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Appunti Medicina interna, Appunti di Medicina Interna

Appunti esame medicina interna

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 30/05/2020

picuuuu
picuuuu 🇮🇹

4.4

(17)

19 documenti

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Scarica Appunti Medicina interna e più Appunti in PDF di Medicina Interna solo su Docsity! 1 MEDICINA INTERNA – EBM La patologia autoimmune negli ultimi anni è diventata estremamente frequente. Spesso il paziente con patologia autoimmuna tende a sviluppare una serie di altre patologie. Mentre prima erano tutte patologie autommuni organo specififiche (colpivano un solo organo), ora non sono più organo specifiche. Fra tutte c’è l’artrite reumatoide, che si presenta con quadri svariegati, e a volte associata a psoriasi. Prima la psoriasi era considerata esclusivamente una patologia cutanea, ora esiste una variante autoimmune che prende il nome di l’artirite psoriasica, in cui il paziente presenta psoriasi e artrite. Queste patologie sono aumentate come il diabete e l’ipertensione, le quali sono dovute al nostro cambiamento di stile di vita: facciamo poca attività fisica, è aumentato il numero delle persone in sovrappeso, abbiamo una vita stressante, seguiamo pessimi regimi alimentari (al di la della quantità si è modificata la qualità). “uno studio condotto a Lamezia ha dimostrato come le abitudini di vita quali l’alimentazione, si sono modificati i fattori di rischio come l’ipertensione,l’obesità e il colesterolo, facendo così venir fuori i livelli di incidenza dell’infarto del miocardio, che erano alla pari di quelli anglosassoni che erano già avanzati rispetto a noi” ANEMIE L’anemia spesso viene ERRONEAMENTE come la riduzione di globuli rossi ma se consideriamo i soggetti microcitemici da una conta dei GR rileveremo lo stesso numero di GR presenti in una persona sana o addirittura un numero maggiore; definiamo per tanto l’anemia è come la riduzione della quantità di emoglobina presente nei globuli rossi circolanti. L’emoglobina è una proteina fondamentale per la nostra vita, poiché ha la capacità di trasportare l’ossigeno (insieme al glucosio è di fondamentale importanza per la vita) legando in maniera riversibile, e ha un’affinità tale da permettergli di rilasciandolo a livello tissutale. Costituisce il 30% dell’eritrocita, cellula senza nucleo, a forma di lente biconcava, e plastica; questo gli permette di penetrare nelle fenestrature dei capillari ma è una capacità che via via si riduce esistono infatti nell’organismo degli organi emocateretici come la milza che distruggono i globuli rossi invecchiati (la vita media dei globuli rossi è di 120 giorni), che hanno dunque perso la loro capacita plastica. L’emoglobina è costituita da una componente proteica che è la globina e 4 gruppi prostetici definiti gruppo eme. Mentre il gruppo eme è uguale in tutte le specie animali, le globine invece sono differenti anche nel processo di oncogenesi che va dall’embrione fino al soggetto adulto. Quello che differenzia una emoglobina dall’altra è il tipo di catena globinica che la costituisce. Vi sono alcuni tipi di malattie in cui vi è il persistere dell’emoglobine che sono prodotte in una fase precoce dell’oncogenesi e questo modifica la caratteristica di rilascio dell’ossigeno, perché mentre nella vita fetale l’ossigeno arriva anche grazie all’emoglobina materna e l’affinità non (?)deve essere alta ma, nell’adulto se abbiamo dei GR che legano l’ossigeno ma non hanno la capacità di rilasciarlo nei tessuti, abbiamo un deficit di perfusione di ossigeno nei tessuti. 2 Questa è la struttura classica dell’emoglobina, presenta:  gruppi eme  le catene globiniche α1 e α2 e β1 e β2 che identificano la forma dell’emoglobina più frequente nell’adulto, che è l’emoglobina A. A partire dalla 3 settimana di gestazione vi è l’aumento di catene alfa che sono quelle che caratterizzano l’emoglobina A2 (presente in tracce nell’organismo) e la A. le catene beta invece cominciano ad aumentare alla 36’ settimana di gestazione, alla nascita si ha l’incremento e solo dopo la nascita raggiungo il livello di produzione di catene alfa; a partire dalla 18’ settimana di nascita avremo che la maggior parte di emoglobina nel nato è l’emoglobina definitiva. Man mano che aumentano le beta diminuiscono le gamma che costituiscono l’altro tipo di emoglobina che è l’emoglobina totale. Noi nel corso della nostra vita presentiamo diverse catene globiniche: - Emoglobina A. è costituita da catene alfa (più breve) e beta (più lunga). - Emoglobina A2. È costituita dalle 2 catene alfa e 2 catene beta, queste ultime a partire dalla 2’ fase rimangono in percentuale bassa e sono rispettivamente di 146 aa e 146 aa con disposizione differente (omologia di struttura). Molto spesso basta la mutazione di un amminoacido per modificare la conformazione e quindi la perdita di funzione o di guadagno. Infatti distinguiamo le mutazioni con lost function o gain function. Questo meccanismo è alla base del cancro, oltre al fatto che fattori come radiazioni, amianto ne predispongono l’insorgenza. - Emoglobina F (fetale) o emoglobina embrionaria. È costituita da 2 catene alfa e 2 gamma, sono quelle che al momento della nascita si abbassavano di colpo fino a scomparire, perché nel feto predomina questo tipo di emoglobina mentre nell’adulto è presente solamente in parte. Quella embrionaria è detta gover 1 e gover 2 a seconda della fase in cui la consideriamo, e sono catene diverse da quelle alfa e beta. Quando poniamo diagnosi di anemia? Vi sono dei range molto dissimili fra di loro, poiché non tutti si adeguano agli standard internazionali creando comunque dei problemi di integrazione ai danni del paziente. I valori comuni sono: - Donna 12 – 15 mg/dl - Uomo 13 – 16 mg/dl un valore al di sotto di questi ci permette di porre diagnosi di anemia. Normalmente nella donna in età fertile (quando hanno le mestruazioni ogni mese, ecco perché noi diciamo che le donne sono più 5 dell’ileo e per poter avvenire ciò essa deve legarsi al fattore intrinseco prodotto dalle cellule parietali gastriche. Se dovesse mancare questo fattore allora distinguiamo le anemie perniciose e perniciosi formi. Il fattore intrinseco è ridotto in condizioni particolari come farmaci gastroprotettori (inibitori di pompa) l’anemia perniciosa vera e propria è dovuta alla mancanza di fattore intrinseco per una base autoimmune in cui gli anticorpi attaccano o le cellule parietali dello stomaco e quindi vedremo nell’esofagastroduodenoscopia un’atrofia gastrica, o attaccano il fattore intrinseco. Nei casi perniciosi formi il fattore intrinseco non è prodotto perché magari interveniamo chirurgicamente nello stomaco e quindi le cellule parietali dello stomaco non sono abbastanza per produrre fattore intrinseco. Molto spesso l’anemia perniciosa si associa anche alla celiachia la quale ha avuto un notevole incremento nella popolazione. Oggi facciamo diagnosi di celiachia andando a ricercare anticorpi anti-endomisio, anti- gliadina e anti-transglutaminasi e confermandola con biopsia mentre si il paziente fa una dieta contenente glutine. Il paziente ha dei miglioramenti se gli si elimina il glutine: riprende la crescita se è bambino, e se è adulto scompaiono i disturbi gastrointestinali. L’anemia perniciosa si associa a tiroidite di Hashimoto che è una delle patologie più frequente in assoluto, dovuta alla presenza di anticorpi anti-tireoglobulina e anti-tireoperossidasi che vanno ad attaccare tessuto tiroideo determinando 4 diverse condizioni: 1) Perché l’infiltrazione può non determinare la distruzione della ghiandola e la manifestazione del gozzo; 2) Poi vi sono forme lesive delle cellule tiroidee (tirociti) nella quale il tessuto si sostituisce con tessuto fibrotico e questa ghiandola tende a rimpicciolirsi (variante atrofica); 3) si può avere la condizione in cui la ghiandola è infiltrata ma la quantità di ormoni prodotti è ancora sufficiente all’organismo e si ha la condizione di Tiroidite di Hashimoto con gozzo in eutirodismo; 4) L’infiltrazione determina una produzione di ormoni tiroidei non sufficiente e si crea la condizione di ipotiroidismo subclinico con TSH aumentato e fT3 e fT4 nella norma, oppure ipotiroidismo manifesto con sintomi e TSH e fT3 e fT4 aumentati. Possono essere di tipo giovanile o dell’adulto. Molto spesso con un quadro di anemia sideropenica dopo essere trattato si manifesta come una quadro di anemia perniciosa perché se vi sono disturbi intestinali come il morbo celiaco allora vi saranno disturbi anche a livello del ferro, soprattutto nelle donne perché quando si ingerisce il ferro non è adeguato a sopperire alla carenza dovuta al ciclo mestruale e si evidenzia la anemia sideropenica, quando supplementiamo l’anemia sideropenica viene fuori la perniciosa. Che percentuale c’è che una tiroidite di hashimoto possa provocare un’anemia? L’anemia perniciosa dopo i 30 anni non si manifesta a meno che la carenza di vitamina B12 non sia molto evidente. Siccome la sintomatologia non correla con l’anemia perché è di tipo cronico e quindi possiamo slatentizzare l’anemia solo con indagini di laboratorio, il paziente può rimanere senza una diagnosi per un periodo anche lungo. Nel caso delle donne l’80 % presenta la tiroidite di Hashimoto, di quest’80% le sintomatiche sono solo il 15% poiché spesso è compensato e senza gozzo. Se si fanno le indagini abbiamo gli anticorpi aumentati, nell’ecografia ci sono le alterazioni morfologiche della tiroidite di H. con ghiandola disomogea, con aspetto a zolle ma la funzione tiroidea può rimanere stabile per tutta la vita anche. Ogni volta che si identifica una anemia perniciosa, o una celiachia si dovrebbe fare il titolo anticorpale sia per le patologie autoimmuni organo specifiche ovvero ovaio, surrene, ipofisi e anche gli anticorpi anti nucleo, antimitocondrio, antimuscolo liscio per eliminare le patologie non organo specifiche. Ancora, gli anticorpi anti-GAD, anti-Insula per valutare la possibile comparsa di un diabete di tipo I (se è giovane), o di un LADA (se è vecchio): è una forma di diabete come il tipo I solo che si manifesta in età adulta. 6 Avere gli anticorpi può voler dire che non necessariamente il soggetto svilupperà il diabete di tipo I. come ci sono vari pazienti con diabete di tipo IB, in cui il paziente ha la sintomatologia del diabete ma senza anticorpi. Anche la vitiligo si può associare ad anemia. Caratteristiche molto suggestive della malattia sono la glossite della lingua, di afte recidivanti a livello del cavo orale, diarrea e quindi malassorbimento e la “----- angolare”. Ci può essere una neuropatia di tipo sensitivo e motorio, poiché manca l’acido folico. Altri segni sono la tachicardia e l’astenia, cefalea a casco (non è definibile) e quando si tratta di bambini uno dei disturbi è la difficoltà a mantenere l’attenzione o l’inappetenza nei neonati. Ci può essere il pallore cutaneo. In anemie avanzate ci può essere la claudicatio intermittens (marcia che si arresta per dolori al polpaccio). Ci può essere dolore toracico simil anginoso, poiché in un paziente con deficit coronarico all’aumentare la frequenza cardiaca avverte un dolore come l’angina pectoris. La cute diventa secca e anelastica (segno della tiroidite di Hashimoto insieme alla caduta dei capelli e alla fragilità delle unghia). Nelle donne in età fertile può essere presente un segno che è la difficoltà nell’avere rapporti sessuali poiché si avverte dolore a livello della mucosa con mancata lubrificazione. Quindi fate attenzione alle mucose perché ci indicano realmente lo stato del paziente, poiché alcuni pazienti scuri di carnagione potrebbero avere anemia o un paziente chiaro di pelle potrebbe non averla. Le forme perniciose Sono tutte quelle condizioni in cui il fattore intrinseco manca perché mancano le cellule che lo producono, o vi è un’alterazione a livello del sito intestinale, la vitamina B12 non viene assorbita. Rientrano nelle anemie perniciosi formi quei casi in cui si pratica gastrectomia, in particolare le gastrectomie totali; in passato la gastrectomia era molto frequente, prima che fossero messi in commercio i farmaci anti-H2 come la cimetidina, la ranitidina e la fomotidina, molti finivano in sala operatoria e molto spesso facevano recidiva