marito e moglie commettevano un errore di comunicazione molto comune: non erano d’accordo a livello di relazione, ma cercavano di mettersi d’accordo a livello di contenuto, dove in realtà erano già d’accordo! Ogni volta che la relazione è il problema centrale, il linguaggio verbale perde di significato! Non solo le parole, ma anche i gesti, i vestiti, i toni di voce, le pause, gli sguardi, i movimenti sono comportamenti e come tali sono comunicazioni. Mehrabian osservò come, in una comunicazione normale, la ricezione del messaggio (efficacia comunicativa), è data solo per il 7% dalle parole, per il 58% dai toni di voce e per il 35% dal L.N.V ______________________________________________________________________ I pregiudizi hanno a che fare con la psicologia della disabilità, perché essa indaga come il bambino si interfaccia con l’ambiente. L’uso delle parole è sempre importante, ma soprattutto con bambini con disabilità: impatta sul benessere della classe in generale e dunque anche su di noi che ne facciamo parte. Definizione di pregiudizio : considerazioni (insieme di preconoscenze) che arrivano prima di un giudizio e che ci predispongono a giudicare un fenomeno, una realtà in un determinato modo filtrato dalle nostre lenti; il rischio è vedere la realtà filtrata da un’unica lente. è importante cambiare lenti e guardare con prospettive diverse. Immagine dell’uomo nella bolla: se io rimango ferma sui miei pregiudizi. Ascoltare implica diverse azioni che coinvolgono diversi atteggiamenti e diversi nostri organi (abbiamo parlato nella scorsa lezione sull’importanza delle parole). Ritornando alle simulazioni: Quali sono gli indicatori che ci danno informazioni sull’ascolto? Ascolto: colloquio genitori ● Genitore alto: postura aggressiva, non ascolta molto, sembra trasmettere rabbia ● Genitore basso: parla meno, sembra «parte dell’arredamento» ● Insegnante: sembra abbastanza aperta, si muove spesso, agitata; sembra manifestare tranquillità, cerca di mediare. Ascolta; accento sulle fragilità del 16 bambino, ma attenta ai punti di forza; pazienza, comprensione; all’inizio frettolosa ● Focus/obiettivo: tendenza di ascoltare e selezionare le informazioni che tendono a normalizzare (es. gli altri però non sanno scrivere?). Questo implica che esiste una disabilità ma anche alcune competenze che tendono a pareggiare/minimizzare le problematiche. Rimaniamo nel paradigma della normalizzazione (integrazione). Ad esempio: “è molto bravo nella scrittura”. Questa frase vuole quasi pareggiare la disabilità del soggetto. I genitori si sono sentiti ascoltati dall’insegnante? No, ma nemmeno la maestra è stata ascoltata. Cosa avrebbe potuto creare un dialogo e un ascolto reciproco ? ● Mostrarsi aperti all’ascolto del punto di vista dei genitori (offrono un punto di vista differente sul bambino, in un contesto estremamente diverso da quello scolastico); ● Essere espliciti nelle richieste; I non detti creano fraintendimenti e interruzione della relazione scuola famiglia: lascia aperte piste interpretative da ambe le parti, che portano ad assenza di condivisione e comunicazione. ● Introdurre elementi relazionali e di vicinanza alla coppia genitoriale (come state vivendo la relazione con il bambino?); In una visione sistemica è utile allargare le prospettive e non soffermarsi solo sul bambino (coinvolgere la famiglia); ● Sottolineare gli aspetti positivi e le competenze del bambino, ma non trascurare gli aspetti di difficoltà; ● Portare della documentazione al colloquio con la coppia genitoriale al fine di coinvolgerli nei processi di apprendimento Parole: colloquio genitori ● Vegano ● Strategie adeguate al caso ● È come tutti i bambini * ● È palesemente migliore degli altri * ● Ma ci prende per il… ● Quale bambino non ha le sue necessità? ● Impatto ● A suo modo… * Il tema è il confronto , di nuovo la norma . In quale contesto usiamo la parola ‘caso’? questa parola si utilizza a scuola sempre abbinandola a un problema da risolvere. Un caso a scuola è un bambino da integrare. …………………………………………………………………………………………………………………………………………... Simulazione collegio docenti: quali indicatori ci segnalano il clima di ascolto? 17 Per risolvere l’esercizio occorre uscire dagli schemi. Nel gioco il pregiudizio è che bisogna trovare la soluzione dentro ai confini dei nove puntini. Se io penso che quei nove punti siano un quadrato cerco la soluzione dentro al quadrato; dentro il confine che io ho stabilito. Se io esco dalla prospettiva di vederlo necessariamente come un quadrato, allora riesco a trovare una soluzione. La mia prospettiva non è la prospettiva assoluta. Muoversi entro cornici ● Tutti i tentativi che mettiamo in atto per arrivare ad una soluzione hanno in comune il fatto di muoversi all’interno di un campo di possibilità con confini precisi; In questo caso la difficoltà sta nel fatto che i confini ci sembravano invalicabili (non devo uscire dal quadrato perchè ci siamo messi nella condizione che quel quadrato esista, che quella malattia esista) ● «Non devo uscire dal quadrato»: premessa implicita; ● Esistono cambiamenti entro un campo/cornice e cambiamenti di un campo/cornice. Muoversi dentro una cornice o cambiare cornice? Sono due processi diversi… forse in questo caso è utile cambiare premesse! Come faccio a capire se di fronte a una situazione problematica mi posso muovere dentro i confini o devo ragionare per cambiare i confini? A volte non basta adattare le informazioni agli schemi preesistenti, il passo successivo è quello di pensare di cambiare cornice. Esercitazione: Attivazione: «Il Nuovo Mondo» Marianella Sclavi “Arte di Ascoltare e Mondi possibili: come si esce dalle cornici di cui siamo parte” In questo libro raccoglie scritti sulla capacità di ascoltare, dialogare per uscire dalle cornici. La terra sta morendo. Unica possibilità di salvezza: una navicella spaziale con sette 20 posti che sta partendo per un altro pianeta. 11 persone disposte a partire. Noi siamo stati scelti per scegliere le 7 persone che creeranno il nucleo della nuova civiltà. I candidati 1. Militante nero 2. Poliziotto con fucile 3. Atleta 4. Architetto 5. Cuoca 6. Falegname cieco 7. Dottoressa 8. Prostituta 9. Ragazza di 16 anni incinta 10. Musicista gay 11. Sacerdote Rimane a casa: Sacerdote-Prostituta-Militante nero- Poliziotto con fucile Chi ha scelto gli esclusi: convincete gli altri della bontà delle vostre scelte Che argomenti portate a sostegno delle vostre idee? ➔ ‘Il falegname cieco mi sa di debole’, pregiudizio alla base: per la creazione di un nuovo ordine serve la potenza. La cecità viene vista come debolezza. ➔ ‘Il poliziotto sarebbe l’unico armato’ quindi non dovrebbe essere salvato: ha potere chi è più forte, sopraffazione del più forte. ➔ ‘La prostituta può figliare con uno sconosciuto ed è in età fertile’ ➔ ‘Militante nero, persegue i suoi ideali e ci può essere variabilità genetica’ A questo punto si leggono le caratteristiche dei personaggi in elenco: In mancanza di informazioni ci serviamo di etichette, di pregiudizi. Domani vedremo a partire dalle riflessioni di Marianella Sclavi vedremo come prendendo in considerazione solo i pregiudizi possiamo prendere decisioni fuorvianti. Alcuni meccanismi cognitivi che coinvolgono il pregiudizio, impattano sulle nostre scelte. 21 Il pregiudizio nei bambini (dalla tesi di laurea di Marika Maggioni) Ricerca sul pregiudizio nei bambini in una classe IV La tirocinante ha detto ai bambini: “Domani è la mia festa di compleanno, siete tutti invitati ma ho bisogno di aiuto per la disposizione dei tavoli! Vi consegno ora una lista con delle descrizioni degli altri invitati, in base a queste scegliete tre persone che vorreste sedute vicino a voi”. Anche con poche informazioni, ci creiamo delle aspettative. Anche i bambini hanno scelto delle persone basandosi sulle aspettative. Solo alla fine Marika ha rivelato le vere identità dei personaggi. Anche da piccoli si hanno pregiudizi: ● “Ho preferito scegliere una bambina” (l’ha detto una femmina); pregiudizio di genere; ● “Ho scelto il ragazzo di colore perché almeno un po’ si cambiano i colori”; ● “Il ragazzo di colore proprio no”, “Perché magari gli viene l’idea di ammazzarti” (alla scoperta che si trattasse di Balotelli, il bambino ha cambiato idea); ● “L’ho scelta per conoscere nuove culture”; ● “L’ho scelta perché mi sembra che mia zia è colombiana” (riferito a “una donna colombiana” nella lista); ● “L’ho scelta per scoprire le loro tradizioni”; ● “Non l’ho scelta perché non mi ispirava”; ● “Non mi fido tanto di un ragazzo pieno di tatuaggi” (svelato che si trattava di Fedez, il bambino ha cambiato idea); 22 Ogni parola possiede anche altre relazioni… che magari io non tengo presente. Se penso alla parola: “Autismo” ho sicuramente in mente un'immagine convenzionale di autismo o di persona con autismo; devo stare attenta a non farla diventare reale reificandola . L’etichetta ‘Autismo’ è una astrazione perché mette insieme alcune caratteristiche: le caratteristiche della diagnosi, ma questo è un sottoinsieme. Di questo sottoinsieme fanno parte altri insiemi che si intersecano: dentro agli altri insiemi che si intersecano ci sono altre mille caratteristiche. L’etichetta ‘autismo’ può appartenere a una bambina di 5 anni che ama la matematica, a un bambino di 8 anni a cui piacciono i dinosauri e che non parla. Nel sistema ci sono altri sottosistemi che si intersecano. Dunque altre caratteristiche che si ignorano. Urgenza classificatoria L’urgenza di classificare ci porta a fare degli errori e a scegliere delle parti e farle diventare il tutto, ma questo non può essere. Il tutto non è la somma delle parti. Esempio della storia “ gli 11 indiani ciechi e un elefante ”: gli 11 indiani devono descrivere un elefante senza averlo mai visto. Come fanno? lo toccano, lo annusano ecc. ● Il primo indiano prende in mano la coda e dice che l’elefante assomiglia al serpente: è lungo e sinuoso; ● Il secondo tocca una gamba: l'elefante assomiglia ad un tronco ruvido e solido. Ognuno degli 11 indiani si trova in un punto diverso rispetto all’elefante e in base a ciò che tocca dà una definizione. Non è possibile risalire al tutto con la sola conoscenza delle parti (la coda dell’elefante è solo un dettaglio ed è ben diversa da un serpente). L’attenzione dalle parti isolate conduce (deve passare invece) al pattern (al modello che connette le parti) che non è la globalità. È importante vedere come le parti sono connesse tra loro . Focus sulla relazione tra le parti. Di una persona possiamo identificare delle parti del corpo, ma la persona funziona perché le parti sono connesse tra loro, hanno certe funzioni. Quindi occorre passare dalle singole parti alla relazione tra le singole parti. La storia può essere utilizzata anche per comprendere il concetto di urgenza classificatoria: gli indiani si accontentano delle prime immagini che vengono loro in mente e si affidano all’urgenza di classificare. Accontentarsi delle prime impressioni e immagini che ci vengono in mente è un atteggiamento emozionale immaturo, che ci restituisce un’immagine “sciatta” basata su stereotipi e imprecisa . 25 Spesso l’urgenza classificatoria ci impedisce di cambiare prospettiva, di uscire dalla cornice. Se viviamo in una società che premia l’urgenza classificatoria, indipendentemente dall’ adeguatezza delle osservazioni che produce; dove le persone si accontentano delle immagini che si creano, ai pregiudizi, questo porta ad escludere, ad eliminare tutti coloro che non rientrano in queste concezioni generalizzate. Il comportamento degli indiani illustra quello che anche noi facciamo quando nella vita quotidiana ci affidiamo acriticamente agli stereotipi. I «casi particolari» Avere a che fare con un «caso particolare» concreto , ci aiuta a non limitarci ad utilizzare gli stereotipi (es: la prostituta che è anche una brava cuoca). I casi particolari sono strumenti che ci aiutano ad uscire dalle cornici che diamo per scontate. Strategie utilizzata da Sclavi «Quando mi capita di dover intervistare una persona verso la quale ho dei radicati pregiudizi (relativi al ruolo che svolge, al suo carattere, allo schieramento politico, alla sua fama morale o altro) . pensare che la persona verso la quale ho dei radicati pregiudizi relativi allo schieramento politico abbia ragione (strategia poi rivelatasi fallimentare) . cercare di immaginare una persona che conosco che, pur avendo anche quelle caratteristiche, mi è simpatica o se quella non esiste me la invento o attingo a dei personaggi della letteratura o altro.» (M.Sclavi, 2003, p. 49). Tramite questo meccanismo la Sclavi arricchisce l’immagine: non è l’utilizzo di un altro stereotipo per soppiantarne un altro, ma è una sovrapposizione di immagini su quell’immagine. Per evitare o contenere il rischio di ragionare e di fare scelte basandosi principalmente o esclusivamente sui nostri pregiudizi serve conoscere i casi particolari, serve conoscere le persone. La diagnosi certo ci darà delle caratteristiche che quei bambini hanno in comune perchè hanno quella parola. Ma per accedere alla diagnosi bisogna capire che la persona è un'intersezione tra più insiemi, è dunque un caso particolare. L’esercizio del Cumulex (A.W. McHoul, tratto da M. Sclavi, 2003) Nella prossima diapositiva vedrete una poesia di 7 versi. Visualizzeremo un verso alla volta. 