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Appunti lezioni storia romana + manuale "Roma antica" Marrone, Vio, Calvelli, Dispense di Storia Romana

Appunti integrati con il manuale e con le fonti analizzate a lezione. Argomenti: Roma delle origini, riforme serviane, conflitto tra patrizi e plebei, espansione nella penisola italica e nel Mediterraneo, conquiste nel II secolo, Gaio Mario e guerra sociale, Silla e primo triumvirato, fine della repubblica, secondo triumvirato e nascita del principato, Augusto e dinastia Giulio-Claudia, Flavi e dinastia degli Antonini, III secolo, Diocleziano e la tetrarchia, IV secolo.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 20/12/2022

FrancescaTallarini
FrancescaTallarini 🇮🇹

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Scarica Appunti lezioni storia romana + manuale "Roma antica" Marrone, Vio, Calvelli e più Dispense in PDF di Storia Romana solo su Docsity! 1 STORIA ROMANA I Professore Franco Luciani Anno Accademico 2022 – 2023 Curriculum: Archeologico e filologico – letterario classico L-10 Appunti di Francesca Tallarini 2 Lezione 1: IL PROBLEMA DELLE FONTI Problemi dei tre autori che scrivono di storia arcaica: scrivono a 700 anni di distanza + il contesto storico – sociale – culturale influenza la loro opera (Tito Livio risente dell’ideologia augustea) + frammentarietà dell’opera. Un altro problema sono le fonti dalla quali queste tre opere hanno attinto: sono gli scrittori annalisti (seguivano le tabulae dealbate che i pontefici massimi ogni anno compilavano riportando i fatti anno per anno)  difficoltà nella selezione delle informazioni. Principali fonti sulla storia arcaica:  Tito Livio (Patavium, 59 a.C. - 17 d.C.) scrisse in latino gli Ab Urbe condita libri, 142 libri di storia dalla fondazione di Roma alla morte di Druso (9 a.C.)  Dionigi di Alicarnasso (Alicarnassos, Caria, circa 60 a.C. - dopo il 7 a.C.) scrisse in greco la ‛Ρωμαικὴ ‛Αρχαιολογία, 20 libri di storia di Roma dalle origini alla Prima Guerra Punica  Diodoro Siculo (Agyrium, vissuto tra l’80 e il 20 a.C. circa) scrisse in greco la Bιβλιοϑήκη, 40 libri di storia universale dalle origini a Cesare. Altre fonti:  Marco Terenzio Varrone (Reate, 116 a.C. - 27 a.C.) alcuni passi del De lingua latina (latino)  Marco Tullio Cicerone (Arpinum, 3 gen. 106 a.C. - Formia 7 dic. 43 a.C.) secondo libro del De republica (latino)  Plutarco (Cheronea, Beozia, 50 d.C. - dopo il 120 d.C.) vite di Romolo, parallela a quella di Teseo, e di Numa Pompilio, parallela a quella di Licurgo (greco). Sulle tabulae dealbatae: - Servio, Eneide 1, 373: Ogni anno il pontefice massimo aveva a disposizione una tavola bianca, su cui poneva l'intestazione attraverso la menzione dei consoli e degli altri magistrati: su di essa annotava giorno per giorno i fatti salienti, in pace e in guerra, per terra e per mare; - Livio 10, 31, 1 [in riferimento all’anno 295 a.C.]: I Sanniti fecero delle incursioni nel territorio di Vescia e Formia e, da un’altra parte, in quello degli Isernini e nelle terre situate presso il fiume Volturno. Il pretore Appio Claudio guidò una campagna contro di essi con l’esercito di Decio. Nell’Etruria in rivolta, il console Fabio uccise 4500 cittadini di Perugia e ne catturò 1740 che furono riscattati per 310 assi ciascuno e il resto del bottino fu distribuito ai soldati. […] Quest’anno, segnato da tale successo bellico, fu in patria un anno di pene dovute a un’epidemia e d’angoscia causata da prodigi: infatti giunsero notizie che in vari luoghi erano cadute piogge di terra e che molti soldati dell’esercito di Claudio erano stati colpiti da fulmini. Furono attentamente consultati i libri Sibillini. Il figlio del console Quinto Fabio Gurges perseguì in quell’anno alcune matrone per accuse di adulterio: costoro furono condannate e con le multe pagate egli fece costruire il tempio di Venere in Circo. Altri campi di studio che permettono di ampliare le scoperte sulla storia di Roma: 1) Indagini archeologiche  si sono rivelati le più attendibili per una puntuale verifica. Dagli anni ’80 le scoperte tra i colli Palatino e Velia circa le prime fasi della città hanno scatenato un dibattito tra gli studiosi che tentarono di sovrapporle alle fonti letterarie; 2) Studia antropologici  chiave di lettura per miti, saghe e leggende; 3) Antiquaria  opere di autori e trattatisti antichi che a partire dal II secolo a.C. trasmettono notizie su feste, cerimonie, culti e miti di fondazione; 4) Popolamento dell’Italia antica  ceppo indoeuropeo, tra cui gli Etruschi, o la civiltà Villanoviana (Villanova, provincia di Bologna). 5 A queste tre datazioni si aggiunse quella canonica, di Marco Terenzio Varrone, vissuto nel I sec a.C. Ricostruisce l’anno della presunta fondazione di Roma, collocandola nella notte in cui sarebbe avvenuta la disputa tra Romolo e Remo su chi dei due avrebbe dovuto fondare la città, tra il 20 e il 21 aprile 753 a.C. Ci sono stati tentativi di far coincidere il dato archeologico con quello letterario. Uno degli archeologi sarebbe Andrea Carandini, che nel 1985 conduce uno scavo ai piedi del Palatino. Gli scavi portano alla luce una serie di muri: 4 muri successivi, una fossa e uno spazio libero tra un muro e l’altro. 1. Solco tracciato con il vomere con le zolle di terra ammucchiate ai lati 2. Viene poi messa la pietra terminale 3. La fossa di fondazione viene allargata 4. All’interno viene posta la pietra dal valore sacrale, perché indica il limite 5. Si riempie la fossa e determina così il muro (quello più antico). Carandini data questo rinvenimento archeologico all’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C. (720/725 a.C.). Interpreta questo muro l’area sacra all’interno della quale Romolo avrebbe fondato Roma, quindi sarebbe stato una traccia del solco tracciato da Romolo = pomoerium. Aulo Gellio 13, 14, 1-3: Gli àuguri del popolo romano che scrissero un’opera in più libri sugli auspici definirono così il pomerio: «Pomerio (pomoerium) è la striscia di terreno consacrata dagli àuguri lungo tutto il perimetro della città, dietro le mura, determinata da confini precisi, che rappresenta il limite all’interno del quale possono prendersi gli auspici urbani». Il più antico pomerio, che fu istituito da Romolo, era delimitato dalle radici del Palatino. Ma questo pomerio fu ampliato più volte in ragione degli accrescimenti dello stato e arrivò a circondare molti e alti colli. Aulo Gellio parla del pomerium  “striscia di terra consacrata dagli auguri lungo tutto il perimetro della città, dietro le mura, determinata da confini precisi, che rappresenta il limite all’interno del quale possono prendersi gli auspici urbani”. Aggiunge che il più antico pomerio, quello istituito da Romolo, era delimitato alle radici del Palatino; ci ricorda anche come il pomerio veniva allargato a mano a mano che cresceva lo Stato fino a quando giunse a circondare anche gli altri colli. La sacralità del pomerio si rifà all’atto di Romolo che avrebbe delimitate l’area in cui fondare la città. L’operazione di Carandini e della sua equipe è però molto rischiosa, perché si vuole dimostrare qualcosa senza però avere una base solida. Questa posizione è stata infatti rigettata e criticata da storici e archeologi, come Carmine……. Che ha dimostrato come l’interpretazione di Carandini sia molto difficile da accettare: al di sotto che Carandini interpreta essere la porta d’ingresso della città e della fossa, sono state rinvenute sepolture, per cui un insediamento urbano in una zona «L’edificazione delle mura romulee. Sequenza delle attività costruttive e dei rituali ricostruibili da fonti letterarie e dati archeologici. Da sinistra: il reaugure Romolo con un aratro tirato da una vacca e da un toro traccia il sulcus primigenius alla base del Monte Palatino; le zolle sollevate dall’aratro sono accumulate all’interno del solco, mentre grosse pietre o termini (perché sacre al dio Terminus) vengono disposte lungo il tracciato; le stesse pietre terminali, dotate di valore sacrale, sono gettate nel solco allargato in fossa, a costituire, insieme alla terra e ai pali di legno, la fondazione del muro e delle porte dotate anch’esse, pertanto, di valore sacrale. Il tratto di mura correva nella valle tra Palatino e Velia dove si apriva la porta Mugonia» 6 destinata alla necropoli non trova una mera possibilità di esistenza, è impossibile. Ciò che sappiamo dall’archeologia della Roma arcaica è perciò ancora insufficiente per fare coincidere il racconto mitistorico con il dato materiale. Livio Praefatio: Le leggende precedenti alla fondazione di Roma o il progetto della sua fondazione, dato che si addicono più ai racconti fantasiosi dei poeti che alla documentazione rigorosa degli storici, non è mia intenzione né confermarle né smentirle. Rispetto ai miti di fondazione della Roma arcaica, anche Tito Livio è consapevole delle difficoltà di rintracciare le origini, dato che sono vere e proprie leggende più adatte alla fantasia dei poeti che al rigore degli storici. Monarchia di Roma: sappiamo molto poco, forse accanto ai 7 re di Roma sono esistite altre figure (se fossero stati solo sette ognuno avrebbe dovuto regnare per 35 anni, il che è molto improbabile). Livio parla dell’interregnum, periodo che intercorre tra una magistratura e un’altra. 7 Lezione 3: LA ROMA DEI PRIMI RE ORDINAMENTO MONARCHICO: I RE Secondo la tradizione la Roma delle origini è caratterizzata da un governo monarchico, che sarebbe durato fino alla cacciata di Tarquinio il Superbo nel 509 a.C. In realtà, i sette re di Roma sono stati soggetti a una forte tipizzazione, e molto probabilmente quelli che ricordiamo non sono gli unici che si sono susseguiti nel corso di questi anni, dato che è pressoché impossibile che ognuno abbia regnato per 35 anni. - Romolo: è il primo re, esponente dell’etnia latina, a cui è affiancato Tito Tazio, re sabino, che governò con lui per cinque anni dopo il ratto delle Sabine, al fine di fondere i due popoli. Romolo è tipizzato come il fondatore e come colui che ha dotato la città delle istituzioni; - Numa Pompilio: sabino, creatore delle istituzioni religiose; - Tullo Ostilio: latino, re guerriero per eccellenza; - Anco Marcio: sabino, fondatore di Ostia e riassume tutte le funzioni dei predecessori; - Tarquinio Prisco: monumentalizzatore della città; - Serbio Tullio: grande riformatore che ha modificato l’assetto politico – amministrativo; - Tarquinio il Superbo: tipizzato come il classico tiranno distopico e nemico del popolo, che deve essere destituito. Gli antropologi leggono una trasposizione mitica della nascita della monarchia come un’aggregazione dei tre poteri legislativo, religioso e militare, per cui i sette re sarebbero metafora delle tre funzioni essenziali della sovranità: - Funzione religiosa: il re è il solo a garantire la pax deorum, cioè la concordia tra la comunità degli uomini e quella divina; - Funzione militare: ha il potere dell’imperium, cioè il potere in ambito militare da esercitare in guerra; - Funzione legislativa: amministrava anche la giustizia, un’attività che però inizialmente era rara perché le controversie si regolavano all’interno dei clan. In tutte le cause il re sedeva in giudizio e decideva sulla vita, morte o libertà degli imputati. Aveva anche il diritto di concedere che il condannato a morte si appellasse al popolo, con la provocatio ad populum, per chiedere la grazia. Nessuno però poteva condannare il re. La monarchia era una carica vitalizia ma non ereditaria, per cui quando il re moriva il potere tornava nelle mani del senato e del popolo. Tra le fonti epigrafiche – archeologiche che ci testimoniano l’esistenza della monarchia vi è il cippo del foro, o lapis niger, rinvenuto nell’aria sacra del dio Vulcano dall’archeologo napoletano Giacomo Boni nel 1899. La pietra segnalava il luogo in cui era stato ucciso Romolo e vi sarebbe inscritta una legge che disciplina l’accesso nell’area del santuario: “Chiunque violi questo luogo sarà consacrato (agli dèi dell’Oltretomba)”. Nel testo ricorre la carica del re (recei, linea 5) e del kalator (kalatorem, linee 8 – 9), cioè l’araldo del re, che aveva la funzione di mediatore vocale tra re e popolo. La menzione del re in una legge sacra aveva come significato il fatto che al re spettassero anche funzioni religiose. 10 con due divinità femminili: Giove, Giunone, Minerva. Si afferma il ricorso all’aruspicina = la classe sacerdotale si mette in contatto con gli dèi per interpretare il loro volere, rito fondamentale soprattutto prima che si prendano decisioni importanti in campo politico – militare. Si adotta un rituale etrusco per la celebrazione delle vittorie militari: generale che percorre con il suo esercito la via Sacra fino al tempio capitolino, con il volto vestito di rosso per impersonare Giove Ottimo Massimo. In questo periodo coesistono due lingue: quella latina e quella etrusca. È ben testimoniato dalla placchetta d’avorio a forma di leoncino, rinvenuta nell’area di Sant’Omobono (prima metà VI secolo a.C.). si tratta di una tessera hospitalis, un oggetto originariamente a tutto tondo che veniva poi tagliato e inciso il nome dei due personaggi che si davano ospitalità reciproca (in questo caso un certo Araz Silquetanas Spurianas). Grazie alle innovazioni in campo astronomico si passa anche all’adozione di un nuovo calendario, quello dei Fasti. È un calendario lunare, di 355 giorni, e un ottimo esempio è quello dipinto sul muro di un edificio pubblico di una cittadina di Anzio (84 – 55 a.C.). 11 Lezione 4: LE RIFORME SERVIANE e LA “NASCITA” DELLA REPUBBLICA LE RIFORME DI SERVIO TULLIO Servio Tullio sarebbe giunto al potere tramite un colpo di mano della moglie di Tarquinio Prisco, per cui si insediò senza il consenso del popolo e la ratifica del senato. Secondo l’imperatore Claudio, esperto di antichità etrusche, si sarebbe chiamato Mastarna e sarebbe stato amico di Celio Vibenna, che morì in battaglia. Si sarebbe poi traferito a Roma con i suoi guerrieri e insediati sul monte che chiamò Celio in onore dell’amico. Tavola di Lione Fu già un tempo in cui Roma era retta da re, ma la monarchia non divenne mai ereditaria. Uomini estranei conquistarono la corona di Roma e perfino forestieri, [...] come Tarquinio Prisco [...] Succedette Servio Tullio, che era di origine etrusca e figlio di una plebea, tale Ocresia. Era il fedele compagno del celebre etrusco Cele Vibenna, del quale condivise tutte le avversità; si dice che quando Cele fu sconfitto, Servio Tullio, che a quel tempo si chiamava Mastarna, alla testa dei resti dell’esercito si impadronì di quel monte cui impose il nome di Caelhis, il monte Celio; poi mutò il proprio nome e conquistò la corona di Roma con sommo vantaggio dello stato. Questa versione sarebbe confermata dagli affreschi della tomba di Vulci, del IV secolo. È rappresentata l’azione di Celio Vibenna, suo fratello Aulo e Mastarna che uccidono un gruppo di stranieri, il cui capo è un certo Gneo Tarquinio Romano. In realtà il nome Mastarna non è un nome proprio, ma indica la funzione di magister populi. A Servio Tullio sono attribuite secondo la tradizione una serie di riforme, ma restano dubbi circa la storicità di esse poiché in realtà potrebbero essere posteriori, e attribuite a lui con scopo legittimante. Infatti per il popolo romano, che era estremamente conservatore, l’unico modo per fare accettare un cambiamento stava nel dimostrare che esisteva nel passato un precedente (retrodatazione). Riforma amministrativa: alle tre tribù divise su base etnica, sostituisce quattro tribù su base topografica, dato che la popolazione era cresciuta enormemente. Roma divenne così “quadrata” cioè divisa in 4 distretti amministrativi: Suburana, Esquilina, Collina, Palatina. Divise anche il territorio esterno della città in distretti rurali detti pagi, creando così una dicotomia tra città e campagna: il diritto di cittadinanza era riservato solo alla residenza urbana. Riforma censitaria: la divisione della popolazione su base topografica era necessaria per sapere il patrimonio di ciascuno e procedere così al censimento. Fu in questa occasione che si adottò la prima unità di misura per registrare il patrimonio: aes signatum, cioè un pane di bronzo in cui era impresso un segno che ne garantiva il peso. Tutti gli esemplari archeologici di questo tipo risalgono però a un periodo successivo. Plinio il Vecchio, Storia naturale 33, 43: Il re Servio fu il primo a far imprimere un marchio sul bronzo; prima, a quanto riferisce Timeo, a Roma si usava bronzo grezzo. Il marchio era una figura di animali domestici, da cui ebbe origine anche il termine 12 «pecunia» [«denaro»]. Il censo più alto al tempo di quel re era di 120.000 assi, era perciò questa la prima classe. Riforma dell’esercito: Livio 1,43,1-11: Di quelli che avevano un patrimonio di centomila assi o più fece ottanta centurie, quaranta di seniori e altrettante di iuniori: tutti questi furono chiamati «prima classe»; i seniori dovevano rimanere alla difesa della città, gli iuniori condurre le guerre esterne. Le armi a questi prescritte erano l’elmo, lo scudo rotondo, gli schinieri e la corazza, tutte di bronzo, come armi difensive, e come armi offensive l’asta e la spada. A questa classe furono aggregate due centurie di operai, che prestavano servizio militare senz’armi, ed erano addetti al trasporto delle macchine da guerra. La seconda classe comprendeva coloro che avevano un patrimonio da centomila a settantacinquemila assi, e con essa si formavano venti centurie fra seniori e iuniori; le armi prescritte erano lo scudo rettangolare in luogo di quello rotondo, e per il resto erano quelle stesse della prima, eccetto la corazza. Il censo prescritto per la terza classe volle che fosse di cinquantamila assi; il numero delle centurie era il medesimo, anche queste divise secondo gli stessi limiti di età; le armi non erano diverse, solo mancavano gli schinieri. Nella quarta classe il censo minimo era di venticinquemila assi: le centurie sempre venti, ma le armi cambiavano: non avevano altro se non l’asta e il giavellotto. Più numerosa la quinta classe, con trenta centurie; gli uomini portavano la fionda e le pietre da getto. Aggregati a questo erano gli accensi, i suonatori di corno e di tromba, divisi in tre centurie. Il censo di questa classe doveva raggiungere gli undicimila assi; di tutto il resto della popolazione che aveva un censo inferiore si fece una sola centuria esente dal servizio militare. Così equipaggiato ed ordinato l’esercito di fanteria, Servio formò dodici centurie di cavalieri […] Portò poi al numero di sei le altre centurie Servio bipartisce la popolazione maschile in soggetti non arruolabili (infra classem) e soggetti arruolabili (classem) perché dotati di patrimonio, che vanno a formare la legione. In base alla capacità patrimoniale, i cittadini erano divisi in 193 unità, le centurie, che erano divise in cinque classi. Ogni classe aveva centurie di iuniores (17-46 anni) e seniores (46-60 anni). I cittadini della prima classe avevano l’armamento oplitico completo per combattere corpo a corpo. Quelli della seconda e terza classe avevano lo scudo lungo ma NON la corazza, anch’essi combattevano corpo a corpo. La terza classe non aveva schinieri ed elmo. La quarta e la quinta classe combattevano a distanza: la quarta con giavellotti e lance, la quinta con fionde e frecce. Riforma politica: Livio 1, 43,10-11: Il voto non fu più individuale, concesso a tutti senza distinzione con lo stesso valore e lo stesso diritto, secondo l'uso introdotto da Romolo e mantenuto dagli altri re, ma furono stabiliti dei gradi, in modo che nessuno in apparenza era escluso dal voto, ma tutto il potere politico era in mano dei cittadini più eminenti. I cavalieri infatti erano chiamati per primi a votare; seguivano poi le ottanta centurie della prima classe; se vi era disaccordo fra queste, il che accadeva raramente, veniva chiamata la seconda classe, e quasi mai si scendeva tanto da giungere ai gradi più bassi. Per garantire una corrispondenza tra l’impegno preso in guerra e il peso politica, venne istituita una nuova assemblea: i comizi centuriati. Si riuniva nel Campo Marzio, al di fuori del pomerio, e si partecipava divisi come nell’esercito. Non era però un’assemblea democratica, quanto piuttosto timocratica dato che la coalizione della prima classe e dei cavalieri aveva la maggioranza. I non combattenti erano riuniti in una sola centuria, e ciò non bastava per raggiungere la maggioranza. I comizi centuriati eleggevano i magistrati dotati di potere militare, e questa nuova assemblea sottrasse potere ai comizi curiati, che iniziarono ad assumere un ruolo sempre più simbolico e marginale. Riforma religiosa: Dionigi di Alicarnasso 4,26,3-5: Dopo aver esposto questi concetti, [scil. Servio Tullio] consigliava loro di costruire in Roma a spese comuni un'area sacra che significasse rifugio inviolabile. Ove ogni anno le città convenute sacrificassero vittime singolarmente e collettivamente, celebrassero adunanze solenni nel periodo che avrebbero poi stabilito e, se qualche contrasto si fosse verificato tra di loro, lo avrebbero ricomposto durante tali sacrifici, attribuendo agli altri stati la valutazione degli atti oggetto di lamentela. Con l'illustrare questi vantaggi e quanti altri avrebbero ricavato con l'istituzione di un tale consiglio, riuscì a convincere tutti coloro che erano presenti a tale adunanza e successivamente, con il contributo di tutte le città, fece costruire il tempio di Artemide 15 Lezione 5: IL “CONFLITTO” TRA PATRIZI E PLEBEI ORGANIZZAZIONE SOCIALE DELLA ROMA ARCAICA In età arcaica è centrale il ruolo della famiglia, che è insieme un’entità sociale, religiosa ed economica. Il pater familias ha anche il potere sacerdotale, dato che officiava al culto degli antenati. Poteva anche esercitare diritto di vita e di morte sui membri della famiglia. Tante famiglie romane tra loro imparentate formavano il clan, o gens. Ogni clan si riconosceva in un capoclan che lo rappresentava in senato. Vi erano però due tipi di patres (capiclan): quelli di espressione dei clan più importanti (maiores gentes) e quelli dei clan associati ai primi in un secondo momento (minores gentes). All’interno le famiglie erano organizzate in tre livelli: 1. Liberi; 2. Schiavi. Vi erano varie categorie: potevano essere figli venduti dal capofamiglia, servi per debiti (i nexi, cioè legati), rari erano i prigionieri di guerra, più