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Appunti Mascherini METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITÀ SPORTIVE (2020), Appunti di Sport

Appunti presi durante le lezioni del professor Mascherini per il corso di METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITÀ SPORTIVE del 4° anno del corso di Laurea in Scienze della formazione primaria nell'anno accademico 2019-2020. Le lezioni sono riferite ai capitoli 1,2,3,4,5,6,7,8,9 del libro Carraro, Lanza, Insegnare/apprendere educazione fisica. Gli appunti sono stati anche integrati durante lo studio autonomo del libro.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 26/05/2020

educationscience
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Scarica Appunti Mascherini METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITÀ SPORTIVE (2020) e più Appunti in PDF di Sport solo su Docsity! 1 Appunti METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITÀ SPORTIVE (Prof Mascherini) ATTIVITÀ FISICA: ogni movimento che viene fatto dal corpo sotto l’azione muscolare che comprende dispendio energetico VS ESERCIZIO FISICO: è pianificato e regolare e prevede 4 parametri: • Tipologia: che cosa sto facendo? corsa, bici, sollevamento pesi • Frequenza: quante volte • Durata. Ogni seduta quanto dura? • Intensità: quanto è intenso lo sforzo. Può essere cardiaca VS SPORT: prevede competizione LIBRO INSEGNARE/APPRENDERE EDUCAZIONE FISICA: INTRODUZIONE Tutti i rapporti che l’uomo ha con il mondo che lo circondano passano per il suo corpo. si acquisisce conoscenza della realtà attraverso il corpo, ci si esprime attraverso il corpo. riceviamo, infatti, numerosi stimoli dall’esterno e li filtriamo attraverso il nostro e reagire ad essi in modo differente (sorriso, camminata, movimento della mano…). Il filtro del corpo è così pervasivo e onnipresente che è dato per scontato, neppure menzionato. È un limite intrinseco all’essere umano che neppure viene colto, né come barriera né come strumento. Ci sono molti motivi che spingono a promuovere l’educazione del corpo, a partire da aspetti legati alla salute per giungere allo spettacolo e all’impegno professionale, ma in genere sono motivi utilitaristici che possono lasciare pensare che sia sempre l’individuo ad essere assoggettato a traguardi sociali o di altre persone. Se è fondamentale il diritto dell’educazione fisica, sono indispensabili ottimi docenti in grado di promuoverla e di impartirla. È vero che educare vuol dire fare emergere al meglio le potenzialità di ciascuno, ma l’emergere di tali potenzialità avviene in un ben preciso momento della storia. STORIA La storia del movimento parte principalmente dalla preistoria in cui si andava a caccia per la sopravvivenza e, soprattutto, durante il fascismo, periodo in cui si formavano bambini per andare in guerra. Di fatto ci sono molti motivi che spingono a promuovere l’educazione del corpo, a partire dagli aspetti legati alla salute, per giungere allo spettacolo e all’impiego professionale. Quando sono finite le guerre si sono perse le buone abitudini e molti bambini sono l’opposto del passato perché vivono una vita sedentaria. Il nostro compito è quello di promuovere educazione del corpo, in primis a partire da noi stessi e dal comportamento dei genitori nei confronti dei loro figli. 2 La storia delle scienze motorie è prevalentemente frastagliata e, in primis, se è importante il diritto all’educazione fisica, sono indispensabili ottimi docenti in grado di promuoverla. In passato la scuola delle scienze motorie nasce con l’ISEF e poi è passata sotto altre scuole, a Firenze sotto medicina, ad esempio. Fino ad oggi non ci sono stati ricercatori ma erano tutti professori strutturati. PROGETTO CONI: Tra i compiti principali del CONI vi è quello di promuovere la pratica motoria, fisica e sportiva, nonché diffondere una maggiore consapevolezza e cultura del movimento tra tutta la popolazione, con particolare attenzione ai più giovani, a partire dall’ambiente scolastico, attraverso offerte sportive ed interventi formativi specifici e mirati. Per realizzare questi obiettivi il CONI attua - in collaborazione con il MIUR e con le altre Istituzioni - diverse iniziative nella scuola. PARTE 1 - PRIMA DELLA PRATICA, RIFLETTERE SULLE FINALITÀ CAPITOLO 1 - EDUCAZIONE FISICA E SCIENZE MOTORIE: QUALE EPISTEMOLOGIA? (Carraro) EPISTEMOLOGIA: studio dei criteri generali che permettono di distinguere i giudizi di tipo scientifico da quelli di opinione. Permette di distinguere l’ambito scientifico da quello metafisico e religioso. DEFINIZIONE DELLA MOTRICITÀ L’insieme di conoscenze circa i differenti modelli organizzativi del movimento umano costituiscono LE SCIENZE MOTORIE. Secondo Casamort ci sono 3 aree epistemologiche di indagine: - Scienze biologiche (analisi delle strutture corporee utili per il movimento) - Scienze psicologiche (descrivere ed analizzare la persona in movimento) - Teorie e filosofie dell’attività fisica DIVERSI MODI PER DEFINIRLA • Iper-specializzazione: porta a perdere la visione globale ed il contesto da cui siamo partiti. Per alcuni autori il termine EDUCAZIONE FISICA raggruppa al suo interno la scienza dell’esercizio, lo studio della performance umana, la chinesiologia, lo studio del movimento umano, l’educazione fisica, le scienze dello sport e altri studi sportivi; coinvolgendo alcune aree: - Antropologia - Sociologia - Psicologia - Biologia L’aspetto negativo dell’iper-specializzazione è che impedisce di vedere il globale (frammentato in particelle) ma anche l’essenziale (che dissolve). • Homo movens: Renson ha proposto il concetto di chinantropologia come paradigma dello studio del movimento umano. La dimensione dell’homo movens sarebbe quella che riesce a comprendere sia la cultura fisica che il gioco. 5 2. Produttrice di interazioni sociali e agente dello sviluppo psicologico E questa immagine ha una conseguenza sul futuro del bambino perché dall’immagine che il bambino ha di sé, dipende il suo futuro. L’immagine corporea è sia risultante delle 3 cose, che immagine del futuro. Operare per un’adeguata strutturazione dell’immagine corporea significa orientare il proprio lavoro verso gli elementi chiave dello sviluppo della persona; l’educazione fisica in questo senso è un formidabile laboratorio educativo. Il corpo invece, in educazione, è spesso ridotto ad oggetto subalterno, un supporto da utilizzare in base alle proprie esigenze. La prassi più diffusa è quella del dualismo corpo- anima e corpo-spirito. Secondo Kretchmar (1904) invece esistono 4 forme di dualismo: 1. Dualismo obiettivo (corpo diverso dalla mente) 2. Dualismo valoriale (corpo guidato dalla mente) 3. Dualismo comportamentale (il corpo di dedica al fare e non al pensare) 4. Dualismo linguistico (il corpo è un elaboratore di simboli non verbali) L’idea della “mens sama in corpore sano” rimanda tuttavia ancora ad una visione dell’essere umano di tipo VERTICALE, in cui la mente è superiore al corpo. Per superare questo limite è necessario introdurre un’idea della persona basata un una rappresentazione ORIZZONTALE, in cui corpo e mente sono uniti e l’intera persona rappresenta un’entità più grande della somma delle sue parti. KRETCHMAR, influenzato dalla teoria delle intelligenze multiple di GARDNER, suggerisce 5 PRINCIPI OLISTICI su cui basare questa immagine: 1. Le influenze fisiche sono sempre attive nel dar forma a ciò che noi siamo e facciamo (dobbiamo ammettere che siamo sempre chimica e fisica); 2. Le influenze della coscienza sono sempre presenti; 3. Questi elementi non hanno mai una completa indipendenza gli uni dagli altri (essendo correlati internamente) 4. Possiamo riconoscere diversi livelli di intelligenze comportamentali 5. Possiamo descrivere differenti tipi di attività (alcune in cui è richiesto sforzo muscolare, altre che si svolgono in modo riflessivo e sedentario) Sono individuate 2 polarità: • SEDENTARIA e ATTIVA • INFERIORE e SUPERIORE Utili per orientare la lettura del corpo umano. Si distinguono quindi • Attività sedentarie - Povere (rigide e poco creative) - Complesse (creative ed inventive) • Comportamenti motori (attivi), anche in questo caso con alto o basso intervento dell’aspetto cognitivo. La finalità della scuola diventa quindi quella di stimolare competenze che si collocano nell’intera parte destra della figura e non solo nel quadrante n.1. SEDENTARIO 2 1 Basso Alto Insight Insight 4 3 ATTIVO 6 La realtà della scuola italiana è però molto lontana da questi intendimenti e spesso nella pratica ci si allontana da quanto viene teorizzato. Ci si dimentica che gli allievi hanno un corpo e che anche gli insegnanti lo hanno. L’insegnante di educazione fisica porta su di sé intensamente il linguaggio e i simboli della disciplina che insegna ed è coinvolto in dinamiche comunicative e relazionali particolarmente intense. L’insegnante di educazione fisica è fortemente influenzato dal modo in cui l’insegnante stesso si sente, percepisce, accetta e valorizza il proprio corpo. Questo aspetto è stato a lungo trascurato, a causa di una generale disistima dell’importanza della corporeità nella scuola. Il corpo è stato portato al centro dell’attenzione in educazione fisica, in modo frammentato, sottolineando una visione dualistica della persona, piuttosto che contribuendo alla creazione di un’immagine olistica; incentivando così la visione del corpo come OGGETTO. CRISI DELL’EDUCAZIONE FISICA COME DISCIPLINA SCOLASTICA Se analizziamo in senso globale lo studio dell’educazione fisica notiamo ce solo per il 71% dei paesi è una disciplina impartita; nel 29% non è impartita. Carriero da Costa nel 2003 individua 3 regioni che spiegano questo stato di crisi: 1. L’assenza di una cultura della professione: questo è dovuto al fatto che non sono state spiegate bene le finalità di questa disciplina, cosa vuol dire essere fisicamente educato e quali sono le caratteristiche che i docenti devono avere. Basta pensare che in Italia le scienze motorie sono state istituite solo nel 2000. 2. L’eccessiva scientificazione dell’educazione fisica: soprattutto negli ultimi anni la ricerca scientifica si è dedicata più agli aspetti bio-fisiologici anziché a quelli educativi e pedagogici. 3. La cattiva qualità della formazione dei docenti: vi è un ritardo storico sotto questo punto di vista. Se mettiamo invece a confronto le ore settimanali dedicate all’educazione fisica nelle scuole europee notiamo come in ITALIA, formalmente, non siano previste ore nella scuola dell’infanzia e primaria. Inizia ad essere impartita solo dalla scuola secondaria per un totale orario effettivo al termine del curricolo di 512 ore. Confrontando questi dati con le altre nazioni europee vediamo che l’Italia è ben al di sotto degli standard europei. Per risolvere questo problema in Italia, alcuni studiosi, hanno proposto la sostituzione dell’educazione fisica con l’educazione sportiva (per promuovere i valori, i principi e le modalità del modello sportivo istituzionalizzato). Per fortuna questa idea non è andata in porto in quanto il modello sportivo privilegia principalmente il risultato della competizione (cosa che invece non è prevista nei curriculum di educazione fisica). Da uno studio fatto da FAIR PLAY si evidenzia come: 1. Con l’aumento dell’età, dell’esperienze, del numero di anni di pratica sportiva e del livello agonistico, i comportamenti aggressivi siano maggiormente accettati 2. L’interiorizzazione e l’appropriazione dei valori morali siano minori nei praticanti sportivi rispetto ai non praticanti 7 3. “vincere a qualunque costo” sia ritenuto più importante per i praticanti rispetto ai non praticanti. Anche la ricerca scientifica ha dimostrato che lo svolgimento dello sport è un aspetto diverso che deve essere gestito in modo diverso, al di fuori della scuola. L’educazione fisica, che non può certo esaurire il suo compito nelle 2 ore settimanali di impegno in palestra, deve essere finalizzata a garantire ad ogni allievo la preparazione necessaria per la partecipazione a processi di educazione permanente che riguardino la promozione della propria personalità, l’innovazione e l’integrazione tra i diversi individui. Le competenze da sviluppare attraverso l’insegnamento dovrebbero quindi riguardare: • Lo sviluppo delle capacità e delle abilità motorie • La padronanza delle dimensioni tecnica, tattica, regolamentare e organizzative delle attività motorie e sportive • La padronanza di attività che permettano l’espressione artistica (es: danza) • La padronanza di attività di esplorazione ambientale secondo le dimensioni tecnica, organizzativa ed ecologica • Le conoscenze relative all’interpretazione e alla partecipazione delle strutture e dei fenomeni sociali extrascolastici nei quali si manifesta la cultura motoria (partecipare attivamente alle manifestazioni) L’educazione fisica deve focalizzarsi sul mezzo e non sul fine, sul processo e non sul prodotto; presentandosi nel curriculum come un’attività obbligatoria, globale e inclusiva. PERSONA FISICAMENTE EDUCATA: è colui che - Ha appreso le abilità necessarie per partecipare ad un’ampia varietà di attività fisiche - È fisicamente in forma - Partecipa regolarmente ad attività fisiche - Conosce le implicazioni ed i benefici legati all’impegno nelle attività fisiche - Valorizza l’attività fisica e il suo contributo ad uno stile di vita attivo CAPITOLO 2 - ATTIVITÀ MOTORIA