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Origini e Impatto della Prima Guerra Globale sulla Storia Moderna - Prof. Fruci, Sbobinature di Storia Contemporanea

Una panoramica della prima guerra globale (1756-1763) e della rivoluzione industriosa (1760-1820), due eventi chiave nella storia moderna. La guerra ha portato a una riconfigurazione geopolitica permanente e ha influenzato direttamente o indirettamente i processi rivoluzionari in francia e nelle colonie americane. La rivoluzione industriosa, invece, ha introdotto nuove categorie di consumo e comportamenti che hanno modificato la società. I principali eventi, le cause e gli effetti di questi due eventi, inclusi i provvedimenti che hanno innescato le proteste dei coloni americani e la relazione tra la rivoluzione francese e quella americana.

Tipologia: Sbobinature

2022/2023

Caricato il 16/01/2024

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Scarica Origini e Impatto della Prima Guerra Globale sulla Storia Moderna - Prof. Fruci e più Sbobinature in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! MODULO ‘800 Lezione 1 21/02 Periodizzare il XIX secolo: l’Ottocento lungo Vi sono una varietà di opinioni sull’avvio della contemporaneità e sull’Ottocento come secolo in cui siamo diventati contemporanei. L’Ottocento esiste in quanto espressione cronologica, che, tuttavia, come unità di tempo non corrisponde a nessuna esperienza reale. Sono delle configurazioni, delle formule, delle modalità che gli diamo. Quando inizia l’Ottocento storiograficamente diventa un dibattito perché non lo si può assumere come secolo di cento anni; vi sono modalità di cronologie possibili proposte dagli storici. Queste sono tutte legittime, a dimostrazione della relatività e funzionalità di qualsiasi periodizzazione  dipendono dai contesti, punti di vista e da congiunture storiche in cui sono in parte immaginate e applicate. Vi possono essere, a seconda delle fasi storiche delle periodizzazioni diverse che rispondono a esigenze diverse in base al periodo storico. Alcuni storici fissano come data dell’inizio della contemporaneità il 1794  traduzione in spagnolo a Bogotà della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”, documento della Rivoluzione francese. Hanno poi collocato come data quem dell’Ottocento il 1907 (dicembre)  un migliaio di studenti di medicina di Londra protestano nei confronti della statua eretta l’anno prima in memoria di un cane, vittima della vivisezione (statua del cane marrone). Le due date sono, una relativa alla storia della politica e dei diritti, l’altra, sempre legata alla storia dei diritti, ma a diritti innovativi rispetto allo stesso ‘900, che sono più vicini alla sensibilità post novecentesca, cioè quelli degli animali. (Osterhammel) La global history ha portato alla creazione di un mondo globalizzato e interconnesso e ha come focus studiare le interazioni nel mondo al di fuori della concezione nazionali. È necessario farlo con l’Ottocento perché è stato un secolo in cui c’è stata una riflessione sulle dinamiche storiche che attraversavano e vivevano. Su alcune questioni va indietro anche nel Settecento o avanti nel Novecento. C’è anche un approccio che tende a recuperare l’Ottocento nella tarda età moderna, quindi spostando in avanti l’inizio della contemporaneità. (Bayly) La world history, invece, assume il mondo come punto di riferimento. Questa è una possibile forma di periodizzazione; ci sono altri approcci che riconducono e assorbono gran parte dell’Ottocento nella tarda Età Moderna, facendo iniziare la contemporaneità nella seconda metà dell’Ottocento (spesso nel 1870). Molti studiosi, invece, hanno punti di vista più nazionali (uno studioso anglosassone ha proposto la categoria di “lungo Settecento” per la storia inglese, che andrebbe dalla rivoluzione del 1688 fino al “Reform Act” del 1832, che è la prima grande riforma elettorale della Gran Bretagna ottocentesca).  l’approccio determina le… Un tempo, la periodizzazione canonica, era quella che andava dal 1815 al 1914, ovvero lo spazio di eventi compresi tra la Grande Guerra del XVIII secolo, una serie ininterrotta di guerre che segue il periodo rivoluzionario napoleonico (dal 1792 in poi, non solo in Europa) e l’avvio della Prima guerra mondiale. Altri, invece, indicavano come punto di arrivo l’Eurocomunismo (Massimo L. Salvadori) -> tentativo di distaccarsi dal modello comunista sovietico da parte di Berlinguer, il partito comunista francese e gli spagnoli. 1 Oggi, tra gli storici, viene considerata la “Prima Guerra Globale”, definita la guerra dei 7 anni (1756- 1763)  è un conflitto che sta alla base della riconfigurazione duratura di alcuni assetti geopolitici globali e, direttamente o indirettamente, incubatrice dei processi rivoluzionari della seconda metà del Settecento e nel primo Ottocento in Francia, nelle colonie britanniche americane, dell’Impero spagnolo, in quanto questi, che escono sconfitte dalla guerra dei 7 anni, cercano una rivincita sulla Gran Bretagna, appoggiando i patrioti americani che insorgono a partire dal 1776. Dalle conseguenze di questa guerra, possiamo vedere l’attivarsi di quei processi rivoluzionari e controrivoluzionari. Questa guerra viene definita un conflitto globale perché combattuta per terra e per mare su 4 continenti (Europa centrale, America centrale e settentrionale, Penisola Indiana, Africa occidentale)  Aveva visto, fino ad allora, la prevalenza coloniale della Francia. Con la vittoria della Gran Bretagna durante la guerra dei 7 anni, questa entra nel subcontinente indiano, iniziando una storia di colonizzazione che arriverà fino alla metà del ‘900, con la rivoluzione degli indipendentisti capitanati da Gandhi. Il fulcro della guerra in Europa era nell’area germanica e i quattro contendenti principali in campo sono Gran Bretagna, Prussia, Francia e Austria. Particolarmente, nel subcontinente europeo, si scontrano gli austriaci e i prussiani, mentre sul continente americano, in particolare quello settentrionale, si scontrano gli inglesi e i francesi. Vi sono, poi, una serie di altri attori, come il Portogallo che scende in campo al fianco della Gran Bretagna e altri alleati di Francia e Austria. Le conseguenze di questa guerra, che avrà due paci, una a Parigi e l’altra a Hubertusburg, nel