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Appunti lezioni Storia dell'arte moderna (prof. Giometti, Firenze, lezioni online), Appunti di Storia dell'Arte Moderna

Appunti delle lezioni del corso di Storia dell'arte moderna (6 cfu, Università degli studi di Firenze, Lettere moderne) del professor Giometti, 2019/2020 (prime cinque lezioni in presenza, le altre videoregistrate). Esame sostenuto con votazione massima.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 19/10/2020

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alessia-mazzeo-123 🇮🇹

4.4

(47)

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Scarica Appunti lezioni Storia dell'arte moderna (prof. Giometti, Firenze, lezioni online) e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! LEZIONI 1-5: in presenza+ power point (le lezioni sono numerate in base ai file power point) I.1 Ritratto di Lorenzo Lotto: triplice ritratto, una stessa persona rappresentata tre volte, di fronte/di profilo/di tre quarti; opera che forse, oltre a essere un ritratto, ha un’altra funzione. Importante: inserimento mano (due volte): connota a livello psicologico il personaggio + orefice lavora con le mani. Forse doveva servire a uno scultore per fare un busto. Primo esempio di triplice ritratto. IL CONCORSO DEL 1401 Cronologia, data ex-post (nel ‘900) alla storia dell’arte moderna: inizio con il concorso a Firenze del 1401 per realizzare la porta bronzea del battistero fiorentino. Ancora nei primi venti anni del 400, convivenza tra “stile rinascimentale” e “gotico”. Lo stile rinascimentale vede un affermarsi, un divenire lento. Vincitore del concorso: Lorenzo Ghiberti (ancora classicheggiante); tra i concorrenti spicca: Filippo Brunelleschi DATE DA SAPERE: - 1520 MORTE DI RAFFAELLO. Raffaello aveva creato una bottega così funzionante che riusciva a gestire cantieri giganteschi. Dopo la sua morte, la bottega per un po’ va avanti Raffaello aveva lasciato istruzioni su come procedere (vd. poi “sala di Costantino” delle Stanze vaticane). Poi i suoi allievi cercano altre committenze, lasciano Roma. - 1524 ALLIEVI DI RAFFAELLO LASCIANO ROMA. DIASPORA DEGLI ARTISTI - DIASPORA DEGLI ARTISTI ancora più forte nel 1527: sacco di Roma. Tra gli allievi di Raffaello, uno dei più importanti, Giulio Romano, si reca a Mantova (da qui, inizio del Manierismo). Riprendi CONCORSO 1401: si tratta di un concorso “internazionale”: partecipano artisti di altre città (es. Siena; contado fiorentino). Il concorso viene bandito dall’Arte di Calimala (corporazione), per la realizzazione della porta bronzea del Battistero (oggi sono presenti le repliche; porte restaurate). Battistero ha tre porte, quella del concorso è la seconda. Prima porta già esistente: in origine era il portale est (oggi porta sud), realizzata da Andrea da Pontedera detto Pisano (porta realizzata tra il 1329-1336; bronzo parzialmente dorato). Questa prima porta funge da “viatico” per la 2°: cornice di ogni formella è rettangolare, all’interno della cornice: altra cornice polilobata con rappresentazioni di storie e virtù. Anche questa prima porta venne commissionata dall’Arte di Calimala: si tratta di una cospirazione molto ricca, si occupava del commercio dei panni di lana. Doppia etimologia del termine CALIMALA: 1. “calle mala”: odere della strada dove lavoravano; 2. “khalos malos”: “bella lana”. All’epoca dell’ideazione della prima porta (1329), l’arte di fondere il bronzo a Firenze era perduta. Arte di Calimala istruisce un orafo, Piero di Iacopo, con l’intento di provare a fare una porta di legno, che però non piace. Allora, dice di andare a vedere le porte bronzee che esistevano ancora; tra queste, importante è quella del Duomo di Pisa (all’epoca erano due, oggi una sola e l’altra è distrutta): “Porta di s. Ranieri” (circa 1181) di Bonanno Pisano  in questa porta sono presenti 20 formelle in cui sono raccontate storie tratte dal Nuovo Testamento, con in cima Cristo pantocratore, la Madonna e gli angeli e nella parte bassa gli apostoli. Le cornici delle formelle sono strombate. Alcune formelle (ognuna delle formelle presenta la didascalia che identifica la scena): - NATIVITAS DOMINI: nella stessa scena sono inserite la natività, il lavacro, S. Giuseppe pensante, bue e asinello, all’interno della spelonca. Sopra la roccia, annuncio degli angeli ai pastori.  Una suddivisione degli spazi simile sarà fatta anche da Ghiberti e Brunelleschi. 1 - ARRIVO MAGI a cavallo che incedono. Anche qui, separazione scena superiore e inferiore; sotto: figure sottodimensionate: scena cacciata Adamo ed Eva. Piero di Iacopo viene mandato a studiare questa porta. I.2 La realizzazione della porta del Battistero viene affidata ad Andrea da Pontedera (Pisano): realizza 28 formelle; si leggono anta per anta. 1 2 11 12 3 4 13 14 5 6 15 16 7 9 17 18 9 10 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 Alcune formelle (cornice polilobata): - NASCITA del BATTISTA: formella molto classicheggiante - BATTESIMO DI CRISTO: inserimento elementi tratti dalla natura. Grande resa anatomica e resa dell’acqua. - DANZA DI SALOMÉ: tentativo di dare profondità allo spazio. - CONSEGNA DELLA TESTA DEL BATTISTA DA PARTE DI SALOMé A ELODIADE: arco dà il senso della profondità. Invito ad entrare dentro all’opera e, allo stesso tempo, opera che entra nel nostro spazio. 1336: Andrea Pisano finisce la porta. 1337: morte di Giotto, capomastro dell’Opera del Duomo diventa capomastro Pisano. 1348: scoppia peste nera  blocca ogni nuovo progetto e economia fiorentina (ci sarà una ripresa solo a fine secolo). 1401: concorso bandito dall’Arte di Calimala che istituisce una giuria di 34 giudici tra cui Giovanni de’ Medici (fondatore della dinastia medicea). Partecipano 7 orafi, non solo fiorentini: Filippo Brunelleschi; Simone da Colle; Niccolò d’Arezzo; Jacopo della Quercia; Francesco di Valdambrino; Niccolò Lamberti; Lorenzo Ghiberti. Vince Ghiberti. Ghiberti scrive tra il 1452 e il 1455 “I commentarii”, fonte per le vicende dell’arte fiorentina; si tratta di una fonte di una persona coinvolta, quindi parziale. Brano tratto dai Commentari (vd. cit. slide 6, lezione I.2): - Tutti devono fare la stessa formella con la stessa iconografia (tema: sacrificio di Isacco) - Ai partecipanti viene fornito ottone (“quattro tavole d’ottone”) - Tempo: un anno. Ghiberti parla della sua vittoria come una “vittoria totale”, ma in realtà se la contende con Brunelleschi (entrambe le formelle sono conservate al Museo del Bargello). Elementi comuni tra le due formelle riportano una citazione dall’antico (questa presenza dell’antico, inizialmente sporadica, poi, pian piano, darà vita alla rinascenza dell’arte antica  acquisizione al linguaggio rinascimentale). - Brunelleschi  cit. scultura dello spinaio (cit. dall’antico). Parte superiore: dramma realizzato con mezzi realistici, nuovi; coltello quasi conficcato nel collo; Isacco terrorizzato; arrivo dell’angelo che prende il braccio di Abramo grande intensità drammatica. 2 20 scene della vita del Battista 21-23: virtù teologali 24: umiltà 25-28: virtù cardinali 30/03/1423: le formelle sono terminate; si procede alla doratura; si completa la cornice; montate le testine. 19/04/1424: porta issata sui cardini della facciata. Tra le teste, anche quella di Ghiberti (vd. slide 10, lezione II.4, testa in basso e destra). II.5 Successo della porta  gliene viene commissionata un’altra. Porta del Paradiso (est), assegnata senza concorso. Comincia a lavorarci subito (1425-1452); collaborazione con i figli Vittore e Tommaso. PORTA DEL PARADISO Ridotto numero di formelle; si ingrandisce lo spazio della formella. Lavoro sull’Antico Testamento, scene scelte da Leonardo Bruni. Retro della porta ha la stessa struttura del retro della porta nord (ma no testa di leone). Lettura porta: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Eliminazione cornice polilobata. - “Adamo ed Eva”. Momenti diversi dislocati in maniera diversa che si snodano all’interno della formella. - “Noé” - “Salomone e regina di Saba” Più complesso elemento decorativo. Cornice della porta con all’interno delle nicchie con figure. Anche qui testa di Ghiberti (slide 6, lezione II.5). Lettura d’opera - Dipinto. Parte bassa di un polittico (predella). - Inizio ‘400 - Ancora tardogotico  Gentile da Fabriano, “S. Nicola placa il fortunale in mare” (1425; Roma, Pinacoteca Vaticana). III.1 DONATELLO E L’INVENZIONE DELL’UMANO Importanza scultura inizio 400: per circa venti anni, la scultura è l’arte principe. Tutto quello che accade di nuovo, accade prima in scultura e poi in pittura. Fucina di Ghiberti, tra i primi collaboratori: giovane Donatello (primi passi nella bottega di un orafo e fonditore). DONATELLO – Cosa realizza negli anni in cui lavora all’interno della bottega di Ghiberti? Nasce come orafo (come tutti); oltre a essere orafo, grande sperimentatore (sia per tecniche che per materiali); utilizza materiali più variegati (marmo, bronzo, ma anche terracotta e stucco; queste ultime due consentono in particolare di replicare le opere; nella bottega di Donatello vengono realizzate inoltre madonne di terracotta); leggerezza materiali, effetto policromia (possono essere dipinti). Nella bottega di Ghiberti si utilizza il bronzo, ma già da qui Donatello sperimenta il marmo. In questi anni, vengono commissionati due profetini per i due contrafforti laterali della Porta della Mandorla (uno attribuito a Donatello, l’altro a Nanni di Banco, già più edotto, più grande di età). 5 - Donatello, “Giovane Profeta”. Contratto firmato il 23/11/1406 (si registra un pagamento a Donatello per un profeta Mandorliis). Si nota qui come sia ancora legato alla scultura di Ghiberti; è ancora debitore del maestro (vd. pieghe del panneggio). Ancora goticheggiante: grande attenzione del panneggio, gusto per la decorazione (retaggio fine 300esco). Cerca di movimentare la figura (attraverso l’espressività) ma ancora all’interno di uno stilema goticheggiante. Aspetto espressività sarà in seguito un suo stilema (per questo Charles Avery parla di “invenzione dell’umano”). - Nanni di Banco, altro Giovane Profeta. Maggiore consapevolezza dei mezzi tecnici; maggiore conoscenza del materiale. Parla un linguaggio più moderno (protorinascimentale). Figura più solida, ben piantata nel basamento. Braccio che tiene il cartiglio è staccato dal corpo  dimostra l’avanzamento di Nanni verso una ricerca nuova. Fino agli anni ’15 sono loro due che dettano le novità della scultura, si contendono il campo dell’innovazione e creazione linguaggio nuovo. La nostra conoscenza di Nanni (morte: 1421) è stata inficiata dalle fonti. Vd. soprattutto Vite di Vasari (1550; 2° edizione 1568). Vasari fa un uso strumentale della vita di Nanni di Banco perché il suo interesse è far emergere la figura di Donatello come campione assoluto della scultura del 400. Usa la vita di Nanni per dimostrare che era meno bravo di Donatello, per far risplendere l’astro di Donatello (a differenza di Leon Battista Alberti: “Nanni campione del Rinascimento”). Vasari descrive Nanni come “tardetto”; di buona famiglia, ricco, sceglie la scultura come passatempo; “uno dei discepoli di Donato”: non è vero, Nanni era più vecchio, era già maestro quando Donatello arriva alla bottega di Ghiberti; “persona alquanto tardetta ma modesta e umile nella conversazione”. Nanni e Donatello continuano a lavorare in tenzone e procedono di pari passo. - Nanni, “Isaia” (foto da Fototeca Zeri) - 1° David di Donatello. Opere commissionate per gli sproni esterni del Duomo. Anche qui, due figure giovanili. “Isaia” di Nanni: figura solidamente impostata, ben piantata. Corpo solido, robusto; testa quasi sproporzionata ma estremamente dettagliata (riferimento alla scultura antica). 1° David di Donatello (1,91 m, oggi al Bargello), licenziato nel 1409. Rimane poco a Santa Maria del Fiore, viene poi spostato a Palazzo Vecchio (1416) a rappresentare la municipalità fiorentina. Posa quasi compiaciuta dopo lo sforzo; da cosa si evince l’intensità? Testa di Golia per terra, con sasso sulla fronte e fionda gettata per terra. Corpetto di pelle, cucitura, dettagli del mantello. Espressione più intensa  momento/incipit di concentrazione  elemento fondamentale della futura produzione donatelliana. Abbandono bottega di Ghiberti, diviene maestro autonomo. Commissione degli operai dell’Opera del Duomo: “San Giovanni Evangelista” (1408-1415, marmo). A Nanni viene commissionato altro evangelista, S. Luca. Le due figure erano destinate al fianco ovest della cattedrale. “S. Giovanni Evangelista”: no animale simbolo del santo; concentrazione sulla figura; mani: elemento fondamentale. Figure con grande torace, gambe piccole, mani enormi, testa spropositata; questione di punti di vista dovevano essere poste molto in alto. Attenzione a: testa, volto, mani; pupille incise, ciglia aggrottate ( concentrazione). Capigliatura studiata sull’antico, anche se non ancora pienamente percepito. Perizia/finezza della barba. Frontalmente abbiamo la percezione che sia molto profondo, aggettante; in realtà, è una lastra di marmo (vd. di lato) 6 “S. Luca” di Nanni (1408-1415): Anche lui, figura possente, solida, assisa; gioca di più con il panneggio, anatomicamente corretto, sottolinea le pieghe del corpo senza mistificarle. Testa presa da una scultura antica. Figura che pensa, medita; più assorta, intima, rispetto al s. Giovanni. Scolpisce le pupille. Barba citata da prototipi della scultura di epoca imperiale romana. Traduttore letterale della scultura antica all’interno di quella moderna. Cifra stilistica di Nanni: emulare l’antico riproducendolo. Donatello invece fonde l’antico con un linguaggio nuovo. Anche qui spessore ridotto. III.2 I due lavorano di pari passo, autonomamente, hanno proprie botteghe. Donatello  commissione di Orsanmichele, nicchia dei Linaioli; arte dei Linaioli gli commissiona nel 1411 la realizzazione della scultura di S. Marco (protettore della loro arte). Anche qui, no animale rappresentativo, ma recuperato nella predellina (leone). Attenzione al dato realistico (vd. linee delle gambe); espressione  meditazione, concentrazione, fronte corrugata. Piedistallo su cui poggia il santo: cuscino (celebra i linaioli); difficoltà di mettere la figura in piedi sopra un cuscino e raffigurare l’affondare dei piedi. Rende leonino il volto del santo. CANTIERE DI ORSANMICHELE [via dei Calzaioli: unisce le due anime della città: civile verso Palazzo Vecchio + religiosa: Duomo] San Michele in orto. Uno degli edifici più alti. Loggia aperta verso l’esterno progettata da Arnolfo di Cambio. Era un monastero femminile (già dall’VIII secolo) e già chiesa dentro per san Michele arcangelo. 1240: la chiesa viene distrutta, al suo posto costruito mercato di grano. Incendio 1304, viene subito ricostruita  1337: forma attuale; logge coperte nella parte bassa; piano terra: oratorio; piani superiori: magazzino dei granai. La decorazione inizia presto. Interno oratorio: tabernacolo completato nel 1349, all’interno Madonna delle Grazie di Bernardo Daddi. Poi con la peste tutto si ferma, decorazione nicchie si interrompe, fino agli anni 90 del 300: riprende vita una qualche forma di committenza. Piano dei lavori: ogni nicchia acquistata da un’arte che si sarebbe occupata della decorazione. 1° arte che si dedica alla decorazione della propria nicchia: MEDICI E SPEZIALI  Madonna con Bambino (Madonna della rosa), circa 1399, di Piero di Giovanni Tedesco, del quale abbiamo poche informazioni; secondo Ghiberti era originario della Germania o Brabante; presente sin dagli anni 80 del 300. Realizza anche due Angeli musicanti. “Madonna della rosa”  veste bambino: bordura interna del collo, decorata, dipinta  sculture di marmo in realtà molto decorate. Lettura d’opera - Dipinto - Compianto del Cristo - Calice con patena con sopra un’ostia (bianco su bianco): sull’ostia c’è un Cristo crocifisso dipinto. - Attenzione paesaggio - Attenzione colori accesi e cangianti  varie sfumature e tonalità. - ‘500 (prima metà) - Area geografica: fiorentino Maestro di Pontormo e Rosso Fiorentino  Andrea del Sarto, “Compianto sul Cristo morto” (“Pietà di Luco”) 7 Effetto dell’occhio  intensità dello sguardo: utilizza pasta d’argento (vd. testa di Seneca a Napoli). Fine ciclo sculture  anni 70 del 400: Tribunale della Mercanzia  Verrocchio, Incredulità di s. Tommaso (1467-1483). Spettatore già parte attiva. Verrocchio utilizza metodi moderni  Cristo e s. Tommaso non sono sullo stesso piano; Cristo è su un piedistallo, s. Tommaso appoggia sul marmo della nicchia gerarchia, ma anche ponte tra rappresentazione e noi. Utilizza meno bronzo possibile (vd. dietro): sono lastre. Lettura d’opera - Dipinto (tela) - Cristo che consegna le chiavi della Chiesa a s. Pietro - Esterno di due templi - Teatralità/ magniloquenza dei gesti - Colori accesi, intensi - Prima metà 600 - Roma – Bologna Bolognesi che studiano a Roma, poi ritornano  Guido Reni (allievo di Annibale Carracci), “Consegna delle chiavi a san Pietro” V.1 Caratteristica arte donatelliana  sperimentazioni tecniche. Cerca di lavorare sugli aspetti realistici della rappresentazione [aspetto umano] intensità espressiva, psicologica, ma anche movimento. “Cantoria” [cantorie: servono a ospitare il coro della messa] Nel Duomo di Firenze ce n’erano due. Donatello fa a gara con un’altra cantoria già presente, quella di Luca della Robbia, realizzata tra 1431 e 1438 (quella di Donatello: 1433-1440). Gliela commissionano gli operai dell’Opera del Duomo  se Donatello avesse fatto l’opera più bella, gli avrebbero offerto 40 fiorini in più per ogni pannello (ma nell’opera di Donatello non ci sono pannelli, a differenza di quella di della Robbia). Cantoria di Donatello molto complessa, decorata. Corse di putti e decorazioni all’antica (vd, girali nelle mensole; parti laterali: putti musicanti; inserisce due teste di bronzo all’antica, sporgenti, richiamo attenzione dei guardanti). Luca della Robbia (anni 30 del 400; anni 50 nel gruppo della tecnica dell’invetrazione delle porte)  cantoria con pannelli, in ciascuno dei quali vi sono dei cantori; formelle divise da pilastrini. Anche nella parte sottostante, momenti di canto. Della Robbia punta sull’eleganza, mentre Donatello sul movimento. La sperimentazione di Don. sul movimento già avviata con il pulpito del Duomo di Prato (commissionato nel ’28): lo decora con dei putti danzanti (elementi della cantoria già presenti ma è diversa la suddivisione degli spazi). Duomo di Prato: putti divisi da pilastrini (come nella cantoria di Della Robbia); sperimentazione sfondo, fatto a mosaico dorato. Cantoria di Donatello: come risolve il problema del movimento  No frammentazione tra formelle; idea di un fregio continuo, putti che corrono ininterrottamente. Colonnine staccate dallo sfondo (vd. putto con corpo da un lato della colonna, gamba dall’altra parte). Architettura non rappresenta un limite all’esperimento, ma lo esalta. Pavimento di giunchi e ghirlande, non piatto. Effetto della luce  della Robbia usa la lustratura, per Donatello non è sufficiente  effetto mosaico in forme di puntini che pervadono sfondo e spazi architettonici. 