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Caratterizzazione di Angelica nel Castello di Atlante e nella Follia di Orlando, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Italiana

La caratterizzazione di angelica, la principessa bella e intrigante, nel castello di atlante e nella follia di orlando, due episodi del poema epico orlando furioso di ludovico ariosto. Angelica è presentata come una donna calcolatrice e cinica, che usa il suo fascino per ottenere i suoi scopi. Il documento illustra anche la sua relazione con medoro, un semplice soldato dell'esercito degli infedeli, e la follia di orlando per angelica. Inoltre, il documento discute della tecnica narrativa usata da ariosto nel poema, che include la sospensione della narrazione e il paragone tra orlando e angelica.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 17/02/2024

charles12.
charles12. 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Caratterizzazione di Angelica nel Castello di Atlante e nella Follia di Orlando e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Il 500 e LUDOVICO ARIOSTO Guardando alla carriera di Machiavelli, la sua produzione raggiunge risultati eccellenti —> è una figura rappresentativa. Il principe va collocato in una produzione trattatistica —> è un trattato. Come anche quello di Bembo e quello di Baldassar Castiglione. Quello di Bembo—> Dialogo sul tema dell’amore—> identifica molto bene la fortuna del dialogo e il recupero del classico e rispecchia anche le tendenze neoplatoniche che nel 500 hanno molto successo. Un altro ambito in cui Machiavelli si esercita è il teatro. Molto importante è la Mandragola. Il teatro del 500 è molto importante dal punto di vista storico perché in un certo senso rinasce. Durante il medioevo la tradizione teatrale è una produzione estremamente limitata. Esistono alcuni testi di rappresentazioni che sono però o destinati alle performance dei giullari nelle corti o nelle fiere oppure sono testi di carattere sacro, che venivano rappresentanti in occasioni di particolari ricorrenze liturgiche e rappresentanti episodi delle Sacre scritture, dei Santi o rappresentazioni allegoriche. Ma la tradizione teatrale dei generi classici della commedia e della tragedia muore nel Medioevo e rinasce nel 500 —>rinasce nelle corti dove vi sono ambienti propizi allo sviluppo del teatro e vengono messe in scena rappresentazioni di testi classici per intrattenere le corti ma anche testi in volgare comunque ispirarti a testi classici. Dunque, si ricomincia a scrivere tragedie e commedie in volgare. N.B in Dante —> commedia —> nonostante il titolo del poema, l’aspettò teatrale è totalmente messo da parte. Generalmente, l’autore a cui si accredita la composizione dei primi testi teatrali in volgare è Ludovico Ariosto. Il modello principale della commedia nel 500 è Terenzio ma ci si ispira anche ad una forma letteraria più recente, ovvero la NOVELLA, in particolare la Mandragola, ad esempio, che narra un inganno—> potrebbe fare benissimo da trama ad una novella di Boccaccio. Leggendo le commedie del 500 quindi bisogno tenere presente sia la tradizione classica sia la tradizione novellistica in volgare. (CFR Bandello—> che non si uniforma a Bembo e utilizza anche termini padani) Abbiamo anche una ricca produzione di tragedie e drammi pastorali. Fra i generi che godono di ampia fortuna va aggiunta anche la lirica, dove trionfa il modello di Petrarca (rafforzato sicuramente dall’approvazione del Bembo.) Assume una grande importanza anche la produzione poetica femminile, ricca presenza di voci femminili molto interessanti. Si aggiunge anche un genere fondamentale cioè quello della produzione del poema cavalleresco LUDOVICO ARIOSTO —> ORLANDO FURIOSO —> Italo Calvino diceva che è un’opera aperta senza inizio né fine —> è un’opera che si propone come sequel, si riaggancia all’opera precedente dell’orlando