febbraio del 1763, sono numerose. Innanzitutto, l’affermazione della supremazia militare della Prussia in Europa, che anch’essa avrà conseguenze lunghe nel tempo, che sono il processo di nidificazione del governo tedesco, guidato ad un certo punto dalla Prussia e la costruzione del secondo Reich; la preponderanza sui mari e un suo momentaneo dominio in America settentrionale da parte del Regno Unito, mentre questo dominio non sarà momentaneo ma duraturo nel subcontinente indiano. Accanto all’affermazione di queste due superpotenze, la decadenza di altre nazioni, come l’Austria, che inizia un suo lento processo di decadenza che arriverà fino al 1914, e il ridimensionamento della Francia di fronte alla Gran Bretagna. La guerra dei 7 anni vede l’ingresso, anche se brevemente, della Russia, quindi l’affacciarsi di questo paese sull’ambito europeo occidentale e la sostituzione della Francia da parte della Gran Bretagna in vasti territori extraeuropei. Dal punto di vista più generale, la guerra dei 7 anni fu il fulcro di definizione della contemporaneità, che vede un rovesciamento delle alleanze precedenti (gli Asburgo, precedentemente alleati con la Gran Bretagna, passano al fianco della Francia fino alla rivoluzione, e la Prussia che, in tutte le precedenti guerre settecentesche era alleata con la Francia, passa ad esserlo con la Gran Bretagna). La Prussia era l’unico paese piccolo e subisce una devastazione pesante, così come è una guerra di sopravvivenza per i nativi americani. Questa vede anche un importante coinvolgimento dei nativi americani che combatteranno al fianco degli inglesi, come faranno anche nella Guerra d’Indipendenza, con quello che poi significherà il ridimensionamento di annientamento della propria autodeterminazione dentro le 13 colonne degli Stati Uniti, che avranno un atteggiamento punitivo nei confronti degli indiani d’America, non solo per ragioni di razzismo, ma anche perché la maggior parte delle tribù indiane si era schierata con gli anglosassoni. La stessa questione avviene in India, dove l’impero Moghul viene progressivamente ad indebolirsi fino a cedere il campo all’Inghilterra nel corso della seconda metà del ‘700 e poi dell’‘800. Vi sono quindi intere popolazioni che a seguito di questo primo grande conflitto globale perdono la loro autonomia a favore di potenze occidentali ed europee. A questo proposito, una delle vicende che più caratterizza la guerra dei 7 anni è la cosiddetta “guerra delle foreste”, ovvero una guerra che avviene all’interno delle 2 I salari erano molto alti e misero in difficoltà molti imprenditori. Gran Bretagna  carbone, più soldi, nuove tecnologie che nel corso dell’Ottocento diventano meno costose, la rivoluzione si diffonde in tutta Europa. Rivoluzione industriale  un tessuto nuovo sostituisce la lana: il cotone. Diventando un prodotto molto importante, lo riscontriamo con alcuni attori del tempo. Perché finisce? Introduzione delle ferrovie, industrie siderurgiche e quando il cotonificio meccanico e l’altoforno sono Stati inventati e introdotto in Gran Bretagna, ma adesso possono esserci anche in altre parti del mondo. Lezione 3 23/02 Rivoluzioni americane (1764-1783) La rivoluzione americana è stato il primo terreno di confronto e pratica politica che troveremo impegnati in Francia e in contesti successivi. La rivoluzione americana è stata vista in chiave nazionale, storiografia comune nelle rivoluzioni (francese, Haiti, Risorgimento) che porta Stati assolutisti in Stati costituzionali alla fine di questi processi molto lunghi. L’approvazione della costituzione segna la fine della rivoluzione. questo tipo di approccio ha insistito molto sulla questione della patria, mitizzando le figure dei primi presidenti e dei grandi protagonisti, e ha ricondotto la storia in una storia di colonizzazione britannica, vista come preludio dell’indipendenza degli Stati Uniti. La prospettiva patriottica ha trascurato, però, tre punti: 1. ha enfatizzato il punto di vista americano e sottovalutato le relazioni tra americani e britannici prima del ‘76. La grande maggioranza dei coloni delle tredici colonie (costa dell’oceano Atlantico), si sentivano dei britannici. Avevano una cultura politica e legami con la Gran Bretagna. Il processo che porterà alla costruzione degli Stati Uniti è articolato, che deve comportare il fatto che i coloni si scoprono non più britannici ma americani. Processo di costruzione di una nuova identità che non è precostituita. Il processo rivoluzionario è una fucina che avvia questo processo, che porta i coloni a dichiararsi e a diventare americani; 2. essendosi concentrati da un punto di vista nazionale, concentrandosi solo sulle 13 colonie, separano queste realtà dal resto del contesto americano e dell’America britannica (post-guerra dei 7 anni che non partecipano alla rivoluzione e rimangono leali alla corona); 3. l’approccio nazionale sottovaluta anche il processo violento e le tendenze anti-libertarie. Occulta il fatto che una parte delle colonie voleva rimanere leale alla corona (prima guerra civile). È un contesto molto diviso. Storicamente, pensiamo alla democrazia rappresentativa come un regime di pace, ma per arrivarci si è ricorso alla guerra. Un approccio nazionale, inoltre, non fa vedere le conseguenze che questo processo ha al di fuori dei confini americani. [cartina] il mondo dell’America centrale era tripartito, diventando poi dipartito (Impero spagnolo che occupa quella che sarà la California fino alla metà dell’800). Contesto e dinamiche diverse. Per quanto minoritaria, fu presente nei protagonisti del tempo, che videro il processo volto alla disgregazione di grandi Imperi (in questo caso, quello britannico). Era la prima volta, dai tempi della rivolta tra olandesi e spagnoli, che dei coloni recidevano i legami politici dalla propria madrepatria per autogovernarsi. 