10 1688: le cantorie furono smontate da Santa Maria del Fiore; oggi sono al Museo dell’Opera del Duomo. Le sperimentazioni di Donatello vengono recepite anche da altri artisti: vd. Maso di Bartolomeo, “Cassetta della sacra cintola” (arte orafa)  puttini correnti in fregio continuo. 1435: Donatello, rilievo scultoreo che rappresenta il banchetto di Erode (faceva parte della collezione medicea; citato nel 1492 nell’inventario: “quadro di marmo”, “a prospettiva”): marmo bianco; utilizza la lustratura; spessore della lastra molto sottile. Non più rilievo che ha funzione didattica (come formella s. Giorgio) ma è opera autonoma, non esiste in rapporto ad altro. Anche qui stiacciato, ma rispetto alla formella di s. Giorgio cambia impostazione della scena. Formella s. Giorgio  aperto; qui invece all’interno di una struttura architettonica. Si svolge la danza di Salomé (al centro) + decapitazione del Battista e presentazione della testa a Erode (sinistra). Segue le regole della prospettiva leonalbertiana (“quadro come finestra aperta”, L.B. Alberti). Cornice modanata  finestra all’interno della quale inserisce la rappresentazione al di qua della finestra. Non dimentica mai il suo debito verso arte antica (vd. figura di Salomé, riferimento baccante classica variazione tema antico: principessa della formella di s. Giorgio – Salomé). 1461, rilievo di Desiderio da Settignano (si forma nell’ambito donatelliano, impara le sue tecniche e le ripropone, vd. qui lo stiacciato), “S. Girolamo nel deserto”. Lo storico dell’arte Rudolph Wittkover evidenzia elementi da cui poteva essersi ispirato Desiderio: - Montagna fatta a strati di Filippo Lippi (30 anni prima) - Albero a dischi  coeva Cappella dei Magi dipinta da Benozzo Gozzoli - Nello sfondo, giovane che fugge, paura del leone  figura fuggitivo, topos rinascimentale  simile al David nello scudo di Andrea del Castagno. Resa mimetica del crocefisso; coinvolgimento dello spettatore dato dalla piccola croce a sinistra che incide la cornice, così come l’indice dell’accolito dall’altra parte. Funzione pubblica dell’arte Firenze, aspetto della riproduzione delle opere. Donatello, Madonna con Bambino (Madonna Pazzi, di proprietà della famiglia Pazzi, poi venduta al proprietario del museo a Berlino): marmo bianco; di nuovo finestra prospettica; modello preparatorio in terracotta rimasto nella bottega di Donatello  crea un filone di Madonna con Bambino. Riproduzioni in stucco, terracotta, cartapesta: materiali che si prestano a una policromia (vd. versione in stucco al Louvre e versione di Praga). Serie infinita di repliche. V.2 Madonna di Ghiberti (1405-1410) terracotta. Policromia. Basamento con stemmi, decorazione a biforine (retaggio tardogotico). Inizialmente venne attribuita a Brunelleschi dallo storico Bellosi, poi a Nanni di Banco (da Aldo Galli) e infine Bellosi formula l’attribuzione a Ghiberti. Altra tipologia: terracotta invetriata (vd. Luca della Robbia) TECNICA INVETRIATURA segretissima, rivelata solo a stretti collaboratori e familiari. Madonna col Bambino di Della Robbia a Detroit  scelta della bicromia (sfondo celeste intenso e figure bianche), solo intervento ex post della doratura. Rapporto con la pittura coeva: 11 Filippo Lippi, 1460: osmosi tra scultura e pittura. Non più architetture chiuse, ma dialogo interno- esterno. Architettura e pittura: riflessi tra le arti - Cappella Brancacci in Santa Maria del Carmine, Masolino da Panicale, “Guarigione dello storpio e resurrezione di Tabita” i due momenti a destra e a sinistra. Sfondo: case-torri, fortilizi, chiusi sullo spazio viario architettura ancora medievale, concezione difensiva dell’abitazione. Sinistra: porticato: forma architettonica pubblica che si apre verso l’esterno (prima, ad aprirsi verso l’esterno sono le zone interne alle case, i cortili, non le facciate). Cambia la concezione dell’architettura con lo spazio pubblico 1419, Arte della Seta commissiona a Brunelleschi la ristrutturazione dell’edificio già esistente dello Spedale degli Innocenti (1° orfanotrofio d’Europa). Brunelleschi deve rimodellare la struttura antica. Prima colonna della facciata: 1421. Brunelleschi era stato a Roma (1402-1404) per lo Spedale ripete quell’architettura. Architettura aperta; colonnine con capitelli corinzi tutti uguali. Usa proporzioni vitruviane: Altezza ogni colonna= 18 volte il suo diametro; rapporto altezza e distanza delle colonne = 2 a 3. Utilizza solo due colori (caratteristica architettura di Brunelleschi) e due materiali. Clipei tondi con bambini in fasce; quest’ultimi non sono dell’epoca di Brunelleschi ma di Andrea della Robbia, nipote di Luca. Epoca Brunelleschi tondi grigi, aspetto della non decoratività di Brunelleschi. Tondi originali solo dieci. Lettura d’opera - Dipinto - Caccia notturna - 2° metà 400 prospettiva aerea molto ben fatta - Firenze, anni 70 del 400 - Utilizzo degli stessi modelli  Paolo Uccello, “Caccia notturna” Da lezione 6: lezioni videoregistrate (da qui in poi seguo la numerazione dei video) VI.1 Spedale degli Innocenti (Brunelleschi)  Architettura nuova, aperta verso la città. Orfanotrofio [oggi asilo]: facciata nuova, portico costruito in maniera modulare che si apre su piazza Santissima Annunziata. Capitello corinzio. Tondi robbiani (Andrea della Robbia): costruzione posteriore; tondi in origine, Brunelleschi: bianchi/grigio. Con della Robbia: blu. Artisti che attingono al porticato: - Parte di predella di Gentile da Fabriano (Presentazione di Gesù al tempio, 1423, Louvres): chiude a destra la predella dell’Adorazione dei Magi per Palla Strozzi. Centro: tempio aperto; destra tempio: struttura porticata. - Porta del Paradiso di Ghiberti. Formella: Incontro di Salomone e regina Saba avviene inquadrato da un edificio con loggiato che si ripete modularmente con sopra finestrine che sono cit. delle finestre timpanate dello Spedale degli Innocenti. - Annunciazione di Filippo Lippi (1440; Cappella Martelli, basilica di s. Lorenzo, Firenze)  forma quadrangolare: dettame brunelleschiano. Brunelleschi impone la regola nella decorazione delle chiese; impone pale d’altare quadrangolari (non più polittici). Sotto un porticato e dietro annunciazione, vi è una serie di porticati a destra e sinistra che si 12 nella sagrestia (oggi l’ingresso è falsato: l’entrata originaria è stata occlusa dalla tomba di Piero e Giovanni de’ Medici di Andrea del Verrocchio). Lato lungo del tavolo: pilastrini bianchi ma anche due colonnine tuscaniche, senza orpelli decorativi, scure, di bronzo, che sono un’invenzione donatelliana. Da queste colonnine si diparte, dalla parte alta del capitello, un cespuglio di edera, sempre in bronzo dorato; la parte alta del capitello sopravanza il bordo del tavolo e va a toccare un piccolo tondo sopra il tavolo stesso, questo tondo rappresenta lo stemma dei Medici. L’edera (verdura che non appassisce mai) lambisce quindi lo stemma mediceo a indicare l’eternità della casata.  Duplice funzione: 1. Attirare la nostra attenzione (macchia nera della colonnina fa vedere la tomba); 2. Augurare alla dinastia medicea l’eternità. VI.4 Interventi di Donatelli sotto forma di vari medium scultorei: stucco; terracotta plasmata; bronzo; marmo. Altri interventi di Brunelleschi nelle chiese fiorentine: - dettami brunelleschiani applicati da lui stesso anche ad alcuni edifici ecclesiastici Basilica s. Lorenzo (inizio 1419) Basilica s. Spirito (1428)  ripresi i ritmi della facciata e loggiato dello Spedale degli Innocenti. S. Lorenzo cappelle: poco profonde, no spazio per pittura ad affresco; pietra serena + intonaco bianco  tutte le cappelle e gli altari uguali: tutti in pietra serena; tutti privi di elementi decorativi. Comincia a dettare le leggi delle decorazioni delle chiese  influenza l’operato dei pittori. Dal 1430 in poi  inizia una produzione di pale d’altare di forma nuova: quadrate, con cornice, prive di guglie/pinnacoli tipici dei polittici medievali. Cornice architettonica, semplice, rettilinea. Vd. Adorazione dei pastori di Domenico Ghirlandaio (1485) nella Cappella Sassetti in santa Trinita (Firenze). Fenomeno che porta anche al fatto che i polittici venissero a essere elementi non più adatti alla decorazione delle cappelle. Questi dipinti devono essere riadattati. Si cerca quindi di ammodernarli attraverso l’operazione della riquadratura (a partire da metà 400). Es.: polittico di Taddeo Gaddi, “Madonna con Bambino, santi e profeti”  deve essere inserito all’interno di una cornice quadrangolare  interviene Cosimo Rosselli riquadrandolo, cerca di conservare il più possibile, taglia solo la cuspide centrale, ma riempie tutto il resto  figure di profeti tra una cuspide e l’altra. Es.: polittico tardoantico di Lorenzo Monaco, “Adorazione dei Magi” intervento di Cosimo Rosselli, riempie anche qui le parti mancanti, struttura quadrangolare, crea all’interno degli spazi, inserisce all’estremità due figure di profeti e nella guglia al centro sopra al Cristo pantocratore inserisce la scena dell’annunciazione. Es.: polittico di Beato Angelico riquadrato da Lorenzo di Credi (chiesa di s. Domenico a Fiesole, 1501, dopo 80 anni dalla sua realizzazione). Lorenzo di Credi allievo di Leonardo. Trasformazione radicale del polittico  accosta gli sportelli dell’antico polittico creando un’unica tavola e annulla il fondo oro inventando una visione del paesaggio. Vasari non apprezza la trasformazione, secondo lui ha peggiorato il testo dell’Angelico. Es.: polittico Baroncelli di Giotto (cappella Baroncelli in santa Croce): grandi dimensioni, una pala centrale e due laterali per lato (5 tavole), molto esteso in senso orizzontale.  bottega di Domenico 15 Ghirlandaio si specializza nella riquadratura dei polittici. Cornice rettangolare che taglia il meno possibile il testo di Giotto, più che altro taglia nella parte centrale, più alta rispetto alle tavole laterali, inserisce tra una guglia e l’altra delle testine di angioletti dipinte ex novo.  Pittura antica (Giotto) si fonde con quella moderna: creare un testo nuovo/rinnovato adatto alla nuova architettura proposta da Brunelleschi per gli altari delle chiese quattrocentesche. Lettura d’opera - Scultura di marmo - Angelo che cala dall’alto, con il braccio sinistro indica in alto, con il destro in basso. - Non tocca i piedi per terra, poggia un ginocchio sulle nuvole - Vesti mosse dal vento - Bocca semiaperta, sta dicendo qualcosa  Francesco Mochi, “Angelo annunciante” (‘600, Orvieto). VII.1 Scultura fa da traino, getta i semi delle novità. La pittura segue la scultura, ricezione novità dopo un po’ di tempo. MASACCIO (nome assegnato da Vasari: “[…] non perché e’ fusse vizioso, essendo egli la bontà naturale, ma per la tanta trascurataggine. […] Fu persona astrattissima et molto a caso: come quello che avendo fisso tutto l’animo et la volontà alle cose dell’arte sola, si curava poco di sé, et manco d’altrui” trascurataggine dovuta alla grande attenzione che riservava alla sua arte, dedito all’arte stessa. Nome vero: Tommaso di Giovanni. Vita molto breve (1401, San Giovanni Valdarno – 1428, Roma). Storia della pittura fiorentina imbocca un nuovo corso. Uomo: individuo reale dotato di sentimenti/passioni e corpo solido ben costruito (sulla scorta di prototipi antichi, ma anche su studio dal vivo). Trittico con Madonna e santi, chiesa di s. Giovenale a Cascia di Reggello. Reca l’iscrizione ANNO DOMINI 1422 A Dì 23 APRILE: indicazione cronologica. Pala centrale più grande con Madonna e Bambino; davanti, inginocchiati, due angeli; pale laterali: i quattro santi (2 per pala): figure solidi, tridimensionali, caratterizzate psicologicamente e scalate in profondità, uno di seguito all’altro, messi di traverso. Fondo oro: retaggio tardogotico  Masaccio deve sottostare alle richieste della committenza. Tutte e tre le tavole sono unificate prospettivamente  le linee del pavimento convergono nello stesso punto, verso un punto di fuga unificato, ovvero la Madonna con il Bambino. Concezione del trittico unitaria, come se i tre pannelli fossero unificati, non separati fisicamente, ma uniti dalle linee prospettiche che convergono verso il centro. Forse primo dipinto costruito in base ai principi della prospettiva scientifica (scoperta Brunelleschi)  impronta innovativa di Masaccio. Bambino: corpulento, forte, vero, vivace, si porta le dita alla bocca; naturalezza, intimità  richiama l’affettività di chi guarda. Contrasto oro dello sfondo e preziosità aureole (decorate ancora alla maniera tardogotica) VS freschezza del Bambino, gesto naturale e delicato. Angeli di spalle, vediamo solo una parte del volto, freschezza capelli, biondi, arricciati. Opera a quattro mani: Madonna col Bambino e sant’Anna (Madonna Metterza) assieme a Masolino da Panicale (1424, anno in cui Masaccio inizia la collaborazione con Masolino). I due lavorano poi insieme nella Cappella Brancacci. Le due concezioni artistiche (Masolino, maestro più 16 affermato, più arcaico; Masaccio, più moderno) messe a confronto nella stessa tavola sono un po’ stridenti. Masolino  Sant’Anna Masaccio  Madonna Sant’Anna e angeli che tengono drappo; sant’Anna figura rigida, s’inserisce nella composizione con una certa difficoltà, non si capisce bene come tra le sue gambe si possa accovacciare la figura solida e tridimensionale della Madonna. Vasari: figure di Masaccio sono reali, escono realmente dalla tele; le altre si vede che sono pitture. VII.2 Anche commissione in autonomia: Polittico di Pisa (1426): era presso la chiesa del Carmine, nel 600 viene smembrato. Quella della slide è un’ipotetica ricostruzione di un’opera di cui non abbiamo più le sue parti costitutive. Pisa conquistata definitivamente da Firenze nel 1406 e dopo alcuni anni in cui la città si era spopolata Pisa comincia a riprendere campo/vita  alcuni dei fiorentini più importanti lavoreranno nella/per la città. Polittico di Pisa commissionato da ser Giuliano di Colino degli Scarsi (banchiere, rappresentante l’arte dei Medici a Pisa). Commissiona anche un’opera che si trova a Pisa, Museo nazionale di s. Matteo: “Madonna dell’umilità” di Gentile da Fabriano (opera ancora tardogotica): Madonna inginocchiata che prega davanti al suo Bambino. Rapporto tra Vergine e Bambino molto meno diretto, più mediato rispetto a quello masaccesco, Bambino molto più rigido. Prevale un aspetto ancora goticheggiante sottolineato dalla preziosità dell’ambiente/vesti, ricchezza dell’oro e dalla poca caratterizzazione tridimensionale dei corpi (corpo della Vergine si perde al di sotto del manto nero che occlude qualsiasi riferimento anatomico). Aureola della Vergine: dentro vi è un versetto del Corano: “non avrai altro dio all’in fuori di Allah” G. da Fabriano utilizza i caratteri eleganti come termini visivi, non legati a un significato. Contemporaneamente a Pisa lavora per la città anche Donatello  Monumento del cardinale Rainaldo Brancaccio (con Michelozzo), destinato però ad essere inviato a Napoli. Al centro del sarcofago: stiacciato con assunzione della Vergine. È presente anche Brunelleschi  chiamato a Vico Pisano (punto estremo del contado) a progettare la fortificazione. Tavola centrale del Polittico di Pisa: oggi si trova alla National Gallery di Londra (a Pisa è rimasta solo una figura: s. Paolo, al Museo Nazionale di s. Matteo). Tavola con Madonna e Bambino: Vergine che si incurva, atteggiamento protettivo nei confronti del Bambino; trono molto semplice, definito prospetticamente, punto di vista ribassato (tiene conto del punto di vista dello spettatore). Continua il fondo oro, ma non colorazione uniforme, serve per rendere più tridimensionali e staccate le figure della Madonna, Bambino e angeli musicanti. Basamento su cui poggia la Vergine decorato con onde  strigilatura; cit. dall’antico (vd. sarcofagi dispersi sopra il Prato dei Miracoli attorno al Duomo di Pisa, che oggi si trovano nel Campo santo monumentale). Bambino ancora più erculeo e naturale; mano che tiene l’uva, si porta i chicchi alla bocca effetto di assoluta realtà. Aureola della Vergine, angeli e Bambino aureola vista di scorcio, conferisce prospettiva anche all’aureola. Effetto sinestetico  cerca di coinvolgere lo spettatore non solo con la vista, ma anche udito (angeli musicanti) e gusto (Bambino che si porta l’uva alla bocca). 17 1436: Felice viene espulso da Firenze, poiché si schiera contro Cosimo de’ Medici. La famiglia potrà rientrare solo nel 1480, quando si porterà a termine il completamento della cappella chiamando a lavorare Filippino Lippi (figlio di Filippo, che aveva assistito ai lavori; uno dei primi collaboratori di Masaccio). Convivenza Masolino – Masaccio  ingresso della cappella: due pilastri: da una parte il peccato originale: Masolino; dall’altra la cacciata di Adamo ed Eva: Masaccio. 1. Peccato originale (Masolino): figure eleganti, gentili, sembrano accennare passi di danza, in punta di piedi come nei dipinti tardogotici. Corpi, pur con rapporto anatomico corretto, non hanno un forte rilievo plastico. Spazio indefinito. Non vediamo la differenza tra terra e sfondo. Dettaglio testa di Adamo: grande eleganza. Non c’è il senso della responsabilità, dramma del gesto che sta per compiersi. 2. Cacciata di Adamo ed Eva (Masaccio): Adamo ed Eva cacciati dalla porta del Paradiso terrestre. Angelo che segna la strada con una spada. Voce di Dio che prende la forma di raggi neri che lambiscono la schiena di Adamo. Le figure tengono i piedi saldamente poggiati per terra, la loro fisicità è segnata dalla presenza delle ombre sul terreno. Corpi massicci con forte rilievo tridimensionale. I corpi si inseriscono in un ambiente profondo/spaziale/prospettico data dalla porta e roccia che creano una quinta scenica misurabile. Intensità tragica delle figure che deforma gli sguardi, i tratti dei volti quasi fino a sfigurarli. Eva che si copre l’inguine e seno e alza lo sguardo in un senso di estrema drammaticità  cit. che arriva dalla Venere pudica di origine classica, che viene ripresa anche da Giovanni Pisano (maestro della scultura gotica) nella figura della Temperanza del Duomo di Pisa. Giovanni Pisano utilizza lo stesso prototipo antico, riprendendone la calma dell’espressione classica, a differenza di Masaccio, il quale fa perdere a Eva quella calma e astrazione dell’espressione perché è una donna che sta per andare incontro al dolore. Attenzione sui volti: - Volto di Eva segnato da tracce di oscuro; bocca aperta: macchia scura; occhi scuri - Drammaticità più accentuata nella figura di Adamo  non si vede il suo volto, si porta le mani a coprirlo  come nella Maddalena della Crocefissione del Polittico di Pisa, la visione in absentia fornisce il senso di un dramma ancora più forte. VIII.1 Cappella Brancacci. Ingresso: rapporto diretto  Masolino, legato a eleganza e raffinatezza tardogotica – Masaccio, proiettato verso una nuova naturalezza, nuovo modo di inserire le figure con forza espressiva. Masaccio anche autore autonomo di alcuni segmenti della cappella: Tributo della moneta (2° ordine della parete sinistra): rappresenta tre momenti delle storie di s. Pietro. Racconto dal vangelo di s. Marco (vd. slide 3, ppt lezione VIII): per entrare nel tempio è necessario pagare una tassa da consegnare al gabelliere. Gesù indica a s. Pietro il modo per individuare la moneta per la tassa. Tre momenti diversi, ma la composizione è unitaria. Nucleo centrale con Cristo che fa da perno alla composizione. Alcune figure si ripetono: Gabelliere (vestito di rosso), gambe nude, prima di spalle e poi all’ingresso della città dove viene pagato da Pietro ( la figura del gabelliere si ripete tre volte). Pietro (x3): 1. con Cristo: ripete il gesto indicando il mare; 2. sulla sponda del mare che trova la moneta nella bocca del pesce; 3. paga il gabelliere. 