e dovevano essere rioperati. Oggi raramente i soggetti con ulcera gastrica vengono operati. La gastrectomia totale riservata a casi come tumori, quella parziale anche in casi speciali come nell’obesità (chirurgia bariatrica o metabolica). L’obesità è una patologia complessa. Accanto ai quadri di obesità lieve e moderata vi sono delle forme di obesità severa in cui non vi sono farmaci se non uno che però da una serie di effetti collaterali come la steatorrea (poiché inibisce una lipasi intestinale e quindi inibisce l’assorbimento di tutte le sostanze contenenti lipidi), a parte questo “loristator xenical”. Per cui abbiamo la chirurgia bariatrica che si fa come chirurgia vera e propria: dal bendaggio gastrico alla resezione dello stomaco (slivida strectomy che ha lo scopo di togliere il fondo dello stomaco e gran parte della curvatura retrinizzando lo stomaco stesso), oppure al bypass gastrico o alla gastric glication che è l’ultima che si fa per via laparoscopiche (con una cucitrici si va a fare una slivida strectomy che però è parzialmente reversibile). Oppure interventi più gravi quali l’intervento nel saccuto da Scopinaro che è un chirurgo di Genova, esso determina una diversione bileo-pancratica e in questo caso non abbiamo solo il problema dello stomaco ma viene resecata una porzione abbastanza ampia dell’intestino. Siccome vengono resecati intestino e stomaco tali soggetti sono portati ad assumere vitamina B12 per via intramuscolare. Quelli che fanno la diversione bileo-pancreatica sono soggetti con obesità grave tale da non poter vivere, ma dopo l’intervento divengono soggetti carenti in ferro, vitamina B12, calcio e fosforo; molti dei farmaci che prendevano per bocca li devono assumere per via endovenosa o intramuscolare perché è alterato il processo assorbitivo. Anche il morbo di Chron crea un problema di assorbimento e a differenza della rettocolite ulcerosa che presenta lesioni ulcerose, esso ha un esordio proprio come ileite con ispessimento della parete dell’ileo. Quindi o per l’ileite o per le complicanze del morbo di Chron poiché esso ha un interessamento della parete 7 a tutto spessore e questo comporta la possibilità di fistolizzazione che avvengono fra organo e organo (enterocori) o enterocutanee e quindi l’intervento che fa fatto è di tipo chirurgico con resezione del tratto interessato. Così facendo si può avere un quadro di anemia perniciosi forme. Per quanto riguarda la vitamina D, è inutile dosarla perché il 99% delle persone ha la vitamina D bassa e sorge il problema se trattare o meno tali persone. Condizioni per cui non è da mettere in relazione una macrocitosi con un’anemia perniciosi forme: l’alcolismo, la cirrosi epatica, l’ipotiroidismo, la gravidanza e farmaci citotossici soprattutto antiblastici, infatti i pazienti prima del ciclo chemio terapico vengono implementati con acido folico. “la terapia è innanzitutto eziologica, se questa non risolve il problema, si effettua terapia sostitutiva con vitamina B12 o acido folico per via intramuscolare se dovesse esserci un problema di assorbimento intestinale. I tempi di attesa sono piuttosto lunghi, 1 o 2 mesi. Dopo un paio di giorni vi potrebbe essere un miglioramento dei reticolociti. ANEMIE IPOCROMICHE MICROCITICHE Rientrano l’anemia sideropenica, le talassemie. L’anemia sideropenica è la più frequente delle anemie. Prima si credeva che fosse una condizione clinica che è rara nei paesi occidentali, ed è frequente nei paesi in via di sviluppo; essa è legata prevalentemente ad un ridotto apporto di ferro, in particolar modo dei depositi di ferro. La quantità di legumi o carne che si ingerisce è bassa per i soggetti che vanno dall’adolescenza fino ai 35 anni, poiché l’apporto di ferro deve essere maggiore. Nel nostro organismo accanto alla sideremia abbiamo una quantità di ferro di deposito che è quello presente nella ferritina. Se abbiamo una buona ferritina allora il rischio di sviluppare anemia sideropenica è bassa a meno che non ci siano condizioni che prevedono una ferritina molto bassa e il ferro molto basso, come nei casi in cui vi sono dei processi infiammatori importanti, per cui troveremo anemia associata a proteina C e VES aumentate, si ha quindi uno stato infiammatorio cronico e si ha anemia perché a livello midollare l’eritrone non riesce a utilizzare il ferro e non si riescono a produrre GR (si ha ferritina alta e GR bassi). Il deposito carente di ferro è tipico delle donne che hanno il ciclo mestruale abbondante e anemia sideropenica: se supplementiamo con il ferro potremmo ripristinare i valori di sideremia ma non di ferritina e quindi con il ciclo mestruale viene accentuato, specialmente se hanno polimenorrea (ciclo al di sotto dei 21 gg). “non è ereditaria ma familiare, come la talassemia minor che inquadrano una serie di patologie collaterali come i calcoli della colecisti o sindrome dispeptica collegata alle discinesie della colecisti. Sono patologie che nell’ambito familiare sono più frequenti”. Noi abbiamo una quantità variabile di ferro che varia da 4-6 g. è legata al peso corporeo e nella donna che paradossalmente è maggiormente esposta al rischio di anemia sideropenica in seguito al ciclo mestruale, la quantità di ferro è minore rispetto a quella del maschio. Il 70% del ferro nel nostro organismo è contenuto nell’emoglobina, 200 mg sono contenuti nella mioglobina e il resto nella ferritina. Molto spesso consideriamo asintomatici i soggetti che non hanno la sintomatologia classica della sideropenia, ma siccome il ferro è implicato in molte reazioni enzimatiche come le catalasi, ciclossigenasi e l’ossidasi, allora la carenza di ferro può essere espressione di sintomi sfumati come si verifica nei soggetti microcitemici, nei quali si verifica la ipersideremia utilizzando il ferro poco e male. Quando si verifica la iposidermia la sintomatologia che compare è legata alla carenza di ferro e non alla concentrazione di emoglobina perché tali soggetti vivono con l’emoglobina più bassa. La ferritina ha il compito di incamerare il ferro e rilasciarlo nel momento del bisogno, regolando la richiesta e la perdita, quindi sono variazioni legate al sanguinamento o alla perdita di ferro. Nella donna vi sono 4 condizioni fisiologiche in cui si ha anemia e sono la gravidanza (si ha l’emodiluizione – una cosa che si deve fare specialmente quando hanno perdite di sangue è la stimolazione dell’utero), l’accrescimento ( il 10 ARTRITE REUMATOIDE È una malattia autoimmune e come tutte le patologie autoimmuni hanno avuto un notevole incremento negli ultimi anni, questo in parte perché sono state affinate le tecniche diagnostiche in parte perché la causa di queste patologie non è noto (alcuni l’hanno attribuito alle vaccinazioni, che in qualche modo modificano e vanno ad interferire con il normale funzionamento del sistema immunitario). È una malattia sistemica ad andamento cronico ad eziologia sconosciuta; si tratta di unamalattia sistemica perché sono coinvolte tutte le articolazioni (per questo si parla di artrite); sono interessate prevalentemente le piccole articolazioni, soprattutto le articolazioni delle mani e dei piedi, poi con l’evoluzione della malattia, che ha un andamento dalla periferia verso il centro, si può avere un interessamento del polso, del gomito. Contrariamente all’artrite reumatoide, l’artrosi, che un processo cronico, degenerativo, evolutivo, interessa soprattutto le grandi articolazioni ( come l’anca, articolazione scapolo-omerale, ginocchio)e colpisce le persone anziane. L’esordio si ha quindi con l’interessamento delle piccole articolazioni; l’interessamento è continuo e costante e ciò permette di distinguere questa forma di artrite reumatoide dall’artrite che si osserva nella malattia reumatica o febbre reumatica. Artrite della malattia reumatica o febbre reumatica: interessa i soggetti giovani, dopo l’infanzia e nel periodo dopo la pubertà; l’agente eziologico è lo Streptococco β-emolitico di gruppo A, che causa una faringo-tonsillite iniziale e poi interessa le articolazioni accompagnata dalla sintomatologia dell’artrite reumatoide, ma l’unica differenza con l’artrite reumatoide è che l’interessamento delle articolazioni è fugace (non è costante e continuo come per AR), cioè può interessare ad esempio prima il polso, poi passa al gomito; se non curata subentrano le complicanze, non ti tipo articolare, ma cardiaco (interessamento valvolare, pancardite quando interessa tutto il cuore), renale (IRA di tipo renale con la presenza di urine a lavatura di carne di colore roseo), neurologico (Corea o ballo di san vito, che compare in fase tardiva, ed è un’encefalite post infettiva). Oggi è meno frequente, perché prima era più difficile fare diagnosi e venivano usati anche di meno gli antibiotici, quindi lo Streptococco permaneva. Nell’artrite reumatoide si ha un interessamento progressivo nel tempo, un’evoluzione progressiva; prima dei farmaci biologici venivano usati FANS, glucocorticoidi, metatrexate andavano a migliorare la sintomatologia clinica, ma non bloccavano il danno articolare che progrediva, quindi causava una grande disabilità, perché non è più una limitazione funzionale (come era all’inizio) ma col tempo si verificava un’anchilosi, cioè la fusione dei 2 capi articolari e quindi venivano impediti molti movimenti, e si rendevano necessari, nei casi più gravi, degli interventi chirurgici di artroprotesiper mobilizzare l’articolazione.Questa terapia ha quindi come complicanza, soprattutto a causa dei glucocorticoidi, il diabete, l’ipertensione, l’osteoporosi e quindi anche fratture patologiche che comportano l’allettamento che induce il rischio di tromboembolismo e quindi della possibile comparsa di ulcera da decubito e polmoniti da stasi. L’AR ha una distribuzione ubiquitaria nel mondo; è più frequente nelle donne e ha 2 picchi di incidenza, uno tra 20-25 anni e l’atro intorno ai 45 anni. Colori i quali avevano un esordio precoce avevano una prognosi peggiore. È una malattia molto invalidante ed anche il tasso di mortalità è molto alto, e soprattutto ha un costo socio-economico elevato perché essendo una malattia cronica il soggetto deve effettuare terapia cronica: il costo sociale sta nel fatto che se questi pazienti lavorano sono costretti a perdere dei giorni lavorativi, oltre anche ai costi elevati della terapia. È vero che i farmaci biologici costano tantissimo, ma è 11 anche vero che essi bloccano il danno a livello articolare e quindi la progressione della malattia; essi non sono sintomatici, cioè non provocano sintomi collaterali, come gli altri farmaci; ciò che si perde in termini di costo con i farmaci biologici, si guada perché non causano complicanze, riducono la disabilità e quindi si riduce anche l’impatto sociale, perché il soggetto può continuare a lavorare. Per tali effetti si sta pensando di usare i farmaci biologici come prevenzione, nelle forme precoci , per bloccare la comparsa del danno articolare. EZIOPATOGENESI L’AR è una patologia autoimmune e la patogenesi è su base multifattoriale; colpisce i soggetti che sono geneticamente predisposti a sviluppare la malattia autoimmuni, ma la malattia non si sviluppa finchè non intervengono dei fattori che innescano la malattia, in quanto tali fattori, secondo meccanismi ancora non del tutto chiari, vanno ad attivare il sistema autoimmune stimolandolo a produrre autoanticorpi; tra questi fattori vi sono: - Fattori ambientali - Fattori infettivi, tra i quali un ruolo importante hanno i virus tra i quali i virus della rosolia, EBV - Stress, ma non è del tutto chiaro il suo impatto sull’individuo; spesso le patologie autoimmuni avvengono in presenza di un evento stressogeno maggiore, come un trauma grave, uno schock, una perdita di una persona cara FATTORI GENETICI + FATTORI AMBIENTALI E La presenza nel sistema maggiore di INFETTIVI istocompatibilità HLA DR 4 rende il soggetto soprattutto i virus suscettibile, ma non è detto che svilupperà la malattia stimolano il sistema autoimmune che causa: INFIAMMAZIONE mediata dall’attivazione di una serie di linfociti; la malattia è espressione dello sbilanciamento di 2 tipi di citochine: - Delle citochine anti-infiammatorie (come l’interferone, IL-10) oppure - Delle citochine pro-infiammatorie (come TNFα, IL-11, IL-6) 1 IL: interleuchina 12 Sulla base di questi