26 ● Di volta in volta vi chiederò di scrivere una parafrasi dei versi nel loro insieme (parafrasi del verso 1; parafrasi dei versi 1 e 2; parafrasi dei versi 1, 2 e 3, ecc.). ● Vedrete le trasformazioni delle vostre interpretazioni man mano che verranno aggiunti i versi. ● Per rendere il compito più arduo manca completamente le punteggiatura. ● Alla fine leggeremo e commenteremo alcuni dei vostri prodotti Fra gli alberi della vicina primavera La prossima primavera, tra gli alberi Nel bosco si vedono le prime primule Si avvicina la primavera e tra gli alberi... quelli che sono nati in giorni oscuri si sentiranno i nati nei giorni di pioggia coloro che sono nati in inverno coloro che sono nati in giorni tristi ma senza la croce che non saranno battezzati. ma senza il dolore tuttavia senza morire un poco con un piccolo coltello Con un piccolo coltello tagliente del coltello rimangono un pochino con in mano un coltello sulle spalle ha una bisaccia e con una bisaccia in spalla hanno una bisaccia sulle spalle e con una bisaccia sulle spalle vedo nel manto azzurro li vedo nel cielo sereno. li vedo nella neve ghiacciata li vedo nel cielo sereno rallegratevi Siate felici. siate in pace con Dio. diventate felici. Legenda: Erika, Chiara, Susanna. Qualcuno ha messo in dubbio che fosse una poesia? In effetti sono tante poesie: questa poesia è stata così costruita: si è preso un libro di poesie russe e si sono scelti versi a caso nel libro. I versi che abbiamo parafrasato sono nel loro insieme privi di senso. Ciò significa che sono state messe in atto delle strategie per dare un senso a un qualcosa che senso non ne aveva. Abbiamo dato per scontato che quelle frasi un senso lo avessero davvero! 27 Devo accompagnare i bambini a credere in loro. Dall’altra parte il rischio è quello di una dipendenza cognitiva; io sono talmente sicura di me da sapere quello che è meglio, quindi gli alunni fanno riferimento a me. L’insegnante è un punto di riferimento che deve fare da impalcatura, è un sostegno che a un certo punto si tira indietro. Questo quando può essere difficile di fronte a un bambino con disabilità? Quali i vostri pregiudizi sulla professione di insegnante? La nuova arrivata è sempre costretta a seguire le più esperte, a costo di perdere la passione per il suo lavoro. L’insegnante deve mediare e negoziare con i colleghi. Quali i pregiudizi sugli obiettivi di un insegnante con in classe bambini con disabilità? Non riesce mai a svolgere tutte le attività che vorrebbe fare a causa del bambino con disabilità. L’insegnante deve parlare ai bambini di equità. Inventare una storia in cui vengono sconfitti dei pregiudizi, inerente l’immagine dei guanti da boxe. “A Perego viveva una ragazza minuta e bassa di statura; il suo nome era Susanna. Susanna sentiva la necessità di diventare forte dopo aver vissuto un’esperienza di aggressione sul treno che la portava tutti i giorni a Milano per studiare. Andò nella palestra più vicina in quanto proponeva un corso di Boxe e lì si iscrisse, con la massima approvazione del coach Ermenegildo Asdrubale Oreste. Il corso era frequentato da soli ragazzi. Uno di loro, (va)Gino, era un colosso alto 1 metro e novanta, aveva dei muscoli molto sviluppati. Appena questo energumeno ignorante vide Susanna si mise a ridere. “Ahahah, ma cosa pensi di fare qua te?” Susanna, con la massima dignità e altezzosità che poteva sfoggiare, lo ignorò con sguardo beffardo. L’energumeno ignorante continuò a prendere in giro Susanna a causa della sua statura, della sua corporatura minuta e per il solo fatto che fosse donna, sminuendo la giovane davanti agli altri boxisti e ritenendola incapace di imparare adeguatamente lo sport. Susanna molto sicura di sè ignorava gli sguardi compassionevoli degli uomini. 30 Con la massima felicità del coach Ermenegildo Asdrubale Oreste, proseguì con gli allenamenti settimanali, imparando a tirare dei destri micidiali! L’energumeno ignorante si sorprese di come Susanna riuscì a imparare in così poco tempo. E quando un giorno Susanna gli tirò un pugno potentissimo in faccia, stile Hulk, Gino finì in ospedale capì quanto si fosse sbagliato sul conto di Susy e delle donne. E l’universo era felice e in equilibrio. E vissero tutti felici e contenti, tranne gli ignoranti. E se invece fosse? È la domanda che possiamo farci: ci può essere sempre una seconda lettura. Quando in classe succede un fenomeno e ne diamo una prima interpretazione in modo automatico, sulla base delle nostre esperienze pregresse, è importante domandarci sempre se ci possano essere altri significati, quindi relazioni diverse, per quel fenomeno. LEZIONE 5 - 19.10.2021 - ANALISI FUNZIONALE Brainstorming su “Analisi Funzionale”: funzionamento, icf, analizzare con un focus, analisi che si fa per realizzare il profilo di funzionamento, bisogni. Questo tipo di analisi nasce in ambito cognitivista e comportamentista. “Funzionale” si riferisce alla funzione, quindi è l’analisi di una funzione di alcuni comportamenti: cercare di capire a che cosa serve un certo comportamento. L’analisi funzionale è una delle modalità che possiamo utilizzare per osservare dei comportamenti in maniera sistemica. Ci aiuta ad allargare la prospettiva osservativa sui comportamenti dei bambini di tutta la classe: bambini con disabilità, bambini tipici, bambini con disturbi dell’apprendimento. L’analisi funzionale ci permette di vedere le relazioni tra individui nel contesto classe. Capire che cos’è un comportamento problema non ha senso osservando solo il bambino che lo attua, è fondamentale allargare il punto di vista dal punto di vista spaziale e temporale e questo è quello che per esempio, un'analisi funzionale ci può permettere di fare. Poiché si parla di relazioni che evolvono nel tempo, anche l'ascolto e l’osservazione devono seguire questa prospettiva, ed essere ricorsivi e continuativi. In una prospettiva di psicologia dello sviluppo, i bambini cambiano e anche noi cambiamo ovviamente con loro e per questo occorre osservare i bisogni educativi, didattici ed emotivi degli alunni partendo da una prospettiva che non è quella di una fotografia, ma di un filmato.Non è detto che se individuato un bisogno dei bambini in un certo momento, questo rimanga invariato e continui ad esistere per tutto l’anno scolastico. È importante fermarsi e monitorare i bisogni, vedere come si interfacciano in quello che succede e come cambiano in funzione di ciò che succede. Nel tempo osservo: ★ i repertori comportamentali e cognitivi manifestati; 31 ★ le interazioni di questi repertori con varie classi di eventi-stimolo. Se ci si pone nell'ottica di fare interagire alcuni comportamenti in riferimento a certi stimoli, si capisce che ci sarà un prima e un dopo, che esista qualcosa che stimola una certa reazione; ★ il valore rinforzante o avverso di stimoli che possono essere usati come elementi di una strategia educativa (che cosa provoca il comportamento?); ★ il potenziale di apprendimento (che avevamo visto nell'ambito dei test di intelligenza, relativi al quoziente intellettivo: inizialmente il QI creava una fotografia del bambino. Questo indubbiamente poteva essere utile per conoscere meglio il bambino sotto alcuni aspetti, ma a livello pratico efficace. Gli studi di Vygotskij e Bruner, di stampo più sociocostruttivista, hanno invece messo l’accento sull'adozione di un approccio sistemico. Mettersi in una prospettiva di questo tipo, anche a livello di comportamenti problematici e di interazione tra questi comportamenti problematici e l'ambiente circostante nel tempo, consente anche di capire che cosa può essere più utile per quel bambino per sviluppare un comportamento più adatto) Bisogna osservare il repertorio di comportamenti che manifesta un bambino o un gruppo di bambini (a seconda del focus dell'osservazione), ma anche che cosa succede nel momento in cui quel bambino o quei bambini mettono in atto certi comportamenti e quali sono le reazioni, che possono diventare ulteriori stimoli, che ricevono. Bisogna domandarsi “Hanno un valore rinforzante o al contrario inibiscono il comportamento che ha messo in atto?” Infine si considera anche cosa avviene dopo. Questa è la base di quello che vedremo essere l'analisi funzionale, detta in parole povere, con un linguaggio più cognitivo-comportamentale in sintesi. Ovviamente l'articolazione è maggiore però, se si individuano dei comportamenti non adeguati o non utili, mettersi in una prospettiva temporale e spaziale significa non vedere quel comportamento come isolato ma capire quali possono essere gli stimoli che innescano quel comportamento e quali possono essere le reazioni che fanno da ulteriori stimoli che rinforzano quel comportamento, oppure quali sono le reazioni che al contrario lo inibiscono. Il comportamento problema Che comportamenti problema vi vengono in mente? - bambino vivace che disturba la lezione; - bambino con disturbo dello spettro autistico che mette in atto stereotipie; - bambino che aggredisce fisicamente; - bambino che risponde all’insegnante in modo inappropriato/aggressivo/insultante; - bambino che rompe il materiale scolastico dei compagni; - bambino oppositivo; - bambino che segue costantemente l’insegnante; - bambino che fatica nella gestione delle emozioni (es. rabbia); - … 32 Funzione autostimolatoria Il comportamento garantisce l’accesso al rinforzo indipendentemente dalle variabili ambientali, perché esso stesso innesca l’effetto desiderato. La funzione è quindi facilmente individuabile, che può essere: produrre una sensazione piacevole (rinforzo positivo); ridurre una sensazione spiacevole (rinforzo negativo). Esempio 1 : muovere il cucchiaio produce una sensazione piacevole, quindi il bambino continua a produrre quel comportamento. L’arrivo del genitore che dice: “è pronto”” non influenza il comportamento del bambino che continua a muovere il cucchiaio. Esempio 2 : lanciarsi al centro dell’aula. Il comportamento in questo caso diventa davvero un problema. Il comportamento ha per il bambino una funzione, risponde a un bisogno; noi insegnanti dobbiamo scoprire la funzione di quel comportamento. In caso di comportamenti che mettono in pericolo possiamo provare a individuare insieme al bambino dei comportamenti alternativi che soddisfano lo stesso bisogno, ma con meno conseguenze negative. Ciò vuol dire lavorare sull’efficienza. Come osserviamo? . quantitativamente: frequenza, durata, intensità, momenti e contesti . qualitativamente: analisi funzionale (cogliere la funzione di un dato comportamento, sapendo che ogni comportamento non ha lo stesso significato per tutti e tutte le volte in cui si manifesta). ANALISI FUNZIONALE ● Osservazione del comportamento target, delle situazioni antecedenti a quando si verifica e delle conseguenze (ricorrenze). ● Un bambino continua a comportarsi in un modo che noi possiamo ritenere sbagliato o inadeguato perché per lui/lei quel comportamento funziona! Significa cioè che il comportamento produce delle conseguenze positive per lui/lei. ● L’analisi funzionale serve per comprendere le funzioni del bambino che svolge tale comportamento e per aiutarlo a sviluppare competenze/comportamenti alternativi che svolgano la stessa funzione (Celi e Fontana, 2007). Le fasi dell'analisi: DISCO 1. D efinizione operazionale del comportamento problema sul quale intervenire; 2. I nformazioni relative al comportamento problema; 3. S elezione del metodo di analisi funzionale da seguire; 4. C ommento sui risultati; 35 5. O pzioni di intervento. 1° FASE: DEFINIZIONE OPERAZIONALE DEL COMPORTAMENTO Una descrizione il più possibile e puntuale del comportamento, così come viene osservato, evitando le interpretazioni. Usare termini descrittivi (immaginare di descrivere la scena affinché un pittore la possa dipingere): evitare termini come “agitato” e sostituirli con termini che indicano cosa fa il bambino (ad es. «corre», oppure «tranquillo» tradurlo con «sta seduto e fermo sulla sedia»). Definizione operazionale del comportamento : descrivere il comportamento in maniera puntuale, evitando interpretazioni soggettive. In statistica quando si dice operazionalizzare un costrutto significa descrivere quel costrutto di modo che sia misurabile. 2° FASE: INFORMAZIONI SUL COMPORTAMENTO PROBLEMA ● Raccogliere informazioni sulla storia del comportamento (anche intervistando altre persone se necessario: genitori, altri colleghi …); la diagnosi è un'etichetta che non spiega tutto in maniera evolutiva. ● Cercare di rispondere alle domande: ○ Quando ha iniziato a manifestarsi? ○ In che contesto/i si verifica? ○ Con quale frequenza e quale intensità si manifesta? (la nostra osservazione è filtrata da quello che è saliente per noi, è quindi essenziale individuare con precisione la frequenza del comportamento). ○ In presenza di chi avviene? (senza cadere nell’ansia del ‘lo fa solo con me’). ● Fare ipotesi sulla funzione (o sulle funzioni) del comportamento: a quale bisogno risponde? 