innamorato di Matteo Maria boiardo. Orlando ha un ruolo di protagonista in un filone molto importante nella letteratura cavalleresca  filone della chanson de geste che appartiene al ciclo carolingio —> poemi che hanno come oggetto lo scontro tra l’esercito Cristiano di Carlo Magno e l’esercito degli infedeli, dei Mori, che tentano di invadere la Francia risalendo dalla penisola iberica. È un ciclo che ha una forte connotazione religiosa e ha anche un forte elemento di embrionale formazione dell’identità nazionale. Tema centrale è quindi la guerra giusta dei paladini che si oppongono all’invasore e all’infedele. Orlando è il più eroico e il più forte dei paladini di Carlo Magno. È un eroe senza paura, integralmente piativo, che rappresenta proprio la figura del difensore della patria e della religione Cristiana. Dedicare un poema ad Orlando innamorato come fa Boiardo significa reinterpretare la posizione di orlando rispetto a quella presente nel ciclo carolingio dove l’elemento amoroso era marginale. Quest’ultimo ha invece un’importanza fondamentale nella produzione dell’amore cortese ma anche del ciclo Bretone (o Arturiano) —> un ciclo dove sono sempre presenti dei cavalieri e anche qui l’elemento amoroso è importantissimo —> il famoso libro che Paolo e Francesca leggono appartiene proprio a questo ciclo e in particolare alla storia tra Lancillotto e Ginevra). È una tradizione in cui troviamo i cavalieri che subiscono la tentazione amorosa trasgredendo i propri doveri e ai propri impegni cavallereschi. Parlare quindi di orlando innamorato ci dice molto sull’operazione che Boiardo decide di compiere —> si ha una vera e propria reinterpretazione di orlando ispirandosi ai due cicli —> fusione o meglio bretonizzazione del ciclo carolingio —> personaggi e situazione di quest’ultimo ma attribuendo caratteristiche che sono proprie dei personaggi del ciclo bretone in particolare l’innamoramento. Ma anche un altro elemento —> elemento magico, del soprannaturale meraviglioso. BOIARDO era un aristocratico che frequentava la corte estense e propone questo testo di rimescolamento tra la tradizione ad un pubblico di corte —> la sua lingua è fortemente intrisa di elementi padani ed è sulla scia dell’opera di Boiardo che interviene Ludovico Ariosto che propone un sequel dell’orlando —> aggiungendo un tassello in più —> non è più innamorato ma diventerà furioso —> folle, perde il senno per l’amore per angelica. ORLANDO FURIOSO La prima edizione 1516, la seconda 1521, la terza 1532. Il passaggio dalla prima alla seconda non comporta grandi cambiamenti, solo una piccola revisione linguistica che avviene però in maniera più ampia tra la seconda e la terza edizione. Nel mentre esce il trattato Di Bembo “le Prose della volgar lingua” e Ludovico si vuole conformare al suo modello linguistico togliendo gli elementi padani. -Nella versione finale ritroviamo 46 canti, incremento di 6 rispetto a prima. L’orlando furioso è la prima opera che viene pubblicato a stampa —> una delle grandi novità del tempo—> la stampa viene curata personalmente dall’autore —> Ariosto non lo affida a degli editori, ma se ne occupa lui stesso. Noi prendiamo in considerazione ovviamente l’edizione del 1532 in quanto è la versione che raggiunge il massimo di elaborazione da parte dell’autore stesso. Edizioni e stampa Veniva stampata una nuova copia di un foglio che svolgeva la funzione di una bozza solo che non sempre e, non nel caso del furioso, era possibile a causa di tempi tecnici. Accadeva che venivano stampati dei fogli che venivano dati ad Ariosto per correggerli ma ne frattempo la stampa andava avanti, non si interrompeva e così accadeva che venissero stampati questi fogli prima della correzione e poi successivamente venivano stampati di nuovo. Quelli vecchi venivano comunque conservati e infatti ci sono copie della stessa edizione del 1532 che rappresentano una