meccanismi che sono responsabili della malattia sono stati fatti i farmaci biologici; le diversità nell’ambito della stessa malattia è dovuto al fatto che la malattia è espressione dell’alterazione di differenti citochine: se si trattano i pazienti ad esempio bloccando le citochine pro-infiammatorie, come TNFα, IL-1, IL-6, non è detto che si avrà una risposta, poiché la malattia di quel paziente potrebbe essere espressione di una riduzione delle citochine anti-infiammatori, come l’interferone e IL-10. TNFα: ha un ruolo centrale perché l’attivazione di tutte le citochine e IL passa attraverso l’attivazione del TNFα; per questo il primo bersaglio della terapia biologica sono proprio gli anticorpi anti-TNFα, bloccando l’attivazione di questo fattore e tutte le sue funzioni. MECCANISMO PATOGENETICO Il meccanismo patogenetico che porta alla comparsa della sintomatologia clinica è l’infiammazione delle sinovie, mediata da macrofagi, linfociti T e B. FASE INIZALE: stimolo sinovociti, si passa poi alla formazione del panno sinoviale e alla fine alla comparsa dell’erosione a livello della cartilagine FASE CRONICA: proliferazione dei fibroblasti nelle sinovie, responsabile del danno articolare Nella fase iniziale, la cosiddetta fase EARLY, viene effettuata Rx che risulta completamente negativo; per questo motivo, non potendo fare la RM a tutti i pazienti, si effettua una metodica più semplice che è l’ecografia articolare, che permette di diagnosticare questa fase early della malattia. Questa fase iniziale è quasi asintomatica, e si caratterizza, dal punto di vista patogenetico l’infiammazione della sinovia determina: 1. Stimolo alla proliferazione dei sinoviociti, che formano del nuovo tessuto e affinchè il tessuto possa sopravvivere è necessario la formazione di nuovi vasi 2. Stimolo alla neoangiogenesi, 3. Richiamano altre molecole, come neutrofili e linfociti T e B, che fanno persistere l’infiammazione e quindi persiste l’aumento dei sinoviociti che portano poi ad un accumulo dei sinoviociti, formando un panno sinoviale, che è proprio un inspessimento dei sinoviociti, che limita la mobilità 4. Attivazione di altre molecole, ovvero le cellule deputate alla distruzione ossea, che sono responsabili dell’erosione ossea, che causano il danno articolare vero e proprio, quindi il blocco articolare. SINTOMATOLOGIA E SEGNI L’AR si presenta con il quadro tipico dell’infiammazione: - Calore; - Rossore; - Dolore, presente sia spontaneo sia alla digitopressione; - Tumefazione, con modificazioni delle mani; - Limitazione della capacità funzionale, che compare alla fine, finchè non si giunge poi alla anchilosi, ovvero al blocco articolare, quindi all’annullamento permanente nei movimenti dell’articolazione. Uno dei segni anche se oggi meno frequente è la deformità a collo di cigno. 15 FARMACI BIOLOGICI Essi bloccano la progressione della malattia e l’evoluzione verso la disabilità in quanto agiscono bloccando il danno articolare. Vengono somministrati per via infusionale o sottocutanea; effettuate in regime ambulatoriale. Gli effetti collaterali sono diversi, possono essere anche gravi. AR ARTI INFERIORI Possibile associazione con le vasculiti. Inoltre quando si formano i noduli di tipo vasculitico siccome il piede subisce una notevole pressione può andare incontro ad ulcerazione. SEGNI EXTRARTICOLARI DELL’AR ARTICOLARI: - Dolore e tumefazione - Limitazione dei movimenti - Disallineamento articolare SISTEMICI - Anemia - Febbre - Perdita di peso - Stanchezza quando compaiono questi segni la malattia da - Dolore mattutino articolare diventa extrarticolare - Secchezza oculare - Coronoropatia - Ulcere - Vasculite - Sindrome del tunnel carpale. ARTRITE REUMATOIDE TRATTAMENTO CON FARMACI BIOLOGICI FARMACI BIOLOGICI  Artrite Reumatoide è una condizione cronica progressivamente evolutiva che porta nel lungo termine alla disabilità e inabilità del pz. Lo scopo della terapia è duplice  alleviare il dolore attraverso un trattamento farmacologico sintomatico.  bloccare i danno articolare (SCOPO PRINCIPALE) determina la progressione della malattia. Esistono diverse tipologia di farmaci che possono agire in maniera sintomatica i quali venivano utilizzati secondo la tecnica STEP WICE (BY STEP Gradino per gradino) prima si partiva dai FANS per poi passare ai cortisonici, ai quali si associava una terapia di fondo (NON si capisce il nome), che aveva lo scopo di indurre un’azione immuno-modulatrice (metotrexate) sul processo legato alla produzione di auto-anticorpi cercando di intervenire sia sulla sintomatologia della malattia, sia sulla progressione per bloccarla. FANS + GLUCOCORTICOIDI  trattamento sintomatico; 16 FANS  di cui si sfruttavano le proprietà analgesiche e antinfiammatorie, hanno una buona efficacia sul controllo sintomatologico, ma non agiscono sul decorso e quindi sul danno articolare  la malattia evolve cmq. Da un punto di vista sintomatologico le differenze delle differenti classi di FANS sono legate alle potenzialità analgesiche del farmaco. GLUCOCORTICOIDI  possono essere utilizzati in diverso modo; somministrato per OS si inizia con alte dosi di farmaco (DOSAGGIO) poiché si deve bloccare il processo infiammatorio, per poi regredire progressivamente fin quando non si raggiunge la dose minima efficace, ovvero la quantità minima di farmaco che riduce la sintomatologia del processo infiammatorio a carico delle articolazioni, riducendo anche gli effetti collaterali. Hanno un’azione importante sul dolore poiché hanno una migliore azione analgesica rispetto ai FANS ma possono determinare diversi effetti collaterali, quali:  perdita di massa ossea, predisponendo il paziente a osteoporosi  SE USATI IN CRONICO  possono indurre l’insorgenza di o ipertensione arteriosa o Diabete mellito di tipo II; possono anche slatentizzare una forma di ridotta tolleranza hai carboidrati ??? Id mars terapia di fondo (non si capisce)  azione immuno-modulatore; uno dei farmaci più utilizzati era il metotrexate, ma non è il sono poiché il pz può diventare poco responder o possono insorgere effetti negativi che spingono il medico ad utilizzare altre tipologia di farmaci, ad esempio sulfasarazina COMUNQUE FARMA INEFFICACI NEL TRATTAMENTO DELLA CAUSA DELLA MALATTIA. Notevoli passa avanti nel trattamento della malattia sono stati fatti con lo sviluppo di tecniche di biologia molecolare che hanno permesso ai ricercatori prima di individuare, poi di caratterizzare le cause delle malattia e di effettuare ricerche traslazionali, ovvero il passaggio dal dato di laboratorio all’applicazione clinica, grazie all’uso di farmaci biologici, i quali vengono utilizzati non solo nel caso di artrite reumatoide, ma in tutte quelle patologie nelle quali intervengono il TNFα e il network citochinico, dunque nelle patologie in cui si ha un meccanismo eziopatologico simile; ricordiamo che le patologie autoimmuni riconoscono un substrato genetico comune, sul quale si vanno ad innestare una serie di fattori ambientali (stress) o fattori di tipo virale, che innescano la risposta di tipo autoimmune,QUASI SEMPRE caratterizzato dal coinvolgimento del TNFα e dei network citochinici; per cui in tutte le patologie dove sono state individuate diverse citochine coinvolte possono essere utilizzati questi farmaci. Azioni più importante  blocco selettivo delle citochine responsabile della malattia  si interviene per tanto sulle cause delle malattia, bloccando i fattori responsabili della distruzione articolare e anche migliorando la sintomatologia clinica. Ancora purtroppo non si hanno dati nel lungo termine, che non consentono di valutare l’efficacia a 20 anni della terapia, ma la presenza di più farmaci danno buone speranza nell’efficacia anche a lungo termine. La terapia biologica risulta molto efficace nella cosiddetta fase EARLY, (precoce) poiché determinano l’arresto dei fenomeno infiammatori e non, modulati dall’attività osteoclastica a livello articolare ed osseo, responsabili del danno articolare. FARMACI BIOLOGICI, ESEMPI: STUDI PER LA RICERCA DELLE NUOVE MOLECOLE Caratterizzazione delle caratteristiche chimico-fisiche della molecola Studi in vitro primo gradino per la molecola per essere messo in commercio Fase 1 (campione piccolo) Fase 2 A e B Fase 3 I Farmaci Biologici sono un gruppo di proteine prodotte con tecniche di biologia molecolare quindi tecniche di ingegneria genetica, in particolar modo attraverso DNA ricombinante, che sono capaci di andare 17 a simulare l’azione di proteine umane o interagire con proteine circolanti nell’organismo, o con particolari recettori, di superficie o nucleari, e bloccare in maniera specifica la proteina e/o i recettori, impedendo:  Al ligando di legarsi al recettore  Al recettore di essere attivato Bloccano gli effetti della proteina stessa perdita di funzione VS stimolazione del recettore, sulla quale gli attuali studi farmacologici sono rivolti; studi di citochine antinfiammatori. I farmaci più utilizzati sono:  Anticorpi monoclonali  tre tipologie o Chimerici  sono costituiti da una parte umana e da una parte murina; il limite di questi anticorpi è la parte murina, può essere riconosciuta come non-sefl, determinando una possibile reazione immunologica, con la conseguente produzione di anticorpi-anti- autoanticorpi, per cui dopo una prima fase di efficacia del farmaco, man mano che aumenta il titolo anticorpale, diminuisce; Infliximabremicade 1° e più utilizzato non solo in patologia articolari; somministrazione ev. NB per evitare la formazione di auto anticorpi, il sistema autoimmune viene immunomodulato attraverso la somministrazione di Metotrexate a basse dosi. L’associazione c’è sempre. o Umanizzati  numero di sequenze murine è estremamente ridotto o Umani  la sequenza murina non è più presente, “assemblati ” completamente con tecnica di DNA ricombinante  Proteine recettoriali di fusione  Sono costituite da 2 componenti diverse ed hanno la capacità e lo scopo di interferire con le citochine coinvolte nei processi infiammatori; nello specifico riconoscono specifiche proteine recettoriali bloccandone la funzione DUE TIPOLOGIE DI APPROCCIO con meccanismo d’azione completamente diverso  che permette di modificare la terapia qualora essa sia inefficace nel controllo della malattia, offrendo dunque un trattamento efficace anche a lungo termine. Evitiamo che ci sia la refrattarietà al trattamento farmacologico. Le molecole coinvolte nel processo che portano alla formazione del panno sinoviale e alla conseguente distruzione dell’articolazione sono diverse :  Linfociti  Mediatori dell’infiammazione, ad esempio o Interleuchine (tutte le classi che agiscono qui diversi siti bersaglio)  TNFα La citochina, qualunque essa sia, agisce secondo il modello di interazione ligando recettore; giunge al sito bersaglio con il quale interagisce, (interazioni diverse in base al tipo di recettore membrana) determinando l’attivazione di una serie di eventi a livello intracellulare, che sono responsabili dell’effetto biologico della citochina stessa; nell’artrite reumatoide sono coinvolte diverse mediatori:  Interleuchina 1  Interleuchina 6  Tn α Possiamo neutralizzare la citochina in 2 modi per mezzo di ANTICORPIMONOCLONALI vs citochine:  Assenza del segnale  anticorpo monoclonale che si lega alla citochina e ne impedisce l’interazione con il recettore. 