20 Gesti gravi, retorici. Paesaggio aperto che serve però a serrare le figure. Montagne rocciose: quinta scenica. Edificio a destra: prospettiva. Intensità/gravità/drammaticità dei volti. San Pietro con volto aggrottato (cfr. figure di Donatello a Orsanmichele). Guarda a Donatello ma anche a Nanni di Banco (vd. figure a semicerchio dei quattro santi coronati). Cfr. Tributo della moneta con La guarigione dello zoppo e resurrezione di Tabita di Masolino (parete in alto a destra, dirimpetto a quella di Masaccio). Nella Guarigione… due momenti diversi: a sinistra, guarigione dello zoppo; a destra: resurrezione di Tabita. San Pietro sempre con mantello giallo. Ambiente cittadino, cerca anche di dare una certa veridicità prospettica, seppur si tratti di prospettiva empirica. Edifici gracili, non vi è la saldezza della rappresentazione di Masaccio. Gracili anche le figure. Episodi rimangono scissi, staccati, quasi resi più surreali per l’inserimento di due fiorentini che passano in diagonale e discutono dei loro affari, avulsi dal contesto (drappi della Firenze di metà 400). Sullo sfondo, scene di vita quotidiana. Sempre Masolino: Predica di s. Pietro (parete di fondo, sinistra, 2° ordine): ambientazione naturale ma le montagne non sono tridimensionali e realistiche come quelle realizzate da Masaccio nel Tributo della moneta, ma sembrano quasi ritagliate su carta, bidimensionali, non creano una quinta scenica prospettica. Figure appiattite, sembrano accalcate una sull’altra  non c’è profondità di spazio. Spazio fittizio  s. Pietro non sembra con i piedi per terra, ma sospeso. VIII.2 Il battesimo dei neofiti di Masaccio (parete di fondo, 2° ordine: essendo la parete di fondo, la disposizione è più verticaleggiante. La parete aveva al centro un tabernacolo, rimosso nel 600): S. Pietro sta battezzando un giovane. Scena all’aperto, greto fiume, ambientazione con alte montagne  attenzione allo scalare dei piani: resa misurabile, prospettica, nonostante sia una prospettiva aerea. Figure si assiepano in primo piano. Attenzione ai dettagli (vd. acqua che scorre, effetto dei capelli bagnati); resa anatomica del neofita, dettagli del corpo (vd. emergere del pelo pubico). Altri neofiti che si assiepano per ricevere il battesimo (giovane che si sta spogliando; neofita già spogliato, gesto di grande naturalezza che fa intendere che ha freddo). Distribuzione dei beni ai poveri e morte di Anania di Masaccio (parete di fondo, a destra dell’altare). Ambientazione cittadina: architetture fiorentine (alcune più goticheggianti, come l’edificio turrito con base a bugno, altre più rinascimentali, come quella bianca con loggiato che si apre sulla pubblica piazza). Sfondo: montagne in un digradare lento e misurabile. Le figure si assiepano di nuovo in primo piano. Anania aveva venduto un terreno e tenuto per sé i proventi della vendita, per questo viene punito. Attenzione al dato naturale. Madre che tiene in braccio un bambino seminudo. Gesti naturali. Attenzione alla ritrattistica/sguardo sulla fisionomia. Ritratti di persone che Masaccio vede, doppia valenza: conferire aurea dell’antico; forza espressiva/gravitas latina (quell’invenzione dell’umano che Donatello aveva apportato in scultura). Disposizione volti nello spazio che creano una quinta scenica (vd. i quattro santi coronati di Nanni). 21 Sempre Masaccio: San Pietro risana con l’ombra: San Pietro e san Paolo passano per la strada di questa città (sembra uno squarcio fiorentino) davanti a storpi, malati. San Pietro, nel passare, li risana. Utilizzo della luce per definire la figura, traccia l’ombra salvifica sul pavimento. 1427: lavori alla cappella Brancacci si interrompono. Masaccio lascia Firenze per Roma. Ripresa dei lavori nel 1480 completamento affreschi da parte di Filippino Lippi (figlio di Filippo): Resurrezione del figlio di Teofilo e san Pietro in Cattedra: scena ancora dibattuta: parte scena probabilmente realizzata da Masaccio prima di partire  quella a destra con san Pietro in Cattedra e figure che si assiepano attorno a lui (vd. figura che ci guarda, ritenuta ritratto di Masaccio). Affresco di grandi dimensioni. VIII.3 In questo affresco sono riportati due eventi di s. Pietro avvenuti ad Antiochia, narrati dalla Leggenda aurea di Jacopo da Varagine: mentre s. Pietro era ad Antiochia a predicare, viene arrestato dal governatore Teofilo. San Paolo lo va a trovare in prigione e supplica Teofilo di liberarlo. Teofilo risponde che lo avrebbe fatto se fosse riuscito a far resuscitare il figlio morto quattordici anni prima. Pietro compie il miracolo (immagine al centro: lo resuscita dalle ossa). Tutta la popolazione di Antiochia si converte al cristianesimo e viene eretta una chiesa (la prima con un trono/cattedra). Anticipazione di quello che avverrà a Roma  basilica di s. Pietro. Filippino Lippi, La disputa con Simon Mago (scena a destra) e la crocefissione di san Pietro (a sinistra). Questa è interamente realizzata da Filippino. La scena si svolge fuori dalle mura di Roma (si scorge la Piramide di Caio Cestio). Disputa Simon Mago con san Pietro e Paolo davanti a Nerone (ritratto alla maniera antica): la disputa riguardava la lettura del pensiero vince san Pietro  condanna dell’imperatore che fa cadere l’idolo pagano. Circa 1485: fine lavori. Varie modifiche successive (eliminazione tabernacolo originario; eliminazione della volta celeste dipinta da Masolino con i quattro evangelisti per inserimento nel 700 della Madonna che consegna lo scapolare a Simone Stock di Vincenzo Meucci  tanti stili susseguiti). Circa anni 30 del Quattrocento  nuovo corso della pittura; corso complesso, perché deve dare conto della acquisita capacità di rappresentare lo spazio secondo la prospettiva ma che deve porre anche un altro problema: quello della luce. LA PITTURA A FIRENZE DOPO MASACCIO Importanza della luce in Masaccio, le figure proiettano ombre. 1987, mostra a Firenze a cura di Luciano Bellosi, “Pittura di luce”: la pittura di luce si avvia a partire dal 1430: - Esperienza di Masaccio - A Firenze cominciano ad arrivare opere di artisti fiamminghi ( pittura attenta al dettaglio/resa fotografica/alla luce e ai suoi riflessi sulle superfici). - Pubblicazione 1435 (in latino) e 1436 (in volgare) del De pictura di Leon Battista Alberti, che si trovava a Firenze con la corte pontificia di Eugenio IV: codifica tutta una serie di sperimentazioni che fino a quel momento erano rimaste frammentate. Cerca di dare scientificità al problema della luce e alla sua rifrazione sui colori diversi. 22 A Firenze (più in generale in Toscana/Italia) cominciano ad arrivare opere di maestri fiamminghi  resa della luce e naturalismo: elementi nodali di quel tipo di pittura. JAN VAN EYCK, Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434). Giovanni Arnolfini, mercante di Lucca, abitò per molti anni a Bruges insieme a Giovanna Cenami. Resa dimora privata in cui ogni dettaglio è raffigurato con la precisione di un orafo/miniatore. Sfondo, in corrispondenza della mano: specchio. Tra specchio e lampadario: iscrizione “JOHANNES DE EYCK FUIT HIC 1434”  rappresenta quasi un atto giuridico (Van Eyck come testimone dell’atto, cioè il matrimonio); iscrizione come formula di un atto notarile. Figure reali, sono oggetti di un evento che si svolge sotto i nostri occhi. Anche il cagnolino sembra reale. Ricco di dettagli. Candela (simbolo di intensità e amore) accesa sul lampadario. Specchio: cornice con 10 stazioni con la Passione di Cristo. Lo specchio è uno dei protagonisti della rappresentazione, riflette i coniugi di spalle, di fronte i testimoni all’atto di matrimonio. Accanto allo specchio, sorta di rosario con perle di cristallo di rocca resa lenticolare della realtà. Dettaglio letto: legno finemente lavorato; una figura (S. Margherita, patrona delle partorienti o s. Barbara, patrona della casa) che proietta un’ombra sul muro  dettaglio sul dettaglio.  importanza luce. Pantofole Arance sul davanzale (lusso nord Europa; provenienza mediterranea dei due coniugi, persone abbienti). Cagnolino, simbolo fedeltà coniugale, assiste con sguardo vivacissimo all’atto. Pavimento Veste di visone di Arnolfini Tappeto  Vera fotografia di un ambiente. Assume in questo caso anche il valore di un atto notarile. IX.2 1435, Van Eyck, La Madonna del cancelliere Rolin (cancelliere borgognone). Madonna con Bambino davanti al cancelliere (ricchezza abiti). Paesaggio al di là di un loggiato. Dettaglio veste rossa della Madonna: bordo con una trina dorata impreziosita di perle e pietre preziose che definiscono il perimetro del manto. Centro composizione: Bambino che benedice il cancelliere con grande dignità poco infantile, con in mano un globo traslucido (simbolo del mondo creato da Dio); invita quindi a rivolgere i nostri occhi verso il mondo visibile che si apre al di là del colonnato  Unità simbolica tra interno stanza e mondo creato da Dio. Al di là del colonnato, centro quadro: fiume che divide la città e serve a portare il nostro sguardo in lontananza per farci comprendere la grandezza del mondo. Minuscoli spettatori affacciati dai merli del giardino sopraelevato indirizzano lo sguardo verso il mondo. Spazio interno delimitato da arcate che fanno entrare tantissima luce. La luce entra anche dalle vetrate colorate dell’estremità superiore  luce calda. Prospettiva lineare misurabile  linee di fuga del pavimento proseguono nella dolce sinuosità del fiume. Punto di vista unificato. Cancelliere inginocchiato, tratti di viso severi mentre prega. La Madonna si offre allo sguardo con grande delicatezza. Sta per essere incoronata da un angelo che si libra dietro di lei. Corona molto ricca e fastosa. 25 Ambiente lussuoso, con forme costruttive di un palazzo, ma le arcate sono quelle di una chiesa, vetrate, all’interno della stanza sono presenti due navatelle laterali. Probabilmente rappresenta un luogo reale che diventa però al tempo stesso simbolico. Luogo posto molto in alto – altezza come se fosse un monte improbabile nei Paesi Bassi (terra piatta); improbabile anche una loggia aperta sull’esterno per il clima molto rigido. Luogo simbolico che nell’antitesi tra esterno e interno allude al rapporto tra uomo e Dio; l’uomo conosce il mondo attraverso questa apertura. Dettaglio della sorte di giardino pensile da cui si affacciano due figure e alcuni pavoni. Città merlata Corona Resa dei capitelli  fantasia con cui propone capitelli di gusto medievale. Opere come questa cominciano a essere note in Italia primi tramiti: mercanti che risiedevano nelle città del nord (Bruges, Anversa: sedi traffici commerciali) ma anche attraverso le commissioni (vd. Alfonso d’Aragona, re di Napoli, che possedeva collezioni di artisti fiamminghi, tra i più importanti Van Eyck e Van der Weyden; quest’ultimo scese in Italia nella metà del 400, si trova a Ferrara alla corte di Lionello d’Este che possedeva un suo trittico). Seconda metà del 400 fiamminghi che lavorano a Urbino per Federico da Montefeltro. A Firenze arriva nel 1483 una grande opera: Trittico Portinari di Hugo Van der Goes, dipinto a Bruges, commissionato da Tommaso Portinari, banchiere fiorentino a capo del banco dei Medici a Bruges. Tavole che si aprono (vd. ante aperte: adorazione dei pastori; ante chiuse: Annunciazione monocroma, simula una struttura lignea). Mandato via mare in Italia Pisa  Firenze (28/05/1483): sorta di festa quando arrivò (Chiesa di sant’Egidio, presso Ospedale di s. Maria Nova, patronato dei Portinari). Ante aperte  Adorazione dei pastori. Madonna inginocchiata di fronte al Bambino. Capannuccia diroccata, bue e asinello, angeli sopra, s. Giuseppe un poco arretrato. Complesso trattamento della luce luce diretta, naturale, che inonda completamente la composizione ma anche altra fonte di luce, quella divina. Bambino illumina a sua volta l’immagine  angeli nella parte alta colti da questa luce (vd. quello con veste verde, oscuro da una parte). Due ante: a sinistra: s. Tommaso e s. Antonio Abate; a destra: s. Margherita e s. Maria Maddalena. Ricchezza del dettaglio delle figure: vd. due sante; natura morta dei fiori nei vasi e bicchiere colti nei campi e donati al Bambino.  Opera studiata da artisti italiani (vd. Adorazione dei Magi di Domenico Ghirlandaio, 1485: cit. letterale delle figure dei pastori, in Van der Goes erano in alto a destra, qui sono nelle stesse posizioni nella parte destra). IX.3 Influenza pittura fiamminga su quella fiorentina/italiana Cfr. Adorazione dei pastori di Van der Goes con quella di Domenico Ghirlandaio. Ritorna a Beato Angelico Madonna con Bambino (Madonna di Torino), circa 1440 (a dieci anni dallo scoppio della moda fiamminga). Sedile dorato fa da trono Sfondo: sorta di esedra formata da paraste con capitelli corinzi di tipo michelozziano. Sorta di nicchia non addossata alla Vergine, ma tra lei e lo sfondo c’è uno spazio, una stanza reale che viene illuminata da una fonte di luce. 26 Vergine e Bambino (quest’ultimo tra le mani tiene un cartiglio che srotola, dove è presente l’iscrizione “ego sum lux mundi”) illuminati da una fonte di luce frontale. La stanza dietro è illuminata da una fonte di luce interna  dietro al drappo dorato, sulla sinistra, è presente infatti una finestrella (se ne scorge solo la base) che inonda di luce la parte retrostante. Problema luce fondamentale anche per FILIPPO LIPPI (anni ’80, mostra di Bellosi esclude Lippi dal novero dei pittori di luce). In realtà, interprete sensibile della pittura di luce. Pittore estremamente libero nel prendere tutti gli elementi/fonti stilistiche che vede intorno a sé e a rielaborarli in modo originale. Libertà stilistica che ricalca la libertà della sua vita. Era un religioso, dal 1421 vive nel convento fiorentino del Carmine, a contatto con pittura masaccesca e cappella Brancacci. 1432: lascia il convento, soggiorna a Padova. Quando torna, mantiene il titolo di monaco secolare, diventa cappellano del convento di s. Margherita a Prato (1456), nomina che porta alla conoscenza di una suora (Lucrezia Buti) che posa per lui. I due si invaghiscono, la monaca fugge dal convento e si stabilisce con Lippi, hanno un figlio (Filippino).  scandalo. Lucrezia deve tornare in convento ma fugge nuovamente. Solo nel 1461, grazie all’intercessione di Cosimo de’ Medici, Filippo viene sciolto dai voti e la coppia può essere legalizzata. Libertà dei costumi ma è comunque fondamentale l’aspetto della religiosità. Attenzione all’umanità: aspetto fondamentale della sua pittura. Personaggi ritratti dal vivo  conferisce immediatezza, talvolta popolaresca, ma estremamente efficace. Madonna di Tarquinia, 1437. Madonna in un trono di finto marmo con il Bambino (vivace) in primo piano, illuminati frontalmente (lo si nota dalla veste che va trascolorandosi). Ambiente retrostante: classico ambiente domestico  forte ascendenza fiamminga (presenza talamo e finestre al lato sinistro e dietro la testa, che mettono in comunicazione interno e sterno [vd. Madonna del cancelliere di Van Eyck]; elementi simbolici come libro e talamo). Fonti luce: - Frontale - Finestra laterale - Sfondo  Moltiplicazione fonti complessa. Sa dominare gli spazi attraverso la prospettiva. Summa della comprensione della pittura fiamminga e dell’utilizzo delle diverse fonti di luce. 1437: data scritta nel quadro, sul cartiglio alla base del trono. Sempre 1437, Pala Barbadori per la chiesa di s. Spirito. Reminiscenze pittura dell’Angelico  scelta della raffigurazione tra tre archi non suddivisi da colonnine ma con archetti sospesi; dà unitarietà alla scena. Differenziazione tra cornice e scena rappresentata enfatizzata dal fatto che le colonne interne alla rappresentazione sono lievemente disassate rispetto agli archetti.  Lieve distopia/asimmetria tra colonne dipinte e quelle che dovevano essere le colonne di ebanisteria. Pala che rappresenta una sacra conversazione. Madonna in piedi al centro, santi e angeli intorno. Intenso studio della luce  luce frontale (si nota dai mantelli dei due santi in primo piano) ma deriva anche da un’apertura sulla sinistra che fa entrare una luce tenue, soffusa, che si spande ovunque generando zone d’ombra sfumata e conferendo al dipinto il senso di una materialità atmosferica. 27 LEONARDO DA VINCI, “Studio di mani”  nello stesso foglio fa più esperimenti: mani prima incrociate, poi una si alza sul petto. Linea netta: contorno mani, unghie. Sfumato: ombreggiatura, pelle. Nella bottega si studiavano mani, gambe, piedi  riproduzione in calchi per averli sempre a disposizione. 1482, Leonardo parte per Milano e si porta con sé numerosi calchi. Produzione modelli  duplice valenza: 1. Didattica, per insegnare ai giovani lo studio delle parti anatomiche. 