numerosi gli schiavi nati in casa da altri servi; 3. Liberti. Gli schiavi potevano essere liberati dal padrone attraverso la cerimonia della manumissio: il gesto dello schiaffo segna l’allontanamento dalla mano, simbolo del potere, del padrone. Una volta liberati continuavano però a svolgere attività economiche per il padrone. Il legame sociale più diffuso era quello della clientela. Si tratta di un rapporto volontario ma non paritario, basato sulla reciproca fides. Il patrono dava protezione paterna al cliente, offrendogli sostentamento economico e assistenza giudiziaria. Il cliente in cambio doveva prestare obbedienza morale e politica. Questo istituto contribuì a stemperare le tensioni sociali. Scontro tra patrizi e plebei: STRATEGIA DELL’ALTERITA’ (494 – 367 a.C) L’ordinamento repubblicano è frutto di una lunga sperimentazione che ha avuto tra la fine del V secolo e l’inizio del VI le prime forme istituzionali. In questo momento Roma ha grandi problemi: - In politica estera: la cacciata dei re Tarquini ha provocato un allontanamento della componente etrusca. Il mondo etrusco inizia una sua decadenza e la loro crisi è contemporanea a quella delle popolazioni vicine (guerre con Sabini e Volsci); - Le guerre provocano dei problemi economici: problemi di approvvigionamento e di perdita del controllo delle rotte del sale. Subiscono le conseguenze più pesanti di questa situazione di razzie, ribellioni e carestie i plebei, che si rivolgono ai più ricchi per far fronte ai loro problemi economici. Non sono chiare le differenze tra patrizi e plebei: - Dal punto di vista sociale, c’è chi identifica i patrizi con i patres (gli anziani del consiglio) e i plebei con i clienti; - La divisione può essere anche su base militare ed economica, per cui i patrizzi sarebbero coloro che svolgono l’attività militare (classem) e i plebei l’infra classem; - Un’altra suddivisione può essere quella funzionale: patrizi: cavalieri/latifondisti, plebei: fanti/artigiani; - Infine si è discusso anche sull’elemento etnico e topografico. Patrizi: latini sul Palatino, plebei: sabini sul Quirinale. In generale la differenza più grande era che i patrizi avevano accesso alle cariche, mentre i plebei non avevano nessun potere politico. Questo perché i patrizi erano gli unici a poter prendere gli auspici, cioè a poter consultare gli dèi per essere guidati nell’esercizio del governo. I plebei iniziano così a chiedere una serie di rivendicazioni: - Mitigazione delle norme sul nexum (per risanare un debito di poteva perdere la libertà); 16 - Più equa distribuzione dell’ager publicus, perché i patrizi detenevano più terre; - Più equa spartizione dei bottini di guerra, che accrescevano così le ricchezze dei patrizi; - Accesso alle magistrature; - Codificazione delle leggi. La lotta si suddivide in due fasi: 1. Strategia dell’alterità 494 – 367 a.C.: i plebei si separano dallo Stato (secessione) per far pesare politicamente il loro ruolo; 2. Strategia dell’integrazione 367 – 287 a.C. I fase 494 – 367 a.C. La forma di protesta adottata dai plebei fu quella della secessione: rifiuto della comunità plebea di partecipare alla vita religiosa, ritirandosi così fuori dal pomerio. Questa decisione comporta la perdita del favore degli dèi ma soprattutto il rifiuto di combattere. Fu così necessario per i patrizi stipulare una trattativa per farli ritornare a Roma. La prima secessione avvenne nel 494 a.C., periodo in cui Volsci e Sabini erano incorsi a Roma: i patrizi inviarono a trattare con i plebei un loro rappresentante e questi tornarono in città solo dopo alcune concessioni: - Aulo Gellio, Notti Attiche 15, 27, 4: Nello stesso libro di Lelio Felice trovo scritto: «Quando non per intero, ma una parte sola del popolo è convocata in assemblea, si deve parlare di concilium [«riunione»] e non di comitia. I tribuni della plebe poi non possono né convocare i patrizi, né riferire loro su qualsiasi questione. Così pure non si debbono chiamare propriamente leggi, bensì plebisciti, quelli che sono approvati su presentazione dei tribuni della plebe, alle quali deliberazioni i patrizi non furono soggetti finché il dittatore Quinto Ortensio fece approvare una legge in virtù della quale ciò che la plebe aveva legalmente stabilito doveva essere osservato da tutti i Quiriti». Si possono riunire nell’assemblea del concilium plebis, le cui deliberazioni, i plebiscita, sono vincolanti solo per i plebei; - Livio 2, 33, 1-3: Si cominciarono allora le trattative per un accordo e questo fu raggiunto alle seguenti condizioni: che la plebe avesse i propri magistrati inviolabili (sacrosancti) ai quali spettasse il diritto di intervento contro i consoli e che a nessuno dei patrizi fosse concesso di assumere questa magistratura. Furono così creati due tribuni della plebe, Caio Licinio e Lucio Albinio; essi si scelsero tre colleghi. Tra questi si ammette generalmente che vi fosse Sicinio, il promotore della secessione; quanto agli altri due, non si può stabilire con certezza chi fossero. Vi sono alcuni che sostengono che sul monte Sacro furono creati due tribuni e che là fu proposta la legge sacrata. Vengono eletti due tribuni della plebe, con carica annuale, che devono mantenere i contatti con la comunità patrizia. Gli viene riconosciuto il privilegio dell’inviolabilità, diventando così vittima sacrificale alle divinità della plebe chiunque attentasse all’incolumità di un tribuno; - Dionigi di Alicarnasso 6, 90, 2-3: Dopo aver fatto sacrifici di ringraziamento anche agli dèi della città, [scil. i plebei] persuasero i patrizi a legalizzare la loro magistratura [scil. il tribunato della plebe]. Poiché ottennero anche questo, chiesero ancora che il senato concedesse loro di eleggere due plebei ogni anno che avrebbero prestato ai tribuni i servigi di cui essi avessero bisogno, avrebbero giudicato le cause che quelli avessero affidato loro e si sarebbero occupati dei templi, dei luoghi pubblici e del mercato, affinché fosse rifornito in abbondanza. Avendo ottenuto anche questa concessione dal senato, elessero degli uomini, che chiamarono assistenti e colleghi dei tribuni e giudici. Ora, comunque, nel linguaggio locale, vengono chiamati, da una delle funzioni che svolgono, amministratori dei templi (ἱερῶν τόπων ἐπιμεληταὶ) ed hanno un potere non più subordinato a quello degli altri magistrati come prima, ma sono affidate loro diverse incombenze importanti e per molti aspetti assomigliano all'incirca agli agoranomoi dei Greci. Ogni anno il concilio della plebe eleggeva due edili, con il compito di provvedere alla manutenzione del tempio di Diana e di Cerere, Libero e Libera. I tribuni della plebe godevano di due diritti: - Ius auxilii: prestare assistenza ai plebei contro gli abusi dei patrizi; 17 - Ius intercedenti (diritto di veto): un tribuno può opporre il veto alla deliberazione di un patrizio per fare in modo che la legge venisse annullata in quanto lesiva degli interessi della plebe. Dal 470 a.C. si usa come unità di voto la tribù, con lo scopo di disperdere la compattezza delle clientele con cui i patrizi si garantivano l’elezione dei tribuni della plebe. L’assemblea della plebe divisa per tribù si chiama comizi tributi e ora i tribuni sono quattro, ognuno per le quattro tribù urbane. Tra 451 – 450 a.C. i plebei ottennero la codificazione del diritto, ad opera di un collegio di dieci membri, il decemvirato, tutti patrizi. Vengono pubblicate 10 tavole di leggi, ma il lavoro venne completato l’anno successivo con un nuovo collegio dei dieci membri, metà patrizio e metà plebeo, sotto la guida di Appio Claudio. Per la tradizione, il decemvirato si trasformò in una tirannide di Appio Claudio, e quando tentò di rendere la sua schiava Virginia, figlia di un plebeo, per reazione i plebei misero in atto una seconda secessione, che comportò la restaurazione del consolato. Le leggi delle XII tavole sono le prime leggi votate, perché sottoposte all’approvazione dei comizi centuriati, che le votarono. Comprendeva norme di diritto privato (famiglia e proprietà a fondamento della società), norme di diritto pubblico, norme concernenti l’igiene; la schiavitù era legittimata e veniva salvaguardato il rapporto clientelare. Leggi delle XII Tavole, XI, 1 ( = Cicerone, La repubblica 2, 37, 63): Per gli atti di ingiustizia e di malvagità commessi da costoro [i decemviri], l'ordine dello stato fu turbato e si ebbe un totale rivolgimento politico, dopo che, aggiunte altre due tavole di leggi, con decreto ingiusto e inumano, i decemviri stabilirono che il diritto di connubio, che si suole concedere anche a popoli diversi, fosse invece vietato tra patrizi e plebei. Ora i plebei si impegnano ad abrogare la legge che impediva i matrimoni tra patrizi e plebei. Nel 445 a.C. fu così approvata la legge Canuleia, che rendeva lecite le nozze: i figli legittimi avrebbero preso lo status sociale del padre, quelli illegittimi della madre. Nel suo discorso, Canuleio si richiama agli illustri precedenti del passato, che hanno dimostrato a Roma l’apertura di un copro civico di stranieri (“Roma città aperta”); i matrimoni misti avrebbero prodotto l’estensione anche ai plebei del diritto auspicale, con il passare delle generazioni e il mescolarsi del sangue. Livio 4, 1, 1-2: Fu un anno difficile, in patria e fuori. Al suo inizio infatti il tribuno della plebe Gaio Canuleio presentò sul diritto di connubio fra patrizi e plebei una legge, in forza della quale i patrizi pensavano che si contaminasse il loro sangue e si confondessero i diritti gentilizi. Nel 444 a.C. al posto dei due consoli patrizi, il potere consolare venne affidato ad alcuni dei sei tribuni militari, che formavano il collegio dei tribuni militum consulari potestate, i cui membri potevano essere anche plebei. Livio 4, 6, 8: In seguito a queste adunanze si giunse a concedere che venissero eletti dei tribuni militari con potestà consolare, scelti indifferentemente fra i patrizi e la plebe, mentre nulla doveva essere mutato per quanto riguardava l'elezione dei consoli; e di questo risultato furono contenti i tribuni e fu contenta la plebe. Digesto 1, 2, 2, 25 (Pomponio): In seguito, trascorsi diversi anni dopo la promulgazione delle XII Tavole, i plebei vennero a contesa con i patrizi e vollero creare consoli provenienti dal loro stesso ordine, mentre i patrizi si opponevano: si decise dunque di creare tribuni militari con poteri consolari, in parte appartenenti alla plebe, in parte al patriziato. Il numero di questi magistrati variò: talvolta essi furono 20, talvolta di più, in qualche caso di meno. Nel 367 a.C. però vennero aboliti ma si stabilì che uno dei due consoli eletti ogni anno doveva essere plebeo: quello dei tribuni militari era perciò un’espediente per avvicinare i plebei alla carica del consolato. Nuove magistrature di questo momento: - Questori: sono quattro, ognuno per ciascuna tribù. Si occupano di affari finanziari e dell’amministrazione dell’erario; - Censori: redigono ogni cinque anni la stima per patrimonio dei cittadini. Questa registrazione aveva lo scopo di capire a quanto potesse ammontare il numero di coloro adatti alla leva militare, dato che l’arruolamento era legato al possesso di un censo minimo. Si occuparono poi di stendere e revisionare le liste dei senatori. 20 Lezione 6 - 7: L’ESPANSIONE NELLA PENISOLA ITALICA: guerre sannitiche, guerra latina e guerra pirrica IL NUOVO SCENARIO INTERNAZIONALE Dopo la cacciata dei Tarquini si abbandona il regime monarchico e si passa a una nuova costituzione “repubblicana” in cui il potere militare è affidato a due consoli eletti dai comizi centuriati. I primi consoli furono Lucio Gneo Bruto e Marco Orazio (muore in guerra e lascia il posto a Publio Valerio Publicola). Nell’ultimo decennio del VI secolo a.C. si consuma il controllo per la rotta commerciale tirrenica, contesa da greci, etruschi e fenici-punici. Dai dati archeologici notiamo alcune strategie di alleanza adottate dalle città etrusche per mantenere il controllo sulle vie marittime, come le laminette d’oro di Pirgi, rinvenute nel 1946 a Cerveteri, documentano un patto siglato tra l’etrusca Cere e la fenicia Cartagine. Già Tarquinio il Superbo aveva intavolato trattative con Cartagine, il cui patto venne però siglato solo dopo la sua cacciata: Polibio, Storie 3.22.4-13: Ebbene, il primo trattato tra Romani e Cartaginesi è dell'epoca di Lucio Giunio Bruto e Marco Orazio, i primi consoli che furono eletti dopo la fine della monarchia, dai quali fu anche consacrato il santuario di Giove Capitolino. [...] L'abbiamo trascritto dandone l'interpretazione più precisa possibile. La differenza tra la lingua dei Romani di oggi e quella antica è così forte, infatti, che anche i più esperti conoscitori a stento comprendono qualcosa, dopo avervi fissato la loro attenzione. Il trattato è il seguente: «A queste condizioni ci sia amicizia tra i Romani e gli alleati dei Romani e i Cartaginesi e gli alleati dei Cartaginesi. [...] Qualora un romano giunga in Sicilia, nella parte controllata dai Cartaginesi, siano uguali tutti i diritti dei Romani. I Cartaginesi non commettano torti ai danni degli abitanti di Ardea, Anzio, Laurento, Circei, Terracina, né di alcun altro dei Latini, quanti sono soggetti; nel caso di quelli non soggetti, si tengano lontani dalle loro città: ciò che prendano, restituiscano ai Romani intatto. Non costruiscano fortezze nel Lazio. Qualora penetrino da nemici nella regione, non passino la notte nella regione». Viene così operata una divisione tra sfere di influenza: Roma ha il controllo sul Lazio Antico ma rinuncia all’espansione nel mare Tirreno (può solo frequentare il tratto di costa dalla foce del Tevere al promontorio di Capo Farina). Il patto segnò così il riconoscimento dell’egemonia di Roma sul Lazio costiero. 21 LA POLITICA ESTERA NEL V SECOLO a.C. In questo periodo sono costanti le attività belliche con Sabini e Volsci, popolazioni dell’Appennino laziale. I Sabini erano riusciti a interrompere la percorribilità della via Salaria e di conseguenza il commercio del sale al centro Italia, i Volsci invece occuparono Terracina impedendo così ai Romani le comunicazioni con la Campania e riducendo gli scambi commerciali con la Magna Grecia. Oltre al fatto di essere un periodo di guerre, dilagano anche le carestie ed epidemie a causa dell’abbandono delle opere di canalizzazione. Roma reagì con la costruzione di nuovi templi: il tempio a Saturno nel Foro (divinità che combatte le epidemie), tempio a Mercurio, dio dei commerci etc. Lo scontro decisivo avvenne con le città della lega latina. Una di esse, Lavinio, aveva approfittato del momento di debolezza in cui riversava Roma per esercitare una supremazia. In quest’occasione fece allestire il santuario dedicato ai gemelli Dioscuri: Castore e Polluce. Romani e latini si scontrano nel 496 a.C. presso il lago di Regillo: il comandante romano rivolse un’evocatio (solenne preghiera alle divinità del nemico) impegnandosi di radicarne il culto a Roma in caso di vittoria. I Romani ebbero la meglio e con il bottino di guerra innalzarono il tempio ai Dioscuri: la strategia dell’evocatio si rivela come la più efficace per integrare i vinti nella città. Il trattato di pace, il foedus Cassianus, venne stipulato nel 493 a.C. e sancì il ruolo egemonico di Roma all’interno della lega latina. Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane 6, 95, 2: Nello stesso tempo con tutte le città latine si fecero nuovi patti di pace e di amicizia, accompagnati dai giuramenti rituali, poiché esse non avevano tentato di creare alcuna agitazione durante la secessione della plebe ed era sembrato che avrebbero preso parte prontamente alla Guerra contro i ribelli. Il testo dei trattati era di questo tipo: «Ci sia pace reciproca tra i Romani e le città latine, finché il cielo e la terra abbiano la medesima posizione. Né essi combattano tra loro, né conducano nemici da altre nazioni, né a chi porta guerra offrano strade sicure, aiutino con ogni mezzo chi di loro è coinvolto in una guerra, entrambi abbiano parti uguali delle prede e del bottino fatto a danno dei nemici comuni. Le sentenze sui contratti privati vengano pronunciate entro dieci giorni, presso la popolazione in cui sia stato stipulato il contratto. A questi patti non sarà lecito aggiungere o togliere alcunché se non ciò su cui consentano Romani e Latini tutti». Questi trattati fecero dunque Romani e Latini tra loro, giurando sulle vittime rituali. Durante gli scavi archeologici a Pratica di Marte è stato rinvenuto il “santuario dei tredici altari”, ognuno appartenuto a ciascuna delle tredici comunità appartenenti alla lega latina. In corrispondenza dell’ottavo altare è stata rinvenuta una laminetta di bronzo con dedica ai Dioscuri: qurois Kastorei Podlouqueique. Scontro con Sabini e Volsci Contro i Volsci nacque la parabola militare del romano Gneo Marcio “Coroliano” che passò dalla parte dei nemici e tentò di prendere d’assalto Roma. In questa occasione vennero costruite le mura difensive, anche se la tradizione le attribuisce a Servio Tullio. Scontro con Veio Città situata a 20 km a nord di Roma, con un efficiente sistema stradale che le permette scambi con la Campania e l’Etruria padana. A causa però delle incursioni dei Volsci, che avevano interrotto le vie per la Campania, si volsero allo sfruttamento delle saline nelle foci del Tevere. Roma e Veio iniziano così a contendersi la città di Fidene, che si trovava in posizione strategica proprio perché posta sulla via Salaria. La guerra si sviluppò in tre fasi: prima l’esercito romano viene sterminato presso il fiume Cremera (480 – 477 a.C.), poi Roma conquista Fidene (437 – 426 a.C.) e infine si ha l’espugnazione di Veio da parte dei Romani (406 – 396 a.C.). L’eroe romano di quest’ultima fase della guerra è Marco Furio Camillo, comandante che dopo la vittoria sfilò come trionfatore con il volto dipinto di rosso. Questo gesto venne letto come un’aspirazione alla divinizzazione e venne così esiliato a Cere. Livio 5, 21, 2: Livio tramanda la formula con al quale 22 Camillo la evocò: «O Giunone Regina, io ti prego affinché tu abbandoni questa città dove ora dimori per seguire le nostre armi vittoriose nella nostra città di Roma, tua dimora futura, la quale ti riceverà in un tempio degno della tua grandezza». Plutarco, Vita di Camillo 6, 1-2: Dopo il sacco della città, Camillo decise di trasferire a Roma la statua di Giunone, secondo il voto. Radunati allo scopo gli operai, cominciò a sacrificare e invocò la dea di gradire il loro zelo e di abitare propizia con gli dèi di Roma; la statua allora, dicono, bisbigliò sommessamente che accettava volentieri. Livio racconta, invece, che Camillo pregava e invitava la dea tenendo una mano sulla statua, e alcuni dei presenti risposero che essa accettava volentieri e bramava di seguirli. Una volta conquistata, Veio viene rasa al suolo e il suo territorio divenne aeger publicus. I suoi abitanti vennero censiti in una nuova tribù territoriale, la Tromentina. Livio 4, 59, 11 - 67, 3: S'aggiunse poi la concessione più opportuna fra tutte quelle fatte dai maggiorenti alla moltitudine: prima che la plebe e i suoi tribuni vi facessero alcun accenno, il senato decretò che i soldati ricevessero la paga dallo stato, mentre fino a quel tempo avevano compiuto il servizio militare a proprie spese. Si tramanda che mai nessuna concessione fu accolta dalla plebe con tanta gioia [...]. Ma i tribuni della plebe, gli unici che non condividevano la letizia e la concordia comune dei due ordini, sostenevano che il provvedimento non sarebbe stato così gradito ai patrizi né così favorevole a tutti i cittadini come essi credevano: in effetti era a prima vista migliore di quello che si sarebbe in realtà dimostrato. Infatti da dove si poteva raccogliere il denaro necessario, dicevano i tribuni, se non imponendo un tributo al popolo? Alla fine del V secolo a.C. Roma: - Riconquista il controllo della Lega Latina; - Ha respinto le incursioni di Sabini e Volsci; - Ha sconfitto Veio. POLITICA ESTERA NEL IV SECOLO a.C. IL PRIMO SACCO DI ROMA 390 a.C. A seguito del capo Brenno, un contingente di Galli Sènoni occupò Veio. I Galli si erano stanziati in Italia, nel Piceno, ma spinti da un movimento di popoli celtici proveniente dall’Oltralpe, penetrarono nella Pianura Padana fino all’Adriatico. Polibio, Storie 2.17.3-18.3: I Celti, che avevano con loro [gli Etruschi] frequenti relazioni in ragione della vicinanza e guardavano con invidia alla bellezza del loro territorio, li assalirono improvvisamente, sulla base di un piccolo pretesto, con un grande esercito, cacciarono i Tirreni dalla regione padana e occuparono essi stessi la pianura. Si stabilirono, dunque, nelle zone all'estremità della pianura, situate presso le fonti del Po, i Lai e i Lebeci, e dopo loro gli Insubri, che erano il popolo più grande fra loro; immediatamente dopo questi, lungo il fiume, i Cenomani [...]. Si insediarono nelle zone al di là del Po, presso l'Appennino, per prima gli Anari e dopo di loro i Boi; subito dopo questi, verso l'Adriatico, i Lingoni e per ultimi, sul mare, i Sènoni [...]. In origine, dunque, non solo dominavano sulla regione, ma avevano anche assoggettato molti dei popoli vicini, atterriti dalla loro audacia. Dopo qualche tempo, avendo sconfitto in battaglia i Romani e quelli schierati con loro, inseguendo i fuggitivi, tre giorni dopo la battaglia occuparono la stessa Roma, a eccezione del Campidoglio. Ma poiché sorse un ostacolo e i Veneti fecero irruzione nel loro territorio, allora, conclusi patti con i Romani e restituita la città, fecero ritorno nella propria terra. L’esercito romano fu sbaragliato presso il fiume Allia, l’Urbe fu interamente occupata a eccezione del Campidoglio, venne incendiata la Regia e con essa tutti i documenti pontefici che vi erano custoditi. Brenno lasciò Roma solo dopo un cospicuo riscatto in oro. (I Galli erano alleati con il tiranno greco di Siracusa Dionigi I, per il quale svolgevano la funzione di mercenari). 