20 - Permettere al paziente di raggiungere uno stile di vita il più possibile normale, questo è possibile maggiormente nei pazienti con diabete mellito di tipo 1 che sono soggetti giovani; - Evitare complicanze legate al trattamento, soprattutto l’IPOGLICEMIA:soprattutto quando vengono utilizzate dei farmaci come le insuline che, se somministrate in dosaggi sbagliati, espongono il paziente al rischio di ipoglicemie. Prima le ipoglicemie erano sottovalutate, considerate una complicanza del trattamento, oggi molti studi dimostrano che possono insorgere anche in soggetti non diabetici e vanno ad agire su una serie di parametri: pazienti non obesi e non diabetici o obesi e non diabetici che hanno ipoglicemie mostrano allungamento tratto QT esponendoli al rischio di aritmie. Studi dimostrano che pazienti che usano ipoglicemizzanti orali o insuline hanno, nell’arco della giornata, crisi ipoglicemiche. Casi di ipoglicemia in pazienti che hanno avuto un precedente IMA sono più gravi perché il cuore, essendo un muscolo, ha bisogno di energia che viene fornita dal glucosio, quindi in condizioni di ipoglicemia invece di utilizzare il glucosio vengono utilizzati gli acidi grassi formando dei prodotti del catabolismo che risultano essere dannosi per il muscolo cardiaco; per evitare queste crisi ipoglicemiche è opportuno mantenere Hbglicata>6,5. TERAPIA DIABETE MELLITO DI TIPO 1 I pazienti non producono insulina quindi e deve essere somministrata; obbiettivo principale è: - Bilanciare e combinare la quantità di insulina con l’apporto calorico, è importante che i pazienti imparino a mangiare, e l’apporto calorico deve essere fornito da carboidrati, proteine e grassi; è necessario effettuare 5 pasti al giorno, per i pazienti che vanno a letto tardi deve essere effettuato un 6° pasto; questo tipo di dieta va bene sia per i soggetti con diabete mellito di tipo 1 che di tipo 2, questo perché mentre quelli con DM di tipo 1 sono insulinopenico, quelli con DM tipo 2 sono iperinsulinemici e per evitare i picchi di insulina che poi non trovano un substrato si può divide l’apporto calorico durante la giornata evitando questi picchi di insulina ed ipoglicemie. La terapia nutrizione deve essere flessibile in modo da permettere un’adeguata attività fisica e l’apporto di insulina deve essere modulato in modo da permettere variazioni caloriche. La terapia insulina effettuata è detta Terapia BasalBolus, che mima le secrezioni fisiologiche di insulina e prevede un’insulinazione basale con insulina ultra-lentae poi fanno 3 somministrazioni di insulina rapida prima dei pasti. L’insulina può portare ad un aumento del peso ponderale di conseguenza è necessario la dose di insulina deve essere aumentata, e come conseguenza aumenta ancora il peso e così via: ecco perché è importante intervenire dal versante nutrizionale. TERAPIA DIABETE MELLITO DI TIPO 2 Obiettivi: - Ridurre i fattori di rischio cardiovascolari 21 - Ridurre insulina resistenza (ridurre la glicemia e aumentare la sensibilità insulinica) attraverso dei farmaci che, piuttosto che stimolare la produzione di insulina, permettano, in questi pazienti che hanno l’insulina elevata, di poter utilizzare al meglio questa insulina a livello dei tessuti; somministrando le sulfaniluree, aumenta l’insulina e diminuisce la glicemia, ma in tal modo si va a spremere in maniera impropria le cellule β accelerando il processo di depauperamento ( di stremare) delle cellule β fino a giungere alla totale incapacità di produrre insulina, e quindi portando il paziente verso la terapia insulinica. La terapia dietetica-comportamentale è importante perché l’insulina resistenza è correlata al peso corporeo, infatti nel paziente obeso il grasso viscerale fa aumentare ancora di più l’insulina resistenza, di conseguenza se attraverso una dieta adeguata si fa perdere del peso al paziente si avrà anche una riduzione dell’insulina resistenza ed utilizzando al meglio l’insulina a livello dei tessuti è possibile controllare al meglio la glicemia. È stato condotto uno studio su pazienti che avevano ridotta tolleranza ai carboidrati (forma di pre-diabete), una parte di questi pazienti furono sottoposti a terapia con metformina (insulino-sensibilizzante) un’altra parte furono sottoposti ad attività fisica e dieta: dopo 2 anni circa la percentuale di pazienti che passò dalla ridotta tolleranza ai carboidrati al diabete era inferiore nei soggetti che facevano attività fisica e dieta e più alta nei soggetti fe assumevano metformina, questo dimostra come è importante l’attività fisica e la dieta. - Dieta bilanciata: proteine, grassi e carboidrati soprattutto complessi (in caso di ipoglicemia la prima cosa che si fa è somministrare glucosio libero che fa aumentare la glicemia e di conseguenza questa va a stimolare la produzione di insulina che va ad agire sul glucosio e quindi il paziente ritorna in ipoglicemia, per mantenere stabile la glicemia si devono dare, dopo il glucosio, carboidrati complessi che stabilizzano la glicemia). - Ridurre quantità di grassi, soprattutto saturi (l’obietti nei pazienti diabetici è un 70<LDL<100) - Ridurre uso di alcool - Migliorare fattori di rischio cardiovascolari - Ridurre il calo ponderale e mantenere la massa muscolare: spesso le diete restrittive fanno perdere massa magra per questo è importante una dieta equilibrata - Aumentare l’attività fisica, non intensa, perché altrimenti è necessaria energia in maniera immediata e viene quindi utilizzato il glucosio, basta anche una passeggiata a passo sostenuto 1 h/die per 5 giorni a settimana, che si vanno a mobilizzare gli acidi grassi; il ruolo dell’attività fisica non è di abbassare immediatamente la glicemia, ma ridurre il grasso viscerale e di conseguenza ridurre l’insulino-resistenza, migliorando l’utilizzo periferico dell’insulina. Dopo 12 settimane di attività fisicasi nota una riduzione dell’Hbglicata del 2,5%(si ha una riduzione maggiore con l’attività fisica rispetto ai farmaci, esclusa l’insulina che riduce l’Hbglicata>2,5%). SVANTAGGI 22 L’insulina è il principale ormone regolatore della glicemia, ma esistono anche altri ormoni controregolatori come glucagone, catecolamine, cortisone, GH, che sono fondamentali, a breve e lungo termine, per controllare i livelli di glicemia. Nel paziente diabetico tali meccanismi controregolatori sono alterati, di conseguenza ciò comporta uno squilibrio neuro-ormonale e quindi uno squilibrio a livello glicemico tra l’insulina e gli ormoni controregolatori. Nel paziente con DM2 la terapia dietetica-comportamentale, ma col tempo la produzione di insulina tende comunque a diminuire, perché è la sensibilità insulinica che tende a diminuire con l’avanzare dell’età. La resistenza insulinica può essere a livello epatico, adiposo o muscolare; nel soggetto anziano si ha a livello muscolare perché si muove di meno, e quindi a livello muscolare il glucosio non viene utilizzato e si crea insulino-resistenza legata alla scarsa richiesta di glucosio a livello del muscolo; nel soggetto anziano quindi il controllo glicemico va a peggiorare sempre di più. Per avere un controllo glicemico è necessario valutare il paziente che si ha davanti, in relazione alla sua storia clinica. TRATTAMENTO FARMACEUTICO Per un lungo periodo di tempo la ricerca farmacologica, per quanto riguarda ipoglicemizzanti orali, è stata abbastanza lenta. Dal 1950 al 2000 c’erano solo 2 classi di farmaci per il trattamento del diabete, a differenza dell’ipertensione, che ha avuto un boom a livello epidemiologico, quindi si è concentrati maggiormente su questo; gli unici farmaci per il diabete erano:  SURFANILUREE, i primi farmaci utilizzati insieme all’insulina per il trattamento del diabete;  METFORMINA, che appartiene alla classe delle biguanidi. Prima veniva utilizzata anche la FENFORMINA, oggi non più utilizzata perché causa acidosi lattica. Dal 2000 l’incremento del diabete ha portato un picco di farmaci, ma con tutti questi farmaci diventa difficile fare una discriminazione in maniera chiara a chi dare tutti questi farmaci, perché ogni paziente diabetico è differente dall’altro. Questo picco di farmaci è dovuto anche ad una maggiore conoscenza della malattia. All’iperglicemia contribuiscono: - Riduzione secrezione dell’insulina da parte delle cellule β - Aumento produzione di glucagone da parte delle cellule α - Aumentata produzione epatica del glucosio, indotta dal glucagone, attraverso glicogenolisi - Alterazioni dell’assorbimento intestinaledel glucosio - Ridotto utilizzo del glucosio soprattutto a livello muscolare, ad esempio nei soggetti anziani - Aumento della glicolisi legata all’obesità 25 eccezione della metformina che va a ridurre il rischio di mortalità cardiovascolare, non vanno ad impattare assolutamente la mortalità cardiovascolare. Per cui alla fine siccome i meccanismi che stanno alla base del diabete sono diversi per avere una terapia ottimale da un punto di vista non solo del controllo glicemico ma del paziente con malattia diabetica l'approccio terapeutico dovrebbe mirare a ricercare il farmaco che da una parte protegga la funzione delle β-cellule, riduca le ipoglicemie e protegga dal rischio cardiovascolare. L'eziopatogenesi del diabete mellito da una parte ha l'insulino-resistenza e dall'altra la disfunzione β-cellule, cioè la perdita della capacità di produrre insulina che, associata a fattori come l'obesità, lo stile di vita inadeguato, va ad indurre la comparsa del diabete. Esiste una fase in cui c'è l'iperglicemia ma non c'è ancora il diabete, il paziente è asintomatico ma quell'iperglicemia è capace di dare danni a livello di vari organi ed apparati e di contribuire nel tempo a quella che è la comparsa delle comorbidità e della mortalità cardiovascolare. Questo si associa alla comparsa dell'insulino-resistenza e con la riduzione dei livelli di insulina e della funzione delle β-cellule. Di questo effetto sono responsabili gli ORMONI INCRETINICI, l'effetto incretinico che va a contribuire alla perdita della capacità della β-cellula di produrre insulina e quindi a determina quella che è la riduzione del livello dell'insulina stessa. Le complicanze micro e macrovascolari sono differenti perché: - le complicanze microvascolari sono correlabili direttamente all'aumento della glicemia e quindi se si controlla la glicemia si riduce il rischio di complicanze cardiovascolari - le complicanze macrovascolari compaiono già nella condizione di obesità perchè all'obesità si associano altri fattori di rischio come l'ipertensione, l'ipercolesterolemia. Nel soggetto sano dopo un pasto aumenta la secrezione di insulina e diminuisce il glucagone. Finora il glucagone non era stato considerato nell'eziopatogenesi del diabete; adesso invece si è visto come nel paziente diabetico aumenta il glucosio, l'insulina è prodotta in misura minore ma contemporaneamente abbiamo un aumento della secrezione del glucagone, quindi il glucagone liberando il glicogeno di deposito a livello del fegato (glicogenolisi) contribuisce alla comparsa dell'iperglicemia. Quindi i fattori responsabili dell’iperglicemia sono: - L'insulino-resistenza - II deficit insulinico - L'alterazione del glucagone - L’effetto incretinico. Questo ha portato allo sviluppo di tutte le terapie che vanno a modulare l'effetto incretinico vale a dire sia gli analoghi dei recettori GLP-1 sia gli inibitori del DPP-4. Mentre al momento non abbiamo in effetti farmaci che possono agire sul glucagone. SULFANILUREE Il meccanismo d'azione delle sulfaniluree è che si legano al recettore di membrana determinando delle modificazione del potenziale d'azione sui canali del calcio e l'aumento della concentrazione 26 intracellulare di calcio aumenta la secrezione insulinica con la scissione della pro-insulina in insulina. Stimolano la secrezione insulinica in maniera glucosio indipendente, cioè indipendentemente dalla concentrazione del glucosio stimolano la secrezione di insulina ed espone al rischio di ipoglicemie (a differenza delle INCRETINE che stimolano la produzione di insulina glucosio dipendente, cioè se la glicemia è bassa stoppano la produzione di insulina (effetto switch on-switch off, accendere-spegnere), preservando dall’ipoglicemia). Le sulfaniluree non sono la migliore classe di farmaci da utilizzare nel pz diabetico. Se consideriamo solamente la glicemia, in un profilo glicemico in 10 momenti della giornata, al pasto il soggetto che non fa uso di farmaci ha una glicemia notevolmente alta, se noi diamo la sulfanilurea riduciamo e anche in maniera soddisfacente i livelli glicemici e questo è dovuto al fatto che aumenta la secrezione insulinica e questo aumento che sembra essere piccolo da un punto di vista funzionale è molto significativo. L'effetto delle sufaniluree è legato alla dose che utilizziamo cioè l'effetto delle sulfaniluree è dose dipendente e questo è importante perchè o si da ad un dosaggio efficace oppure l'efficacia nel tempo suL controllo glicemico risulta essere non quello ottimale. Raggiunta la dose massima efficace se noi aumentiamo il dosaggio possiamo aumentare gli effetti tossici ma non abbiamo alcun vantaggio dal punto di vista terapeutico. Questo si traduce in una riduzione dell'emoglobina glicata anche del 2%. Quindi se consideriamo la glicemia e l'emoglobina glicata il farmaco risulta essere