5 Pasquale Paoli A metà Settecento, prima della rivoluzione americana e durante la guerra dei sette anni, c’è stata la Corsica a chiedere l’indipendenza (1765-1769), sotto la guida di Paoli, contro la Repubblica aristocratica di Genova. I genovesi non riescono più a contrastare i Corsi e cedono l’isola ai francesi, i quali sconfiggeranno poi i corsi nel ’69; e quello è anche l’anno in cui nasce Napoleone, nell’isola. Uno dei primi significativi personaggi che rappresenta l’interconnessione del processo rivoluzionario è Lafayette  giovane marchese francese, parte per le colonie e combatte accanto a Washington. Filippo Mazzei  accanto a persone come Lafayette, per quanto di idee illuministe radicali, era finito, dopo una vita avventurosa, a voler impiantare una società commerciale in Virginia. Diventa amico di Jefferson e un esponente della rivoluzione con pamphlet. Inoltre, diventerà ambasciatore della colonia di Virginia in Europa. Negli anni ’70 del Settecento, alcuni protagonisti di questa vicenda presentano il processo della rivoluzione come un processo di disgregazione. Costruiscono una narrativa per cui i coloni sono già distaccati dalla madrepatria. Questa è una lettura molto lineare e forgiata all’interno della rivoluzione, quasi un romanzo di formazione. Ad oggi, invece, gli studi tendono a mettere in evidenza che la rivoluzione sia stata una crisi di integrazione. Paradosso  i coloni americani si rivoltano alla corona per essere più britannici, perché volevano essere rappresentati al Parlamento britannico. Ad un certo punto, all’indomani della guerra dei sette anni, il parlamento britannico impone una serie di provvedimenti ai coloni e paradossalmente questo è un segno di integrazione, perché sono fiscalità che fa essere più presente la monarchia all’interno delle colonie. Questo però si rompe perché integrazione fiscale non dà un’integrazione politica, cosa che i coloni vogliono. I provvedimenti che innescano le proteste dei coloni americani sono: - Stamp Act: tassa da bollo sulla pubblicazione di libri, opuscoli, giornali, e sull’editoria di informazione commerciale; - Quartering Act: norma che impone ai governi locali delle colonie americane di fornire alloggio e cibo ai soldati britannici; - Currency Act: norma per regolare la carta moneta emessa nelle colonie dell’America britannica e proteggere i commercianti dai creditori britannici dal pagamento in valuta coloniale deprezzata; - Sugar Act: frenare il contrabbando dello zucchero. Di fronte a tutto questo si crea una mobilitazione molto dura, che porterà all’inizio del 1766 a ritirare questi quattro provvedimenti. Questo avviene in maniera molto violenta: ci sono episodi, immaginari, in cui si impiccano i funzionari che gestivano i provvedimenti. Ma ci sono anche azioni reali, dove vengono assaltate le abitazioni. Si costruisce una mobilitazione politica che è violenta, anche nei confronti di coloro che non volevano partecipare. In questo contesto nasce l’organizzazione dei “Figli della libertà”, di cui il principale esponente è Samuel Adams  imprenditore, militante politico e cugino di John Adams, secondo presidente. Diventa avvocato, ma mentre lui non eserciterà, il cugino lo sarà. L’organizzazione inizia ad organizzarsi per protestare contro i provvedimenti fiscali, e poi per rivendicare l’autonomia; in dieci anni chiederà anche l’indipendenza. La prima grande rivendicazione è quella di un nuovo Impero britannico, dentro il quale i coloni abbiano un ruolo politico. 6 Il paradosso della mobilitazione del ’64-’65 è che il Parlamento di Londra fa un nuovo provvedimento, che contiene un ulteriore integrazione: il Parlamento ha il potere di legiferare per le colonie in tutte le materie. I coloni quindi vincono, ma questo provvedimento mette in chiaro che il Parlamento può controllare tutta l’organizzazione delle colonie. Questo porta al rafforzamento delle varie figure dei funzionari britannici, cercando di ridimensionare le varie assemblee locali. Quelli che adesso si chiamano patrioti, iniziano a promuovere il boicottaggio dei prodotti che arrivano dalla Gran Bretagna e ci sono episodi che hanno un grande eco mediatico: il massacro di Boston. Altro episodio importante è il Boston Tea Party, 1773  porterà ad una reazione durissima britannica, perché la città viene messa sotto assedio militare, il porto chiuso, si chiede il rimborso delle 40 tonnellate di tè e l’assemblea locale sciolta. Questo evento dà vita ad una riunione dei coloni per intavolare una trattativa con la monarchia. La seconda Convenzione di Philadelphia sarà quella che stilerà la dichiarazione di indipendenza nel 1776. Questa Convenzione sarà la rappresentanza delle colonie, che reggerà il peso della guerra di indipendenza e della rivoluzione. Tutto questo non ha una ricaduta, ma fino alla primavera del ’75 i rappresentanti della Convenzione sostengono di non voler uscire dall’Impero; ma nella loro prima deliberazione giustificano l’uso delle armi per autodifesa e si organizzano per la prima volta in una chiave anche militare. Chiedono all’ufficiale Washington di assumere il comando di questo primo esercito. Iniziano i primi scontri, soprattutto al Nord, ed inizia la vicenda armata, prendendo anche la forma di guerra civile. Di fronte a questa organizzazione embrionale, il re Giorgio III dichiara formalmente che le colonie si sono ribellate alla Gran Bretagna e quindi non sono più sotto la sua protezione; questo è l’atto di rottura. Con questo proclama, quella che era iniziata come una rivolta fiscale, si è trasformata in una guerra americana. La rivoluzione inizierà nel 1776 con la dichiarazione d’indipendenza. Nel linguaggio politico del tempo, il termine rivoluzione non aveva il significato di rottura politica istituzionale, di cambiamento radicale degli assetti della società, ma si rifaceva al lessico del movimento dei pianeti, e che quindi i regimi politici si alternassero, che fosse un cambiamento. Ad un certo punto, diventa una guerra all’interno dell’Impero britannico (l’esercito britannico arruola soldati e volontari da quella parte di America che è rimasta britannica), che si espande a livello internazionale, perché i coloni verranno sostenuti dai francesi, dagli spagnoli e dagli olandesi. A sostegno dei britannici ci sono anche i nativi americani. Gli schiavi che sono nelle colonie, la Gran parte non vinee mobilitati, ma dei 50.000 che si mobilitano, 40.000 di loro combattono a fianco dei britannici. Questo accade perché i coloni non dicono niente sulla schiavitù, altrimenti quello che stavano cercando di fare, ovvero creare uno stato unito, non si sarebbe potuto fare (a Nord già si stava parlando dell’abolizione, ma nel Sud no). Al contrario, gli inglesi fanno una mossa strategica: a tutti coloro che si arruolano al loro fianco, viene promessa la libertà. È importante tenere presente che non tutta la popolazione coloniale è implicata nella rivoluzione, ci sono anche americani che non si schierano. Di coloro che si schierano, 1/3 sono lealisti, 2/3 sono patrioti. Questo fa sì che molte persone, alla fine della guerra civile, si avviino verso l’esilio, e con loro lasciano gli Stati Uniti anche molti schiavi. Ad un certo punto la dichiarazione di indipendenza, diventa anche una dichiarazione di interdipendenza, perché l’idea è quello di coinvolgere anche altre potenze. Quando daranno dimostrazione di grande resistenza militare, dopo la vittoria di Saratoga nel 1773, i francesi decidono di fare un’alleanza, mettendo a disposizione truppe e marina. La dichiarazione e la guerra hanno iniziato a creare la nazione americana; quello che ha fatto è stato far nascere la statualità. 