prima elaborazione in uno stadio iniziale e poi quelle finale. Da un certo punto di vista la situazione del filologo che deve fare l’edizione critica non è così diversa dalla situazione di un critico che ha a che fare con dei manoscritti perché anche il primo deve cercare di confrontare il maggior numero di esemplari delle edizioni del 1532 perché in ciascuno di questi ci potrebbe essere l’elaborazione più corretta di un certo brano che in altre edizioni ha uno stato più arretrato. Molte copie iniziali sono andate perdute nel tempo ma fra le copie che ci sono pervenute nessuna copia rappresenta integralmente lo stadio finale, che rappresenti al meglio la volontà finale dell’autore. oggetto sostituivo  Ariosto sembra guardare questi personaggi con ironia ma in realtà poi sono gli unici che non impazziscono per amore,). “Oh gran bontà dei cavalieri antichi!”  è il primo degli interventi riflessivi che Ariosto intercala nella sua narrazione; e in particolare il primo con cui egli segna nettamente la diversità fra il piano della sua invenzione poetica e quello della realtà attuale ed effettuale. (ottava 25-31)  dall'acqua esce un cavaliere che rimprovera Ferraù di non aver rispettato i patti: è Argalia, che Ferraù aveva ucciso e al quale aveva promesso di restituire l'elmo. Ora che il legittimo proprietario se ne è impossessato di nuovo, Ferraù potrà conquistarne un altro. Superato il turbamento derivante dall'apparizione del fantasma e dai rimproveri, Ferraù giura a sé stesso di avere l'elmo di Orlando, di cui si mette subito alla ricerca. ottava 31-32  Rinaldo si imbatte in Baiardo, ma il cavallo non si ferma al suo richiamo ottave 32-38  Angelica dopo aver vagabondato per giorni, si riposa infine presso un boschetto.  locus amoenus  linguaggio simile a quello di Petrarca Ma non stesse lì per molto in quanto ad un certo punto sentì un “calpestio” e vide che era giunto un cavaliere. ottave 32-58  Angelica avvista un cavaliere e ne ascolta i lamenti: è Sacripante che si duole per l'avversa fortuna, che avrebbe favorito altri uomini nella conquista della donna amata  Sacripante, il re di Circassia già visto nell'Innamorato in cui aveva lottato per Angelica ad Albraca, difendendola da Agricane il sovrano è disperato perché sa che Angelica è tornata in Occidente in compagnia di Orlando e teme che ormai si sia concessa al paladino cristiano, cosa che dovrebbe renderla meno appetibile ai suoi occhi e invece non riesce a dimenticarla. Il lamento di Sacripante è accorato ed egli paragona la "verginella" a una rosa che è bellissima e onorata finché rimane sullo stelo, poi quando viene colta perde buona parte della sua attrattiva, usando la consueta immagine del "cogliere la rosa" nel senso di approfittare della bellezza di una giovane donna, ampiamente usata dagli scrittori del XV sec. (cfr. soprattutto Poliziano, che nella ballata I' mi trovai, fanciulle invita proprio gli uomini a cogliere "la bella rosa del giardino"; ). Sacripante intende dire che la "rosa" di Angelica, ora che è stata colta da un altro, non dovrebbe più essere desiderata da lui; invece, il pensiero amoroso continua a rodergli e a consumargli il cuore, riecheggiando anche un carme di Catullo (62) in cui viene espresso un concetto assai simile. La stessa metafora della rosa tornerà anche nella Liberata di Tasso, nel discorso del pappagallo che invita come Poliziano ad approfittare della vita che è breve e passa velocemente. Angelica si mostra nell'episodio nelle consuete vesti di donna calcolatrice e cinica quale era già mostrata nell'Innamorato, forse con un surplus di raffinata perfidia: ascolta con attenzione le parole di Sacripante e decide di approfittare della situazione, non perché abbia pietà dell'uomo che soffre per lei (anzi, è "dura e fredda più d’una colonna") ma perché le circostanze le impongono di trovare qualcuno che le faccia da scorta fuori dalla