GIOVANILE E LA PROMOZIONE DELLA SALUTE (Schena) Il legame tra attività fisica e salute è immediato ed intuitivo, rappresenta infatti un importante strumento di prevenzione. L’attività fisica agisce sullo stato di salute globale, non solo riduce la possibilità di contrarre una malattia, ma migliora l’efficacia psico-fisica dell’individuo di ogni età, innalzando la qualità della vita. Questa idea è trasmessa anche dalle agenzie educative: scuola, famiglia, mass-media, organismi nazionali ed internazionali. Nonostante queste evidenze però nel nostro paese non viene praticata una sufficiente attività motoria quotidiana (35% di popolazione pressoché sedentaria) e le politiche volte a favorire questo stile di vita stentano a passare dall’aspetto teorico a quello pratico. I modelli culturali del XIX e del XX secolo hanno legato l’idea di esercizio fisico a 3 ambiti: LAVORO MANUALE, ADDESTRAMENTO A SCOPO MILITARE e ATTIVITÀ RICREATIVA (solo per le classi più abbienti). L’incidenza delle patologie cronico-degenerative (cardio-vascolari ed oncologiche) che ha caratterizzato la fine del 900, ha comportato una sostanziale rivisitazione del ruolo e del 10 massimale ed un disturbo di rilievo potrebbe manifestarsi fin da subito in maniera rilevante con conseguenze importanti per la salute. Vi sono anche RISCHI che hanno una diretta relazione con l’intervento educativo scolastico, ovvero la mancanza di adeguata conoscenze e competenza nella gestione delle capacità motorie personali. Ci sono RISCHI legati ad un errore qualitativo o quantitativo nell’esecuzione di un movimento, o nella programmazione di uno sforzo ripetuto. La conoscenza dei principi fisiologici di base che regolano la risposta è l’unica possibilità per evitare di rincorrere il miraggio o la speranza di raggiungere prestazioni eccezionali senza averne le potenzialità biologiche. ERRORI QUALITATIVI: movimento eseguito scorrettamente che in genere produce un danno a livello osteo-articolare. Questo danno può non essere immediatamente percepito ed evidenziarsi solo dopo un certo numero di ripetizioni del gesto. ERRORI QUANTITATIVI: il danno deriva da uno stimolo di intensità eccessiva, acuta o cronica, che supera la capacità di adattamento dell’organismo. È molto comune negli alti livelli dello sport. Può produrre un danno locale (patologie di sovraccarico) oppure può modificare in modo rilevante la regolazione neuro-ormonale che presiede al meccanismo allenante fino ad inibire la funzione (sovrallenamento: overtraning). Un altro rischio dell’attività motoria è quello del DOPING: tentativo di accorciare il percorso fisiologico che porta alla costruzione dei presupposti funzionali, psicologici e tecnici necessari per produrre una certa performance. L’uso di una sostanza o metodologia che produce modificazioni sui meccanismi rappresenta una espropriazione del gesto sportivo; inoltre è un concreto e pesante rischio per la salute dell’individuo che ne fa uso. La scuola non deve sottovalutare questi aspetti sociali e deve educare ad una corretta esecuzione e competizione sportiva. CAPITOLO 3 – FORME DEL MOVIMENTO, AZIONI E GESTI DI GIOCO (Zocca) Il gioco è la prima forma di approccio al movimento nei bambini; una funzione naturale e culturale nell’uomo che consente l’espressione delle proprie competenze. È una delle situazioni specifiche della pratica disciplinare, volta a favorire l’evoluzione persona, sociale e strumentale e a facilitare lo sviluppo di capacità, conoscenze e comportamenti efficaci. CARATTERI DELLE ATTIVITÀ MOTORIE: se pensiamo ad una materia che personalizza il gioco a scuola viene subito in mente l’attività motoria. Dobbiamo però pensare che il curricola delle attività motorie non propone solo gli aspetti ludici. Se pensiamo alle agenzie formative dobbiamo considerare in primo luogo la famiglia e poi la scuola. Sarà quindi in famiglia dove avviene il primo contatto con la cultura motoria. 11 Il ruolo della scuola è quello di proporre un’EDUCAZIONE MOTORIA FORMALE: discipline e contenuti culturali proposti in senso educativo e non soltanto come occasione di esperienza. Nei primi anni di vita il movimento fornisce sia competenze motorie sia organizzazione del pensiero e l’evoluzione dei processi cognitivi complessi. Inoltre l’attività motoria ed il gioco forniscono effetti sulla realtà della singola persona e sulle relazioni tra le singole persone. Differenza tra ESPERIENZA e PROVA. Questi due termini non sono sinonimi. L’esperienza non rappresenta il fare meccanico ma prevede anche la comprensione di quello che viene eseguito. È necessario dare un valore all’esperienza, in modo da imparare a dare valore alle cose e alle persone. Il movimento mette in relazione l’io del bambino con il mondo esterno e contribuisce ad un arricchimento personale: prima a livello sensoriale, percettivo-emozionale, per arrivare ad un livello sociale e culturale. 1. In quest’ottica si inserisce prima il GIOCO ESPLORATORIO (guidato dalla volontà di avere delle esperienze percettive: per mettere in azione i sensi motori); 2. in seguito si inserisce il GIOCO ESPLORATIVO (basato sulle precedenti percezioni ed orientato a rivivere le percezioni già avute in precedenza) 3. poi vi è il GIOCO ESERCITATIVO (in cui i movimenti sono ripetuti ed orientati ad uno scopo) 4. al termine, quando l’esperienza motoria assume una forma pubblica, arriva il GIOCO SOCIALE. Quindi il movimento e l’esperienza nella prima infanzia guidano gli aspetti educativi della percezione alle relazioni sociali; il mezzo principale è il gioco di movimento (mosso dal semplice piacere di essere eseguito) Il movimento è attività elementare e fondamentale perché l’attività motoria è la prima forma di relazione educativa che qualifica e consente la costruzione di tutte le successive e complesse relazioni. POTENZIALITÀ EDUCATIVE DEL GIOCO: Le funzioni, le dinamiche sociali ed il coinvolgimento emotivo del gioco lasciano spesso sorpresi anche gli adulti. Il GIOCO appare come un’attività inutile, poco economica e non trasferibile; questo accade perché azioni e gesti di gioco sono spesso sovraccaricati di simboli e significati “altri”. RUOLO DEL GIOCO NELLO SVILUPPO: Il ruolo del gioco può essere studiato sia in senso verticale che orizzontale. VERTICALE: trasmissione tra le varie generazioni nel tempo ORIZZONTALE: durante lo sviluppo del singolo individuo. Nel contesto scolastico, in senso verticale, possiamo studiare l’evoluzione del gioco; in senso orizzontale, possiamo studiare come utilizzare i vari giochi, smontarli e costruirli in seguito in base agli obiettivi da conseguire. Quest’ultima operazione deve essere fatta in modo progressivo, senza incitare ad un’autoformazione. 12 VALORE FORMATIVO DEL GIOCO: il gioco motorio è uno strumento per l’apprendimento di varie abilità motorie, le più importanti sono: • abilità motorio-manipolativa • abilità locomotoria (capacità motorie) • abilità non-locomotoria (conoscenze e competenze motorie) Il termine PADRONANZA (utilizzato molto in pedagogia) non è adatto per l’istruzione infantile, in quanto è il livello più elevato delle conoscenze e competenze. La padronanza è composta sia dalle conoscenze (saperi), sia dalle competenze (saper fare) Il CONTENUTO della trasmissione culturale della disciplina è il MOVIMENTO. Il suo CONTESTO di attuazione principale è il GIOCO. Gli OBIETTIVI della disciplina sono orientati a favorire l’EVOLUZIONE PERSONALE, SOCIALE e STRUMENTALE e lo SVILUPPO di CAPACITÀ, CONOSCENZE e COMPORTAMENTI EFFICACI. Il gioco è quindi uno STRUMENTO che utilizza gli aspetti immaginari, portando ad una rinuncia del razionale. Così inteso il gioco viene a terminare quando diventa scontato, prevedibile e non gratuito (quando è riconoscibile uno scopo esterno che non sia inteso all’interno del gioco stesso). Nelle lezioni scolastiche il bambino deve essere messo al centro della proposta didattica, in base al suo livello e alle sue necessità. Esempi di PROPOSTA MOTORIA sulla ricreazione per livelli: 1. Ricreazione controllata: tutti fanno ciò che vogliono 2. Ricreazione facilitata: l’adulto propone forme di organizzazione e attività 3. Gioco ripetitivo: si propone un’attività per tutti senza preoccuparci di far evolvere la situazione. 4. Gioco organizzato: si attuando percorsi di gioco e delle attività finalizzate allo sviluppo di competenze. 5. Il gioco conquista una dimensione più ampia, diventando strumento di sperimentazione e sviluppo quando viene inserita la CREATIVITÀ. IL GIOCO HA SENSO: Si inizia a giocare perché si prova piacere, per far sì che continui è necessario attribuirgli un significato (anche non reale). La sua funzione è BIOLOGICA e SOCIALE. Quanto maggiore è la complessità della tecnica da apprendere, tanto più basso è il livello ottimale di motivazione richiesto per il rapido apprendimento; pertanto, il gioco può favorire i mezzi per ridurre un eccesso di tensione e di frustrazione (livelli di attivazione). GIOCARE COME CONTENUTO I contenuti sono definiti come le azioni motorie che ogni partecipante compie (gesti e movimenti). Il metodo è definito come i vari modi di giocare (aspetti immateriali e regole). La componente sociale del gioco è l’intuizione più significativa sull’interpretazione del gioco. È necessario uscire dal biologismo e dal naturalismo che paragona il gioco dei bambini a quello dei cuccioli. Il gioco dei bambini è orientato verso un’attività futura (come per gli animali) ma si caratterizza soprattutto per la sua natura sociale (consente di impadronirsi 15 Nei gradi successivi il livello di cooperazione dipende dalla competenza ad operare in relazione, si nota quindi un progresso nelle dinamiche della coppia che gioca: dinamica IN COPPIA (i ruoli non cambiano) o DI COPPIA (comune progettualità) 7. Attività cooperative con suddivisione dei ruoli: in cui l’attività dei partecipanti acquista rilevanza. La definizione dei ruoli è negoziata e l’insieme delle attività ha una continuità logica alla quale contribuiscono tutti i partecipanti. DINAMICA SOCIALE NEI GIOCHI: L’evoluzione delle competenze e lo strutturarsi di comportamenti produttivi nelle relazioni possono permetterci di individuare un processo di socializzazione. Conoscere le dinamiche di gruppo (che si possono manifestare nelle azioni di gioco) significa individuare quei comportamenti verso i quali indirizzare orientare lo sviluppo delle azioni di gioco. Di questo aspetto se ne occupano la sociologia e la sociometria. La SOCIOLOGIA interpreta e comprende i comportamenti, la SOCIOMETRIA predispone e sperimenta gli strumenti per l’osservazione e la misurazione delle relazioni sociali. I caratteri delle dinamiche di gruppo sono presenti e osservabili nelle dinamiche di tutti i giochi di gruppo. L’analisi di questi aspetti ci consente di costruire dei criteri per valutare le dinamiche di gioco nelle attività spontanee o educative. IL GIOCARE È FONTE DELLO SVILUPPO SOCIALE: Secondo VAYER: Il gioco è parte integrante della pragmatica della comunicazione umana; costituisce la struttura stessa della comunicazione educativa. Secondo lui l’IO è costituito da una FUNZIONE TONICA e da una di MOVIMENTO. Secondo SHERIDAN: l’autrice riconosce nel gioco uno strumento di conoscenza, una possibilità di acquisire indipendenza e la possibilità di conseguire il piacere. Distingue 6 tipi di gioco: • attivo • costruttivo • esplorativo • di finzione • imitativo • gioco con regole • hobby, si aggiunge come necessità di gioco nell’adulto Secondo Callois: i giochi sono divisi in 4 categorie principali: • agon (competizione) • alea (azzardo) • mimicry (imitazione) • ilinx (vertigine) Queste categorie secondo lui sono influenzate sia dalla padia (infanzia: movimenti disordinati), sia dal ludus (gioco: regolamentazione gratuita). Lo sport ritira in quest’ultima caratteristica. I vari giochi però non contengono tutte le situazioni e le variabili delle dinamiche di gruppo. Le dinamiche sociali osservate nelle azioni di fioco e nei giochi possono permetterci di individuare 3 fasi fondamentali: 16 • L’inizio di un’attività sociale: legata all’uso individuale di strumenti sociali come linguaggio comportamenti imitativi; • Prime forme strutturate di interazione: di scambio e di dinamica sociale; • Complessa struttura di interazioni e scambi: scambi nelle dinamiche sociali, che possono essere descritte nei seguenti modi: 1. Individuale 2. In coppia: non ci sono progetti comuni 3. Di coppia: c’è una comune progettazione; l’attività individuale è condizionata dalla coppia 4. In gruppo: prevale l’azione individuale 5. Di gruppo: prevale l’azione collettiva, l’azione individuale è influenzata dal gruppo e si perseguono obiettivi di gruppo 6. In squadra: le attività sono svolte in gruppo ma l’azione individuale prevale 7. Di squadra: è implicata un’ampia dinamica sociale; l’azione individuale condiziona il gruppo. GRUPPO vs SQUADRA: la squadra è definita tale quando è presente competizione; non vi è una differenza numerica come tra INDIVIDUO, COPPIA e GRUPPO. Agire in modo significativo all’interno di un gruppo significa possedere i mezzi per poterlo fare. La progressione è condizionata dalle caratteristiche dell’attività che si osserva e dalle competenze sociali dei soggetti che abbiamo di fronte. Si pensa quindi che il bambino proceda in modo progressivo dall’attività individuale a quella di squadra dai primi mesi di vita al 12° anno