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Appunti matematica pre test ingresso, Dispense di Matematica Generale

Appunti in preparazione dei test di ingresso

Tipologia: Dispense

2016/2017

Caricato il 23/09/2017

AndreaAre
AndreaAre 🇮🇹

4.5

(17)

5 documenti

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Scarica Appunti matematica pre test ingresso e più Dispense in PDF di Matematica Generale solo su Docsity! STUDENT OFFICE PRE TEST 2016 Ingegneria Dispense di Matematica Operazioni, insiemi, potenze e esponenziali - PROPRIETA E OPERAZIONI SUI NUMERI -Insiemi: naturali, interi, razionali, irrazionali, reali. -Ordine di precedenza nelle operazioni: parentesi, potenze e radici, moltiplicazioni e divisioni, addizioni e sottrazioni. -Proprietà dell’addizione: intera, commutativa, associativa, elemento neutro, elemento simmetrico. -Proprietà della sottrazione: invariantiva. -Proprietà della moltiplicazione: intera, commutativa, associativa, distributiva rispetto alla somma, elemento neutro, elemento simmetrico. -Proprietà della divisione: invariantiva, distributiva rispetto alla somma. -Scomposizione in fattori primi. - VALORE ASSOLUTO Def. Preso |x|: -se x >0, allora |x|= x -se x<0, allora |x|= –x -se x=0, allora |x|= 0 In pratica il modulo è sempre positivo! - POTENZE E RADICI Def. Si dice potenza 𝑎𝑛 dove 𝑎 Ꞓ R, n Ꞓ Q. Si definisce a base, n esponente. PROPRIETA: - prodotto/quoziente di potenze con la stessa base: 𝑎𝑏 ∗ 𝑎𝑐 = 𝑎𝑏+𝑐; 𝑎𝑏 𝑎𝑐 = 𝑎𝑏−𝑐 - potenza di potenza: (𝑎𝑏) 𝑐 = 𝑎𝑏∗𝑐 - prodotto/quoziente di potenze con lo stesso esponente: 𝑎𝑐 ∗ 𝑏𝑐 = (𝑎 ∗ 𝑏)𝑐; 𝑎𝑐 𝑏𝑐 = ( 𝑎 𝑏 )𝑐 - 𝑎−𝑐 = 1 𝑎𝑐 Def. Si dice radice n-esima (con n Ꞓ N, n ≠0) del numero reale positivo a, il numero reale positivo la cui potenza n-esima è uguale ad a; dove a = radicando, n = indice. NOTA BENE: √0 = 0; √𝑎𝑛 𝑛 = 𝑎. OPERAZIONI: prodotto, quoziente, potenza, radice PROPRIETA: 𝑎𝑐/𝑔= √𝑎𝑐 𝑔 𝑎−𝑐/𝑔= 1 √𝑎𝑐 𝑔 - LOGARITMI ED ESPONENZIALI Def. Esponenziali: per ogni 𝑎 Ꞓ R⁺, si ha 𝑦 = 𝑎𝑥 (𝑦 = 𝑒𝑥, dove 𝑒 = 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑛𝑒𝑝𝑒𝑟𝑜) EQUAZIONI Siano A(x) e B(x) due espressioni algebriche nell’indeterminata x. A(x) = B(x) si chiama equazione quando essa è verificata per particolari valori di x. Risolvere un’equazione significa trovare tutte le soluzioni. L’indeterminata si chiama incognita. EQUAZIONI DI PRIMO GRADO Un’equazione si dice di primo grado se compare nella forma a(x) + b = 0 Se a≠0 l’equazione è determinata e x=-b/a Se a=0, b=0 è indeterminata Se a=0, b≠0 è impossibile Esempi: eq. Determinata 3x+2=0 3x=-2 x=-2/3 eq. Indeterminata 3x+2=3x+2 0x=0 eq. Impossibile 0x+3=0 3=0 EQUAZIONI DI SECONDO GRADO Un’equazione si dice di secondo grado se è nella forma a(x)²+b(x)+c=0 con a,b,c ∈ R e a≠0 Le soluzioni di tale equazione si trovano con la formula √ L’espressione b² − 4ac è detto discriminante e Δ = b² − 4ac Se: Δ=0 soluzioni e reali e coincidenti Δ>0 soluzioni reali e distinte Δ<0 soluzioni non reali CASI PARTICOLARI  Quando il coefficiente b è un numero pari si può utilizzare la formula ridotta √  Se il coefficiente b=0, per avere soluzioni reali a e c devono essere di segno opposto per cui √ Esempio: 3x²-6=0 x²=2 x=±√  Se il coefficiente c=0 segue che x(ax+b)=0 per cui x =0 x =-b/a  Se l’equazione è biquadratica, cioè ax⁴+bx²+c=0, pongo x²=t così si ottiene at²+bt+c=0 Le soluzioni saranno 4: √ ; √  Se l’equazione è binomia, cioè  Per n dispari √  Per n pari, se √ se eq impossibile SISTEMI DI EQUAZIONI DI PRIMO GRADO Un sistema di equazioni è un insieme di due o più equazioni che devono essere soddisfatte dagli stessi valori attribuiti alle incognite. Esistono tre metodi risolutivi: sostituzione, riduzione e confronto. Esempio: { Prima di procedere con qualsiasi metodo risolutivo occorre eseguire i calcoli e scrivere il sistema in forma normale. Un sistema in forma normale è un sistema con le incognite a sinistra dell’uguale e i termini noti a destra dell’uguale. Quindi { {  Metodo sostituzione Ricaviamo la y in funzione di x nella prima equazione poi sostituisco tale valore nella seconda { { { { A questo punto sostituisco la x nella prima equazione { Soluzione: ( ,  Metodo confronto Ricaviamo la stessa incognita da entrambe le equazioni { { Ora posso eguagliare le due equazioni Ora sostituisco la x in una delle due equazioni e ricavo la y Soluzione: ( ,  Metodo di riduzione { Scrivo in forma normale entrambe le equazioni { Moltiplico entrambe le equazioni per opportuni valori da rendere opposti i termini con la stessa incognita { { A questo punto addiziono membro a membro le due equazioni e ottengo Sostituisco la y in una delle due equazioni e ricavo la x quindi Soluzione: ( , EQUAZIONI IRRAZIONALI O CON RADICALI Un’equazione si dice irrazionale se l’incognita compare come argomento di un radicale come ad esempio √ Per risolvere un’equazione di questo tipo occorre  Isolare il radicale  Elevare entrambi i membri alla potenza indicata nell’indice della radice  Risolvere l’equazione ottenuta A questo punto si procede in maniera diversa a seconda dell’indice del radicale  Se l’indice è dispari le soluzioni sono tutte accettabili  Se l’indice è pari si passa alla verifica delle soluzioni Esempio: √ Isolo il radicale: √ Elevo al quadrato: Risolvo l’eq.: Avrò quindi due soluzioni: A questo punto devo controllare che le due soluzioni siano accettabili dato che l’indice della radice è 2. Per farlo basta vedere se i due valori soddisfano l’equazione di partenza. Se √ che è