foresta e il cavaliere fa al caso suo; si propone di dargli "speranza" con le parole e di tenerlo sulla corda per indurlo ad aiutarla, poi quando non le servirà più tornerà ad essere altera e sdegnosa come sempre. Infatti, si presenta a lui all'improvviso e lo rassicura circa la sua verginità ancora intatta, inoltre lo abbraccia teneramente al collo, cosa che fa solo nella speranza di poter tornare grazie al suo aiuto in Catai. Il racconto sulla sua purezza è vero (Ariosto lo confermerà parlando della sua relazione con Medoro)  il re circasso prende per buone tutte le sue parole e non si pone neppure il minimo dubbio, comportandosi come un uomo accecato dall'amore che, dice l'autore, fa vedere quello che non c'è e viceversa. La caratterizzazione di Angelica come un'esperta seduttrice che usa sapientemente il suo fascino per ottenere i suoi scopi è decisamente moderna ed è significativo che questo ruolo sia svolto dall'eroina principale del poema, una donna nobile e figlia persino del re del Catai, non da una popolana o da una truffatrice come avveniva per lo più nel Decameron o nella commedia del Cinquecento (è un segno dell'emancipazione raggiunta dalla figura femminile nella società rinascimentale, dimostrata anche dalla grande varietà di donne descritte nel Furioso. Angelica subirà comunque una trasformazione positiva nel corso del poema, poiché da donna altera e "c’ha tutto il mondo a sdegno" si innamorerà dell'umile fante saraceno Medoro, lo sposerà e partirà con lui per il Catai.  ottave 59-81  l'uomo è determinato a tentare di sedurla, quando è interrotto dall'arrivo di un cavaliere vestito di bianco che gli provoca irritazione e che lui sfida a duello credendo di vincere facilmente; invece, viene disarcionato e il suo cavallo è addirittura ucciso. È la prima apparizione nell'opera di Bradamante, la sorella di Rinaldo che va in cerca dell'amato Ruggiero e che si rivela subito una guerriera valorosa, come dimostrerà poi in più di un'occasione; la sua apparizione improvvisa è poi seguita da quella del messaggero che la cerca, il quale rivela a Sacripante che a vincerlo in duello è stata una donna (è comprensibile la vergogna del saraceno nell'apprendere questo, per di più di fronte all'amata Angelica che ha assistito alla sconfitta). È interessante l'atteggiamento di quest'ultima, poiché si affretta a consolare Sacripante dello scorno subìto dando la colpa al cavallo, parole frutto del calcolo in quanto la donna ha bisogno dell'aiuto del saraceno per uscire dalla foresta ed è per questo che nel passo precedente gli ha rivolto parole melliflue. ottava 72  arrivo di Baiardo  Baiardo, cavallo fatato e di intelligenza umana, riconosce Angelica e diventa un agnellino nelle sue mani, quindi consente a Sacripante di montarlo e i due possono allontanarsi: più avanti ci verrà spiegato che l'animale era sfuggito a Rinaldo non per caso, ma per condurlo dalla donna che lui amava e che aveva seguito sin da quando lei aveva lasciato la tenda di Namo di Baviera, anche se poi Ferraù e Sacripante avevano creato impaccio. Rinaldo comparirà tuttavia poco tempo dopo, ancora innamorato di Angelica e ben deciso a riprendersi il destriero, chiudendo idealmente il cerchio del canto. L'autore ricorda il fatto che Rinaldo ama Angelica e che lei, invece, lo odia in quanto tempo prima i due hanno bevuto rispettivamente alla fonte dell'amore e del disamore nelle Ardenne, episodio che ancora una volta si rifà all'Innamorato (II.XV, mentre in precedenza era avvenuto il contrario e quindi era Ranaldo ad odiare la fanciulla). Questi continui riferimenti al poema di Boiardo sono tutt'altro che casuali e rientrano nei codici narrativi dei poemi cavallereschi, poiché i lettori conoscevano bene le storie dei paladini e chi affrontava la materia epica doveva confrontarsi con la tradizione precedente, sia pure innovandola in modo originale come fa