di età. Saper fare, ripetere, organizzare e riorganizzare, inventare e produrre di nuovo sono elementi fondamentali per comprendere lo strutturarsi e il procedere delle esperienze. In questo modo possiamo smontare il gioco e comprenderlo a qualsiasi livello di competenza. SCHEMA RIASSUNTIVO: sono messi a confronto 3 campi dello sviluppo: motorio (sensoriale motorio), cognitivo e sociale (affettività, socializzazione). ETÀ SVILUPPO MOTORIO SVILUPPO SOCIALE 0-4 MESI Funzione esploratoria Gioco individuale 4-6 MESI Funzione esplorativa ed esercitativa Gioco in coppia 6-8 MESI Funzione simbolica, organizzativa o di costruzione Gioco in e di coppia 8-10 MESI Primo grafismo Gioco in coppia e comparsa del gioco di coppia 17 10-12 MESI Grafismo Gioco di coppia 18-24 MESI Grafismo consapevole Gioco in gruppo 2-3 ANNI Si veste autonomamente Gioco in gruppo 3-5 ANNI Disegno di sé Gioco in gruppo e comparsa del gioco di gruppo 6-7 ANNI Dominanza funzionale Gioco di gruppo e comparsa del gioco in squadra 8-11 ANNI Controllo tonico Gioco di gruppo e in squadra, comparsa del gioco di squadra 12-13 ANNI Potenziamento funzionale Gioco di gruppo. In squadra e di squadra PARTE 2 - LA DIMENSIONE DELLA DIDATTICA CAPITOLO 4 – DALLE CAPACITÀ ALLE COMPETENZE MOTORIE (Bertollo) Una delle finalità intrinseche dell’educazione fisica è l’acquisizione di un ricco bagaglio di abilità motorie, a partire dagli schemi motori di base, per poi arrivare a specifiche abilità tecniche (in ambito sportivo ed espressivo) che diventeranno poi elementi importanti di una vita attiva e gratificante. Queste finalità sono riportate anche a livello europeo, che le suddivide in: • Conoscenze • Abilità (comportamenti) • Atteggiamenti (emozioni) Trasversalmente sono presenti finalità anche sotto il punto di vista di: • Salute/ fitness e sicurezza • Competenza psicomotoria • Positiva percezione di sé • Sviluppo sociale Nella scuola si fa riferimento a queste abilità per elaborare gli obiettivi da perseguire, adattandoli sempre alle condizioni della classe. È importante per questo, in fase preliminare, analizzare le caratteristiche e i REQUISITI DELL’ALLIEVO. Queste caratteristiche secondo Rink (2002) sono: 1. Prerequisiti • Di capacità fisiche 20 La PERFORMANCE MOTORIA è un PROCESSO CIRCOLARE che parte dal massimo sviluppo potenziale della capacità motorie, cognitive e senso-percettive che stanno alla base delle abilità motorie e cognitive. I CONCETTI IMPLICATI NELLA DEFINIZIONE DELLA PERFORMANCE MOTORIA In educazione fisica si segue un percorso di apprendimento delle competenze che è parte dello sviluppo delle capacità, incrementate attraverso le abilità. Le conoscenze acquisiscono importanza solo successivamente e contribuiscono ad un incremento cognitivo delle abilità motorie attraverso il repertorio cognitivo dello statuto disciplinare. • CAPACITÀ: tratti ereditari di base non facilmente modificabili in quanto legate ad aspetti organici e strutturali (anche se in alcuni casi sono modificabili ed allenabili). Si riconoscono 2 tipi di capacità: senso-percettive e coordinative. • ABILITÀ: insieme di più capacità acquisibili con l’esercizio ed organizzabili attraverso l’apprendimento. le abilità motorie sono classificate in relazione a: ambiente, forma, impegno dei gruppi muscolari, carico cognitivo. Si distinguono in: - Abilità base, semplici e complesse (in base alla complessità del movimento) - Abilità locomotorie, non locomotorie e manipolative (in base al tipo di schema motorio a cui fanno riferimento) • ATTEGGIAMENTI: In una lettura BIOLOGICA indicano una maniera di tenere il corpo e quindi diventa sinonimo di postura e posizione. In una lettura psicologica sono sistemi abbastanza stabili di credenze, valutazioni, emozioni, attribuzioni positive e negative. In questa categoria rientrano anche concetti come l’autostima e la competenza percepita. → area affettivo-emotiva • COMPETENZE: sono l’organizzazione e la strutturazione di più abilità che consentono di ottenere risultati utili a proprio adattamento all’ambiente. in questo ambito rientrano anche le competenze sportive (es: tecniche sportive). • PADRONANZE: è una competenza ad un livello eccellente che può essere generalizzata ed utilizzata in modo trasversale per padroneggiare l’ambiente e sviluppare adeguate strutture metacognitive. Il livello di padronanza è quello che deve avere il docente per insegnare. → sfera morale • CONOSCENZE: sono le informazioni ed i concetti strutturati in forma di sapere che permettono (insieme ad abilità e atteggiamenti) di accedere alle competenze e padronanze. → area cognitiva L’INTELLIGENZA MOTORIA Storicamente ci sono state molte definizioni da molti autori. Nel 900 si ipotizzava una capacità motoria in generale (es: destrezza) sottostante a più abilità. Queste ipotesi sono state smentite negli anni in quanto ad ogni abilità motoria corrisponde un processo specifico e non generale. In questo contesto si è inserito il RAPPORTO TRA PERCEZIONE E AZIONE. Cratty nel 1970 sostiene che alcune abilità percettive si osservino nel soggetto più forte e che le abilità motorie possono influire positivamente sulla capacità di percepire le informazioni. Si tratta quindi di un rapporto reciproco: maggior percezione consente maggior esecuzione e una maggiore esecuzione permette di percepire in modo migliore le informazioni dall’ambiente. 21 Grazie agli studi di PIAGET è possibile parlare di intelligenza senso-motoria fin dai primi anni di vita del bambino. Quindi il ruolo educativo dell’attività motoria (in relazione allo sviluppo dell’intelligenza) è fondamentale nei primi anni di istruzione (infanzia e primaria) e diventa poi marginale alla secondaria. Questo trova fondamento negli studi di Piaget sui vari stadi dello sviluppo. TEORIA DELLA SELEZIONE DEI GRUPPI NEUTRALI (Edelman): secondo lui la categorizzazione dei gesti e delle posture è il risultato dell’azione combinata di tutte le informazioni afferenti che vanno ad interagire a livelli diversi sul sistema nervoso. Il GESTO (rielaborazione, con valore adattativo, degli stimoli proveniente dall’esterno) dunque è la prima forma di intelligenza motoria che si manifesta nell’individuo. TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE (Gardner): Ha parlato dell’esistenza di intelligenze naturali e separate, ciascuna con un proprio percorso che talvolta si interseca. In questo contesto parla di un’intelligenza corporeo cinestesica portando come esempio 3 forme specifiche in cui questa si manifesta in modo astratto nella società culturale attuale: mimo, ballerino, atleta. L’intelligenza corporeo-cinestetica è quella che ha caratterizzato le popolazioni più primitive, che basavano sulla forza la loro sopravvivenza. Con il passare del tempo questa forma di intelligenza è andata sempre più scemando, lasciando il posto a quelle forme di uso del corpo legate agli aspetti competitivi ed estetici (sport). Per un lungo tempo anche il CURRICOLO SCOLASTICO ITALIANO relativo all’educazione fisica si è basato quasi esclusivamente su binomi e contrapposizioni legate a sport e danza, su performance atletica ed espressione corporea. Oggi però il problema di salute legato all’inattività del corpo è sempre più pesante; questa forma di intelligenza corporeo cinestetica deve quindi lasciare spazio ad un’INTELLIGENZA MOTORIA intesa come CAPACITÀ DI USA RE IL PROPRIO CORPO IN RELAZIONE AL MANTENIMENTO DELLO STATO DI SALUTE, che permetta si sviluppare le abilità motorie necessarie alla cita di relazione. Questa forma di intelligenza deve essere collegata con l’intelligenza spaziale, musicale, logico matematica e personale. Per essere utile alla società contemporanea e permettere il soggetto di adattarsi ad un ambiente sempre mutevole deve legarsi all’intelligenza naturale. L’intelligenza motoria è legata alla possibilità di sviluppare le capacità al massimo per utilizzarle poi per lo sviluppo di adeguate abilità da poter usare nella vita di tutti i giorni. L’INTELLIGENZA MOTORIA È LA CAPACITÀ DI ADATTARE I PROPRI COMPORTAMENTI E LE PROPRIE RISPOSTE ALL’AMBIENTE IN BASE AGLI STIMOLI FORNITI. Questo rispecchia il pensiero di HOTZ espressa nel 1996. LE CAPACITÀ MOTORIE E LE QUALITÀ FISICHE La definizione di capacità motoria è piuttosto complessa e diversi autori hanno dato il loro contributo. QUALITÀ vs CAPACITÀ: la qualità indica il modo di essere delle strutture corporee; la capacità indica la caratteristica misurabile dei fenomeni considerati. 22 In generale le capacità sono definite come i talenti che contribuiscono alle prestazioni dell’individuo e sono sottostanti ad una varietà di abilità e di compiti fino a diventare una componente della struttura di quelle abilità. Anche nella definizione di capacità sono prese in considerazione, quindi, le abilità. Alcuni autori invece di abilità parlano di prerequisiti funzionali a strutturali. Fleishman classifica le capacità motorie in “capacità di efficienza fisica” e “capacità percettivo motorie”, anche se la classificazione più nota di Sotgiu prevede: - Capacità coordinative - Capacità senso-percettive - Capacità condizionali RELAZIONE TRA CAPACITÀ E ABILITÀ: Le capacità: • sono tratti ereditari • sono tratti stabili e durevoli • sono in un numero limitato • sono sottostanti alle abilità • sono dei presupposti della prestazione Le abilità: • sono inoltre sviluppabili con l’esercizio • sono modificabili attraverso l’esercizio • sono in un numero infinito • dipendono da molte capacità • sono inoltre componenti delle azioni Horz (1996) afferma che le capacità sono il presupposto e l’obiettivo dell’acquisizione dell’abilità, in particolare la riuscita delle abilità dipende sempre dall’interazione tra - I presupposti fisici - I rapporti senso motori - Processi intenzionali Le capacità, nella formazione di base, sono sia il presupposto che il fine dello sviluppo delle abilità. Singer (1968) invece afferma che una capacità non è un atto specifico come l’abilità, anzi è: - una qualità duratura - una caratteristica personale - vi influiscono genetica ed esperienza Le abilità invece, sempre secondo Singer possono essere apprese fermo restando la presenza di schemi motori di base. LE CAPACITÀ COORDINATIVE Dipendono dalla dimensione intellettiva, cognitiva ed emozionale della persone. Sono divise in: - capacità coordinative generali (apprendimento, controllo, adattamento e trasformazione dei comportamenti motori) - capacità coordinative specifiche (per determinate abilità) Sono alla base dell’apprendimento e rappresentano obiettivi trasversali per l’evoluzione e la strutturazione delle competenze motorie. 25 7. Capacità di trasformazione e adattamento: consente (se la situazione lo richiede) di modificare e adattare il programma motorio precedentemente elaborato; a differenza della capacità generale (in cui si cercava di mantenere comunque l’obiettivo iniziale). Come è possibile allenare le capacità coordinative? Le capacità coordinative si basano su 2 sistemi similari tra loro: • Metodo della variabile sistematica della pratica (Hirtz, 1985) Sviluppa le capacità coordinative attraverso: - Variazione dell’esecuzione del movimento: o con la variazione del ritmo o della velocità di esecuzione - Variazione delle condizioni esterne, sia ambientali sia degli attrezzi o strumenti - Combinazioni con controllo del tempo (per attività ben padroneggiate) - Combinazioni di abilità già automatizzate - Esecuzione di esercizi con entrambi gli arti o da entrambi i lati - Variazione delle informazioni, secondo l’analizzatore prevalentemente impegnato (acustico, visivo etc.) • Metodo basato sulle domande coordinative del compito (Neumaier e Meichling, 1995) L’attenzione è posta soprattutto su: - Tempo del movimento (al variare del tempo varia la velocità del movimento) - Precisione (ridurre o aumentare la grandezza del bersaglio) - Ampiezza (effettuare movimenti con escursione articolare maggiore o minore) - Grado di difficoltà (crescenti) - Grandezza del bersaglio LE CAPACITÀ CONDIZIONALI O FISICHE Sono definite come capacità legate alla dimensione bio-fisiologica od organico-muscolare della persona. Sono: 1. Forza 2. Resistenza 3. Rapidità 4. Mobilità articolare o flessibilità Quando si parla di ALLENAMENTO delle capacità condizionali dobbiamo definire 2 concetti: - STRESS: reazione generata dall’organismo in risposta ad uno stimolo di qualsiasi natura (nel nostro caso lo stimolo è l’allenamento). In seguito allo stress generato si viene a ricercare l’omeostasi. - OMEOSTASI: condizione di equilibrio nella quale si trova l’organismo, raggiungibile attraverso processi di regolazione e contro-regolazione, che hanno il preciso scopo di ripristinare tale equilibrio ogni qual volta uno stimolo tende a modificarlo. Vengono attivati una serie di adattamenti che stanno alla base di una strategia di allenamento. Lavorare sulle capacità condizionali significa stimolare questi processi di adattamento per cercare di riportare l’omeostasi che è stata turbata dalla condizione di allenamento. 26 Le capacità condizionali non sono un obiettivo primario del curriculum scolastico fino agli 11/12 anni, l’obiettivo primario riguarda invece le capacità senso-percettive (infanzia) e successivamente le capacità coordinative. Dagli 11/12 anni (se ci sono le condizioni a livello fisiologico) le capacità condizionali. Le capacità sono sottostanti alle abilità che si stimolano con le capacità coordinative; quindi una buona proposta prevede un’alternanza di stimolazione lieve delle capacità condizionali attraverso l’aspetto ludico. 