impossibile se √ 2 quindi l’unica soluzione accettabile è EQUAZIONI RAZIONALI FRATTE Un’equazione si dice razionale fratta se l’incognita non è contenuta sotto la radice ma è al denominatore. Esempio: Per risolvere questo tipo di equazioni occorre:  Ricondursi nella forma  Trovare le C.E. ponendo  A questo punto ci disfiamo del denominatore e risolviamo  Vedere se i valori ottenuti soddisfano le C.E. Esempio: C.E. Dato che e dato che soddisfa le C.E. possiamo dire che è una soluzione accettabile. Enti geometrici fondamentali PUNTO: non ha dimensioni, serve ad indicare geometricamente una precisa posizione d'interesse. Traslando (spostando) infinitamente un punto lungo una direzione, in entrambi i versi, si ottiene una retta RETTA: Si estende infinitamente in due direzioni e gode di diverse proprietà – essendo la retta monodimensionale, sia un piano (2D) che lo spazio (3D) contengono infinite rette – dati due punti qualsiasi, esiste ed è unica la retta che li contiene. Essa è detta congiungente – Ogni retta è infinita e contiene infiniti punti – date due rette contenute in un piano, esse possono essere incidenti (1 punto in comune) o parallele. – Se tre o più punti appartengono alla stessa retta si dicono allineati – due o più rette incidenti in uno stesso punto possono anche essere dette concorrenti in tale punto La retta gode di alcune proprietà che possono essere accostate all'insieme R (numeri reali). Non di rado infatti l'insieme R è rappresentato da una retta orientata, ovvero per la quale è definito un verso di percorrenza (solitamente quello positivo). Il fatto che una retta possegga un orientamento permette di definire in essa relazioni di ordine (in maniera del tutto analoga a quelle dell'insieme R): posti su una retta due punti A e B, se percorrendola in senso positivo (a seconda dell'orientamento dato) incontreremo prima A, diremo che A<B, viceversa A>B, e così via.. SEMIRETTA: data una retta orientata e fissato un punto O su di essa, si dice semiretta di origine O l'insieme del punto O e di tutti i punti che lo seguono o di tutti quelli che lo precedono, sulla retta data. Una retta e un punto definiscono pertanto due semirette. Una semiretta è infinita, ma a differenza della retta può essere percorsa infinitamente solo in una direzione. SEGMENTO: data una retta e due punti A,B ad essa appartenenti, la porzione di retta tra essi compresa, inclusi A e B, è detta SEGMENTO AB. A e B sono detti estremi del segmento. Due segmenti si dicono consecutivi se hanno un estremo in comune. Due segmenti si dicono adiacenti se hanno un estremo in comune e appartengono alla stessa retta. Due segmenti adiacenti sono consecutivi, mentre non vale il viceversa. Tre o più segmenti consecutivi formano una spezzata. Essa può essere chiusa o aperta, e semplice o intrecciata. Una spezzata chiusa e semplice è anche detta poligono. Disponendo di un segmento è possibile ottenerne multipli o sottomultipli (i multipli si ottengono per somme successive, i sottomultipli ricercando geometricamente il punto medio, terzo e così via) Tra due segmenti giacenti sulla stessa retta è possibile effettuare operazioni di somma o differenza. Traslando una retta parallelamente a sè stessa, in entrambi i versi, si ottiene un piano. PIANO: ente geometrico fondamentale dotato di due dimensioni. Un piano contiene infinite rette, e una retta contiene infiniti punti. Pertanto possiamo affermare, con un pò di fantasia, che un piano contiene ∞2 punti. Per avere una cognizione abbastanza concreta (anche se non infinita, notare bene) dei tre enti geometrici finora presentati, si può assimilare il piano ad un normale foglio, stando attenti a non piegarlo (se il foglio si incurva, "sconfiniamo" in una terza dimensione, che molti di voi intuiranno di certo, ma che non è nostro interesse analizzare). Se sul foglio tracciamo una linea, servendoci del righello, essa è un segmento, ma se ne tratteggiamo gli estremi per raffigurarne "l'infinitezza", ecco che abbiamo una retta. Raffigurare un punto su un foglio di carta dovrebbe essere facile per tutti. Angoli ANGOLO: porzione di piano compresa tra due semirette con origine comune, dette lati. Due semirette evidenziano nello spazio una coppia di angoli (e non uno solo!), e non esistono convenzioni che "decidono" l'angolo giusto, pertanto ogni volta occorre seguire attentamente il testo del problema. Gli angoli formati da due semirette con origine comune si dicono esplementari, ovvero la loro somma fornisce un angolo giro (di 360°, oppure 2π rad). Si dicono supplementari due angoli la cui somma fornisce un angolo piatto (180°, oppure π rad). Si dicono complementari due angoli la cui somma fornisce un angolo retto (90°, oppure π/2 rad). N.B. : π = 3,14159265358979..... convenzionalmente, π = 3,14 (senza unità di misura, è un numero puro) Due angoli si dicono consecutivi se hanno un lato in comune. Due segmenti si dicono adiacenti se hanno un lato in comune e gli altri appartengono alla stessa retta. Due angoli adiacenti sono consecutivi, mentre non vale il viceversa. ANGOLI E LORO MISURA Esistono differenti unità di misura per gli angoli. Le due principalmente utilizzate sono i gradi e i radianti. Le due unità di misura sono collegate dalla seguente proporzione: OPERAZIONI CON GLI ANGOLI Analogamente ai segmenti, disponendo di un solo angolo se ne possono ottenere multipli per somme successive, o sottomultipli tramite la ricerca della semiretta bisettrice, delle due trisettrici e