3° FASE: SELEZIONE DEL MODELLO DI ANALISI FUNZIONALE ● In base al contesto, alle risorse a disposizione, alla disponibilità delle varie figure coinvolte e al tipo di comportamento, si può attuare un’analisi funzionale: ○ INDIRETTA: compilazione di questionari, scale, interviste su antecedenti e conseguenze del comportamento (non si osserva direttamente né si interagisce con la persona); ○ DESCRITTIVA: osservazione diretta del comportamento in contesto ecologico e registrazione di antecedenti e conseguenze; ○ SPERIMENTALE: manipolazione di variabili ambientali e osservazione degli effetti sul comportamento target (predisposizione di particolari antecedenti e conseguenze). Questa fase la possiamo utilizzare come verifica. Se il comportamento risponde al bisogno provo a predisporre particolari antecedenti e vedo se il comportamento problema non si manifesta. Se così si verifica ho colto il bisogno che sta dietro al comportamento problematico del bambino. 36 4° FASE: COMMENTO RISULTATI ● Le ipotesi iniziali sul comportamento possono essere confermate? ● Le informazioni rilevate sono utili per comprendere la funzione o distinguere le diverse funzioni del comportamento target? ● Se i risultati sono soddisfacenti, è necessario tornare alla fase di raccolta informazioni. 5° FASE: OPZIONI DI INTERVENTO ● Definite in base alla funzione rilevata, alle caratteristiche della persona, al suo contesto (la classe) e alle persone che la circondano nella quotidianità; ● Ricordarsi di preservare la funzione, ovvero i bisogni e le necessità della persona, favorendo un comportamento maggiormente adeguato per rispondervi; ● È possibile lavorare su: ○ MIGLIORARE LE ABILITÀ COMUNICATIVE (es. il bambino ottiene l’oggetto urlando e picchiando i compagni, la sfida è trovare una modalità che funzioni ma che non spaventi i compagni: ottenere oggetto desiderato con richieste adeguate); ○ ANTECEDENTI: creare un contesto che possa inibire o eliminare le variabili che innescano il comportamento target (attenzione sia agli aspetti fisici, temporali e modalità interattive); ○ CONSEGUENZE: la manifestazione del comportamento non consentirà più l’accesso alle conseguenze che lo rinforzano. In associazione, insegnare modalità alternative per ottenere le stessa conseguenza, con un comportamento più adeguato. Se noto che il bisogno è la richiesta di attenzione io provo a dare attenzione a comportamenti adeguati e non a quei comportamenti problema (urla, lancia gli oggetti …) che nascondono un bisogno di attenzione. Come intervenire Come intervenire? ANTECEDENTI ● Intervenire sugli aspetti ambientali, in particolare: ○ PREVEDIBILITÀ (es. creare routine, organizzare tempi, spazi e regole); ○ CHIAREZZA (es. usare supporti multi-canale per supportare la condivisione e l’intelligibilità); ○ SICUREZZA (es. protocollo per gestione crisi); ● Intervenire sulle modalità di interazione , ad esempio: a volte è la complessità delle richieste ad innescare il comportamento, quindi è un’ottimo metodo quello di semplificare, suddividere le consegne. Esempio: la crisi epilettica è la manifestazione di un quadro elettrico del cervello e ci sono delle crisi che possono essere provocate da qualcosa di esterno; dal contesto (le luci). La crisi può essere anche provocata da emozioni emotive forti (es. la paura, uno spavento molto forte). 37 ● speciale ● menomazione ● attenzione/cura ● disagio ● svantaggio ● amicizia e vicinanza ● diversità ● Legge 104 ● sostegno ● limitazioni ● Sindrome di Down ● carrozzina ● disturbo cognitivo ● isolamento ● cura ● malattia ● barriere architettoniche ● handicappat Queste parole con accezione negativa nascono da una concezione storica che ha portato a connotare la disabilità come ‘mancanza di qualcosa’. Dal brainstorming di ‘disabilità’ emerge una visione di cura che è una visione accettata culturalmente e abbastanza recente. Il concetto di disabilità, come direbbe Vygotskij, è un concetto che si costruisce socialmente . Non dobbiamo guardare alla disabilità solo come “mancanza”, ma anche come presenza di risorse (risorse umane, economiche, risorse di tempo, di creatività…). Solo decostruendo il concetto di disabilità e relativizzandolo riusciamo a capire da dove vengono le nostre credenze e idee sulla disabilità. La differenza tra le due immagini (l’immagine in alto a sinistra e quella in basso a destra) rappresenta il passaggio da un’idea di esclusione/fatica (immagine in alto) a un'idea di qualcosa da cambiare e normalizzare, passando per l’idea di integrazione intesa come partecipazione, per arrivare infine alla rivalutazione del fatto che ognuno di noi è portatore di differenze e particolarità. 40 È importante non appiattire, infatti ci sono delle diversità che sono più impattanti di altre sul funzionamento. Dobbiamo fare attenzione a non confondere il modello teorico e il modello di classificazione : il modello teorico fornisce la radice concettuale che dà ragione delle scelte operative (per esempio la destinazione delle risorse) che vengono fatte. EXCURSUS STORICO SULLA DISABILITÀ Antichità Bruttezza e Malattia erano viste come una colpa e maligna volontà divina. Medioevo Nascite mostruose come segni dell’ira divina. Se il disabile è considerato un mostro, non ci si preoccupa neanche di educarlo. 1500-1600 Zavorra che ostacola il benessere, nemico sociale. Doversi occupare di un disabile rappresenta un ostacolo. 1700 Da disabilità come “animalità” a disabilità come “anomalia umana”, conseguenza di una malattia da curare. Sparisce l’idea di colpa legata alla disabilità. 1800 Inizio dell’approccio educativo. Sèguin nel 1839 fonda la prima scuola per l’educazione integrale dei ritardati e propone l’integrazione sociale e lavorativa delle persone disabili. Inizio 1900 ● Primi del 1900: scuole speciali ed istituti medico-psico-pedagogici per i disabili psichici adolescenti ed adulti; ● 1923 Riforma Gentile : ri-organizzazione sistema scolastico italiano (istituzione delle scuole speciali e delle classi differenziali) primo interesse verso alcune categorie (esempio dei disabili sensoriali: ciechi/sordi); ● 1947 Costituzione Italiana , ARTICOLO 3: 41 «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.» Fine 1900 ● Le norme della Legge 104/92 enunciano il diritto all’Integrazione Integrare vuol dire portare all’interno l’alunno con disabilità senza modificare l’ambiente a vantaggio dell’alunno, come insegnante mi limito a garantire la partecipazione dell’alunno disabile. L’aspetto integrativo è entrato nella società e in breve tempo sono state messe in atto tante politiche. Di queste sono state poi individuate le criticità e si è giunti a un modello inclusivo. ● Vengono definiti gli strumenti essenziali dell’integrazione scolastica degli alunni disabili: ○ il Profilo Dinamico Funzionale delinea il funzionamento dell’alunno in termini positivi; ○ il Piano Educativo Individualizzato per ciascun alunno disabile che indica gli obiettivi formativi e didattici, i contenuti, le strategie ed i criteri di valutazione; Esistono classi differenziali rivolte a situazioni diagnostiche di estrema gravità dal punto di vista biomedico (ragazzi che non hanno sviluppano il linguaggio, la motricità ecc.). L’inserimento in una classe differenziale si verifica qualora un'equipe sanitaria ritenesse dopo un’attenta valutazione che la partecipazione del ragazzo/a ad un contesto scolastico non sia di vantaggio per il ragazzo con disabilità. I modelli Dietro ai vari modelli si cela una differente visione della persona. 42 ICD 1970 - International Classification of Disease ● Presentato uffcialmente nel 2019, ICD11 https://icd.who.int/en ; ● in vigore in Italia e negli stati membri nel gennaio 2022; ● è il modello più usato parallelamente all’ICF; obiettivi ● classificare ogni sindrome e disturbo (identificato come Disease) in termini causali ● fornisce un modello di riferimento eziologico (base medica) ● descrive le principali caratteristiche cliniche allo scopo di individuare indicazioni diagnostiche ● le diagnosi vengono ridotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Da una comune eziologia si arriva a una comune patologia, questa porta a una comune manifestazione clinica. ICIDH-80 L’ICIDH 80 è la Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap Logica dell’ICIDH 80: ● A seguito di un evento morboso, sia esso una malattia (congenita o meno) o un incidente, una persona può subire una menomazione , ovvero la perdita strutturale o l’anomalia strutturale o funzionale, fisica o psichica. ● La menomazione può portare alla disabilità , ovvero alla limitazione della persona nello svolgimento di una o più attività considerate “normali”. Esempio: il bambino non parla oppure non cammina. ● Infine, la disabilità può portare all’ handicap , ovvero allo svantaggio sociale che si manifesta a seguito dell’interazione con l’ambiente. 45 Anche in questo modello come nell’ICD la logica è lineare: ho una malattia/incidente che porta a una menomazione, che porta a una disabilità, che può portare a un handicap. La linearità viene messa in discussione dall’ICF. Definizioni e classificazioni ICIDH - OMS, 1980 (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps): Limiti del modello: Tutte le difficoltà che la persona sperimenta sono la conseguenza di un danno patologico? L’handicap non è in funzione del percorso evolutivo della persona? Una persona con la stessa menomazione messa in contesti diversi vive lo stesso disagio o vive un disagio differente? Non bisogna intervenire sulla persona malata, ma occorre liberare energie progettuali sulla persona per consentirle di costruire la propria storia. 46 Esempio: Intervento di riabilitazione con un bambino DSA. Inizialmente il bambino scriveva fuori dai margini, ometteva molte parole, aveva il tratto rigido e commetteva molti errori ortografici. Dopo l’anno di riabilitazione, e dopo che la De Marco ha lavorato praticamente solo sull’ortografia, il bambino è migliorato nel tratto, nello scrivere tutte le parole, nel rientrare nei margini. È migliorato un po’ meno nell’ortografia. Il lavoro che ha fatto la professoressa è stato vano? No, perché, pur non essendo migliorato molto negli errori ortografici (che erano in realtà l’obiettivo della riabilitazione) il bambino, scrivendo, ha imparato molto e sicuramente a scuola sarà più sereno e rilassato nella scrittura. Sono quindi state liberate quelle energie progettuali che hanno permesso al ragazzo di migliorare in tutti gli aspetti della scrittura. I limiti del modello: ● una persona può essere menomata senza essere disabile ( esempio: mancanza di un’unghia, una menomazione che non porti a sensibili restrizioni delle “attività normali”) ● l’handicap può essere diretta conseguenza di una menomazione ( esempio: una menomazione sfigurante, non da luogo a disabilità ma può creare una situazione di svantaggio); ● una persona può essere disabile senza essere handicappata ( esempio: sono miope quindi ho una menomazione, non vedo quindi ho una disabilità, metto gli occhiali e non ho uno svantaggio / handicap); ● certe disabilità possono ritardare lo sviluppo o il riconoscimento di altre capacità, come pure certi handicap che, influenzando il comportamento della persona, possono generare ulteriori disabilità o menomazioni; Il limite di questo modello è che vede l’handicap come il risultato di menomazioni o disabilità: ○ L’ICIDH 80 considerava il mondo fisico e sociale come fisso e immutabile, e non riconosceva né la presenza di barriere ambientali/sociali, né l’assenza di facilitatori ambientali/sociali, fattori questi che sono all’origine della disabilità e che si possono modificare. ○ La classificazione non poteva essere utilizzata per descrivere, e ancor meno per misurare, gli effetti di un ambiente inadatto alla vita delle persone. Alcuni principi utili ★ Assenza di identificazione della persona con il suo problema; ★ Handicap e malattia non vanno confusi anche nei casi in cui vi sia relazione reciproca; ★ Handicap non deve essere confuso con svantaggio culturale o disadattamento; ★ La disabilità si traduce in handicap in funzione delle barriere (fisiche, psicologiche, sociali) che l’individuo incontra nel corso della sua vita quotidiana. 