7 - Conservare le forze di un’armata civica che possa opporsi a eventuali spedizioni dell’esercito volute dal re (salvaguardare il nuovo regime politico). Durante la manifestazione del ’90 il corpo della Guardia nazionale giura di essere fedele alla nazione, alla legge e al re. Gli altri due protagonisti, che prestano giuramento, sono Lafayette e il re stesso. Le grandi manifestazioni politiche che inaugurano l’età delle rivoluzioni sono anche dei modi per mettere in evidenza, in modo spaziale, quello che è cambiato  il re non è più al centro di tutto, dominante; qui c’è un popolo che si è autonomizzato e che si presenta al cospetto del re e gli chiede di giurare sulla Costituzione. Il nuovo regime. Fine della monarchia, Repubblica democratica, terrore, bonapartismo (1791- 1799) La Dichiarazione ha degli aspetti fortemente teorici ma anche molto concreti, soprattutto rispetto alla questione dell’uguaglianza e anti-aristocrazia. Ma questa, innanzitutto, è un testo che delinea un nuovo regime politico, che ha al centro il popolo e inizia ad essere chiamato, anche durante la Rivoluzione, democrazia. Inizialmente il termine conosce una revisione di atteggiamento  prima e all’inizio della Rivoluzione si faceva riferimento all’antichità, alla Grecia classica, e ad un regime in cui il potere era esercitato in modo diretto. Questo faceva sì che prima e durante, nei confronti del termine ci fosse grande sospetto, perché il regime in cui il popolo poteva esercitare la propria sovranità senza rappresentanza era visto come instabile e violento, e che nell’idea ciclica dei regimi, avrebbe portato alla tirannide. Barnave  leader dei monarchico-costituzionali nella prima fase, parlerà male della democrazia. Guardava al passato e temeva che questo potesse ritornare all’interno del regime democratico. A questo punto devono inventarsi un altro tipo di democrazia, che si possa attuare in uno spazio più ampio e moderno. Alexander Hamilton  nel 1777 scrive in una lettera: “una democrazia rappresentativa, dove il diritto elettorale è garantito e regolamentato, e il potere legislativo, esecutivo e giudiziario assegnato a persone selezionate, scelte davvero e non nominalmente dal popolo, allora credo che questa democrazia possa essere duratura”. L’idea di una democrazia in cui il popolo elegge dei propri rappresentanti e si riconosce poi nel loro operato. In Francia, sarà poi il ministro Condorcet ad usare l’espressione democrazia rappresentativa, la quale è adatta ad un ampio territorio, perché il popolo sceglie dei rappresentanti su tutto il territorio che poi vengono mandati all’Assemblea. Questo determina un problema che sta alla base della politica contemporanea  la tensione tra sovranità popolare e corpi rappresentativi. Non sempre e non tutti si riconoscono nei corpi rappresentativi; il rapporto è una questione fondamentale, ma la connessione non è scontata e questo è un problema che sorge fin dalle origini della democrazia rappresentativa. Questo comporta, ad esempio, l’assalto ai Parlamenti, in quanto non c’è un riconoscimento del risultato elettorale. la prima invasione di un’Assemblea, avviene nei primi mesi della Rivoluzione francese  un corteo di donne si mette in marcia da Parigi a Versailles e, brandendo picche e forconi, assalta l’Assemblea nazionale costituente. Lafayette, informato degli eventi, accorre insieme alla Guardia nazionale per ristabilire l’ordine; ma il giorno dopo, una guardia reale uccide un membro della Guardia nazionale e a quel punto la folla irrompe nel palazzo del re; Lafayette riesce a persuadere la coppia reale a mostrarsi al balcone del cortile e a salutare i manifestanti, pacificandoli. Da lì in avanti, però, l’Assemblea e il re dovranno stare a Parigi, a contatto con il loro popolo. È una vicenda chiave della Rivoluzione, che porterà ad un’accelerazione all’accettazione della Dichiarazione. 10 - L’esigenza di prossimità, sia materiale che politica, dei rappresentanti nei confronti dei rappresentati; - Rapporto che sta diventando controverso tra le classi popolari e il re, specialmente dopo la tentata fuga di Varennes, vista come un tradimento  porta alla radicalizzazione della Rivoluzione. Geografie politiche e parlamentari: - Formato a Versailles nell’estate del 1789 da costituenti bretoni (Lanjuinais, Le Chapelier), ai quali si aggiungono deputati di altre province e uomini politici in vista (duca di Aiguillon, Pétion, l'abate Grégoire, Robespierre, Sieyès, Barnave e i fratelli Lameth), il Club bretone, venuto a Parigi con l'Assemblea, si installa, sotto il nome di Società degli amici della Costituzione, nel refettorio del convento domenicano di rue Saint-Honoré, da cui il nome di «club dei Giacobini» assegnato loro per derisione dal momento che storicamente i dominicani francesi erano chiamati giacobini per via del loro secondo e più antico convento parigino sito in rue Saint-Jacques (Jacobus in latino). - Dopo Varennes, la maggioranza si distacca (Barnave, La Fayette, Le Chapelier, Sieyès) per formare il club dei Foglianti (luglio 1791), e il club dei Giacobini, dopo un'epurazione, diventa più radicale e democratico con Robespierre e Pétion. I Girondini, che vi si sono iscritti durante la Legislativa, si ritirano nell'autunno del 1792. - Accanto ai giacobini, si afferma un nuovo gruppo radicale guidato dai seguaci dell’avvocato Georges-Jacques Danton (1759-1794) e del pubblicista