così via. Disponendo invece di due angoli, si ha accesso alle operazioni di somma e differenza. E' semplice raffigurare le operazioni di somma e differenza tra angoli sfruttando l'analogia (non casuale) con un comune orologio analogico: sommare due angoli corrisponde a "mettere avanti" l'orologio, mentre sottrarre un angolo ad un altro corrisponde a metterlo indietro. Luoghi geometrici Un luogo geometrico rappresenta l'insieme di tutti i punti che godono di una determinata proprietà. Si capisce subito che per definire un luogo geometrico è cruciale definirne correttamente la proprietà. Di seguito presentiamo alcuni dei luoghi geometrici più comuni. ASSE: dato un segmento, si dice asse il luogo geometrico dei punti equidistanti dagli estremi del segmento. I punti appartenenti all'asse sono evidentemente infiniti, pertanto l'asse di un segmento è una retta. L'intersezione tra asse e segmento ci fornisce il punto medio del segmento. Da notare che, in geometria come in matematica, l'operazione di intersezione ha un significato logico che rispecchia interamente quello grafico: intersecando un asse E un segmento chiediamo infatti che la soluzione soddisfi due condizioni, ovvero – appartenere all'asse (essere equidistante dagli estremi del segmento) E – appartenere al segmento l'unico ente geometrico che soddisfa tali requisiti è per l'appunto il punto medio del segmento. L'asse di un segmento è sempre perpendicolare al segmento stesso (pertanto forma con esso 4 angoli retti). L'asse di un segmento divide il segmento in due parti congruenti (di uguale lunghezza). Da notare che questa non è una definizione dell'asse, ma una conseguenza del modo in cui è stato definito, ovvero una proprietà! BISETTRICE: dato un angolo, si dice bisettrice il luogo dei punti equidistanti dai lati. Da una costruzione molto simile a quella dell'asse è possibile concludere che anche i punti appartenenti alla bisettrice sono infiniti, e pertanto anche questa è una retta (si potrebbe pensare erroneamente che la bisettrice sia una semiretta con origine nel vertice dell'angolo, ma non è così, provare per credere!). La bisettrice ha la proprietà (stesso discorso di prima) di dividere l'angolo in due angoli congruenti (di uguale ampiezza). CIRCONFERENZA: luogo geometrico dei punti equidistanti da uno stesso punto, detto centro. Più avanti vedremo nel dettaglio la circonferenza. Anche in questo caso i punti soddisfacenti la condizione del luogo geometrico sono infiniti, ma non possiamo dire che la circonferenza sia una retta, in quanto presi tre punti qualsiasi appartenenti alla circonferenza, essi non sono allineati. ELLISSE: dati due punti F e G detti fuochi, è il luogo geometrico dei punti nei quali la somma delle distanze da F e G è costante. Non approfondiremo l'ellisse (notare che ellisse è una parola femminile), ma se vogliamo imparare a tracciare una ellisse toccandone con mano le proprietà geometriche, è semplice. Occorre una matita, un foglio sul quale disegnare e un pezzo di spago di lunghezza a piacere (10 cm o meno, per comodità). Bloccate i due estremi dello spago sul foglio come preferite (usate dita, chiodi, punti...) e procedete come questo giardiniere. Notiamo che la definizione dell'ellisse è rispettata, in quanto in ogni punto la somma delle distanze dai fuochi è costante (pari alla lunghezza dello spago, decisa da noi). PARABOLA: luogo geometrico dei punti equidistanti da un punto (F) detto fuoco e da una retta (L) detta direttrice. La definizione della parabola per alcuni potrebbe risultare controintuitiva, per il fatto che richiede il confronto tra la distanza da un punto e quella da una retta. Ne approfittiamo per definire la distanza. Esistono tre criteri di similitudine; due triangoli sono simili se hanno: -due angoli congruenti (pertanto lo saranno tutti e tre, dato che la somma degli angoli interni vale 180°) -due lati proporzionali e l'angolo tra essi congruente -i tre lati ordinatamente proporzionali Un caso particolare della similitudine è la congruenza, nella quale il rapporto di similitudine è pari a 1. In triangoli simili, il rapporto (proporzione) tra le altezze è uguale al rapporto tra i lati, così come il rapporto tra i perimetri. Il rapporto tra le aree è invece pari al quadrato del rapporto tra i lati. Per i problemi, oltre a una buona dose di ragionamento, ecco alcune formule che possono tornare utili: FORMULE GENERALI SUI TRIANGOLI Perimetro: 2p = AB + BC + CA (somma dei lati) Area: A= AB * hAB /2 = BC * hBC /2 = AC * hAC /2 (lato * altezza relativa a tale lato / 2) A= √ [p*(p-AB)*(p-AB)*(p-AB)] (Formula di Erone) TEOREMI SUI TRIANGOLI RETTANGOLI Teorema di Pitagora: in un triangolo rettangolo la somma dei quadrati delle lunghezze dei cateti coincide con il quadrato della lunghezza dell'ipotenusa Primo teorema di Euclide: In ogni triangolo rettangolo ciascun cateto è medio proporzionale tra l'ipotenusa e la proiezione del cateto stesso sull'ipotenusa. BC : AB = AB : HB BC : AC = AC : HC Secondo teorema di Euclide: In un triangolo rettangolo, l'altezza relativa all'ipotenusa è medio proporzionale tra le proiezioni dei due cateti sull'ipotenusa. HC : AH = AH : HB FORMULE SPECIFICHE PER I TRIANGOLI EQUILATERI h = (l * √3)/2 Circonferenze e Cerchi Come anticipato, la circonferenza è il luogo geometrico dei punti equidistanti da uno stesso punto detto centro. Tale distanza è nota come raggio della circonferenza. Il cerchio è invece il luogo dei punti con distanza dal centro