2. Pratica-funzionale: i modelli potevano essere tradotti in pittura/scultura e fornire un campionario infinito di soluzioni per i dipinti. Racconto di Vasari nella Vita di Verrocchio (slide 4, ppt. Lezione X.1): pratica usuale nella sua bottega quella di realizzare con gesso di pietra dolce molte forme di mani, piedi… che lui teneva nello studio per poi poterle utilizzare con comodità. Da questo tempo in avanti si cominciano a fare le maschere funebri che permettevano di fare ritratti  grande attenzione alla veridicità del ritratto. Si lavorava in continuazione, anche a opere diverse, anche nello stesso momento  poteva passare da una commissione all’altra, prendeva più commissioni insieme. Si realizzavano dipinti, pale d’altare, sculture in marmo e bronzo, elementi decorativi in argento. Attenzione all’elemento naturalistico. No speculazione filosofica e letteraria, ma cerca di riprodurre la pienezza della vita, la varietà dei tipi umani, diversità delle fisionomie. Cerca di coinvolgere lo spettatore. X.2 Putto con delfino (bronzo). Soggetto classico, ma reinterpretato nell’immagine ridente del putto che danza; equilibrio instabile, su un globo/palla; movimenti dinamico. Opera che si rivela tutto tondo, girandoci intorno. In origine, l’opera stava su una fontana della Villa di Careggi acqua usciva dalla bocca del delfino e andava a ricadere sul corpo del putto. Effetto da creare: manto che si appiccica al corpo; anche capelli bagnati. Naturalezza/immediatezza/freschezza; studio aspetti reali. Spunto anche da precedenti: vd. Desiderio da Settignano (ritrae volti di donne e bambini, li declina secondo i termini di grande dolcezza, attraverso superfici curatissime), Bambino che ride - Capigliatura ondeggiante/spettinata  immediatezza/freschezza - Veste  soluzione del taglio del busto; veridicità  taglio non violento tra busto e il piano. Sempre Desiderio, Tondo Arconati (Gesù bambino a sinistra e Giovanni Battista con il vello caprino): incontro tra i due bambini gioioso. Spazio ristretto; le mani si incrociano. Sembra quasi un rilievo di marmo dipinto, più che scolpito. Desiderio attinge alle soluzioni dello stiacciato di Donatello e le ripropone in termini di maggiore equilibrio e delicatezza. Desiderio, Busto ritratto di Marietta Strozzi - Corpetto raffinato, sotto vi è una veste leggera chiusa con un bottoncino che si intravede dal corpetto - Collo elegante, raffinato - Volto perfettamente inquadrato dalla capigliatura - Marmo diventa traslucido, fa percepire ancora di più la sensazione di delicato 30 - NON taglio all’altezza dell’avambraccio (come Bambino che ride) ma un pezzo di busto maggiormente espanso che entra a far parte della rappresentazione, proprio per cercare di eliminare quel taglio netto. Elaborazione del tema da parte di Verrocchio: Dama con il mazzolino di fiori (circa 1475). Bargello Anche lui accentua la delicatezza della superficie del marmo, che tratta con una squisitezza/intensità/perfezione di tocco virtuosistica  accentua gli aspetti illuministici. Veste leggera (mussola?) sotto la quale vi è un’altra veste (cotone?) appuntata con un bottoncino  resa visiva della diversità dei due tessuti. Scolpisce le palpebre, insistendo sugli aspetti del chiaroscuro. Trattamento virtuosistico nella testa/capigliatura  ricci che creano una cornice, bucherellati con uso del trapano si creano spazi neri all’interno di volute biancheggianti che creano movimento/vivacità/intensità chiaroscurale. Retro: copricapo da cui fuoriescono alcune ciocche, incise alla maniera donatelliana dello stiacciato. Novità più grande: inserimento mani  amplia l’elemento rappresentato; busto si innalza ancora di più; taglio del busto più alto. Mani: nuovo elemento espressivo  non solo per gioco di ombre e luci, ma danno una nuova importanza psicologica alla figura; servono a declinare a livello psicologico ancora di più la figura stessa. Crea una nuova tipologia di busto, innovativa rispetto ai precedenti di D. da Settignano: 1. Innalza ancora di più la parte raffigurata (anche altezza vita/anche/quasi bacino) 2. Inserisce anche braccia e mani Desiderio da Settignano, Busto di Bambino  taglia il busto ancora all’altezza del braccio; cerca una soluzione ma senza arrivare a una innovativa, rivoluzionaria, come quella di Verrocchio. X.3 Riverbero che crea la Dama di Verrocchio: - LEONARDO DA VINCI, Ritratto di Ginevra de’ Benci Ginevra lievemente di tre quarti. Ginevra de’ Benci era una fiorentina. Gioco di chiaroscuro (biancore della pelle e sfondo che si apre solo lateralmente sulla destra al paesaggio) Prospettiva aerea che fa trascolorare la natura in un colore cilestrino. Simbolo del nome Ginevra dietro la sua testa (albero di ginepro). Duplicità della tavoletta (piccole dimensioni): dipinta su entrambi i lati; sul retro porta una simbologia araldica e letteraria (ramo di alloro, palma e ginepro intrecciati tra loro e da un cartiglio che vuole esaltare le virtù morali di Ginevra “VIRTUTEM FORMA DECORAT”) Quadro commissionato da Bernardo Bembo (padre di Pietro), umanista. Questi conobbe Ginevra durante la permanenza con lei al tempo del matrimonio di lui  forse si tratta di un dono di nozze. (Altri dicono che sia stato fatto per onorare la sua bellezza). Cfr. con la Dama di Verrocchio: Rapporto stringente (punto di riferimento dello studio di Leonardo). Scelta capigliatura raccolta sul retro: ricci che inquadrano il volto che poi diventano lisci. Stessa veste e vestina appuntata sullo sterno. Ma le mani?  Probabilmente l’opera di Leonardo è stata in parte resecata (vd. il retro: ci si aspetta che le palme compiano un semicerchio nella parte bassa; invece taglio netto).  Studi di mani di Leonardo  Ricostruzione di David Alan Brown, uno dei curatori della National Gallery di Washington (dove si trova il dipinto): molto probabilmente il disegno dello studio di mani era servito per studiare la soluzione di questo ritratto. 31 Leonardo rispetta quindi le novità del maestro. - LORENZO DI CREDI (altro allievo di Verrocchio), Ritratto di donna Non ne conosciamo l’identità, ma probabile che si chiami Ginevra (dietro: ginepro). Retro: iscrizione (forse più tarda): Ginevra Damerigo de’ Benci Vedova (abito nero; testa velata; mano sinistra tiene la fede matrimoniale) Riferimento a Verrocchio e Leonardo evidente: testimonianza che il ritratto di Leonardo era rettangolare (non quadrangolare) e prevedeva l’inserimento delle mani. Formato rettangolare e posa simile/speculare a quella di Leonardo. Opere autonome ma tutte declinate sulla scorta di quanto si andava sperimentando nella bottega di Verrocchio. X.4 Produzione della bottega del Verrocchio: Verrocchio, L’incredulità di san Tommaso: ultima delle grandi opere/sculture di Orsanmichele. Due figure: Cristo al centro della nicchia, s. Tommaso che si volge verso lui, di profilo rispetto il riguardante. San Tommaso per certi versi è estromesso dalla nicchia: posizione mediana tra noi e la posizione di Cristo.  coinvolge lo spettatore (vd. piede che fuoriesce) Verrocchio anche orafo, disegnatore… Monumento funebre di Piero e Giovanni de’ Medici (basilica di san Lorenzo). Prodotto di un grande artigianato, di chi sa elaborare materiali diversi con grande raffinatezza. Sarcofago di porfido dagli angoli smussati. All’interno: tondo clipeato in serpentino verde, abbellito da rilievi vegetali arricciati da onde e spirali. Arcata listata da una cornice a rilievi vegetali. Monumento costruito in quello che era il vecchio accesso alla sacrestia vecchia. Verrocchio cerca di attutire questa occlusione  creazione aerea per la parte dell’arcata lasciata libera; no divisione due parti, ma collegamento attraverso intreccio di corde (di bronzo: novità  solo fatto da Bernardo Rossellino per la tomba di Neri Caproni in santo Spirito, ma Verrocchio lo fa in maniera più monumentale, cercando di non dividere ma anzi di mettere in relazione i due ambienti separati) che fa in modo di rendere visibile quello che è al di là. A livello monumentale: Monumento equestre a Bartolomeo Colleoni (statua a Venezia; modello preparatorio a Firenze). Problema del rapporto con alcuni importanti precedenti: vd. ad es. statura antica del Marco Aurelio a cavallo (all’epoca in san Giovanni Laterano, oggi in Campidoglio; ma soprattutto con “Gatta Melata” (Erasmo da Narni) di Donatello (Padova) Verrocchio recupera l’idea generale della figura e mantiene l’alto basamento; in cosa si distacca? Nella rappresentazione del condottiero. - Donatello: cavaliere ideale, astratto, situazione imperturbabile - Verrocchio: uomo è unicum con il cavallo, elegante, ma rappresenta una certa terribilità; impettito, espressione di chi sta per entrare in battaglia. Immagine da vicino: buchi negli occhi  dare impressione terribilità della figura che sta per entrare in battaglia. Rappresentazione di un eroe, condottiero vero (non ideale come Donatello)  Riferimento costante al reale. Opere allievi: Lorenzo di Credi, Sacra conversazione (Duomo, Pistoia), nota come “Madonna di piazza”. Madonna in trono con Bambino. Arcata classicheggiante. Porticato su sfondo naturale. San 32 - Costruzione dello spazio - Scelta compositiva (Madonna di profilo con aureola che si perde dentro la cornice) - Tecnica stiacciato Altra opera all’epoca della permanenza nel Giardino: Battaglia dei centauri o “Centauromachia” (anche questa conservata in Casa Buonarroti a Firenze). Con quest’opera disegna il suo percorso artistico. Snocciola tutti quelli che saranno i temi fondamentali della sua produzione scultorica e pittorica successiva. Rilievo di non grandi dimensioni. Michelangelo si rifa ai sarcofagi antichi (greci e latini) in cui si ritrovano interpretazioni di eventi mitologici. Il soggetto ha suscitato numerosi dubbi da parte degli storici dell’arte, che hanno cercato di trovare delle fonti precise. Vasari: il soggetto fu suggerito da Lorenzo il Magnifico o forse da Poliziano che frequentava il Giardino e la corte e che può aver suggerito un ratto di Deianira o una battaglia di centauri / ratto di Ippodamia da parte del centauro Eurizio / battaglia dei Lapiti contro i centauri  molte possibilità. Studiosa Paola Barocchi: quello che cerca Michelangelo è un mito arbitrario, che è una fusione di tanti miti tutti insieme  non è giusto andarne a cercare uno preciso. Ma cosa prevale?  presenza della figura maschile, giovane, nuda: suo interessa per tutto il percorso della sua vita artistica. Studiare la figura maschile nuda in movimento che si produce in un’articolazione sempre varia. Brano di Vasari dalla Vita di Michelangelo (slide 10, lezione XI, parte in rosso): Probabilmente all’interno della dotta corte di Lorenzo il Magnifico dove era frequente la presenza di letterati e filosofi, il Poliziano (poeta) suggerì a Michelangelo un tema, la battaglia di Ercole coi centauri. Tema che Michelangelo svolge talmente bene che non pare essere opera di uno alle prime armi ma di un maestro consumato negli studi e pregiato. Duplicità di registro: - Tratta le superfici corporee con grande attenzione, grande sensibilità per la superficie marmorea [derivazione da Donatello, se vogliamo anche verrocchianesca e di Desiderio da Settignano] - ma il resto della composizione è lasciato scabro (cornice, sfondo, alcuni passaggi tra un centauro e l’altro, alcune teste, capigliature). PERCHÉ? Si tratta del cosiddetto NON FINITO.  Quello che a lui interessa è la figura maschile in movimento, è quella che porta a compimento, che lustra, per farla emergere, il resto è secondario, lo lascia scabro, passandoci solo la gradina, giusto per scalfire la superficie ma non si cura di definirla. Riferimento all’antico: rilievi sarcofagi classici (vd. “Sarcofago Ludovisi con scena di battaglia tra Romani e barbari”, III secolo d.C., rilievo tardoantico: composizione ricca, affastellata, complessa di personaggi che si susseguono l’uno all’altro senza soluzione di continuità, non lasciano intravedere lo sfondo). Ma anche riferimento a testi più vicini al suo tempo, come alcuni rilievi per pulpiti medievali (vd. rilievo “La strage degli innocenti”, 1301, di Giovanni Pisano, a Pistoia: drammaticità del momento, madri che cercano di salvare i figli dall’eccidio perpetrato per volontà di Erode in un groviglio di corpi, braccia, mani). Figura centrale, da cui scaturisce tutta la rappresentazione, della Battaglia dei centauri verrà citata da lui stesso quando dipingerà il Giudizio universale (1537-40) vd. la figura del Cristo giudice. 35 XI.4 Riferimento nella Battaglia anche a Bertoldo, suo maestro. vd. “Scena di battaglia” di Bertoldo: rilievo in bronzo. Figure laterali alate, delle cariatidi (= che tengono la parte superiore della cornice), una accompagnata da una figura femminile e una maschile (nude), che riquadrano al centro questo gruppo di corpi che combattono ferocemente in un vortice in cui è difficile trovare un centro. Tanti corpi di cavalli. Grande virtuosismo del dettaglio. Corpo maschile nudo. Altra ispirazione da figure singole di Bertoldo: “Ercole”, piccola figura di bronzo ( collezionismo, per adornare gli studioli). Riferimento con la figura della Battaglia dei centauri (vd. gesto braccio). Il rilievo di Michelangelo viene scolpito entro l’aprile del 1492, probabilmente Lorenzo il Magnifico riesce a vederlo. 1492: precipita la situazione a Firenze (e non solo). 1494: Michelangelo, di fronte alla probabile invasione del re di Francia Carlo VIII, decide di recarsi a Bologna  qui trova subito una positiva accoglienza (protezione dell’Aldrovandi) e possibilità di lavorare all’Arca di san Domenico (tomba commissionata dai domenicani di Bologna per contenere il corpo del santo; fu commissionata a Nicola Pisano che realizzò il sarcofago, tutto istoriato con le storie dei miracoli del santo; inizialmente l’arca non poggiava sopra un altare, dove fu posta nel 600, ma veniva sostenuta da degli angeli telamoni che la sostenevano sulle spalle; poi fu deciso di coprirla con una copertura creazione da metà 400 a opera di Niccolò dell’Arca, scultore di origine dalmate [pugliesi] che viene a lavorare a Bologna; crea una copertura che si estende in verticale e culmina alla sommità con il Cristo pantocratore sopra un globo e un candelabro da cui scaturiscono delle ghirlande con dei putti; nella parte più bassa: padri della Chiesa e profeti) [foto da Fondazione Zeri]. Varietà delle figure, non ce n’è una uguale all’altra, sembrano dei ritratti (vd. foto del profeta che legge tirando su una gamba per poggiare il libro, fantasia del copricapo, dettaglio della capigliatura, boccolo perfettamente traforato dal trapano a violino; immagine del santo frate, dettaglio del saio rotto che lascia intravedere una ferita). Niccolò dell’Arca muore a Bologna nel 1494, pochi mesi prima dell’arrivo di Michelangelo, senza aver ultimato la realizzazione di tutte le figure previste. Michelangelo realizza tre figure per l’Arca: - San Petronio (santo protettore di Bologna) che porge al riguardante la città turrita e cinta di mura. Michelangelo cerca di adattarsi alle precedenti sculture di Niccolò dell’Arca  medietà tra il suo stile (già deciso e formato) e uno stile più vicino alle figure realizzate da Niccolò dell’Arca (vd. volto e trattamento del panneggio, molto levigato, raffinato, dà quasi il senso di un panno umido che si appiccica al corpo sottostante). A metà tra tradizione e innovazione - San Procolo  già squisitamente michelangiolesco. Giovanotto in atto di compiere un gesto perentorio, di grande volitività, testo nella sua concentrazione (ricorda il san Giorgio di Donatello; corpi della Battaglia dei centauri; poi quello che scolpirà in grandi dimensioni di lì a poco, il David). Non più adeguamento allo stile precedente, ma tira fuori la forza/intensità della rappresentazione tipica del suo stile. 36 - Compagno dell’angelo cerofaro realizzato di Niccolò dell’Arca: angelo forte, possente, già preannuncia tutta la scultura successiva (vd. morbidezza dei panni della Pietà in s. Pietro). XII.1 Angelo dell’Arca di san Domenico: già qualità della sua scultura: - Resa superficiale del marmo - Delicato trattamento delle vesti che quasi si attaccano al corpo con un effetto morbido e simile al bagnato - Dolcezza del volto ( vd. Pietà vaticana). 1501, torna a Firenze. Ormai affermato, crede fortemente nella Repubblica. Riceve una commissione  statua del David da realizzare in un unico blocco di marmo già esistente, già abbozzato da Agostino di Duccio (1463-64) e rimasto incompiuto in una resede dell’Opera del Duomo di Firenze. Michelangelo è consapevole del valore civile della statua. Lavora di nascosto in una resede dell’Opera del Duomo. Problema: ostacolo di un marmo già iniziato (fonti: “malamente intaccato”). Figura maschile, nuda, giovane, di grande forza  viene a rappresentare la Repubblica fiorentina, destinata a diventarne il simbolo. [Nel corso del 400 due David di Donatello (uno in marmo e uno in bronzo) e uno di bronzo di Verrocchio]. Incarnate le virtù di fortezza, ira, a cui affidano la libertà e la gloria della città. Esaltazione potenza fisica e morale che celebra i valori umanisti dell’uomo e della sua dignità. Di nuovo, l’antico suggerisce a Michelangelo l’idea della figura maschile nuda, ma si allontana dalla calma e ponderazione delle figure antiche per dare al David un ritmo che fa capire l’interna tensione psicologica del personaggio  David sta per compiere il gesto (lanciare la pietra con la fionda); simmetria del corpo, peso portante tutto su un lato dove gli arti sono tesi, ma riesce a dare al tutto una armonia e a far sentire la tensione fisica e morale richiesta per il valore civico che assumeva la scultura. Inizialmente doveva essere collocato su uno dei contrafforti del Duomo (vd. simulazione/ricollocazione virtuale del 2011), ma si decise che esigesse un’altra collocazione, più ambiziosa pubblica piazza. Es. Piazza dei Priori (proposta di Pier Soderini, confaloniere di giustizia): dare più valore al suo significato civile. Viene nominata una commissione per scegliere il luogo in cui collocarla; ne facevano parte gli artisti più importanti e famosi della città (Sandro Botticelli, Leonardo da Vinci, Filippino Lippi, Pietro Perugino, Lorenzo di Credi, Simone del Pollaiolo, Andrea della Robbia, Davide Ghirlandaio, Francesco Granacci, Piero di Cosimo, Andrea Sansovino…). Ognuno aveva un’idea diversa: - Botticelli: mantenere la collocazione nei pressi del Duomo - Filippino Lippi: vicino alla porta principale di Palazzo Vecchio, affacciata sulla piazza - Altri: centro del cortile di Palazzo Vecchio, sotto la Loggia della Signoria - Opzione più “riparata”: Leonardo da Vinci  a ridosso della parete della loggia della Signoria, incorniciata da una nicchia. Ipotesi che avrebbe sacrificato la scultura  spunto polemico tra Leonardo e Michelangelo (rapporti dialettici). Leonardo non ne apprezza gli accessi anatomici. Vd. schizzo di Leonardo conservato alla Royal Library di Windson: enfasi muscolare gli appare fuori luogo. Altri elementi che critica: enormità mano destra: voluta da Michelangelo per consentire una giusta fruizione della scultura e corretta proporzione delle parti (andava vista dal basso verso l’alto). 