efficace, tuttavia va considerata l'incidenza delle ipoglicemie che è presente, infatti il 20% dei pz si fa più di un episodio di ipoglicemia, soprattutto con la GLIBENCLAMIDE (sulfanilurea) che è al 30%. Le sulfaniluree possono indurre: - Ipoglicemia; - Un aumento di peso che è dovuto al fatto che il soggetto ha un abbassamento dei livelli glicemici per cui se il soggetto tende ad andare verso ipoglicemia inevitabilmente sente il bisogno di mangiare e questo porta ad un incremento ponderale e siccome sono farmaci, soprattutto quelle di prima generazione che portano all'abbassamento della glicemia, i pz sono più volte durante la giornata spinti a mangiare e quindi questo porta un incremento ponderale; - Ritenzione idrica, possono dare l'effetto antabuse (è un farmaco utilizzato per il trattamento dell'alcoolismo e va ad agire a livello epatico trasformando l'alcooldeidrogenasi in acidoacetico che da una sensazione di nausea portando i soggetti che usano l'antabuse a non bere più); - Tossicità miocardica per cui non dovrebbero essere date assolutamente in pz ricoverati in utic e non dovrebbero essere dati nei pz che hanno avuto un IMA; - Fenomeni di epatotossicità; - Insufficienza secondaria perchè distruggono le β-cellula; - Aumentano il rischio cardiovascolare Le controindicazioni all’utilizzo del farmaco sono: - l'insufficienza renale, 27 - il diabete mellito di tipo 1 perchè non si ha più funzione β-cellulare - insufficienza epatica. Esempi di sulfaniluree sono: - GLIBENCLAMIDE - GLIPIZIDE - GLICAZIDE Il dosaggio varia a secondo del tipo di farmaco e alla durata di azione, tutti con un attività non inferiore alle 8ore il che significa che se un pz prende la compressa la mattina alle 8, fino alle 16 il farmaco ha effetto, per cui se il pz dopo la colazione salta il pranzo andrà incontro ad ipoglicemia. A livello cardiaco non possono essere utilizzate perchè si legano ai canali del potassio a livello del muscolo cardiaco e determinano un diminuzione del rilasciamento della muscolatura liscia vascolare e siccome l'angina e l'ima sono caratterizzati da una riduzione della capacità perfusiva a livello del miocardio e quindi vi è una riduzione del livello di ossigeno, se si dà il farmaco che vasocostringe l'arteria coronarica ancora di più si possono avere questi tipi di problemi; aumentano il danno miocardico durante l'ischemia inibendo la capacità del cuore di riprendersi dopo l'evento ischemico. In più sulla β-cellula, nel pz con diabete mellito non insulinopenico che quindi è ancora capace di produrre insulina e abbiamo ancora un equilibrio percentuale tra α e β cellule e quindi insulina e glucagone, se diamo la sulfanilurea andiamo a spremere la β-cellula determinando una riduzione delle β-cellula con uno squilibrio a favore delle α-cellule che quindi hanno un’azione ancora più pro-iperglicemizzante, favorendo una riduzione della capacità secretiva delle β-cellula: il risultato finale è che il diabetico di tipo 2 da non insulinopenico diventa insulinopenico, quindi le sulfaniluree non fanno altro che accelerare la progressione verso la terapia insulinica che diventa a questo punto per tutta la vita, Terapia BasalBolus (1 insulina lenta e tre rapide). Si ha la trasformazione di un diabete di tipo 2 (non insulinopenico) in uno di tipo 1(insulinopenico). Sulla base di tutti questi effetti secondari non sono farmaci da utilizzare nella pratica clinica quotidiana. GLINIDI- DERIVATI DELL’ACIDO BENZOICO (Novonorm) Hanno un azione molto simile a quella delle sulfaniluree, anche qui si legano al recettore però il legame con il calcio è più veloce e il rilascio dell'insulina è più rapido. La differenza è che la durata di azione è molto più breve e permettono di controllare la glicemia post-prandiale; inoltre hanno un tasso minore di ipoglicemia, tranne a dosaggi molto elevati nel lungo termine. Vi sono 2 tipi di glinidi: - REPAGLINIDE, la più efficace; - NATEGLINIDE. La GLIBENCLAMIDE (sulfaniluree) è molto più efficace nel controllo della glicemia a digiuno mentre la REPAGLINIDE (glinide) è più efficacie nella glicemia post prandiale, quindi hanno già una nicchia di pz a cui possono essere somministrati. A livello cardiaco hanno le stesse controindicazioni. 30 INCRETINE Sono ormoni gastrointestinali, secreti in seguito al passaggio del cibo dallo stomaco a livello dell'intestino, abbiamo: - GIP, viene prodotto a livello delle cellule K del digiuno; - GLP-1, viene prodotto a livello dell'ileo e del colon a livello delle cellule L. Se si effettua IVGTT, si somministra il glucosio EV (come l'OGTT ma ev) si avrà una curva glicemica e una insulinemica in cui si dosa il peptide C perchè è più stabile e ci da una misura più fedele; se facciamo prendere il glucosio per bocca la curva glicemica è sovrapponibile a quello dell’IVGTT, quella insulinemica è completamente diversa e rispetto al glucosio somministrato EV abbiamo un aumentata risposta insulinica: questo incremento dell’insulina dopo aver somministrato il glucosio per os è l'EFFETTO INCRETINICO, cioè questa maggiore secrezione è dovuta al fatto che il glucosio passando dallo stomaco all'interno dell'intestino va a stimolare il GLP-1 e il GIP (incretine) che a loro volta agiscono sulle β-cellule e quindi aumentano l'insulina. GLP1 e il GIP sono responsabili del 60%della risposta insulinemica post prandiale in un soggetto normale Nel pz diabetico rispetto al pz normale succede che il picco di secrezione è più basso e il tempo di comparsa dell’insulina è tardivo, quindi la risposta insulinemica post prandiale risulta essere ridotta legata alla mancanza o alla riduzione dell'effetto incretinico: questo perché nei soggetti diabetici c'è una ridotta secrezione di GLP-1, quindi una ridotta risposta incretinica. Tutto è cambiato grazie ad una lucertola, il gilamonsterdell'arizona, nella cui saliva c'è una sostanza che è stata sequenziata e messa nella banca dati del genoma e si è visto che aveva una corrispondenza elevata con il GLP-1; con la differenza che nel sito di clivaggio del GLP-1 umano (sito dove si lega DPP-4) la sequenza amminoacidica del gilamonster era sostituita, così modificando il sito di clivaggio del GLP-1 sostituendolo con la sequenza amminoacidica del gilamonster, l'emivita del GLP-1 risultava più elevata e così sono nate le incretine. Le incretine si dividono in: 1. INIBITORI DEL DPP-4, sono dei farmaci che vanno ad inibire l’enzima DPP-4 (dipeptidil- peptidasi IV) questo perché il GLP-1 nativo viene tagliato e reso inattivo dall’enzima DPP-4, ecco perché l’emivita del GLP-1 nativo è molto breve; attraverso questo farmaco si va ad impedire all’enzima DPP-4 di giungere al sito del GLP-1 e inattivarlo, perché il farmaco va a modificare il sito di clivaggio del GLP-1 dove si lega l’enzima, di conseguenza l’enzima non riconoscendo il sito specifico non va ad inattivare GLP-1; bloccando l’azione dell’enzima DPP-4 si ha una concentrazione costantemente presente e fisiologica di GLP-1 native, prodotte dal nostro organismo (a differenza degli agonisti del recettore GLP-1 dove la concentrazione di GLP-1 è quella farmacologica, cioè quella che viene somministrata); tra questi ci sono:  LINAGLIPTIN(nome commerciale: tradjenda, con la metformina: jentadueto), ha molti vantaggi e ha delle caratteristiche diverse; la percentuale di riduzione dell’Hb- glicata è uguale, ciò che fa la differenza è: 31 - le altre gliptine vengono escrete a livello renale e se il pz ha IRC il dosaggio va modificato, in alcuni casi ridotto in altri eliminato, - il LINAGLIPTIN viene escreto a livello biliare, si può dare a dosaggio pieno nei soggetti con IRC e siccome una delle complicanze del pz diabetico è l'IRC, questo farmaco offre dei vantaggi nella gestione dei pz, e sembra che migliori anche l'IRC.  SITAGLIPTIN  ALOGLIPTIN 2. AGONISTI DEL RECETTORE DEL GLP-1, che si dividono in ANALOGHI ( cioè simili al GLP-1) e MIMETICI (che mimano il recettore GLP-1); ma una classificazione più importante è in base alla durata d’azione in: - Short acting, , utilizzati i pazienti che hanno iperglicemia prevalentemente post-prandiale  EXENATIDE/LAR (questo farmaco è l’evoluzione di Byetta-Exenatide, che aveva un’emivita bassa e doveva essere somministrato 2 volte al giorno per via sottocutanea, questo provocava delle oscillazioni della concentrazione del farmaco, oltre a controllare la glicemia controllava anche la perdita di peso; uno degli effetti indesiderati era la nausea, proprio perché con il farmaco non si raggiungeva un equilibrio ma c’erano delle oscillazioni della concentrazione). L’EXENATIDE/LAR ha un problema legato alla formulazione che è oleosa e pastosa, quindi l’ago è più grande rispetto a quelle delle altre penne, di conseguenza se il paziente non prepara il farmaco in maniera corretta, il farmaco si accumula nel sottocute e forma dei noduli duri e pruriginosi. Questo farmaco, a differenza degli altri, deve essere somministrato solo 1 volta a settimana per via sottocutanea, ovviamente c’è un periodo finestra di circa 2 settimane in cui in farmaco no raggiunge l’equilibrio e la glicemia non è ben controllata, ma una volta raggiunto l’equilibrio il farmaco permette sia il controllo della glicemia sia il controllo del peso (a differenza degli altri farmaci questo fa diminuire il peso). - Long acting, utilizzati nei pazienti che hanno un’iperglicemia mattutina; tra questi ci sono:  LIRAGLUTIDE-VICTOZA: il più utilizzato è un analogo del recettore GLP-1; viene somministrato una volta al giorno per via sottocutanea; permette un ottimo controllo della glicemia ma ha degli effetti extraglicemici che agiscono sul rene, sulla pressione, sui trigliceridi, sul colesterolo 32 LIRAGLUTIDE vs EXENATIDE: In termine di riduzione della glicemia a digiuno la LIRAGLUTIDE (victoza) rispetto all'EXENATIDE è più efficace perché: - riduce la glicemia a digiuno e l’Hbglicata, - espone meno il pz al rischio di ipoglicemia - ha un tasso molto più basso di nausea. La riduzione dell'emoglobina glicata è la stessa tra le varie molecole, pressappoco tra 0.6 e 1 % di riduzione. Quindi se dobbiamo ridurre a 6,5 da una glicata di 8.5 ci riusciamo fino al 40% dei soggetti il che significa che questi farmaci da soli non sono capaci di indurre un controllo glico- metabolico sufficiente e devono essere dati in associazione ad altri farmaci come la metformina che di per se riduce di un altro 1,4-1,5%, utilizzando associazione già precostituite (Janumet ad esempio). Non sono tanto i vantaggi che si hanno quanto la riduzione dei rischi come le ipoglicemie o i rischi cardiovascolari. Le incretine inducono: - un buon controllo glicemico soprattutto in aggiunta alla metformina senza depauperare la β- cellula, - bassa percentuale di comparsa di ipoglicemie, e quando compaiono non sono gravi e possono essere autogestite dal pz perchè non sono gravi, il paziente averte solo sudorazione, tachicardia e tremore che si possono risolvere bevendo acqua e zucchero - riduzione del peso, in misura maggiore LIRAGLUTIDE ed EXENATIDE LAR, in misura minore ad esempio il sitagliptin - riduzione della circonferenza vita e del BMI - riduzione della pressione arteriosa ed una serie di fattori di rischio cardiovascolari come il colesterolo ldl, la proteina c reattiva hs (high sensivity, quella correlata con il danno cardiometabolico). ANTAGONISTI SGLT2 Il SGLT2, è una proteina nei reni detta cotrasportatore sodio-glucosio 2; questi farmaci vanno a bloccare il riassorbimento del glucosio a livello del tubulo contorto prossimale perchè agiscono sul trasportatore di tipo 2; a questo livello viene riassorbito il 90% del glucosio per cui se si blocca il riassorbimento, il glucosio viene riassorbito solo per il 30% e induce la comparsa di glicosuria, di conseguenza si ha riduzione del glucosio plasmatico e riduzione della glucotossicità e quindi anche l'insulino-resistenza. Iil rischio della disidratazione ci può essere solo nei pz anziani che hanno un alterazione nei meccanismi della sete (solitamente dopo i 75 anni). Tra questi farmaci ci sono: 35 - una durata d'azione dose-dipendente, cioè la durata dipende dalla dose di insulina somministrata pro chilo, di conseguenza per avere un effetto prolungato dobbiamo aumentare la dose pro chilo da 0.1 a 1.6 pro chilo e da una parte allunga l'emivita, dall'altra aumenta il