minore o uguale al raggio. La differenza tra i due luoghi è quindi che la circonferenza è una linea, mentre il cerchio è una superficie piena. CORDA: Si dice corda un qualunque segmento congiungente due punti della circonferenza. La corda di dimensione massima è detta diametro, passa per il centro ed è pari a due volte il raggio. Ogni corda divide la circonferenza in due archi, il diametro divide la circonferenza in due archi particolari, detti semicirconferenze. L'asse di una qualunque corda passa per il centro, e coincide dunque con il diametro. Questo permette di dire che per tre punti passa una e una sola circonferenza (è come se due punti fossero gli estremi di una corda, mentre il terzo l'estremo opposto del diametro). Corde congruenti hanno la stessa distanza dal centro, e viceversa. ARCO: Ogni arco è sotteso da un solo angolo al centro e da infiniti angoli alla circonferenza. L'angolo al centro ha come vertice il centro e come estremi gli estremi dell'arco, mentre il vertice di un angolo alla circonferenza è un qualsiasi punto sulla circonferenza. L'ampiezza dell'angolo al centro è doppia di quella di ogni angolo alla circonferenza che insiste sullo stesso arco. Tutti gli angoli alla circonferenza che insistono sullo stesso arco hanno la stessa ampiezza. Con un pò di attenzione si capisce che ogni triangolo inscritto in una semicirconferenza è rettangolo. POSIZIONI RECIPROCHE A seconda della distanza tra i due centri e dei loro raggi, due circonferenze possono trovarsi in varie posizioni reciproche: esterne, tangenti esternamente, secanti, tangenti internamente, interne, concentriche. CERCHIO: Parlando del cerchio, uno "spicchio di cerchio" racchiuso tra due raggi e un arco è detto settore circolare, in particolare se i raggi sono adiacenti avremo un semicerchio. La parte di cerchio compresa tra una corda e la circonferenza è detta segmento circolare, e se la corda è il diametro abbiamo nuovamente un semicerchio. L'area compresa tra due tratti di circonferenza e due corde parallele è detta segmento circolare a due basi. L'area racchiusa tra due circonferenze concentriche è detta corona circolare. FORMULE UTILI Misura della circonferenza: C= 2πr = πd Superficie del cerchio: A= πr2 Lunghezza di un arco sotteso da un angolo al centro α (in gradi o radianti) : L= C* α(°)/360 = C* α(rad)/2π Area di un settore circolare di angolo α (in gradi o radianti) : S= A* α(°)/360 = A* α(rad)/2π Area della corona circolare: K= π(r1 2 - r2 2) Area del segmento circolare: si trova come differenza fra l'area di un settore e l'area di un triangolo. Lunghezza della corda sulla quale insiste un angolo al centro α : AB = 2rsen α Quadrilateri Un'altra famiglia di poligoni particolarmente regolari dopo i triangoli è quella dei quadrilateri. Come dice il nome, essi sono costituiti da quattro lati e a seconda di come essi sono disposti, e delle loro dimensioni, possono essere classificati. Ogni quadrilatero possiede due diagonali, ovvero due segmenti che collegano i vertici opposti. Una diagonale divide il quadrilatero in due triangoli. La somma degli angoli interni di un quadrilatero è 360°. Un quadrilatero è inscrivibile in una circonferenza solo se le somme degli angoli opposti valgono 180°. PERIMETRO e AREA dei quadrilateri In ogni quadrilatero, il perimetro si calcola come somma dei lati; tanto maggiore è la regolarità del quadrilatero, tanto più semplice sarà conoscere le dimensioni dei 4 lati. Nei quadrilateri scaleni, l'area è calcolabile solo come somma delle aree dei due triangoli che li compongono. Nei trapezi, note le due basi B , b e l'altezza h, l'area vale A = (B + b)*h/2. Nei parallelogrammi, nota una base b e l'altezza ad essa relativa, l'area vale A= b*h. Nei rombi, nota la misura delle diagonali D e d, l'area vale A = D*d/2 Nei quadrati di lato l l'area può essere calcolata come A= l2. Occorre notare che molto spesso nei quadrilateri ricorrono angoli retti (presenti come angoli, come piedi dell'altezza o nati dall'intersezione delle diagonali, a seconda dei casi). Tale fatto può essere sfruttato a nostro vantaggio per determinare svariate misure facendo uso del Teorema di Pitagora! Poligoni Regolari Un poligono regolare è un poligono convesso che è contemporaneamente equilatero e equiangolo. Ogni poligono regolare con n lati è inscrivibile e circonscrivibile in due circonferenze, infatti tracciando le bisettrici degli angoli interni si ottengono n triangoli isosceli utti congruenti e con un vertice in comune, che risulta quindi essere il centro di tali circonferenze. Un poligono regolare è simmetrico rispetto a ogni retta passante per un vertice e il centro. Pertanto, vi sono esattamente n assi di simmetria; se poi il numero di lati n è pari, allora il centro è centro di simmetria per il poligono. La somma degli angoli interni di un poligono regolare di n lati vale (n – 2)*180°. Gli angoli di un poligono regolare di n lati misurano pertanto (n – 2)*180°/n. Ogni poligono regolare è inscrivibile e circonscrivibile in due circonferenze concentriche. Il raggio della circonferenza inscritta è detto apotema e, chiaramente, coincide con la distanza dal centro di un qualsiasi lato del poligono. Il raggio della circonferenza circoscritta è ricavabile tramite il teorema di Pitagora se sono noti il lato e l'apotema. Ogni poligono regolare possiede un proprio numero fisso, che rappresenta il rapporto tra apotema e lato. Conoscendo il lato si ha perciò una conoscenza completa del poligono. PERIMETRO