37 XII.4.1 Dopo l’esperienza degli affreschi, l’asse della cultura figurativa italiana e occidentale si sposta da Firenze a Roma. Leonardo  Milano  corte di Francia (Francesco I) Michelangelo  1508 a Roma (papa Giulio II). È presente a Roma anche Raffaello: i due si ritrovano a dipingere in due diversi frangenti a poche centinaia di metri di distanza. Michelangelo viene chiamato a Roma dal papa per realizzare il suo monumento funebre in san Pietro in Vincoli che sarà uno dei tormenti della vita di Michelangelo (penserà a una soluzione straordinaria, gigantesca, che poi dovrà via via ridimensionare; alla morte di Giulio II [1513] gli eredi vogliono ridurre le spese). Il papa gli chiede di realizzare la sua tomba ma il vero intento è quello della decorazione della Cappella Sistina (grande sforzo per Michelangelo, che si sente scultore, non pittore). CAPPELLA SISTINA eretta per volontà di Sisto IV (1471-84) all’interno dei Palazzi Apostolici. Aula rettangolare (lunga 41 m e larga 13,5: dimensioni attribuite dalla Bibbia al tempio di Salomone). Coperta interamente da una volte a botte, ribassata esternamente in una copertura a capanna. Costruita sul progetto del fiorentino Baccio Pontelli. Nel 1480 già terminata; dall’81 una serie di artisti di provenienza fiorentina firma un contratto con cui si impegnano ad affrescare dieci storie delle pareti [vd. palinsesto della Cappella]. Pareti: campate all’interno delle quali sono previste le decorazioni. I pittori fiorentini si impegnano a decorare il secondo ordine (partendo dal basso: 1° ordine con decorazioni a finti drappeggi [a loro volta saranno ricoperti da arazzi su disegno di Raffello]). Gli artisti che partecipano: Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Cosimo Rosselli. Firmano un contratto e si impegnano a decorare le dieci storie delle pareti. 1482-83: vengono sostituiti da Luca Signorelli, chiamato a terminare i lavori. Alcuni affreschi: Botticelli, “Punizione dei ribelli”  figure/stile botticelliano; ambientazione classicheggiante; arco ricorda l’Arco di Costantino. Signorelli, “Testamento di Mosé” Perugino, “Consegna delle chiavi”  costruzione giocata sulla simmetria degli elementi antichi, archi trionfali sullo sfondo. Tempio a pianta centrale che inquadra il momento della consegna delle chiavi a san Pietro. XII.4.2 Iconografia degli affreschi: storie di Mosé e Cristo che girano tutto intorno al perimetro della Cappella. Sopra: nicchie con papi. Volta (poi decorata da Michelangelo) prevedeva un semplice cielo stellato. Parete d’altare: affresco con Assunzione della Vergine di Perugino (oggi distrutto); lo conosciamo solo da alcuni dettagli e disegni preparatori. Programma 1480-83: celebra ruolo storico-politico della Chiesa. Mosé (condottiero, legislatore) prefigurazione di Cristo, che dà le chiavi a Pietro (primo papa) responsabilità della Chiesa.  continuità tra Mosé – Cristo – s. Pietro (continuazione Chiesa attuale). Decorazione cinquecentesca affidata a Michelangelo su incarico di Giulio II. - Volta: episodi della Genesi - Sibille e Profeti e altre figure bibliche nelle quattro vele angolari - Fino alle pareti, lambire le lunette, con gli antenati di Cristo. Sfrutta gli elementi compositivi della volta. Inventa costoloni all’interno dei quali fa sedere nudi; tra un costolone e l’altro lascia lo spazio per le rappresentazioni. 40 Scene Gensi, es: Dio che crea l’universo  inquadrato dai costoloni e quattro figure nude, maschili, sedute in posizioni contorte e diverse (porta avanti il suo ideale artistico). “Sibilla cumana”: plasticità; forza espressiva; gioco pittura che simula la scultura (vd. puttini che tengono parte superiore ai lati della Sibilla). “Sibilla persica”: seduta, ma contorta; si vede solo il profilo. Nelle lunette: i predecessori. Vd. figure inserite tra lunetta e parte superiore che simulano sculture a finto bronzo, ci rivolgono le spalle, contorte. Lunetta angolare: “David che taglia la testa di Golia”: grande contorsione; freschezza, leggerezza della capigliatura di David. La Sistina non si completa solo con affreschi, ma prevede anche inserimento di arazzi. Tra 1515 e 1516 papa Leone X (Giovanni de’ Medici) fa eseguire a Raffaello dieci cartoni per arazzi con gli Atti degli Apostoli (vd. cartone della pesca miracolosa). 1519: arazzi tessuti a Bruxelles, poi inseriti nella parte bassa (ricostruzione recente). Parte bassa: arazzi In mezzo: affreschi di maestri di fine 400 fiorentino. Sopra: galleria opere michelangiolesche. Lettura d’opera - Dipinto - Cristo alla colonna - Alto a sinistra, paesaggio simil-nordico - Fiume, campagne, montagne che trascolorano in cilestrino - Pittore, ma anche architetto. Artista peregrino, che parte da centro Italia, arriva a Milano, poi si trasferisce a Roma  Donato Bramante, “Cristo alla colonna” (circa 1490). XIII.1.1 RAFFAELLO E LE STANZE VATICANE Fama di Raffello esplode a Roma; viene chiamato da papa Giulio II a imbastire quel grande cantiere decorativo delle stanze vaticane, in concorso con quanto stava facendo Michelangelo nella Cappella Sistina. 1508: chiamato a Roma con la commissione precisa di realizzare la decorazione ad affresco di queste stanze. Raffaello nasce a Urbino nel 1483. Grande pittore ma non ha grande esperienza di decorazione ad affresco; unico lavoro che si ricorda è la sua partecipazione insieme a Pinturicchio e all’amico Paspertini nella Libreria Piccolomini di Siena (papa Enea Silvio Piccolomini; vd. slide 3, lezione XIII.1: affresco di Pinturicchio probabilmente su disegno di Raffaello). [slide 2, lezione XIII.1: veduta della Stanza della Segnatura, la prima delle stanze vaticane che decora] È a Firenze tra 1504 e 1508, momento in cui Leonardo e Michelangelo stanno elaborando i loro cartoni per la Sala del Maggior Consiglio.  Raffaello vive un momento di straordinaria intensità storico-artistica. 41 Figlio del pittore Giovanni Sarti, si forma nella bottega del padre; poi alla corte di Urbino presso i Montefeltro, corte molto moderna, in cui sono opere di grandi artisti (come Piero della Francesca). Lascia Urbino per rivolgersi allo studio di altri importanti maestri, i più affermati pittori contemporanei (Perugino, Pinturicchio, Signorelli). Il primo a cui si avvicina è Pietro Perugino (punto di partenza, ma momento di passaggio  supera quell’eleganza formale che diventa quasi stereotipata. Lavora per Città di Castello e Perugia (1502-04) dove fa sue le figure peruginesche; mentre Perugino tende a tipizzare le figure in un registro di soavità e eleganza, Raffaello intende superarlo  vd. Sposalizio della Vergine: punto di partenza è Perugino, “Consegna delle chiavi a san Pietro”, hanno un’impostazione molto simile, sfondo dominato da edificio a pianta centrale che fa da elemento ordinatore anche per le figure in primo piano, disposte simmetricamente. Ma già qui si comincia a vedere il distacco. Maggiore riferimento alla pittura di Piero della Francesca ma anche alla cultura prospettico-matematica che aveva conosciuta a Urbino grazie alla mediazione di Leon Battista Alberti. Raffaello giovane: parte dai maestri, ma sempre per superarli, elaborare un linguaggio più complesso/raffinato/personale. XIII.1.2 “Sposalizio della Vergine” (1504) segna il passaggio dalle zone dell’urbinate e Umbria fino ad arrivare a Firenze, dove rimane per quattro anni (1505-08). Firenze come palestra/fucina di sperimentazione che lo prepara all’arrivo a Roma. Qui sperimenta i diversi campi della produzione pittorica, tra cui la ritrattistica. Ritratto di Agnolo Doni (1506) (illustre mercante e mecenate): si rifa alla tradizione realistica del ritratto fiorentino, ma guarda anche ai modelli leonardeschi (fonde la figura con lo sfondo e l’ambiente circostante). Figura eretta, tagliata sotto la vita, la figura domina lo spazio. Sullo sfondo vi è un armonioso paesaggio che trascolora secondo i canoni della prospettiva aerea. Partendo da Leonardo, elabora una nuova tipologia di ritratto in cui i valori civili e psicologici del personaggio si fondo in maniera ancora più armonica con il paesaggio circostante. Elabora anche altre tipologie di opere, come Madonna con Bambino (molto diffusa a Firenze): Madonna Tempi (1508)  tenero abbraccio, toccarsi dei volti (topos fiorentino da “Madonna Pazzi” di Donatello in avanti), senso spontaneità e umana concretezza; atmosfera persa e molto limpida. Altre Madonne con Bambino: “Maddonna Terranova” (1504-05), “Madonna del prato” (1506), “Madonna del baldacchino” (1507-08). Anche commissioni di maggiore importanza 1507, è impegnato in un’opera di più ampio respiro, una pala d’altare, Pala Baglioni o Deposizione Borghese (un trasporto di Cristo). Pala commissionata da Atalante Baglioni a ricordo del figlio da poco morto (Grifonetto) e posta nella cappella di s. Francesco al Prato di Perugia. Ci rimase fino a inizio 600, quando il cardinale Scipione Borghese (nipote di papa Paolo V Borghese) lo fece rubare per portarlo nella propria collezione. Opera molto complessa, si vuole misurare con la complessità delle strutture compositive di Leonardo e Michelangelo. Ci sono anche elementi dissonanti/forze divergenti. Accentua l’aspetto del pathos (vd. Vergine svenuta, Maddalena, i due portantini). Consapevole delle nuove scoperte archeologiche  il volto del vecchio è una cit. diretta del Laocoonte (scultura antica scoperta a Roma nel 1506). Raffaello è pronto per offrire il suo nuovo linguaggio in opere più grandiose; vuole uscire dai limiti di una pala d’altare, per esempio, per dare credito delle sue qualità in lavori di più ampio respiro. 42 mosaico antico e tardo-antico. Vd. riquadro della volta, slide 15: realizza a mosaico lo sfondo oro su cui dipinge la scena della tentazione nel Paradiso terreste con Adamo e Eva. XIII.3.2 a) STANZA DELLA SEGNATURA (1508-1511), dove vengono firmate le bolle. Quattro arconi decorati con: - Disputa del Sacramento - Scuola di Atene - Parnaso - La Virtù e la Legge Motivo dominante: esaltazione delle idee di Bello, Vero e Bene. Vero: - Verità rivelata (Teologia  Disputa del Sacramento) - Verità naturale (Filosofia  Scuola di Atene) Bene  Virtù e la Legge Bello  Parnaso, attraverso la poesia. Volta, al centro: scomparti con quattro medaglioni con personificazioni della Teologia, Giustizia, Filosofia, Poesia. LA DISPUTA DEL SACRAMENTO Gli crea una certa difficoltà compositiva: scena all’aperto, spazio aereo, tra cielo e terra  Chiesa trionfante in cielo, Chiesa militante in terra. Per rappresentarla guarda a una tradizione pittorica molto frequente a Firenze  Botticelli con Pala di san Marco (“Incoronazione della Vergine”): rappresenta il duplice registro creando due emicicli: santi nella parte bassa – nella parte superiore gli angeli che sostengono il tappeto su cui si svolge la scena dell’incoronazione della Vergine. Prototipo su cui Raffaello può ancorare la sua composizione. Difficoltà di Raffaello di creare questo spazio dimostrata anche dall’esistenza di numerosi disegni (vd. due disegni preparatori, slide 4 lezione XIII.2: in alto a sinistra, più generale, cerca di imbastire questi due emicicli; destra, studio di una figura, in basso anche un gruppo di figure). Quale soluzione?  Due emicicli (terrestre e divino) ancorati dalla triade dello Spirito santo al centro della composizione, perno entro cui si snoda e ancora il resto, Dio padre e pantocratore, Gesù (con la Madonna a sinistra e san Giovanni Battista a destra) all’interno di una ruota con i cherubini; colomba che infonde lo Spirito santo nell’ostia consacrata che sta sopra l’altare. Serie di personaggi e ritratti (slide 5; Gregorio Magno con le sembianze di Giulio II, Sisto IV, Dante). Soluzione uomo che si affaccia sopra la balaustra costituita da un rilievo all’antica  invenzione per dissimulare la porta. XIII.4.1 Verità rivelata (Teologia La disputa del Sacramento) Verità naturale/filosofica  LA SCUOLA DI ATENE Stessa impostazione dell’arcone. Anche qui, porta = impedimento che dissimula grazie all’inserimento di plinto di colonna e assembramento di filosofi. Edificio in architettura romana tardo-imperiale; più semplice arrivare alla soluzione del problema compositivo; struttura architettonica ampia, armonica, che consente di arginare tutti i personaggi. Basilica all’antica (archi cassettonati, due nicchie dove sono rappresentati Apollo a sinistra e Minerva a destra, riferibili a sculture all’antica). Centro: Platone e Aristotele che con la loro gestualità fanno comprendere la loro filosofia. Platone con il libro del Timeo solleva il dito a indicare il mondo delle idee, l’iperuranio. Aristotele con il 45 libro dell’Etica distende il braccio in avanti con il palmo verso la terra.  Capacità di Raffaello di concentrare in immagini semplici idee complesse. Anche rimandi alla contemporaneità, alcune figure assumono il sembiante di personaggi contemporanei: Platone  Leonardo da Vinci; Euclide  Donato Bramante; Eraclito  Michelangelo; ritrae anche se stesso. IL PARNASO (lato nord) (Il Parnaso è un monte mitologico in cui si ritrovano tutti i grandi poeti del passato). Bello  Poesia e arti Problema: finestra, ma aiuto del monte  sommità finestra = sommità monte. Sfrutta il declivio del monte (dove si appoggiano molti dei poeti) per inserire la finestra. Saffo con un cartiglio con il nome, assisa su una roccia che tocca la finestra. Omero contrapposto a Dante e Orazio. LA VIRTÙ E LA LEGGE (Bene) Finestra decentrata rispetto all’arcone  deve creare una struttura all’antica con nicchie sorrette da piccole paraste scanalate con capitelli corinzi, al di sopra delle quali crea una sorta di balaustra in cui rappresenta le Virtù e la Legge che si stagliano limpidamente sopra un cielo aperto. XIII.4.2 b) STANZA DI ELIODORO (1511-14) Raffaello non lavora da solo. All’indomani dell’arrivo a Roma, comincia a circondarsi da una serie di collaboratori (es.: Giulio Romano), che saranno fondamentali per la diffusione del linguaggio raffaellesco maturo. In questa stanza, da un punto di vista tecnico, ci sono le stesse problematiche della stanza della Segnatura (stanza della Segnatura: speculum doctrinae di Giulio II; Stanza di Eliodoro: tema storico, intervento di Dio a favore della Chiesa, scene: miracoli). Zoccolo con undici cariatidi. Volta: a differenza della s. della Segnatura, qui enfatizza l’elemento architettonico, i costoloni non sono più nascosti ma enfatizzati e dividono in quattro le scene del Vecchio Testamento (sacrificio di Isacco; Loveto ardente; apparizione di Dio a Noé; scala di Giacobbe)  sfrutta l’architettura per creare quattro partiti decorativi unitari e uniformi. LA CACCIATA DI ELIODORO DAL TEMPIO (lato est) (dal libro dei Maccabei) Eliodoro (in basso a destra) profanatore del tempio, viene atterrato e travolto dagli zoccoli del messo divino. Oría (sacerdote) assorto in preghiera (prega per l’intervento divino) sul fondo, nella penombra rotta dalla luce oscillante del candelabro acceso. A sinistra, Giulio II assiste impassibile all’evento che allude all’inviolabilità dei possessi della Chiesa  proposito di cacciare gli usurpatori. Andamento contenuto all’interno dell’architettura. Le volte del tempio sono dorate, creano un baluginio drammatico, intenso.  In questa stanza comincia a studiare gli effetti della luce; interessato a capirne gli effetti sulla superficie e studiare i diversi effetti in momenti diversi del giorno. Ispirazione Battaglia di Anghiari e di Cascina; soprattutto da Leonardo ( vd. in particolare parete con “Incontro di Attila e Leone Magno”, cfr. con studio di cavalli di Leonardo). Lettura d’opera - Dipinto (stava all’interno dello studiolo di Isabella d’Este) - Giardino dell’Eden infestato dal vizio 46 - Figure che vengono cacciate dall’arrivo della Virtù - Gusto arcaicizzante nella scelta della rappresentazione; studio dell’antico - Volontà mimetica molto attenta - Nord Italia (soprattutto area veneta), seconda metà 400  Andrea Mantegna, “Trionfo della Virtù” XIV.1 riprendi Stanza di Eliodoro vengono rappresentati gli interventi divini che hanno permesso l’affermazione della Chiesa. Qui studia elementi diversi rispetto alla stanza della Segnatura dove tutto è dominato da un’olimpica chiarezza di colori, da una calma equilibrata delle composizioni; nella stanza di Eliodoro, invece, c’è uno studio nuovo, diverso, cerca di elaborare nuove soluzioni dal punto di vista della luce; atmosfere che cambiano, più intense, meno limpide, crepuscolari, in cui emergono dei guizzi di luce data dalla luce divina. INCONTRO DI ATTILA (a destra) E LEONE MAGNO (sinistra, ferma l’avanzata di Attilla a Roma grazie all’intervento di s. Giovanni e san Paolo) Incendi di Attila alle porte di Roma, ma atmosfera scura. Masse di figure ardite, intrecciate, fitte (vd. esercito di Attila). Rfr. Battaglie di Leonardo e Michelangelo. LA MESSA DI BOLSENA (episodio realmente accaduto nel 1263, durante la messa l’ostia cominciò a colare sangue  momento della transustanziazione: presenza del corpo di Cristo all’interno dell’ostia). Scena spartita in due metà; complessa  finestra non in asse con l’arcone ma spostata rispetto a questo  Raffaello deve creare un equilibrio in una situazione fortemente disequilibrata. Sfrutta l’altezza della finestra per creare un piedistallo su cui porre i protagonisti (parroco di Bolsena che svolge la messa + chierici e fedeli; ritratto veridico di Giulio II inginocchiato che assiste all’evento miracoloso + cortinaggio disposto sulle scale). Inquadra la composizione utilizzando lo strumento dell’architettura – basilica che inquadra la scena; porticati sullo sfondo aperti sul cielo notturno. Baluginano i ceri portati dai chierici; natura morta delle suppellettili sacre che mandano bagliori dorati. LA LIBERAZIONE DI SAN PIETRO DAL CARCERE Studio della luce quasi esasperato Tre momenti diversi: - Al centro: san Pietro in carcere, seduto, legato alle mani a una catena, due soldati che dormono Angelo illuminato dalla luce divina entra e lo libera - Angelo che conduce san Pietro fuori alla nostra destra; carcerieri fuori che dormono - A sinistra: carcerieri si svegliano, si accorgono che Pietro non è più in carcere e vengono redarguiti dai superiori. Notte, scena buia. Gioca con gli effetti cromatici luminosi e di riflesso. Parte di sinistra: la luce è data dalla falce di luna e dalla fiaccola di uno dei soldati. Armature dei soldati che brillano sotto le diverse luci  sensazione di vibrazione elettrica della luce riflessa dalle superfici metalliche delle armature  crea una varietà di accendi luministici. XIV.2 c) STANZA DELL’INCENDIO (1514) Giulio II della Rovere è morto. 1513: papa Leone X (fino al 1521) vero nome: Giovanni de’ Medici (potere personale del papato da usare per soddisfare le proprie aristocratiche ambizioni). In questa stanza fa inserire episodi legati a papi dal nome Leone (Leone III e Leone IV). 