Ariosto. Allo stesso modo Sacripante, di fronte alle preghiere di Angelica affinché la faccia fuggire da Rinaldo, risponde che lui è ben capace di difenderla e ricorda l'episodio in cui affrontò Agricane ad Albraca, la città asiatica dove lei era assediata dal re dei Tartari che voleva sposarla ad ogni costo. Il canto si conclude con Sacripante e Rinaldo in procinto di affrontarsi nell'ennesimo duello, narrazione che però rimane "sospesa" e rimandata al canto successivo, secondo una tecnica narrativa spesso utilizzata da Ariosto nel poema (lo stesso avviene, ad es., nell'episodio di Cloridano e Medoro) IL CASTELLO DI ATLANTE XII L'episodio si ricollega a quello del primo castello di Atlante in cui il mago aveva già attirato con l'inganno Ruggiero, il figlio adottivo cui era affezionato e che voleva preservare dall'infausto destino di essere ucciso a tradimento dopo la conversione e le nozze con Bradamante, da cui doveva nascere la dinastia estense; nel primo caso l'incanto era stato vinto dalla stessa donna guerriera, ma Ruggiero era stato poi portato via dall'ippogrifo. Questo secondo castello attira invece anche altri paladini (Orlando, Ferraù, Sacripante...) facendo loro credere che al suo interno vi sia la cosa o la persona che inseguono, trattenendoli poi qui in una affannosa quanto vana ricerca che dura mesi, il cui fine è tenere Ruggiero lontano dalla guerra e dai pericoli. I guerrieri dentro il palazzo non possono riconoscersi per magia, quindi non c'è il rischio che possano battersi tra loro. All'inizio del passo è Orlando a cadere nel tranello, inseguendo un'immagine che ha le sembianze di Angelica rapita da un cavaliere, mentre in seguito tocca la stessa sorte a Ruggiero, convinto che Bradamante sia portata via da un gigante; il racconto si ricollega a quanto narrato in XI.13-20, anche se in quel caso la narrazione restava "sospesa" e riprende qui spiegandoci cosa è successo (è la consueta tecnica usata dall'autore). Il castello vuol essere una metafora della vita umana, in cui spesso cerchiamo affannosamente qualcosa che non riusciamo a trovare e perdiamo tempo e fatica inutilmente, tema già espresso dalla selva del canto iniziale e, più avanti, dalle cose perdute sulla Terra che Astolfo ritrova sulla Luna, tra cui ovviamente anche il senno di Orlando. Ottave 1-2  il canto si apre con un rifermento al mondo classicostoria di Cerere che cerca la madre Proserpina, rapita da Plutone. La storia serve ad instituire un paragone con Orlando che è in cerca di Angelica. Ottave 3 -7  Mentre Orlando è in viaggio alla ricerca di Angelica, sente le urla di una donna in pericolo, sguaina la propria spada e corre in suo aiuto. Il paladino vede passare al galoppo un cavaliere misterioso con in braccio una donna, contro la sua volontà, che ad Orlando sembra Angelica. Il duca si lancia al suo inseguimento con Brigliadoro e raggiunge infine, uscito dal bosco, un vasto prato con al centro un bellissimo castello, all’interno delle cui mura è entrato il misterioso cavaliere. (nell’ottava 5-6 ricorre due volte “parea” dunque alla sfera della ricerca si aggiunge la sfera del sembrare) Ottave 8-13 descrizione palazzo di Atlante  Il palazzo di Atlante è oasi felice nel caos della vita. Tutti fuggono e corrono alla ricerca del loro desiderio, che prende però forma tangibile solo tra i marmi del palazzo. Lo si può considerare come microcosmo di tranquillità nel macrocosmo della ricerca cavalleresca, impetuosa, frenetica, sfibrante. Sono 2 le interpretazioni plausibili con cui si può comprendere il palazzo di Atlante  sicuramente l’interpretazione universale vede nel palazzo la metafora della tendenza dell’uomo di vedere la realtà come un gioco di apparenze. Tuttavia nell’ottava 10 sembra rimandare alle corti rinascimentali, delle quali Ariosto aveva parlato nelle satire, descrivendo la vita di corte come una schiavitù. Nell’ottava 12 emerge