25 NUOVI STRUMENTI DI CONQUISTA COLONIE  vengono fondate per circondare i territori Sanniti e per rifornire le legioni. Due colonie fondamentali sono quelle di Cales (334) e Fregellae (328), che si trovano al conine dell’area di influenza sannitica, quindi i Sanniti la vedono come una minaccia (nel 326 scoppia infatti la seconda guerra sannitica). Numerose colonie vengono fondate anche nel litorale tirrenico, e queste si trovavano a distanza di un giorno di navigazione l’una dall’altra, per permettere i rifornimenti all’esercito romano, impegnato contro i sanniti (Ostia, Anzio, Terracina). VIABILITA’ MARITTIMA e TERRESTRE  Roma inizia a costruire strade lastricate per permettere il passaggio di truppe e rifornimenti: - via Salaria: da Roma a Veio; - via Latina: da Roma a Fregelle; - via Appia (costruita da Appio Claudio Cieco): da Roma a Capua; - via Erculea: da Roma a Venosa (in Apulia, cioè Puglia). ORDINAMENTO MANIPOLARE  permette di assicurare alla legione una maggiore flessibilità e autonomia nelle guerre in montagna (riforma nata dopo la sconfitta delle Forche Caudine). Ogni legione è divisa in linee orizzontali: 1. 1200 hastati: armamento completo, sostengono il primo urto con il nemico; 2. 1200 principes: combattono a falange, sono i più esperti quindi determinano l’esito della battaglia; 3. 600 triarii: truppe di riserva, inseguono i nemici in fuga. Vi erano poi; - 1200 velites: armati alla leggera, si occupano di disturbare e pattugliare i nemici; - A sinistra e a destra dello schieramento: 300 equites divisi in due squadroni. Anche il comando della legione era ben gerarchizzato: - I consoli hanno il comando di tutte le legioni in servizio; - I tribuni dei soldati sono sei: uno assiste il comandante, gli altri cinque mantengono l’ordine nel campo; - Centurioni: coadiuvano i tribuni dei soldati. Il centurione della prima coorte è il primpilo, capo dei centurioni. LA COLONIZZAZIONE: UNA MODALITA’ DI CONTROLLO DEL TERRITORIO e GRANDE GUERRA LATINA Uno strumento efficace di espansione e di dominio militare è quello della colonizzazione. Vi erano due diverse modalità di distribuzione dell’ager publicus delle colonie: - Adsignatio: ai cittadini romani vengono assegnati appezzamenti di terra, a titolo individuale. Gli assegnatari restavano sotto la giurisdizione e l’amministrazione di Roma; - Deductio: fondazione di una nuova città. Gli assegnatari sono organizzati in una comunità auto – amministrata, cioè la colonia. Le colonie si trovano in punti vulnerabili della costa o dell’interno, in aree quindi potenzialmente esposte agli attacchi nemici. Avevano infatti il duplice obiettivo di allentare le tensioni sociali interne e di incrementare le truppe dell’esercito. La fondazione era presieduta da una commissione di tre membri che delimitavano i confini dell’insediamento e dividevano i lotti ai coloni per sorteggio. I tre commissari erano rivestiti di imperium, cioè di potere militare, ed erano accompagnati da tecnici, gli agrimensori, che si occupavano di 26 determinare la misura dei campi. La colonia veniva disboscata per fare spazio alla pianura, bonificata con opere di irrigazione, e dotata di un’efficiente rete stradale. Venivano poi incise su tavole bronzee esposte nel foro: la legge istitutiva della colonia + la pianta del nuovo insediamento. GRANDE GUERRA LATINA 341 – 338 a.C. Lo scopo è quello di recuperare l’egemonia sul Lazio, dato che a Roma si oppose una coalizione comprendente: le città della Lega Latina, i Volsci, gli Aurunci e i Sidicini. La battaglia decisiva fu quella di Suessa Aurunca che permise a Roma di estendere il suo controllo al Latium Adiectum: Etruria meridionale, Campania settentrionale fino al fiume Volturno. Giunta la vittoria, si decise di ricorrere a strumenti federativi diversi: si stringono rapporti diplomatici differenziati e individuali, in base alla fedeltà che l’alleato aveva mostrato. Le comunità del Lazio aggiunto vengono così divise in quattro categorie. Livio, Storia di Roma 8. 14. 2- 11  Ai Lanuvini fu concessa la cittadinanza romana e furono lasciati i propri culti religiosi, a condizione che il tempio e il bosco sacro di Giunone Salvatrice diventassero patrimonio comune degli abitanti di Lanuvio e del popolo romano. Gli Aricini, i Nomentani e i Pedani furono accolti nella cittadinanza alle stesse condizioni dei Lanuvini. Ai Tuscolani fu lasciata la cittadinanza, che essi già avevano; della ribellione fu ritenuta responsabile non l'intera città, ma alcuni pochi istigatori. I Velletrani, antichi cittadini romani, furono trattati duramente, perché tante volte si erano ribellati: furono abbattute le mura della città, i membri del senato furono allontanati e costretti ad abitare al di là del Tevere: chi fosse stato sorpreso al di qua del Tevere doveva pagare un'ammenda fino a mille assi, e colui che l'avesse preso non poteva lasciarlo in libertà fino a quando non pagava la somma dovuta. Nelle terre appartenenti ai nobili furono mandati dei coloni, e con la loro immissione Velletri riprese l'antico aspetto popoloso. Anche ad Anzio fu mandata una nuova colonia e fu concessa facoltà agli Anziati di iscriversi anch'essi come coloni se lo volevano. Furono tolte agli Anziati le navi da guerra e fu interdetta a quel popolo la navigazione marittima, ma fu concessa la cittadinanza romana. I Tiburtini e i Prenestini furono privati di una parte delle terre, non soltanto per la recente ribellione, colpa che era comune agli altri Latini, ma perché un tempo, per insofferenza della dominazione romana, avevano unito le loro armi a quelle dei Galli, popolo barbaro. Alle altre popolazioni latine fu tolto il diritto di matrimonio, di commercio e di riunione fra le diverse città. Ai Campani [= abitanti di Capua], in grazia dei loro cavalieri, perché non avevano voluto prendere parte alla ribellione insieme coi Latini, e ai Fondani e ai Formiani, perché il passaggio dei Romani attraverso le loro terre era stato sempre sicuro e tranquillo, fu concessa la cittadinanza senza diritto di suffragio. Ai Cumani e ai Suessulani furono concessi gli stessi diritti e le stesse condizioni che a Capua. - Lanuvini, Aricini, Nomentani e Padani  municipio: città libera e sottoposta al dominio romano, ma mantiene un’autonomia interna. Gli abitanti sono soggetti alla giurisdizione romana e devono prestare servizio militare. Gli abitanti del municipio hanno il diritto di cittadinanza piena (civitas) + ius suffragii + ius commercii + ius connubii + ius migrandii; - Velletrani, Tiburtini e Prenestini  civitas foederata: ha stretto un trattato di alleanza, quindi è socia di Roma. Mantiene l’indipendenza ma deve fornire truppe ausiliare + è privata dei diritti; - Anzio  colonia: ci sono due tipi di colonie: - di diritto latino: ius conubii, ius commercii, ius migrandii; - di diritto romano: hanno tutti e quattro i diritti. Queste colonie sono amministrate da prefetti, ma con il tempo si dotano di istituzioni autonome, sul modello di quelle romane; - Campani, Fondani, Formiani, Cumani, Suessulani  civitas sine suffragio: città autonome che mantengono le istituzioni tradizionali ma NON potevano avere iniziative di politica estera e gli abitanti devono prestare servizio militare per Roma, oltre che la loro flotta. ESPANSIONE ROMANA NELL’ITALIA CENTRO – MERIDIONALE: GUERRE PIRRICHE Tra 282 – 275 a.C. Roma si scontro con Taranto e di conseguenza con Pirro, re dell’Epiro, alleato della città della Magna Grecia. Roma si era impegnata con Taranto a non navigare oltre capo Lacinio, e quindi 27 a non entrare nel golfo di Taranto. L’accordo venne rispettato fino a quando i romani inviarono una flotta in soccorso a Turi, alleata di Roma, che si sentiva minacciata dai Lucani. Taranto interpretò il gesto come una proposta di guerra, e venne subito affiancata dall’alleato Pirro. L’esercito romano fu sconfitto da Pirro a Eraclea (280 a.C.) e ad Ascoli Satriano (279 a.C.). a questo punto Pirro consiglia ai romani di arrendersi, corrompendo Gaio Fabricio Licino per convincere i romani alla resa. In senato però interviene l’ormai anziano Appio Claudio Cieco a non accettare la resa e i termini durissimi di Pirro. Appiano, Le guerre sannitiche 10, 1-6: Pirro, re dell'Epiro, avendo ottenuto una vittoria sui Romani e desiderando recuperare le sue forze dopo il duro scontro, pensando che i Romani fossero particolarmente desiderosi di giungere ad un accordo, inviò a Roma il tessalo Cinea, tanto famoso per la sua eloquenza da essere paragonato a Demostene. Quando Cinea fu ammesso in senato, [...] offrì loro pace, amicizia e un trattato di alleanza con Pirro, a patto che includessero i Tarantini nello stesso trattato, lasciassero liberi e autonomi i Greci d'Italia e restituissero ciò che avevano tolto in guerra ai Lucani, ai Sanniti, ai Dauni e ai Bruzi. Se avessero fatto ciò, Cinea disse che Pirro avrebbe restituito tutti i prigionieri senza riscatto. I Romani esitarono a lungo, intimiditi dal prestigio di Pirro e dalle disavventure che avevano subito, finché Appio Claudio, detto Cieco, [...] avanzò molti [...] argomenti di simile tenore per incitarli alla lotta: se Pirro desiderava la pace e l'amicizia dei Romani, che si ritirasse dall'Italia e poi inviasse un'ambasceria, ma fintanto che rimaneva, non lo si considerasse né amico, né alleato, né giudice, né arbitro della sorte dei Romani. Nel frattempo Pirro inizia a non vedere di buon occhio il progressivo rafforzamento di Taranto, e decide di farsi promotore della lotta contro i Cartaginesi, che si contendevano il possesso della Sicilia. Pirro sbarca nell’isola e la sua lontananza è sfruttata dai romani per riorganizzare le forze: nel 275 a.C. si ha lo scontro decisivo nella disfatta di Malevento, ribattezzata dai romani Benevento. Pirro e Taranto vengono definitivamente sconfitti: Taranto fu costretta a consegnare ostaggi e ad accogliere un presidio romano, ma le fu concesso di mantenere i propri ordinamenti. Molti insediamenti della Magna Grecia divennero socii navales di Roma, cioè si devono impegnare a rifornire flottiglie di navi da guerra. MULTILINGUISMO NELL’ITALIA PREROMANA L’etrusco e il greco sono le lingue più parlate. È molto presente anche il blocco osco – savellico: lingue appenniniche. Il latino è invece circoscritto alla zona del Lazio, ed è diffuso molto meno rispetto alle altre lingue. In Italia settentrionale: venetico, celtico, ligure, retico (deriva dell’etrusco, è palato nelle zone alpine e pre – alpine del Trentino). Tutte queste identità locali rimangono forti fino all’età augustea inoltrata. La convivenza di popoli diversi continua ben oltre l’egemonia territoriale di Roma, come testimoniano i ritrovamenti recenti (8 novembre 2022) a San Casciano, Siena, di statuette bronzee con iscrizioni latine ed etrusche. 30 CAMPAGNE IN GALLIA CISALPINA (238 – 222 a.C.) Roma dovette sostenere un’invasione di Celti e Galli Boi (Emilia), Insubri (area lombarda) e Gesati (transalpini). I romani si allearono però con i Galli Cenomani (nel Veronese) e i Veneti. Nel 222, a Casteggio sconfiggono la resistenza dei Galli e prendono Milano, la capitale degli Insubri. In occasione di questi scontri vengono fondai gli avamposti di Cremona e Piacenza, rispettivamente a nord e a sud del Po + costruzione della via Flaminia ad opera del console Gaio Flaminio. GUERRE ILLIRICHE (219 – 202 a.C.) Il progetto egemonico di Roma sulle rotte marittime si estendeva anche all’aria adriatica, dove aveva le colonie di Rimini, Senigallia e Brindisi. Decise così di arginare la pirateria degli Illiri (abitanti della Dalmazia e Croazia) che condizionavano i traffici marini a danno sia dei romani che dei greci. La loro regina, Teuta, fece però uccidere uno degli inviati romani, offrendo così un pretesto per la guerra. Si sviluppò in due campagne vittoriose in cui fu conquistata parte della costa dell’Albania + furono insediati avamposti a Durazzo ed Apollonia. SECONDA GUERRA PUNICA (219 – 202 a.C.) Il terreno di scontro è la Spagna, dove emerge la famiglia dei Barca (Amilcare, figli Annibale e Asdrubale), che aveva incrementato lo sfruttamento delle risorse minerarie e aveva esteso la propria egemonia al sud della penisola iberica. Roma aveva stretto preventivamente un’ alleanza con la città greca di Marsiglia e siglato con Cartagine il trattato dell’Ebro (226 a.C.): l’area a nord del fiume Ebro è di influenza romana, quella a sud di influenza cartaginese. Faceva eccezione la città di Sagunto, che si trovava nell’area di influenza cartaginese, ma aveva da tempo con Roma un preesistente rapporto federativo. Annibale allora attacca Sagunto e siccome i romani non intervengono subito, viene espugnata. Da questo momento Annibale varca i Pirenei e oltrepassa la catena alpina durante la stagione invernale. La sua strategia consisteva nel fare in modo che le comunità italiche abbandonassero la loro alleanza con Roma + aprire nuovi fronti. Celti padani e Liguri sono i primi a defezionare i romani e ad unirsi alle schiere di Annibale. Le truppe romane furono sconfitte nel fiume Ticino e poi nel fiume Trebbia  Roma perde così il controllo della Gallia cisalpina. Nel 217 a.C. subiscono un’altra pesante sconfitta nella battaglia campale del lago Trasimeno, dove muore il console Gaio Flaminio. Ma una delle clamorose più sconfitte romane è quella del 2 agosto 216 a.C. a Canne. Polibio 2, 24: Perché risulti chiaro, solo sulla base dei fatti, quanto era grande la potenza che Annibale osò attaccare e quanto grande l'impero che egli affrontò temerariamente, raggiungendo il suo proposito fino al punto di precipitare i Romani in gravissime sventure, bisognerà dire i mezzi e le quantità delle forze che erano allora a loro disposizione. Con i consoli dunque, erano uscite in spedizione quattro legioni romane, ciascuna comprendente 5.200 fanti e 300 cavalieri. Gli alleati schierati con tutti e due gli eserciti erano complessivamente 30.000 fanti e 2.000 cavalieri. Dei Sabini e dei Tirreni venuti in soccorso di Roma in tutta fretta erano circa 4.000 cavalieri e oltre 50.000 fanti [...]. Gli Umbri e i 31 Sarsinati abitanti dell'Appennino furono radunati in circa 20.000 e con loro 20.000 Veneti e Cenomani [...]. Queste, dunque, le truppe che presidiavano il territorio. A Roma, invece, stazionavano, preparati per le evenienze della guerra, nel ruolo di corpo di riserva, degli stessi Romani 20.000 fanti e con loro 1.500 cavalieri, e degli alleati 30.000 fanti e 2.000 cavalieri. Le liste d'arruolamento furono così presentate: dei Latini 80.000 fanti e 5.000 cavalieri, dei Sanniti 70.000 fanti e, con questi, 7.000 cavalieri, degli Iapigi e dei Messapi, poi, complessivamente, 50.000 fanti e 12.000 cavalieri, dei Lucani 30.000 fanti e 3.000 cavalieri, dei Marsi, Marrucini, Frentani e Vestini 20.000 fanti e 4.000 cavalieri. Inoltre, in Sicilia e a Taranto stavano di riserva due legioni, ciascuna delle quali era di 4.200 fanti e 200 cavalieri. Fra Romani e Campani fu registrata una massa di circa 250.000 fanti e c'erano poi 23.000 cavalieri, mentre la quantità complessiva di quelli in grado di portare le armi era di oltre 700.000 fanti e di circa 70.000 cavalieri. Contro di loro, Annibale invase l'Italia con meno di 20.000 uomini. La strategia di Annibale Polibio 3, 77, 3-7  Annibale, che svernava nel territorio dei Celti, teneva sotto sorveglianza, tra i prigionieri presi in battaglia, i Romani, cui concedeva viveri in quantità sufficiente; quanto poi ai loro alleati, cominciò col trattarli con la massima umanità e in seguito li radunò e prese ad incoraggiarli, affermando di essere venuto a muovere guerra non contro di loro, ma in loro difesa contro i Romani. Perciò, disse, essi, se ragionavano bene, dovevano tenersi stretta la sua amicizia. Egli, infatti, era venuto in primo luogo per riguadagnare la libertà agli Italici, ma al tempo stesso per aiutarli a recuperare le città e il territorio che ciascuno aveva perduto per opera dei Romani. Detto ciò, li lasciò andare tutti a casa senza riscatto, volendo in tal modo, a un tempo, attirare a sé gli abitanti dell'Italia, staccarli dal favore che avevano per i Romani e provocare l'ira di quelli che si ritenevano in qualche modo danneggiati, nelle città o nei porti, dal dominio dei Romani. Livio 22, 61, 10-13  Quanto poi quella disfatta sia stata più grande delle precedenti, lo prova almeno questo fatto, che la fedeltà degli alleati, che fino a quel giorno era rimasta salda, allora cominciò a vacillare, certamente per nessun’altra ragione, se non perché gli alleati avevano disperato che Roma potesse conservare la sua supremazia. Passarono quindi ai Cartaginesi queste popolazioni: Campani, Atellani, Calatini, Irpini, parte dell'Apulia, i Sanniti tranne i Pentri, tutti i Bruzzi, i Lucani e, oltre a questi, gli Uzentini, quasi tutto il litorale greco, i Tarentini, quelli di Metaponto, i Crotoniati, i Locresi e tutti i Galli cisalpini. Gli esiti dsastrosi della battaglia di Canne avevano infatti indotto alla defezione dei Greci dell’Italia meridionale e di molti popoli appenninici, oltre al fatto che era andata perduta la Sicilia. Le uniche città ancora fedeli erano quelle dell’Italia tirrenica. Livio, Storia di Roma 27. 10. 3-4, 7-9  A nome di 18 colonie Marco Sestilio Fregellano rispose che i soldati richiesti erano pronti e che, se fossero stati necessari di più, ne avrebbero dati di più e che con ogni sforzo avrebbero eseguito qualunque altra cosa comandasse e volesse il popolo romano; a loro non mancavano i mezzi per quello scopo e anche il coraggio restava loro d'avanzo [...] E perché neppure adesso dopo tanti secoli vengano passati sotto silenzio o siano defraudati della loro benemerenza, ecco quali furono: i Signini, i Norbani, i Saticulani, i Fregellani, i Lucerini, i Venusini, i Brindisini, gli Atriani, i Fermani e i Riminesi, e dalla parte dell'altro mare, i Ponziani e i Pestani e gli abitanti di Cosa e nell'interno i Beneventani e gli Isernini, gli Spoletini, i Piacentini e i Cremonesi. Allora la potenza del popolo romano stette salda grazie all'aiuto di queste colonie e ad esse furono tributati i ringraziamenti in Senato e davanti al popolo. Annibale decide di non attaccare direttamente Roma, e trova l’appoggio di Capua e persino di Filippo V, re di Macedonia. Negli anni in cui Annibale non interviene, l’esercito romano sotto la guida di Quinto Fabio Massimo riprende le forze e inizia dapprima il recupero delle piazzeforti strategiche, tra cui Capua, Siracusa e Taranto. Nel 209 a.C. inizia a operare in Spagna Publio Cornelio Scipione, che annienta l’egemonia cartaginese in Spagna e vi fonda la città di Italica. Ricevette dai soldati il titolo onorifico di imperator, cioè di generale vittorioso, e nel 207 a.C. annienta i rinforzi di Asdrubale nel fiume Metauro. Scipione sbarca poi in Africa e impone sul trono di Numidia un re filoromano, Massinissa. Nel 202 a.C. si ha lo scontro decisivo nella pianura di Zama, che costringe Annibale alla fuga in Oriente (ospitato da Antiochio III re di Siria). Le condizioni di pace imposte ai cartaginesi sono durissime: Polibio 15, 18  I punti principali delle sue 32 [scil. di P. Cornelio Scipione] proposte erano questi. Dovevano tenere le città in Libia che avevano già prima di muovere ai Romani l'ultima guerra, il territorio che avevano anche in antico, le greggi, gli schiavi e gli altri beni; a partire da quel giorno i Cartaginesi dovevano restare indenni e potevano godere dei propri costumi e delle proprie leggi, senza essere controllati da guarnigioni. Queste erano le concessioni, mentre le clausole svantaggiose erano le seguenti: i Cartaginesi dovevano ripagare ai Romani tutti i torti commessi durante la tregua, restituire i prigionieri e gli schiavi fuggitivi di ogni tempo, consegnare tutte le navi lunghe, tranne dieci triremi, e così anche tutti gli elefanti. Non dovevano assolutamente portare guerra a nessuno, né fuori della Libia né in Libia, senza l'approvazione dei Romani; dovevano restituire a Massinissa tutte le case, il territorio, le città e quant'altro fosse del re Massinissa o dei suoi antenati all'interno dei confini che sarebbero stati loro assegnati; rifornire di viveri l'esercito per tre mesi e pagare gli stipendi finché da Roma non fosse giunta una risposta in merito ai patti; i Cartaginesi dovevano pagare 10.000 talenti d'argento in 50 anni, versando ogni anno 200 talenti euboici; dare in garanzia 100 ostaggi che il generale romano avrebbe scelto tra i giovani, non al di sotto dei 14 anni né al di sopra dei 30. L’ORDINAMENTO PROVINCIALE Per amministrare il vastissimo territorio extraitalico, Roma adotta il sistema della provincia. Inizialmente con questo termine si designava il territorio su cui si estendeva la competenza del magistrato dotato di potere militare, ora invece indica il territorio nemico i cui abitanti sono privi di diritti politici. Il territorio conquistato veniva riorganizzato delimitandone i nuovi confini e la nuova capitale, per poi definire i diritti e privilegi delle entità. Nella provincia conviveva una molteplicità di ordinamenti: - città alleate; - città che dovevano pagare il tributo; - città autonome ed esenti da pagamenti. La provincia era amministrata da un governatore, che era un magistrato dotato di imperium (poteva essere un console o un pretore). Era però affiancato da personale tecnico di servizio e da un seguito di amici e clienti: tra essi vi erano i legati, un questore che svolgeva mansioni amministrative e finanziarie, consiglieri privati. In generale, il principale compito del governatore era quello di amministrare la giustizia. 35 divenne più incisiva, nell'aggiungere in ogni questione su cui si doveva esprimere il proprio voto: «E mia opinione che Cartagine debba essere distrutta». Al contrario Scipione Nasica, invitato a dare il suo voto, terminava sempre la sua dichiarazione dicendo: «Ritengo che Cartagine debba rimanere in vita». Operazioni militari in Spagna (147-139 e 134-133 a.C.) Nel 197 a.C. erano state istituite le due provincie di Spagna Citeriore e Spagna Ulteriore, che si trovavano nella costa orientale e meridionale della Spagna, ed erano amministrate da due pretori. L’interno della Spagna era però un luogo ricco di scontri dato che era ricco di giacimenti di oro, argento, rame, stagno e ferro. Le difficoltà erano riconducibili all’asperità della regione, che impediva gli scontri in campo aperto + le difficili tribù ispaniche che facevano ricorso alla guerriglia e non si lasciavano sottomettere. Tra 147 e 139 a.C. le legioni romane si scontrarono con la tribù dei Lusitani, ma nel 137 a.C. non riescono a porre sotto assedio Numanzia e il console Gaio Ostilio Mancino dovette accettare una pace disonorevole per fare in modo che il suo esercito non venisse massacrato. Il senato romano non accettò la pace e mandò come negoziatore Tiberio Sempronio Gracco. Numanzia viene definitivamente rasa al suolo nel 133 a.C. da Publio Cornelio Scipione Emiliano. Italia settentrionale Dopo la seconda guerra punica questa zona era quella che aveva subito le maggiori defezioni. A nord del Po’ le tribù celtiche degli Insubri e Cenomani concordarono trattati di alleanza. A sud del Po’ invece Liguri e Celti cispadani vennero assoggettati con la forza. Il console Marco Emilio Lepido fece costruire la via Flaminia, da Rimini a Roma, su cui sorsero: Bologna, Modena e Parma. Sulla via Flaminia sorgono anche le colonie di Firenze, Lucca e Luni. Nell’odierna Romagna si assistette a un progressivo processo di ripopolamento, che portò alla creazione di municipi: Forlimpopoli, Forlì e Imola. Un’altra colonia importante è quella di Aquileia, che fungeva da caposaldo di interessi militari ed economici per contrastare la minaccia delle pressioni degli Istri e dei celtici. Aquileia divenne il terminale della via Postumia, proveniente da Genova. Sul versante ligure, la via Emilia Scauri collegava Pisa e Genova, e su essa nasce la nuova colonia di Tortona. Roma consolida la sua egemonia anche nella Francia meridionale, e la provincia della Gallia Transalpina (121 a.C.) nel 118 a.C. viene ribattezzata “Gallia Narbonense”, dato che Narbo Matius (Narbonne) ne diventa la capitale. 