plebeista Jean-Paul Marat (1749-1793), fondatori e leaders del club dei Cordiglieri (per la sede nel refettorio dell’ex convento dei francescani detti cordiglieri per i loro abiti semplici con una corda per cintura) o Società degli Amici dei Diritti Umani e dei Cittadini. - La Montagna o montagnardi costituiscono l’ala più radicale della rivoluzione sul piano parlamentare e in particolare all’interno della Convenzione, eletta a suffragio allargato e a due gradi nel settembre 1792. Nell’autunno del ’91 l’Assemblea eletta si radicalizza e al suo interno prendono un ruolo sempre maggiore i cosiddetti girondini, che trovano in Brissot il loro principale esponente. Sono chiamati girondini perché all’inizio questo gruppo veniva dalla parte Sud della Francia, la Gironda. Questo si oppone alla componente dei giacobini, capeggiata da Robespierre. In questa dialettica possiamo vedere come i girondini vogliono la guerra contro la Prussia e l’Austria, visti come le due potenze monarchiche assolutiste che danno rifugio ai nobili emigrati dalla Francia e che vogliono contrastare il processo rivoluzionario; i giacobini, invece, sono contrari perché ritengono che la Francia non sia pronta e una guerra potrebbe mettere in crisi la Rivoluzione. Alla fine vincono i girondini, anche con l’appoggio del monarca  nel 1792 si va in guerra. Accanto ai giacobini emerge il gruppo dei cordiglieri, il cui capo è Danton. Nel 1791 fanno una manifestazione ai Campi di Marte, dove c’era stata la festa della federazione, per lanciare una petizione per l’abbattimento della monarchia; lì la Guardia nazionale, guidata da Lafayette, uccide molti manifestanti e diventa un simbolo di delegittimazione della monarchia, la cui Guardia nazionale, chiamata per proteggere il popolo, uccide dei manifestanti. Siamo di fronte alle prime avvisaglie della guerra civile e nel 1792, con lo scoppio della guerra, la Rivoluzione si trova in un momento di difficoltà. I toni che caratterizzano la guerra del ’92 sono da “crociata”, di “guerra totale”  da un lato si denuncia chi vuole distruggere la Rivoluzione sia dall’interno che dall’esterno; dall’altro, si promuove la distruzione della Rivoluzione e dei suoi attori che sono scivolati in una china contraria al legittimo 11 potere della monarchia e della Chiesa. Lo scontro tra rivoluzione e controrivoluzione che caratterizza questo periodo è assoluto, che non prevede vincitori e vinti, prevede solo un vincitore che distrugge i vinti. L’elemento che viene attribuito di guerra o scontro politico-totalizzante al ‘900, in realtà è presente fin dalla fine del ‘700, dall’età delle rivoluzioni, nello scontro tra rivoluzionari e controrivoluzionari: “a somma zero”. La situazione precipita quando il comandante in capo delle truppe austro-prussiane, dal suo quartier generale rende pubblico un manifesto in cui dichiara che farà radere al suolo Parigi se la vita della famiglia reale (o il “Palais des Tuileries”) sarà minacciata. Questo provoca un’insurrezione capeggiata da Danton, che porta all’arresto della famiglia reale, alla sospensione della monarchia. Viene convocata una nuova Assemblea, chiamata Convenzione  eletta con un suffragio a due gradi molto alto. La Francia diventa una Repubblica ed è la Convenzione che la proclama tale il 22 settembre del 1792, all’indomani della vittoria di Valmy. È un nuovo esercito ad ottenere questa vittoria, quello della Rivoluzione  è un esercito i cui ufficiali sono persone che fino a prima difficilmente avevano praticato quella mansione; la Rivoluzione deve inventarsi un nuovo esercito, perché gli ufficiali reali sono emigrati. Inoltre, l’esercito è composto dal popolo con la levée en masse. Oltre ad essere un esercito nuovo, è fortemente politicizzato, perché difende la rivoluzione e la Repubblica. Dal punto di vista politico e sociale, questi popolani che sono il nervo dell’esercito, sono chiamati sanculotti (non portavano le culottes, solo i pantaloni); il loro abbigliamento diventa un manifesto politico. I sanculotti sono un’area sociale vasta e composita di quanti vivono del proprio lavoro: artigiani, salariati, piccoli borghesi, che diventano il grande soggetto della politica urbana, che alimenta le associazioni, i club, e si fanno portavoce di una cultura basata sull’esaltazione del lavoro manuale, della fraternità, dell’ugualitarismo, che si traduce sia nel modo di vestirsi (semplice) ma anche nel darsi del tu (perché in francese si dà del voi) e nel chiamarsi cittadini. In sanculotti esprimono un utopismo radicale, uno spirito artigiano-popolare radicale, e hanno in Marat e nei cordiglieri, a livello di gruppo politico, e nella Montagna (espressione dei giacobini + cordiglieri nella Convenzione), la loro espressione politica. Marat  giornalista plebeista, antipolitico, viene assassinato nel ’93 da una girondina, che voleva vendicarsi di un avvenimento accaduto durante la Convenzione. La politica dell’età delle rivoluzioni è una politica in cui la volontà generale è guardata e immaginata in chiave unanimistica  la sovranità del popolo deve essere assoluta, i suoi interpreti non possono dividersi tra di loro e quindi si massacrano a vicenda, perché solo uno diventa interprete della sovranità del popolo. Dopo che il re viene giustiziato, la grande missione dei giacobini, che hanno sbaragliato anche la componente girondina e dei cordiglieri, entriamo in quello che con la primavera del ’94 viene a chiamarsi regime del Terrore  dittatura in cui la Convenzione assegna al comitato di salute pubblica il controllo totale del paese e vengono istituiti tribunali politici che giudicano e giustiziano i nemici politici, tutti coloro che vengono denunciati come nemici della rivoluzione, ma in realtà nemici dei giacobini al potere. La violenza politica della Rivoluzione francese è una questione storiografica aperta: - La nuova storiografia critica della Rivoluzione francese (Francois Furet, Patrice Gueniffey) ritiene che i caratteri anti-pluralisti e olistici, in breve totalizzanti, dell’ideologia e della cultura rivoluzionaria siano alla base della violenza fratricida. 