rischio di ipoglicemia, di conseguenza per avere il compenso nelle 24 h molto spesso viene somministrata 2 volte al giorno. Somministrando la DETEMIR 2 volte al giorno perdiamo l'unico vantaggio reale che ha la Detemir rispetto alla Gliargina e cioè che fa ingrassare di meno, perchè mentre la Glargina fa aumentare di 2-4kg che fanno la differenza nel pz diabetico perchè aumenta la richiesta di insulina, nel caso della Detemir se la somministriamo due volte al giorno questo vantaggio lo perdiamo. INSULINE REGOLARI. - hanno un’azione più lenta rispetto a quella fisiologica, - l'effetto era molto più basso per cui avevamo un efficacia molto ridotta - azione molto più lunga, che esponeva il paziente alla comparsa di ipoglicemie, quindi quest'insulina non ci mimava assolutamente quello che è l'effetto fisiologico che invece si andava a cercare nel pz. INSULINE ANALOGHI RAPIDE. -LISPRO, Humalog - ASPART, Novorapid - GLULISINA, Apidra. Queste insuline ultrarapide si avvicinano all’obiettivo terapeutico, cioè mimare il profilo fisiologico dell’insulina; nonmimano in tutto e per tutto il picco fisiologico ma hanno un’ampiezza del picco estremamente maggiore, ma con il passare del tempo l'effetto dell'insulina si riduce e non si osservano le ipoglicemie post prandiali tardive. NB. Questi 3 analoghi rapidi (LISPRO, ASPART, GLULISINA)permettono di mimare i picchi d’insulina dopo i pasti; 3 analoghi lenti a lunga durata d'azione (Glargina, Detemir) che ci permettono di mimare l'insulina basale. DEGLUDEC (Tresiba). Ha un meccanismo d'azione diverso, perchè quando noi iniettiamo l'insulina Degludec nel sottocute succede che gli anelli di fenolo si dissociano e questo determina l'aggregazione delle singole catene di insulina fino a formare un multi esamero estremamente lungo, questo si deposita a livello del sottocute dopodichè lentamente si staccano gli anelli di zinco e i vari monomeri tendono a dissociarsi fino ad entrare in circolazione. I vantaggi sono: - l'emivita media è di 25h ma addirittura arriva a 32h quindi significa che realmente abbiamo una molecola che per 24h ha quel livello; adesso si somministra una volta al giorno o addirittura ogni due giorni ma si può somministrare tranquillamente ogni tre, il problema è che deve essere fatta in maniera regolare; 36 - non c'è assolutamente effetto picco, è piatto, così come sono piatte le variazioni glicemiche nell'arco della giornata. Per cui se i dati della pratica clinica confermeranno questi dati avremmo trovato l'insulina che ci fa stare tranquilli almeno fino a 25h. CALCOLO DELLE UNITA’ DI INSULINA Il calcolo delle unità di insulina generalmente si basa su quant'è la secrezione insulinica in un pz insulinopenico quindi di tipo 1 generalmente si fa una quantità che è maggiore di circa 0.5 unità pro chilo (in un pz di 70kg si fanno 35unità), ma si può rendere necessario aumentare fino ad arrivare a 0.8 perchè molto dipende dall'assorbimento, dall'effetto di primo passaggio epatico, addirittura qualcuno arriva ad 1 ma questo significa esporre al rischio delle ipoglicemie. Se abbiamo un pz di 70kg che quindi deve fare 35 unità, bisogna dividerle in modo che il BasalBolus deve essere massimo il 50% rispetto alla rapida (anche se l'ideale per compensare la glicemia a digiuno è quello di avere 40% di basale e 60% di rapida), quindi se abbiamo 35 unità: - la prima cosa è agire sulla glicemia basale quindi a digiuno, modificare l’insulina lenta, e si somministrano 16 unità (50%), - ne rimangono 18 che vanno distribuite con le rapide, e si dividono in base al tipo di alimentazione ad esempio 4 unità a colazione, 8 unità a pranzo e 6 unità la sera, questo se il pz fa colazione; se non fa colazione si può ridurre la quantità. Dopo una settimana si controllano i profili del pz e la prima cosa che vai a modificare non sono le rapide ma la lenta. Quando la lenta si è stabilizzata sui 130-140 mg/dl, si può agire sulle rapide, ricordando che un'unità di insulina riduce la glicemia di 25-30mh/dl. 37 MRGE: MALATTIA DA REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO È determinata dal passaggio del materiale acido gastrico dalla cavità gastrica nell’esofago. Si parla di malattia da reflusso gastro-esofageo e non di reflusso gastro -esofageo perché di per sé il reflusso non è patologico, è la MRGE che è patologica, poiché provoca delle lesioni sulla mucosa esofagea. Il reflusso gastroesofageo è un fenomeno fisiologico che si verifica in tutti i soggetti, ma che di norma non determina danno alla mucosa né una sintomatologia specifica, grazie a dei meccanismi fisiologici che tendono a limitare gli effetti del reflusso acido sulla mucosa esofagea. Si parla di malattia da reflusso gastro esofageo quando il numero di reflusso, la quantità di materiale refluito e il contatto tra materiale gastrico e mucosa esofagea è continuo e costante tale da causare lesioni a livello dell’esofago e determinare la comparsa di una sintomatologia clinica evidente. Il reflusso oltre ad essere gastrico può essere costituito anche da bile e quindi un reflusso alcalino, in questo caso i soggetti pur facendo terapia con inibitori di pompa protonica non migliorano la sintomatologia clinica perché si tratta di un reflusso alcalino che va a provocare modificazioni sulla mucosa esofagea. EPIDEMIOLOGIA È una malattia molto frequente che nella pratica clinica è spesso sottostimata soprattutto nei giovani; presenta una varietà di sintomi clinici che portano i pazienti verso altre diagnosi, soprattutto quando si presenta in forma atipica può mimare altre condizioni cliniche. La prevalenza è uguale nei 2 sessi. Un picco di incidenza si ha tra i 35-45 anni. PATOGENESI Esistono dei fattori che predispongono alla comparsa della malattia: - la presenza di fattori aggressivi che vanno a ledere la mucosa esofagea; - la riduzione dei meccanismi fisiologici di difesa contro il reflusso gastrico. I meccanismi fisiologici di difesa contro il reflusso acido sono importanti in quanto tutti, soprattutto la notte o quando si ha una posizione supina dopo un pasto , hanno dei reflussi di materiale gastrico, e questi meccanismi fisiologici tendono a limitarne il passaggio di materiale acido o comunque a tamponare l’effetto dell’acido a livello della mucosa esofagea.Questi meccanismi cercano quindi di proteggere la mucosa esofagea, che ha una composizione diversa da quella dello stomaco: mentre lo stomaco è fisiologicamente 40 La sintomatologia è varia e spesso si possono avere, soprattutto nei primi episodi della malattia diagnosi, delle diagnosi differenziali. SINTOMI TIPICI: 3 sintomi principali:  PIROSI, è una sensazione di bruciore e/o fastidio che dall’epigastrio si può estendere a livello del collo ( a livello retro-sternale);spesso descritta come qualcosa che sale e scende dall’esofago e come una sensazione di aria ghiacciata; compare nel 70-90% dei casi; si manifesta soprattutto in posizione supina e dopo i pasti, proprio ad indicare che in quel momento passando il materiale gastrico dallo stomaco all’esofago c’è l’azione lesiva dell’acido sulla mucosa esofagea. La pirosi è accentuata da alcune: - aumento della pressione endoaddominale, ad esempio nei pazienti obesi, che sposta l’angolo di His favorendo il reflusso - bevande gassate - caffè - succhi di agrumi - liquidi troppo caldi o troppo freddi, che vanno a provocare lesioni sulla mucosa esofagea e a lungo tempo potrebbe portare alla comparsa dell’esofago di Barrett che poi evolve verso il cancro dell’esofago (nei paesi Orientali che bevono molto thè caldo l’incidenza del cancro all’esofago è molto alta); mentre le bevande molto fredde possono causare sincope2 da ingestione di sostanze troppo fredde;  RIGURGITO, avvertito come un gusto amaro o acido in bocca; avviene in posizione supina ma negli obesi può comparire anche nell’atto di allacciarsi le scarpe perché aumenta la pressione intraddominale che favorisce il reflusso; tra i sintomi è quello che può comportare dei problemi, poichè siccome spesso avviene in posizione supina e di notte senza che il paziente se ne accorga, esponendo il paziente ad una complicanza importante, ovvero la polmonite ad ingestis, causata dal passaggio del materiale gastrico nelle vie aeree superiore e quindi nel polmone;  DOLORE, compare nel 10% dei casi, e compare con le caratteristiche tipiche dell’angina pectoris e anche la localizzazione è uguale (regione retro-sternale, irradiazione alla regione mammaria e all’arto superiore: forma tipica) SINTOMI ATIPICI:Esistono delle forme di malattia in cui la sintomatologia è molto differente da quella tipica e spesso il paziente giunge, ad esempio, dall’otorino, dal cardiologo in quanto presenta sintomi non gastrointestinali come: - Manifestazioni ORL: disfonia (difficoltà a produrre la voce) o raucedine (modificazione del tono di voce), spesso presenza un abbassamento del tono di voce soprattutto al mattino; globo faringeo, sensazione di ostacolo a livello della faringe; laringite cronica persistente, dovuta al fatto che durante la notte il reflusso giunge addirittura fino all’istmo della fauci, determinando un’irritazione persistente a livello della mucosa laringea, e addirittura sembra che la MRGE per lo stimolo 2 SINCOPE: perdita improvvisa di coscienza, senza segni premonitori e reversibile; spesso è breve e basta il sollevamento degli arti inferiori e aumentare l’ apporto di ossigeno a livello celebrale per avere la ripresa della coscienza SINCOPE CARDIODEPRESSIVA: si ha una riduzione importante della frequenza cardiaca e il paziente diventa bradicardico e poi si può passare ad asistolia; in questo caso non serve sollevare gli arti inferiori ma necessita di una manovra BLS; per questo è necessario reperire i polsi 41 irritativo sulla laringe, possa avere un ruolo importante, da punto di vista eziopatogenetico, per la comparsa del carcinoma della laringe; - Afte nella bocca (ulcera dolorosa nella bocca dovuta alla rottura della mucosa); - Tosse cronica persistente soprattutto la notte e al risveglio, si tratta di una tosse secca, stizzosa e non produttiva; - Crisi asmatiche; - Singhiozzo - Eruttazione - Alitosi, soprattutto al mattino - Cardiopalmo e sudorazione profusa che compaiono la notte - Scialorrea, aumentata produzione di saliva per cercare di tamponare l’azione acida del reflusso - Disfagia, inizialmente è lieve legato all’azione lesiva sulla mucosa esofagea, ma è anche legato ai possibili fenomeni cicatrizzialie quindi i processi riparativi delle lesioni della mucosa portano alla sostituzione con tessuto fibrotico che causa una stenosi; la disfagia può essere per i liquidi e/o per i solidi, o paradossa, cioè solo per i liquidi e non per i solidi; - Aritmie, perché il passaggio di materiale gastrico può fungere da “spina irritativa” a livello cardiaco (questo vale anche per patologie della colicisti, dove compare una sintomatologia cardiaca anzicchè gastroenterica) - Anemia sideropenica, quando la malattia persiste per lungo tempo e quindi ci può essere una lesione  SINTOMI DA COMPLICANZE: - Disfagia severa - Emorragia, se sono presenti delle ulcere. DIAGNOSI Si vanno a valutare le lesioni a livello della mucosa esofagea: - Rx esofago- PASTO BARIDATO: nell’epoca pre-endoscopica la diagnosi non si faceva con la EGDS ma la diagnosi era radiologica, si effettuava il pasto baridato: si faceva ingerire al paziente il bario e poi si facevala manovra di Trendelemburg , cioè una volta ingerito il bario il paziente veniva capovolto a testa in giù e si vedeva la quantità di bario che passava nell’esofago (cosiddetta “coda di topo”); - EGDS, attraverso la quale la diagnosi viene effettuata in base alla presenza di lesioni (irritazioni, esofagite, ulcere) a livello della mucosa dell’esofago Viene effettuata quando l’EGDS è negativa per la MRGS ma si ha il sospetto di NERD, e si va a valutare il reflusso: - pHmetria, una metodica che oggi viene effettuata meno frequentemente, e va a valutare il pH esofageo nelle 24 h;consiste nel posizionamento di un SNG dotato di un manometro che permette di registrare l’acidità dello stomaco e dell’esofago; si valutano eventuali modificazioni del pH tali da far porre diagnosi di NERD. Spesso se il reflusso compare esclusivamente in posizione supina e di notte, il paziente per lungo tempo si si accorge di avere un reflusso patologico e in questo caso la malattia si evidenzia solo quando compare la sintomatologia legata alle lesioni sulla mucosa esofagea o alle complicanze (esofagite, ulcera). 