36 Lezione 9: I GRACCHI e LA CRISI DELLA REPUBBLICA PROBLEMI: esercito, province e questione agraria ESERCITO Le difficoltà emersero dopo la presa di Numanzia, in Spagna, dato il notevole dispendio di uomini e mezzi: Scipione Emiliano riuscì a prendere la città, ma con l’aiuto di Giugurta che guidava i raparti di cavalleria. Le legioni romane si trovarono poi a combattere in Africa contro lo stesso Giugurta, e il successo dei romani si doveva alla riorganizzazione dell’esercito ad opera di Gaio Mario. PROVINCE Sempre più spesso i governatori romani arrivavano a depredare i territori e a compiere estorsioni a danno delle popolazioni locali. Numerose erano così le rivolte: nel 133 Aristonico, figlio di Eumene II di Pergamo, sobillò il popolo alla rivolta, ma essa venne soffocata nel sangue da Marco Ebuzio Perperna, che prese anche la città di Stratonicea. Un’altra rivolta fu quella di Mitridate VI re del Ponto, che ambiva ad espandere il dominio nei territori dell’Asia Minore sottoposti al controllo romano; siccome si presentava come liberatore riscosse ampie adesioni nella provincia d’Asia. Altri problemi:  Alleati italici: - erano penalizzati sia nelle sanzioni disciplinari che nella spartizione del bottino; - i ceti subalterni tendevano a inurbarsi sempre più, accrescevano così il sottoproletariato urbano e causavano episodi di violenza; - le élite delle comunità italiche erano escluse dalla vita politica.  Schiavi  sono sempre più numerosi, e le loro condizioni cambiano radicalmente: si passa dallo schiavo dell’età arcaica che era percepito come un componente della famiglia, allo schiavo concepito come un oggetto di proprietà. Anche loro fomentarono molte rivolte, soprattutto in Sicilia, e avevano tutti l’obiettivo di ritornare nelle terre natie;  Istituzioni romane  nasce una nuova forma di clientela, quella militare. L’esercito assume sempre più il ruolo di forza politica al servizio dei comandanti (ma il ceto equestre inizia a rivendicare il diritto a operare in politica). La plebe era coinvolta attraverso i rapporti clientelari ma anche attraverso la repressione dei capi rivoluzionari mediante i congiaria, cioè le donazioni di alimenti e denaro. QUESTIONE AGRARIA La seconda guerra punica portò a due gravi conseguenze: - devastazioni nell’Italia centro-meridionale; - forte calo demografico. Questo determinò l’abbandono dell’agricoltura di sussistenza, sostituita dal sistema della villa schiavistica e dall’allevamento transumante. - Transumanza: gestita da manodopera straniera non libera, che andava a formare la comunità pastorale nomade artificiale. Le aree di pianura venivano sfruttate per i pascoli invernali, mentre in estate i greggi si spostavano nelle alture appenniniche; - Villa schiavistica: oltre che l’agricoltura vengono praticate anche attività artigianali, per cui la produzione era destinata in maggior parte alla vendita sul mercato. La manodopera servile viveva in appositi alloggi, gli ergastula; - Riconversione delle colture da cerealicole ad arboricole: non si potevano coltivare più solo granaglie perché erano stati acquisiti territori, come la Sicilia, che producevano già molti cereali. Affinché tale riconversione potesse essere messa in atto, 4 erano i requisiti: 1. Capitali  le colture arboricole necessitavano di periodi in cui il terreno non avrebbe dato nessuna resa; 2. Manodopera  siccome manca la manodopera libera, si fa sempre più ricorso agli schiavi; 37 3. Nuovi mercati  la politica espansionistica aveva portato all’apertura di nuove rotte in cui vendere i prodotti dell’agricoltura italica, in particolare delle viccle schiavistiche; 4. Terra  veniva presa dai lotti di proprietà pubblica o sottratta ai proprietari terrieri. I piccoli proprietari terrieri iniziano infatti ad abbandonare i loro campi, per tre motivi: - per sottrarsi alla leva: il servizio militare non era più concepibile con il servizio dell’agricoltura perché le campagne militari li costringevano a stare via per troppo tempo; - indebitamento (causato dall’assenza per andare a combattere); - occupazione delle greggi transumanti e concorrenza sul mercato. Dopo aver ceduto la terra, l’ex piccolo proprietario terriero poteva: - inurbarsi  diventava proletario e svolgeva attività di piccolo commercio, di artigianato o di clientela; - rimanere nella provincia in cui aveva combattuto  per dedicarsi ad attività commerciali. C’era anche chi non vendeva la terra e prestava servizio come bracciante salariato. TIBERIO GRACCO, UNA PRIMA SOLUZIONE ALLA CRISI MILITARE e AGRARIA Un primo tentativo di soluzione consisteva nell’abbassamento dal limite censitario da 11.000 a 1.5000 assi + potenziare l’apporto degli Italici per accrescere le truppe ausiliare. Tiberio Sempronio Gracco fu però il primo ad aver capito come la questione agraria e la crisi dell’esercito fossero connesse. Plutarco, Vita di Tiberio Gracco 9,4  Tiberio, non appena fu eletto tribuno, subito si dispose alla realizzazione di quello stesso disegno a ciò spinto (così dicono i più) dal retore Diofane e dal filosofo Blossio. [...] Suo fratello Gaio ha lasciato scritto in un libro che Tiberio, in viaggio verso Numanzia, passando per l'Etruria e vedendo la desolazione di quella zona e che la coltivazione della terra o il pascolo delle greggi erano affidati a schiavi e barbari lì deportati, concepì allora per la prima volta l'idea di quei provvedimenti dai quali sarebbero venuti per loro dolori infiniti. Ma fu il popolo stesso che gli diede la spinta maggiore e più ambiziosa, invitandolo con scritte comparse nei portici, sui muri, sui monumenti, a far restituire ai poveri le terre dell'agro pubblico [...]. La sua riforma non fu rivoluzionaria, ma restauratrice, perché rivitalizzò una delle leggi Licinie Sestie. Appiano, Guerre civili 1, 9-11 (35-43)  Tiberio Sempronio Gracco, uomo nobile e ambiziosissimo, di grande potenza nel parlare, e per questi motivi a tutti notissimo, divenuto tribuno della plebe, [...] rinnovò la legge che nessuno potesse occupare più di 500 iugeri di agro pubblico. Aggiunse però alla vecchia legge la clausola che i figli degli occupanti potessero possedere altri 250 iugeri: quello che sarebbe sopravanzato, tre persone elette all’uopo lo avrebbero ripartito tra i poveri, alternandosi nella direzione ogni anno. Stabilì inoltre che queste quote potevano essere concesse in proprietà a quanti ne detenessero, cessando così di appartenere allo stato. La proprietà veniva negata per rendere i diritti inalienabili, ma venne garantito il diritto di trasmissione ereditaria ai figli. Questa legge, chiamata legge Sempronia, incontrò l’opposizione dei senatori, che affermavano di avere diritto all’agro pubblico occupato. Tentarono di bloccare la proposta inducendo il tribuno della plebe Marco Ottavio a interporre il veto. L’atto era clamoroso e Tiberio depose il collega, cosicché la legge venne approvata. Ora si doveva passare ad un attento lavoro di verifica, ridefinizione dei diritto proprietari e assegnazione dei nuovi lotti, Tiberio usò il testamento di Attalo III di Pergamo, che nel 133 aveva designato il popolo romano come erede del suo regno. Plutarco, Vite di Tiberio e Caio Gracco 14  Era morto frattanto Attalo [III] Filometore ed Eudemo di Pergamo ne portò a Roma il testamento nel quale era stato indicato come erede del re il popolo romano. Subito Tiberio, per favorire il popolo, presentò una proposta di legge in virtù della quale le ricchezze del re, portate a Roma, dovevano essere distribuite ai cittadini cui erano toccate in sorte le terre per le spese d'impianto e di avvio delle attività agricole. Per quel che riguardava invece le città del regno di Attalo, egli affermò che non era di competenza del senato prendere decisioni, ma che ne avrebbe personalmente riferito al popolo. Fu soprattutto per questo che il senato si sentì offeso. 40 Lezione 10: I PRIMI CONFLITTI INTERNI ALLA REPUBBLICA: da GAIO MARIO alla GUERRA SOCIALE I primi problemi interni alla repubblica iniziano con i fratelli Gracchi, dato che dal 133 al 121 emergono i problemi sulla questione agraria, sull’esercito, sulla gestione delle province e degli alleati italici. Lo storico greco Appiano di Alessandria fa iniziare la storia di Roma dalle vicende dei Gracchi. Dopo la morte di Gaio Gracco, i tentativi di riforma vengono smantellati. Già nel 121 (anno del suicidio di Gaio Gracco) i lotti di terra assegnati ai nullatenenti iniziano ad essere venduti (diventano alienabili) e quindi i latifondisti li riacquistano. Nel 119 viene abolita la commissione triunvirale e nel 111 una nuova legge trasforma le terre che dovevano essere distribuite in terre di proprietà privata. LA RIOGRANIZZAZIONE DELL’ESERCITO DI GAIO MARIO È un homo novus, cioè proviene da una famiglia di equestri e prima di lui nessuno aveva ricoperto una carica, ed è il primo della famiglia ad accedere alle magistrature. Si distingue subito nel 134 nella campagna militare in Numanzia, sotto il comando di Publio Cornelio Scipione Emiliano. Nell’occasione venne eletto tribuno militare. Si distinse poi durante il governatorato della Spagna Ulteriore, intraprendendo azioni militari contro le tribù celtiberiche. I momenti più importanti della sua carriera militare: - Guerra giugurtina, 112  nasce da un problema di successione della terra di Numidia: al re Massimissa era succeduto il figlio Micipsa, che alla sua morte, nel 118, aveva diviso il regno tra i due figli Aderbale e Iempsale e il nipote Giugurta. Quest’ultimo era il più intraprendente, tant’è che nel 116 uccide Iempsale e mette in fuga Aderbale. Allora Aderbale chiede aiuto ai romani (perché anche Massimissa era stato loro alleato), che spartiscono il regno tra: - Giugurta  parte occidentale; - Aderbale  parte orientale. Ma due anni dopo, Giugurta uccide Aderbale, per impossessarsi della parte orientale + alcuni soldati romani  nel 112 allora i romani sono costretti ad intervenire, ma nella prima fase della guerra non si raggiungono gli esiti sperati, assieme all’umiliazione di passare sotto il giogo nemico. Nel 109 però il comando passò a Quinto Cecilio Metello, coadiuvato da Gaio Mario: l’anno successivo Mario torna a Roma per presentare la sua candidatura al consolato: allora accede alla nobiltà senatoria + conduzione della guerra in Africa. Ora torna in Africa, che aveva come questore Lucio Cornelio Silla: Giugurta cade vittima di un raggiro orchestrato dal suocero, che nel 105 lo consegna a Silla. Nel 104 viene celebrato il trionfo e Giugurta viene giustiziato a Roma; - Campagne contro Cimbri e Teutoni  mentre si trovava ancora in Africa, Mario venne rieletto nel 105 per un secondo consolato: era un’operazione inconsueta perché Mario non si trovava a Roma + secondo la legge dovevano passare dieci anni tra due consolati. Ma questa scelta fu dettata da una situazione di emergenza = minaccia di una nuova invasione di Cimbri e Teutoni, popolazioni provenienti dall’attuale Danimarca. Mario addestra duramente i suoi soldati e gli schiavi, impegnati nella costruzione della Fossa Mariana (canale navigabile tra Rodano e costa mediterranea per l’approvvigionamento militare). I Cimbri si spostavano verso la Spagna, mentre i Teutoni rimasero in Gallia: - Cimbri: sconfitti nel 101 ai Campi Raudii, in Gallia Cisalpina; - Teutoni: sconfitti nel 102 ad Aquae Sextiae. Gaio Mario (157-86 a.C.)  Homo novus; rappresentante dei populares  133 a.C.: assedio di Numanzia  123 a.C.: fu questore  119 a.C.: fu tribuno della plebe  115 a.C.: fu pretore  107 a.C.: fu console; guerra contro Giugurta in Numidia (107-105 a.C.)  104-100 a.C.: fu console per 5 anni consecutivi; guerra contro Cimbri e Teutoni 41 Riforma militare Sallustio, La guerra Giugurtina 86, 1 - 87, 3: Dopo aver tenuto un discorso di tal fatta, Mario, vedendo infiammati gli animi della plebe, si affretta a caricare le navi di vettovaglie, di denaro, di armi e di ogni altra cosa utile, e con esse fa partire il suo luogotenente Aulo Manlio. Egli intanto arruola soldati, non secondo l'uso antico e per classi di censo, ma tramite una coscrizione volontaria, soprattutto di nullatenenti. Taluni affermano che egli l'avesse fatto per mancanza di uomini forniti di censo, altri per amore di popolarità personale, perché da quegli stessi proletari egli riceveva favore e grandezza e a un uomo che cerca potenza giovano di più i più poveri che, nulla possedendo, non hanno interessi propri e tutto ciò che offre guadagno sembra loro onesto. Quindi Mario parte per l'Africa con un contingente di uomini alquanto maggiore di quello che era stato decretato ed in pochi giorni sbarca a Utica. [...] Ma il console [= Mario], colmati i vuoti delle legioni e delle coorti ausiliarie, avanza verso una regione fertile e ricca di preda e tutto ciò che prende lo dona ai soldati; poi assalta castelli e centri poco difesi dalla posizione e dagli uomini; ingaggia molti combattimenti qua e là, ma di poca importanza. Frattanto le nuove reclute si abituavano a partecipare alle battaglie senza timore, a vedere che i fuggiaschi erano o catturati o uccisi, che quanto più uno era valoroso tanto meno correva pericolo, che con le armi si proteggevano la libertà, la patria, la famiglia e ogni altro bene e ci si procuravano gloria e ricchezze. Così in breve tempo i nuovi soldati si affiatarono con i vecchi e il valore divenne uguale in tutti. Plutarco, Vita di Caio Mario 13: Partendo per la guerra [nel 103 a.C.] durante il viaggio egli [= Mario] sottopose le truppe a pesanti esercitazioni: le allenò facendole correre in ogni maniera, compiendo lunghe marce e costringendole a portare sulle spalle il proprio bagaglio e a preparasi da sé il rancio. Perciò in seguito quei soldati che amavano la fatica ed eseguivano in silenzio e senza riluttanza ciò che veniva loro ordinato furono chiamati «muli di Mario» (ἡμιόνους Μαριανοὺς). Taluni ritengono tuttavia che l'origine di questo nome sia un'altra. Scipione, durante l'assedio di Numanzia, volle ispezionare non soltanto le armi e i cavalli, ma anche i muli e i carriaggi, di modo che ognuno li tenesse pronti all'uso e in ordine. Orbene, Mario gli presentò un cavallo allevato da lui nel modo più splendido e una mula di buona costituzione, docile e vigorosa più di tutte le altre. II generale fu naturalmente compiaciuto nel vedere la bella bestia allevata da Mario e ne fece sovente menzione, sì che poi coloro che volevano lodare scherzosamente un lavoratore indefesso, paziente e infaticabile, lo chiamavano «mulo di Mario» (Μαριανὸν ἡμίονον). Con Scipione Emiliano, nella campagna in Numanzia, si era fatto ricorso a un esercito di volontari stipendiati: era più proficuo disporre di combattenti motivati, infatti il proletariato urbano e rurale vedeva nel servizio militare un’occasione di riscatto sociale. Inizialmente Scipione arruolò i propri clienti e gli iscritti alla sua tribù, la Cornelia, tra cui lo stesso Mario  nel 107, ottenuto il comando in Numidia, procede all’arruolamento di volontari. I legionari romani vengono così reclutati sempre più su base volontaria, e si trasformano in soldati di professione: in questo modo l’esercito romano si proletarizza. Una volta terminata la campagna militare, i veterani vengono compensati con una buonuscita in appezzamenti terrieri: proprio nella distribuzione di terre ai veterani si avevano due schieramenti opposti: - Il senato si opponeva; - I tribuni della plebe sostenevano l’esigenza delle distribuzioni, che spesso provenivano dalla confisca dei beni degli avversari politici. Non arruola i soldati tramite la riforma serviana, ma tramite coscrizioni volontarie, in particolare di nullatenenti, che sono invogliati ad arruolarsi perché Mario corrisponde loro una paga. È probabile che abbia fatto ciò perché: - Mancavano uomini forniti di censo; - Acquista popolarità, dato che questi soldati si legano a lui e gli danno consenso politico. La prima fase è di guerriglia, e tutto ciò che depreda lo dona ai soldati, che si legano sempre di più a lui. Un altro cambiamento della riforma mariana riguarda l’addestramento militare, molto più severo, tant’è che i soldati vengono soprannominati “muli di Mario”. Quindi la riforma mariana consiste in: - Esercito di soldati volontari pagati; - Esercito proletarizzato  perché vengono arruolati anche i nullatenenti; - Lo Stato si occupa dell’equipaggiamento e dello stipendio; - Nascita della clientela militare. 42 In questo modo si afferma la clientela militare: dato che le spedizioni belliche si conducevano a lungo fuori dall’Italia, si ha in primo luogo la necessità di prorogare il comando al generale vittorioso, fino a quando non si fosse conclusa la campagna (prorogatio imperii, legalizzata da Silla). Così si stringeva un legame sempre più forte tra comandante ed esercito: quest’ultimo, grazie l’assegnazione di terre e benefici economici, costituiva la base politica del consenso del comandante. Perdeva così autorevolezza la clientela aristocratica, ed avanzavano sempre più i viri militares, cioè politici che comandano eserciti e raggiungono il potere grazie al consenso dei soldati. Si ha anche un cambiamento nelle tattiche militari: si passa dal manipolo alla coorte, che riuniva i manipoli a 3 a 3: in questo modo l’esercito era più manovrabile ed elastico APPULEIO e GLAUCIA: un problema per Mario Nel 100 Mario viene riconfermato al consolato, e nel 103 diviene tribuno della plebe Lucio Appuleio Saturnino, di parte popolare. Propone una serie di provvedimenti di stampo gracchiano: - Distribuzione di terre in Africa (dopo la guerra giugurtina) per i veterani; - Legge frumentaria per i più poveri; - Lex de maiestate, per trasferire le giurie dei tribunali delle provincie dai senatori ai cavalieri. Nel 100, durante il sesto consolato di Mario, Saturnino e il pretore Gaio Servilio Glaucia propongono una legge agraria sulle assegnazioni di terre in Gallia + fondazione di colonie in Sicilia, Grecia e Macedonia. nello stesso anno, Glaucia si candida al consolato: il suo rivale, Gaio Memmio, viene ucciso, e si ritengono Saturnino e Glaucia commissari dell’assassinio. Il senato allora emana il senatus consultum ultimum e dichiara Saturnino e Glaucia nemici dello Stato: in questo modo Mario è stato costretto ad appoggiare il senato contro coloro che erano filopopolari come lui, ma non aveva altra scelta. I due vengono però assassinati, e allora Mario è costretto a lasciare Roma. GUERRA SOCIALE Si hanno varie posizioni:  Le élite italiche erano divise tra filo-romani e anti-romani: questi ultimi erano la maggior parte, cercavano infatti maggiore rappresentazione politica a Roma. Alcuni erano stati colpiti dalle riforme gracchiane, cioè dalla confisca delle terre;  Anche negli strati più bassi della popolazione: - molti volevano beneficiare delle distribuzioni granarie, inurbandosi a Roma; - molti non volevano più essere arruolati nelle legioni ausiliare, ma in quelle regolari (era sempre più complicato combattere perché bisognava stare per troppo tempo lontano dalla terra + armamentarsi era sempre più costoso);  A Roma nessuno voleva concedere la cittadinanza agli italici: - le élite romane temevano uno squilibrio di potere; - il popolo non volve condividere né le distribuzioni di frumento, né il sistema clientelare, né l’assegnazione di terre nelle colonie. Molti italici ricorrevano a delle strategie per ottenere la cittadinanza, come quella di trasferirsi abusivamente a Roma. Iniziano però ad essere fatte verifiche ed espulsioni, fino a quando nel 95 la legge Licinia Mucia istituisce un tribunale che giudicasse tali illeciti. CASUS BELLI Appiano, Le guerre civili 1.34-35 (150-159): Dopo di loro [= M. Fulvio Flacco e C. Gracco] anche il tribuno Livio Druso [91 a.C.], uomo di stirpe nobilissima, promise agli alleati italici, che insistevano nella loro richiesta, di proporre nuovamente una legge per la concessione della cittadinanza. Costoro infatti la desideravano ardentemente innanzitutto per passare, con questo solo atto, da sudditi che erano a signori dell’impero. Druso, avendo di mira questo progetto, si mise a guadagnare alla propria causa dapprima il popolo romano con la deduzione di molte colonie in Italia e in Sicilia che, votate da molto 45 Lezione 11: CONFLITTI e ACCORDI INTERNI ALLA REPUBBLICA: da SILLA al “PRIMO TRIUMVIRATO” LUCIO CORNELIO SILLA L’inizio della sua carriera è dovuto a Mario, perché nel 107 fu questore sotto il consolato di Mario, e lo affianca nella guerra in Numidia e contro Cimbri e Teutoni. Si distingue come grande diplomatico, e in virtù delle sue qualità, nel 97 è pretore con governo in Cilicia; nell’anno successivo inizia a fermare l’avanzata di Mitridate in Asia Minore attraverso attività diplomatiche (la guerra vera e propria scoppierà nell’88, dieci anni dopo). Si distingue anche nella guerra sociale, perché riesce a sedare le rivolte nell’ Italia meridionale. Nell’89 viene eletto al consolato per l’anno successivo, l’88. Ma Silla, al contrario di Mario, era un optimates, quindi rappresentante della politica senatoria. Nell’88, in qualità di console, viene incaricato di iniziare la guerra con Mitridate. Recluta anche lui un esercito di volontari (clientela militare). Nel frattempo la dialettica tra populares e optimates si inasprisce sempre di più perché il popolo non è d’accordo sull’avanzare una guerra contro Mitridate. Il tribuno della plebe Sulpicio Rufo allora fomenta il popolo, facendo approvare una legge che trasferisce il comando militare a Mario. Silla, per esprimere il suo disaccordo, prende le armi nella PRIMA MARCIA SU ROMA (dalla Campania, dove stavano i suoi veterani) per rivendicare i compiti che gli aveva affidato il Senato. Il senato allora dichiara Mario e Sulpicio Rufo hostis publicus, e sono così costretti a fuggire (Mario trova rifugio in Africa). Prima guerra mitridatica A questo punto Silla può dedicarsi alla campagna militare, e nell’87 lascia Roma. Allora i mariani tornano dall’Africa a Roma ed eleggono Mario console + dichiarano Silla nemico pubblico  viene allora inviato un altro esercito in Oriente che dovesse rimpiazzare quello di Silla. Mario muore di vecchiaia, nell’86, all’inizio del suo settimo consolato. Sempre nell’86 Silla sconfigge due volte l’esercito di Mitridate, a Cheronea e Orcomeno. Vuole a questo punto stipulare al più presto una pace con Mitridate, per fare ritorno a Roma: nella pace di Dardano si stabilisce che Mitridate avrebbe dovuto restituire le terre che aveva invaso + pagare un tributo. 