12 inquadrato nelle forze francesi. In questa mobilitazione i neri liberi chiedono che venga applicata anche Saint-Domingue la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Escludono, però, qualunque interesse nei confronti degli schiavi; vogliono ottenere un riconoscimento, quindi una rappresentanza all’Assemblea nazionale a Parigi dei seggi alle assemblee coloniali. La loro rivendicazione è di essere integrati nei processi politici in quanto contribuenti e appartenenti alla classe media dell’isola. La loro rivendicazione è vista con grande ostilità sia dai pompons blancs che rouges, perché la posta in gioco è diventata molto importante; prima la questione per i neri liberi era poter fare delle professioni come l’avvocato, adesso la quesitone è il potere politico. Come i neri liberi non vogliono condividere il loro potere con gli schiavi neri, allo stesso modo i bianchi non vogliono condirvelo con i neri liberi. Questa rivendicazione, inizialmente politica, diventa armata; i tre attori principali si organizzano, costruendo un piccolo esercito, e passano alle armi. In tutto ciò si rifiutano di arruolare gli schiavi, quindi questo esercito è composto solo da neri liberi, questo perché sono sì per l’eguaglianza razziale ma contro l’abolizione della schiavitù. Questo li rende deboli contro i creoli bianchi; inizialmente riescono a resistere, ma successivamente i bianchi creoli riescono a sbaragliarli. I fratelli Ogé scappano a santo Domingo, parte spagnola, ma vengono poi consegnati ai francesi e vengono condannati a morte nel 1791. Nel giro di poco tempo, tra la primavera del 1790 e l’inizio del 1791, i due tentativi sia politico che armato falliscono. Ciò che è avvenuto a Cape Francais, cioè la brutale esecuzione di Chavannes e dei fratelli Ogé, colpisce molto l’Assemblea nazionale costituente, che nel maggio del 1791 decide di riconoscere la cittadinanza politica ad un numero limitato di neri liberi, specialmente a coloro che avevano la discendenza di almeno ¼ africana e ¾ europea, o da coloro che era nato da genitori liberi. A Parigi pensavano che questo potesse tranquillizzare ma viene preso male a Saint-Domingue, perché introduce un ulteriore elemento di discriminazione all’interno della comunità nera e complica la situazione. Si scatenano quindi nuove ribellioni, soprattutto nelle zone centrali e settentrionali con scontri violentissimi. Questo fino a quando l’Assemblea nazionale decreta un regime di semi-autonomia che lascia i proprietari bianchi padroni di Saint-Domingue tramite le assemblee coloniali. A questo punto scoppia la grande ribellione degli schiavi nelle piantagioni del Nord  danno fuoco alle piantagioni e uccidono i loro padroni. La rivolta è alimentata dal fatto che si è creata una mescolanza tra le culture africane e le religioni voodoo. I leader di questa ribellione sono gli schiavi creoli, in particolare i cocchieri, che hanno un’abilità nell’uso delle armi. A settembre del 1792 una commissione civile viene mandata dalla Francia per far rispettare il decreto che sanciva l’uguaglianza tra i bianchi e i neri liberi, e quindi costretto i bianchi ad accettare questa decisione di fronte al pericolo della ribellione degli schiavi. C’è un tentativo di creare un’alleanza tra i neri liberi e i bianchi contro gli schiavi; questo riesce solo in parte, perché alcuni neri liberi si schierano dalla parte degli schiavi. Insieme alla commissione civile arriva anche una spedizione di circa 12.000 soldati guidata da Rochambeau, che aveva già combattuto nella guerra d’indipendenza americana alle dipendenze del padre, uno dei principali generali francesi e braccio destro di Lafayette. All’inizio del 1793 anche la rivoluzione santo-dominicana, come in precedenza quella americana, si trasforma da confronto interno all’Impero – e in parte alla Rivoluzione francese – in conflitto internazionale a seguito dell’entrata in guerra della Francia contro Spagna, Olanda e Gran Bretagna. Questo determina un ulteriore sconvolgimento degli equilibri all’interno di Saint-Domingue. Il governo spagnolo – che controlla la parte occidentale dell’isola – recluta buona parte degli schiavi ribelli offrendo loro in cambio la libertà, mentre i britannici cercano e riescono ad ostacolare l’arrivo delle truppe francesi sull’isola. 15 Nella prospettiva di un’invasione straniera i coloni bianchi cercano di ribellarsi ai commissari civili, i quali assumono il controllo delle sole province del Nord, mentre il resto è degli spagnoli e dei britannici. I due commissari civili più importanti sono Polverel e Sonthonax  cercano di ribadire l’autorità francese sull’isola emanando una sequenza di provvedimenti libertari: - Concedono la libertà ai neri che combattono per la Repubblica (fanno lo stesso degli spagnoli); - Concedono la libertà incondizionata agli schiavi del Nord (unica area che controllano) - In modo indiretto la concedono anche a quelli del Sud e dell’ovest  29 agosto 1793: abolizione generale della schiavitù nella provincia del Nord. Questo avrà una ripercussione in Francia, perché da lì verrà poi abolita la schiavitù anche nel resto delle sue colonie. Nel settembre del ’93 si tengono le prime elezioni per mandare dei rappresentanti di Saint-Domingue alla Convenzione. Uno di questi è Jean-Baptiste Belley (1746/47-1805)  ex schiavo, liberato grazie al suo servizio nell’esercito durante la guerra di indipendenza americana, fa parte della nuova classe dei “liberi di colore”, in sviluppo nelle città coloniali. Capitano di fanteria nelle giornate di giugno 1793 a Cape Francais, combatte con i commissari civili contro sia i coloni bianchi sia i francesi e gli spagnoli. Nel settembre 1793 è eletto come rappresentante di Saint-Domingue alla Convenzione insieme al mulatto Mills e al bianco Dufay. Benché riconosciuto cittadino a pieno titolo della Repubblica, il deputato nero deve lottare contro le insinuazioni razziste che rimettono continuamente in discussione la sua elezione così come la legge di abolizione. Si rivela un portavoce attivo degli uomini di colore, alla Convenzione e poi al Consiglio dei Cinquecento, fino al 1797. Rimarrà sempre un forte sostenitore dell’unità tra Saint-Domingue e la Repubblica francese. Appoggerà poi la seconda spedizione militare contro gli ex schiavi ribelli e lui stesso vi si recherà per sostenerla; verrà poi arrestato e mandato in Bretagna, dove morirà nel 1805. Non per tutti gli schiavi ribelli l’abolizione della schiavitù è l’obiettivo; per la maggior parte di loro