1. FORZA MUSCOLARE: capacità che consente all’individuo di opporsi ad una resistenza esterna attraverso una contrazione muscolare che può essere - superante (se la forza prodotta è superiore alla resistenza) con una contrazione muscolare concentrica o isotonica - cedente (se la forza è inferiore alla resistenza esterna), si viene quindi a creare una contrazione eccentrica o isocinetica - statica (se la forza prodotta è uguale alla resistenza esterna), in questo caso si parla di contrazione statica o isometrica. Ci sono varie classificazioni della forza muscolare, di seguito quella di Harre del 1977: • Forza massimale, caratteristiche: - è quella che si estrinseca con una sola contrazione, forza massima che può essere svolta solo una volta; - dipende dall’età e dal grado di maturazione sessuale dell’individuo; - è allenabile solo dopo la 2° fase puberale (14 anni), quando si evidenzia un aumento di massa muscolare; - nella sua valutazione devono essere considerate età biologica e sviluppo sessuale dell’individuo. • Forza rapida (o veloce), caratteristiche: - consente di vincere resistenze esterne attraverso una elevata velocità di contrazione; - si evidenzia, soprattutto, in azioni complesse come nei lanci e nei salti; - si sviluppa parallelamente alla velocità. • Resistenza alla forza: consente all’organismo di sopportare prestazioni di forza e di durata. La forza nella scuola non deve essere proposta come obiettivo primario nella scuola dell’infanzia e primaria; per le femmine può essere proposta già dai 10-12 anni (visto il precoce sviluppo), per i maschi è importante successivamente. 2. RESISTENZA: è un termine utilizzato in vari contesti, questa accezione è diversa da quella usata nel concetto di forza (concetto relativo ad un peso esterno). La resistenza come capacità condizionale è a capacità di sopportare la fatica durante lavori di lunga durata. Può essere riassunta con l’espressione: massimo rendimento con minimo sforzo. È caratterizzata da fattori fisiologici, coordinativi, psicologici ed emotivi (che concorrono ad un’ottimizzazione dello sforzo durante l’attività motoria). La resistenza è classificata in base a: 27 • Meccanismi energetici - resistenza anaerobica (di durata più breve che non prevede l’uso di ossigeno) - resistenza aerobica (prevede meccanismi ossidativi e la produzione di acido lattico e consente prestazioni lunghe) • Durata dell’impiego - resistenza alla velocità - resistenza di breve durata - resistenza di media durata - resistenza di lunga durata i - resistenza di lunga durata ii - resistenza di lunga durata iii • Specificità del carico in relazione alla prestazione da compiere - resistenza generale - resistenza specifica Quando si parla di frequenza il parametro più importante è la RESISTENZA CARDIACA (misurabile dalla sottrazione dell’età al numero 220). Dai 5 ai 14 anni si assiste ad un aumento del volume cardiaco e del consumo di ossigeno, tali cambiamenti determinano miglioramenti nelle capacità di prestazione aerobica. In età puberale inoltre si realizza un incremento della gittata sistolica (quantità di sangue pompata ad ogni contrazione del cuore) e una diminuzione della frequenza cardiaca sia sotto sforzo, sia a riposo (permettendo un elevata alienabilità). Nella scuola la resistenza anaerobica è una proposta da fare dagli 8 anni in poi (in modo ludico), quella anaerobica dai 12 anni per le femmine e dai 14 per i maschi. 3. RAPIDITÀ: capacità che permette al soggetto di compiere azioni motorie nel minor tempo possibile. Consente inoltre sia di esprimere forti accelerazioni, sia mantenere delle elevate punte di velocità. La rapidità dipende dal tempo di reazione ad uno o più stimoli, dalla velocità di esecuzione di ogni singolo movimento e dalla frequenza dei movimenti nell’attività di tempo. Il periodo ottimale per stimolare e sviluppare la rapidità è tra i 7 e i 12 anni; devono però essere tenuti in considerazione dei principi per un buon allenamento. È la prima capacità che si manifesta nei bambini ma è anche la meno allenabile. La sua evoluzione è strettamente legata alla maturazione e allo sviluppo biologico dell’individuo. Per un buon allenamento: • richiedere esercitazioni alla massima intensità (è difficilmente modificabile e dipende dal corredo genetico); • il recupero deve essere completo (non sotto i 3 minuti); • non si deve mai raggiungere la soglia ella fatica; • l’ampiezza e la frequenza dei movimenti deve essere sempre ottimale. Forza veloce e rapidità sono 2 capacità strettamente correlate tra loro. Le capacità coordinative (supportate dal sistema nervoso) sono stimolabili ed allenabili nella fascia prepuberale (infanzia e primaria), successivamente entrano le capacità condizionali, quando ci sarà un adeguato sviluppo dell’apparato locomotore (ma non sono obiettivi 30 CLASSIFICAZIONI DELLE ABILITÀ MOTORIE: Possiamo classificare le abilità motorie in funzione delle CARATTERISTICHE INDAGATE: • CLASSIFICAZIONE UNIDIMENSIONALE: legate a un fattore unico, in questo modo si capisce quale aspetto caratterizzi le abilità motorie (i criteri più importanti sono forma, carico cognitivo, relazione con ambiente, impegno dei muscoli e tipo di movimento). Prendono in considerazione un solo aspetto. Il criterio di classificazione più famoso è quella che divide abilità in relazione al TIPO DI MOVIMENTO ESEGUITO - LOCOMOTORIE (attività legate a spostamenti dinamici di tutto il corpo: strisciare, camminare, correre, balzare) - NON LOCOMOTORIE (attività che permettono di mantenere una postura o una posizione nel tempo: ruotare, tirare, girare, allungare) - MANIPOLATIVE (abilità legate alla manipolazione di oggetti sia con gli arti inferiori che superiori: lanciare, ricevere, colpire, palleggiare, calciare) • CLASSIFICAZIONE BIDIMENSIONALE: classificazione proposta da Gentile nel 1972. Qui sono intersecati due aspetti: l’azione della funzione e il contesto ambientale. L’azione della funzione è legata all’orientamento del corpo che si riferisce al mantenimento o alla modificazione del corpo o della sua posizione. Riprendendo gli aspetti manipolativi dell’esempio precedente è possibile distinguere 4 tipologie di orientamento del corpo: - Corpo fisso senza manipolazione - Corpo fisso con manipolazione - Corpo in movimento senza manipolazione - Corpo in movimento con manipolazione Il contesto ambientale invece prevede tutte le modalità in cui l’ambiente determina come avviene il movimento; anche in questo caso vi sono 4 possibilità: - Ambiente fisso senza variabilità dei processi (stimoli ulteriori improvvisi) - Ambiente fisso con regolarità dei processi 31 - Ambiente in movimento senza variabilità dei processi - Ambiente in movimento con regolarità dei processi Intersecando queste variabili si ottengono 4x4=16 possibili esempi di abilità motorie, caratterizzati da 2 possibili scenari ambientali e di azione. In questa classificazione il livello di padronanza e la capacità di apprendimento sono diverse in chi ha maggiori capacità di adattamento. Chi può svolgere i compiti più complessi avrà sicuramente un’intelligenza motoria superiore. LE COMPETENZE E LE PADRONANZE SUL COMPITO Le competenze sono generate sia dalle conoscenze e dalla abilità, ma anche dall’aspetto socio-culturale. Per arrivare al più alto livello delle competenze sono necessarie conoscenze, abilità ed atteggiamenti. Lo sviluppo delle competenze non è lineare, alcune competenze possono essere raggiunte in modo parziale senza avere una conoscenza globale del compito motorio stesso. Quindi le proposte devono essere proposte in base al livello di ciascun soggetto. Questa proposta fa sì che le abilità possano diventare nel tempo competenze spendibili. La COMPETENZA non è solo SAPERE o SAPER FARE ma investe l’ESSERE del bambino nel suo insieme. La persona fisicamente educata è in grado di praticare un’attività motoria in maniera continuativa, dosando gli sforzi, pianificando il proprio sviluppo personale utilizzando feedback interni ed esterni. La competenza non investe solo la parte fisica e motoria della persona, ma anche quella affettiva, emotiva e morale. IL COMPITO MOTORIO Il COMPITO MOTORIO è la specifica esperienza di movimento che costituisce l’apprendimento in educazione fisica; è il centro di ogni esperienza di apprendimento a livello di attività motoria. I compiti motori che gli studenti svolgono sono strettamente collegati ai contenuti scelti dall’insegnante; i compiti motori hanno quindi più dimensioni: - Contenuto (il movimento richiesto) - Orientamento/obiettivo (descrive la qualità e l’aspetto dell’esperienza in generale) - Organizzazione (si riferisce al tempo, allo spazio e alle persone coinvolte nel contesto) Il compito motorio non è una semplice risposta a stimoli esterni, ma è una complessa cooperazione di tutti i sistemi che intervengono per produrre un’azione motoria in generale. Il compito motorio pone l’individuo di fronte a situazioni alle quali deve trovare risposte ben precise in tempi ridotti (spesso). Il GESTO non è la semplice successione di contrazioni muscolari, bensì un ideogramma motorio immagazzinato nel SNC ed adattato a vari stimoli ambientali. In chiave didattica il compito motorio prevede l’analisi delle operazioni dell’insegnante e delle attività che l’allievo deve svolgere: - Consegne sull’obiettivo 32 - Consegne sulle operazioni - Consegne sulla pianificazione del materiale - Consegne sui criteri di riuscita In una chiave comportamentale, sempre riferita al processo didattico, si valuta invece il processo sensomotorio di realizzazione dell’azione motoria (o performance motoria); si possono distinguere 3 meccanismi di base, che stanno alla base anche dei criteri attraverso i quali analizzare il compito: - Percezione - Presa di decisione - Esecuzione In chiave ecologica infine possiamo analizzare il compito motorio seguendo le proposte di Neumeier e Mechling basate sulle influenze degli stimoli che determinano lo sviluppo di competenze motorie e su come ci si adatti ad essi. L’educazione fisica ha l’obiettivo di fare raggiungere all’allievo un livello di competenza elevato se ne ha la capacità, in base ad una proposta delle abilità motorie partendo da quelle di base. L’insegnante di educazione fisica deve mettere al centro dell’attenzione il soggetto per una proposta didattica che abbia una come finalità lo sviluppo della pratica motoria sia ai fini di una pratica sportiva che ai fini di un buon sviluppo sociale. CAPITOLO 5 – L’APPRENDIMENTO DELLE ABILITÀ MOTORIE (Claudio Robbazza) L’apprendimento delle abilità motorie è molto importante per la vita di tutti i giorni e per le attività sportive. Questo apprendimento contribuisce nelle abilità espressive, creative, interattive, ludiche, preventive e sportive. Nell’essere umano l’apprendimento motorio comprende le aree cognitive (riprendendo il concetto olistico), le due cose quindi non possono essere divise; nel tempo è stato evidenziato come anche l’aspetto affettivo e sociale siano importanti all’interno dell’apprendimento motorio. Nell’ambito motorio l’APPRENDIMENTO determina la formazione ed il consolidamento delle abilità (le abilità costituiscono le componenti fondamentali delle attività motorie finalizzate allo sviluppo e all’espressione delle risorse personali, alla crescita integrale e al benessere psicofisico del giovane anche in un’ottica a lungo termine). PROCESSI MENTALI DI ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI La prima fase è quella di RICEZIONE degli STIMOLI ESTERNI e INTERNI (capacità senso percettive). Questi stimoli sono IDENTIFICATI dal sistema nervoso centrale, che SELEZIONA una RISPOSTA (presente all’interno delle rappresentazioni mentali a disposizione). La RISPOSTA viene PROGRAMMATA ed infine ESEGUITA. Al termine o durante l’ESECUZIONE MOTORIA c’è l’azione del FEEDBACK che ha sia azione nella programmazione della risposta, che nella sua selezione che nell’identificazione degli stimoli. 35 Tuttavia l’apprendimento che si realizza con la pratica sistematica tende a determinare livelli di acquisizione superiori rispetto all’esperienza non guidata. Le indicazioni sono finalizzate sia a migliorare l’insegnamento, sua ad innalzare la motivazione degli allievi (identificazione degli obiettivi, comunicazione didattica, feedback, correzione dell’errore, organizzazione dei contenuti e modalità di svolgimento). STADI DELL’APPRENDIMENTO MOTORIO Il passaggio dai vari stati sono graduali e progressivi. I momenti di passaggio da uno stadio all’alto però non sono sempre precisi, possono anche avvenire con fasi di mezzo di stasi; talvolta è possibile anche assistere a regressi. 