e AREA 2p = n*l l'area è ottenibile con un pò di ingegno: si è detto che il poligono è scomponibile in n triangoli isosceli congruenti, di altezza pari all'apotema e base pari al lato, pertanto di area nota. Si può allora calcolare l'area: A = 2p * a/2 = n*l*a/2 = n2*l*NF/2 in cui a=apotema e NF= numero fisso relativo al poligono. Come si nota, sia perimetro che area sono calcolabili anche se conosciamo solo il lato. Nome Numero di lati n Numero fisso NF Misura angoli Triangolo Equilatero 3 0,289 60° Quadrato 4 0,5 90° Pentagono 5 0,688 108° Esagono 6 0,866 120° Ettagono 7 1,038 128,571° (circa) Ottagono 8 1,207 135° Ennagono 9 1,371 140° Decagono 10 1,539 144° Dodecagono 12 1,866 150° La sfera è un solido ottenuto dalla rotazione completa di un semicerchio attorno al proprio diametro, il raggio e il centro del semicerchio sono il raggio e il centro della sfera. La superficie sferica è l’insieme di tutti e solo i punti dello spazio che hanno la stessa distanza da un punto interno detto centro. Proprietà. La superficie sferica è equivalente alla superficie laterale del cilindro equilatero circoscritto ad essa. L’area della superficie sferica si ottiene moltiplicando per quattro l’area del suo cerchio massimo: Proprietà. Una sfera è equivalente a un cono avente per altezza il raggio della sfera e per raggio di base il diametro della sfera. Il volume della sfera si ottiene moltiplicando per il cubo del suo raggio: superficie laterale superficie totale volume Cilindro Cono Tronco di cono Piramide qualsiasi Stot = Slat + Areabase V = Areabase * altezza / 3 Piramide retta regolare Slat =2P base * a / 2 Stot = Slat + Areabase V = Areabase * altezza / 3 superficie sferica volume Sfera Solidi regolari (solidi platonici) Definizione: Un solido regolare è un poliedro convesso che ha per facce poligoni regolari congruenti e che ha tutti gli spigoli e i vertici equivalenti. I solidi regolari sono solo 5! Infatti, soltanto il triangolo equilatero, il quadrato e il pentagono regolare possono essere facce di poliedri regolari; infatti in un vertice di un poliedro devono convergere almeno 3 facce che non stiano sullo stesso piano; quindi la somma dei loro angoli deve essere inferiore a 360°. RETTE: La retta è un insieme infinito di punti e si dice orientata quando viene stabilito su di essa un verso positivo che sarà indicato con una freccia. Una retta orientata si chiama anche asse. Se sulla retta orientata si fissa un punto O, questo divide la retta in due semirette: la semiretta positiva di origine O è quella che contiene tutti i punti che si incontrano a partire da O percorrendola nel verso della freccia, l’altra è la semiretta negativa. Si consideri una retta orientata su cui vengono fissati l’origine O e un secondo punto P (oltre all’unità di misura u). La misura del segmento OP prende il nome di ascissa del punto P. L’ascissa del punto P è quindi un numero reale positivo, negativo o nullo a seconda che il punto P appartenga alla semiretta positiva, alla negativa oppure coincida con l’origine O: ad ogni punto della retta si associa un numero reale; si è così stabilita una corrispondenza biunivoca tra i punti della retta r e l’insieme dei numeri reali. CIRCONFERENZA: Si definisce circonferenza il luogo dei punti del piano per i quali è costante la distanza da un punto fisso detto centro. L’equazione normale della circonferenza x2 + y2 + ax + by + c = 0 Si definisce: Centro della circonferenza: C = ( Raggio della circonferenza: r = √ ELLISSE: L’ellisse è il luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la somma delle distanze da due punti fissi detti fuochi. Siano F1 (-c,0) e F2 (c,0) i due fuochi e indicando con 2a la somma delle distanze di un punto P dagli stessi due fuochi F1 e F2 si ha che l’ellisse è il luogo dei punti P tali che: PF1 + PF2 = 2a Se i due fuochi hanno le seguenti coordinate: F1 (-c,0) e F2 (c,0), ovvero se si trovano sull’asse x, entrambi a distanza c dall’origine degli assi in modo che l’origine O sia il punto medio del segmento F1F2, l’equazione canonica (o normale) dell’ellisse è la seguente: Siano a e b rispettivamente il semiasse maggiore e il semiasse minore e c la semidistanza focale, la relazione che lega tali parametri è: a2 – c2 = b2 L’eccentricità dell’ellisse è data dal rapporto tra la semidistanza focale e il semiasse maggiore: e = PARABOLA: La parabola è il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da un punto fisso detto fuoco e da una retta fissa detta direttrice. L’equazione generale della parabola con la direttrice orizzontale parallela all’asse x è: y = ax2 +bx + c Essendo = b2 – 4ac si definiscono:  le coordinate del fuoco F =  l’equazione della direttrice è y =  Il vertice V = ) IPERBOLE: L’iperbole è il luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la differenza da due punti fissi detti fuochi. Indicando con F1 e F2 i due fuochi e con 2a la differenza delle distanze di un punto P dai due fuochi si ha che l’iperbole è il luogo dei punti P tali che: PF1 – PF2 = 2a Se i due fuochi si trovano entrambi sull’asse delle x a distanza c dall’origine degli assi, l’equazione canonica dell’iperbole è la seguente: Siano a e b rispettivamente il semiasse maggiore e il semiasse minore e c la semidistanza focale, la relazione che lega tali parametri è: c2 = b2 + a2 L’eccentricità dell’iperbole è data dal rapporto tra la semidistanza focale e il semiasse maggiore: e = Si definisce asintoto della curva una retta a cui una curva