47 ● La psicologia positiva non è un settore a sé stante, ma una prospettiva di studio del comportamento umano che: ★ privilegia l’esplorazione degli aspetti costruttivi, creativi e propositivi di individui e gruppi; ★ si contrappone a studi e modelli teorici focalizzati su carenze, deficit, patologie e limitazioni dell’essere umano, sia nella sua individualità che nella sua dimensione sociale; ★ può essere adottata nello studio di meccanismi cognitivi, emotivi e motivazionali di base, nonché in ambito evolutivo, occupazionale, sociale, educativo, transculturale e clinico. Partiamo dall’idea che non esiste la normalizzazione perchè è un concetto che non rappresenta nessuno allora si può guardare quello che funziona e da lì partire per costruire il progetto dell’individuo. La psicologia positiva è un costrutto recente, è una prospettiva più che un modello di studio e mette in risalto le componenti costruttive e di crescita della salute mentale, integrando lo studio del comportamento «sano» con lo studio degli aspetti patologici. Non parte dallo studio del comportamento atipico per definire il comportamento tipico, ma fa il contrario: studia i processi «normali» (tipici) per delineare le linee di intervento anche nell’ambito dello sviluppo atipico. Accentua l’importanza della prevenzione (in ottica di rete) rispetto a quella della cura e riprende la definizione di disabilità come peculiare condizione di salute in un ambiente sfavorevole. Vi è un accento sul concetto di BENESSERE. BENESSERE Fattori oggettivi Fattori soggettivi condizioni fisiche reddito situazione abitativa status sociale instabili variano nel tempo e al variare della situazione incomparabili persone diverse si basano su criteri diversi per definire i contenuti inintelligibili le cause dei contenuti sono ampiamente implicite, ossia inconsapevoli 50 Per i fattori oggettivi c’è un tetto soglia oltre il quale non si ha beneficio per il benessere. Benessere secondo l’approccio edonico Prospettiva edonica: benessere soggettivo (PWB) ● Benessere soggettivo associato alla dimensione emotivo affettiva presenza di emozioni positive ed assenza di emozioni negative) e a quella psicofisica, come ricerca del piacere e della soddisfazione (Diener, 2000). ● Focus sul piacere e sulla soddisfazione immediata ● Esperienze e valutazioni di vita favorevoli, che producono emozioni positive e uno stato di benessere connesso non solo all’edonismo puramente sensoriale, ma anche alla soddisfazione per il perseguimento di obiettivi che la persona considera fonti di esperienze e situazioni gratificanti Benessere secondo l’approccio eudaimonico Prospettiva eudaimonica: benessere psicologico (PWB) ● Benessere psicologico centrato sull’interdipendenza tra benessere individuale e comunitario (Ryan e Deci, 2001); ● comprende il benessere individuale in integrazione con il mondo circostante; ● implica un processo di interazione e mutua influenza tra benessere individuale e collettivo in cui la felicità individuale si realizza nell’ambito dello spazio sociale. ● Idea che il benessere sia definito tra le mie skills e il livello di sfida che il contesto mi pone. Se la sfida è troppo alta rispetto alle mie abilità, percepirò malessere e non mi ingaggerò. Il ruolo del docente deve essere quello di ricercare il livello di sfida ottimale; è importante sapere che le nostre azioni possono avere una ricaduta sul benessere e sulla partecipazione dell’alunno. 51 LEZIONE 7 - 26.10.2021 - DISABILITÀ E FAMIGLIA Presentazione del calendario delle lezioni. Quando si parla di sviluppo si è nella prospettiva di ciclo di vita, con l’idea che il cambiamento avviene lungo il corso della nostra esistenza, anche in età senile. Gli studi sulla famiglia mirano a riconoscere e prendere come unità di analisi la famiglia e vedere le fasi del suo sviluppo nel ciclo di vita famigliare . Prendiamo in considerazione la famiglia nel ciclo di vita che affronta una diagnosi di disabilità al suo interno. La diagnosi di disabilità può avere impatti diversi sulla famiglia, in quanto è un evento dinamico e con effetti conseguentemente dinamici. L’ARRIVO DI UN FIGLIO L’arrivo di un figlio comporta sempre un riassetto e una riorganizzazione del nucleo familiare: ● C’è uno stravolgimento delle attività abituali (routine, spazi, tempo libero, lavoro, ecc…); ● C’è il passaggio dalla diade alla triade (numero di componenti del nucleo); ● Stravolgimento delle priorità; ● Cambiamento e complessificazione dei ruoli nella coppia coniugale e nella famiglia; 52 I genitori anziani possono essere ancora fortemente impegnati nel ruolo di genitori del figlio disabile; in questa fase c’è la preoccupazione per il «dopo di noi». Discorso dell’accesso ai servizi/risorse. Sarebbe bene costruire una cultura in cui il genitore riesce a tenere vive tutte le altre dimensioni della vita relazionale. Per le insegnanti è utile avere in mente le dinamiche e le fatiche che un genitore vive anche quando entra in un contesto scolastico; saper leggere dei loro comportamenti/atteggiamenti in relazione alle loro difficoltà. Rivedere il colloquio a fronte di tutte queste criticità del ciclo di vita. MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE ● Attenzione al soggetto, le sue risorse, i suoi legami affettivi ed il contesto sociale soggetto che sta dentro a dei sistemi in cui può trovare delle risorse. ● Nelle prospettive più attuali c’è attenzione all’uso delle parole Cura invece di guarigione: dare significato al limite per ottimizzare le possibilità di benessere e qualità della vita della persona con disabilità e della famiglia. La prospettiva di cura (del prendersi cura) dà significato al limite. Quelle etichette ci aiutano a capire quali possono essere i limiti, e ci permette di vedere quali strumenti abbiamo a disposizione per essere agenti di cura e ottimizzare le possibilità di benessere (capire quali strumenti adeguati ho per intervenire per il miglioramento del benessere). Se si cerca di guarire mi metto nell’ottica del non raggiunto. ● Analisi delle strutture di supporto alle famiglie: ○ risorse interne (Bronfenbrenner, individuare quali risorse, a partire da quelle più vicine o interne all’individuo fino a quelle più allargate, a livello della società, ci permettono di essere agenti di cura con una progettualità); A PARTIRE DALL’INTERVISTA ALL’AUTORE DI “ZIGULÌ” Il libro parla della relazione del padre (autore del testo) con il figlio con una disabilità importante. Nell’intervista l’autore parla di alcuni aspetti che rendono bene alcune dinamiche psicologiche e relazionali di chi vive con un bambino con una disabilità importante e come si ripercuote sulla quotidianità e sul sentirsi genitore. I temi principali trattati: ● IL MOMENTO DELLA DIAGNOSI (e ciò che ne segue…); ● L’IMPATTO SULLE CAPACITÀ GENITORIALI PERCEPITE; ● LA QUOTIDIANITÀ E I POSSIBILI SUPPORTI; ● I FRATELLI; 55 ● SCUOLA. Intervista Descrizione del momento della diagnosi La rievocazione della diagnosi è sempre di difficile elaborazione; la consapevolezza delle parole dette si è sviluppata nel tempo. “Faccio fatica a ricordare perché quel momento l’ho quasi rimosso”. La rimozione è una strategia inconsapevole di difesa durante momenti traumatici. A livello cognitivo ci sono tante strutture che ci permettono di recuperare elementi importanti e si ricostruisce il momento nel momento di diagnosi le nostre aspettative si scontrano con un dato di realtà che corre in un’altra direzione. Strategie mentali: rielaborare il lutto delle aspettative. Avere una diagnosi certa permette di fare delle ipotesi probabili. In questo caso la difficoltà dei genitori sta proprio nel non avere nemmeno il punto di fermo della diagnosi. LA DIAGNOSI è lo «spartiacque» Coincide con una crisi (rottura) del progetto esistenziale: ● DISEQUILIBRIO che richiede un ACCOMODAMENTO: nuovi assetti adattivi, un processo spesso doloroso. ● Spesso si manifesta un CONGELAMENTO del ciclo vitale della famiglia; Spesso vengono attuate modalità difensive improprie (ovvero che funzionano male) che accompagnano il post diagnosi: ● MISCONOSCIMENTO: manipolazione inconsapevole dei dati di realtà. Due direzioni: nego le difficoltà, nego il dato di realtà in maniera tale da difendermi da un punto di vista emotivo. Rendere il dato di realtà che viene reso più sopportabile. (Queste cose non riesce a farle perché è piccolo ancora. Si attribuisce una difficoltà cercando altre giustificazioni, altre risposte.) L’altro misconoscimento è sul versante opposto: negazione delle capacità residue, ovvero non vedo cosa sa fare e mi sostituisco in tutto. Su alcuni aspetti invece la figlia può crescere! La diagnosi “si mangia” anche le possibilità residue. Non riesco a leggere i dati di realtà che mi indicano delle potenzialità. DIAGNOSI E CICLO DI VITA Reazioni alla diagnosi influenzate non solo dalla gravità, ma anche dal MOMENTO in cui viene ricevuta ● Neonatale ○ durante gravidanza: 56 - comporta reazioni emotive forti perché il futuro genitore non ha ancora conosciuto il bambino/a; - comporta una veloce alternanza stati emotivi a picchi molto ravvicinati; - distanza tra i partner; ○ post parto: - internalizzazione: cercare la colpa all’interno (è colpa mia, non sono stata brava…); - esternalizzazione: cercare la colpa all’esterno, è colpa del medico, è colpa del ginecologo. ● Prima infanzia : il raggiungimento tappe evolutive tipiche (cammina presto, riesce a farsi degli amici, ha un buon svezzamento) influisce sulla propria immagine di genitore (= siamo buoni genitori). Se al genitore viene segnalato che il figlio rispetto a una tappa non è al passo reagisce con ansia per eventuali problemi, ansia che viene proiettata anche su di sé (cosa posso fare per recuperare?). Ci sono alcune diagnosi (come il disturbo dello spettro autistico) dove i genitori hanno dunque il tempo per accorgersi che qualcosa non va (ma recupererà)! Come insegnanti abbiamo il ruolo di comunicare delle problematiche al genitore. Perché magari spesso dietro c’è il genitore che vedendo cose che non vanno si crea dei sensi di colpa. ● Età scolare : sono gli anni dove il confronto con gli altri è un processo quotidiano. Immaginiamo di dover comunicare al genitore un segnale di difficoltà (DSA) prima poco evidenti perché non utilizzati prima. I giudizi possono essere visti come attacchi di un nemico esterno (prima quel problema non c’era, me lo avete comunicato voi…), c’è quindi uno spostamento dell’attenzione e delle cause, possono nascere dei vissuti persecutori. Come insegnanti dobbiamo mostrare il nostro intento collaborativo curando le parole da utilizzare. ● Patologie croniche e degenerative : angoscia, difese arcaiche, alternanza eccitamento-depressione... Esistono diagnosi che preannunciano difficoltà stabili durante tutto l’arco della vita, altre invece prospettano un aumento di queste difficoltà nel corso della vita e provano la conclusione prematura della vita del bambino. I bambini perdono una parte del loro ciclo di vita ma devono entrare nei contesti di vita. In questi casi costruire un progetto di vita o un progetto per sviluppare apprendimento diventa oneroso dal punto di vista emotivo e cognitivo. PERCEZIONE DELLE CAPACITÀ GENITORIALI Intervista Ferro rovente: immagini tuo figlio con in mano un ferro rovente e tu non puoi fare nulla per intervenire e prevenire la scottatura (e in più sono costretto a guardarlo mentre potrebbe farsi del male). 57 legate alla qualità del legame fraterno (Glasberg, 2000; McHale et al., 1986). Importanza di sentirsi parte della famiglia, di non sentirsi esclusi o – peggio – ingannati (Capodieci, 2003; Valtolina, 2004). ● Studio con fratelli e sorelle di bambini con autismo (Farina, Bernardi, Albanese, 2012) utilizzando due strumenti: ○ Intervista sulla conoscenza dell’autismo (Glasberg,2000): quante e quali informazioni avevano i fratelli sull’autismo ○ Sibling Relationship Questionnaire-Revised (brief version; Buhrmester & Furman, 1990: questionario sulla qualità della relazione fraterna. Risultati principali ● La conoscenza del disturbo si ferma, per la maggior parte, all’esperienza diretta (quindi soggettiva). ● La relazione fraterna, per le caratteristiche del disturbo e a conferma di quanto emerso in letteratura (Kaminsky e Dewey, 2001), è caratterizzata da scarso contatto positivo (scarsa intimità e condivisione) e negativo (scarso conflitto e rivalità), ma buoni livelli di affettività, ricercata soprattutto dal fratello intervistato. ● Legame tra conoscenza delle implicazioni della patologia sulla quotidianità e livello di intimità. Chi si informa di più ha una relazione più intima col fratello autistico o viceversa? Più conosco gli aspetti dell’autismo legati all’impatto che la diagnosi può avere sul quotidiano, più la relazione con il fratello autistico sarà intima. ● Che tipo di conoscenza è più utile? Dai dati sembra emergere l’importanza di conoscere l’influenza che la malattia ha sulla quotidianità: bisogno di dar senso a comportamenti e atteggiamenti poco comprensibili (Valtolina, 2004). SCUOLA Intervista alle insegnanti di Moreno Speranze delle insegnanti ● 'Umanizzare il bambino' forse l’intento dell’insegnante era tirare fuori dal bambino quella parte più vitale che è difficile da vedere; ● ‘Rendere la sua esperienza a scuola più piacevole’; ● ‘Imparare ad essere accettato da tutti’ sarebbe stato meglio che l’insegnante avesse detto: ‘vorrei che tutti i compagni imparassero ad accettare il bambino’. Con quella prima frase l’insegnante si inserisce nel paradigma dell’integrazione (=io insegnante devo far sì