47 Prende campo la DECORAZIONE A GROTTESCA (poi diffusissima in tutto il 500): decorazione all’antica. Candelabri centrali spesso fatti di verzure da cui si dipartono elementi decorativi (es. vegetali, animali, ornati semplici). Scene ai lati che ricordano la pittura antica (vd. quelle a sfondo rosso, riferimento a pittura a encausto pompeiana/romana). Al centro: candelabro di verzura da cui si dipartono pesci (varietà di decorazioni). Logge riprodotte a stampa (anche nel 700 e 800). Vd. riproduzione a stampa (slide 22, lezione XIV.1) di un segmento della loggia vaticana di Giovanni Volpato in un volume di cui possedeva una copia anche la zarina Caterina II di Russia che all’Ermitage fece riprodurre le logge identiche a quelle vaticane. XIV.4.1 Uno dei committenti privati più importanti di Raffaello: AGOSTINO CHIGI (banchiere senese del papa) che decide di farsi costruire una villa fuori porta, lungo il Tevere; oggi è inglobata nel tessuto cittadino, in pieno centro (prima era in piena campagna). Conosciuta con il nome di “LA FARNESINA”. Prima le ville erano veri e propri fortilizi (vd. ad es. Villa di Careggi di Michelozzo)  da questo momento in avanti, con Raffaello e la villa Chigi, la villa diventa un’architettura più distesa, che vuole trovare un connubio con la natura circostante  modello classico: architettura e natura dialogano insieme. Architetto che ideò la Farnesina (1509): BALDASSARRE PERUZZI (origine di Siena) entrato nella bottega di Bramante. Facciata lato nord (slide 3, lezione XIV.2), nobile, austera, su due ordini divisi da una cornice a marca piano; piano nobile superiore e inferiore scanditi da delle lesene non portanti (meramente decorative) con capitelli dorici molto semplici. Unico elemento decorativo della facciata e Farnesina: rilievo in alto con putti reggi-ghirlanda, le ghirlande convergono poi in un’anfora. Parte più innovativa: facciata lato sud (verso giardino e Tevere): disegno a U; due ali sporgenti e parte più ampia interna rientrante; piano nobile stessa scansione di lato nord; parte sottostante: cinque arcate aperte  porticato aperto che fa entrare la natura all’interno dell’architettura  Creare una fabbrica aperta, dialogante con la natura e il greto del Tevere; il paesaggio naturale interviene nell’organizzazione architettonica dell’insieme  innovazione.  Passaggio da concezione architettonica della villa come fortilizio a villa intrisa e inserita all’interno dello spazio naturale. XIV.4.2 Unico elemento decorativo: fregio (aggettante, corposo plasticamente) che corre lungo tutto il perimetro della villa. Altre commissioni di Agostino Chigi realizzate da Raffaello: - Cappella Chigi in santa Maria della Pace  sopra arcone dell’altare: Sibille e angeli dipinti da Raffaello (1514). Slide 6, lezione XIV.2: redazione definitiva, con sculture del 600 di Ercole Ferrata e Cosimo Fancelli. - Cappella in santa Maria del Popolo (terminata da Bernini, che conclude i due sacelli laterali e il complesso delle sculture nelle nicchie): la volta è interamente disegnata e decorata da Raffaello. Statua “Giona” di Lorenzetto (scultore raffaellesco per eccellenza, interpreta i dettami di Raffaello in pittura e li traduce in scultura). Bernini, pavimento, scheletro che innalza l’arme dei Chigi e scritta “MORS AD CAELOS” 50  ritorna a Farnesina (vd. mappa, slide 12) SALA DI GALATEA – volta che rappresenta il cielo astrologico alla nascita di Agostino Chigi dipinta da Peruzzi. Primo intervento di Raffaello, affresco in un riquadro: IL TRIONFO DI GALATEA (tema si ispira alla 118° delle Stanze per la giostra di Giuliano de’ Medici del Poliziano, 1494): Galatea, due delfini, corteggio di tritoni, Galatea che alza lo sguardo verso un amorino che simboleggia l’Amore celeste, si distanzia dall’Amore terreno, del corpo (rappresentato dai tritoni). Vasari: “dolcissima maniera” (maniera raffaellesca). Bianca epidermide di Galatea che si differenzia da quella dei tritoni. Carro di Galatea riecheggia una nave romana; conchiglia con pale, trainata da delfini, uno addenta un polipo (simbolo della lussuria). Accanto a questo affresco, altro artista (da poco arrivato a Roma, nel 1511): SEBASTIANO DEL PIOMBO (Venezia; allievo insieme a Tiziano di Giorgione), POLIFEMO: anche questo citato nelle Stanze della giostra di Giuliano de’ Medici. Sebastiano realizza anche due lunette (vd. brano Vasari, slide 15, lezione XIV.2: evidenza la diversità della pittura romana dalle modalità pittoriche di Sebastiano). “Polifemo”: figura gigantesca; pittura che risente delle atmosfere limpide e terse della pittura veneziana, per la quale l’elemento naturale è dominante. Contrasto con la figura di Galatea. XV.1 Interno della Farnesina. Al piano nobile, si apre con la SALA DELLE PROSPETTIVE decorata da Baldassarre Peruzzi (anche pittore). Intrusione natura dentro architettura  fondere elementi architettonici con quelli naturali. Baldassarre Peruzzi crea uno spazio architettonico fittizio realizzato con delle colonne di marmo prezioso, colorato, colonne binate che si aprono sullo spazio esterno  sfrutta le pareti (murate) per creare attraverso l’illusionismo della pittura delle finte aperture che si aprono su Roma, frammenti di una Roma che non esiste più – squarci, scorci della città (quartiere Trastevere). Iscrizioni che si scorgono sull’immagine dello scorcio non di Peruzzi ma posteriori, fatte da soldati lanzichenecchi durante il periodo del sacco di Roma (1527). Tema narrativo: Vulcano; sopra caminetto: fucina di Vulcano, ma la narrazione è relegata solo al fregio che corre per le stanze nella parte alta. Impressione di una grande apertura, luminosità, ariosità. Ma in realtà è aperta solo per le finestre. Accanto a questa sala c’è l’alcova, la stanza da letto di Agostino Chigi, dove vi è un affresco che rappresenta il MATRIMONIO TRA ALESSANDRO MAGNO E ROXANE: affresco dipinto da Giovan Antonio Bazzi, detto Il Sodoma (originario di Vercelli, lavora molto tempo a Siena). Balaustra, scale che hanno la funzione sia di scendere (Antonio e Roxane) sia di salire (noi che guardiamo la scena). Molto classica nella costruzione. Al centro, Alessandro porge la corona a Roxane, la quale si siede sul letto nuziale, già parzialmente svestita, mentre gli amorini l’aiutano a togliersi gli ultimi rimasugli di vesti. Figure ispirate alla statuaria classica (vd. due figure a destra, una rimanda ad Apollo). Affresco in onore del matrimonio tra Agostino Chigi e Francesca Ordeaschi (1517). Perché viene chiamata “Farnesina”? Nel 600 la villa fu acquistata dai Farnese che avevano un ruolo strategico già nella Roma della seconda metà del 500 per l’elezione a papa di Paolo III Farnese. Avevano un palazzo che si trovava sulla sponda opposta del Tevere, dirimpetto a Villa Chigi. Acquistano Villa Chigi e vogliono portare avanti l’impresa di costruire un ponte portare dall’una all’altra villa, impresa mai portata a termine, ma un incipit si vede ancora oggi (in via Giulia, viene costruita la prima arcata del ponte). 51 Ultimo ambiente della Farnesina: la LOGGIA (aperta – dialogo tra architettura e natura) decorata da Raffaello che inventa un porticato di verzura (elementi naturali) aperti sul cielo. Accentua l’aspetto di fusione voluto da Peruzzi. LOGGIA DI PSICHE (1518): copertura centrale: banchetto degli dei e trionfo di Psiche. Questi nudi creano un certo disappunto, benché si trovino nella casa di un cittadino non ecclesiastico. Reazione allo scoprimento dell’opera  vd. cit. di Leonardo Sellaio a Michelangelo (slide 7, lezione XV): “vituperosa”, nudi visti con una certa critica, peggiori di quelli visti nell’ultima stanza del Palazzo (stanza dell’incendio). XV.2 Festoni di fiori e frutta che creano vele in cui vi sono figure di dei e animali. Nella parte centrale lascia due ampi riquadri che copre con finti arazzi. La loggia dialoga direttamente con il cielo. Parte centrale coperta con concilio degli dei durante il quale Psiche viene ammessa nell’Olimpo + banchetto per le nozze di Amore e Psiche. Illusionismo: simula degli arazzi. Arazzi dipinti tesi a coprire il cielo (pergolato di fiori e frutti aperto sul cielo) con bordo dorato e curvature, anelli che legano l’arazzo al pergolato per coprire dal sole (sotto il porticato si svolgevano i pranzi di Antonio Chigi). Immagine Mercurio nel pennacchio (sopra la testa ha una zucca). Ispirazione dall’antica; tratto da “L’asino d’oro” di Apuleio. Sfrutta anche gli spazi più angusti dei pennacchi per inserirvi altre figure (amorini in volo, animali, uccelli, frutti)  crea una sorta di galleria ideale delle bellezze e della munificenza della natura. “Amore che addita Psiche alle Grazie”: ispirazione per altri artisti  “Io” di Correggio (1530), Giove che si trasforma in una nuvola e riesce ad averla. Grande stenderia della conoscenza naturale, grazie anche all’aiuto dei collaboratori  Giovanni da Udine si specializza nella redazione di questi elementi naturali; aveva un taccuino in cui aveva disegnato tantissime specie di animali/uccelli, che servono anche per le Logge vaticane (vd. disegno uccellino) Lettura d’opera - Pala d’altare; santo seduto sullo sfondo di una possibile facciata di una chiesa che crea una quinta architettonica. - Sfondo paesaggistico - San Giovanni Battista in primo piano e altri: cornice al santo centrale, inquadrato in maniera prospettica - Luminosità diversa da quella toscana - Maddalena con in mano un’ampolla, altera, elegante  Sebastiano del Piombo, “Pala di san Giovanni Cristomo” (Venezia, 1510-11). XV.3 LA DIASPORA DEGLI ARTISTI (1520-1527) 6/04/1520: morte di Raffaello. 1527: sacco di Roma Prima della diaspora vi è il fenomeno della Maniera  MANIERISMO Una volta finita l’ondata del Rinascimento maturo (Leonardo, Michelangelo, Raffaello) si ha una reazione creazione di uno stile raffinato e elegante che si basa sull’arte dei tre grandi maestri e non più sul confronto con la natura. Arte che guarda all’arte, non più alla natura e all’antico (come per i maestri del Rinascimento). Anticamera del Manierismo  “SPERIMENTALISMO ANTI-CLASSICO”: già anni ’10-’20 del 500 alcuni artisti cominciano a reagire alle novità dei maestri, proponendo uno stile anticlassico e 52 Perché la villa si chiama “Madama”?  Villa commissionata nel 1518 da Giulio de’ Medici, poi di proprietà del duca Alessandro che aveva sposato Margherita d’Austria, figlia di Carlo V, chiamata La Madama (poi altri palazzi dei Medici prendono il nome “Madama”, vd. Palazzo Madama). Anche qui pensa a un impianto classico, ideali edonistici. Ispirazione: Villa Laurentina (descritta da Plinio). Idea: creare degli ambienti termali (necessità di fondere la natura e architettura). Foto cortile circolare centrale – si rifa a un ippodromo all’antica Foto cortile sul giardino – archi delimitati con pilastrini di ordine corinzio (oggi chiusi) che dovevano contenere gli spazi termali. Loggia aperta sul giardino  volte decorate all’antica con le GROTTESCHE di cui R. era esperto, grottesche all’antica che ricordano nella decorazione i candelabri, e gli STUCCHI (opera di Giovanni da Udine). Opera portata avanti dalla sua bottega all’indomani della morte. Coesione con la natura  sfrutta il declivio della collina per creare un’ambientazione naturalistica. Vd. incisione di Giuseppe Vasi (‘700) pescherie: elemento acqua, allevamento pesci. Terrazze, recinti, specchi d’acqua, architetture arboree…  scenografia naturale. La morte di Raffaello segna una cesura molto netta nella storia dell’arte. All’indomani della morte del maestro, gli allievi continuano a lavorare a Roma, molti lavori li occupano ancora. [Nel 1521 muore Leone X, gli succede Giulio de’ Medici, Clemente VII] Poi, nel 1527, sacco di Roma  per più di un anno la città è completamente depauperata, per poi tornare a una normalità molto lenta. La maggior parte degli artisti lascia Roma, anche allievi di Raffaello: - Polidoro da Caravaggio torna in Sicilia, poi Napoli - Giovanni da Udine torna a Udine - Perin del Vaga va a Genova Ma uno aveva già lasciato la città prima del sacco: GIULIO ROMANO nel 1524 va a Mantova alla corte di Federico II Gonzaga che lo chiama come pittore e architetto della sua corte. Nominato prefetto delle fabbriche ducali e poi soprintendente al rinnovamento urbanistico della città. Imita le modalità di lavoro di Raffaello. Coordinatore di una cospicua schiera di collaboratori. Principale commissione: costruzione ex novo, al di fuori della città, in una isola suburbana di PALAZZO Tè. [slide 8, lezione XVI.1: ritratto di Federico II Gonzaga di Tiziano: mecenate moderno, aggiornato, attento all’arte del suo tempo]. XVI.2 PALAZZO Tè: villa suburbana, luogo di delizia per la corte di Federico. Costruzione abbastanza semplice, a corte quadrata (ascendenza vitruviana) in cui Giulio Romano sperimenta una serie di soluzioni architettoniche che partono da Raffaello (Villa Madama), da Bramante (Giardino di Belvedere). Anche lui affronta il problema del rapporto tra edificio e natura, ma lo fa in maniera nuova, un po’ eccentrica, che infrange quelle norme compositive che erano state alla base delle realizzazioni dei suoi predecessori  Comincia a modificare la norma. Rapporto capriccio/norma. Comincia lo stile nuovo  l’arte comincia a guardare all’arte come primo elemento di ispirazione, non più solo a natura e antico. MANIERISMO – maniera che si rifa all’arte. Impianto di Palazzo Tè semplice, classico. Deve includere alcune preesistenze (come le stalle) ma ha campo libero nella creazione della dimora. 55 Ampio giardino completato sul fondo da un’esedra con archi e porticato che apre sulla campagna. Foto prospetto esterno – al centro: un portico a tre archi + due lati di finestre lavorate con bugnato pesante, parete a bugnato scandita da pilastri dorici. Estremità: pilastri binati, dentro i pilastri ci sono piccole nicchie. Composizione classicheggiante, ma risulta complessa. Bugnato sui tre archi centrali annulla, sormontandola, la cornice che separa il primo piano dall’ammezzato. Gioco di rimandi, soprammissioni. Impossibilità di individuare una sintassi unitaria delle membrature. Foto prospetto cortile interno – pilastri sostituiti da colonne. Le finestre obliterate sopra il ventaglio delle pietre di bugnato sono sormontate da una specie di timpano triangolare. Variazione partito architettonico. Trabeazione in alto all’antica, con l’uso del triglifo (tre colonnine che separano le piccole metope decorate con mascheroni o elementi araldici): un triglifo su tre cade, scende, interrompe l’andamento rettilineo della cornice.  Riferimento al classico ma è una citazione nuova.  Creare una norma nuova basata sul capriccio, fantasia, creazione linguaggio diverso. In corrispondenza del triglifo che cade c’è una pietra di bugnato rustico, mentre le altre sono di bugnato liscio. Facciata sul giardino – campitura più uniforme (intonaco più liscio), molto ampia, giocata sui pieni e vuoti del volume architettonico. Lavorazione più morbida della pietra grigia e intonaco, degli stucchi in sostituzione del bugnato. Loggia con due ali laterali + corpo centrale più alto, con colonne tetrastili (a gruppi di quattro)  ripresa tipologia della serliana (arco centrale + due trabeazioni laterali separate da colonne), vd. Raffaello, Incendio di Borgo; uso del bugnato; serliana con sopra triglifi: utilizzo corretto, classico, in Raffaello, mentre Giulio Romano dà un senso di disequilibrio. Giulio riprende degli elementi da Raffaello, ma da questi crea delle modifiche che inseriscono un capriccio all’interno di quella norma creando un linguaggio architettonico (e poi pittorico) nuovo: la maniera. Da Mantova questo linguaggio si diffonde in tutta Europa. Interno loggiato – decorato all’antica, con candelabri, stucchi; fusione interno-esterno  esedra che chiude il giardino, porticato semicircolare ad archi aperti che permette alla natura interna del giardino di fondersi con quella esterna.  Invenzioni che esplodono nella decorazione interna delle stanze del Palazzo, decorate tutte in modo diverso da Giulio Romano [apoteosi nella Sala dei Giganti]. XVI.3.1 Prima decorazione: SALA DEI CAVALLI (cavalli importanti per la corte gonzaghesca) (1525-27). Utilizza come base, alzata, l’imposta del camino. Crea una struttura architettonica con dei pilastri corinzi, scanalati, binati; tra un pilastro e l’altro ci sono delle lastre di marmo antico e prezioso. Nicchie con statue antiche (dipinte). Parte alta: rilievi a finto bronzo (vd. Raffaello, zoccolo nelle stanze vaticane: Giulio inverte l’impostazione). Cavalli ritratti di profilo, posti in una cornice che in realtà vuole essere una finestra modanata, lievemente strombata, che apre su un esterno  sensazione di intrusione della natura circostante. Seconda sala: SALA DI AMORE E PSICHE (rfr. a “L’asino d’oro” di Apuleio, vd. Farnesina, Loggia di Psiche, ma Giulio Romano presenta un sistema di inquadrature prospettiche della volta molto ardito). Nei muri, banchetto di nozze di Amore e Psiche. Aereo pergolato. Musicanti, puttini. 56 XVI.3.2 Volta della sala di Amore e Psiche  soffitto ligneo sospeso su mensole intagliate, a foglie di decorazione a scomparti realizzata ad olio su stucco e applicata su un reticolo di canne. Scomparto centrale: matrimonio di Amore e Psiche; intorno: scene della favola di Apuleio rappresentate però di scorcio e con luce notturna [cfr. stanza di Eliodoro] (a differenza delle pareti in cui vi è una luce abbagliante). Sala più importante: SALA DEI GIGANTI (1532-34). Sconvolgimento totale. Stanza costruita illusionisticamente. Coinvolge/stravolge lo spettatore. Si ci si pone al centro della stanza (pavimento concentrico, al centro sorta di spirale) sembra che tutto ci stia crollando addosso: crolla il finto loggiato, Giganti cacciati dall’Olimpo. Tema: paura, ma tutto giocato sul gusto della meraviglia, presa in giro. Volta: Olimpo, Giove (a sinistra) svetta con le frecce infuocate per aver scagliato nel mondo i Giganti. Chiave d’interpretazione: paradosso che si sostituisce alla logica/razionalità (quasi una critica a queste). Prevale il gusto per la meraviglia, artificio, bizzarro. Altro allievo di Raffaello: PERIN DEL VAGA. Nel 1527 lascia Roma per Genova (protezione di Andrea Doria). A Genova è soprintendente nella decorazione della residenza di Fassolo (Palazzo Doria): accentuazione elementi più formalmente raffinati  si rifanno a Raffaello, ma anche a un confronto che aveva avuto a Roma con Parmigianino. Anche qui: stanza con caduta dei Giganti lascia la caduta all’interno di una cornice a grottesche (quadro riportato), la inquadra dentro la volta, figure a stucco. Non raggiunge gli effetti iperbolici di Palazzo Tè, né impiega particolari elementi illusionistici, ma interpretazione antinaturalistica del tema – colori e figure insoliti, frutto di una fantasia interiore (arte che non guarda più alla natura e all’antico, ma all’arte precedente). XVI.4.1 IL RINASCIMENTO MATURO A VENEZIA Venezia ha un percorso autonomo rispetto all’Italia centrale. Maestro principale: GIORGIONE (guarda a Mantegna e a Bellini). Vasari lo elogia e ne spiega la novità grazie alla conoscenza che Giorgione aveva avuto dell’opera di Leonardo  superare la maniera secca quattrocentesca e affrontare il problema dell’imitazione della natura. Nasce a Castelfranco Veneto, 1477-78. Forse apprendistato presso Giovanni Bellini, poi se ne distacca. Attività breve (muore nel 1510). Prime prove legate ancora alla tradizione precedente: Tavole agli Uffizi: “La prova di Mosè” (elemento figurativo si sposa con quello naturale, preponderante a scapito delle figure) e “Il giudizio di Salomone”. Più importante: Pala per il Duomo di Castelfranco (Madonna con Bambino e santi Francesco a destra e Liberarale a sinistra). Cfr. con Pala di san Zaccaria di Bellini. - Pala di Bellini  trono con alla base un angelo musicante, struttura architettonica aperta (come si vede dai lati); predominanza architettura e strutturazione ancora 400esca del tema della sacra conversazione. - Pala di Giorgione  si stacca dall’architettura; rimane (viene anzi accentuato) l’aspetto piramidale della sacra conversazione, ma il gruppo fa da cerniera ai due piani della scena: inferiore con i santi, sfondo rosso; superiore con Madonna inserita all’interno della natura  precedenti: “Madonna del prato” di Giovanni Bellini: già idea di fusione con la natura, ma Giorgione accentua ulteriormente questo dato. Giorgione abbandona ogni legame con un paesaggio architettonico (ancora prevaleva alla fine del 400) per dar vita a un’immagine diretta della natura vivente (vicino al naturalismo di Dürer, studi di Leonardo). 