83-82 Guerra civile Nell’83 Silla sbarda a Brindisi con un bottino straordinario (le campagne in Oriente portano sempre molte ricchezze). A Roma, dopo la morte di Mario, era stato eletto console Cinna, che aveva proposto una serie di riforme mariane. Con il ritorno di Silla, il senato lo vede come un liberatore, tant’è che Tacito parla di questo periodo come della Cinnae dominatio. Silla può contare tra due sostenitori: - Gneo Pompeo; - Marco Licinio Crasso (l’uomo più ricco di Roma). Tra i suoi avversari vi sono invece: - Gaio Mario il giovane, figlio di Mario; - Sanniti  nonostante la concessione della cittadinanza non volevano piegarsi agli accordi (anche perché la concessione non è immediata, e loro l’hanno avuto più tardi rispetto ad altri); - Cinna non è più un problema perché è stato assassinato dai suoi stessi sostenitori. Da Brindisi, Silla avanza in tutta la Puglia ma nel Lazio incontra i contingenti dei suoi avversari: assedia Praenestae e li sconfigge definitivamente nella battaglia di Porta Collina (82)  [vicenda di Ponzio Telesino]. 82-79 La dittatura sillana Da questo momento viene designato dal senato come dittatore (dictator legibus scribundis et rei publicae constituendae): deve scrivere le leggi e rigovernare lo stato attraverso un governo stabile. Tra i suoi provvedimenti: 46  Crea liste di proscrizione = elenchi di avversari politici che sono oggetti di uccisione/esilio/espropriazione dei beni;  Aumenta in numero dei membri del senato, da 300 a 600, andando a inserire i suoi sostenitori  vuole far tornare la centralità del senato, non vuole che sia più sottomesso ai tribuni della plebe;  Limitazione dei poteri dei tribuni della plebe + chiunque fosse stato tribuno non avrebbe avuto accesso ad altre magistrature;  Ricompensa i suoi veterani con la fondazione di colonie e assegnazione di terre;  I tribunali chiamati a giudicare dei reati di concussione nelle provincie vengono riaffidati a giurie di senatori;  Abolisce le frumentazioni;  Amplia il pomoerium alla linea Rubicone – Arno. Nel 79 Silla decide di abbandonare la politica per ritirarsi a vita privata in Campania. L’anno successivo, nel 78, muore. I primi colpi all’ordinamento sillano Dopo la sua morte si cerca subito di smantellare ciò che aveva costruito: - Nel 78 il console Marco Emilio Lepido: - fa rientrare gli avversari politici; - ripristina le distribuzioni frumentarie; - restituisce la terra agli espropriati (in particolare in Etruria Silla aveva espropriato quelle terre per darle ai suoi veterani; - Tra 78 e 77 Lepido marcia su Roma chiedendo il secondo consolato + ripristino del potere dei tribuni della plebe. Genera così un tumulto (appoggiato dagli abitanti dell’Etruria): il senato è costretto a intervenire e incarica Lutazio Catulo e Pompeo di sedare la rivolta (Pompeo era senza nessuna carica, ma con imperium); - Nel 75 il console Gaio Aurelio Cotta abolisce il divieto per i tribuni di ricoprire altre cariche; - Nel 73 con la lex Terentia Cassia si propone il ripristino delle distribuzioni frumentarie. RINNOVATE MODALITA’ DELLA POLITICA  Nel 180 con la legge Villia annale si disciplinava la successione delle cariche. Ora, tra la fine del II e il I secolo a.C. le ripetute infrazioni contrastano con quanto stabiliva la legge. - Un fattore di novità è l’ammissione dei cavalieri al senato: essi erano infatti sempre più potenti economicamente + sempre più incisivi negli scontri militari + incrementano le relazioni clientelari + progressiva integrazione giuridica; - “Uomini nuovi” = inizia ad assumere magistrature anche chi non aveva antenati autorevoli, ma si riconosce sempre di più il valore individuale, in particolare riguardo alle doti militari. Violazioni istituzionali  ora il consolato: - Viene attribuito a uno stesso individuo anche per cinque anni di seguito (Gaio Mario); - Viene attribuito a un solo console (Pompeo console sine collega); - Comandi straordinari per mansioni militari specifiche (Pompeo Magno: lex Gabinia, lex Manilia): viene violata la norma secondo cui il comando militare deve avere dei confini geografici specifici; - Accordi istituzionali tra leader politici (triumvirati). Anche la dittatura ha una forma nuova = viene autoconferita (solo in seguito è legalizzata dai comizi) + motivata da esigenze interne, come le guerre civili, e non da minacce esterne. Affermarsi di grandi personalità  la storia di Roma della prima fase è caratterizzata da uno sforzo collettivo, per cui la nobiltà senatoria da secoli aveva amministrato collettivamente lo stato, con un peso limitato alla dimensione personalistica. Nella tarda età repubblicana invece la politica viene gestita da grandi personalità: un fattore importante è la perdita di controllo da parte del senato delle truppe, che divennero milizie personali, a partire da Mario. Matrone, nuovo soggetto sulla scena pubblica  dato che la politica si inizia a decide sempre più in sedi private, in particolare nelle residenze dei membri della classe dirigente, acquistano sempre più importanza le matrone. Ora si appropriano degli strumenti tradizionali della politica: l’uso della parola in sedi pubbliche + la possibilità di agire negli spazi della città. Possono ora operare in sede giudiziaria + usare risorse finanziarie per esigenze politiche + inferire nella vita cittadina. 47 GNEO POMPEO MAGNO Nell’83-82 è uno dei principali sostenitori di Silla nella guerra civile: era un normale cittadino senza carica e senza imperium, ma recluta un esercito privato nel Piceno. Nel 77-76 interviene contro Lepido a Roma e in Etruria. Tra il 76 e il 77 viene inviato in Spagna a combattere contro il governatore Quinto Sertorio, che stava cercando di creare uno Stato nello Stato per ribellarsi a Roma. Nel 71 gli viene affidato un potere speciale per combattere contro il gladiatore Spartaco in Etruria: i gladiatori avevano sconfitto tre eserciti consolari, ma non quello di Pompeo. L’anomalo cursus honorum di Pompeo:  82, è un privato cittadino ma recluta un esercito e combatte i mariani in Sicilia;  77, raggruppa soldati in Etruria e marcia verso Roma, marcia contro Lepido;  77-71, contro Sertorio in Spagna e Spartaco, interviene con un imperium che però non gli spettava perché non aveva nessuna magistratura;  70, console, ma non aveva l’età legale, era troppo giovane;  67, lex Gabinia e 66, lex Manilia;  55, eletto al consolato insieme a Crasso per la seconda volta + potere proconsolare in Spagna. Ma detiene questo potere proconsolare a Roma;  52, console senza collega. MARCO LICINIO CRASSO Sostine Silla durante la guerra civile, in particolare nella battaglia decisiva di Porta Collina. Durante la dittatura sillana accumula un numero sempre maggiore di ricchezze, nonostante fosse già l’uomo più ricco di Roma. Nel 72 viene eletto pretore, e anche lui viene coinvolto nelle guerre contro Spartaco e i suoi seguaci in Calabria. Pompeo e Crasso consoli (70) Sono proprio loro che smantellano sillaico (anche perché è più vantaggioso avere il sostegno del popolo). Livio, Perioche 97-98: M. Crasso e Cn. Pompeo furono fatti consoli (Pompeo da semplice cavaliere romano, ancor prima di aver ricoperto la questura) e ristabilirono i poteri dei tribuni della plebe. Anche l’amministrazione della giustizia, per iniziativa del pretore M. [ma più probabilmente L.] Aurelio Cotta, fu trasferita ai cavalieri romani [...]. I censori Cn. [scil. Cornelio] Lentulo [scil. Clodiano] e L. Gellio [scil. Publicola] esercitarono la censura in modo molto severo, rimuovendo dal senato sessantaquattro membri. Pompeo non aveva però l’età anagrafica per poter diventare console + non aveva ricoperto in precedenza altre cariche. Lex Gabinia: Pompeo VS pirati In Oriente riaffiora il problema della pirateria, e sembrava che Mitridate convenzionasse le azioni dei pirati. Nel 67 si decide così di emanare una legge speciale per eliminare i pirati. Velleio Patercolo 2, 31, 2: Due anni dopo, poiché i pirati seminavano il terrore ovunque non più con scorrerie brigantesche, ma con azioni di guerra e con vere e proprie flotte, e avevano saccheggiato addirittura alcune città d’Italia, il tribuno Aulo Gabinio propose una legge secondo la quale Pompeo fosse mandato a combatterli, fornito di poteri equivalenti a quelli dei proconsoli di tutte le province in un raggio di 50 miglia dalle coste. Con questo decreto si affidava a un solo uomo il dominio di quasi tutto il mondo. Lex Manilia: Pompeo VS Mitridate Nel frattempo Mitridate aveva ripreso le forze, allora si emana un’altra legge speciale per togliere il potere a Locullo e affidarlo a Pompeo. Plutarco, Vita di Pompeo 30, 1-2: Quando fu annunciato a Roma che la guerra contro i pirati era conclusa e che Pompeo, libero da impegni, trascorreva il tempo a visitare le città, uno dei tribuni della plebe, un certo Manilio, presentò una proposta di legge, sulla base della quale Pompeo, prendendo sotto la giurisdizione tutto il territorio e le forze militari di cui Lucullo 50 Allora Cesare capisce che la situazione a Roma non è favorevole, allora fa proporre a un tribuno della plebe una legge in base alla quale sia Cesare che Pompeo debbano lasciare il consolato, nello stesso momento. La mozione inizialmente viene approvata, ma poi respinta perché Pompeo non ha lasciato il consolato. A questo punto si intima a Cesare di lasciare il suo proconsolato, ma siccome anche lui si rifiuta, allora il Senato emana il senatus consultum ultimum. In tutto ciò Cesare si trovava in Italia settentrionale, e decide di entrare in Italia con l’esercito, marciando su Roma e passando nel poemerium. Varca il Rubicone e marcia contro i pompeiani (marzo del 49). Cursus honorum di Cesare: non ha nulla di illegale, fino a quando varca il Rubicone  è allora che scatta la guerra civile. Guerra civile (49-45) Pompeo è costretto a fuggire da Roma, recandosi prima in illirico poi in Grecia. In Oriente cerca di riassestarsi per contrastare Cesare, fino a quando nel 48 Cesare decide di andare direttamente a combattere contro Pompeo  battaglia di Farsalo, in cui Cesare ha la meglio. Pompeo cerca aiuto in Egitto ma viene subito ucciso; Cesare lo aveva comunque seguito e appena arriva intraprende una relazione con Cleopatra, con la quale ha un figlio, Cesarione. Cleopatra prende il potere in Egitto e diventa l’unica regina. La guerra civile non finisce con la battaglia di Farsalo, ma i Pompeiani si sono sparsi in tutto l’Occidente: sconfigge Catone in Africa, a Utica, e qui Catone si suicida, nel 46 (battaglia di Tapso). Allora cerca di fare ritorno a Roma ma altri Pompeiani si erano rifugiati in Spagna, tra cui Tito Labieno, ufficiale di Cesare che lo tradisce passando dalla parte dei pompeiani (nel 49, dopo aver varcato il Rubicone assieme a Cesare). Poteri detenuti da Cesaro dopo il 49  inizia ad assumere poteri straordinari/speciali: - Viene eletto dittatore; - L’anno successivo è console per la seconda volta, come desiderava + gli viene rinnovata la dittatura; - Sarà console per altre quattro volte, per un totale di cinque consolati; - Gli viene prorogata la candidatura per svariati anni; - Nel 45 è diventato unico console sine collega; - Dal 44: dictator perpetuus rei publicae. Programma politico  Già nel 49, dopo aver varcato il Rubicone, ottiene il perdono per gli esiliati, i condannati politici  politica di apertura;  Assegnazione di terre ai veterani + fondazione di colonie che prendono il nome di Iuliae;  Allarga il Senato a 900 membri, e in alcuni casi anche a 1000. Lo allarga soprattutto alle élite italiche, in particolare a quelle dell’Italia settentrionale + a homines novi;  Nuova legge municipale per regolamentare il funzionamento delle città;  Riforma sulle giurie: cerca di riequilibrarle, per cui sono composte da metà senatori e metà equestri;  Abolisce i collegi, associazioni private destabilizzanti per lo Stato;  Concede la cittadinanza agli abitanti della Gallia Cisalpina (dopo la guerra sociale queste popolazioni avevano solo i tre diritti);  Riforma del calendario, in vigore fino al 1582 (papa Gregorio);  Inaugura una serie di edifici, tra cui il forum Iulium. È da qui che iniziano a emergere i primi problemi perché Roma non è ancora pronta per accettare il culto della personalità. Cesare è 51 anche il primo ad essere raffigurato sulle monete. Gli vengono offerti una serie di onori pseudo- divini che però rifiuta, ma non in modo troppo esplicito. L’eccesivo accentramento di poteri in una persona sola + culto della personalità come un sovrano ellenistico, non si conciliava con la cultura romana di questi anni. Idi di marzo del 44 Il suo grande obiettivo era la grande campagna contro i Parti, per concludere ciò che non era riuscito a fare Crasso. Non riesce nel suo intento perché in Senato viene accerchiato da una sessantina di persone, che lo uccidono. È significativo il luogo in cui viene ucciso: la curia di Pompeo, quindi nel luogo del suo grande avversario. I due capi della congiura sono Bruto e Cassio (anche se Cicerone stava dalla loro parte non partecipa alla congiura). Ora Roma è ancora di più nel caos. Un aristocratico di parte popolare: Cesare Nato nel 100 a.C. da una delle famiglie del patriziato romano più antiche, i Giuli, che vantavano una discendenza diretta da Venere, attraverso il figlio di Enea, Iulo. La sua prima carica fu quella di questore, nel 70, e sin da subito ha due obiettivi: affermazione della linea politica popolare + successo personale. Doveva avere però delle solide basi economiche per poter attivare una campagna elettorale e compensare i propri sostenitori. Perseguì poi l’alleanza con uomini potenti (triumvirato) e si garantì il comando di un esercito forte. Per poter ottenere l’elezione alle magistrature era però necessario aumentare il suo bacino clientelare: - Provinciali  premiò i suoi sostenitori delle regioni occidentali dell’impero (Gallia, Spagna, Sicilia) + riconosce alla Sicilia il diritto latino + la Gallia Transpadana ottiene la cittadinanza romana + molto provinciali vengono ammessi in senato; - Plebe  abroga le norme sillane sul tribunato + organizza giochi, spettacoli e banchetti pubblici; - Soldati  i legionari sono l’elemento centrale del suo successo, e il suo esercito + arruolato principalmente in Gallia Transalpina e Cisalpina e nell’ Illirico. Conquista della Gallia  nel 58 diventa console ma con un comando straordinario, perché avrebbe avuto durata quinquennale + compreso più territori (Gallia Cisalpina, Narbonense e Illirico). La Gallia garantiva un importante ritorno di immagine perché già Gaio Mario, suo zio acquisito era riuscito vincitore su questi popoli, e in Cesare si sarebbe visto l’erede di colui che aveva preservato l’Italia dall’occupazione nemica. Inoltre, un proconsolato in Gallia avrebbe aumentato la sua base clientelare. Con la vittoria della campagna in Gallia, ricompensa i legionari con: aumento del soldo + concessione di uno schiavo a ogni soldato + regione delle Allodole ottiene la cittadinanza romana. Guerra civile  Al suo rientro dalla Gallia, la figura di Pompeo Magno inizia ad offuscarsi. Il rapporto tra i due viene peggiorato da: - Morte di Crasso in Oriente contro i Parti (battaglia di Carre, 53); - Morte di Giulia, figlia di Cesare data in sposa a Pompe per sugellare il legame tra i due; - Cesare chiede a Pompeo di poter candidarsi al consolato senza rientrare fisicamente a Roma, perché ancora si trovava in Gallia. Pompeo ribadisce l’obbligo della presenza a Roma per i candidati, e allora Cesare prende le armi = l’11 gennaio del 49 oltrepassa il Rubicone, valicando illegalmente il poemerium con i suoi uomini armati. Pompeo è costretto a fuggire, in Oriente, e il pretore Marco Emilio Lepido fa conferire a Cesare la carica di dittatore. Cesare dittatore  Battaglia di Farsalo, in Tessaglia, 48: Cesare sconfigge gli eserciti di Pompeo. Quest’ultimo fugge in Egitto ma viene ucciso a tradimento dal re Tolomeo: in Egitto si apre una crisi dinastica e Cesare interviene, designando come sovrana legittima Cleopatra (tra i due nasce il figlio Cesarione). Continuavano però a sopravvivere nuclei di resistenza filo-pompeiana: in Africa, a Tapso sconfigge le armate degli ottimanti (suicidio a Utica di Catone) + in Spagna, a Munda, vince i figli di Pompeo. Una volta rientrato, fece però ricorso al perdono, reintegrando nello stato personaggi che avevano preso le armi contro di lui. Riforme: - Accresce il numero di senatori e dei magistrati; - Definisce la durata dei governatori provinciali e riforma il tribunale per il reato di malversazione in provincia; - Riduce di più della metà i beneficiari delle frumentazioni + norma l’attività dei collegi professionali. La plebe urbana e rustica viene però sostenuta attraverso il lavoro di progetti edilizi ambiziosi, finanziati con i bottini di guerra; - Riforma del calendario; - Coniazione di monete d’oro con l’effige del proprio busto. Idi di marzo  il 15 marzo del 44, prima della spedizione contro i Parti, viene assassinato nella curia di Pompeo. I congiurati erano capeggiati da Gaio Cassio Longino e arco Giunio Bruto. 52 Due schieramenti I cesaricidi credevano di trovare un grande sostegno dopo l’uccisione di un tiranno che aspirava alla regalità. In realtà non fu così, anche se si delinearono comunque due fazioni:  Cesaricidi e filorepubblicani;  Cesariani: Marco Antonio, Marco Emilio Lepido (magister equitum, quindi rimaneva a Roma a controllarla quando Cesare sarebbe dovuto andare in Oriente a combattere contro i parti), Irzio e Vibio Pansa (consoli designati per il 43). Lepido voleva rivendicare i cesaricidi, mentre Antonio voleva una politica di compromesso, ma soprattutto per tornaconto personale: propose un’amnistia per i cesaricidi, e la ottiene + chiede la convalida degli atti di Cesare, in particolare la designazione delle provincie  proprio questo lo riguardava direttamente perché Cesare gli aveva assegnato la provincia di Macedonia. Marco Antonio riesce a farsi dare la provincia di Macedonia + fa abolire la dittatura perpetua + autorizza i funerali di Cesare. Durante i funerali viene aperto il testamento di Cesare: aveva designato come suo erede e figlio adottivo un suo pronipote = GAIO OTTAVIO, che nel momento in cui viene nominato erede cambia la sua onomastica assumendo quella di Cesare: GAIO GIULIO CESARE OTTAVIANO. Al momento dell’uccisione di Cesare, Gaio Ottavio si trovava in Albania, perché avrebbe dovuto seguirlo nella campagna contro i parti. Era un momento in cui si stava addestrando alla vita militare, data la sua giovane età (19 anni). Appena gli viene comunicato che era l’erede designato rientra subito a Roma, e i veterani di Cesare lo accolgono calorosamente. Si fa promotore di una politica diversa da quella di Marco Antonio, cioè di vendetta. Inizia così ad arruolare un esercito (arruolamenti di Ottavio in Campania). Cicerone, Lettere ad Attico 16, 8, 1-2  Il giorno primo, di sera, mi è stata portata una lettera da parte di Ottaviano. Egli sta orchestrando grandi iniziative. Ha fatto passare dalla sua parte i veterani che si trovano a Casilino e a Calazia. E non c’è da stupirsi: a ciascuno di loro distribuisce 500 denari. Ha il proposito di visitare le altre colonie. Chiaramente ambisce a questo, ovvero che sotto il suo comando si combatta contro Antonio. Perciò credo che entro pochi giorni saremo in armi. Ma chi dei due dobbiamo seguire? Occorre che tu tenga presente il suo nome, la sua età. [Scritta a Pozzuoli il 2 o 3 novembre del 44 a.C.] L’obiettivo finale di Ottaviano è in realtà quello di muovere guerra a Marco Antonio. Cicerone non sa da che parte stare, perché era comunque anti-cesariano ma vede in Ottaviano la possibilità di combattere il vero nemico, che era Marco Antonio. Siccome Ottaviano era molto giovane, Cicerone pensa di riuscire a manovrarlo. Alla fine del 44, Antonio vuole farsi dare un’altra provincia più vicina a Roma, cioè la Gallia Cisalpina. Ma secondo i voleri di Cesare, la Gallia doveva andare a Giulio Bruto, che non vuole lasciarla ad Antonio. Scoppia allora una guerra  Antonio si scaglia contro Bruto, Bruto si rifugia a Modena e Antonio la assedia: il Senato allora dichiara Antonio nemico pubblico + manda i due consoli Irzio e Pansa e Ottaviano a Modena con il suo esercito per combattere dalla stessa parte dei consoli contro Antonio. Battaglia di Modena: 21 aprile del 43  Antonio viene sconfitto e scappa in Gallia Narbonense. Ma misteriosamente muoiono i due consoli: siccome non ci sono più, Ottaviano chiede di ottenere il consolato, ma il Senato si rifiuta di concederglielo. Allora Ottaviano marcia con il suo esercito a Roma per prendere il consolato. A questo punto Cicerone, che lo aveva appoggiato, vede fallito il suo obiettivo di usarlo per sconfiggere Antonio. Nel testamento, Cesare aveva designato come erede Ottaviano Augusto, che all’epoca aveva 18 anni. Comprese subito l’importanza di disporre di un fedele esercito + acquisire credibilità nel partito cesariano, che stava cercando una nuova guida carismatica. Riteneva di poter essere tale Marco Antonio, console: dopo le idi di marzo aveva dovuto mediare con Bruto e Cassio accettando l’amnistia, ma aveva ottenuto il riconoscimento della validità dei provvedimenti di Cesare. Nel partito di Cesare, il consenso per Antonio non era unanime; Ottaviano, per consolidare la sua posizione, perseguì subito un’intesa con Cicerone, che era autorevole sia nei confronti dei repubblicani che dei cesariani anti antoniani. Il primo scontro avviene nella battaglia di Modena, 43  Antonio stava assediando Modena, dove si era rifugiato Bruto: questi aveva il governatorato della Gallia Cisalpina, e Antonio voleva assumere quella carica. Ottaviano ha la meglio su Antonio e si pone a guida definitiva della posizione cesariana ostile ad Antonio. Il 19 agosto del 43 Ottaviano marcia su Roma per ottenere il consolato + legge Pedia contro gli uccisori di Cesare. 