che tu, che sei diverso, ti integri nel contesto). Anche il bambino ha una comprensione del mondo sociale intorno a lui, magari più istintiva e spontanea, ma spesso ci poniamo in una dinamica in cui diamo per scontato che bambini con una disabilità importante siano passivi e "subiscano la realtà” senza comprendere ciò che accade intorno a loro. È necessaria una maggiore curiosità nei loro confronti. È utile lavorare sul fatto che tutte le individualità trovino posto e siano stimolate affinché diventino parte del sistema e siano gruppo; 60 ● ‘Non miriamo al fatto che il bambino impari a leggere e a scrivere’ sembra che le insegnanti gettino la spugna; LEZIONE 8 - 27.10.2021 La famiglia è una fonte di informazioni per la scuola, per calibrare meglio il lavoro in classe, soprattutto con un bambino con bisogni speciali. Le famiglie hanno risorse e costituiscono esse stesse delle risorse per produrre benessere per il bambino. Bisogna quindi considerare il bambino come una fonte di benessere, come una risorsa. Aiutare le famiglie a vedere le proprie risorse può avere delle ricadute importanti sul nostro lavoro. RESILIENZA Brainstorming sulla resilienza: ● l’immagine della piantina che nasce dalle crepe di una strada e cresce nonostante l’ambiente non facilitante; ● in fisica: capacità di resistere agli urti; ● Storia di rinvigorimento: Una coppia di persone in seguito a un evento estremo ha avuto la casa alluvionata da acqua, fango, …. La loro cucina è andata distrutta nella prima alluvione, con la seconda alluvione (avvenuta dopo qualche mese) la coppia si rimette a pulire tutto. I mobili di legno ormai sono rovinati e inutilizzabili. Il marito si propone di ricostruire la cucina in muratura. Questa cucina ha resistito alle successive alluvioni. Di fronte alle avversità della vita alcune persone riescono a vedere nelle situazioni estreme degli aspetti positivi e a capire quali risorse sono a disposizione per superare la difficoltà e a organizzarsi in modalità più funzionali. ● Persona resiliente: Zanardi. Definizione di resilienza “Capacità di ritornare alla forma o posizione originale dopo essere stati piegati, schiacciati, o sottoposti a tensione, come pure la capacità di superare le avversità, sopravvivere allo stress, e riprendersi dopo un momento di difficoltà.” (Feinauer, 1993) Differenze individuali di fronte alle avversità Le prime ricerche sono partite da questa prima domanda: Perché alcuni individui soccombono di fronte alle avversità mentre altri reagiscono in maniera adattiva ed evolutiva? 61 ● Ci sono delle condizioni ambientali che differiscono. Pensiamo ad un bambino con disabilità grave nato in una zona povera del mondo con scarse disponibilità economiche, e poche disponibilità di cura anche emotiva, e a un bambino con lo stesso livello di disabilità nato in un paese ricco con delle disponibilità di cura. ● Ci sono anche delle variabili individuali che possono avere un'influenza sui gradi di sviluppo. Le prime ricerche hanno portato a un superamento dell’impostazione patogenica e deterministica; per cui siamo arrivati all’affermazione: “i traumi infantili non esitano necessariamente in psicopatologia adulta”, se io ho una disabilità fisica non è automatico che questo mi porti a dei problemi in tutte le altre aree della mia esistenza. Antonowsky e il modello salutogenico È un approccio che l’autore definisce salutogenico (= che genera salute) e che si lega alla psicologia positiva e all’ICF. L’idea base di queste teorizzazioni è che è importante chiedersi cosa non funziona, ma è anche importante chiedersi: “Quali sono le cose che funzionano? Perchè funzionano?”. Vedere le risorse e interrogarci sul perché hanno funzionato ci aiuta. Antonowsky dice che lo stato di «malattia» non dipende da fattori esterni, ma dalla loro relazione con le risorse dell’individuo e della comunità per fronteggiare positivamente tali fattori. Quindi è come lo stato di malattia interagisce con ciò che ho intorno che definisce quanto sono sano. La coerenza The origins of health are to be found in a sense of coherence , Antonovsky, 1979, preface vii. Un concetto fondamentale è il senso di coerenza : lo stato della salute è collegato allo stato di coerenza e il senso stesso di coerenza deriva dalla capacità di attribuire un significato al proprio stato. Antonovsky afferma che le malattie e lo stress si verificano regolarmente per tutto il corso della vita e un organismo è in grado di sopravvivere a lungo nonostante tali fattori. La sua conclusione è che il caos e lo stress siano parte della vita e delle condizioni naturali, quindi anche noi esseri umani siamo equipaggiati per superare la malattia e lo stress. Vi è un focus sull’attribuzione di significato agli eventi: le crisi sono degli eventi che scatenano delle emozioni intense. Di fronte al disequilibrio (provocato dalla crisi) l’uomo tenta di riassestare la perturbazione: Antonowsky dice che questo riassestamento lo possiamo fare in due modi: 1. controllando le sensazioni e l’ambiente esterno (porta un cambiamento superficiale ) = ASSIMILAZIONE, c’è un uso di schemi esistenti 62 ● Bambini e adolescenti hanno subito – tutti – una deprivazione motoria; cessazione o deprivazione del rapporto con la natura; distacco dai contesti di socializzazione ● Nuclei familiari in cui era presente un membro con disabilità/BES (Asbury, 2020 et al., 2020; IRCCS Medea, 2020, Toseeb et al., 2020): particolare incremento di vissuti ansiogeni, di paura e – in certi casi – aggressività, aumento di vissuti di perdita nell’accesso alle routine, alle reti e alle strutture di supporto e ai servizi … ● indagini ONU hanno rilevato che l’impatto è stato diverso a seconda del tipo di difficoltà: i più vulnerabili sono risultati essere i bambini e gli adolescenti con disabilità intellettiva NEI PANNI DI … ● …un genitore di un bambino con disabilità intellettiva durante il lockdown. ● A coppie (da casa individualmente) provate a rispondere alle domande di questa intervista: 1. Di sicuro all’inizio della pandemia è stato molto difficile riorganizzarsi , ristabilire delle routine quotidiane . Col tempo ci siamo adattati anche noi, anzi, penso che l'aumento dell’uso della tecnologia sia stato positivo sotto alcuni punti di vista. Ovviamente il fatto che mio figlio fosse costretto a casa ha rappresentato una criticità per me, ma cercando dei compromessi si sono potuti riorganizzare molti aspetti della propria vita. 2. Di sicuro non è stato facile: una situazione come avere un figlio disabile che già di per sé richiede molto tempo e dedizione all’inizio non ha fatto che peggiorare. Non è stato semplice riorganizzarsi , trovare delle nuove modalità , ricoprire ruoli di altre persone: ha richiesto tempo, sacrifici, molto stress, molti dubbi; 3. Più che la pandemia è lo stress che ne deriva a influenzarmi. I dubbi di un genitore sono tanti, se si sommano altri problemi il carico diventa sempre più difficile da gestire, a livello personale e familiare. 4. Le chiusure delle palestre, dei parchi e soprattutto della scuola hanno impedito a mia figlia di coltivare i suoi hobby e passioni oltre che la dimensione della socialità. Inoltre si devono considerare anche tutte le strutture di supporto: la psicologa, la 65 logopedista e il centro riabilitativo. L’assenza improvvisa di questo sostegno a mia figlia si è fatta sentire subito, per lei è stato uno shock, e per me un ulteriore peso da considerare, un ulteriore ruolo da ricoprire. La bambina ne ha fortemente risentito e ha manifestato il suo malessere in vari modi: scoppi d’ira, mal di testa frequenti ecc…. 5. avrei avuto bisogno di un maggiore supporto psicologico; e se non avessi avuto la pressione incessante del lavoro (smart working) sicuramente sarei stata un sostegno maggiore per mia figlia. 6. Senza un supporto psicologico è difficile trovare strategie di coping davvero efficaci. In questo senso mi sembra di aver fallito. Il supporto psicologico di mio marito è stato fondamentale. 7. Sì ho imparato a conoscere meglio le figure che seguono mia figlia a scuola: insegnante di sostegno e l'educatore; inoltre tramite blog e siti mi sono improvvisata animatrice, ho cercato di creare dei momenti di serenità e di divertimento in un periodo buio per la nostra epoca. Che parole abbiamo utilizzato? ● Sfera emotiva ● Sfera preoccupazione ● Sfera organizzativa quotidiana ALTRE PAROLE CHIAVE: bisogni - eccessi e mancanze - difficoltà - solitudine - limiti - possibilità - vissuto personale - relazioni - emozioni - supporto Le parole sarebbero state diverse se questi cambiamenti pandemici avessero investito ragazzi con sviluppo tipico? Durante il lockdown un gruppo di ricerca di un progetto sui diritti dell’infanzia (progetto europeo) ha messo in atto una parte di ricerca sulla genitorialità durante il lockdown. Il questionario era ampio, in generale si è chiesto: come avete vissuto la genitorialità nei mesi di lockdown serrato. I temi sono gli stessi: quotidianità, difficoltà a trovare supporti, le difficoltà, le possibilità. E’ emerso il contrasto forte tra eccessi e mancanze, il cambiamento e il gioco di ruoli nella famiglia. Le dinamiche familiari in situazioni di stress sono simili alle dinamiche famigliari che hanno al loro interno un membro con disabilità. In queste famiglie in più sono venute meno le risorse per compensare la situazione di difficoltà. ARTICOLO Sono emersi tre temi principali per comprendere le sfide della quotidianità nelle famiglie nelle quali vi è un membro con disabilità: 1. Gestione Noi siamo stati messi in Lockdown già dalla nascita del bambino: l’isolamento è 66 un aspetto quotidiano, uscire quando ci sono meno persone per non vivere lo stigma. Il DISTANZIAMENTO SOCIALE, è sentito come molto forte da sempre, dalla nascita del bambino. 2. Emozioni miste Stress dello stare 24/24 con bambini aumenta quando i bambini hanno bisogni speciali. 3. Supporti l’uso delle tecnologie è entrato nella famiglia. La cosa che è stata rilevata come più importante è stato il check in : i servizi sanitari non si palesavano solo su richiesta e a fronte di situazioni emergenziali; gli operatori chiamavano per sentire come stava la famiglia. Il sentirsi pensati all’interno di un progetto è stata la chiave di volta. Questo sentirsi pensati è stato reso tangibile con messaggi e chiamate ed è stato un elemento che ha dato un grande supporto al nucleo familiare. Significa non solo dare supporto ma creare un’alleanza educativa. LEZIONE 9 - 2/11/21 FILM “Quasi amici” Confronto tra Philips e un amico: discutono sull’adeguatezza del nuovo assistente di colore. L’amico mette in guardia Philips dicendo che la fede penale del ragazzo è macchiata di numerose rapine a mano armata e furti. E’ esattamente questo che voglio, “Nessuna pietà!!!” A volte mi passa il telefono e sai perchè? Perchè si dimentica (che ho una disabilità)! E’ alto e robusto, ha due gambe e due braccia ed è forte, non mi interessa la sua fedina penale. Nel secondo spezzone l’assistente presenta a Philips un nuovo repertorio musicale, diverso da quello a cui l’uomo è abituato, ovvero quello classico. L’assistente e altre persone ballano, nel contesto c’è Philips che non può ballare (perché è tetraplegico) ma si diverte: guarda il suo amico e ride. Impressioni a caldo Spesso si cerca di eliminare quelle attività in cui la persona con disabilità potrebbe (secondo i nostri schemi e pregiudizi) sentirsi a disagio. In realtà Philips riesce a divertirsi. Pregiudizio implicito: non possiamo fare quella cosa (ballare) perchè altrimenti Philips che è in carrozzina non può partecipare. Pietismo ingiustificato (noi abbiamo un pregiudizio e agiamo secondo quello, senza domandarci cosa davvero l’altra persona pensa e senza mettere in 67 ● Nella preadolescenza e nell’adolescenza: c’è l’uso intensivo dei muscoli degli arti superiori e la conseguente accelerazione della degenerazione di queste fasce muscolari; la funzionalità respiratoria e quella cardiaca vengono compromesse e diventa necessario ricorrere ad apparecchi di ventilazione assistita e a farmaci per il trattamento degli scompensi cardiaci. Riflessioni La prima domanda da chiedersi è: “come ci sto io con questa situazione?”. Il modo in cui io mi sento ha un impatto nella relazione che io ho con la persona con distrofia, con la sua famiglia e con la classe. “Cosa propongo a questa persona che ha una malattia degenerativa?”. Il primo modo di lavorare sulla competenza emotiva è essere consapevoli di quello che si sente e trovare il modo di gestire questa parte. Dobbiamo chiederci: “Qual è il meglio che posso fare per garantire il benessere cognitivo, personale, sociale della persona con distrofia?”