poi la vanità dell’oggetto della ricerca, il palazzo diventa così una gabbia e un inganno. (interpretazione universale  uomo schiavo dei propri desideri; interpretazione storica  vita di corte, vista come una forma di prigionia) ottave 14-16  Esce dal palazzo ma ad un certo punto Orlando si sente chiamare da una finestra e gli sembra la voce di Angelica, quindi rientra e continua a cercare ottave 17-22  l’autore ritorna a parlare di Ruggiero, di cui aveva smesso di parlare quando stava cercando e seguendo Angelica nel bosco. Anche lui arriva al castello, e fa le stesse cose di Orlando, gira su e giù, poi si allontana poi ritorna, perché la stessa voce che ad Orlando sembrava Angelica, per Ruggiero era Bradamante.  questo ci fa capire che in realtà queste figure siano semplicemente delle figure magiche del mago Atlante. Nell’ottava 21 si spiega il fine di Atlante: “ruggier fosse occupato tanto in quel travaglio, in quella dolce pena che ‘l mal’influsso n’andasse da canto, l’influsso ch’a morir giovene il mena”. Poi Atlante fa si che anche altri eroi siano nel castello in modo che non uccidano Ruggiero. ottave 23- 50  Angelica intanto, decisa a ritornare in India, è alla ricerca di Orlando o di Sacripante così da poter avere adeguata guida per il proprio viaggio. Con l’anello magico in bocca ( inconsistenza dei desideri) , quindi invisibile a tutti, giunge infine anche lei al castello di Atlante e vi entra. Incontra Sacripante ed Orlando e vede come vengono ingannati dall’incantesimo con finte immagini di lei. Tra i due cavalieri decide di prendere Sacripante come sua guida, per il semplice motivo che ritiene di poterlo più facilmente liquidare quando non ne avrà più bisogno. Si toglie quindi l’anello di bocca e lo infila al dito: annulla l’incantesimo di Atlante ed appare alla vista del paladino. In corso degli anni una caratteristica problematica: questo tipo di struttura viene vista come contrastante con alcune esigenze che vanno affermandosi attorno alla metà del 600. ottave 1-3  l’inizio del canto fa riferimento alla crisi politico-militare dell’Italia contemporanea. (CFR con Machiavelli)  qui l’autore cita le deplorazioni delle rovine e dei lutti portati dagli eserciti stranieri e accenna alla cecità e alla neghittosità dei principi italiani, nella speranza di un intervento di quale <<virtuoso>> che liberi il bel paese dal >>puzzo e dagli artigli>> delle nuove arpie. ottave 4- 43  storia di Lidia 47  Astolfo esce dall’inferno; ottave 48  entra nel paradiso terrestre con descrizione edenica, vede anche il palazzo degli spiriti magni, che era accesso da tanto splendore e da tanta luce  la terra a confronto è definita “fetido, brutto e malvagio”. Nel palazzo incontra un vecchio, San Giovanni descritto in modo simile a Catone dantesco nel purgatorio. È dunque da lui che viene accolto e che gli dice che è lì per volere divino , e in particolare “per imparar come soccorrere dei Carlo” missione provvidenziale per portare soccorso all’esercito di Carlo Magno. L’evangelista gli spiega che Il senno era stato tolto ad Orlando per volontà divina per il fatto di essersi distratto dalla missione dei soldati fedeli a causa dell’amore per angelica. Dio aveva infatti premiato Orlando con doti eccezionali finalizzate alla difesa della fede. Tuttavia orlando era stato accecato da un amore impuro per una pagana e lo era così tanto che era più volto stato sul punto di uccidere il cugino Rinaldo. Dunque, non avendo rispettato i compiti che gli avevano assegnati, la punizione durerà 3 mesi. ottave 71 76 arrivo sulla luna, Astolfo è meravigliato di quanto sia grande; guarda la terra e non riesce a distinguere terra e mare da lontano non avendo il pianeta luce propria. (l'autore relativizza la scala dei valori umani, che sembrano importanti a noi ma che in realtà, visti da un'altra prospettiva, acquistano una consistenza decisamente