1. Stadio verbale-cognitivo o della coordinazione grezza È la prima fase, nella quale il soggetto è definito come principiante e si trova a dover affrontare una serie di difficoltà, perché il compito è nuovo. Il primo aspetto fondamentale sarà quello di far capire al meglio cosa il soggetto deve fare, nel modo più chiaro, indicando bene l’obiettivo di quel compito. Durante questa fase il soggetto tende a fare delle VERBALIZZAZIONI SUBVOCALI (o guide subvocali), rammentandosi tra sé e sé le varie fasi dell’azione durante l’esecuzione stessa; in questo modo riesce a gestire e controllare l’azione generale. È un processo molto dispendioso a livello energetico in quanto impegna i processi attentivi; di conseguenza ostacola l’elaborazione simultanea di altre informazioni utili nello svolgimento del compito. Negli stadi successivi la verbalizzazione perde importanza e arrivano delle azioni autonome. Questo stadio è caratterizzato da: - Prestazioni scadenti - Errori frequenti - Movimenti poco economici - Sensazioni motorie confuse - Tensioni muscolari - Riduzione del grado di libertà del movimento L’acquisizione degli elementi base dell’azione, comunque, è solitamente piuttosto RAPIDA, si verificano progressi velocemente; è infatti la fase che viene abbandonata più velocemente rispetto ad altre. A livello pratica è importante far evolvere gradualmente inserendo piccole novità gradualmente, partendo dalle proprie potenzialità. Utile è il TRANSFER MOTORIO: che consente di paragonare esercizi più complessi a quelli più semplici già acquisiti. Alle consegne verbali e visive si deve seguire anche un’esecuzione pratica, per concretizzare le indicazioni fornite. 2. Stadio motorio o di sviluppo della coordinazione fine (comprensione del compito più approfondita) In questo stadio il compito motorio è compreso più a fondo; l’utilizzo del feedback inizia ad avere efficacia e la correzione è maggiormente efficiente. L’azione diventa più precisa, regolare e fluida, grazie anche ad un migliore intervento funzionale dell’analizzatore cinestesico. C’è quindi già una migliore percezione di sé nel gesto. Utilizzare le informazioni dei sensi arricchisce infatti la rappresentazione mentale del gesto. Avviene una riduzione della spesa energetica e la guida dell’insegnante riduce la propria importanza. 36 Le unità motorie sono progressivamente integrate in una unità di livello superiore e ciò rende il soggetto capace di applicare una supervisione intermittente, rivolgendo l’attenzione a punti chiave dell’esecuzione ed evitando un controllo continuo e dispendioso. La capacità attentiva viene usata solo in determinati momenti, riducendo il dispendio energetico. La condizione importante per definire che ci si trovi nello stadio 2 è quella che, in ambienti diversi, con vari stimoli, il soggetto sappia adattarsi bene. I miglioramenti in questa fase sono più lenti; sono in ogni caso presenti degli errori di precisione, importante per questo è il feedback intrinseco, a livello didattico. 3. Stadio autonomo o di sviluppo della disponibilità variabile (fase finale che consente di utilizzare gli automatismi esecutivi in modo volontario) Questo stadio è raggiunto in seguito ad una grande mole di pratica. Paradossalmente è uno stadio che non finisce mai; non è un obiettivo raggiungibile a livello scolastico, è maggiormente possibile negli sport. In questo stadio: - l’azione è accuratamente controllata, - il compito è svolto con sicurezza, - l’esecuzione è coordinata ed efficace anche in situazioni difficili, variabili e impreviste. - le sensazioni motorie sono facilmente ricollegate alle spiegazioni teoriche dell’azione - la rappresentazione mentale multisensoriale consente la correzione del movimento attraverso un preciso confronto tra risultato atteso e risultato reale. L’automatizzazione riduce la necessità di controllo e rende disponibile il soggetto per l’analisi delle informazioni ambientali. I miglioramenti sono lenti e graduali. A livello didattico sono utili istruzioni sintetiche e specifiche che possano poi essere utilizzate dall’allievo come parole chiave per regolare il proprio comportamento. Va invece ridotto il linguaggio interiore di guida dettagliata perché l’analisi dei particolare tende a danneggiare l’automatizzazione dell’azione. È inoltre molto importante proporre esperienze molto variate ed inserire difficoltà aggiuntive, così da ampliare il repertorio di adattamenti e risposte dell’allievo. I PRINCIPI METODOLOGICI PER L’APPRENDIMENTO MOTORIO I principi metodologici consentono di facilitare e ottimizzare i processi di apprendimento. Questi principi riguardano: 1. FORMULAZIONE DEGLI OBIETTIVI Formulare correttamente gli obiettivi è molto importante sia per lo sviluppo cognitivo sia per a motivazione. Stabilire obiettivi significa definire un livello specifico di prestazione in un compito da conseguire in un tempo preciso. Gli obiettivi ci consentono di identificare le abilità, le competenze e i comportamenti; inoltre sono un punto di riferimento per confrontare la prestazione attuale da quella desiderata, Gli obiettivi possono essere definiti in termini: - QUANTITATIVI (tempi, misure, distanze e percentuali di realizzazione) - QUALITATIVI (definendo criteri di accettabilità in parametri esecutivi quali fluidità, precisione e ampiezza del movimento) 37 Possono inoltre essere stabiliti a BREVE, MEDIO e LUNGO termine; inoltre devono sempre essere definite le procedure di conseguimento. Devono essere INDIVIDUALIZZATI, PRECISI, CHIARI, COMPRENSIBILI, DIFFICILI ma REALISTICI, devono essere OSSERVABILI. 2. PRESENTAZIONE DEL COMPITO MOTORIO Riguarda come un’insegnante presenta il compito motorio che deve essere poi svolto dall’allievo. Ci saranno quindi spiegazioni e dimostrazioni prima, durante e dopo l’esecuzione al fine di veicolare una comprensione e sviluppare una rappresentazione mentale che permette di effettuare correttamente il compito motorio richiesto. I CANALI per veicolare la presentazione del compito sono quelli AFFERENTI, cioè: • ISTRUZIONI VERBALI: spiegazione tramite il canale uditivo. Ha il vantaggio di essere semplice ed immediata; ma presenta anche dei limiti: - non riesce a spiegare le sensazioni che dovrebbero derivare da quell’azione - non riesce a rappresentare la caratteristica seriale delle informazioni, indicando le tappe dell’azione complessa - i tempi di spiegazione infine diventano molto lunghi tanto da generare nell’ascoltatore disinteresse. Per essere chiare le istruzioni devono essere chiare, comprensibili, sintetiche, limitate agli aspetti principali dell’esecuzione, modificate al progredite dell’apprendimento e collegate subito all’esperienza pratica. • ISTRUZIONI VISIVE: cioè dimostrazioni, schemi, disegni, fotografie, video, ecc. Possono essere usate per cogliere al meglio i punti chiave dell’esecuzione e creare una corretta rappresentazione mentale interna. Possono essere usate anche le performance dei coetanei; in questo caso l’osservazione reciproca aiuta a prevenire gli errori comuni. Questi 2 canali tuttavia non sono sufficienti, perché tutte le informazioni propriocettive, cinestesiche e vestibolari connesse all’esecuzione, non possono essere facilmente descritte dalle informazioni verbali e visive. Quindi è necessario un canale maggiormente corporeo, in particolare nelle prime fasi dell’apprendimento motorio. • Questa è definita una vera e propria GUIDA a tutti gli effetti; a lungo andare però potrebbe rallentare lo sviluppo dell’apprendimento, generando una dipendenza dall’aiuto esterno. 3. CORREZIONE DELL’ERRORE È quella fase in cui verrà analizzato ciò che è successo durante l’esecuzione del compito. I canali saranno gli stessi utilizzati per la presentazione del compito. Il FEEDBACK (informazione di ritorno) in questo caso diventa CORRETTIVO, finalizzato al miglioramento della prestazione e dell’apprendimento. Il FEEDBACK può avere diverse tipologie di utilizzo, a seconda del campo che si intende correggere: - Osservazioni tattiche - Tecniche per esecuzione - Punteggi, tempi e misure Utilizzare un feedback troppo frequente potrebbe da una parte migliorare velocemente la performance, ma a lungo termine potrebbe creare dipendenza verso l’informazione di 40 8. PRATICA GLOBALE E PER PARTI • PRATICA GLOBALE: il compito è presentato ed esercitato nella sua globalità, tutto insieme. Viene adottata quando il compito risulta semplice e difficilmente separabile in unità, in quanto le parti sono interconnesse. • PRATICA PER PARTI: il compito è suddiviso in segmenti ed in seguito ricomposto per l’azione complessiva. Viene adottato quando il compito risulta difficile ed è agevolmente suddivisibile in componenti più semplici. Come scegliere l’uno o l’altro dipende dalla difficoltà del compito in relazione allo stadio dell’apprendimento, quindi, come il compito si interfaccia con il grado dell’allievo. Se un compito è SEMPLICE può essere eseguito in modo GLOBALE; se è DIFFICILE e suddivisibile è consigliato adottare una pratica PER PARTI. Ci sono anche degli approcci MISTI: • PER PARTI PROGRESSIVE: impiegato per abilità complesse che richiedono un numero di componenti separate ed indipendenti (Es: salto in lungo, composto da varie fasi: stacco, rincorsa, fase aerea, atterraggio) • SEMPLIFICAZIONE: ottenibile da una riduzione delle difficoltà, una modifica degli spazi, modifica degli spazi e degli attrezzi, diminuzione delle richieste motorie e attentive per mezzo dell’assistenza, inserimento dell’accompagnamento ritmico ecc. questa tipologia di insegnamento prevede un passaggio graduale, eliminando le semplificazioni e passando dal facile al difficile. 9. TRANSFER DI APPRENDIMENTO Per TRANSFER DI APPRENDIMENTO si intende: a) La possibilità di trasferire un apprendimento in un novo contesto, b) L’influenza di abilità acquisite sull’apprendimento di nuove abilità Per l’apprendimento a lungo termine è molto importante. In entrambe le situazioni si ricerca un TRANSFER POSITIVO delle esperienze precedenti su quelle nuove. Il transfer positivo si basa su due ipotesi: - TEORIA DEGLI ELEMENTI IDENTICI: secondo la quale il transfer positivo è tanto maggiore quanto più simili sono le condizioni che contraddistinguono 2 o più contesti o le parti che compongono 2 o più attività. - TEORIA DEL TRANSFER DI ELABORAZIONE: secondo la quale il transfer è tanto maggiore quanto più simili sono i processi cognitivi nell’applicare una stessa abilità in contesti diversi o per eseguire diverse abilità. Secondo le due ipotesi, per ottenere transfer positivo vanno identificati i fattori di similitudine fra più compiti motori. È presente anche il TRANSFER NEGATIVO, raro e transitorio, che si ha qualora l’effetto dell’esperienza precedente risulti dannoso nella nuova abilità. Esempio di transfer negativo: quando l’allenamento su uno strumento porta delle difficoltà di trasferimento dell’allenamento su altre superfici. Se non vi sono effetti di facilitazione o di interferenza il TRANSFER è NULLO. Le situazioni didattiche devono essere sviluppate in modo che si possa decidere cosa effettuare, quando e dove, piuttosto che portare l’attenzione solo su come eseguire il gesto tecnico. Portare quindi il bambino verso l’autonomia. 41 TRANSFER BILATERALE: è un tipo di transfer che si manifesta quando la pratica effettuata con un arto determina incrementi di prestazione anche nell’esecuzione con l’arto opposto (destra e sinistra) Ci sono 2 spiegazioni: - la prima pone l’accento sui processi cognitivi di ricerca ed identificazione delle operazioni da compiere; se questa operazione è già stata compiuta per un arto, per l’altro sarà tutto più immediato; - la pratica con un arto determina lo sviluppo in memoria di una rappresentazione dell’azione che contiene le caratteristiche fondamentali dell’azione stessa; quindi il programma motorio generalizzato che si è creato governa anche l’arto opposto. Ci sono infatti alcune attività SIMMETRICHE e attività ASIMMETRICHE. Le abilità simmetriche possono essere allenate usando il transfer bilaterale, anche se è poco utilizzato. 10. SVILUPPO DI META-STRATEGIE Benché possano sembrare simili al transfer, sono in realtà procedure cognitive di un grado superiore, e non sono mirate ad un compito in particolare, bensì sono articolate su situazioni generali con caratteristiche in comune. Nello sviluppo del transfer l’accento viene posto nelle affinità esistenti tra gli ambienti o i gesti; nello sviluppo delle meta-strategie invece l’accento è posto sulla consapevolezza dell’allievo su quello che andrà a fare, sul funzionamento dei suoi processi mentali, sull’elaborazione delle informazioni e sui processi di organizzazione e monitoraggio della risposta. Se nel primo caso l’attenzione è posta su ambienti e prestazioni, in questo caso l’attenzione è posta sui processi cognitivi individuali e sulla capacità di auto-regolarsi. L’AUTOREGOLAZIONE, infatti, è una delle più importanti meta-strategie. META-STRATEGIE: 1. REGOLAZIONE DELL’ATTIVAZIONE PSICOFISICA (arousal): che comporta la gestione del proprio corpo cercando di portare il giusto grado di attivazione per una determinata attività. 2. SVILUPPO DI ABILITÀ DI RAPPRESENTAZIONE MENTALE DEL GESTO: riuscire ad immaginare in modo corretto il compito motorio con il fine di correggere l’atto motorio. La rappresentazione mentale è importante sia prima dell’azione vera e propria che nella fase di recupero. Le immagini mentali possono avere una VISIONE ESTERNA o INTERNA; combinare entrambe permette di avere una rappresentazione completa e globale. 3. GESTIONE DELL’ATTENZIONE: per mantenere la concentrazione non su tutti gli elementi, ma solo su quelli fondamentali; escludendo i fattori di distrazione, non idonei al buon esito dell’esecuzione. Troppa attenzione potrebbe addirittura danneggiare l’esecuzione del compito; quando il compito è appreso l’attenzione si deve ridurre in funzione degli automatismi acquisiti. 