. E’ responsabilità dell’insegnante dare voce al bambino / alla bambina quindi tenere in considerazione i suoi desideri. DANNO CENTRALE ● Specifico: determinato da una lesione localizzata nelle aree cerebrali deputate alla motricità (ad es. PCI e Spina Bifida) ● Aspecifico: determinato da una lesione che non è localizzata nelle aree cerebrali deputate alla motricità, ma va a toccare diverse aree; sono quadri caratterizzati principalmente dalla presenza di disabilità intellettiva con difficoltà a livello motorio. LA PARALISI CEREBRALE INFANTILE ● Disordine del movimento e della postura dovuto ad un difetto o ad una lesione (non soggetta a guarigione né a peggioramenti) che colpisce il cervello a livello prenatale o entro il secondo / terzo anno di vita. ● Può portare anche altri problemi alla salute, coinvolgendo ad esempio la vista, l’udito e il linguaggio. ● Colpisce un bambino ogni 500 nati. Oggi in Italia sono 50.000 i bambini affetti da questa patologia. L’incidenza è più elevata nei bambini nati prematuri (in particolare sotto le 31 settimane) e nei neonati di peso inferiore ai 1.500 grammi. LA PARALISI CEREBRALE INFANTILE: Cause: l’eziologia varia a seconda del momento di insorgenza: ● Prenatale: malformazioni congenite del SNC, fattori genetici, episodi ischemici, anossia fetale, infezioni e malattie metaboliche materne, farmaci, radiazioni ● Perinatale: emorragie intracerebrali e intraventricolari, asfissia durante il parto, disturbi respiratori associati a prematurità ● Postnatale: traumi, eventi anossici, infezioni (meningo-encefalite), agenti tossici, disidratazione 70 CLASSIFICAZIONI DELLA PARALISI CEREBRALE INFANTILE IN BASE AL TIPO DI DISTURBO MOTORIO: ● SPASTICA: alterazioni che colpiscono prevalentemente le vie piramidali con perdita della motricità, aumento patologico del tono posturale. Si osserva una maggiore rigidità . ● DISCINETICA: da disfunzioni del sistema extra-piramidale, in maggioranza nella forma atetosica (ipotonia e movimenti lenti , aumento movimenti involontari ), meno frequentemente in forma distonica (alterazione della regolazione del tono muscolare con ampia variazione). ● ATASSICA: disturbo coordinazione dei movimenti, evidente ipotonia , alterazione dell'equilibrio in stazione eretta, barcollamento nel cammino, incoordinazione , spesso rallentamento nell'emissione della parola, che viene scandita in modo partico CLASSIFICAZIONE DELLA PARALISI CEREBRALE INFANTILE IN BASE ALLE FORME CLINICHE: ● MONOPLEGIA: perdita della mobilità di un solo arto; è un quadro molto raro ● PARAPLEGIA (o DIPLEGIA): deficit motorio localizzato ai soli arti inferiori, Solitamente si osservano anche dei lievi difetti motori agli arti superiori ● EMIPLEGIA: il difetto motorio interessa una sola metà del corpo (quella contro laterale cerebrale) ● TETRAPLEGIA: il quadro più frequente e più grave. Le lesioni motorie interessano tutti e quattro gli arti. Più compromesse sono le estremità distali (=mani) le cui difficoltà si evidenziano nella scarsa capacità di muovere le dita. ● DOPPIA EMIPLEGIA: consiste in una emiplegia bilaterale di tipo spastico che interessa in particolare modo gli arti superiori . Più compromesse le estremità prossimali. NON CHIEDE QUESTE CLASSIFICAZIONI ALL’ESAME Il senso di conoscerle serve solo a capire come regolare le mie proposte didattiche, prendendo in consapevolezza le possibilità/impossibilità di movimento. SINTOMI ASSOCIATI AL DISTURBO MOTORIO ● TURBE SENSITIVE: disturbi della sensibilità generale, sia a carico della sensibilità superficiale che di quella profonda. ● TURBE SENSORIALI: circa la metà dei bambini con PCI accusano disturbi della vista: strabismo, diminuzione della vista e alterazione del nervo ottico e della retina. I disturbi uditivi sono presenti in circa il 30% di tutti i casi (ipoacusia e disacusia). ● EPILESSIA: Interessa circa il 30-40% di tutti i casi di PCI. I disturbi convulsivi sono di tipo parziale. ● DISTURBI DEL LINGUAGGIO: sono presenti nella maggioranza dei casi. La forma più frequente di questo gruppo è la disartria: ○ Spastica: linguaggio conglutinato , incomprensibile ○ Distonica : tremolante, spesso difficile da capire 71 ○ Atassica: parola scandita, dovuto ad un'incapacità nel coordinare i muscoli interessati alla fonazione ● DEFICIT COGNITIVI: variabilità, tra il 30 ed il 60% SVILUPPARE CONOSCENZE quando ci sono DISABILITA’ MOTORIE Nei bambini sani, la possibilità di esplorare il proprio corpo e l’ambiente consente al bambino di formulare ipotesi e pianificare azioni. Le reazioni circolari primarie partono dall’esplorazione del corpo e danno dei FEEDBACK importanti: capire i confini del corpo, separare il mio corpo da quello della madre e da chi mi tiene in braccio. Poi l’esplorazione si estende al mondo esterno: capire quali effetti il nostro movimento del corpo ha sull’ambiente esterno. E’ l’esplorazione che consente di accrescere le competenze anche di tipo cognitivo. Es. reazioni circolari del bambino che muovendo a caso le proprie braccia riesce a muovere la giostrina sopra la culla. Prima è tutto dettato dalla casualità, poi ripetendo il gesto comprendo la causa effetto e riproduco il movimento in maniera più controllata. Questo è fondamentale, infatti: ● Si crea una sequenzialità che porta progressivamente alla rappresentazione mentale dell’oggetto, dello scopo, dell’azione. La sequenzialità mi permette di creare un’immagine mentale dell’oggetto, dell’ambiente o della mamma e del papà (nell’attaccamento) Quando c’è un danno del movimento, questo impedisce al bambino di incidere sull’ambiente ricavandone un feedback soddisfacente, si genera dunque una difficoltà a scoprire le relazioni tra il proprio comportamento e la conseguenza prodotta nell’ambiente nel quale agisce. Dato che il bambino non controlla i movimenti non è in grado di ripetere il gesto. Se sono ipotonico e faccio fatica a spostarmi perchè mi manca la forza, ho meno informazioni, ho un raggio di azione più ridotto. Questo non permette di far vedere al bambino in modo chiaro la conseguenza che una sua azione ha nell’ambiente. Spesso se il disturbo motorio è precoce porta a conseguenze a livello cognitivo, il bambino ha a disposizione meno mezzi per costruire delle rappresentazioni mentali rispetto ad altri bambini. Non è detto che non ci riesca ma parto svantaggiato. Ci sono conseguenze anche a livello relazionale. ASPETTI RELAZIONALI ● Il bambino con PCI, fin dalle fasi iniziali dello sviluppo, dà segnali poco chiari e difficili da interpretare. Un bambino che allunga le braccia per farsi prendere in braccio, è un segnale chiaro. I bambini con difficoltà motoria, sono più disarticolati e non riescono. L'interpretazione motoria dei loro movimenti da parte di chi li circonda è poco chiara. ● Di fronte ad un bambino che dà segnali poco chiari è problematico saper attendere e riconoscere (capire il significato) le sue proposte; si tende ad anticipare le risposte a bisogni non ancora espressi o mal espressi. ● Nell'interpretazione spesso intervengono anche aspetti psicologici, soprattutto nei casi in cui la diagnosi è tardiva. C’è la tendenza ad interpretare il bambino 72 FUORI DALLA CORNICE: degenerazione, relazioni, progetto di vita LEZIONE 10 - 03.11.21 . DISABILITÀ INTELLETTIVA DENTRO LA CORNICE: Altre parole … Eterni bambini, strategie alternative, scarsa autoregolazione emotiva, limitazioni, bassa autostima, spontaneità trasparenza, poca partecipazione, passività, frustrazione. Inquadramento e prospettive di intervento PREMESSA: CONOSCERE LO SVILUPPO TIPICO Per comprendere lo sviluppo atipico e saper intervenire efficacemente bisogna prima conoscere lo sviluppo tipico (questo è il motivo per cui, al primo anno di SFP, si fa il corso di psicologia dello sviluppo): ● Molti insegnanti si trovano in difficoltà con bambini certificati non perché non conoscono abbastanza bene le caratteristiche della disabilità, ma perché non conoscono abbastanza bene lo sviluppo tipico (Vianello, 2012). Piaget non basta, è bene lavorare sugli aspetti evolutivi conoscendo anche le ultime ricerche. Aggiornamento non solo sullo sviluppo atipico ma anche quello tipico. ● Il rischio dunque è quello di « interpretazione iper-psicopatologica della realtà » (Vianello, 2012, p. 73) per cui la patologia si mangia tutto il resto: “non sa fare questo perché ha una disabilità intellettiva”. CONOSCERE LO SVILUPPO ATIPICO 75 ● Conoscere le problematiche più frequenti associate alle disabilità (non solo cognitive!); le problematiche associate possono essere motorie, linguistiche, percettive ecc. ● Conoscere le condizioni biologico-genetiche delle varie sindromi. Ad esempio la sindrome di Prader-Willi ha come conseguenza l’iperfagia (mancanza del segnale della sazietà), la scarsa tolleranza alle frustrazioni. ● Essere aperti a riconoscere le specificità del singolo ; le conoscenze generali sullo sviluppo atipico sono dei punti di riferimento e servono per fare ipotesi; tuttavia questi aspetti non possono far escludere a priori le eccezioni (es. non tutti i bambini con sindrome di Down sono socievoli e nemmeno tutti i bambini con autismo non guardano negli occhi!). Conoscere lo sviluppo atipico nelle sue fasi ma comunque utilizzare queste informazioni solo come materiale grezzo per creare delle ipotesi. DSM-V: I DISTURBI DEL NEUROSVILUPPO Sono un gruppo di condizioni con esordio nelle prime fasi dello sviluppo. I deficit causano una compromissione del funzionamento personale, sociale, scolastico e/o lavorativo: il range varia da limitazioni molto specifiche fino a compromissioni globali di abilità sociali o intelligenza. I disturbi del neurosviluppo si presentano frequentemente in concomitanza: ad esempio molti bambini con autismo hanno anche la disabilità intellettiva. La disabilità intellettiva è il disturbo che compare più frequentemente in concomitanza ad altre patologie. I disturbi del neurosviluppo comprendono: ● Disabilità intellettive ● Disturbi della comunicazione ● Disturbo dello spettro dell’autismo ● Disturbo da deficit di attenzione/iperattività ● Disturbo specifico dell’apprendimento ● Disturbi del movimento ● Altri disturbi del neurosviluppo Nel DSM-5 l’espressione «ritardo mentale» è stata ufficialmente sostituita da disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo). E’ un disturbo con insorgenza nell’età evolutiva (nei primi anni di vita fino all’adolescenza) che include deficit intellettivi e adattivi negli ambiti della concettualizzazione: costruzione di conoscenze; della socializzazione e delle capacità pratiche. In questi tre ambiti chi ha una disabilità intellettiva ha dei deficit. CRITERI A. Deficit delle funzioni intellettive : rispetto alla media dei bambini di pari età ho dei deficit nelle abilità di ragionamento, soluzione di problemi, pianificazione, il 76 pensiero astratto… Il deficit viene confermato sia da valutazione clinica che da prove d’intelligenza individualizzate e standardizzate (Q.I.). B. Deficit del funzionamento adattivo : segnala il mancato raggiungimento degli standard di sviluppo e socio-culturali per l’indipendenza personale e la responsabilità sociale in più ambiti. La valutazione rileva se il soggetto è in grado di adattarsi al contesto. Questa valutazione è bilanciata per l’età e per il contesto di appartenenza. Perché è importante questo criterio? Fino al manuale precedente il livello di gravità della disabilità intellettiva veniva stabilito sul criterio A: quindi tanto più era basso il QI tanto più era grave la disabilità. Col DSM-V si prende in considerazione il criterio B, cioè il funzionamento adattivo, quindi “come quel QI si declina alla capacità di adattarsi al contesto”. C. Insorgenza dei deficit intellettivi e adattivi nell’età evolutiva. STABILIRE I LIVELLI DI GRAVITÀ ● I livelli di gravità vengono definiti sulla base del funzionamento adattivo e non sul punteggio di quoziente intellettivo (QI), poiché è stato giudicato che sia il funzionamento adattivo, nelle aree della concettualizzazione, della socializzazione e delle abilità pratiche, a determinare il livello di supporto necessario a mantenere una condizione di vita accettabile. L’equipe e principalmente il neuropsichiatra valuta il funzionamento adattivo del bambino. ● Dunque si continuano a distinguere 4 livelli di gravità (lieve, moderato, grave e estremo), ma con criteri diversi dal DSM-IV e IVTR. POSSIBILI CAUSE ● BIOLOGICHE: sindromi genetiche: più di 750 cause genetiche descritte, le più conosciute sono 27; malformazioni del Sistema Nervoso Centrale. ● AMBIENTALI: infezioni in gravidanza; cause perinatali (legate al parto o immediatamente successive); traumi; malattie; malnutrizione; gravi carenze educative (es: negligenza totale). ALCUNE FUNZIONI PSICOLOGICHE DEFICITARIE NELLE DISABILITA’ INTELLETTIVE Parleremo di: ★ Percezione ★ Sviluppo motorio ★ Linguaggio ★ Teoria della mente ★ Competenza emotiva SENSAZIONE E PERCEZIONE Sensazione 77 Perchè questo gioco è difficile? Per riuscire nel gioco devi inibire il primo comando del cervello che è quello di leggere le lettere. Per un bambino di 4 anni il compito è più semplice, il bambino che non sa leggere non deve inibire il primo processo cognitivo. Il controllo inibitorio è una funzione esecutiva che consente di eliminare quello che è fuorviante per la soluzione di un problema. Spesso bisogna inibire il comportamento che più intuitivamente metteresti in atto. I bambini autistici faticano a controllare il sistema inibitorio e le funzioni esecutive (hanno difficoltà a omettere ed escludere stimoli sensoriali. Per esempio, non riescono a gerarchizzare le fonti di rumore in una stanza: questo può diventare problematico per l’adattamento a quel contesto.) SVILUPPO DELLE FUNZIONI ESECUTIVE NELLO SVILUPPO TIPICO Prescolari: ● Aumento memoria di lavoro e controllo inibitorio; dai 4-5 anni compare il controllo attentivo, aumenta la flessibilità sostenuta dalle strategie di premi/gratificazioni; compare la capacità di pianificare Scolari: ● Dagli 8 anni la flessibilità cognitiva è paragonabile a quella adulta come anche il controllo inibitorio; dai 12 anni: la memoria di lavoro è efficiente ed efficace, inoltre si sviluppa un’alta resistenza alle interferenze NELLA DISABILITÀ INTELLETTIVA COSA COMPORTANO I DEFICIT DELLE FUNZIONI ESECUTIVE ? 