si avvicina indefinitamente. L’iperbole possiede sempre due asintoti e, se esso ha equazione canonica, i due asintoti sono individuati dalle seguenti equazioni: e Un’iperbole si dice equilatera quando i due asintoti sono perpendicolari tra loro. Dispensa di Matematica di base - FUNZIONI Pag. 1 FUNZIONI In fisica, lo studio di molti fenomeni porta allo studio matematico di grandezze variabili (indicate con le lettere x, y, z…) e di grandezze costanti; in molti casi, la variazione di una grandezza comporta la variazione di un’altra. Tali relazioni sono descritte matematicamente dalle funzioni, relazioni che legano due grandezze variabili in modo che, assegnati dei valori arbitrari a una di essere, risultino univocamente determinati i corrispondenti valori dell’altra: in pratica, di tratta di una corrispondenza univoca che, a un elemento di un insieme di partenza, associa uno e un solo elemento di un insieme di arrivo. Nel caso di funzioni numeriche, in cui gli insiemi sono insiemi numerici, si ha che, rigorosamente, dati due insiemi non vuoti , , si chiama funzione da a una qualsiasi relazione matematica che, a ogni elemento , detto variabile, fa corrispondere uno e un solo elemento , detto immagine di ; in simboli, . Il fatto che il valore vari “in funzione” del valore (ossia delle precise variazioni di corrispondono a delle variazioni di esplicitate dalla funzione) si scrive nella forma . In pratica, la funzione è data da un’equazione che stabilisce una precisa relazione matematica tra la variabile e l’immagine . L’insieme , ovvero l’insieme di tutti gli elementi per cui la funzione è definita, si dice dominio o campo di esistenza della funzione; mentre l’insieme delle immagini di tutti gli elementi di si dice codominio.  Una funzione si dice iniettiva se ogni elemento di è immagine di un solo elemento di , ovvero se a distinti elementi di fa corrispondere distinti elementi di .  Una funzione si dice suriettiva se ogni elemento di è immagine di almeno un elemento di (eventualmente più di uno).  Una funzione si dice biunivoca o biiettiva se è sia iniettiva che suriettiva. Dispensa di Matematica di base - FUNZIONI Pag. 2 Se il dominio è costituito da tutto l’insieme dei numeri reali, si può prendere un qualsiasi e trovare la funzione di ; a volte, però, la funzione non è definita in tutto , ma solo in un suo sottoinsieme che è il campo di esistenza della funzione. Esempio: data la funzione il denominatore ovviamente non può essere nullo, cioè dev’essere , quindi . Il dominio di sarà quindi { }. Nei casi più complicati, in cui la funzione è una “combinazione” di varie espressioni elementari, per trovare il campo di esistenza bisogna risolvere un sistema di più equazioni e/o disequazioni. Esempio: data la funzione √ dev’essere { quindi { quindi { }. Ora, data la relazione , si ha che a un valore corrisponde un solo valore , quindi la coppia è una coppia di numeri reali. Prendendo tutti i valori ammessi dal dominio, e le corrispettive funzioni, ognuna di tali coppie piò essere rappresentata in un sistema di riferimento cartesiano ortogonale, grazie a cui è possibile stabilire, graficamente, le relazioni tra valori numerici , nell’asse delle , e valori numerici , nell’asse delle . Rappresentando sul piano tutti i punti , si ottiene una curva che è il grafico della funzione. Esempio: Studiare il segno di una funzione significa trovare i valori della per i quali la funzione risulti, rispettivamente:  Positiva tale che  Negativa tale che Esempio: Funzione positiva quando quindi quando oppure . Invece, per quanto riguarda le intersezioni del grafico con l’asse , semplicemente si risolve l’equazione . Tali valori, infatti, si chiamano zeri della funzione, ovvero tutti i valori del dominio per cui la funzione è zero. Dispensa di Matematica di base - FUNZIONI Pag. 3 Ora, una funzione si dice:  Crescente nel suo dominio se, tali che si ha che .  Strettamente crescente nel suo dominio se, tali che si ha che .  Decrescente nel suo dominio se, tali che si ha che .  Strettamente decrescente nel suo dominio se, tali che si ha che . Inoltre, il grafico può anche avere una certa simmetria:  Funzione pari, dove  Funzione dispari, dove Anche la “forma” del grafico può ripetersi a intervalli regolari: in questo caso si parla di funzione periodica, con periodo (minima “lunghezza” dopo cui la funzione si ripete) se si ha che , con numero intero. Dispensa di Matematica di base - FUNZIONI Pag. 6 Tutte le funzioni sono in forma di un polinomio si dicono funzioni polinomiali. Queste funzioni sono definite per ogni valore reale, dunque il loro dominio è sempre tutto . In base alla loro formula generale , con , , , , … numeri reali detti coefficienti, il grafico può avere ogni tipo di forma. I casi in cui compare solo l’esponente maggiore si dicono funzioni potenza. Funzione costante Funzione lineare (retta) Funzione quadratica (parabola) con pari Funzione cubica Con dispari Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI Pag. 1 Dispensa di Matematica di base ESPONENZIALI E LOGARITMI Le classiche regole per le potenze con esponente intero o razionale sono: dato :    Se l’esponente è positivo e intero: volte  Se l’esponente è negativo e intero: ⁄  Se l’esponente è positivo e razionale: ⁄ √  Se l’esponente è negativo e razionale: ⁄ ( ⁄ ) ⁄ ⁄ √ Esempi: ( ) , ( ) ( ) , ⁄ √ , ⁄ ⁄ √ √ E’ anche possibile, però, definire una potenza con esponente reale, come ad esempio √ , avendo però cura che la base sia