57 Popolarità delle figure (anche la stessa Vergine, madre normale che trattiene a fatico il Bambino anche così poco aggraziato nella sua gestualità). Ai piedi del trono c’è un puttino che stende il panno; dietro: un volto di leone, simbolo di uno dei santi rappresentati nella pala. Il tutto con una grande libertà, con quel capriccio che deroga la norma a cui facevano riferimento ancora i grandi pittori. Percorso di Lotto continua ancora nelle periferie: Pala di santa Lucia (Jesi; commissionata nel 1523, ma consegnata nel ’32), ha anche una predella  stesso linguaggio nella pala centrale e nella predella (continuità; vd. veste della santa ripetuta in tutte le scene). Momento culminante della pala centrale: santa che si rifiuta di adorare gli idoli; semplicità della santa che si oppone alla violenza dei carcerieri. Fermezza della santa. Luce mutevole; luce diretta, prorompente sullo sfondo [ richiama poi a Caravaggio (vd. San Matteo, Cappella Comtarelli] Figure che molto si rifanno alla pittura düreriana. Scena con fantesca che trattiene il bambino  contrasto cromatico delle pelli. Lotto è uno dei grandi ritrattisti del 500. Ritratto di Andrea Odoni (nel suo studiolo, dove ha raccolto una piccola galleria di sculture antiche): contesto cromatico molto attento, giocato sui toni del verde, cilestrino nello sfondo e scuro della veste. TIZIANO  studio di Tiziano ineludibile per tutti i pittori successivi (vd. Velazquez; impressionisti). Nasce a Pieve di Cadore (1490?) Attività si svolge prevalentemente a Venezia. Frequenta le botteghe dei grandi maestri: Gentile e Giovanni Bellini prima, poi Giorgione, dal quale apprende la tecnica rivoluzionaria basata sull’autonomia del colore, sulla libertà della stesura del colore e monumentalità delle figure. Con Giorgione lavora all’interno del Fondaco dei Tedeschi, per le figure nude nelle nicchie, “vivissime” (cit. Vasari). Sua è una Giuditta che viene scambiata per opera di Giorgione. Ai temi giorgioneschi si rifa nelle prime opere: Concerto campestre (1510), opera molto dibattuta (alcuni ci vedono una collaborazione tra Giorgione e Tiziano; in realtà, solo Tiziano). Senza tema? D’occasione? Fusione elemento naturale e atmosferico + trattamento libero delle carni e figure trattate senza disegno sottostante.  libertà di passaggi e toni graduali. {Ispirazione per pittura contemporanea: vd. Manet, “Dejunée sur l’erbre”} La schiavona (nobile veneziana). Interezza plastica costruita attraverso i colori  tinte distese in maniera larga, in grandi campiture cromatiche, con gradazioni tonali che costruiscono la volumetria della figura. Tonalità vive e decise; risplende il bianco interno delle maniche  concorre a creare una realtà fisica, dare l’idea di un personaggio reale, che si concretizza di fronte a noi e alla effigie in bassorilievo che ritrae la donna stessa. 60 XVII.3 Tiziano parte dalla parte giorgionesca e per certi aspetti la accentua  tonalità del colore (tonalismo che fonde i colori senza un disegno sottostante); libertà trattamento delle figure (sempre più monumentali, vive). Prima commissione religiosa, 1516, Assunta: pala per altare maggiore per la Chiesa di santa Maria Gloriosa dei Frari; qui porta a maturazione tutti gli strumenti del linguaggio che ha elaborato nella sua precedente attività. Struttura compositiva complessa, con anche rimandi alla cultura michelangiolesca e raffaellesca. Si snoda su tre piani (il punto di vista è ribassato): - Basso: Apostoli (vivi, gesticolanti, tutti con posizioni e atteggiamenti diversi; mano di un Apostolo di spalle che quasi lambisce il secondo piano) - Secondo piano: trionfo di nuvole su cui si staglia la Vergine, portato in gloria dal coro e turbe angeliche - Sopra, in posizione lievemente asimmetria: Dio che accoglie la Vergine nell’empireo. Padronanza del colore  permette di esaltare anche le possibilità dinamiche e espressive della composizione, movimentata anche grazie alla presenza di tonalità forti, illuminazione radente e toni spesso infuocati. Pittura quasi “di macchia”, sfaldata, pennellate che costruiscono la figura con estrema libertà (assenza disegno sottostante). Lunga carriera. Uno degli aspetti fondamentali: ritrattistica. È ritrattista ufficiale sia del papa sia dell’imperatore Carlo V  lo convincono a lasciare Venezia. Ritratti papali: Roma (1545-46). Ritratti imperiali: Augusta (1548; 1550-51, dieta in cui Carlo V regolò la successione della Spagna). CONCETTO DELLO STATE PORTRAIT  ritratto di grandi dimensioni, a figura intera o di tre quarti, che raffigura un sovrano/principe/personaggio di grande autorità, vestito con le insegne simboliche e ambientazione che esplicita lo status sociale. Lo state portrait nasce nel 500; c’erano stati alcuni tentativi di Raffaello, ritratti di Giulio II e Leone X, e di Hans Holbein, ritratti di Enrico VIII). Viene sancito da Tiziano  fase matura; unisce tendenza italiana di Raffaello a quella transalpina; 1545: ritratto farnesiani di Paolo III Farnese (papa del Concilio di Trento) con i nipoti Alessandro e Ottavio  si conserva la struttura di Raffaello (vd. ritratto papa Leone X con i due cardinali) però Tiziano sottopone il modello a un’indagine dei caratteri e rapporti psicologici tra i tre personaggi, attraverso dissolvimento delle forme nello spazio  gamme cromatiche di toni molto cupi (rosso, bruno e oro); vecchio papa come strumento di potere nelle mani dei nipoti (soprattutto di quello cardinale). Caratteri della pittura matura di Tiziano: colore che dà vita, forma diventa sempre più sfaldato e queste forme lentamente si sfaldano sotto la luce State portrait imperiali (dieta di Augusta): - Carlo V a cavallo: resa atmosferica viva, efficace. Luce che nasce sullo sfondo da quei bagliori bruscati sull’atmosfera. Elabora il monumento equestre. Celebrazione vittoria di Mühlberg (1547) contro la Lega protestante; Carlo V si presenta come in novello san Giorgio, cattolico, che ha sconfitto il drago protestante. Riprende il modello del monumento equestre (vd. Marco Aurelio) per elaborare una formula nuova (poi ripresa da altri artisti, come Rubens, Van Dyck, Velazquez). - Carlo V in trono: seduto sul tronetto, con una zimarra molto severa, nera, molto icastico, netto contrasto con il rosso del pavimento e oro dello sfondo. Ultima parte della sua carriera, più libero dalla committenza imperiale e dalla Repubblica veneziana  sperimenta questo nuovo tipo di pittura con la figura costruita attraverso il colore, ma le forme 61 vanno lentamente sfaldandosi; pennellate costruiscono le scene e le figure e danno vita a una vibrazione ancora più intensa (vd. Pietà). XVII.4.1 riprendi MANIERISMO LE DECLINAZIONI DELLA MANIERA Anni ’20 del ‘500, ma prodromi già inizio 500 con sperimentalismo anticlassico. Termini Maniera/ Manierismo accolti dalla critica negli anni ’50 del Novecento. Amico Aspertini; Andrea del Sarto; Rosso Fiorentino… Periodo molto lungo che vede molte diverse anime. Il Manierismo si basa sui raggiungimenti dei grandi maestri del ‘500  parte dalle elaborazioni stilistiche di Leonardo, Michelangelo e Raffaello, che fondano lo studio della natura, dell’antico, per elaborare un nuovo linguaggio monumentale e aulico. Arte che guarda all’arte. PONTORMO (Jacopo Carucci; fiorentino) allievo di Andrea del Sarto, da cui però si distacca. Madonna col Bambino (1521): Madonna di profilo, si staglia sul fondo nero, tiene a fatica il Bambino possente, nerboruto, che guarda verso l’alto  gesto per certi versi affettuoso, materno, cfr. Donatello, “Madonna del Pugliese” ma effetto diverso. Cfr. “Madonna Tempi” di Raffaello: naturalezza, delicatezza; qui è diverso  forzatura, antinaturalistica (accentuazione aspetti dissonanti delle figure; non guarda alla natura ma all’arte). Prima fase della Maniera, che poi diventa stile, definita da Shirman “stylish style” (vd. “Studio per una brocca” di Francesco Salviati): arte elegante, raffinata, in cui la ricerca dell’eleganza porta a superare tutte le forme di eleganza precedente per arrivare a un’eleganza ultima, intellettualistica, antinaturale, ma giocata non sull’aspetto deformante ma sull’aspetto di una decorazione esasperata, spasmodica. Cit. di Vasari, proemio della terza parte delle Vite (slide 1, lezione XVII.3): trova delle imperfezioni  ci vuole all’interno della regola una licenzia (= ricerca di bellezza  bellezza continua, in ogni minima cosa, che desse ordine in quella cosa che la natura o mondo antico avevano reso poco ordinate). XVII.4.2 Questa bellezza doveva essere uniforme e informare di sé tutta l’arte, quindi dare quell’ ordine con più ordinamento  stylish style, che parte da uno sperimentalismo anticlassico, uno sperimentalismo che contravviene alle regole della classicità andando verso una direzione opposta di deformazione, accentuazione degli aspetti deformi, per poi irradiarsi e inserirsi invece in una ricerca inesausta di una bellezza sempre più perfetta, continua, che diventa poi regola stessa. Questa ricerca si vede bene se si mettono a confronto due opere, quasi contemporanee, di Andrea del Sarto e Pontormo (suo allievo), partendo dal presupposto che già in Andrea del Sarto, “pittore senza errore”, ci sono già quelle vibrazioni di inquietudine poi esasperate dall’allievo Pontormo. ANDREA DEL SARTO, “Madonna con Bambino fra i santi Francesco e Giovanni Evangelista” (Madonna delle arpie, 1517)  nome “Madonna delle arpie” dovuto a un errore di Vasari che interpreta le figure del basamento come arpie, ma sono in realtà delle locuste (scena tratta dall’Apocalisse di Giovanni; il fumo dietro le figure risalente dal pozzo dell’Abisso). Classica nella composizione, ma la Madonna non è in trono, bensì in piedi, posizione di ponderazione, due putti in basso, i due santi che si rivolgono verso di noi; alternanza dei gesti  vd. braccia putti (gioco di chiasmi), come per le posizioni dei santi. In questa perfetta costruzione vi è un tentativo di equilibrare gli elementi dissonanti. 62 Antonio Pinelli: Immergendo la rappresentazione nella luce irreale di un’apparizione onirica e imprimendo le cadenze aeree e musicali di un trasognato balletto, il Pontormo sembra invece aver voluto offrirci una visione trascendentale, sublimata, del pathos. Il gioco consueto delle corrispondenze ritmiche e delle allitterazioni si dilata a tutta la composizione, intrecciandosi liberamente, senza calcolo apparente, una fluida ma calibratissima armonia. Le immagini e le note cromatiche si chiamano l’un l’altra, rimbalzando come un’eco, da una zona all’altra del quadro e tessendo una trama impalpabile che stringe con lacci sottili il grappolo levitante di corpi e di gesti; gesti sospesi, evanescenti, mani che si sfiorano, passi accennati, arabeschi e intrecci di botticelliana memoria, e corpi immateriali, diafani, trascoloranti, come consunti dalla fiamma di un ?? (puoi ascoltare la citazione al minuto 12:58 della videolezione) Pinelli mette in evidenza la visione onirica; anche qui legato a una tradizione nordica; rimando di gesti, sguardi … sottolineati anche dalla scelta di un cromatismo nuovo (cifra della pittura pontormiana). XVIII.3 Pontormo – da Andrea del Sarto a uno stile nuovo. Agli elementi dello stile del maestro sovrappone e contrappone lo studio delle opere a stampa di Dürer e duca di Leyda, dando forte impronta nordica alla sua pittura, scegliendo un cromatismo nuovo, volutamente stridente e antinaturale. Contemporaneamente, quest’arte prende campo in altre parti di Italia  Roma, 1525-27 (periodo precedente al sacco), nuovo pontefice Clemente VII (Medici) dà vita a una raffinata corte, il cui stile è stato definito da André Chastel, stile clementino: cenacolo di artisti (Giulio Romano prima della partenza, Perin del Vaga…) tra cui anche Rosso Fiorentino e Parmigianino, da poco trasferiti a Roma. ROSSO FIORENTINO, Cristo morto sostenuto dagli angeli Tavola dominata dal corpo di Cristo (quasi una figura di Adone); corpo fluido, plastico + soavità del volto in penombra, circondato dalle preziose teste di angeli che fanno da cornice e che introducono una sofisticata valenza sensuale a tutto il dipinto (una delle istanze estetiche principali che costituiranno la Maniera). Eleganza formale tipica dello stile clementino e Maniera successiva anche in PARMIGIANINO (da Parma; vita breve), Visione di san Girolamo Sia Rosso che Parmigianino, dopo il sacco, lasciano Roma (Parmigianino va prima a Bologna, 1527-31, poi a Parma; Rosso fa varie peregrinazioni; finisce la carriera a Fontainebleau, in Francia, alla corte di Francesco I, dove vi è il primo germe del manierismo italiano fuori dall’Italia  diffusione europea dello stile). “Visione di san Girolamo” rappresentato dormiente in basso a destra che vede la Madonna con Bambino; tutto giocato sul verticalismo, costruzione estremamente verticale. Costruzione complessa, molto elegante in cui tutte le figure atteggiate in maniera antinaturale e sono l’esempio più alto di quella sprezzatura, di quella dissimulazione della difficoltà, una totale assenza di sforzo in una serie di conformazioni corporee estremamente, invece, sforzate. L’abilità tecnica di Parmigianino è quella di far dimenticare sia le possibili fonti michelangiolesche e raffaellesche e di reinterpretarle in maniera assolutamente nuova e originale. Questo dipinto a livello compositivo è un vero e proprio paradosso per l’estrema libertà dei personaggi (vd. gesto poderoso del s. Giovanni Battista che imprime un movimento rotatorio e ascensionale a tutta la composizione che culmina 65 nella figura del Bambino, elegantissimo ma in improbabile posa (anticipazione dei risultati a cui giungerà nelle successive elaborazioni). Madonna con Bambino e santa Margherita (Bologna, anche qui dà vita a uno stile di eleganza ricercata che tende verso una nuova ricerca di bellezza; tutto sottoposto al controllo della perfezione) Preziosità rarefatta e incorruttibile  la bellezza domina su tutto, anche sulla verosimiglianza. Presupposto di partenza: il maestro CORREGGIO (vd. “Madonna col Bambino, san Girolamo e Caterina, Parma, 1525-28). Ricerca eleganza sempre più elegante; corpi allungati, deformati  Madonna con Bambino e angeli (Madonna dal collo lungo) dipinto a Parma. Riformula l’immagine umana secondo i canoni di una bellezza artificiale, raffinata. Legami con la realtà ormai perduti; canone di bellezza altra. Vergine sinuosa, allungata. Ambiguità (interno? Esterno?). Anche nella confusione, però, vi è una grande eleganza. Colonna senza capitello, figura che srotola un cartiglio (san Girolamo?) rimpicciolita (in lontananza?), ma ormai le regole della prospettiva sono degradate di fronte alla regola della ricerca della bellezza. Cit. di Antonio Fittipaldi (min. 13:35): Come tutti i protagonisti della prima fase del manierismo, il Parmigianino contrappose al cosmo ordinato e onnicomprensivo dei neoplatonici un’inesausta soggettiva sperimentazione sulla forma, che raggiunse gli estremi di un’allucinata, solitaria, astrazione. Questo elemento della sprezzatura, dell’eleganza, della deformazione, diventa poi la norma (fino quasi alla fine del secolo). Da questo momento tutti gli artisti si misurano con l’elemento dell’eleganza.  Conversione di san Paolo Domina la scena la visione iperbolica del cavallo con la sua bellezza e eleganza  Cupido che costruisce il suo arco che ci guarda malizioso, con volto sublime, elegante, rarefatto, mostrandoci elegantemente le terga. Capigliatura quasi opera d’arte orafa. XVIII.4 Dopo la Riforma e il Concilio di Trento, riprende una religiosità retriva, legata a preghiera dei primordi  si aprono molti oratori. 1573, Roma, Oratorio del Gonfalone  decorazione uniforme, realizzata in pochi anni. Ci partecipano alcuni degli artisti più significativi del tempo, ad es.: Marco Pino, affresco con Resurrezione; FEDERICO ZUCCARI, Flagellazione  ormai regola della eleganza è diventata una grammatica costante. Centro: Cristo che sta per essere flagellato, con aguzzini che in maniera chiastica stanno per sferrare le loro frustate  sorta di danza (come il lieve porgere della schiena di Cristo); non dà l’idea di una sofferenza, incipiente flagellazione. Astanti, figure che assistono, sono presenti ma non hanno intenzione di assistere, sono tutte prese dal loro corpo, si atteggiano (vd. soldato in primo piano), interesse nell’atteggiarsi, prese dalla bellezza del loro corpo  Domina una ricerca di forme che travalica l’effetto di un sentimento di dolore e compartecipazione al dolore. Lo stile della Maniera si intride in tutti i campi del vivere, in tutte le sfere del fare artistico: Federico Zuccari, Portale d’ingresso al giardino di casa Zuccari: bocca aperta di un mascherone (anche le finestre a forma di mascherone) gioco, meraviglia, sprezzatura; creare qualcosa di difficile, elegante, che diventa gioco, semplice, vita quotidiana. 