80 ➢ Difficoltà a stabilire gerarchie e le priorità e a rispettare i tempi; ➢ Elevata distraibilità; ➢ Difficoltà coi compiti nuovi; (le funzioni di avvio, allerta e pianificazione sono carenti) ➢ Difficoltà a passare da un’attività all’altra (shifting) o a svolgere più compiti contemporaneamente; ➢ Difficoltà nella regolazione emotiva e nella tolleranza della frustrazione; ➢ Scarse competenze di cognizione sociale; ➢ Prestazioni scolastiche altalenanti; ➢ Scarsa capacità di controllare gli impulsi. LE PRIME PAROLE NELLO SVILUPPO TIPICO ➢ Comparsa intorno all’anno (alcuni a 10 mesi, altri a 18) → le parole più semplici dal punto di vista fonologico. ➢ Le “cose” a cui si riferiscono sono simili in tutte le culture → elementi dell’esperienza diretta: genitori, fratelli, cibo…; cose in movimento; ➢ Significato: diverso da quello dell’adulto (sovraestensioni e sottoestensioni), ma non così tanto come si pensava in passato; ➢ L’uso delle parole è legato al contesto in cui vengono udite. LA COSTRUZIONE DELLE FRASI NELLO SVILUPPO TIPICO ➢ 18 mesi: prime combinazioni → non vere e proprie frasi, servono informazioni contestuali per capire il significato; esprimono delle relazioni (prima due nomi o nome + agg. o pronome; poi struttura nucleare) ➢ 3 anni: rapido aumento del lessico, della complessità e della correttezza grammaticale (acquisizione di grossa parte della morfologia verbale: genere, numero..): l’acquisizione delle regole è sempre più flessibile, gli ipercorrettismi sono attenuati ➢ Anni successivi: uso delle coordinate e delle subordinate; prime narrazioni IL LINGUAGGIO NELLE DISABILITÀ INTELLETTIVE Comorbidità : nelle Disabilità Intellettive spesso troviamo anche Disturbi della Comunicazione. ★ DI lieve e moderato: il linguaggio è acquisito di norma nel periodo prescolare. DI grave: apprendimento del linguaggio è incerto e più tardivo (periodo scolastico). ★ Sia le abilità di comprensione che quelle di espressione si evolvono con un ritardo più o meno marcato ★ c’è una povertà lessicale; a causa della rigidità cognitiva c’è un’estrema semplicità e/o scorrettezza nella struttura sintattica; ci sono difficoltà a livello pragmatico / comunicativo (il bambino fa fatica a leggere il contesto e a comunicare in maniera efficace). Può essere compromesso anche l’aspetto fonologico, se sono presenti difficoltà articolatorie legate a problemi dell’apparato vocale o movimenti. LE FUNZIONI DELLA TEORIA DELLA MENTE 81 ❖ Funzioni essenzialmente di tipo sociale → dare un senso ai comportamenti e alle interazioni sociali, compiere ipotesi e previsioni (per mettermi nei panni degli altri devo avere a disposizione delle facoltà cognitive che mi permettono di fare delle ipotesi su cosa gli altri stanno pensando e come si stanno comportando gli altri e perché si stanno comportando in quel modo); ❖ Funzione comunicativa → andare oltre il significato letterale della frase e cogliere l’intento comunicativo dell’altro (aspetti pragmatici del linguaggio); ❖ Funzione adattiva: dando senso a ciò che dicono e fanno gli altri, il comportamento diventa prevedibile, le mie condotte più flessibili e appropriate alla situazione; ❖ Funzione protettiva: in situazioni di disagio, o in percorsi evolutivi critici sono capace di separare lo stato mentale del caregiver dal proprio stato mentale → quindi sono capace di differenziare il Sé. Sono funzioni molto elevate, e in molti casi di disabilità intellettiva non vengono mai raggiunte. ToM E DI I deficit di ToM coinvolgono una serie di funzioni cognitive superiori. La teoria della mente presuppone la presenza e lo sviluppo di altre funzioni: ● Percezione dell’oggetto permanente (per cui io riesco a rappresentarlo a livello mentale). Nelle disabilità intellettive si rimane spesso nella fase della concretezza. ● Imitazione; ● Imitazione differita; ● Decentramento cognitivo; ● Simbolizzazione; ● Reversibilità del pensiero; ● ma anche: METARAPPRESENTAZIONE → per cui io sono capace di costruire una rappresentazione mentale delle rappresentazioni mentali delle altre persone (io penso che tu pensi che …) ALCUNI GIOCHI STIMOLANO LA TOM (si possono proporre anche a bambini con disabilità intellettiva lieve) ★ Giochi di ruolo (impersonificazione con altri personaggi); ★ Giochi con le parole. Es: nella tecnica del lancio della parola, si lanciano alcuni verbi (credere, pensare …) che favoriscono un ragionamento di TOM. I bambini costruendo frasi con certi verbi sono stimolati ad assumere altri punti di vista, a decentrarsi cognitivamente; ★ Giochi molto più semplici. Es: in ‘mosca cieca guidata’ il bambino che fa da guida si deve mettere nei panni dell’altro bambino che non vede; ★ Far spiegare al bambino un gioco al compagno (il bambino che conosce il gioco per spiegare bene deve mettersi nei panni del compagno che non lo conosce) 82 La WISC dà una misura statica, un punteggio del QI. Da qui possiamo estrapolare punti di forza e di debolezza di ognuno, questi ultimi ci dicono molto. Le scale: ❖ WAIS: per adulti; ❖ WISC: per bambini e ragazzi dai 6 ai 16 anni e mezzo; ❖ WPPSI: per i bambini dai 4 ai 6 anni; a volte le difficoltà sono evidenti e quindi bisogna comprendere quali sono i punti di forza del bambino per portare avanti determinate attività. Quando viene utilizzata la WISC? - per rilevare le difficoltà cognitive: per valutare i DSA un criterio è che non ci siano compromissioni a livello cognitivo; - per misurare il potenziale cognitivo: quando si valuta un bambino bisogna guardare anche alla zona di sviluppo prossimale perché questo ci dice come posso lavorare con quel bambino; - per rilevare la coerenza interna dello sviluppo intellettivo: è importante uno sviluppo armonico; - per individuare forze e debolezze del funzionamento cognitivo del bambino - per evidenziare risorse del funzionamento del bambino. Descrizione QI ● QI 130 e > 130 → Eccezionalmente alto; ● 120< QI >129 → Alto; ● 110< QI >119 → Medio Alto; ● 90< QI >109 → Medio; ● 80< QI >89 → Medio Basso; ● 70< QI >79 → Basso; ● 69 e al di sotto → Eccezionalmente basso. Ci sono molti bambini “gifted” , cioè plusdotati a livello cognitivo. Venivano spesso anche scambiati con ADHD (sono molto agitati). A scuola questi bambini fanno fatica; fanno fatica a stare nei ritmi degli altri. C’è un disequilibrio, questi bambini sono molto avanti nella parte cognitiva, ma a livello emotivo sono fragili. Questi bambini sono iperstimolati, quindi le abilità sono alte, ma queste ultime devono andare di pari passo con l’emotività per permettere uno sviluppo armonico. Gradi di gravità della disabilità cognitiva: Possono essere specificati 4 gradi di gravità del Ritardo Mentale, che riflettono il livello della compromissione intellettiva: ● Ritardo Borderline (livello del QI da 71 a 84); ● Ritardo Mentale Lieve (livello del QI da 50-55 a circa 70); ● Ritardo Mentale Moderato (livello del QI da 35-40 a 50-55); ● Ritardo Mentale Grave (livello del QI da 20-25 a 35-40); 85 ● Ritardo Mentale Gravissimo (livello del QI sotto 20 o 25) Ritardo Mentale, Gravità Non Specificata. Ritardo mentale gravissimo: in tal caso il bambino, per esempio, non riesce nemmeno a comprendere la consegna. I più frequenti sono i bambini con ritardo borderline o con ritardo cognitivo lieve. Con la giusta stimolazione e mediazione i bambini riescono ad apprendere, le prestazioni di questi bambini a volte sono disarmoniche. Spesso l’ADHD è in comorbilità con il ritardo Borderline, quest’ultimo non rientra nella legge 104/92. Il bambino che si situa al livello borderline non ha diritto all’insegnante di sostegno. A volte il ritardo borderline riesce a salire, quindi a ‘risolversi’ con gli strumenti adatti e/o la giusta mediazione. Attenzione! Non ci sono solo le abilità cognitive, anche le emozioni influenzano i risultati. Un’emotività controllata (so quando devo essere più impulsivo, so quando devo controllarmi) accresce le possibilità cognitive perché rende più fluidi gli schemi cognitivi. Oltre alle emozioni anche la stimolazione nella prima infanzia è fondamentale. La WISC -IV Nel protocollo di notazione c’è: - la data del test; - la data di nascita; - la misurazione dell’età; C’è l’indicazione delle varie prove; per ogni prova della WISC si inserisce il punteggio e poi lo si trasforma in punteggio ponderato. Si creeranno quattro indici (comprensione verbale, di ragionamento visuo percettivo, memoria di lavoro e velocità di elaborazione) che verranno analizzati grazie a una tabella. Il primo indice è l’indice di comprensione verbale : sono 5 prove (somiglianze, vocabolario, comprensione, informazioni, ragionamento con le parole). Le ultime due (informazioni e ragionamento con le parole) non sono obbligatorie e vengono fatte quando si hanno dei dubbi. Prove: Somiglianze : chiedo in che cosa si assomigliano due termini (in cosa si assomigliano il rosso e il blu? La risposta è: sono colori). Le variabili cognitive implicate nel compito sono: capacità linguistiche sia espressive che recettive, capacità di astrazione, di concettualizzazione, di generalizzazione, capacità di individuare le relazioni più significative fra entità, flessibilità di pensiero. 86 Le difficoltà: alcuni bambini perdono tempo durante la prova (guardano continuamente il cronometro), altri chiedono continuamente: “è giusto?” mostrando un bisogno di dipendenza, altri bambini elaborano eccessivamente la richiesta e si perdono in un bicchiere d’acqua. Vocabolario : chiedere il significato di un termine (da termini semplici fino a quelli più complessi, es. antico, garrulo, emendamento). Le variabili cognitive implicate nel compito: capacità di astrazione su base verbale, capacità di concettualizzazione, di riorganizzazione semantica, capacità di recupero delle informazioni dalla memoria a lungo termine, capacità linguistiche. Le difficoltà: alcuni bambini hanno difficoltà a recuperare il lessico specifico per cui alla domanda: “che cosa significa antico” dicono: “significa antico” Comprensione : domande su eventi di vita quotidiana (cosa devi fare se trovi il portafogli di qualcuno?; cosa fai se un bambino più piccolo comincia a picchiarti?). In base alla risposta, capisco se il bambino riesce a regolare la risposta in base al contesto. Da domande più semplici si passa ad altre domande più complicate (come mai bisogna mettere il francobollo sulle lettere? Come mai ci sono i diritti d’autore sui libri?) Questa prova ci dà informazioni su come funziona il bambino e su come ragiona. Le domande sono uguali per tutti e ci si ferma dopo un tot di errori che il bambino fa. Ora dovrebbe uscire la WISC-V anche per una questione storica: Nella prova “completamento di figure” (dell’indice 2 della scala) ci sono le immagini del televisore, del telefono, ma sono obsolete e diverse dai televisori e telefoni attuali. Anche la domanda sui francobolli è obsoleta. Informazioni : domande quali: quanti giorni ci sono in una settimana? Chi era Confucio? Quanto dista Roma da New York? Ragionamento con le parole : è un animale che fa bau bau → il bambino deve rispondere ‘cane’; sono in alto nel cielo e si possono vedere solo di notte → il bambino deve rispondere ‘stelle’. Il secondo indice è il ragionamento visuo-percettivo : è quello che gli insegnanti intendono per logica. Disegno con i cubi: il bambino ha in mano quattro cubetti uguali che hanno: due facce rosse, due facce bianche e due facce metà e metà. Il bambino a tempo deve copiare usando i cubetti la figura che gli viene fatta vedere. Difficoltà: aspetti ossessivi o eccessiva fretta Concetti illustrati: il bambino deve dire il numero di due oggetti che hanno qualcosa in comune (hanno di fronte un foglio con immagini di alcuni oggetti). Completamento di figure (prova facoltativa): il bambino deve capire ciò che manca e completare la figura Ragionamento con le matrici: è una prova che valuta le abilità di ragionamento non verbale. Il bambino deve scegliere quale “pezzo” manca in una matrice. Abilità visuo-spaziali 87 Il metodo di Feuerstein è il metodo più conosciuto per quanto riguarda il potenziamento cognitivo. Si fa