sempre positiva. In generale, si definisce potenza di un numero reale con esponente positivo: se , è quel numero reale maggiore di tutte le potenze di con esponenti razionali che approssimano per difetto, e minore di tutte le potenze di con esponenti razionali che approssimano per eccesso; se , è quel numero reale maggiore di tutte le potenze di con esponenti razionali che approssimano per eccesso, e minore di tutte le potenze di con esponenti razionali che approssimano per difetto. Esempio: √ E, se l’esponente è negativo, ; definendo, inoltre, e . Con tali condizioni, il valore di una potenza è sempre positivo, cioè . Inoltre, si capisce che, all’aumentare dell’esponente reale , la potenza :  Aumenta se , cioè  Diminuisce se , cioè Quindi, si può definire la funzione esponenziale come quella funzione che, data una base positiva, a ogni associa la sua potenza, cioè , con , in cui il dominio è , e il codominio è , essendo . Il valore viene detto base, e il valore reale viene detto esponente. Proprietà: sono le stesse del classico calcolo con le potenze.  Prodotto di potenze con stessa base:  Quoziente di potenze con stessa base:  Potenza di potenza:  Prodotto di potenze con stesso esponente:  Quoziente di potenze con stesso esponente: ( ) Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI Pag. 2 Esempi: ; ( ) ( ) ⁄ ( ) ; ; ( ) ( ) ( ) ; ( ) ( ) ⁄ ( ) √ Il grafico di tale funzione viene chiamato curva esponenziale. Tale curva assume andamenti diversi a seconda che la base sia minore o maggiore di , ma in ogni caso passa per il punto , poiché per qualsiasi valore di a.  : la curva ha una crescita esponenziale in quanto, al crescere di , è sempre maggiore. Ad esempio, data , si ha che: ⁄ ⁄ ⁄ ; Da notare che, per valori di sempre più piccoli, tendenti a , l’esponenziale tende a .  : la curva ha una decrescita esponenziale in quanto, al crescere di , è sempre minore. Ad esempio, data ( ) , si ha che: ⁄ ⁄ ⁄ ; Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI Pag. 5 ⁄ ⁄ ⁄ ; Da notare che, per valori di sempre più vicino a zero, il logaritmo tende a : ci vogliono valori sempre più piccoli affinché una base , elevata a tali valori, si avvicini a .  : la curva si trova tutta a destra, essendo il dominio { } e, al crescere di , è sempre minore. Ad esempio, data , si ha che: ⁄ ⁄ ⁄ ; Anche, per valori di sempre più vicino a zero, il logaritmo tende a : ci vogliono valori sempre più grandi affinché una base compresa tra e , elevata a tali valori, si avvicini a . Essendo il logaritmo la funzione inversa rispetto all’elevamento a potenza, per basi , se nella potenza vi era una crescita sempre maggiore della funzione (ovvero la crescita della funzione “accelerava” sempre di più avanzando con le ), nel logaritmo invece vi è una crescita sempre minore (ovvero la crescita della funzione “decelera” sempre di più avanzando con le , pur senza mai fermarsi), e tale fenomeno è tanto più accentuato quanto è maggiore. Per basi , invece, accade il viceversa. Riguardo invece altre particolari funzioni:  [ ] esiste nel campo di esistenza di se e solo se Esempio: data deve essere nel denominatore, e inoltre deve essere quindi oppure . In definitiva, dominio = { }. Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI Pag. 6 Un particolare tipo di equazione è dato dalle equazioni logaritmiche, in cui l’incognita compare nell’argomento di almeno un logaritmo. Un primo metodo per risolverle consiste nel portare l’equazione nella sua forma normale, ovvero , sapendo che . Esempio: . Il campo di esistenza è { { ⁄ . Ora, ( ) ( ) (non va bene) oppure (va bene). Un altro metodo consiste nell’utilizzo di un’incognita ausiliaria. Esempio: con dominio = { }. Pongo , e diventa oppure . e Allo stesso modo, si definiscono le disequazioni logaritmiche, anche queste risolvibili scrivendo i due termini come logaritmi nella stessa base, e ricordando che:  Se ,  Se , Esempi: { { quindi { }. { { quindi . Un altro caso è quello delle equazioni e disequazioni esponenziali risolvibili con i logaritmi. Esempi: . ( ) quindi { }. Importanti tecnicamente sono esponenziali e logaritmi in base 10 (ovvero e ). Ancora più importanti e usati sono, invece, esponenziali e logaritmi in base naturale (ovvero la cui base è il numero di Nepero , un numero irrazionale e trascendente), scritti come: Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI Pag. 7 Notare la simmetria dei due grafici, essendo tali funzioni inverse tra loro. 3 Funzioni pari e dispari Sia f : R→ R. Diciamo che f é pari quando: f(t) = f(−t) Diciamo che f é dispari quando: f(t) = −f(−t) Dalle due definizioni possiamo notare che la funzione cosx é pari mentre la funzione sin x é dispari. Esempio: sin (π 2 ) = − sin ( −π2 ) = 1 cos(π) = cos(−π) = 1 Attraverso le definizioni date possiamo affermare il seguente risultato. Le funzioni sin x e cosx sono sfasate l’una dall’altra di una quantitá pari a π2 . sin x = cos ( x− π2 ) Teorema di Pitagora Si consideri il triangolo rettangolo di cateti a,b ed ipotenusa c. Allora vale la seguente relazione: a2 + b2 = c2 Possiamo applicare il teorema di Pitagora per ottenere una relazione molto utile in pratica, che individua un forte legame tra cosx e sin x. Considerando la circonferenza di figura 1, individuato il tringolo rettangolo di cateti cosx e sin x ed ipotenusa 1, otteniamo: sin2 x+ cos2 x = 1 ∀x ∈ R, dalla quale: cosx = √ 1− sin2 x sin x = √ 1− cos2 x Tangente Chiamiamo tangente la funzione tan : R→ R, tale che: tan x = sin