4. CONTROLLO AUTONOMO DELLA PRESTAZIONE: l’allievo deve analizzare il risultato ottenuto, le modalità attraverso le quali ha svolto il compito; in modo tale che possa essere attivata una procedura di auto-valutazione confrontando il gesto con la rappresentazione mentale. L’autovalutazione deve essere stimolata attraverso delle domande. 42 Queste strategie devono essere messe in pratica all’interno dell’abilità motoria svolta in un ambiente chiuso o aperto. In un AMBIENTE CHIUSO si hanno le cosiddette CLOSED SKILL, svolte in un ambiente stabile, in cui il soggetto ha un certo tempo per prepararsi. Ci sono 5 FIVE STEP STRATEGIES proposte da Singer per l’apprendimento e l’esecuzione delle closed skill: 1. Preparare l’azione conseguendo un atteggiamento ottimale sotto il profilo motivazionale, emotivo e comportamentale (arousol) 2. Immaginare l’esecuzione completa e con esito pienamente positivo 3. Concentrare l’attenzione su un aspetto rilevante della situazione, eliminando le distrazioni esterne e i pensieri turbanti 4. Eseguire in modo automatico senza pensare all’azione o al risultato 5. Valutare l’azione ed i vari passaggi della strategia Ci sono poi le OPEN SKILL, svolte in un ambiente mutevole, in cui al soggetto è chiesto di interagire con avversari, ambiente e strumenti. Le richieste cognitive riguardano: 1. Ricerca visiva e selezione degli stimoli situazionali più rilevanti 2. Anticipazione su base probabilistica delle intenzioni dell’avversario (anticipazione dell’evento e spazio-temporale) 3. Presa di decisioni su cosa fare 4. Avvio della risposta considerando parametri spaziali e temporali. Con questa analisi delle informazioni l’allievo riuscirà autonomamente a prendere le proprie decisioni su cosa, dove e quando svolgere il compito motorio in un ambiente aperto. CAPITOLO 6 - STILI E STRATEGIE DI INSEGNAMENTO (Bortoli) Per STILE DI INSEGNAMENTO si intende la modalità globale con la quale viene svolto l’insieme di funzioni che rientrano nel ruolo dell’insegnante (la scelta delle modalità con cui sono svolte le lezioni, le funzioni ed il ruolo dell’insegnante stesso). Da un punto di vista PSICOPEDAGOGICO vi confluiscono diversi elementi quali: - Modalità di controllo sociale e mantenimento della disciplina - Grado di responsabilità e autonomia sollecitato negli allievi - Strategie didattiche utilizzate - Tipologie di attività preferite - tipologia di comunicazione all’interno della classe - Modo in cui vengono prese decisioni - Atteggiamento dell’insegnante di fronte agli errori Gli autori che hanno contribuito a questa classificazione sono: • STILI→ Mosston e Ashworth • STRATEGIE→ Rink • FORME DI INSEGNAMENTO→ Siedentop e Tannehill LO SPETTRO DEGLI STILI DI INSEGNAMENTO DI MOSSTON E ASHWORTH Secondo Mosston e Ashworth lo STILE di insegnamento può essere inteso con un significato molto ampio, considerando la relazione insegnante-allievo dal punto di vista 45 2. INSEGNAMENTO A STAZIONI: consente di affrontare più attività all'interno della stessa lezione. Il docente assegna agli alunni dei compiti che vengono poi eseguiti autonomamente. 3. INSEGNAMENTO FRA COMPAGNI (Peer Teaching): la responsabilità di molti aspetti della funzione insegnante è trasferita agli allievi, compresa la valutazione. L'insegnante propone e spiega un compito, gli allievi lavorano a coppie e ciascuno fornisce feedback al compagno, valutandone la prestazione. Vengono favoriti lo sviluppo dell'autonomia e delle relazioni; l'osservazione di un compagno aiuta poi chi osserva ad apprendere, poiché forma la rappresentazione mentale del gesto da eseguire. 4. APPRENDIMENTO COOPERATIVO (Cooperative Learning): esistono diverse forme: - Gli allievi sono divisi in gruppi e a ciascun allievo viene assegnata una parte del compito. Gli allievi dei diversi gruppi che sono responsabili dello stesso compito si esercitano insieme e poi tornano ciascuno nel proprio gruppo per insegnarlo ai compagni; - I gruppi sono formati da 4 allievi che lavorano prima in coppia. Ogni coppia si esercita su un compito, poi insieme il gruppo di 4 rivede, rifinisce e perfeziona il compito per insegnarlo agli altri gruppi; - Gli allievi lavorano in gruppo su un obiettivo comune. 5. STRATEGIE COGNITIVE: sono un insieme di strategie fondate sulla proposta di situazioni che mirano a sollecitare nell'allievo l'elaborazione autonoma di risposte. 6. AUTO-APPRENDIMENTO: vanno strutturate sequenze dettagliate di livelli di apprendimento, preparati materiali che diano informazioni sul compito e schede di autoverifica. Questa strategia sollecita la massima autonomia dell'allievo e lo sviluppo delle capacità di autovalutazione. 7. INSEGNAMENTO IN TEAM (Team Teaching): possibilità che siano presenti più di un insegnante. INSEGNAMENTO DIRETTIVO E NON DIRETTIVO Altri autori preferiscono fare riferimento a terminologie diverse, attribuendo al vocabolo "stile" un significato più ampio. Siedentop e Tannehill parlano di FORME DI INSEGNAMENTO per indicare le modalità con cui i docenti organizzano compiti, istruzioni ed esercitazioni. - INSEGNAMENTO DIRETTIVO (l'insegnante è sempre in grado di controllare sia il gruppo che l'attività che questo svolge) - INSEGNAMENTO NON DIRETTIVO (gli alunni scoprono autonomamente le conoscenze). Siedentop e Tannehill introducono le espressioni DIDATTICA MEDIATA DAL DOCENTE (corrisponde all'insegnamento direttivo, con il docente che organizza le attività per un gruppo di allievi, spiegando e intervenendo per correggere. Si differenzia in Insegnamento attivo, insegnamento per compiti e insegnamento a domande) e DIDATTICA MEDIATA DALL'ALLIEVO (corrisponde all'insegnamento non direttivo. Si differenzia in Insegnamento e tutoraggio fra compagni, apprendimento in piccolo gruppo e cooperativo, auto- apprendimento). Di seguito ecco un CONFRONTO tra i diversi stili/strategie dei 3 gruppi di autori principali. 46 Sono alla fine gli stessi approcci con nomi diversi; alcuni autori hanno approfondito alcuni aspetti, altri ne hanno approfonditi diversi. In generale è possibile affermare che queste strategie/stili/forme di insegnamento hanno forti similitudini tra di loro. Cercare di semplificare il percorso di apprendimento è sempre molto difficile, quelle proposte oggi ci aiutano a scegliere al meglio la strategia di insegnamento; quindi ogni insegnante quando prepara un curriculum scolastico, in particolare per l’educazione fisica, deve far riferimento ai suoi allievi e alle loro necessità per un apprendimento significativo. CAPITOLO 7 – MISURE E VALUTAZIONE IN EDUCAZIONE FISICA (Lanza) Ci sono aspetti che devono essere approfonditi per poter riuscire ad eseguire una valutazione in educazione fisica. La valutazione intenzionale può essere sia implicita che esplicita. La VALUTAZIONE ESPLICITA è un metodo di valutazione che ha come oggetto dei comportamenti definiti e delle modalità dichiarate. Può avere 2 forme: • SISTEMATICA: è quella in cui il docente riesce a definire sia i tempi che le modalità esecutive • OCCASIONALE viene realizzata in situazioni non preventivate e con modalità implicite La VALUTAZIONE IMPLICITA si rifà a dei criteri personali non dichiarati e molto spesso senza prevedere un metodo rigoroso. 47 In educazione fisica a volte è possibile valutare alcuni aspetti con la modalità ESPLICITA SISTEMATICA; per altri invece viene utilizzata la modalità occasionale. La modalità ESPLICITA OCCASIONALE potrebbe tornare utile quando si va a ricercare alcune informazioni riguardo a dei comportamenti o degli atteggiamenti che il bambino può assumere in particolari contesti (relazioni interpersonali, autostima) La valutazione esplicita e sistematica in attività motoria è un’esigenza che si pone a diversi livelli: - Per il singolo insegnante (per fare una valutazione iniziale, programmarne una in itinere ed una sommativa finale) - Per l’allievo (ricevere delle informazioni di ritorno sul proprio livello di apprendimento raggiunto e migliorare la propria autostima) - Per il gruppo di insegnanti (per confrontarsi ed arricchirsi) - Per gli operatori della ricerca didattica e scientifica - Per le scuole e gli enti formativi Tuttavia alcuni docenti hanno comunque una percezione della valutazione esplicita come “soffocante”; questo aspetto rischia di provocare una valutazione “preconcetta” che utilizza prevalentemente la forma implicita o occasionale. All’interno dell’educazione fisica ci sono delle caratteristiche da valutare che appartengono alla categoria delle produzioni complesse, quindi, di difficile oggettivizzazione. Per avere maggiore oggettività valutativa si devono seguire le FASI DELLA VALUTAZIONE. 1. FASE DI SELEZIONE L'azione che il docente deve effettuare è scegliere e riconoscere quali sono gli aspetti che dovranno essere oggetto della valutazione, che poi andranno incontro alle fasi successive. Tuttavia questa scelta deve essere effettuata in maniera più esplicita possibile sia alla classe che a sé stesso. Il rischio è quello che possa assumere delle forme implicite. Gli argomenti da selezionare a livello concettuale sono: consolidamento e coordinamento degli schemi motori di base, valutazione di alcune abilità motorie ed espressive, le 4 capacità condizionali, conoscenza degli obiettivi e delle caratteristiche proprie e alcuni concetti di gioco e sport. la scelta è comunque rimandata all’insegnante. 2. FASE DI RACCOLTA DEI DATI Si suddivide in due aspetti che sono concatenati l'uno all'altro: • Il primo è la CODIFICAZIONE del comportamento: è una descrizione e registrazione simbolica della documentazione che verrà poi interpretata successivamente nella fase di analisi. È la scelta del comportamento che si intende misurare. • Il secondo è la MISURAZIONE del compito motorio: il compito motorio viene misurato cercando di rendere più oggettivo possibile questo metodo; possono essere scelte 4 tipologie di scale: - scala nominale: è quella che categorizza l’item con 2 scelte: presente/assente, maschio/femmina - scala ordinale: prevedono un range di riferimento (sufficiente, buono, ottimo ecc) - scala a intervalli: un’unità di misura all'interno di un range di riferimento (2 su 5) 50 obiettivi della prova valutativa (in modo tale che il bambino riesca ad orientare la propria attività nel miglior modo possibile) • Il comportamento oggetto di valutazione non esprime un valore personale ma va ad analizzare un'abilità in particolare. Questo può essere scontato per l'insegnante, in realtà gli allievi vanno ad attribuire anche un giudizio morale di sé stessi; questo non deve succedere o l'insegnante deve cercare di anticipare tali aspetti che potrebbero indurre a dare una valutazione bassa sulla propria autostima (si deve cercare di far capire ai bambini che la valutazione non sarà sulla persona ma darà solo delle informazioni sulla prestazione sensomotoria) • È importante inserire all'interno della valutazione anche il contesto, perché è determinante nel definire la rilevanza dell’espetto emotivo. Diversificarne le modalità organizzative permette di utilizzare le potenzialità sia delle condizioni molto formalizzate che quelle di contesti più spontanei. In alcune fasi dell'apprendimento motorio, il cambio dell'ambiente può indurre degli errori; quindi non è detto che la prestazione che si osserva in un ambiente possa essere uguale a quella che potremmo osservare in un ambiente diverso. I TEMPI DELLA VALUTAZIONE Le valutazioni si distinguono prevalentemente in tre grandi categorie: 1. LA VALUTAZIONE INIZIALE: anche definita “valutazione diagnostica” in quanto permette di ottenere informazioni sul livello iniziale degli alunni; consente di ottenere delle informazioni utili per programmare poi una proposta didattica calzante. In questo caso è consigliabile cercare di effettuare una valutazione complessiva o globale in modo tale da ottenere informazioni sugli aspetti più significativi. Esempio: in una classe prima può riguardare le abilità coordinative o condizionali ma sarà anche importante riuscire ad inserire alcuni aspetti emotivi e relazionali che possono avere un peso specifico importante nel rapporto con il proprio corpo. Può non essere finalizzata all'attribuzione di un giudizio ma utilizzata soltanto per ottenere semplicemente informazioni. 2. LA VALUTAZIONE TERMINALE: molto spesso ha delle caratteristiche similari con quella iniziale, in quanto molto spesso sono confrontate per constatare il conseguimento di alcuni obiettivi formalizzati a inizio anno. È possibile in questa valutazione utilizzare anche tutto il percorso fatto all'interno di un anno scolastico; in questo caso si parla di valutazione sommativa. Questa valutazione va punto a sommare tutto l'insieme delle valutazioni fatte durante l'anno scolastico. Non deve essere necessariamente una media aritmetica, può essere aggiustato anche in base a delle osservazioni di carattere osservazionale. 3. LA VALUTAZIONE IN ITINERE: anche detta valutazione formativa, necessaria per riuscire a mantenere informati gli studenti sul loro progresso durante l'anno. Può essere effettuata anche con una forma implicita o di natura esplicita osservazionale cercando di analizzare quegli aspetti più difficili da analizzare in una valutazione esplicita. 