lo scopo principale è quello di conseguire la propria libertà e della propria comunità. È una ribellione contro le condizioni di vita inaccettabili e questo spiega perché una serie di leader degli insorti, come George Biassou, accettano di combattere con gli spagnoli, in quanto questi promettono la libertà. Un altro leader è Toussaint Louverture  inizialmente al fianco degli spagnoli, ma dopo che i francesi aboliscono la schiavitù, passa al loro fianco. Nato libero era un cocchiere, oltre che domatore di cavalli, non vende gli schiavi agli spagnoli però inizialmente la sua posizione nei confronti dell’abolizione della schiavitù era ambigua. Nel ’93 si schiera contro gli spagnoli e i britannici a favore dell’esercito francese e la sua mobilitazione è uno dei motivi che porterà le due potenze a ritirarsi dalla guerra nel ’95 uno e nel ’98 l’altro (i britannici hanno l’appoggio dei coloni bianchi, ecco perché durano più a lungo). Costruisce un esercito sempre più potente, i cui soldati sono di origine africana, cioè ex schiavi non nati nell’isola, mentre tra gli ufficiali ha sia dei bianchi che dei liberi neri. Nel 1796 diventa governatore di Saint-Domingue e nel ’97 diventa comandante in capo dell’esercito. Inizialmente la sua ascesa è appoggiata da Sonthonax, poi i due rompono quando il commissario si rende conto che Louverture non vuole solo assumere il controllo di Saint-Domingue all’interno della Francia ma ha anche delle ambizioni indipendentiste. Dopo l’abbandono degli inglesi si apre una nuova guerra tra il 1799 e il 1800 tra Louverture e Rigaud, fino a quel momento suo alleato. André Rigaud, mulatto (figlio di un francese e di una schiava emancipata), leader dei liberi di colore e che controlla il Sud del paese. Egli è un repubblicano, favorevole all’emancipazione degli schiavi che ha cooperato con Toussaint nella lotta contro gli inglesi. La guerra del Sud è una guerra molto dura, caratterizzata da tensioni di classe ed etniche. Il confronto è vinto da Toussaint che si trova ad essere così il capo indiscusso di Saint-Domingue: i neri liberi sono 16 sconfitti, mentre la maggior parte dei bianchi è morta massacrata o ha lasciato l’isola. A quel punto Toussaint riesce ad occupare anche la parte spagnola dell’isola, ma per mantenere il suo potere e per avere delle carte di scambio con il centro parigino, mantiene il lavoro forzato, introdotto da Sonthonax, che obbligava gli schiavi che non si erano uniti all’esercito a lavorare sotto compenso (agli schiavi liberati le due alternative erano o i lavori forzati o stare nell’esercito). Ci sono diserzioni e proteste, ma soltanto il sistema di piantagioni ed un’economia di esportazioni può finanziare quell’esercito che garantisce la libertà di Saint-Domingue dagli spagnoli e dai britannici. In Francia ci sono posizioni contrapposte  da un lato lodi perché si vede in questo un esperimento multirazziale permeato da valori umanitari ed egualitari, che sarebbero rappresentativi della Francia repubblicana; dall’altro c’è una forte critica a quella viene chiamata “dittatura nera”, che aderisce solo di facciata alla Francia. Disturba molto la politica estera autonoma che toussaint conduce, in quanto fa trattati con Stati Uniti e Gran Bretagna, che diventano i principali partner commerciali dell’isola. La svolta di questa sua autonomia si ha con la presa del potere di Napoleone Bonaparte  il suo obiettivo è la ricostruzione dell’Impero coloniale francese, non vuole più che queste vengano considerate come parte della Francia; inoltre, è contrario all’abolizione della schiavitù. Nel 1801 Toussaint promulga una Costituzione, la quale lo proclama generale a vita, con il diritto di nominare il suo successore e non prevede alcun ruolo legislativo per le rappresentanze metropolitane francesi (è un atto di rottura molto forte con la madrepatria). Questa involuzione, verso un potere personae a vita, è lo stesso percorso che fa Napoleone. Si crea quindi un regime semi-indipendente, ma non lo ufficializza perché ha paura di perdere gli accordi con gli Stati Uniti e Gran Bretagna, perché queste potrebbero intimorirsi. Nel febbraio del 1802 viene mandata una terza spedizione; inizialmente è guidata da Leclerc (primo marito della sorella di Napoleone), ma questo muore e Rochambeau prende il suo posto. Dopo un periodo di combattimenti, una parte dei generali di Toussaint lo abbandona per rimanere fedele alla Francia e viene catturato e deportato in Francia. Inizia così l’ultima fase della rivoluzione, perché la guerra è tra gli abitanti neri di Saint-Domingue e i francesi. Dopo aver perso circa 40.000 uomini, molti dei quali morti anche per febbri tropicali, i rancesi, alla fine del 1803 abbandonano Saint-Domingue e vi rinunciano al controllo; l’isola, nel gennaio del 1804 diventa una Repubblica indipendente (la prima Repubblica indipendente dell’America centrale- meridionale e la prima Repubblica nera della storia), assumendo il nome di Haiti (terra dalle alte montagne) per rompere definitivamente con il passato. La nuova élite, per i quali la rivoluzione ha fatto da ascensore sociale, diventa il nervo di una classe dirigente che ha continuato a dirigere Haiti nell’800. Dessalines  poco dopo la dichiarazione d’indipendenza abolisce la Repubblica e trasforma il suo potere in un potere monarchico; si proclama imperatore di Haiti. Inizia così uno scontro e due dei suoi generali lo abbattono nel 1806. Questi, Henri Cristophe e Alexandre Pétion, si dividono Haiti: Regno di Haiti (parte a Nord), governato da Henri Cristophe, e Repubblica di Haiti (parte a Sud), presieduta dal generale Alexandre Sabes Pétion, poi da Boyer che riunifica lo stato haitiano nel 1820 e lo governa fino al ’43. Nel 1844 l’isola si divide nuovamente tra Repubblica di Haiti e Repubblica dominicana, proclamata in modo effimero una prima volta nel 1821 dopo l’occupazione francese e il ritorno sotto la Spagna nel 1808. La rivoluzione, come quella americana, porterà ad un’emigrazione di circa 25.000 persone. Dal punto di vista dell’abolizionismo questa vicenda ha una duplice conseguenza  da un lato fomenta lo sviluppo di movimenti abolizionisti negli Stati Uniti e in altre parti delle Americhe; dall’altro rafforzerà, invece, lo schiavismo in altre aree, come quelle controllate dagli spagnoli. Importanti