xcosx 4 Figura 3: Grafico tan x. La funzione tan x é periodica di periodo π e dispari. Elenchiamo qui alcune formule utili per gli esercizi. cos(x± y) = cosx cos y ∓ sin x sin y sin(x± y) = sin x cos y ∓ sin y cosx sin x− sin y = 2 sin ( x−y 2 ) cos ( x+y 2 ) cosx− cos y = −2 sin ( x−y 2 ) sin ( x+y 2 ) tan(x± y) = tan x±tan y1∓tan x tan y , valida per x 6= π 2 + hπ, y 6= π 2 + kπ, h, k ∈ Z Funzioni invertibili Vogliamo ora analizzare quelle funzioni che ci permettono di andare dal codo- minio delle funzioni trigonometriche al loro dominio (le loro inverse). Funzioni di inversione di sin x, cosx e tan x sono precedute dall’appellativo arc-. Sostanzialmente analizziamo quelle funzioni che fanno un servizio tipo questo: Esempio: sin (π 4 ) = 1√ 2 → arcsin ( 1√ 2 ) = π4 Funzione iniettiva Sia f : R→ R. Diciamo che f é iniettiva quando per ogni valore di x del dominio esiste uno ed un solo y appartenente al codomionio tale che y = f(x). Funzione invertibile Sia f : R→ R. f é invertibile quando é iniettiva e suriettiva Per poter rendere iniettive le funzioni sin x, cosx e tan x, occorre predere ri- spettivamente le seguenti restrizioni del dominio [−π2 , π 2 ], [0, π] e [− π 2 , π 2 ]. 5 Figura 4: In alto a sinistra: f(x) = arcsin x, in alto a destra: g(x) = arccosx ed in basso: s(x) = arctan x. 3 Ripercorrendo il ragionamento fatto per determinare il fattoriale é possibile affermare quindi che per ogni stringa di 5 oggetti esistono 5! stringhe distinte tra di loro. É possibile quindi definire le combinazioni di un insieme di n oggetti in strin- ghe da r oggetti come delle ”disposizioni non ordinate”. Cn,r = n! (n− r)!r! Sono il numero il numero di stringhe, costituite da r oggetti, distinte senza tenere conto dell’ordine. Esempio: 1− 2− 3− 4− 5 2− 3− 1− 4− 5 Volendo contare le combinazioni, sono la stessa stringa poiché gli elementi sono i medesimi {1, 2, 3, 4, 5}. La ”potenza” Si hanno dieci palline numerate e si pensi di estrarre da un urna 1 < n < 10, n ∈ N di queste. Una volta estratta una qualsiasi delle n palline, questa va reintrodotta nell’urna prima dell’estrazione successiva. Estraendo la prima pallina si hanno a disposizione 10 scelte ... Estraendo la seconda 10 .. ... Estraendo la n-esima 10 ... Abbiamo quindi che il numero di stringhe, costituite da un numero di n elemen- ti prelevati da un insieme di 10 oggetti, é: Pn10 = 10n Dove il simbolo Pn10 indica il numero di stringhe costituite da n elementi prele- vati da un insieme di 10 oggetti. Generalizzando ad un insieme di α oggetti, α ∈ N, da cui si estraggono n ele- menti con 1 < n < 10 e n ∈ N, si ottiene: Pnα = αn Prima era stato considerato α = 10. Indici statistici Siamo alle prese con un esperimento, dal quale rileviamo una misura di valore X e unità di misura assegnata. Si ripeta l’esperimento per un numero n di volte, in questo modo tale da ot- tenere n valori di X differenti. Chiamiamo Xi il valore della misura rilevata all’i-esima volta in cui è stato ripetuto l’esperimento. Assumiamo che Xi ≥ 0 e dividiamo il semiasse reale positivo in intervalli di lunghezza 10, come in figura 1. Quello che si vede in ordinata nel grafico di figura 1, è una grandezza chiamata Figura 1: Definizione di frequenza frequenza. Essa è il rapporto tra il numero di volte che il valore della misura X cade in uno specifico range ed il numero di volte in cui l’esperimento é stato effettuato. Ad esempio, eseguendo un numero ”molto alto” di prove (talvolta centinaia, ma il molto e il poco sono concetti relativi per cui vanno sempre messi in re- lazione con qualcos’altro) possiamo ottenere un grafico tipo quello di figura 1, dove é possibile dedurre che il valore di X risulta compreso tra 20 e 30 con una frequenza pari a 0.45. Per ottenere il valore 0.45 é stato effettuato il rap- porto tra il numero di volte in cui il valore di X era compreso tra 20 e 30 e il numero di prove totali. Affermiamo quindi il seguente risultato: Il valore della frequenza é un numero compreso tra 0 e 1. 4 5 Un altro concetto molto importante per caratterizzare il camportamento alea- torio di una certa misura in un esperimento é quello di media. Si chiama moda il valore della misura X con frequenza più elevata. Prendiamo l’esperimento precedente, da cui ricaviamo la misura X, di valo- re ed unitá di misura assegnata. Si eseguano un numero n ”molto elevato” di prove, e chiamiamo Xi il valore della misura X alla i-esima ripetizione dell’esperimento. Otteniamo quindi n valori distinti di X: X1, X2, X3, ..., Xn Chiamiamo media del campione di n misure effettuate, la seguente quantità: X̄ = ∑n i=1 Xi n É quindi un indice statistico che fornisce informazioni sul valor medio che la grandezza misurata assume dopo un numero n di misurazioni. Piú propriamente la media qua definita prende il nome di media aritmetica, poiché il peso di ogni valore Xi é costante per ogni i e corrisponde ad 1n . Si chiama mediana diX il valore al di sotto del quale cadono la metá dei valori campionari. In figura 2 sono riportate le grandezze appena definite. Fin ora abbiamo indicato quegli indici statistici detti di posizione (moda, me- Figura 2: Moda, mediana e media. dia, mediana). Andiamo invece adesso a definire quegli indici statistici che sono detti di di- spersione. Si pensi di avere n dati statistici X1, X2, X3, ..., Xn. Un parametro importante per lo studio di tale distribuzione é il range, che si calcola come: r = Xmax −Xmin
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