51 Durante le prove in itinere deve essere chiaro che hanno ruolo educativo e formativo (in quanto servono sia all'insegnante che allo studente a capire quali sono gli aspetti conseguiti e da migliorare). TECNICHE E STRUMENTI DI MONITORAGGIO DEL COMPORTAMENTO MOTORIO STRUMENTI NARRATIVI (sono gli strumenti più semplici): sono strumenti utilizzati per una raccolta descrittiva • DIARIO: è una narrazione dei comportamenti, delle cause e conseguenze che hanno avuto questi comportamenti nell'immediato; una lettura a posteriori di cosa è successo durante l'anno. • DIARIO DI BORDO: prevede che la descrizione venga realizzata dai soggetti dell'azione educativa stessa, quindi possono essere fatti direttamente dagli studenti. • REGISTRO ANEDOTTICO: è una tecnica per descrivere ciò che una persona o un gruppo fa in una determinata situazione che però viene precedentemente determinata. • DIARI DELLE PRESENZE, DELLE ATTIVITÀ E DEGLI ATTEGGIAMENTI: in alcuni casi è possibile trarre alcune informazione anche semplicemente dal registro, inserendo coloro che fanno e non fanno le attività. PER LA VALUTAZIONE DI SPECIFICI COMPORTAMENTI MOTORI • CODIFICAZIONE SIMBOLICA: è l'utilizzo di alcuni simboli utili a codificare specifici comportamenti o situazioni. Possono essere utilizzati dei numeri, delle lettere oppure alcuni codici, che possono poi riportare ad alcuni compiti motori in particolari. Alcuni tratti aggiuntivi possono poi fornire un'attribuzione dell'esito di quello che è stato eseguito. Generalmente le codificazioni simboliche sono molto utilizzate per l’esecuzione di abilità motorie in serie, che prevedono generalmente il susseguirsi di compiti motori discreti e in serie. Queste codificazioni possono essere utilizzate anche in altri contesti, l'importante è utilizzare una codificazione che vada poi a decifrare un determinato compito motorio. • SCHEMI GRAFICI: sono delle rappresentazioni grafiche che rendono leggibili alcuni dati raccolti in un modo diverso. Ad esempio: analizzando un gioco è possibile trarre informazioni più profonde sull’evoluzione degli schemi motori di base e delle dinamiche dei bambini. Le rappresentazioni grafiche oggi sono obsolete in quanto risulta molto più semplice riuscire a fare queste valutazione tramite l'analisi dei video. • INVENTARI (CHECKLIST): questi possono esse utilizzati solo in maniera singola, rischiando che diventi molto dispersivo. Sono delle liste di comportamenti che possono individuare la tipologia di soggetto che abbiamo in base ad alcuni atteggiamenti che il corpo del bambino assume. Si riesce quindi a stabilire dei comportamenti relazionali ed interpersonali. È un percorso piuttosto dispendioso che però potrebbe riuscire a dare una maggiore oggettivizzazione rispetto alla semplice osservazione occasionale (preconcetta). • SISTEMI DI CATEGORIE O GRIGLIE DI OSSERVAZIONE: sono strumenti che riescono a interpretare alcuni aspetti del compito motorio e servono generalmente per la valutazione qualitativa delle abilità motorie. 52 Sono tabelle da segnare con una X in base ad alcuni parametri da osservare. Non ci sono griglie di osservazione standard, è possibile quindi avere un una modularità di creazione di queste griglie, così da poter adattare lo strumento di valutazione al compito motorio specifico da analizzare. • QUESTIONARIO-INTERVISTA: è uno strumento abbastanza utilizzato soprattutto per alcuni aspetti psicologici e sociologici, in alcuni casi anche una valutazione della componente cognitiva. Per la compilazione e la redazione di un questionario dobbiamo seguire alcune regole: - presentare all'inizio il fine dell'intervista (in modo da coinvolgere i soggetti) - non effettuare questionari troppo lunghi (si rischia di avere un’interruzione di compilazione) - le domande dovranno essere decise a priori (domande aperte o chiuse) - utilizzare un linguaggio chiaro (per evitare che si possono creare delle interpretazioni nella domanda ) - evitare la formulazione di domande che portino poi ad attribuire un giudizio a priori - cercare di partire da una domanda ad ampio raggio per arrivare poi a domande molto più specifiche - i questionari dovrebbero prevedere una validazione preventiva (il questionario deve essere atto a misurare realmente quello e si intende misurare) I TEST MOTORI E LE PROVE OGGETTIVE: Questo strumento è molto spesso nominato per valutare l'attività motoria, tuttavia è necessario circostanziarlo. Non è molto semplice riuscire a creare e utilizzare delle prove oggettive anche in ambito motorio, in quanto possono essere considerati test alcune prove che non prendono in considerazione a 360° l'attività motoria. Esempio: i tiri al canestro in un determinato tempo non lo sono. Utilizzare prove di questo genere non significa far in modo che la prova sia oggettiva: ci sono tanti aspetti e variabili che portano a conseguire risultati diversi. Ci sono numerosi pareri che potrebbero non dare un valore di restituzione reale dell'abilità del bambino ad effettuare alcune prove. Dovrebbe essere strutturate delle prove in cui l'indicatore utilizzato individui realmente le capacità oppure l'abilità che si dichiara di osservare, dando realmente una relazione con i risultati. Le VARIABILI che devono essere considerate nella reazione di un test o prova oggettiva sono tre: • essere valido: la validità è l'indicatore che individua realmente la capacità o l’abilità che si dichiara di osservare. Nel test deve essere stabilito che il parametro non esce misura realmente quello che noi intendiamo misurare. • essere oggettivo: in base al criterio dell’oggettività le misurazioni effettuate sono rilevabili con medesimi risultati e con un accettabile grado di omogeneità da operatori diversi. Il risultato non deve essere influenzato dal rilevatore che effettua il test. • essere attendibile: l'attendibilità prevede che la ripetizione della prova possa riportare dei risultati similari; e quindi che non ci siano delle oscillazioni grandi tra i risultati ottenuti da una prova un attimo prima e un attimo dopo. 55 IL RUOLO DELL’EDUCAZIONE FISICA È possibile che l'educazione fisica (durante le ore curriculari) riesca a rappresentare comunque un intervento di qualità: • con sviluppi sugli aspetti cognitivi e di motricità: in quanto sono comunque dei parametri utili per valutare alcuni aspetti dell'alunno. (Alcuni aspetti del movimento possono essere messi in relazione tra di loro ed analizzarti) • La disabilità intellettiva è spesso legata a difficoltà di apprendimento ed in questo l’attività senso-percettivo-motoria può risultare fondamentale per colmare eventualmente alcune possibili lacune presenti. • Per il processo evolutivo risulta strategica la pulsione all’agire, che dà la possibilità al bambino di poter stabilire alcuni aspetti della propria personalità e una maggiore autostima • tutte le attività motorie finalizzate alla pratica sportiva divengono importanti strumenti nel processo di integrazione sociale; durante le attività sportive, in particolare, si riescono a stabilire dei legami tra i bambini. • La comunicazione e la relazione, spesso, devono nascere ed attuarsi attraverso codici diversi. Questo rende centrale la “dimensione del corpo”: il corpo e la motricità diventano un luogo comunicativo che riesce a dare un significato alle varie forme di comunicazione (la prossemica, la mimica ecc) Tutti questi aspetti consentono al bambino di sentirsi parte di un gruppo, più che un numero astratto, un gruppo che può essere il gruppo classe oppure il gruppo squadra (nello sport). Un intervento educativo basato sul vissuto dell’esperienza motoria può conciliare questi 2 aspetti dello sviluppo, promuovendo i necessari sentimenti di sicurezza e di autonomia ed aiutare l’alunno con disabilità nel processo evolutivo e d’integrazione. Alcuni aspetti del movimento nell'immediato possono non essere recepiti; riuscire a creare un processo educativo attraverso il movimento, può in alcuni casi riuscire a promuovere sia lo sviluppo delle competenze sia lo sviluppo della persona (in maniera e questi due aspetti non siano separati nel processo educativo). LE ATTIVITÀ MOTORIE E SPORTIVE: STRUMENTI DI SVILUPPO E D’INTEGRAZIONE SOCIALE L’Educazione Fisica nel processo evolutivo e d’integrazione dell’alunno disabile ha 2 finalità: • SVILUPPO DI POTENZIALITÀ INDIVIDUALI (incremento di capacità/ acquisizione di abilità) NELL’ATTIVITÀ MOTORIA È quello che l'attività motoria può consentire di sviluppare rispetto alla didattica frontale. Riesce a soddisfare alcuni bisogni di movimento e di agonismo dettati dall'attività stessa e quindi a sviluppare alcuni aspetti della propria personalità che altrimenti non sarebbero possibili. In questo caso sono evidenti le ricadute sullo sviluppo (relazione con gli altri, maggiore interazione, maggior autonomia e maggior padronanza dell'attività) Un importante risvolto è anche la dimensione creativa (crearsi appunto un proprio stile di vita che consenta una realizzazione autonoma e personale di sé stessi) Ci sono vari studi che hanno messo in relazione lo sviluppo di attività motorie con le prestazioni cognitive: sono riconosciuti ormai da tempo gli effetti positivi dell'attività, sia 56 per i bambini normodotati che per i bambini con ritardi mentali (migliori prestazioni cognitive) I risvolti positivi sono di natura attentiva, di una migliore percezione dei processi di costruzione e di elaborazione dell'informazione; quindi, a lungo andare hanno anche dei risvolti sull'identità personale. NELL’ATTIVITÀ SPORTIVA Gli effetti dipenderanno anche dalla natura della disciplina sportiva, i risvolti sono di natura più sport-specifica (per esempio se è uno sport di squadra o individuale, se lo sport prevede l'utilizzo del corpo come un oggetto, o se ci saranno interazioni con alcuni oggetti) L'attività sportiva promuove alcuni aspetti rappresentativi che sono strettamente correlati a quell'aspetto caratterizza l'attività. • INTEGRAZIONE SOCIALE È un aspetto altamente considerato all'interno del PEI. La prospettiva dei ragazzi con disabilità molto spesso non viene considerata in senso longitudinale ma nella dimensione orizzontale. Promuovere l’integrazione sociale in senso longitudinale significa che alcuni aspetti dell'integrazione sociale devono essere sviluppati in modo tale che possono avere ricadute soprattutto dopo il termine delle degli anni scolastici (es: nel mondo lavorativo), è importante promuovere un’integrazione sociale che abbia un esito a lungo termine piuttosto a breve termine. Attraverso le attività sportive si riesce a creare forti legami ed integrazione sociale negli anni, quindi può anche riuscire non solo a migliorare lo stile di vita ma anche ad avere rapporti sociali nel tempo e negli anni Una finalità collegata alla capacità comunicativa è: • L’ACQUISIZIONE E LO SVILUPPO DI CAPACITÀ COMUNICATIVE attraverso codici non verbali Le attività motorie e sportive possono svolgere la funzione di promuovere l’educazione e l’integrazione favorendo la conquista dell’autonomia e lo sviluppo della personalità. IL CONCETTO DI SALUTE NEL TERZO MILLENNIO Il CONCETTO DI SALUTE ha legami molto forti con tutti i concetti nominati in precedenza. Il concetto di salute negli ultimi anni si è modificato andando a cambiare la visione che prima lo vedeva come “un assenza di malattia” adesso la SALUTE viene DEFINITA COME UNO STATO DI COMPLETO BENESSERE FISICO, MENTALE E SOCIALE E NON SOLTANTO ASSENZA DI MALATTIA. Quando si parla di salute non si considera solo l’aspetto fisico, ma anche quello mentale e quello sociale. Quest'aspetto è cambiato perché ci sono sempre più persone con patologie croniche e non curabili ed è impensabile non ambire ed allargare il concetto di salute per loro; devono essere necessariamente aggiunti alcuni aspetti per riuscire a migliorare la loro salute e la loro vita, a prescindere dalla malattia o dall'invalidità. Se riusciamo a migliorare gli aspetti mentali e sociali attraverso il miglioramento della qualità della vita riusciamo sicuramente a migliorare la salute del soggetto. 