66 La stessa cosa avviene nei giardini  vd. Tivoli, Villa d’Este, Fontana della Rometta (barca che simboleggia la Barcaccia): tutta una serie di cascatelle, grotte con dentro sculture; la natura viene addomesticata, fintamente resa, fintamente naturale, ma tutto sotteso alla ricerca di eleganza in cui anche il gioco d’acqua diventa esso stesso addomesticato per creare stupore, bellezza e fantasia. Anche oggetti di uso quotidiano Saliera di Francesco I (bronzo dorato e smalto) di BENVENUTO CELLINI (nasce come orafo a Firenze, poi va a Roma, dove vive i momenti drammatici del sacco, è con papa Clemente VII; poi si trasferisce a Fontainebleau, dove assieme a Rosso fiorentino e Primaticcio contribuisce alla diffusione del linguaggio della maniera in Francia; è anche sculture, vd. “Busto di Cosimo I”, “Perseo”). Nella Saliera: due protagonisti: Nettuno (mare; con sotto il sale) e Gea (terra; con pepe). Nella scultura  GIAMBOLOGNA (Jean de Boulogne; si trasferisce prima a Bologna e poi a Firenze dove è scultore di corte), Ratto della sabina (bronzo) (suo tema principale)  corpi intrecciati in una danza elegantissima. Rapimento = gesto molto violento, momentaneo, in cui si crea allarme e paura, ma che in realtà qui diventa momento di danza e eleganza  Ricerca formale ancora più estrema nel “Ratto della sabina” in marmo (1583, Piazza della Signoria, Loggia dei Lanzi; il tema del ratto è presente anche nel basamento): struttura innovativa perché induce il riguardante a girarci intorno  mette in evidenza anche la presenza di un riguardante attivato, che gioca con la scultura per vederla e ci interagisce. XVIII.5 La scultura manierista si pone come elemento fondativo quello di non avere un punto di vista privilegiato: intorno alla scultura bisogna ruotare. Cfr. con Bernini  (vd. “Plutone rapisce Prosperpina”) pur partendo da Giambologna, non propone una visione a 360°come invece fa Giambologna  Bernini sceglie un punto di vista primario e due punti di vista secondari (per certi versi è un classicista). È quindi sbagliato pensare che il Barocco sia l’arte del movimento. Errore che Bernini si deve vedere a 360° e non Giambologna  è proprio il contrario. (vd. Rudolph Wittkover, La scultura raccontata da Rudolph Wittkover: si occupa anche di questo aspetto). Lettura d’opera - Sacra conversazione. - Sfondo: architetture molto studiate, si stagliano perfettamente dietro le figure - Santi a sinistra: Ambrogio  ai suoi piedi: Ario (Ambrogio VS arianesimo); a destra: Michele arcangelo con sotto un demone raffigurato come un rospo (=il male). - Attenzione prospettiva  vd. le figure sdraiate ai piedi dei due santi, messe di scorcio. - Colori tenui ma intensi  matrice toscana e romana (dipinge l’opera di ritorno a Roma)  Bramantino, “La Madonna delle Torri” XIX.1 L’ARTE NUOVA ALL’INIZIO DEL SEICENTO Diffusione della Maniera si espande anche in Europa e pervade tutti i campi dell’arte, fino alla fine del secolo (al centro del secolo: Riforma e Concilio di Trento, 1545-1563). Alla fine del secolo comincia a essere uno stile superato + I dettami del Concilio si sentono anche per quanto riguarda la rappresentazione delle opere sacre = necessità di creare opere sacre più dirette. 67 (Giuseppe Cesari, organizzatore di cantieri straordinari e colui che aveva disegnato e allestito le cerimonie funebri di Alessandro Farnese).  Probabilmente Odoardo, su consiglio del suo bibliotecario e iconografo Fulvio Orsini, intendeva dar vita a una nuova vena artistica, diversa da quella romana. - il Barocco a Roma arriva da maestri dall’esterno. Annibale decora quindi il Camerino  decorazioni con medaglioni e grottesche; affresco che simula lo stucco; alcuni grandi riquadri (nelle lunette, ovali, al centro), tutto imbastito con grande equilibrio e compostezza. Dettaglio: Atlante che tiene il mondo  mostra quanto appreso a Roma: conoscenza antico + conoscenza diretta della grande decorazione rinascimentale di Raffaello e Michelangelo. Tela centrale: Ercole al bivio (ora a Napoli, dove c’è gran parte della collezione Farnese a partire dal 700). Bivio tra Vizio (a destra, indica le gioie del vizio: musica, gioco; piacere mente e corpo) e Virtù (indica il monte della Sapienza su cui vi è Pegaso, simbolo della sapienza, virtù e dei Farnese). Qui si capisce quanto sia colpito dalla statuaria classica. Attinge alle fonti antiche già presenti in palazzo Farnese (in particolare a una delle sculture più note, l’“Ercole Farnese” di Glicone). Terminato il lavoro nel Camerino, viene convocato per una più grande impresa  decorazione ad affresco della Galleria (vd. immagine dal giardino, slide 2, lezione XIX.2), nella loggia al piano nobile del palazzo: ambiente rettangolare, stretto e lungo, volta a botte, finestre che si aprono sul giardino; la sala era destinata ad avere le nicchie con le sculture antiche più preziose alternate ai titoli della nobiltà della famiglia. Immagine della volta (slide 3): si rifa alle volte già dipinte a Roma (vd. Loggia di Psiche di Raffaello e quella della Sistina di Michelangelo) ma Annibale la interpreta in maniera nuova. XIX.4 Volta della Galleria tutta giocata sulla evidenziazione degli elementi architettonici  crea una struttura architettonica fittizia, fatta di cornici, di erme e telamoni; decora lo spazio della volta con quadri riportati/dipinti similveri, come se fossero appesi sul soffitto. Alcuni espedienti che utilizza: non tutte le cornici sono uguali (alcune in similstucco, altre in legno dorato, altre in legno dorato con soprammissioni di stucco) variatio nella scelta delle cornici. Tra un quadro e l’altro, oltre i telamoni, soprattutto nella fiancata, si trova l’inserimento di medaglioni in finto bronzo, all’antica, con sopra dei putti. Continuo passaggio dal reale anatomico alla finzione della pittura (quadri riportati, giochi del finto bronzo). Tutta la volta è completamente obliterata da questo tipo di decorazione, tranne gli angoli. Negli angoli vi sono delle piccole aperture che mostrano una balaustra aperta sul cielo (che inonda di luce chiara) su cui giocano dei putti che si contendono i simboli dell’Amore. Parte da presupposti classici (Raffaello, Michelangelo) per arrivare a una soluzione formale estremamente nuova. Su ciascuna fiancata è inserito al centro un quadro riportato (da una parte: Scilla; dall’altra: Aurora) a sua volta affiancato da due medaglioni bronzei soprammessi da puttini. Ciascun medaglione sorregge due putti (nudi e in carne e ossa, così come i due ignudi che sorreggono i putti alla base). Sistema della volta del tutto giocato su una serie di simmetrie ripetute, abbinamenti, sdoppiamenti e richiami condotti su duplice registro: - Scultoreo e vivente  richiamo alla scultura antica - Pietra e carne  riferimento ai nudi della Sistina. Idea più brillante è quella di creare delle aperture d’angolo da cui si intravede il cielo. 70 Sfrutta le potenzialità mimetiche della pittura (vd. Raffaello) e crea una pittura che simula l’architettura, il marmo, il bronzo e lo stucco. Soluzione dei finti arazzi (vd. Farnesina) di Raffaello sostituita qui da una versione più complessa, più simile per certi versi a quella della Sistina (pannelli a giorno, medaglioni bronzei, nudi e folla di putti), ma il tono è diverso  gravità della cappella è qui sostituita da una gioiosità, festosità degna di un tempio profano, cappella consacrata all’amore. Scelta tema amoroso per un cardinale?  Questa scelta è giustificata per due ragioni: - Concetto che si addice a un principe della Chiesa: iconografia era l’esaltazione dell’Amore sacro rispetto a quello profano. Tesi sostenuta da Giovan Pietro Bellori, esegeta della pittura classicista del ‘600, fa di Annibale il maestro principe della pittura seicentesca. - Dato storico: ciclo epitalamico, festa dell’amore da mettere in relazione con il matrimonio (Roma, 1600) di Ranuccio Farnese con Margherita Aldobrandini (pronipote di papa Clemente VII, papa regnante). Centro della volta: Trionfo di Bacco e Arianna Inizialmente, voleva dividere la scena in tre scene separate, ma poi decide di creare una scena unitaria. Scena organizzata come se fosse un rilievo di un sarcofago antico (figure plastiche e idealizzate che si snodano in una teoria ricca, affollata, tutta in primo piano come se si trattasse di una teoria di figure dei sarcofagi antichi). Vd. cit. di Giovan Pietro Bellori (slide 6, lezione XIX.2) tendenza di Annibale a uniformarsi ai modelli antichi. Cfr. “Sarcofago dionisiaco con corteo nuziale” II secolo d.C.; cfr. con Glicone, ritenuto lo scultore antico che aveva realizzato l’Ercole Farnese. (Slide 8): brano di un’angolazione della volta; si nota la complessità: due aperture laterali sul cielo circondate da telamoni a finto marmo, dipinti, quadro riportato con Polifemo e Galatea; due ignudi di stampo michelangiolesco che sorreggono i due tondi di bronzo sopra i quali stanno i due puttini; al di sopra: altro quadro riportato, due satiri che lo fiancheggiano seduti sulle mensole della cornice del quadro con Polifemo. XIX.5 Fine lavori della Galleria Farnese  punto di partenza di questo nuovo stile di pittura: CLASSICISMO (prende campo per tutto il ‘600): ampia diffusione grazie agli allievi di Annibale, che muore nel 1610 (fine 500-inzio 600: gli allievi, pittori dell’area dell’Emilia Romagna, allievi dell’Accademia degli Incamminati, arrivano a Roma per coadiuvare il maestro nella decorazione della Galleria e iniziare carriere autonome: Campioni del classicismo 600esco: DOMENICHINO, LANFRANCO, GUIDO RENI). Negli stessi anni della Galleria, a Roma emerge un altro grande e importante astro: CARAVAGGIO (Michelangelo Merisi). Nato a Milano nel 1571; famiglia di buona elevazione sociale. Padre, Fermo, maestro di casa dei marchesi di Caravaggio, acconsente al figlio di studiare e entra nella bottega del pittore Peterzano (bergamasco). Inizia a conoscere la pittura naturalista (vd. i Campi). Quando arriva a Roma è pittore di fiori e di frutta; entra nella bottega del cavalier d’Arpino. Fruttaiolo (opera giovanile; numerose interpretazioni [chi ha voluto vederci un’elegia poetica; chi il simbolo dell’amore di Cristo che dirime l’umanità e offre la vita eterna; chi una chiave psicologica, una presunta omosessualità di Caravaggio; opera che entra a far parte della collezione del cardinale Scipione Borghese, nipote di papa Paolo V Borghese): figura di un giovane di tre quarti che si rivolge direttamente al riguardante, spalla nuda (aspetto sensuale accentuato), si staglia su uno sfondo neutro, giocato sulla netta divisione della parte illuminata da quella scura (intensità di chiaroscuri); emerge la canestra di frutta dove si vede la grande resa delle superfici per evidenziare 71 la percezione tattile; descrittività analitica che viene dalla formazione lombarda (luminismo di Lotto; coscienza dei veneti [Giorgione, Tiziano], descrittività della pittura fiamminga). Su questo connubio di natura morta e figura si costruisce tutto il dipinto. Eventi quotidiani elevati a livello storico. Per Caravaggio la natura morta diventa importante quanto un quadro storico (vd. cit. di Caravaggio, slide 2, lezione XIX.3): stesso impegno per quadro di figure che di fiori e frutta. La permanenza nella bottega d’Arpino si interrompe quando diventa pittore del cardinale Francesco Maria del Monte (ambasciatore del granduca di Toscana che lo ospita a Palazzo Madama)  poi passa al protettorato della famiglia Giustiniani (famiglia genovese poi stabilita a Roma, a capo del ministero delle finanze del pontefice): più importanti collezionisti e mecenati di Caravaggio, possedevano 13 opere di Caravaggio. Cardinale Benedetto Giustiniani e marchese Vincenzo: figure di spicco. I Giustiniani creano una svolta nei temi di Caravaggio: dalla natura morta passa a temi religiosi e storici. Incredulità di san Tommaso (tenere a mente dell’epoca: con la Riforma, problema della verità rivelata): rappresentazione molto umana (smorfia di Cristo che guida la mano di Tommaso); diversità delle vesti (Cristo in un sudario antico, Apostoli vestiti alla moderna); gioco della luce, effetto di luce teatrale che emana dal corpo di Cristo (allo stesso tempo terreno e metafisico) + luce dall’alto a sinistra che rischiara la scena altrimenti buia, balugina sulle fronti degli Apostoli, rischiara anche le vesti; statura monumentale delle quattro figure; stessi elementi del “Fruttaiolo” applicati a una scena religiosa. Successo con i Giustiniani  importanti commissioni. 1598: prima commissione pubblica  CAPPELLA COMTARELLI in san Luigi dei Francesi, chiesa davanti a palazzo Giustiniani. Per il cardinale francese Mathieu Comtraille. Dipinge tre tele: Vocazione di san Matteo, Martirio di san Matteo (queste due per le pareti laterali) e s. Matteo e l’Angelo per l’altare maggiore. Originariamente, nell’altare maggiore sarebbe dovuta andare una scultura che però non piacque ai committenti. Vocazione di san Matteo (Matteo: peccatore, Cristo lo chiama per redimerlo), esattore delle tasse, sta contando al tavolo delle monete, si porta il dito al petto alla chiamata di Cristo come a dire: “Sono proprio io che stavi chiamando?” Cristo alza il braccio a indicare la chiamata. Utilizzo del fascio di luce ancora più evidenziato. Transitorietà del momento. XIX.6 San Matteo e l’angelo Prima era prevista una scultura di marmo scolpita dallo scultore fiammingo Jakob Covert. Mentre Covert realizza la scultura, Caravaggio produce una sua prima versione per l’altare provvisorio (quella dell’immagine in bianco e nero, slide 6, lezione XIX.3, a destra, acquistata dai Giustiniani, poi in Germania dove viene distrutta durante la 2° guerra mondiale). Versione provvisoria  san Matteo aiutato dall’angelo a scrivere il Vangelo (non sapeva né leggere né scrivere), angelo che gli prende la mano e gli insegna. Luce divina che colpisce i protagonisti; sella curialis: sedia all’antica; incrocio di gambe – sporgenza gamba sinistra che viene a sovrastare l’altare, piede sopra la testa. Arriva la scultura di Covert; Caravaggio toglie la tela; la scultura non piace, viene tolta  si commissiona a Caravaggio una seconda versione per l’altare definitivo. Versione definitiva  più aulica della prima. Santo assume una figura da dotto, non toccato dall’angelo che volteggia. Il volto del santo è segnato dall’età ma non è rozzo. L’angelo interviene nella scrittura quasi dettandogli le cose da scrivere. 72 Nella crociera ristruttura anche i quattro grandi pilastri entro cui ricava due nicchie (una in bassa e una in alto dove ci sono le reliquie corrispondenti al santo sottostante). Bernini si lascia per sé una sola scultura (san Longino); la fabbrica di san Pietro sceglie altri artisti: Françoise Duquesnoy (sant’Andrea), Francesco Mochi (s. Veronica), Andrea Bolgi (sant’Elena). Bernini, san Longino (soldato romano che colpisce Gesù al costato e se ne pente): momento del pentimento; occupa tutto lo spazio della sua nicchia; mantello che lo avvolge creando viluppi di chiaro-scuro; apertura delle braccia  comprensione della colpa + accettazione della fede. Bernini lascia delle striature sulla superficie create con uno strumento dentato  creano ulteriore movimentazione della superficie e un gioco ancora più vibrante della luce. Polemica con Francesco Mochi  “santa Veronica” (tiene il drappo sul volto di Cristo e lo mostra correndo). La polemica riguarda il trattamento superficiale del marmo; Mochi tratta la sua scultura con grande raffinatezza formale, lustra perfettamente tutte le superfici (a differenza di Bernini per sfruttare i giochi di luce). Anni ’50 sotto il pontificato di Alessandro VII Chigi: Cattedra di san Pietro: dentro c’è il vero sedile del santo. Quattro padri della Chiesa che la sostengono e portano in gloria; bronzo dorato che si apre poi a un’inondazione di oro (angeli) ulteriormente enfatizzato dalla vetrata. Artista multiforme (scultore, architetto, disegnatore, pittore, restauratore [nel 600 una statua antica per essere esposta doveva essere restaurata]). In tutti i restauri che fa, Bernini cerca di far vedere la parte che integra, non è mai completamente mimetico; lascia al riguardante la possibilità di capire qual è il testo antico e quale invece l’integrazione. Vd. restauro dell’Ares Ludovisi: era manchevole di vari pezzi che Bernini restaura e reintegra (vd. piede: marmo più chiaro rispetto a quello scuro più antico; piede, testa e braccio del puttino; invenzione dell’elsa della spada in cui inventa un mascherone che fa la linguaccia). Come nel manierismo, anche il barocco è un’arte che pervade tutti gli aspetti della vita  allestimento tavola, creazione oggetti, decorazione carrozza/imbarcazioni. “Rosa d’oro” (arte oreficeria; dono che ogni anno si faceva al papa; monti simbolo della famiglia Chigi) realizzata su disegno di Bernini. “Cristo vivo” (apparato decorativo degli altari di san Pietro) disegnata ma non realizzata da Bernini. Candelabri. Disegno dello specchio per la regina Cristina di Svezia (non aveva soldi per un ritratto di Bernini, gli chiede quindi uno specchio) – lo specchio viene realizzato in stucco da Ercole Ferrata, oggi è perduto. XIX.10 Lavori della più varia natura  anche apparati effimeri per feste, celebrazioni…; apparati che duravano il tempo della rappresentazione, fatti con materiali effimeri e che dopo venivano distrutti (vd. incisione di Domenique Barriere dell’Apparato per la nascita del delfino (figlio del re) di Francia: si vede Piazza di Spagna senza la scalinata (realizzata poi nel 700), al tempo c’era un declivio di monti, alberi e di erba  spazio usato per mettere in scena l’apparato). Elemento importante: teatralità (impostazione ambienti cittadini come quinte teatrali, prosceni). Architettura – Palazzo di Montecitorio: per dare movimento alla piccola piazza inventa una superficie convessa (parte centrale più sporgente e ali laterali lievemente rientranti  idea di 75 movimento tondeggiante); realizza il bugnato rustico (di bugnato anche le finestre), roccioso agli angoli del Palazzo. Altre architetture: chiesa di s. Andrea al Quirinale (noviziato dei gesuiti). Pianta centrale ellittica che gli consente di inserire all’interno della struttura muraria delle cappelle e di giocare tutto lo spazio interno sulla luminosità estrema della luce che viene dall’altare che inonda la navata e oscurità delle cappelle; taglio della pianta “annunciato” dal piccolo pronao all’ingresso (portico convesso). Profluvio di marmi colorati, ordine gigante con pilastri corinzi che diventano colonne nella parte dell’altare maggiore dove un timpano spezzato fa emergere la figura in gloria di sant’Andrea. BERNINI E L’UNITÀ DELLE ARTI VISIVE Riunisce in sé tutte le anime dell’arte. Cerca di creare degli spazi in cui scultura, pittura, architettura e elemento decorativo fondono un tutt’uno  non c’è separazione tra i vari elementi ma vivono uno spazio unitario. CAPPELLA CORNARO (santa Maria della Vittoria) dipinto della cappella di Guido Ubaldo Abbatini. Trasverberazione (momento in cui riceve nel cuore la freccia dell’amore di Cristo) di santa Teresa d’Avila a cui assistono i cardinali della famiglia Cornaro in palchetti. Parte alta della cappella: volta con affresco: nuvole che trascendono, colano verso lo spazio dell’architettura che viene a fondersi con la pittura. Per l’estasi di santa Teresa segue le indicazioni degli Esercizi spirituali della santa (vd. slide 15, lezione XIX.5): pena spirituale è un tutt’uno con dolore fisico, dolore che è al contempo gioia, godimento  Teresa a bocca aperta  slancio visto sensuale. In questa cappella, tutte e tre le arti (pittura, scultura, architettura) hanno pari dignità e importanza e collaborano a farci partecipare attivamente al miracolo visivo della trasverberazione di santa Teresa. 76
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