55 Battaglia di Filippi, 42  è ora di vendicare Cesare, e Antonio e Ottaviano si recano in Oriente, dove sconfiggono Bruto e Cassio. Il grande merito delle battaglie va ad Antonio, data la giovane età e l’inesperienza di Ottaviano. Sia Bruto che Cassio si suicidano. Ora anche l’Oriente diventa terra di controllo dei triumviri, tant’è che all’indomani della battaglia si devono ristabilire le acquisizioni territoriali: Antonio rivendica per se stesso tutta la parte orientale, e gli viene affidata (il suo obiettivo era la spedizione contro i Parti). Lepido ottiene la provincia d’Africa, Ottaviano invece le Spagne. Ottaviano ha anche il compito di distribuire le terre ai veterani, in Italia: ma per fare questo deve sottrarne ad alcune comunità (Virgilio, Bucoliche). I problemi più grandi si hanno in centro-Italia, in particolare intorno a Perugia. Bellum perusinum: alcune personalità di spicco cercano di sfruttare questo malcontento. Velleio Patercolo 2, 74  Lucio Antonio, fratello di Marco Antonio, raccoglie un grande esercito. Anche la moglie di Antonio, Fulvia, fomenta l’odio contro Ottaviano. Ottaviano però interviene subito, riesce a fare allontanare Antonio da Perugia. Infatti il console Lucio Antonio, che aveva i medesimi vizi del fratello, ma era privo delle virtù che erano talvolta in quello, ora diffamando Cesare [= Ottaviano] davanti ai veterani, ora esortando alle armi coloro che avevano perduto le loro terre quando fu decisa la spartizione dei poderi e la designazione dei coloni, aveva raccolto un grande esercito. Da parte sua Fulvia, moglie di Antonio che di donna non aveva altro che il corpo, provocava ovunque con le armi scompiglio e disordini. Costei aveva scelto Preneste come base per le sue operazioni; Antonio, cacciato da ogni parte dalle forze di Cesare, si era rifugiato a Perugia. Nel 40 Ottaviano chiede delle spiegazioni per quanto successo, e incontra Antonio a Brindisi: durante gli accordi di Brindisi, 40, si riconfermano le spartizioni territoriali + la sorella di Ottaviano, Ottavia, viene data in moglie ad Antonio. Rimaneva il problema di Sesto Pompeo, che si era rifugiato in Sicilia dove portava avanti azioni di pirateria. Voleva che la sua posizione venisse riconosciuta, e nel 39 si stipulano gli accordi di Miseno: a Sesto Pompeo viene riconosciuto il controllo della Sicilia (in tutto questo Lepido inizia ad essere marginalizzato sempre di più, dato che i territori della Cirenaica passano ad Antonio). Cassio Dione, Storia romana 48, 28, 4: Nella spartizione allora Cesare [= Ottaviano] ottenne la Sardegna, la Dalmazia, la Spagna e la Gallia; Antonio tutti gli altri territori che appartenevano ai Romani al di là del mar Ionio in Europa e in Asia. Lepido controllava i territori della Libia e Sesto la Sicilia. Situazione negli anni ’30: - 37, accordi di Taranto: si rinnova per altri cinque anni il triunvirato + Ottaviano chiede aiuto ad Antonio per eliminare il problema di Sesto Pompeo in Sicilia, che continuava ad attaccarli. Antonio consegna 120 navi ad Ottaviano, ma in cambio quest’ultimo doveva fornire soldati per la campagna partica; - 36, battaglia di Nauloco: Ottaviano, grazie ad Agrippa, sconfigge in una battaglia navale Sesto Pompeo. Ma Ottaviano, in posizione di forza, capisce che Lepido è l’anello debole e lo estromette al triumvirato (Antonio era d’accordo); - 35-34, campagne militari di Ottaviano contro gli Illiri e di Antonio contro i Parti (invade anche l’Armenia). Ottaviano riesce ad avere la meglio sugli Illiri, ma lo stesso non è per Antonio: conquista l’Armenia ma a un certo punto è costretto al ritiro per la mancanza di forze. Dopo aver conquistato l’Armenia torna in Egitto, dove riconosce i figli avuti con Cleopatra e celebra un trionfo per la vittoria contro gli Armeni  la celebrazione di un trionfo romano in Egitto non viene vista di buon occhio. Antonio rifiuta anche la moglie Ottavia, e da questo momento la sua posizione diventa sempre più delicata; - 32, scadenza del triumvirato: i due consoli propongono la ratifica dei provvedimenti di Antonio in Oriente, ma Ottaviano si oppone impedendo l’approvazione del provvedimento in senato. Allora gli Antoniani vedono che la situazione per loro a Roma è sempre più difficile, e si recano da Antonio in Egitto. Allora Antonio ripudia ufficialmente Ottavia  Ottaviano inizia a diffondere il messaggio di 56 intraprendere una guerra contro il nemico orientale, contro Cleopatra e l’Egitto (non tanto contro Antonio). Battaglia di Azio, 31  Ottaviano, con il generale Agrippa, salpa da Brindisi e arriva ad Azio: qui trova le flotte di Cleopatra e Antonio, ma grazie alla forza militare di Agrippa riesce a sconfiggerli. La guerra si sposta ad Alessandria, e anche lì riescono ad avere la meglio, per cui Antonio e Cleopatra sono costretti al suicidio. Questo momento è considerato la fine della repubblica romana, sebbene già da prima fosse agonizzante. Orosio, Storie contro i pagani 6, 20, 1-2. Nell’anno 725 dalla fondazione di Roma [...], Cesare [= Ottaviano], ritornando vittorioso dall’Oriente, il 6 gennaio entrò in Roma in triplice trionfo e poté allora per la prima volta, sopite e concluse tutte le guerre civili, chiudere lui stesso le porte del tempio di Giano. Inoltre in quel medesimo giorno del mese per la prima volta fu salutato con il nome di Augusto; nome che, da nessuno mai in precedenza toccato e da tutti gli altri fino a oggi evitato, indica che il vertice del potere è legittimamente occupato solo dai padroni del mondo, e da quel giorno stesso la somma autorità e gestione dello stato cominciò a essere di uno solo, e tale rimase: questo è ciò che i Greci chiamano “monarchia”. Ottaviano dopo Azio: - 29, ritorno a Roma di Ottaviano: viene eletto console per la quinta volta + celebra un triplice trionfo; - 28: console per la sesta volta, assieme ad Agrippa + viene nominato princeps senatus = il primo a poter prendere la parola, quindi orienta l’assemblea. Fa anche abrogare le norme illegali emanate in età triumvirale (ad es. le proscrizioni); - 27: console per la settima volta, assieme ad Agrippa. Nella seduta del senato del 13 gennaio, avviene la restitutio rei publicae (termine coniato dagli storici moderni, non esiste nelle fonti antiche) = riconsegna allo stato romano i poteri speciali che gli erano stati dati. Ma in cambio ottiene il proconsolato speciale nelle provincie non sottomesse completamente dal potere romano: Spagna, Gallie, Cilicia, Cipro, Siria ed Egitto. Insieme riceve anche una serie di titoli e onori: Augustus. Solitamente si usa il 27 come la data di inizio del principato. Con la legge Tizia si stabilirono per 5 anni Antonio, Ottaviano e Lepido come triumviri per la ricostituzione dello stato + si spartiscono le rispettive aree di influenza: ANTONIO Gallia Cisalpina e Gallia Comata, LEPIDO Gallia Narbonense, Spagna Citeriore e Spagna Ulteriore, OTTAVIANO Africa, Sicilia, Sardegna e Corsica. Vengono anche emanate nuove liste di proscrizione, in cui era incluso anche Cicerone: grazie ad esse, venivano incamerati i patrimoni dei proscritti per finanziare la guerra in Oriente. Nel frattempo i cesaricidi si erano trasferiti in Oriente, e Ottaviano stava preparando la sua vendetta: quando Cesare viene divinizzato nel 42 (di conseguenza Ottaviano si può definire Divi filius), Ottaviano attacca Bruto e Cassio a Filippi, entrambi moriranno suicidi. Dopodiché si attuò una nuova spartizione: OTTAVIANO Spagne, ANTONIO Oriente e LEPIDO Africa + la Gallia Cisalpina viene annessa all’Italia. Mentre Antonio e Ottaviano si trovavano a Brindisi per accordarsi sulla spartizione, tra il 41 e il 40 scoppia la guerra di Perugia, mossa dal fratello di Antonio e dalla moglie Flavia, che contestavano le modalità di reperimento e riassegnazione delle terre italiche ai veterani, da parte di Ottaviano. Nel 39 si incontrano a Capo Miseno per risolvere la questione del figlio di Pompeo, Sesto Pompeo: gli riconoscono il diritto di controllare Sicilia e Sardegna, Corsica e Peloponneso MA l’accordo durò poco Ottaviano ottenne Corsica e Sardegna. Nel 36 Agrippa allestì una flotta e vinse Sesto Pompeo a Nauloco, presso Messina. Lepido, che aveva contribuito alla vittoria con un esercito trasferito dall’Africa, rivendicò l’acquisizione dell’isola, ma Ottaviano non accettò e così lo emarginò direttamente dal potere. Ora resta Antonio da eliminare, che già agli occhi dell’opinione pubblica romana aveva abbandonato il mos maiorum romano per abbandonarsi alla mollezza dei costumi orientali + nel suo testamento aveva dichiarato di voler essere sepolto ad Alessandria e non a Roma, lasciando inoltre ai figli avuti con Cleopatra territorio romani + aveva ripudiato Ottavia, sorella di Ottaviano. L’Occidente aveva così dichiarato fedeltà ad Ottaviano, che si scontra nella battaglia di Azio del 31, dichiarando però guerra a Cleopatra. Con la vittoria, Alessandria cade in mano a Ottaviano e Antonio e Cleopatra si suicidano + Egitto diventa proprietà privata di Ottaviano. 57 I poteri di Augusto Res gestae divi Augustii 34Da questo momento in poi superai tutti per autorità (auctoritas) e, tuttavia, non ebbi nessun potere (potestas) maggiore agli altri che mi furono colleghi in ciascuna magistratura […] Durante il mio sesto e settimo consolato [= 28 e 27 a.C.], dopo aver sedato le guerre intestine e aver diretto ogni cosa per volere di tutti (per consensum universorum), trasferii lo stato dal mio potere alla giurisdizione del senato e del popolo romano (rem publicam ex mea potestate in senatus populique Romani arbitrium transtuli). Per questo mia azione meritoria ricevetti il titolo di Augusto per deliberazione del senato (senatus consulto Augustus appellatus sum), gli stipiti della mia abitazione furono decorati con fronde di alloro, una corona civica fu affissa sopra la mia porta d’ingresso e nella Curia Giulia fu posto uno scudo d’oro, che attestava con un'iscrizione che il senato ed il popolo romano me lo concessero per valore, clemenza, giustizia e senso del dovere. (gesta di Augusto scritte da lui in vecchiaia e trascritte in due lastre di bronzo poste ai due lati della porta del mausoleo di Augusto, che però non ci sono pervenute. Ma furono anche trascritte dai senatori e poste nelle varie province). In questo passo descrive cosa avviene nel 28 e 27  restituì al popolo e al senato i poteri straordinari che gli erano stati dati. In cambio di questa tralsatio, avrebbe ricevuto il titolo di Augustus e una serie di onorificenze. In realtà ha ottenuto molto di più: - Imperium domi, perché mantenne il consolato fino al 23 (in totale 11 consolati, dalla battaglia di Azio del 31 ottiene il consolato per ogni anno); - Imperium militiae = potere sull’esercito, con legioni a sua disposizione. [Res gestae divi Augusti 34  “non ebbi nessun potere maggiore agli altri” ma in realtà lo era eccome]. Augusto nelle province: campagne militari in Gallia e in Spagna (Asturi e Cantabri, della Spagna settentrionale). Terminate queste campagne, nel 24 si ammala mentre è in Spagna, torna a Roma e nel 23 sembra in fin di vita, tant’è che depose il consolato. Sempre nel 23 si progettarono due congiure contro Augusto per ristabilire la repubblica, ma vennero smascherate. Dopo aver deposto il consolato, il senato gli conferisce altri poteri: - Tribunicia potestas a vita = ha il potere dei tribuni (porre il veto + inviolabilità) pur non ricoprendo la carica. Questo potere viene rinnovato ogni anno + può proporre al senato dei provvedimenti come se fosse stato un console; - Imperium proconsolare a vita; - Ha un potere superiore ai proconsoli delle varie regioni, quindi ha anche il potere militare. Compromesso con il senato  riduce il numero dei senatori a 600 (nel 28 aveva eliminato 120 Antoniani + nel 18 porta in numero a 600), tutti suoi sostenitori. TITOLI e POTERI: - Princeps senatus (dal 28) e Augustus (dal 27); - Tribunicia potestas rinnovata annualmente (dal 23)  imperium doni (potere politico a Roma pur non essendo console); - Imperium procunsulare maius et infinitum (dal 23)  imperium militiae; - Pontifex maximus (dal 12); - Pater patriae (dal 2). In una sola persona si ha il potere politico, militare e religioso. A partire dal 27 Ottaviano viene chiamato Augusto, e si ha così l’instaurazione del principato (che però NON è una magistratura, ancora) che viene inteso come una prosecuzione della repubblica e una rivitalizzazione del mos maiorum. Augusto giustificò la sua posizione nello stato attraverso un consenso generalizzato, dato che dopo decenni di guerre civili c’era l’esigenza di una pace, anche a prezzo della perdita della libertà politica. Nel 27 si ha la resitutio rei publicae riconsegna al senato e al popolo romano i poteri eccezionali conferiti per lo scontro con Antonio, e avvia così la restaurazione delle istituzioni repubblicane. Per decreto del senato gli viene conferito allora in nome di Augustus (auctoritas conseguente a una predilezione divina). Già aveva acquisito il titolo militare di imperator (colui che ha capacità di vincere) e di princeps (senatore più eminente, che in questo caso si estende a un primato generalizzato). Ottiene poi il titolo di pater patriae, con il suo ruolo di salvezza dello stato. 60  Praefectus pretorio, carica rivestita da un equestre, che aveva al suo seguito i pretoriani, cioè soldati che svolgevano la funzione di guardia del corpo dell’imperatore. Potevano stare sia all’interno che attorno a Roma, per proteggere meglio l’imperatore;  Praefectus vigilum, prefettura anch’essa di rango equestre, organizzata in sette coorti. Sono i cosiddetti vigili del fuoco;  Praefectus annonae, che si occupa dell’approvvigionamento del grano. Istituì anche una serie di curatores, cioè commissari speciali con funzioni specifiche: aquarum (degli acquedotti), riparum et alvei Tiberis, operum publicorum … Un altro provvedimento è la divisione di Roma in 14 regiones, i quartieri: a ognuna delle 7 coorti di vigiles era assegnata la gestione di due regiones. Al loro interno le regiones erano divise in vici (rioni), in totale 265. ITALIA AUGUSTEA L’Italia viene divisa in 11 regiones, ma la funzione di questa divisione non è ancora molto chiara; con questa suddivisione si poteva però agevolare le operazioni di censimento e di esenzione fiscale. Ci viene però attestata da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. AUGUSTO e L’ESERCITO Cassio Dione, Storia romana 55, 24, 9 - 25, 6: Augusto [...] fece una proposta in senato, che prevedeva l’istituzione di una imposta differenziata che fosse sufficiente e riscossa annualmente, in modo tale che i soldati ricevessero regolarmente il loro vitalizio e i loro premi dalle tasse stabilite senza gravare su alcuna altra fonte di reddito esterna […]. Dopo di ciò, sotto il consolato di Emilio Lepido e di L. Arrunzio [6 d.C.], [...] Augusto a nome suo e di Tiberio versò del denaro nell’erario, quello a cui diede il nome di erario militare, e stabilì che questo venisse amministrato con mandati triennali da tre ex pretori [...]. Stabilisce quindi una cassa pubblica solo per le spese dell’esercito. Svetonio, Vita di Augusto 49, 1-2: Riguardo alle forze militari, distribuì nelle province le legioni e le truppe ausiliarie e stanziò per la difesa dei mari Superiore e Inferiore una flotta a Miseno e un’altra a Ravenna; le altre truppe le pose parte a difesa dell’Urbe, parte come guardia personale [...]. L’attenzione per l’esercito serviva per garantire la pax Augustea dopo il lungo e atroce periodo delle guerre civili. Ma se da un lato propagandò la pax Augustea, dall’altro si impegnò in campagne militari volte a espandere il controllo di Roma. Riforma dell’esercito: - Legioni: da 60 le riduce a 28. Il servizio militare dei legionari dura 20 anni e vengono stipendiati di 225 denari l’anno. Nel 6 d.C. viene istituito l’erario militare e al momento del concedo i veterani ricevevano una liquidazione di salva condotta con cui potevano acquistare la terra. Venne concesso anche il peculio castrense = il soldato entrava in possesso del suo stipendio anche se il pater familias era ancora in vita (viene infranta la patria potestà, secondo cui ogni bene acquisito dal figlio doveva diventare proprietà del padre); - Pretoriani = guardia del corpo + presiedono l’Italia; - Ali ausiliarie = usate come cavalleria, e potenziate con reparti di arcieri e frombolieri; - 2 flotte, a Ravenna e Capo Miseno; - Vigili e urbaniciani. Ceto equestre e burocrazia imperiale  si passa dal sistema dell’appalto a quello della gestione diretta, attraverso la recluta di nuovi funzionari tra gli equestri. La carriera equestre si articolava in tre incarichi successivi: 1. Milizie equestri: il cavaliere diventava ufficiale dell’esercito; 2. Procuratori: Augusti (mansioni finanziarie), provinciae (funzioni amministrative e militari), bibliothecarium (soprintendente delle biblioteche del principe), a libellis (petizioni rivolte all’imperatore), ab epistulis (corrispondenza imperiale), a rationibus (finanze); 3. Prefetture: apice della carriera. 61 PROBLEMA DELLA SUCCESSIONE Marco Claudio Marcello, marito della figlia Giulia. Era un generale valoroso, per cui era un potenziale successore senonché morì nel 23. Allora si indirizza verso Agrippa, il suo fedele collaboratore e vero vincitore della campagna di Azio. Sposa Giulia dopo che era rimasta vedova da Marcello, e da Agrippa ha cinque figli. Ma anche lui muore molto presto, nel 12. Altri eventuali successori potevano essere due dei figli di Agrippa con Giulia, che però erano troppo giovani (Gaio Cesare e Lucio Cesare), nominati però princeps iuventutis. Anche loro muoiono molto giovani, nel 4 e nel 2 d.C. A questo punto Augusto decide di adottare i due figli della terza moglie, Livia Drusilla: Tiberio e Druso Maggiore. Anche Druso morirà presto, nel 9 a.C. Anche se rimane Tiberio, Augusto pone altri due possibili discendenti: Agrippa Postumo (esiliato nel 7 d.C. per infermità mentale, muore poi nel 14) e Germanico (marito di Agrippina, una figlia di Agrippa il Giovane. Era un importante generale, ma muore anche lui giovane, nel 19 d.C.). Alla base della successione vi erano tre aspetti: - Legami di sangue (Marcello, Gaio e Lucio Cesari, Agrippa Postumo); - Scelta del migliore (Agrippa, miglior candidato per qualità della persona); - Adozione (Gaio e Lucio Cesari, Agrippa Postumo, Tiberio). Queste sono le tre modalità di adozione che si alterneranno in tutto il principato, in particolare la scelta del migliore e l’adozione vanno di pari passo. TIBERIO Viene fatto sposare subito con Giulia nell’11, e gli vengono dati due poteri importanti: imperium proconsulare e tribunicia potestas, direttamente da Augusto. Nel 14 d.C. viene riconosciuto dal senato come successore di Augusto e diventa quindi principe. Già si era distinto come abile genarle e aveva celebrato due trionfi a seguito delle conquiste in Germania e in Pannonia. In politica estera: - Nel 14 intraprende una campagna in Germania per vendicare la disfatta di Pietroburgo, e riesce grazie a Germanico di sconfiggere Arminio, vendica la sconfitta della clades Variana (Arminio aveva distrutto tre legioni romane, con una perdita di circa 18.000 uomini), ma si PARTI in Oriente  Augusto optò per un’azione diplomatica, negoziando con Fraate, re dei Parti. Nel 20 inviò in Oriente Tiberio e le insegne romane vennero rimpatriate e custodite nel tempio di Marte Ultore. La sicurezza del confine orientale venne garantita da stretti legami con i re alleati + stati cuscinetto. L’opinione pubblica non vedeva di buon occhio la strategia del compromesso, e nella propaganda Augusto attribuì al compromesso le caratteristiche di una vittoria militare: venne innalzato un arco e si attribuì ai Parti il ruolo di supplici . Tra il 12 e il 7 Druso e Tiberio sottomettono la regione renania della Germania, dei territori fino all’Elba. Ma nel 9 d.C. Arminio, il re dei Cheruschi, tribù locale, tese un’imboscata a tre legioni romane, massacrate nella foresta di Teutoburgo  strage di Varo, clades Variana. 62 decide di abbandonare definitivamente quel territorio oltre il fiume Reno, per cui si ritorna al limes originario del Reno; - Campagne in Oriente. In politica interna, le fonti, in particolare Tacito o Cassio Dione, sono particolarmente negative. Ma questi storici sono rappresentanti dell’ordine senatorio, infatti da questo momento la dialettica tra senato e principe si fa sempre più difficile, dato che i senatori filo-augustei non vedono in Tiberio un degno successore di Augusto. In realtà fu un buon amministratore: - Gestì in maniera oculata le risorse pubbliche e attua provvedimenti a favore dei debitori; - Nella prima parte del suo principato cercò un confronto con il senato, ma per poco, tant’è che per quanto riguarda i processi si arroga il diritto di decidere lui sui processi: in questo modo esautora una delle prerogative del senato; - Nel 26 si ritira a vita privata a Capri  questo fu un grande errore perché così perde il controllo di Roma. Tra i suoi possibili successori: - Allontana Germanico in Oriente perché dopo la campagna in Germania ha bisogno di tenerlo lontano. Chiede al governatore della Siria, Calpurnio Pisone, di controllarlo. In circostanze misteriose Germanico muore nel 19: sembra che sia stato avvelenato, e viene da subito designato come omicida Pisone, ma circolano subito le voci su Tiberio come mandante dell’omicidio. Pisone subisce così un processo, anche per il suo governatorato in Siria, e viene condannato. La morte di Germanico porta grande sgomento a Roma; - Druso Minore (figlio di Tiberio, muore nel 23 d.C.) e il prefetto del pretorio Seiano, che stava diventando il grande protagonista della politica, andando quasi a sostituire Tiberio mentre era in esilio a Capri. Anche in questo caso Tiberio capisce che Seiano stava diventando troppo potente, e circolano voci su una possibile congiura di Siano a danno di Tiberio. Allora viene mandato a processo e viene condannato a morte  Flavio Giuseppe, Le antichità giudaiche 18, 181-182: Il suo amico [di Tiberio] Seiano aveva organizzato una grande cospirazione, egli che deteneva un grande potere in quanto prefetto del pretorio. Numerosi senatori e liberti aderivano al suo ‘partito’, le forze armate erano sedotte e così la cospirazione fece notevoli progressi. In verità essa avrebbe avuto successo se Antonia non avesse avuto grande coraggio e non fosse stata più accorta della malvagità di Seiano. Appena venne informata della cospirazione contro Tiberio, gli scrisse ogni cosa in dettaglio, consegnò la lettera a Pallante, il più fidato tra i suoi servi, e lo inviò a Capri presso Tiberio. Dopo che venne informato, Tiberio fece uccidere Seiano e i suoi complici; - Rimangono il figlio di Druso, Tiberio Gemello, e il figlio di Germanico, Gaio Caligola. Sarà il prestigio di Germanico all’interno di Roma e nell’esercito a promuovere Caligola come successore. 