42 TRATTAMENTO La terapia mira ha: risolvera la sintomatologia, guarire le lesioni, prevenire recidive e complicanze. Prima terapia da mettere in atto è di tipo dietetica-comportamentale: - Non distendersi subito dopo i pasti - Evitare tutti quei cibi che possono ridurre il tono dello sfintere esofageo inferiore; - Ridurre l’obesità - Sollevare la testa del letto, per impedire risalita del materiale gastrico; - Evitare bevande gassate, caffè, spezie, grassi, limone, cioccolato, menta, fumo, alcool, thè - Evitare movimenti che aumentano la pressione intraddominale FARMACI: - Anti-acidi, cha hanno azione tampone; - Inibitori di pompa protonica (IPP), sopprimono la secrezione gastrica; per svolgere la loro azione devono giungere a livello gastrico e qui agiscono sulle cellule parietali che secernono HC, in particolare a livello della pompa protonica, inibendole e riducendo la secrezione acida. - Anti-H2 Nel caso di pazienti che non rispondono agli inibitori di pompa protonica in maniera adeguata, si possono somministrare gli anti-H2 la sera, perché siccome il reflusso è maggiormente presente la notte e in posizione supine, si riduce il la capacità acido gastrica e il paziente sta meglio. TRATTAMENTO CHIRURGICO Effettuato nei casi gravi, dove non c’è risposta al trattamento chirurgico. Prende il nome di FUNDOPLICATIO e viene effettuato in via laparoscopica: consiste nel creare una barriera antireflusso creando una plica sul fundo dello stomaco. 45 anche fare diagnosi differenziale tra l’ulcera gastrica e il cancro gastrico e in questo caso è utile effettuare delle biopsie gastriche multiple nell’ulcera stessa. Ulcera duodenale - Dolore epigastrico post-prandiale tardivo: questo è il motivo perché il pazienti con ulcera duodenale si svegliano la notte con dolore epigastrico - Nausea e vomito, per uno spasmo riflesso del piloro COMPLICANZE EMORRAGIA-STENOSI- PERFORAZIONE- CANCERIZZAZIONE: sono complicanze certe che si manifestano se l’ulcera non viene trattata 1. EMORRAGIA: è la complicanza più frequente e più grave nel corso di ulcere che si manifesta nel 15- 20% dei casi; è più frequente nell’anziano che fa uso maggiore di FANS (che favoriscono formazione e sanguinamento dell’ulcera) e per la maggiore incidenza dell’HelicobarterPylori; può essere: - Acuta, si manifesta con sanguinamento massiccio e clinicamente si presenta con melena e nei casi più gravi con shock ipovolemico; - Cronica, si manifesta con perdite di sangue di grado modesto ed intermittente che può essere diagnosticato attraverso la ricerca di sangue occulto nelle feci; dal punto di vista clinico si manifesta con anemia da carenza di ferro. L’unica terapia in caso di emorragia è il SNG per eliminare il sangue nello stomaco o l’intervento chirurgico con resezione dell’ulcera, quando è di dimensioni tale da poterlo permettere, oppure si effettua un agastro-resezione della porzione di stomaco ulcerata. 2. PERFORAZIONE: avviene in genere per l’erosione lenta della parete gastrica o duodenale in seguito alla penetrazione progressiva dell’ulcera; è una condizione rara ma drammatica, si presenta con dolore addominale improvviso e violento, rischia di andare in shock ipovolemico; Può essere: - Libera, se si apre nel peritoneo causando una peritonite diffusa acuta che si presenta con improvviso dolore addominale, vomito, nausea, paralisi intestinale; può essere diagnosticata attraverso l’esame obiettivo, ovvero palpazione (addome rigido), percussione (area nello stomaco), auscultazione (silenzio, paralisi intestinale); - Coperta, se la perforazione prosegue negli organi adiacenti caratterizzata da un dolore epigastrico continuo e intrattenibile. Il trattamento può essere non chirurgico (SNG, inibitori pompa protonica, anti-acidi) o chirurgica, in base alle condizioni del paziente viene effettuata una sutura (i caso di piccole perforazioni), gastro- resezione o exeresi. 3. STENOSI: è una complicanza abbastanza frequente nel caso di localizzazione pilorica dell’ulcera; in seguito all’ulcera vi è la cicatrizzazione, non si ha una restituzione integra, con riformazione del tessuto lesionato in tessuto normale, ma vi la formazione di tessuto fibrotico, si forma una cicatrice. La cicatrice tira e si ha un’alterazione del normale profilo che determina una stenosi a livello pilorico, quindi il cibo non riesce passare. Sintomi tipici sono nausea e vomito. 4. CANCERIZZAZIONE: è l’evoluzione tardiva dell’ulcera cronica; col tempo possono andare incontro a cancerizzazione e quindi può evolversi verso un cancro; non è detto però che sia l’ulcera che evolve in cancro perché può anche essere che sia il cancro che provoca l’ulcera. Questa complicanza si verifica per l’ulcera gastrica, non per quella duodenale. 46 ENDOSCOPIA Ulcera peptica: Forma ovoidale, la restante mucosa dello stomaco è normale Carcinoma gastrico: Forma irregolare, sembra uno stomaco rigido, anaelastico DIAGNOSI - Rx tubo digerente-PASTO BARIDATO: esame radiologico attraverso l’assunzione per via orale di un mezzo di contrasto, cioè il bario; oggi non più utilizzata perché, siccome viene effettuata sotto blanda sedazione o attraverso uno spray anestetico, e i pazienti rifiutano di farla; viene effettuata a volte in pazienti anziani che non possono effettuare EGD; permette di individuare la sede dell’ulcera ma non fornisce nessuna informazione sulla natura dell’ulcera - EGDS, che permette di visualizzare la lesione ulcerosa e di effettuare biopsie (importante nella diagnosi differenziale tra ulcera gastrica e cancro) - L'eco-endoscopia è una metodica importante che permette di eseguire un’esplorazione ecografica della parete dello stomaco e delle regioni circostanti mentre si esegue l’EGDS, grazie all'applicazione di una piccola sonda a ultrasuoni sulla punta dell'endoscopio; fornisce importati informazioni sull’interessamento della parete ed eventuale interessamento degli organi contigui - Sangue occulto nelle feci: non ha alcuna valenza perché non è un esame specifico, infatti se il sangue occulto è positivo bisogna fare comunque l’EGDS, mentre se è negativo non è detto che il paziente non abbia una lesione - L’UREA BREATH TEST (UBT): per verificare la presenza dell’HelicobacterPylorie per evitare recidive; consiste nel far assumere al paziente la sostanza urea marcata con carbone radioattivo, dopo aver assunto l’urea lo si fa respirare nella provetta, tali provette vengono analizzate dallo SPETTOMETRO DI MASSA che ci indica se c’è o meno il carbonio metabolizzato, indicando così se il batterio è presente o no nel nostro organismo; per verificare invece se ci sia infezione di H.pilory il metodo più frequente è quello di effettuare la biopsia durante la gastroscopia, prelevare il campione e inviarlo nella provetta con la formaldeide che valuterà l’istologo, e un’ altra provetta con ureasi per verificare se nello stomaco è presente o meno l’H.pilory ( se all’interno la provetta cambia colore vuol dire che c’è il batterio). TERAPIA Terapia comportamentale: è innanzitutto importante ridurre o eliminare quei fattori che possono irritare la mucosa gastrica o peggiorare l’ulcera Terapia medica: - Anti-H2: primo farmaco che è stato messo in commercio è la Cinetidinache ha ridotto gli interventi chirurgici, poiché prima i pazienti con ulcera peptica venivano sottoposti a chirurgia; oggi però è più utilizzata la Ranitidina(dose di attacco: 300 mg/die per 4 settimane, poi 150 mg/die per altre 4 settimane prima di fare valutazione endoscopica) che viene solitamente effettuata la sera - Inibitori di pompa protonica: esiste una larga scelta in base al paziente; non sempre ben tollerati dal paziente; generalmente quando si fanno gli anti-H2 gli inibitori di pompa si da 1 compressa al 47 die alla mattina; sono più efficaci rispetto agli anti-H2 perché determinano una guarigione rapida ma soprattutto duratura dell’ulcera - Antibiotici, per eradicare l’HelicobacterPylori per brevi periodi, anche se non sempre si riesce ad eradicarlo - Anti-acido (Idrossido d’alluminio e Idrossido di magnesio) che non bloccano le secrezioni gastriche ma le neutralizzano; sono poco utilizzati perché richiedono molte somministrazioni e non danno un effetto duraturo Terapia chirurgia: oggi la chirurgia per l’ulcera viene riservata a pochissimi casi, cioè a quei pazienti che: - non rispondo alla terapia farmacologica - vanno spesso incontro a recidive - hanno complicanze (stenosi, fistolizzazione, emorragia o perforazione) MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALE (MICI) La denominazione di malattie infiammatorie croniche intestinali viene usata per indicare condizioni morbose caratterizzate da un processo infiammatorio cronico che colpisce una o più sezioni dell’intestino (in particolare colon). Si verifica una risposta abnorme del SI intestinale verso componenti della flora batterica che si sviluppa in soggetti predisposti geneticamente: in caso di infiammazione acuta mentre in un soggetto sano si avrà una risposta immunitaria e una risoluzione spontanea, in un soggetto predisposto, con un’alterazione della funzione immunitaria della mucosa intestinale, si verifica una risposta immunitaria abnorme e si instaura una infiammazione cronica. Con il termine MICI si intendono 2 tipi di patologie: RETTOCOLITE ULCEROSA (retto e colon con presenza di ulcere) e MORBO DI CRHON. Sono entrambe patologie con elevato impatto sociale ed esordio precoce, decorso clinico recidivante, che comportano problemi psicologici, limitazioni lavorative, e anche possibili complicanze, che possono portare il pz a sottoporsi nell’arco della sua vita a numerosi interventi chirurgici per asportare pezzi o l’intero colon.Incidenza 5-6 casi/100000 (in Italia) maggiore fra II e III decade di vita, non differenza fra i due sessi, familiarità, invalidanti specie se recidivanti. FUMO  protettivo nei confronti della retto colite ulcerosa (probabilmente unico caso registrato in medicina di effetto benefico del fumo), RADDOPPIA le probabilità di malattia in caso di morbo di crohn. Maggiore aumento di retto colite ulcerosa rispetto al morbo di crohn GENERICAMENTE aumento sostanziale di patologie che rispondono ad una causa autoimmune. FATTORI PREDISPONENTI :  retto colite ulcerosa  HLA-DR2 gene coinvolto nella comparsa della.  morbo di crohn HLA-DR1 e HLA-DQ5 geni coinvolti nella comparsa del;  NOD2 aumenta la suscettibilità del soggetto nei confronti della malattia, ma non è un’alterazione puntiforme, determina polimorfismo  si ha maggiore suscettibili per tutte le patologie (40% dei pz presenta un’alterazione a livello di questo gene). MECCANISMO EZIOPATOGENETICO:  eziopatogenesi non è conosciuta per nessuna delle malattie autoimmuni, per tanto si ripete lo stesso “quadro”; 50  Moderata  Grave NB 15% dei casi la sintomatologia è estremamente ingravescente con un decorso fulminante (pochi casi) in questo caso risulta interessato l’intero colon. Diarrea GRAVE  sia per il numero di scariche sia per la quantità di sangue. COMPROMISSIONE SISTEMICA MOOOLTO IMPORTANTE  diarrea  disidratazione + anemia molto severa + perdita di albumina  edemi (diversa localizzazione) + squilibrio idroelettrolitico La malattia va monitorata in quanto può avere complicanze anche gravi, per questo è importante distinguere le diverse fasi della malattia. Esordio SUBDOLO  prima manifestazione  diarrea muco-ematiche (nella prima fase può essere ASSENTE il sangue); possono verificarsi episodi di rettorragia sangue rosso vivo. (Muco purulenti  feci nel morbo di crohn, cmq dipende dall’estensione della malattia + localizzazione) FASE ATTIVA  diarrea ematica, rettorragia, dolore addominali; SEGNI SISTEMICI  disidratazione (conseguenza della diarrea), febbre (conseguenza dei processi infiammatori) calo ponderale (mal riassorbimento), anemia sideropenica (sanguinamento abbondante)  tachicardia (meccanismo compensatorio). COMPLICANZE: Complicanze :  Megacolon tossico: dilatazione abnorme della parete del colon e di conseguenza si verifica atania (perdita del tono muscolare) che causa accumulo e ristagno di feci e metaboliti tossici quadro più grave Tossinemia grave (aumento delle concentrazioni ematiche e tissutali di sostanze di scarto; passaggio di tossina per diffusione). Il paziente si presenta con diarrea ematica, dolore addominale, febbre e disidratazione; GRAVE  condizione che può evolvere facilmente verso le Schok. Una complicanza del megacolon tossico è la perforazione, per questo è necessario un intervento chirurgico (colectomia) ovvero la rimozione di tratti di colon o di tutto il colon seguito da ileostomia definitiva o anastomosi ileo-rettale; la perforazione del megacolon tossico può causare peritoniti.  