potenziamento cognitivo ogni volta che ci poniamo tra l’alunno e il compito che sta facendo aiutandolo a superare le difficoltà o potenziando le sue potenzialità. Per poter adottare il metodo Feuerstein è necessario aver seguito un corso, così si diventa mediatori Feuerstein. Il metodo viene utilizzato con bambini, adolescenti e con gli adulti nelle aziende. Perché parlare di potenziamento cognitivo ? L’intelligenza si modifica nel tempo. Inoltre ci sono tanti tipi di intelligenza: è una struttura globale, ma con molti fattori all’interno. Nel potenziamento cognitivo si includono gli alunni con disabilità. L’educazione cognitiva ha come obiettivo quello di educare i processi di pensiero sviluppando e stimolando le funzioni coinvolte. I potenziali intellettivi sono modificabili, educabili e rieducabili grazie all’influenza di mediazioni educative efficaci (Paour). Il metodo Feuerstein È una metodologia centrata su un approccio metacognitivo, che intende affrontare alcune questioni fondamentali dell’apprendimento: è possibile apprendere? Come si apprende? Quali ragioni del mancato apprendimento? Come fare per intervenire? È una metodologia cerniera tra l’alunno in situazione di difficoltà o disabilità e la classe, il metodo Feuerstein può essere utilizzato con tutta la classe. È una metodologia che fa della diversità una risorsa. Concetti principali della teoria di Feuerstein ➢ Modificabilità cognitiva: posso modificare il mio cervello (il cervello si abitua ad un’altra modalità, per esempio durante la didattica a distanza, il cervello si abitua a studiare dal computer) ➢ Esperienza di apprendimento mediato: l’insegnante media l’apprendimento del bambino. ➢ Modificazione dell’ambiente circostante: l’ambiente deve cambiare per includere e per aiutare il bambino a comprendere Modificabilità cognitiva L’organismo va incontro ad una serie di mutamenti ● dovuti alla maturazione (gattonare>camminare); ● cambiamenti strutturali, non si riferiscono ad eventi isolati ma al modo stesso in cui l’organismo interagisce con le fonti di informazioni, agisce su di esse e risponde ad esse. La modificabilità cognitiva agisce sui cambiamenti strutturali (dinamiche comportamentali). 90 Una bambina con sindrome di Down credeva che l’unico orientamento di lettura fosse da sinistra verso destra. Adesso invece riesce a leggere parole scritte anche in verticale. La condizione perché avvenga la modificabilità è l’analisi attiva degli stimoli. Feuerstein dice che la cognizione e le emozioni sono facce della stessa medaglia, ma è una medaglia trasparente perché vanno insieme, vanno concatenate. Il mio apprendimento è sempre legato alle emozioni che provo (noia, gioia, tristezza). Se io sto bene, riesco ad imparare. Se non sto bene emotivamente, anche l’apprendimento risulta bloccato. Non posso vedere l’apprendimento come semplice stimolo - risposta. Se pensiamo ad una bella lezione, non ci viene in mente il tema o contenuto, ma ci viene in mente come l’insegnante ce l’ha spiegato, cosa è successo (per esempio, è stata una lezione bella perché è avvenuta in giardino). Programma di arricchimento strumentale (PAS) Serve per lo sviluppo delle funzioni cognitive dell’individuo in fase di apprendimento. Diretto a quei processi che a causa della loro assenza, fragilità o inefficienza portano il soggetto ad avere prestazioni inadeguate quando esegue compiti complessi o poco familiari. Due obiettivi: 1. Arricchire il repertorio individuali delle strategie cognitive per giungere ad un apprendimento ed un problem-solving più efficaci. Insegnare ad adattarsi a situazioni nuove e complesse. 2. Recuperare le funzioni cognitive carenti e sviluppare strategie nel caso di individui con prestazioni ritardate o inadeguate. È rivolto soggetti: ● con ritardo cognitivo; ● difficoltà scolastiche; ● disturbo dell’attenzione; ● adulti con malattie degenerative; ● bambini e adulti con QI nella norma (per migliorare l’efficienza intellettiva). Scopo: Modificare la struttura cognitiva globale delle persone trasformando il loro stile cognitivo da passivo e dipendente ad autonomo e indipendente. Il metodo punta al processo di apprendimento in sé e non direttamente ai contenuti. Si parte dal presupposto che la prestazione di una persona non è fissa e immutabile ma è reversibile utilizzando un intervento sistematico. Esercitazione Strumento: organizzazione di punti 91 Regole: ● Il primo riquadro è il modello: bisogna trovare due triangoli e un quadrato. ● Non si può girare il foglio ● Ogni puntino deve essere usato solo una volta per una figura ● Le figure sono sempre quelle ● Devono avere le stesse caratteristiche di quelle del modello, possono essere però ruotate nello spazio o sovrapposte. ● Devono essere usati tutti i puntini ● Non si può usare il righello ● Non si può cancellare Si chiede qual è il riquadro in cui si è avuta maggiore difficoltà e per quale motivo. Si lavora su tre momenti: input, elaborazione e output. Input Percezione sfuocata e superficiale Orientamento temporale e spaziale Conservazione delle costanti: l’idea che quel quadrato rimane lo stesso anche se ruotato nello spazio Precisione e accuratezza nella raccolta dei dati Uso simultaneo di uno o più fonti di informazioni: devo tenere in considerazione tutte le caratteristiche delle figure Elaborazione Capacità di cogliere l’esistenza di un problema Capacità di distinguere i dati rilevanti da quelli non rilevanti Comportamento comparativo spontaneo Ampiezza del campo mentale Bisogno del comportamento sommativo Proiezione di relazioni virtuali Bisogno di prove logiche Comportamento di interiorizzazione Comportamento di pianificazione Percezione attiva e complessa della realtà Output Modalità di comunicazione egocentrica: il bambino non riesce a dare spiegazioni Blocco: il bambino non riesce a portare avanti il compito Risposte per tentativi ed errori Trasposizione visiva: cercare di capire che immagine potrebbe uscire dall’unione dei puntini 92 chiacchiera, a volte parla da solo. Ha sempre il «motorino acceso», passeggia per la classe e, se deve dire qualcosa, non aspetta il suo turno; è distratto e non riesce a stare su un compito per alcuni minuti. Matteo cerca di evitare i compiti che richiedono sforzo mentale, non riesce a completare le sue attività, e lo fa sapere a tutti tramite i suoi comportamenti, spesso sopra le righe. Quando l’insegnante scrive alla lavagna Matteo è impegnato in altre quattro o cinque attività: tempera la matita, poi taglia un foglio, ci disegna sopra, chiede alla compagna la colla e alla fine fa cadere le forbici. Per impegnarlo in attività più tranquille e produttive la maestra lo chiama alla lavagna per svolgere un esercizio, ma nel tragitto è catturato dagli oggetti presenti sui banchi dei compagni, ci gioca un po’, mentre la maestra lo richiama, e finalmente arriva alla cattedra. L’effetto del richiamo verbale può portare un risultato positivo (non sempre) per alcuni secondi, ma poi svanisce e Matteo è già impegnato a fare altro o a dondolarsi sulla sedia. Il bisogno della maestra, che è quello che il bambino non si dondoli (attività che potrebbe metterlo in pericolo nel caso in cui dovesse cadere) e il bisogno del bambino, sono in contrasto. E a casa? Matteo si muove o corre in continuazione, ha scambiato la sua casa per il parco giochi. I genitori provano a dare delle regole di base: non si calcia il pallone in casa, ci si prepara velocemente al mattino, lavati e cambiati per la cena, si fa la cartella prima di andare a letto… sempre le stesse cose: entrano da un orecchio ed escono dall’altro! Stesse richieste in contesti diversi (scuola e famiglia), cosa hanno in comune? ● Il bambino risulta sospeso tra il non capire il perchè non viene capito e il non capire il perchè gli altri riescono a portare a termine quelle richieste e lui no; ● Il fare la cartella per tempo, il vestirsi hanno in comune l’essere delle routine che non hanno bisogno di uno sforzo cognitivo, ma sono sequenze che richiedono una gestione del comportamento. Sono attività che tutti fanno senza fatica e dunque gli adulti non riescono a capire la motivazione del perché i bambini che presentano questo disturbo non riesca (per noi quelle attività sono scontate). Spesso sono bambini preferiti dall’insegnante: perché danno gratificazione alla docente riuscendo a portare a termine attività cognitive. Come gestire un colloquio con una famiglia di un bambino ancora non diagnosticato? Raccontare gli avvenimenti a scuola mettendo il focus sul benessere cognitivo ed emotivo del bambino e non far passare il messaggio che la diagnosi sia necessaria perché il bambino crea disturbo. (la famiglia in questo infatti non è motivata) INTRODUZIONE AL DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (DDAI, in inglese ADHD, Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è un disordine dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente (ciò vuol dire che non è una scelta comportamentale, ma ha origini neurobiologiche). L’ADHD è caratterizzato da incapacità a mantenere attenzione prolungata , da impulsività e da iperattività . 95 Risulta IMPORTANTE NON CONFONDERE BAMBINI VIVACI CON DDAI: nei colloqui dire ”suo figlio ha bisogno di muoversi” non dire “suo figlio è un po’ iperattivo”. Causa e prevalenza La velocità di elaborazione è un indice che va a cadere in questi ragazzi. Il sistema esecutivo di questi ragazzi non è in grado di coordinare in modo efficace le richieste che vengono dall’ambiente. Nei bambini e ragazzi con ADHD ci sono dei neurotrasmettitori lavorano in modo diverso: come intervenire didatticamente? Il dire al bambino di stare seduto sulla sedia non migliorerà la funzione dei suoi neurotrasmettitori. Solo il neuropsichiatra infantile può prescrivere dei farmaci che agiscono sui neurotrasmettitori. Il disfunzionamento della noradrenalina influenza sulle competenze attentive e di allerta. STORIA DEL DISTURBO: ★ 1902 , George F. Still , pubblicò su «Lancet» qualche osservazione su un gruppo di bambini che presentavano «un deficit nel controllo morale […] e una eccessiva vivacità e distruttività»; ★ l’ADHD prende il nome di: “danno cerebrale minimo” (anni 60, superato); Si comincia ad intuire una possibile correlazione neurobiologica ★ Poi si chiama: Sindrome iperattiva infantile; nasce l’etichettamento con il termine iperattività. ★ Anni 70 doppio modello. Si fa una distinzione tra: ○ Disordine del comportamento motorio con turbe dell’attenzione, del controllo difficoltà di apprendimento; ○ Difficoltà di attenzione, concentrazione, inibizione della risposta impulsiva , tuttavia in Italia fino agli anni ’80 spesso veniva confuso con disturbo della personalità (O’Leary, Vivian e Cornoldi 1984). 96 DSM III-R (1987) Introduzione del disturbo nei manuali di neuropsicologia ● Parla di disturbo da deficit di attenzione e iperattività che diventa la sindrome infantile più studiata in tutto il mondo. ● Caratteristiche: ○ difficoltà a mantenere l'attenzione per un periodo di tempo prolungato; ○ divagazione dal compito; ○ mancanza di perseveranza; ○ disorganizzazione non causata da sfida o da scarsa comprensione della consegna; ○ attività motoria eccessiva afinalistica; ○ incapacità di inibire i comportamenti; ○ difficoltà nel dilazionare la gratificazione: aspetto importante. Se dicessi “se stai fermo a fine lezione ti do 5 minuti di più di intervallo” I bambini non sanno programmare, dilazionare nel tempo. E’ preferibile dare subito la gratificazione. ● Conseguenze: ○ difficoltà nella creazione di motivazioni interne per attività faticose (es. analisi grammaticale, richiede infatti elevate capacità procedurali, ovvero la conoscenza e la messa in atto di sequenze: prima il genere, poi il numero…) ○ difficoltà nell’espressione e nella regolazione emotiva: se il bambino mette in atto dei comportamenti disturbanti e poi non riesce nemmeno a gestire un’emozione come la rabbia, questo crea al bambino delle difficoltà relazionali. ADHD – DSM IV Prima sistematizzazione del disturbo , con alcuni paletti, altrimenti si rischia di generalizzare e di far rientrare bambini con bisogno di movimento in questo disturbo. ● devono esserci 6 sintomi per un minimo di sei mesi e in almeno due ambiti diversi; ● i sintomi devono essere presenti prima dei 7 anni di età; ● i sintomi compromettono il rendimento scolastico e/o sociale. Sottotipi: - Se un soggetto presenta esclusivamente 6 dei 9 sintomi di disattenzione, viene posta diagnosi di DDAI ⟶ sottotipo disattento; - se presenta esclusivamente 6 dei 9 sintomi di iperattività/impulsività, allora viene posta diagnosi di DDAI ⟶ sottotipo iperattivo-impulsivo; - se il soggetto presenta entrambe le problematiche, allora si pone diagnosi di DDAI ⟶ sottotipo combinato. DSM V - ADHD Rispetto ai precedenti, viene aggiustato il tiro, ovvero vengono aggiornate cornici culturali di riferimento ormai socialmente superate o in relazione ai risultati delle nuove ricerche in campo medico. 97
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