65 → effettiva condotta di Messalina = sicuramente molto libertina (per quanto sicuramente pervasa dal topos letterario della donna lasciva). A questo punto ci fu quasi una corsa a risposare Claudio perché tutti volevano approfittarsi di questo imperatore interessato ad altri aspetti della vita rispetto a quelli matrimoniali e sessuali. Agrippina minore (sposata nel 49) è la figlia a sua volta di Germanico e Agrippina maggiore, ed ha l’obiettivo di far adottare a Claudio il figlio avuto dal precedente matrimonio con Gneo Domizio Enobarbo = NERONE, che adotterà nel 50, facendolo diventare Tiberio Claudio Nerone, ma insieme designa anche come erede il suo figlio naturale, Britannico → abbiamo di nuovo due eredi. NERONE Nel 54 Claudio muore in circostanze poco chiare, con un grande sospetto di avvelenamento che cade ovviamente su Agrippina. Nerone viene riconosciuto dal senato come nuovo imperatore a soli 16 anni, perciò Britannico viene escluso, ma sarà comunque fatto uccidere nell’anno successivo per volere di Agrippina stessa, poiché questo rappresentava comunque un rivale scomodo. 54 – 59 = primi cinque anni di principato, ricordati come piuttosto sereni → si continua la politica di Claudio, con un ruolo fondamentale giocato dal suo precettore, SENECA, il prefetto del pretorio, SESTO AFRANIO BURRO, e ovviamente la madre. 59 = anno scomodo → i rapporti Nerone-Agrippina si deteriorano, con un evento di particolare peso = volontà di Nerone di sposare Poppea Sabina, quando era già stato dato come sposo ad Ottavia (figlia Claudio-Messalina) → i rapporti peggiorano a tal punto da arrivare alla decisione di N. di eliminare la madre proprio nel 59 = matricidio che a Roma crea sicuramente un eco importante, anche per via del raffreddamento dei rapporti con Seneca → cambiamento nella politica di Nerone. Nerone sposerà Poppea Sabina, da cui avrà un’unica figlia, che però morirà da neonata, lasciandolo privo di eredi. Morirà anche Burro, per cui la gestione pratica di Roma è affidata a C. Ofonio Tigellino, prima prefetto dei vigili e poi del pretorio (62 d.C.). A questo punto la politica diventa sicuramente più assolutistica, con il culto della personalità e una tendenza all’accentramento del potere, con anche un passaggio da una politica di apertura nei confronti de Senato ad una più ‘populistica’ (= filo-popolare), con vere e proprie elargizioni nei confronti del popolo. Evento chiave = grande incendio di Roma nella zona del Palatino e del Circo Massimo (64), dove forse Augusto non era arrivato nella sua politica di trasformazione della città dal legno al marmo → molto presto si diffonde l’idea che sia stato proprio Nerone a pianificarlo, ma quest’ultimo sarà rapido nell’incolpare una setta di ebrei che stava già creando tensioni da qualche tempo all’interno della città. Sta di fatto che, immediatamente dopo l’incendio, in quell’area fu costruita ad opera di Nerone la domus aurea = enorme residenza personale, la cui costruzione fra l’altro porterà ad una crisi economica molto seria (al punto da dover attuare una riforma monetaria che abbassava la quantità di metallo prezioso nelle monete).Tacito, Annali 15, 44, 2-5: Ma non per risorse umane, non per le elargizioni del principe o per le cerimonie propiziatorie agli dèi, scemava la voce infamante per cui l’incendio si riteneva comandato. Perciò, per troncare le dicerie, Nerone spacciò come colpevoli e sottopose a pene raffinatissime quelli che il popolo chiamava cristiani, odiati per le loro nefandezze. Tale nome veniva da Cristo, che sotto il regno di Tiberio era stato sottoposto a supplizio per ordine del procuratore Ponzio Pilato. Momentaneamente schiacciata, quella funesta superstizione di nuovo prorompeva non solo in Giudea, luogo di origine di quel flagello, ma anche a Roma, dove tutto ciò che c’è in giro di abominevole e vergognoso confluisce e trova diffusione. Arrestati dunque per primi quelli che si professavano tali, poi, su loro denuncia, una grande massa fu riconosciuta colpevole, non tanto per il crimine di incendio, quanto per il loro odio contro il genere umano. In questo momento l’opposizione a Nerone è sempre più forte, tanto che nel 65 si scoprì della congiura dei Pisoni, che secondo i piani avrebbe dovuto essere anche piuttosto plateale → N. uccide tutta una serie 66 di personalità più o meno legate a questa congiura, anche molto importanti dal punto di vista culturale = Seneca, Lucano, ecc. 66 → viene scoperta un’altra cospirazione = cospirazione vinciana, dal nome del generale che la stava pianificando. Da quest’ultimo anno in poi, Nerone trascorrerà tanti mesi in Grecia, dove si intratterrà con esibizioni artistiche e cose del genere = atteggiamento filo-ellenistico nella lontananza da Roma che sicuramente non fu ben visto. La politica estera si concentra su tre settori: - Armenia - Britannia → si trovò a contrastare una rivolta da parte della regina Budicca - Giudea → rivolta di particolare importanza nel 66 = ribellione degli Zeloti, che si ribellarono contro l’ingerenza romana, in particolare quando Roma volette confiscare parte del tesoro del tempio → repressione della rivolta = affidata a Vespasiano. Anni finali del principato (66-68)  sono anni di forte tensione = N. non ha più il sostegno di nessuno, sostanzialmente e nel 68 si giunge così a un’insurrezione: un legato della Gallia si rivolta e questa sommossa e si riesce a sedare, ma è solo la prima di una serie. Altri governatori di province decidono di ribellarsi, fra cui GALBA = un legato in Spagna, che trova l’appoggio delle truppe stanziate sul fiume Reno e soprattutto in Africa → rivolta davvero importante, a tal punto che il Senato accoglie la proposta dell’esercito di Galba di proclamare questo come nuovo imperatore = situazione sicuramente molto caotica, visto che rappresenta l’inizio di una guerra civile → Nerone viene dichiarato hostis publicus e, all’età di 31 anni e senza eredi, si suicida. L’ANNO DEI QUATTRO IMPERATORI È l’inizio di quell’epoca che Tacito, nel Dialogo sull’oratoria [17], definirà come il “lungo ed insolito anno” = anno dei quattro imperatori. Tacito, Dialogo sull'oratoria 17: Cicerone fu ucciso il settimo giorno prima delle idi di dicembre sotto il consolato di Irzio e Pansa, come ha scritto Tirone nel suo libro, nell'anno in cui il divino Augusto sostituì se stesso e Quinto Pedio ai consoli Irzio e Pansa. Conta i cinquantasei anni in cui il divino Augusto resse lo stato; aggiungi i ventitré di Tiberio e i quasi quattro anni di Caligola e i quattordici di Claudio e gli altrettanti di Nerone e quel lungo e insolito anno di Galba, Otone e Vitellio [= 68/69 d.C.], e il persistere, ormai per il sesto anno, di questo felice principato, in cui Vespasiano si occupa dello stato: si arriva, dalla morte di Cicerone ad oggi [= 75 d.C.], ad un totale di centoventi anni. In questo dialogo uno dei retori ricostruisce la storia dell’Urbe dalla morte di Cicerone (43 a.C.) fino al quinto anno del principato di Vespasiano. [Cicerone viene ucciso per via delle liste di proscrizione dei triumviri. I consoli Irzio e Pansa muoiono in guerra, per cui rimane solo Ottaviano, che dopo il rifiuto alla sua richiesta di avere il consolato, marcia su Roma e sostituisce se stesso con l’amico Quinto Pedio ai due defunti consoli. Principato di Vespasiano = iniziato nel 69. 68 – 69 = anno chiave, di guerra civile]. GALBA  Il fatto che l’imperatore sia proclamato fuori da Roma, in provincia è importantissimo. Galba, già all’epoca anziano, sceglie come successore Pisone, giovane di rango senatorio che stava emergendo, ma Galba fa in tempo a dipingersi come restauratore della libertà dopo la tirannia di Nerone. Iniziale consenso dei pretoriani a Galba = ottenuto attraverso la promessa di una serie di donativi, che però non concesse mai → la sua popolarità iniziò immediatamente a calare, soprattutto fra popolo e pretoriani, che stanno prendendo sempre più potere → tra la fine del 68 e l’inizio del 69, i pretoriani proclamano imperatore un certo Otone = ex marito di Poppea Sabina, che aveva sostenuto Galba nella sua ribellione contro Nerone, sperando di essere nominato successore (e, infatti, i pretoriani uccisero Galba). OTONE e VITELLIO  Il suo regno durò solo tre mesi (fino ad aprile) perché altri eserciti si ribellano = tutti gli eserciti e i rispettivi governatori dell’area nord-occidentale si unirono alla rivolta proposta da Vitellio → si fa proclamare imperatore e decide di condurre le sue truppe in Italia. 67 Scontro fra Otone e Vitellio = in Italia settentrionale, sul corso del fiume Po, vicino a Cremona (luogo strategico) → vittoria di Vitellio, ma non riceve l’appoggio delle truppe danubiane, che si uniscono ad una rivolta verificatasi in Oriente = seconda battaglia di Bedriaco (ottobre 69 a.C.) → si scontrano le truppe di Vitellio contro quelle danubiane di Antonio I, che sostenevano Vespasiano. Le truppe danubiane hanno la meglio, ma a Roma si ha una battaglia che coinvolge il fratello di Vespasiano = prefetto del pretorio → le truppe arrivano, riescono a sconfiggere Vitellio e viene acclamato imperatore (in contumacia) Vespasiano = fine della guerra civile. Questa serie di eventi = assolutamente cruciale: - fine della dinastia giulio-claudia - svelato il ‘segreto dell’impero’ = un imperatore poteva essere creato fuori di Roma - creazione di un problema per Vespasiano = ha bisogno di essere legittimato, provenendo da nient’altro che una famiglia equestre sabina. 70 È a questo punto che inizia il principato adottivo. Prende avvio la dinastia adottiva, per cui l’adozione era vista come la possibilità di dare all’impero una successione stabile e sicura. TRAIANO (98-117) Fu il primo imperatore provinciale, perché nato in Spagna. Aveva condotto le sue maggiori imprese sotto Domiziano, in Spagna ma soprattutto in Germania, dove era governatore della Germania Superior. Giunse a Roma nel 100, perché ancora era in provincia. Il suo ingresso a Roma, ricordato da Plinio il Giovane, fu un grande arrivo, acclamato come un optimus princeps. Fu sotto Traiano che l’impero raggiunse la sua massima espansione territoriale (riuscì a conquistare definitivamente i Parti). Le due campagne più famose furono quelle in Dacia, contro il re Decebalo che aveva mire espansionistiche verso la Mesia. La Dacia venne provincializzata. Portò grandi ricchezze a Roma, dato che era una regione ricca di miniere d’oro. Grazie a questa campagna Traiano riuscì a prendere provvedimenti in politica interna volti a rafforzare l’Italia. Alimenta = politica alimentaria; inizialmente il provvedimento era stato pensato da Nerva: gli agricoltori ricevevano fondi dallo stato, e con il ricavato dovevano sostenere la loro comunità. In questo modo si migliorava la produttività dei terreni e si sosteneva la popolazione locale. Fu un provvedimento usato poi anche a scopi propagandistici ed ideologici. ADRIANO (117-138) Anche lui era un provinciale, aveva iniziato la carriera sotto Traiano, che lo volle come questore accanto a se per la prima campagna Dacica. Fu con lui poi in tutte le campagne. Traiano muore nel 117 e designa Adriano come successore, e viene acclamato dalle truppe + quanto torna in Italia organizza un trionfo postumo per Traiano, che viene così divinizzato. È noto come il principe viaggiatore: prima si concentra verso l’Occidente, poi in Britannia e infine in Africa e in Oriente, in particolare in Grecia. Al contrario di Traiano non voleva intraprendere una campagna espansionistica, ma voleva consolidare le frontiere dell’impero. A seguito del suo viaggio in Britannia, nel 122, fece costruire il Vallo di Adriano, il limite militare più a nord dell’impero. Era un muro in pietra con presidi militari. Non fu l’unica fortificazione: anche in Germania aveva fatto costruire palizzate lignee fortificate, in Africa aveva costruito il fossatum Africae. Promosse il reclutamento di provinciali nelle legioni romane: sarebbero diventati poi cittadini romani una volta terminato il servizio militare. Fece fondare sul sito di Gerusalemme una colonia e ne consegue una dura ribellione a capo di Bar Kokhba, che venne severamente repressa. In politica interna: - Prosegue con il processo di stabilizzazione della burocrazia statale; - Politica edilizia: restauro del Pantheon, costruzione del Mausoleo di Adriano (Castel Sant’Angelo, su imitazione del Mausoleo di Augusto) e villa Adriana. Nel 138, in punto di morte, cerca di continuare la pratica dell’adozione, adottando Antonino Pio, senatore. Fu una scelta di ripiego perché nel 136 aveva adottato Lucio Elio Cesare, morto nel 138. Nel momento dell’adozione, impose la successione anche per Antonino Pio, segnalando il figlio di Lucio Elio e Marco Aurelio. ANTONINO PIO (138-161) Era un italico ma la famiglia era originaria della Gallia. Il suo è un principato privo di grandi informazioni perché si hanno poche fonti, dato che fu un periodo tanto pacifico e florido. Fu il momento di maggiore tranquillità per l’Impero Romano. 71 Il soprannome Pio gli derivava dalla sua ammirazione nei confronti di Adriano. Riguardo alla politica estera, nel 142 fece costruire un altro vallo, più a nord di quello di Adriano. Venne abbandonata nel giro di 20 anni. MARCO AURELIO (161-169) e LUCIO VERO Nel 161 fu Marco Aurelio a prender il potere, perché era il favorito da Antonino Pio. Ma volle che il senato riconoscesse Lucio Velio come collega, per cui è la prima volta che abbiamo due imperatori. Questa diarchia garantiva che una questione si occupasse della politica interna (Marco Aurelio), l’altra invece di politica estera (Lucio Vero). Quest’ ultimo intraprese campagne contro i Parti, ma fu un successo ricordato perché fu la causa scatenante della peste antonina, un’epidemia di vaiolo proveniente da Oriente. Cassio Dione ci dice che in un solo giorno ci furono 2.000 vittime. In Italia settentrionale arrivano i Quadi e Marcomanni, che assediarono Aquileia. Nella via del ritorno, muore Lucio Vero, 169. A questo punto Marco Aurelio rimane imperatore da solo, e conclude con successo la campagna di Germania, tra 170 e 178. Iniziano ad emergere gravi problemi che caratterizzeranno il III secolo: - Frontiere; - Conseguenze della peste, che portò un calo demografico  declino della produzione  è necessario ridurre le tasse per alleggerire le popolazioni. Durante le campagne danubiane, Marco Aurelio associa il figlio Commodo, in questo modo interrompe il principato adottivo. Muore nel 180 a Vienna. COMMODO (180-192) A 19 anni diventa imperatore, e riesce a stipulare una pace con le tribù germaniche dei Marcomanni, facendoli rientrare dai territori romani. Anche per lui la storiografia presenta un profilo ostile. Cassio Dione ed Erodiano, che vissero vicino agli eventi narrati, per cui sono fonti affidabili. Arrivò a ribattezzare la città di Roma, con il nome di Colonia Commodiana, associandosi anche ad Ercole (era un appassionato di combattimenti gladiatori, e lui stesso vi avrebbe partecipato). Era talmente odiato che i suoi stessi consiglieri ordirono una congiura, e venne subito condannato alla damnatio memoriae. Termina così la dinastia degli Antonini. Viene allora proclamato imperatore il prefetto della città. Storia augusta. Vita di Marco 19, 1-7  ex adulterio natus, si cerca di negare che fosse figlio di Marco Aurelio, sostenendo che la madre Fuastina avesse commesso adulterio con un gladiatore. È nota la voce (che non sembra completamente inverosimile) secondo la quale Commodo Antonino non sarebbe il figlio vero di Marco, ma nato da un adulterio che la voce popolare specifica come segue. Una volta Faustina, figlia di Pio e moglie di Marco [= Aurelio], vedendo passare una sfilata di gladiatori, sarebbe stata presa da ardente passione per uno di essi e, travagliata a lungo dall’inquietudine, si sarebbe decisa a confessare al marito il suo sentimento. Marco riferì la cosa agli indovini Caldei, il cui responso fu che il gladiatore venisse ucciso e col sangue di lui Faustina si bagnasse le parti intime, e giacesse così col marito. Fatto tutto questo la passione si dissolse, ma in compenso nacque Commodo, un gladiatore, non un principe, il quale, salito al trono, diede quasi mille combattimenti gladiatori pubblicamente, alla presenza del popolo tutto […]. Questa storia trae verisimiglianza dal fatto che il figlio di un principe così virtuoso era di costumi peggiori che qualsiasi maestro di gladiatori, istrione, combattente del circo o, per farla breve, di qualsiasi individuo impastato di tutte le immoralità e scelleratezze. Molti poi sostengono che Commodo era in tutto e per tutto nato da un adulterio, dato che è ben noto come Faustina a Gaeta gradisse di preferenza la compagnia di marinai e gladiatori. 72 Lezione 17: il III SECOLO d.C. La crisi dell’impero non è generalizzata, perché ci sono zone come l’Africa che assistono a una grande fioritura e incremento delle capacità militari, anche perché non è soggetta alle prime incursioni “barbariche”. È però sicuramente un periodo di grandi trasformazioni, che va dalla morte di Commodo (192), fino al regno di Diocleziano (284), promotore di grandi riforme volte ad aggiustare questi aspetti di crisi. Commodo, nelle fonti, era presentato come un tiranno soggetto alle follie e stravaganze, come ad esempio la volontà di ribattezzare Roma “colonia commodiana”, il suo partecipare ai giochi gladiatori. Sono tutti aspetti che non potevano essere accettabili per il mondo tradizionale romano, e proprio questo portò alla sua uccisione, che porta a un nuovo vuoto di potere. Verrà eletto imperatore un anziano senatore, Pertinace, che dopo tre mesi verrà ucciso dai pretoriani (anche Nerva, anziano senatore, era stato eletto imperatore dopo Diocleziano, che aveva assunto connotati autocratici). Cassio Dione, Storia romana 74, 11: Quando la sorte di Pertinace divenne nota, alcuni corsero alle loro case, altri agli alloggi dei soldati, tutti preoccupandosi della propria salvezza. Ma Sulpiciano, che era stato mandato all’accampamento per sistemarvi le cose, vi rimase e si diede da fare per essere nominato imperatore. Nel frattempo Didio Giuliano, uomo di avidità insaziabile e volgare scialacquatore di ricchezze, sempre desideroso di novità e per questo motivo esiliato da Commodo nella sua città natale di Milano, quando seppe della morte di Pertinace, si affrettò a recarsi presso l’accampamento e, rimanendo alle porte del muro di cinta, fece la sua offerta ai soldati per ottenere il dominio di Roma. Seguì una scena assolutamente vergognosa e indegna di Roma, dal momento che, come se si fosse in un qualche mercato o bottega, l’Urbe e il suo impero furono messi all’asta. I venditori erano coloro che avevano ucciso il loro imperatore, i compratori Sulpiciano e Giuliano, che cercavano di superarsi nelle offerte, l’uno dall’interno dell’accampamento, l’altro dall’esterno. A poco a poco le loro offerte arrivarono a 20.000 sesterzi a testa. [...] Sulpiciano avrebbe vinto, trovandosi all’interno ed essendo prefetto dell’Urbe e poiché per primo aveva pronunciato la cifra di 20.000 sesterzi, se Giuliano non avesse alzato le sue offerte non più di poco, ma di 5.000 sesterzi alla volta, sia gridando a voce alta, sia indicando la cifra con le dita. Così i soldati, sedotti da queste offerte esagerate e, allo stesso tempo, temendo che Sulpiciano potesse vendicare Pertinace, come aveva detto loro Giuliano, fecero entrare Giuliano nell’accampamento e lo proclamarono imperatore. Questa situazione segna l’inizio di una vera e propria guerra civile (193-197). La scelta dei pretoriani di eleggere imperatore Giuliano non è condivisa dalle truppe che si trovavano in provincia, così ciascun esercito elegge come imperatore il proprio governatore: - Clodio Albinio in Britannia; - Pescennio Nigro in Siria; - Settimio Severo in Pannonia. Dei tre, quello più vicino a Roma è Settimio Severo, che si dirige a Roma con le sue truppe e si scontra con l’imperatore Giuliano, che nel giugno del 193 viene ucciso. Allora Severo prende accordi con Clodio Albino, nominandolo Cesare, una sorta di imperatore in seconda e di erede designato. In questo modo può avviare la campagna contro l’altro pretendente a titolo di imperatore, Pescennio Nigro. Nel 194 Severo arriva in Oriente e nella battaglia di Isso sconfigge Pescennio Nigro. Dopo qualche anno però è Clodio Albino a pretendere il trono, e viene acclamato di nuovo imperatore dalle truppe. Ora lo scontro tra i due pretendenti è inevitabile  all’inizio del 197 Clodio scende a Roma dalla Britannia, e Severo torna dall’ Oriente e in Gallia intercetta Clodio: nella battaglia di Lugdunum (Lione) Severo sconfigge Clodio, che si suicida. Ora Severo si trova da solo, ha eliminato tutti i pretendenti al trono, e fa giustiziare circa 30 senatori sostenitori di Clodio. La situazione è analoga a quella del 68 con Vespasiano, e allo stesso modo Settimio Severo doveva legittimare il suo potere (vedi lex de imperio Vespasianii, che si rifà ai precedenti imperatori “buoni”). Severo rivendica una parentela con Marco Aurelio, una sorta di auto-adozione. Cassio Dione, Storia romana 75, 7: [...] Più di tutto recò spavento al senato, poiché si diceva figlio di Marco e fratello di Commodo. A Commodo, al quale inizialmente era stato prodigo di ingiurie, attribuì gli onori eroici [...]