Perforazione, che sono rare.  Emorragia (possono verificarsi solo nella fase acuta della malattia).  Carcinoma colon-retto. Per prevenire questa complicanza è importante la sorveglianza della malattia, in quanto l’insorgenza del megacolon tossico è caratterizzata da dolore addominale intenso, che è cmq un sintomo aspecifico della malattia, in quanto può essere sempre presente; un innalzamento repentino della TC può essere un campanello d’allarme della patologia; ciò che cmqciaiuta a discriminare tale complicanza è l’alterazione idroelettrolitica grave + immagini radiografiche (RX diretto addome; più genericamente i pz con dolore addominali + alterazioni dell’alvo, parziale o totale, devono essere sottoposti a tale esame diagnostico). PROGNOSI: I quadri clinici variano a seconda dell’estensione delle lesioni della loro attività e severità. La rettocolite ulcerosa presenta un decorso intermittente caratterizzato da fasi di riacutizzazione,85% dei casi la riacutizzazione si verifica entro il 1 anno dalla comparsa dal 1 episodio, alternata a fasi anche lunghe di remissione spontanea o indotta da terapia medica (la sintomatologia può essere lieve ed il pz vive in assoluto benessere, le modificazioni della mucosa possono essere addirittura assenti.), l’estensione delle lesioni non influenza il numero e la frequenza delle riacutizzazioni ma ne condizioni la severità. 51 VALUTAZIONE EMATOCHIMICA: Aumento degli indici di flogosi  GB, VES, PCR Riduzione di sideremia in caso di anemia FORME Più GRAVE  Disordini IDROELETTROCITICI + alterazioni equilibrio acido base VALUTAZIONE ENDOSCOPICA: la Colonscopia permette di valutare aspetto della lesione, l’estensione, di monitorare la risposta alla terapia, di sorvegliare eventuale insorgenza del carcinoma del colon-retto (incidenza 2-4 %[aumenta in relazione al estensione della malattia3 + la malattia dura da molto tempo ], rischio maggiore di 15-20 volte rispetto ad una persona normale, per tanto sono pz che devono essere monitorati costantemente). L’intestino appare particolarmente friabile, debole come mucosa, quindi con lo strumento potremmo anche danneggiare la mucosa. Oltre alla coloscopia per la diagnosi può essere effettuata anche il clisma opaco o Rx addome, che mostrano una mucosa alterata. TERAPIA: Controllo malattia  processo infiammatorio :  farmaco più utilizzato  MESELAZINA (asacol)  farmaco antinfiammatorio ad azione selettiva sul tratto gastrointestinale; ha un buon impatto nelle forme lievi (60-80% va incontro a remissione); somministrato per os 400mg x 2-4 al dì, 800mg x 3; nel caso in cui la localizzazione si prossimale al retto si possono utilizzare le forme topiche (supposte);  forme moderate CORTISONICI  effetti molto variabili  possono essere somministrati per os e per via topica  forme gravi  ospedalizzazione necessaria per il controllo di variazioni ematochimiche; Cortisonici (e.v +i.m) + AntiTNFα  anticorpo monoclonale Remikade (infliximab) + Humira (adanilumab) in caso di mancata risposta ai cortisonici, con risposta abbastanza positiva, ma cmq per ora trattamento secondario. Reintegro idroelettrolitico (specie nelle forme gravi, in relazione alla numero di scariche) TRATTAMENTO CHIRURGICO: in caso di malattia grave e complicata che non risponde alla terapia medica; in caso di condizione urgenza emergenza, ad esempio in presenza di megacolon, emorragia massiva, perforazione; in caso di carcinoma del colon retto. Nel trattamento della prevenzione della recidiva Mesalazina non individuato un dosaggio “standard”, e non sempre il dosaggio è adeguato, per tanto non tutti hanno la stessa risposta. Cortisonici  privi di valenza in base all’estensione della malattia terapia orale o topica, indicazioni alla chirurgica  3 Proctite ulcerosa (interessamento esclusivo del retto) il rischio di insorgenza del tumore del colon retto non aumenta.  Pancolite (interessamento del retto + totalità del retto) aumento incidenza + probabilità di insorgenza del tumore. 52 SCALA DI VALUTAZIONE: per stabilire la gravità di RCU utilizziamo delle scale di valutazione, la più usata è la TRUELOVE-WH#S ??(NON SI CAPISCE COME è SCRITTA), che mette insieme una seria di informazioni come: numero di scariche, presenza di sangue nelle feci, febbre, frequenza cardiaca, presenza di anemie, valori della VES. Questo per definire se ci troviamo di fronte ad una malattia lieve, moderata o severa, in base a ciò viene definito l’approccio terapeutico. IPERURECEMIA e GOTTA Patologia un tempo segno di nobilità in quanto è dovuta alla precipitazione di una base azotata, la purina, contenuta nella carne, quindi si attribuiva il disturbo ad un abuso di carne. In quell’età era molto pericola, poiché non si conosce il meccanismo d’azione e per tanto le precipitazioni di acido urico potevano accumularsi anche in altri organi, non solo a livello dell’articolazione dell’alluce (metatarso-falangea). Spesso i due termini si considerano ERRONEAMENTE sinonimi, in realtà non è così in quanto la GOTTA è una delle manifestazioni dell’iper urecemia , ma non tutti i pz iperuricemici hanno un attacco di gotta, e non tutti i pz che hanno una attacco di gotta hanno livelli di acido urico estremamente elevati, infatti se ci sono i fattori predisponenti che favoriscono la precipitazione di cristalli di urato monosodico, il pz può sviluppare l’attacco di gotta. Livelli elevati di acido urico permette solo di identificare i pz potenzialmente a rischio attacco gottoso acuto; questa condizione può comunque rimanere stabili per tutta la vita. La patologia è dovuta a un disordine nel metabolismo delle purine, ed è caratterizzata da ricorrenti attacchi di artrite, dovuti alla precipitazione dei cristalli di urato monosodico a livello delle articolazioni, in particolar modo quella metatarso-falangea. Nel tempo possono precipitare a livello di diversi organi, quello generalmente più colpito è il rene per cui avremo come manifestazione clinica una calcolosi renale, i cui calcoli saranno prevalentemente formati da urato monopodico anziché si ossalato di calcio, fino ad avere un quadro di nefropatia uremica che evolve in IRC. NB Le ultime evidenze scientifiche hanno dimostrato che l’acido urico non è solo responsabile della gotta o della nefropatia gottosa, ma rappresenta un fattore di rischio cardio-metabolico, esattamente come ipertensione arteriosa, diabete mellito e ipercolesterolemie, per tutta una serie di patologie cardio- metaboliche:  Sindrome metabolica  quartetto della morte  Concorre alla compara del diabete  IMA L’acido urico, per tanto va in quadrato come fattore di rischio per i problemi cardio-metabolici e , al pari della microalbuminari può essere considerato un fattore di rischio indipendente (NON NECESSARIAMENTE 55 o Modificazioni pH o Assenza/presenza di sostanze che permettono all’urato monosodico di rimanere solubile, ad esempio protrino-glicani Una volta regresso (spontaneamente o farmacologicamente) l’attacco gottoso acuto passiamo alla condizione di gotta intercritica.  Gotta intercritica  fase presente fra 2 attacchi di gotta. NON TUTTI I SOGGETTI CHE HANNO AVUTO UN GOTTOSO ACUTO HANNO IL 2 o 62% si ripete nel primo anno o 30% non presentano attacco gottoso acuto nell’anno successivo al 1 anno, anno successivi. o 7% non avranno mai più attacchi gottosi acuti  dipende da 2 fattori:  Correzione fattori che favoriscono la precipitaizone  Correzione livelli di acido urico  idratazione correzione dietetico-alimentare OLLOPULINORO  Farmaco che permette il controllo dei livelli di acido urico; ne esistono anche altri di nuovo generazione che hanno efficacia maggiore con riduzione effetti collaterali, (più significativo anomalia della filtrazione renale) Nel caso in cui il pz si trovi nella fase di gotta intercritica è necessario inizialmente una terapia dietetica in aggiunta ad una terapia farmacologia per ridurre i livelli di acido urico  < 7mg/dl per ridurre il rischio che si formino i precipitati di urato monosodico.  Gotta cronica tofacea precipitazione dei cristalli di urato monosodico in tessuti molli pz non trattati e/o che non modificano i proprio stili di vita continua la precipitazione di urato monosodico: o quadri semplici  tofi (padiglione auricolari) deposizione di acido urico nel auricolare; da un incisone fuoriescono i cristalli, simili a fiocchi di neve. Generalmente il tofu non è dolente, fino a quanto non crea attrito spontaneo  creano dolore e infezione e può determinare la distruzione dell’articolazione con probabile ulcerazione della stessa. La formazione di tofi a livello articola determina l’insorgenza di artropatia uratica cronica  distruzione dell’articolazione  limitazione funzionale + deformità. o più complessi pericardite gottosa, corpi cavernosi  impotenza, valvole cardiace, nefropatia gottosa in questa situazione la precipitazione interessa l’interstizio renale, con conseguente sclerosi del parenchima renale; il quadro nefrologico è acuto caratterizzato da proteinuria non grave, microematuria, aumento di creatinina e azotemia che può evolve in irc; nefrolitiasi calcolosi renale per precipitazione di urato monosodico nelle urine; può essere sia asintomatica che sintomatica, è in questo caso importante l’uricosuria. Iper uricemia  attacco gottoso acuto  gotta intercritico, se non interveniamo, quindi i livelli di acido urico > a 7mg/dl  formazione di tofi a livello articolare non necessariamente con un secondo attacco gottoso acuto  gotta cronica tofacea Il mantenimento di iperuricemia per tempi lunghi (solitamente il primo attacco gottoso acuto insorge dopo 20 dall’iperuricemia) espone al rischio non solo di attacco gottoso acuto, ma all’insorgenza di patologie ben più gravi, come si evince da quanto detto. Bisogna per tanto avere un regime alimentare appropriato, evitando cibi ricchi di basi puriniche specie in pz con storia familiare di iperuricemia; va ridotta l’assunzione di birra in quanto favorisce la precipitazione di urato monosodico; bisogna favorire la perdita di peso in pz obesi, ma non in maniera drastica, evitando per tanto il digiuno prolungato, diete ipocaloriche e l’eccessivo esercizio fisico. 56 Diagnosi : 1 attacco può essere confuso con artrite, ma la clinica ci aiuta a porre diagnosi di attacco gottoso acuto, poiché avremo :  iperuricemia  innalzamento dei valori aspecifici dell’infiammazione  VES PCR  tumefazione, rossore, gonfiore e ipertermia della zona colpita  uricosuria, specie nei discendenti di pz con iperuricemia, per evitare la comparsa di alterazioni funzionali del rene.  IN ULTIMA ANALISI (raramente si esegue) analisi del liquido sinoviale dell’articolazione interessata nel quale saranno presenti i cristalli di urato monosodico  simili ad aghi di pino  Indagini radiologiche  utili in casi di gotta tofacea per l’individuazione dei tofi e per quantificare il danno articolare 1 step per il TRATTAMENTO è di tipo dietetico, evitando per tanto cibi ad alto contenuto di purine, tenendo presente che NON TUTTE LE CARNI HANNO ELEVATI LIVELLI DI PURINE; alimenti ricchi di purine sono:  molluschi, estratti di carne, acciughe vitello, tacchino, merluzzo, sgombro, salmone e trota mentre hanno un basso contenuto di basi purine:  carni bianche, maiale, legumi, formaggio, uovo, verdure e latte. Vi ridotta anche l’assunzione di birra. 2 step trattamento farmacologico, nella prima fase si hanno 2 possibilità:  FANS  utilizzati per il trattamento del dolere poiché provocano pochi effetti indesiderati  Colchicina  farmaco specifico per il trattamento di attacco gottoso acuto Fase cronica:  Ollopurinolo  Adenuric  farmaco di nuova generazione. omocisteina  può indurre l’insorgenza di ima, ma non è ancora annoverato come fattore di rischio indipendente.
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