inferiore) Viene condotto dal duca in una valle dove era racchiuso tutto ciò che si perde o per nostro difetto, o per colpa del tempo o di Fortuna. La descrizione del paesaggio lunare diventa l'occasione per l'autore di ironizzare sulla vanità delle occupazioni umane, poiché gli uomini sprecano il loro tempo e la vita inseguendo cose che non raggiungono o che svaniscono presto col passare del tempo: tra queste la fama del mondo, i sospiri degli amanti, ma anche la grandezza degli imperi del passato destinati a cadere, mentre un certo disprezzo viene dimostrato verso le "magiche sciocchezze" così come più avanti verso gli "astrologhi" (la negromanzia era ampiamente praticata negli ambienti anche di corte del Rinascimento) ottave 77-79  L'autore attraverso questo brano rivolge una dura polemica contro la vita delle corti, specie nelle ott. 77-79 in cui descrive ironicamente i doni che si fanno ai signori sperando di ingraziarseli, rappresentati come vesciche gonfie, mentre i lacci nascosti dentro ghirlande sono le adulazioni e le cicale scoppiate sono i versi della poesia encomiastica (le cicale rappresentano in modo sarcastico i poeti, di cui più avanti si dice che hanno ben poco senno, e c'è evidentemente molta auto-ironia da parte di Ariosto che inserì parti encomiastiche nel poema stesso). L'autorità data dai signori ai loro faccendieri è paragonata ad artigli di aquile, mentre sferzante è l'accusa contro i potenti che si circondano di favoriti e amanti (i "Ganimedi"), che quando non sono più giovani vengono messi da parte. La polemica contro il "servir de le misere corti" ricorre in altre opere dell'autore, specie nella Satira I in cui Ariosto si giustifica per il rifiuto a seguire il cardinale Ippolito in Ungheria e rivendica con coraggio la propria libertà. ottave 80-89  Tra tutte le cose inutili Ariosto mette anche l’elemosina, ossia delle offerte che vanno alla chiesa in suffragio della propria anima dopo la morte. Essa deriva dalla donazione che Costantino fece al papa Silvestro, “se è lecita chiamarla tale”  Ariosto a differenza di dante è consapevole del falso storico. L’unica cosa che non si trova sulla luna è la pazzia che invece è tutta concentrata sulla terra. Arriva su un monte con diverse ampolle: quella maggior di tutte era quella del Senno di Orlando. DAL ROMANZO ALL’EPICA –> Il romanzo ha una struttura aperta: sembra che la vicenda possa andare avanti attraverso la tecnica dell’entralecement. L’epica invece ha una struttura chiusa in quanto la vicenda arriva ad una conclusione. Il romanzo si presenta con una narrazione ironica su argomenti soggettivi vs epica con argomenti oggettivi e toni solenni. Nel caso dell’Orlando furioso  nella prima metà dell’opera troviamo la struttura del romanzo, nella seconda parte invece il venire meno di Angelica (ricerca principale) e la morte del mago atlante, troviamo invece la struttura dell’epica. Dopo aver recuperato il senno, Orlando ritorna ad essere un grande soldato, che combatte per la patria e nello scontro finale porterà i cristiani alla vittoria nel duello di Lipadusa. (fine del primo filo narrativo) Il secondo filo si conclude con il matrimonio di Angelica e Medoro; mentre il terzo con la conversione di Ruggiero al cristianesimo, che sposa Bradamante e la cui unione porterà all’origine della famiglia Estense (motivo encomiastico). Possiamo dunque affermare che nell’opera i due generi si fondono. LINGUA E STILE  L’edizione definitiva era stata scritta secondo la tecnica di Bembo, utilizzando il lessico petrarchesco, ma la lingua di Ariosto risulta più variegata rispetto all’uniliguismo di Petrarca, con termini aulici ma anche comuni e colloquiali. Sono presenti anche latinismi. La crudezza delle immagini viene mitigata con parole dolci  rispecchia la ricerca rinascimentale di armonia, eleganza e raffinatezza.
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