. 75 convertito al cristianesimo, diventando così il primo imperatore cristiano: in realtà non ci sono prove circa la sua conversione, e comune continuava a praticare culti pagani;  Decio (249-251 d.C.), fu il primo promotore della persecuzione ufficiale contro i cristiani. Aveva imposto un’autodichiarazione (libellus) in cui si riconosceva di aver sacrificato agli dèi pagani. I cristiani non sottoscrivevano questa dichiarazione, e allora venivano uccisi. Non è propriamente una persecuzione contro il cristianesimo, ma contro coloro che non sacrificavano agli dèi pagani, quindi comprendeva anche i cristiani. Non riesce però a risolvere il problema dei Goti che premevano nelle frontiere, e viene ucciso nella sconfitta di Arbitto, 251 (è la prima volta che un imperatore muore in battaglia contro i barbari);  Treboniano Gallo (251-253 d.C.)  Emiliano (253 d.C.)  Valeriano (253-260 d.C.), intraprende una campagna contro i persiani, ma viene sconfitto brutalmente e muore in prigione. Si era associato al figlio Gallieno, riservandogli l’Occidente. Attua anche una programmazione dinastica, per cui ai due Augusti (Valeriano e Gallieno) vengono affiancati i due figli di Gallieno. Valeriano emana due nuovi editti contro i cristiani, e morirà prigioniero dei Persiani: secondo padri apologisti (scrittori cristiani) l’ingloriosa fine dell’anziano sarebbe stata la conseguenza della sua politica persecutoria;  Gallieno (253-268 d.C.), tenta di ripristinare ordine nell’impero: toglie il comando delle truppe militari ai senatori per darlo all’equestre, che erano più preparati. Pone fine alla persecuzione imposta da Decio, per cui il cristianesimo inizia a imporsi sempre di più: è il periodo della cosiddetta “piccola pace” (40 anni, fino all’inizio IV secolo). Nel regno di Gallieno si assiste a due fenomeni di separatismo: - Impero delle Gallie, 258-274: tre provincie (Gallia, Britannia e parte della Spagna) che si separano dal resto dell’impero. Non cercano lo scontro con Roma ma si rendono autonome: vengono gestite dal governatore della Germania. È una sorta di impero gemello a quello romano: si istituisce una capitale, Augusta Treverorum, e ha le stesse istituzioni (guardia pretoriana, due consoli e un senato). Lo stato autonomo di queste regioni riesce a gestire in maniera più efficiente di come lo gestisse l’impero romano: per cui si capisce che l’impero è troppo vasto per essere gestito da un unico imperatore; - Impero di Palmira (267/268-272)  il re di questa città – stato si allea ai romani, e diventa così un regno cliente e alleato in un’ottica antipersiana. Nonostante la cattura di Valeriano da parte di Shāpūr I, il re Odenato rimase fedele ai Romani e impedì che Palmira cadesse sotto i Sasanidi. Gallieno premierà Odenato con il titolo di “governatore di tutto l’Orente”. Alla morte di Odenato prende il potere la moglie Zenobia, che rende il regno indipendente da Roma: in questo momento i rapporti iniziano a deteriorarsi, e si iniziano a staccare altri territori romani per essere inglobati al regno di Palmira. Dopo la morte di Gallieno inizia la serie degli imperatori “illirici” (zona dell’attuale Croazia e Albania): Rilievo rupestre di Naqsh-e Rostam (Iran), vicino a Persepoli (tombe dei sovrani achemenidi): Shapur I a cavallo, davanti a Filippo l’Arabo (in piedi > resa disonorevole nel 244 d.C.) e Valeriano (in ginocchio > prigioniero nel 260 d.C.)  dal punto di vista ideologico sono due imperatori romani completamente prostrati al re persiano. CIL VII, 802 (262-266 d.C.), dal forte romano di Birdoswald sul Vallo di Adriano (Inghilterra): Deo Cocidio milites leg(ionis) XX V(aleriae) V(ictricis) v(otum) s(olverunt) l(ibentes) m(erito) Apr(- - -) et Ruf(- - -) co(n)s(ulibus). ” I soldati della legione XX Valeria Vincitrice sciolsero un voto al dio Cocidio volentieri meritatamente, durante il consolato di Apr(- - -) e Ruf(- - -)”. Ara dedicata al dio locale, proviene dal Vallo di Adriano: i due consoli non sono di Roma, MA dell’impero delle Gallie  ma si usano gli stessi connotati dell’impero romano. 76 - Claudio il Gotico (268-270 d.C.), proveniente dalla Pannonia, sconfigge i Goti definitivamente; - Aureliano (270-275 d.C.), si riappropria dei due regni separatisti; infatti, viene ricordato come colui che è riuscito a mettere assieme l’impero (restitutor orbis). Costruisce le mura Aureliane (le prime sono le mura serviane), lunghe 19 km e spesse 4 metri, una cinta imponentissima che mostra come Roma necessitasse di essere protetta da incursioni straniere; - Tacito (275-276 d.C.) - Floriano (276 d.C.) - Probo (276-282 d.C.) - Caro (282-283 d.C.) - Numeriano (283-284 d.C.) - Carino (283-285 d.C.) - Diocleziano (284-305 d.C.) è l’unico che riesce a ripristinare l’ordine. I fattori che hanno portato alla crisi del III secolo, oltre che religiosi (tesi di Edward Gibbon), sono soprattutto economici:  diffusione di epidemie, come la peste antoniana  frequenza di carestie  calo demografico;  diminuzione della schiavitù (gli schiavi continuano a esistere ma sono meno numericamente, perché non ci sono più le grandi battaglie che portano il bottino di schiavi)  carenza di manodopera  affermazione del colonato: i contadini si legano alla terra, tant’è che vengono venduti con la terra stessa. Si inizia così a formare una barriera tra la realtà urbana e quella agricola;  svalutazione della moneta (le monete hanno un valore legato alla quantità di metallo prezioso, che in questo periodo scarseggia)  ascesa dei prezzi  spirale inflazionistica (le monete “migliori”, che quinid avevano una maggiore quantità di metallo prezioso, scompaiono dal mercato perché vengono tesaurizzate). Caracalla tentò di risolvere questa situazione coniando una nuova moneta, l’ antoniana, che doveva essere poco più pesante del denario. Per riassumere, diverse ipotesi motivano lo scoppio della crisi: 1. studiosi di tendenza idealista  debolezza dovuta a motivi etico-religiosi, per cui il diffondersi del cristianesimo ha portato a un crollo dei valori romani e di quel pragmatismo e spirito di servizio tipici dei Romani; 2. studiosi di matrice liberale  individuano un conflitto tra la borghesia urbana e le masse popolari rurali, culminato con la decadenza delle città e la deurbanizzazione; 3. studiosi di scuola marxista  tracollo dell’economia servile. Trasformazione della struttura sociale Gli honestiores, i ceti superiori, si frantumano in ulteriori strati strutturali, mentre gli humiliores, i ceti subalterni, hanno una struttura sempre più omogenea. HONESTIORES:  I membri dell’ ordine senatorio (ora definito dalle fonti viri clarissimi) sono sempre al vertice della priamide sociale, ma ora ci sono sempre più provinciali. Dato che l’economia agraria viene colpita solo minimamente dalla crisi, non viene intaccata la loro base di ricchezza. Ma nel III secolo iniziano ad essere messi da parte nella vita politica attiva: acquistano sempre più importanza i cavalieri;  Dato che i senatori non avevano più una grande pratica nel campo delle armi + ora è necessario rendere sicure le frontiere  si affida la direzione dell’esercito ai membri dell’ordine equestre. Attraverso una riforma, Gallieno trasforma la carica di comandante delle legioni di rango senatorio in una prefettura equestre;  La classe dei cavalieri diventa un ceto di funzionari statali: iniziano a capitalizzare i propri proventi con l’acquisto di terra, che era anche la principale fonte di ricchezza dei senatori; 77  L’ordine equestre è sempre più frammentato: 1. Uomini eminentissimi (principali prefetture, come quella del pretorio), 2. Uomini perfettissimi (procuratori e ufficiali dell’esercito), 3. Uomini eccellenti;  I decurioni (ceti dirigenti delle città, quindi medi proprietari terrieri, ricchi artigiani e commercianti) sono i più penalizzati dalla crisi + scompaiono i ricchi liberti imperiali;  L’esercito invece diventa sempre più potente: già dai tempi di Augusto acquisivano una paga annua e una gratifica al termine del servizio + i veterani ricevevano terre nel momento del congedo + sempre più donativi. I soldati attuavano anche operazioni di polizia (scoppiano di continuo ribellioni a causa delle carestie e del conseguente malcontento). HUMILIORES: - Cadono alcune discriminazioni sociali, come la concessione della cittadinanza a tutti gli abitanti dell’impero (editto di Caracalla); - Netta diminuzione della schiavitù, MA diffondersi del colonato = sfruttamento di contadini liberi, i coloni, che erano vincolati alla terra; - Diffusione di banditi, che mettevano in pericolo la sicurezza pubblica; - All’epoca di Commodo: soldati disertori; - Coalizzazioni tra contadini e pastori ribelli, come la rivolta degli schiavi bovari (boùkoloi) + incursioni di tribù nomadi interne. Quindi  nel periodo dell’anarchia militare, si può raggiungere una posizione di prestigio solo nell’esercito e nella burocrazia imperiale. Aumentano i fattori di declassamento a causa di: - Guerre - Recessione economica - Incursioni - Repressioni e rivolte interne Viene a meno l’iniziativa privata e lo stato è l’unico che può garantire l’ascesa sociale. 80 COSTANTINO Nel 305 i due Augusti abdicano e si ritirano a vita privata. A questo punto i loro due Cesari, Galerio e Costanzo Cloro, diventano i due Augusti, che nominano due Cesari: Massimino Daia (provincie orientali), Flavio Severo (Italia e Africa). Il problema emerge l’anno successivo, quando muore Costanzo Cloro: il suo esercito acclama il figlio come imperatore, Costantino. Allora anche l’esercito di Massimiano decide di acclamare imperatore il figlio, Massenzio. Si scatena così un’altra guerra civile, dimostrando l’inefficacia del sistema tetrarchico. Nel 307 muore Flavio Severo, e viene nominato Licinio come Augusto, venendogli assegnata l’area balcanica. Nel 311 muore anche Galerio, cosicché lo scontro tra Costantino e Massenzio è imminente. Lo scontro decisivo si ha nel 312, nella battaglia di Ponte Milvio (a nord di Roma): Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino I, 30  in hoc signo vinces: Costantino vince in battaglia, e la vittoria si spiega con questa visione cristiana. In realtà è molto più probabile che Costantino si sia convertito dopo, in punto di morte. Si è molto discusso sulle motivazioni: se fosse una fede sincera o solo una manovra politica. Nell’ora in cui il sole è a metà del suo cammino, quando il sole comincia appena a declinare, [Costantino] disse di aver visto con i propri occhi, in pieno cielo e al di sopra del sole, il segno luminoso di una croce, unita alla quale c’era una iscrizione: «Sotto questo segno vincerai (ἐν τούτῳ νίκα)!». A causa di tale visione un grande sbigottimento si impadronì di lui e di tutto l’esercito, che lo seguiva nel viaggio e che fu spettatore del miracolo. Raccontava che molta era la sua incertezza sulla natura di questa apparizione. Mentre rifletteva e pensava a lungo sull’accaduto, sopraggiunse veloce la notte. Allora gli si mostrò in sogno Cristo, figlio di Dio, con il segno che era apparso in cielo e gli ingiunse di costruire un’immagine simile a quella del segno osservato in cielo e di servirsene come difesa nelle battaglie contro i nemici. Editto di Milano, 313: riorganizza e ufficializza il provvedimento di Galerio, che consentiva ai cristiani di professare il loro culto. Si passa così nel giro di pochi anni da un momento di dure persecuzioni a una più aperta tolleranza, vedendo riconosciuto il cristianesimo come una delle tante religioni. Rimane sempre la volontà, tipicamente romana, di garantire la pax deorum, ma ora si richiede la benevolenza anche del Dio dei cristiani. Si decide anche di restituire i beni cristiani confiscati nelle precedenti persecuzioni, giungendo così a un primo accordo tra Stato e Chiesa. A Milano si incontrano Costantino e Licinio, Lattanzio, Le morti dei persecutori 48  si fa sempre un riferimento generico alla divinità, non si parla mai di un dio specifico. Essendo felicemente convenuti in Milano, io Costantino e io Licinio Augusto e avendo passato in rassegna tutto ciò che concerne l’interesse e la sicurezza pubblici, abbiamo ritenuto che tra i diversi argomenti di maggiore utilità generale e che esigevano più urgenti provvedimenti vi fosse quello in cui è compresa la devozione della divinità (reverentia divinitatis). Abbiamo pertanto creduto opportuno concedere ai cristiani e a tutti piena facoltà di seguire la religione che ciascuno vuole, affinché qualunque divinità (divinitas) si trovi in cielo possa permanere in stato di pace e propizia verso di noi e verso coloro che sono sottoposti alla nostra potestà. Lo stesso riferimento alla divinitas si ritrova nell’iscrizione dell’arco di Costantino: CIL VI 1139 (iscrizione)  l’ambiguità del non-definire quale sia la divinità è data anche dal fatto che di fronte al senato Costantino non poteva esplicitare che fosse veramente quella cristiana. Il senato e il popolo romano dedicarono questo arco, insigne per i trionfi (arcum triumphis insignem), all’imperatore Cesare Flavio Costantino Massimo, Pio, Felice Augusto, poiché, per ispirazione di una divinità (instinctu divinitatis) e in virtù della grandezza del suo spirito (mentis magnitudine), insieme con il suo esercito vendicò lo stato (rem publicam ultus est) in un solo tempo con una giusta guerra (uno tempore iustis armis) tanto dal tiranno, quanto da ogni sua fazione (tam de tyranno quam de omni eius factione). Dopo l’editto di Milano, i rapporti tra Costantino e Licinio oscillano, ma nel trattato di pace del 317 si associano tre cesari: Crispo (figlio di Costantino), Liciniano (figlio di Licinio), Costantino II. Ritorna il principio della condivisione del potere, ma ora non è più basato sul valore militare, bensì sul principio ereditario. 81 Nel 325 si tiene a Nicea il primo concilio ecumenico della Chiesa Cristiana: si condanna eretica la dottrina del sacerdote Ario (natura di Cristo diversa da quella di Dio) + viene redatta la professione di fede/simbolo. Nel 330 viene istituita la nuova capitale, Costantinopoli, che si presentava come una nuova Roma (costruita su sette colli, delimitata dal pomerio, divisa in quattordici regioni e dotata di un proprio senato, cristiano), ma era priva di templi pagani e ricca di grandi chiese cristiane. Negli ultimi anni del regno, Costantino sconfisse i Goti lungo il Danubio e stipulò con loro un foedus, in base al quale dovevano fornire contingenti armati all’esercito romano. Voleva poi impegnarsi in una campagna contro i Persiani, ma una malattia lo portò alla morte nel 337. (Il suo regno durò 31 anni, il secondo più lungo, dopo quello di Augusto). DINASTIA COSTANTINIANA I suoi tre figli vengono subito nominati Cesari. Aveva anche due nipoti che avrebbero dovuto ricoprire qualche ruolo alla morte di Costantino, che perciò non aveva lasciato la successione molto chiara. Alla morte nel 277, i tre figli eliminano subito i due nipoti (si salvano solo Gallo e Giuliano), e si spartiscono l’impero: - Costantino II  Occidente; - Costante  Africa, Italia, Pannonia; - Costanzo II  Oriente. Nel 340 si hanno le prime lotte fratricide, per cui Costantino II viene eliminato. 10 anni dopo viene eliminato anche Costante, da parte dell’usurpatore Magnenzio. Le truppe di Costante II e di Magnenzio si scontrano nel 351 a Mursa, in Pannonia, e due anni dopo Magnenzio viene definitivamente sconfitto. Ora rima solo Costanzo II, che nomina come Cesare il cugino Giuliano, soprannominato “l’Apostata”, perché era un fedele pagano, tanto da promuovere un ripristino dei culti pagani. Nel 360 Giuliano viene nominato Augusto dalle truppe, l’anno successivo muore Costanzo e nel 363 muore Giuliano nel corso di campagne militari contro i persiani. C’è un duplice orientamento tra i figli di Costantino e Giuliano, dal punto di vista religioso: Codice Teodosiano 16, 10, 4  Gli imperatori Costanzo e Costante al prefetto del pretorio Tauro. È nostro desiderio che in tutti i luoghi e in tutte le città i templi siano immediatamente chiusi e che con il divieto di accedervi sia tolta a tutti gli uomini perduti la possibilità di peccare. È anche nostro volere che tutti gli uomini si astengano dai sacrifici. Se per caso qualcuno dovesse commettere un crimine di questo genere, andrà abbattuto con la spada vendicatrice. Noi altresì decretiamo che le proprietà di un uomo così condannato debbano passare al fisco e che, analogamente, i governatori provinciali dovranno essere perseguiti, se trascureranno di punire questi misfatti [346 d.C.]. Così come le persecuzioni contro i cristiani prevedevano la confisca dei beni, lo stesso lo prevedeva questa legislazione anti-pagana. Siamo in un momento in cui la religione cristiana è una religione come le altre, ma l’autorità dello stato decide comunque di attuare legislazioni contro chi osserva quella pagana: ciò ci fa capire che il cristianesimo è ben inserita nell’ordinamento politico imperiale, pur non essendo ancora religione di stato. Dal lato opposto, Giuliano cerca di allontanare i cristiani dai ruoli dirigenti: questo fa capire che è una religione non più diffusa solo tra gli strati più bassi della società, ma anche nei piani più alti. Rufino di Concordia (vescovo), Storia ecclesiastica 11, 33  [Giuliano] fu un persecutore più astuto degli altri, poiché non ricorse alla violenza e ai tormenti, ma con i premi, le cariche, le lusinghe e le promesse persuasive riuscì a far cadere quasi un numero maggiore tra la popolazione cristiana che se fosse ricorso a mezzi atroci. Vietò ai cristiani lo studio degli autori pagani e decise che le scuole degli esercizi letterari fossero aperte soltanto a coloro che veneravano gli dei e le dee. Ordinò che la cintura del servizio militare non fosse consegnata se non a quelli che immolavano agli dei. Diede disposizioni perché ai 82 cristiani non si dovesse affidare il governo delle province e l’amministrazione della giustizia nei tribunali, essendo essi individui ai quali una legge propria impediva perfino di fare uso della spada. Giuliano elimina alcuni cristiani anche per il loro patrimonio, in modo da essere confiscato; i cristiani sono anche esclusi dall’esercito e dai luoghi di cultura. Fonte pagana circa la morte di Giuliano, colpito al fianco durante un agguato persiano: questa fonte mette in dubbio la versione tradizionale. Libanio, Epitaffio di Giuliano 18, 274-276  Si desidererà sapere chi l’ha ucciso. Io non so il nome, ma che non fosse un nemico è chiaro segno il fatto che nessun nemico ricevette il premio per averlo ferito. […] Dobbiamo essere grati ai nemici che non si sono attribuiti la gloria di quello che non hanno fatto e in tal modo ci hanno permesso di cercare l’assassino fra noi. Quelli a cui non conveniva che vivesse erano quelli che vivevano da fuorilegge e da tempo tramavano contro di lui; e quando ne ebbero l’occasione lo uccisero, sotto la spinta della loro malvagità che nel suo regno non aveva spazio e soprattutto del fatto che lui onorava gli dei, mentre il loro scopo era contrario. Quello che Tucidide dice di Pericle, che con la sua morte apparve più chiaro il suo ruolo determinante negli eventi, si può dire anche di lui. DINASTIA VALENTINIANA e TEODOSIO Alla morte di Giuliano si instaura la dinastia dei Valentiniani. Le truppe acclamano Gioviano, che pone fine alla politica di ripristinazione del culto pagano. Abbandona anche il progetto di conquistare la Mesopotamia, nelle campagne contro i persiani. 8 mesi dopo muore, e l’esercito nomina Valentiniano I, generale della Pannonia. Associa subito come imperatore il fratello Valente, affidandogli la gestione dell’Oriente. Pochi anni dopo, Valentiniano proclama Augusto il figlio Graziano, di 8 anni. Ma alla morte di Valentiniano acclamano un altro figlio, avuto dalla seconda moglie, Valentiniano II. Nel 376 si vede l’esito degli spostamenti di masse che dall’Oriente si spostano a Occidente, spingendo altre popolazioni sui confini dell’impero. Gli Unni premono sui Goti nell’area del limes danubiano: si inizia a discutere se farli entrare o no nei confini dell’impero. Valente decide di affrontare i Goti nella battaglia campana di Adrianopoli, del 378  è un evento spartiacque, che segna la fine dell’Impero Romano. Ammiano Marcellino, Storie 31, 13  percepisce l’evento come una grande ferita per l’impero; l’imperatore muore trafitto da una freccia. Sotto un sole implacabile, i Romani, già spossati dalla fame, tormentati dalla sete e aggravati dal peso delle armi, cedettero infine alla pressione dei barbari divenuta insostenibile e, nella disperata situazione determinatasi, non restò loro altro scampo che una fuga disordinata. E mentre tutti fuggono alla rinfusa per ignoti sentieri, l’imperatore, vistosi perduto, saltando i mucchi dei cadaveri, ripara presso i lancieri [...]. Intanto i barbari inferociti si erano buttati all’inseguimento dei nostri, ormai completamente istupiditi dalla fatica: alcuni furono uccisi senza nemmeno rendersene conto, altri furono travolti e schiacciati dalla massa degli inseguitori, altri ancora caddero sotto i colpi dei loro stessi compagni che intendevano riorganizzare le file e non risparmiavano chi continuava nella fuga. Per di più la ritirata era resa difficile dagli innumerevoli feriti che si lamentavano in modo straziante e dalle cataste di cavalli morti. Sul campo di battaglia, a celare pietosamente l'ormai irreparabile danno dell'impero, scese finalmente una notte senza luna. Al calar delle prime tenebre, l’imperatore (così almeno si poteva supporre, dato che testimoni non ne esistono) cadde trafitto mortalmente da una freccia e il suo corpo non fu mai più ritrovato. Nella zona rimasero infatti per parecchi giorni bande di spogliatori di cadaveri e nessuno quindi, né i soldati romani, né gli abitanti del luogo, osò avvicinarsi. [...] Gli annali non ricordano una disfatta simile a questa, a eccezione della battaglia di Canne. A questo punto rimangono Graziano e Valentiniano II, che siccome ancora molto giovani decidono di associarsi un generale, Teodosio, che di fatto governerà l’impero per 15 anni. Capisce che non si può combattere contro i barbari, ma piuttosto stipula un foedus: assegna loro delle terre in cambio di aiuto militare in caso di necessità (nel periodo delle guerre latine, i foedera erano strumenti di egemonia romana, per controllare i territori appena conquistati, in questo caso sono invece un elemento repressivo).
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