57 QUALITÀ DELLA VITA: CONCETTO POLISEMICO: Si intersecano spesso valutazione soggettiva ed oggettiva; tuttavia, entrambi gli aspetti devono essere considerati al fine di avere una valutazione migliore della qualità della vita. La VALUTAZIONE SOGGETTIVA: fatta dall’individuo fa circa il grado di soddisfazione delle proprie necessità, mete e desideri, ritenuti più importanti. Tiene conto di: • benessere percepito (è solo in minima parte correlato all’effettivo stato di salute fisica dell’individuo) • soddisfazione per la propria vita affettiva, sociale, lavorativa La VALUTAZIONE OGGETTIVA invece tiene conto di: • condizioni di salute • condizioni abitative • condizioni economiche • condizioni lavorative • le abilità che consentono di riuscire alcuni ambiti e ruoli sociali • relazioni sociali e la loro qualità • occasioni ricreative offerte dalla comunità fruibili al singolo soggetto Tuttavia tutti questi aspetti non sono sufficienti a definire correttamente la qualità della vita di ciascuno perché gli aspetti soggettivi, relativi alla percezione di benessere e alla soddisfazione della propria vita affettiva, sociale e lavorativa devono essere inserite nella valutazione globale per riuscire ad avere poi un esito di qualità della vita individuale. LAWTON individua quattro dimensioni fondamentali della qualità di vita: - competenza comportamentale - ambiente oggettivo - qualità della vita percepita - benessere psicologico. Quindi il benessere individuale può essere concepito come la risultante della valutazione che ogni persona compie riguardo all’interazione tra le proprie competenze e l’ambiente in cui vive. È importante precisare che è ormai comprovato che il benessere soggettivo percepito è solo in minima parte correlato all'effettivo stato di salute dell'individuo, quindi, in realtà il benessere soggettivo non può essere messo in relazione con la salute fisica. Tutto l'aspetto di valutazione della qualità della vita individuale deve essere vista in un approccio multisistemico. Un esempio è quello di mettere in relazione la competenza comportamentale (l'insieme di abilità che consentono di interagire adeguatamente nei principali contesti di vita), con l'ambiente oggettivo (composto dagli elementi di cui tiene conto la valutazione oggettiva) 60 - altre condizioni di difficoltà transitorie Quest’ultime possono essere contestualizzare grazie all’ICF (International Classification of Functioning), che riesce a contestualizzare le condizioni di funzionali, strutturali e sociali e riuscire a farle ricadere del concetto di autonomia personale e culturale. Per questa elaborazione di informazioni multidisciplinare ed interdisciplinare, la scuola dovrà passare da una concezione più ristretta ad una più ecologica dove anche gli aspetti familiari e professionali saranno coinvolti; mettendo insieme varie informazioni per arrivare poi ad una sintesi che consenta un intervento mirato a promuovere l’empowerment (sia individuale, che di gruppo). Se l'educazione fisica è molto incentrata a favorire la promozione di stili di vita attivi e sani; l’EMPOWERMENT è (a livello longitudinale) un senso di potere interno ogni soggetto che permette di ampliare il ventaglio di possibilità di scelta tra quelle possibili. Le dimensioni psicologiche del senso di potere personale, che non è potere “su qualcosa” ma “di poter far qualcosa”, riguardano principalmente: 1. SENSO DI AUTOEFFICACIA: capacità di mobilitare le proprie risorse, affettive, e cognitive e mettere in atto comportamenti adatti alle richieste ambientali (il contesto può essere mutevole e si deve saper intervenire in modo adeguato) 2. SENSO DI AUTODETERMINAZIONE: percezione del grado di autonomia e responsabilità in relazione al margine di discrezionalità consentito dal processo decisionale (riuscire ad aumentare le possibili e potenziali soluzioni in diversi contesti). La formazione orientata all’empowerment di pone l’OBIETTIVO di aiutare le persone ad essere protagonisti nella costruzione di nuove possibilità, a partire dal riconoscimento e dalla mobilitazione sia delle proprie risorse interne soggettive, sia di quelle disponibili nei diversi contesti organizzativi e relazionali. SIMULAR LA DISABILITÀ PER PROMUOVERE L’INTEGRAZIONE UN PROCESSO ORIZZONTALE Le simulazioni permettono un migliore approccio didattico ai bambini con disabilità in quanto sono delle particolari attività che permettono sia l'integrazione da parte dei pari (migliore capacità di accettare e capire il bambino con disabilità) sia al docente di riuscire a capire quali sono realmente i bisogni del bambino (e riuscire a proporre una didattica più calzante) Tutte le disabilità hanno sfumature diverse e quindi non è assolutamente pensabile utilizzare la stessa proposta con bambini con disabilità diverse. Le simulazione possono migliorare quindi gli atteggiamenti sia degli insegnanti che degli studenti, tuttavia è assolutamente necessario riportare alcuni aspetti essenziali per poter effettuare una simulazione il più corretta possibile. La simulazione hanno una procedura piuttosto standard al fine di un corretto svolgimento. Wesson e Mandell hanno proposto delle indicazioni per realizzarle: - devono essere più realistiche possibili: è importante scegliere delle simulazioni che possono essere ripetute sia in classe che fuori - devono essere ripetute almeno quattro volte per favorire la comprensione del rapporto tra abilità e disabilità e le richieste dell'ambiente; e come queste possono essere più accessibili 61 - dovranno essere eseguite con protocolli di massima sicurezza per evitare qualsiasi genere di infortunio - le indicazioni devono essere scritte, chiare e concrete ai partecipanti; deve essere permesso di porre domande per chiarire alcuni aspetti prima di iniziare l’attività - dovrebbe essere posta sotto osservazione la persona che svolge la simulazione, poiché è stato dimostrato che ciò rende la partecipazione più attiva. L’osservazione può essere fatta dal gruppo dei pari, dai fratelli o dai genitori (mai dagli insegnanti in solitaria, meglio con un collega) - dovrebbe essere scritto un resoconto sull'esperienza, si dovrebbe tenere una discussione (il resoconto dell'osservazione sarà svolto dagli osservatori) È possibile stirare delle griglie di osservazione (di varie tipologie). Tutto questa rendicontazione dovrebbe portare ad una discussione finale che deve promuovere le varie criticità. Le simulazioni possono essere fatte: - nel contesto scolastico (disabilità di apprendimento, fisica, sensoriale) - fuori dalla scuola (disabilità sensoriale e fisica) Questo per cercare di capire a che cosa può andare incontro un bambino con disabilità e cercare di incrementare l'inclusione all'interno del gruppo dei pari ma migliorare anche la proposta didattica degli insegnanti. La DIDATTICA diventa SPECIALE non tanto per diversità di metodi o stili ma per il contorno di conoscenze pedagogiche relazionali che devono contestualizzare le scelte. Tutto il percorso di conoscenza e competenza del docente deve essere preceduto da una riflessione o simulazione che porti ad una didattica speciale. In un percorso atto ad aumentare l'autonomia sicuramente sarà necessario dosare nella proposta didattica sforzo fisico, l'impegno metabolico, la difficoltà del compito motorio, la quantità d'aiuto necessaria per far superare l'intervento didattico proposto. L’azione didattica non è guidata solo da regole e metodi, ma anche dalle motivazioni e valori personali. La crescita della competenza professionale del docente è legata allo sviluppo di una capacità di riflessione nell’azione, oltre che di riflessione prima e dopo l’azione stessa. I risultati di un intervento educativo-abilitativo non sono direttamente proporzionali alla qualità della didattica, ma alla profondità e razionalità della riflessione sui metodi che vengono applicati. Per avere una corretta didattica sarà necessario: • effettuare una valutazione iniziale del livello di sviluppo cognitivo e motorio • strutturare un profilo di sviluppo attraverso l'individuazione delle abilità emergenti • selezionare degli obiettivi su cui lavorare sulla base delle abilità emergenti • supportare il lavoro con rinforzi positivi • promuovere l’autosufficienza attraverso attività specifiche (questo migliora anche l'autostima del soggetto, le proposte devono essere comunque sfidanti e non banali) • promuovere la pro-socialità ed empowerment socio-affettivo per creare inclusività • utilizzare la dimostrazione dei compagni • individualizzare l'insegnamento attraverso metodologie organizzazioni come il team teaching, peer and cross-age tutoring ecc. • moderare la pratica competitiva 62 I concetti chiave per comprendere le indicazioni e le implicazioni di EMPOWERMENT sono: ➢ SELF-EFFICACY (Bandura) riguarda il sentimento di essere in grado di compiere azioni efficaci per raggiungere i nostri obiettivi (è il senso di auto-efficacia) ➢ INTERNAL LOCUS OF CONTROL (Rotter) è la disposizione a percepire l'influenza dei propri comportamenti sugli eventi che viviamo (cioè quanto è importante quello che riusciamo a fare noi per la nostra vita in base alle proprie abilità) Quello che l'educazione fisica deve ricordare alla scuola è la promozione dell’empowerment sia personale che sociale al fine di integrare l'alunno. AREE DI INTERVENTI ED OBIETTIVI: • area di sviluppo organizzativo e collegamenti nel territorio (dovremmo reperire le risorse, sviluppare una rete con le altre scuole, con i servizi socio-sanitari ma anche con le varie realtà locali al fine di progettare e mettere in azione delle strategie che possono portare un interazione e una collaborazione) • area di sviluppo del gruppo classe (dove verranno elaborati e attuati dei progetti educativi per promuovere uno stile di vita sano, l'autostima e l'autoefficacia; • area studente (progettazione didattica mirata allo sviluppo delle potenzialità individuali attraverso l'individualizzazione) • area familiare (che cerca di sviluppare l’area educativa orizzontale cercando di inserire la famiglia all'interno del processo educativo) CAPITOLO 9 – LE ATTIVITÀ ESPRESSIVE IN EDUCAZIONE FISICA (Carretta) L’espressione corporea è la nozione fondamentale di unità funzionale e biologica della persona in cui psichismo e motivazione non costituiscono più 2 campi distinti o giustapposti ma rappresentano l’espressione dei rapporti reali dell’essere e dell’ambiente. La psicomotricità stessa intende esprimere la fusione tra organico e psichico. L’esigenza di costruire un metodo educativo globale capace di favorire un’educazione integrale dell’individuo, basato sull’assunto dell’unità psicosomatica e della presenza al mondo come corpo, ha condotto diversi autori all’elaborazione di un progetto di educazione psicomotoria. RAPPORTO TRA LA PARTE PSICOLOGICA E LA PARTE MOTORIA: non è possibile affrontare l'argomento dell'espressione corporea se non viene trattato l'essere umano con il concetto olistico; non è possibile separare il corpo dalla mente (affetti ed emozioni comprese) Uno dei grandi capitoli della storia dell'educazione fisica è il grande argomento della PSICOMOTRICITÀ che parte proprio dal concetto olistico. In questo senso l’espressione corporea è intesa come contesto pedagogico, come metodo educativo globale, in modo da integrare tutti gli aspetti psicosomatici che caratterizzano il movimento. 65 - prendere coscienza del modo personale di rapportarsi al proprio corpo e a parte di esso - acquisire una condizione di distensione psicologica e di rilassamento fisico (training autogeno) - acquisire maggiore coordinazione ed armonia - potenziare le capacità di organizzazione spaziale (orientamento, distanza, vicinanza del corpo) e temporale (ritmo e qualità sonore, durata, velocità, frequenza, intensità) - esaltare al massimo l'attenzione e la concentrazione individuale (cercando di escludere qualsiasi fonte che possa interferire con questo percorso) - discriminare in maniera sempre più forte e sentita la fonte e l’origine della spinta energetica necessaria per articolare il movimento - consolidare la percezione di una postura corretta anche in relazione al baricentro, alla forza gravità, al peso e ai punti di equilibrio o di disequilibrio. Per quanto riguarda il rapporto con l'altro e con il gruppo è necessario: - conoscere i meccanismi e le caratteristiche della comunicazione umana - conoscere e saper utilizzare i canali di comunicazione corporea - incontrare l’altro - imparare ad ascoltare l’altro - percepire il corpo degli altri con rispetto e responsabilità - scoprire come il proprio corpo è percepito dagli altri - capire l’analisi della dinamica di gruppo e l’istruzione attraverso il corpo - evolvere nelle proprie difficoltà e nelle proprie possibilità relazionali - realizzare uno spettacolo, una drammatizzazione o un’improvvisazione da offrire agli altri o ad un pubblico I TEMI possono essere concreti, astratti, tecnici. La scelta è assolutamente individuale. ➢ I TEMI CONCRETI sono di ispirazione quotidiana danno l’apparenza del conosciuto. Ci sono 2 modi per trattare i temi concreti: - lavorarli tecnicamente con esattezza e precisione - accostarli a livello di sensazioni, procedimento del tutto intuitivo che mira a liberare l’allievo facendogli ritrovare percezioni che il tempo gli ha fatto perdere. ➢ Lo scopo dei TEMI ASTRATTI è quello di arrivare all’essenziale con pochissimi mezzi. ➢ I TEMI TECNICI sono prevalentemente costruiti dagli elementi del linguaggio corporeo e musicale. In espressione corporea quando si imposta il lavoro sul corpo è importante considerare: - POSIZIONAMENTO del corpo (porre attenzione alla postura che deve assumere il corpo, far attenzione al centro di gravità, come viene percepito il peso, la respirazione e anche la percezione del battito del cuore) - gli SPOSTAMENTI NELLO SPAZIO (analizzare su differenti piani lo spostamento da una posizione eretta ad una posizione seduta, evidenziare tutti gli elementi che caratterizzano questi spostamenti nello spazio) - STUDIO DEL MOVIMENTO (il movimento può essere effettuato sul posto, senza uno spostamento spaziale: un movimento non locomotorio) 66 - lo STATO DI CONCENTRAZIONE (deve essere ottimale per la buona riuscita di questa attività, in quanto se non c'è una buona predisposizione di concentrazione ed attenzione la proposta sarà fallimentare) Questa attenzione deve essere promossa all'interno di sé stesso in modo tale da riuscire a percepire tutti gli stimoli che sono necessari; ci deve essere un equilibrio tra le informazioni interne ed esterne) È da esaltare il concetto di unione tra vita psicologica e sensazioni fisiche: non è possibile ancora pensare che alcuni aspetti prevedono una separazione tra corpo e mente. Il corpo è comunque uno strumento espressivo sia del nostro pensiero ma anche delle nostre emozioni, dei nostri affetti. Il mezzo di espressività corporea è un modo di essere sé stessi nel mondo in maniera funzionale ed espressiva.
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