analogie tra questa rivoluzione, quella americana e francese: 17 Carlo IV  figlio di Carlo III, che è stato re di Napoli fino al 1759 e che poi, una volta tornato in Spagna, ha lasciato il trono ad uno dei figli, Ferdinando IV, e alla morte, l’altro figlio, Carlo IV, diventa re di Spagna. A quell’altezza, quindi, i Borbone controllano sia il regno di Spagna che quello di Napoli, attraverso i due fratelli. Tuttavia, Giuseppe Bonaparte viene chiamato da Napoli a fare il re, perché Napoleone aveva spodestato, nel 1806, i Borbone anche in Italia. Solo la Sicilia rimane in mano ai Borbone, diventando un luogo di rifugio per tutta la famiglia (così come la Sardegna diventa rifugio per i Savoia che scappano dal Piemonte). A quel punto Giuseppe va in Spagna e Napoleone dà il trono di Napoli a Murat  è un altro esempio delle possibilità di ascesa sociale che offrono le armi e le rivoluzioni. Proviene da una famiglia modesta, ma grazie all’esercito rivoluzionario ha avuto la possibilità di ascesa proprio al suo interno. Aveva anche conquistato dei propri meriti, perché aveva aiutato Napoleone nel 1795 quando sostiene il Direttorio contro il tentativo rivoluzionario all’Assemblea del settembre. Sarà anche al suo fianco nella battaglia d’Egitto e poi in Spagna; sposa la sorella Napoleone, diventando suo cognato e successivamente viene premiato con il trono. È un grande ufficiale di cavalleria. Le modalità con cui le corti portoghesi e spagnole rispondono all’invasione francese segnano e determinano l’esito diverso dell’indipendenza delle varie colonie: in Portogallo, la famiglia reale dei Braganza, aiutati dalla Gran Bretagna, abbandonano il paese e si trasferiscono in Brasile, e lì si difendono, guidando la resistenza che porterà alla sconfitta dei francesi; i Borbone, invece, cedono la corona e sono sconfitti, sia a Madrid che a Napoli. La presenza di un monarca, nel caso portoghese, impedisce che il brasile si disgreghi, nonostante l’ampio territorio; è, invece, il destino che spetta all’Impero spagnolo: l’assenza del re legittimo determina l’inizio della disgregazione dell’Impero. Questo provoca, nella penisola spagnola, una guerra di resistenza contro l’invasore; nei territori americani vi è una frammentazione della sovranità che porterà in 15 anni alla creazione di vari Stati nazione. La nascita delle nuove repubbliche è stata letta a lungo dalla storiografia come un processo nazionale di costruzione di nuovi Stati, quindi come un processo ineluttabile, come un movimento di liberazione. Questa interpretazione finiva però per concentrarsi su alcune figure eroiche, i cosiddetti Libertadores: José de San Martìn e Simòn Bolivar. Ad oggi la storiografia insiste sul fatto che gli Stati che nascono sulle ceneri dell’Impero spagnolo in America non sono la causa della dissoluzione dell’Impero stesso, ma il risultato. È il crollo dell’Impero a spingere verso l’indipendenza. La crisi della monarchia spagnola inizia nel maggio del 1808, quando Napoleone costringe l’abdicazione di Carlo IV e il figlio; ed è lì che inizia il processo di emancipazione delle colonie americane. Questo avviene perché i due sono interconnessi e provoca tre eventi principali: - La lotta contro gli invasori francesi in Spagna; - La rivoluzione politica che trasforma la monarchia in uno stato nazionale  questo avviene nel corso di questi eventi e la data cardine è il 1812, quando la Spagna, in lotta con i francesi, riunisce a Cadice un’Assemblea che si dà una Costituzione, che diventerà poi un modello fino agli anni ’40 dell’Ottocento; - I movimenti di emancipazione nei territori americani. Se l’opposizione nella penisola spagnola nei confronti del nuovo re è sia politica che militare, nei territori americani è inizialmente solo politica, perché le truppe francesi non ci sono nel posto. Questo significa che nell’Impero spagnolo, che era diviso in quattro vicereami (Nuova Spagna, Nuova Granada, Perù e Rio de la Plata) – connotazione politico-istituzionale, dove il governatore rappresentava il re in quelle terre – e in cinque capitanie (Cuba, Puerto Rico, Guatemala, Venezuela e Cile) – che nascono 20 come punti di difesa militare e navale, ma che si trasformano progressivamente anche in realtà politico- amministrative –, è condivisa una cultura giuridico-politica che prevede che, in assenza del monarca, la sovranità ritorni al popolo, che si vede la responsabilità di autodifendersi e autogovernarsi. Sono le principali città dell’America del Sud che diventano il fulcro dell’opposizione e della resistenza politico- istituzionale. I membri delle giunte non sono eletti da assemblee elettive, ma rappresentano le varie corporazioni della società coloniale (uffici, clero, università) che esprimono dei propri rappresentanti dentro le giunte. Per non perdere il controllo sui luoghi americani, la giunta suprema nella penisola iberica concede la rappresentanza e la parità politica a tutti i territori americani. L’invasione francese e la resistenza delle giunte crea la dichiarazione di parità politica e rappresentanza nelle colonie. Si invitano i quattro vicereami e le cinque capitanie ad eleggere un deputato per mandarlo alla giunta suprema di governo spagnolo. La novità è che questi territori americani non sono più delle colonie, ma dei territori parte integrante della monarchia, a prescindere dalla figura del re. Possiedono gli stessi diritti, compreso di mandare dei rappresentanti. Questa operazione, per tenere unita la Spagna con i suoi territori d’oltremare, diventa un’arma a doppio taglio: se è vero che da un lato integra i territori americani, invitandoli a mandare dei rappresentanti alla giunta centrale, dall’altro riconosce il loro profilo istituzionale, ed è come se li sollecitasse ad organizzarsi anche loro a dare vita a delle giunte di governo; questo succede a partire dal 1809 nell’America spagnola. In questa alienazione del regno, nella mancanza della figura monarchica, non viene messa in discussione soltanto chi deve governare l’Impero, ma anche tutto il sistema dell’antico Impero viene messo in discussione. I funzionari, che erano di nomina regia, non avevano più un’autorità riconosciuta a cui rispondere; a questo punto, o rispondono al governo locale o a quello del vicereame, e questo crea tensione. Le rivoluzioni ispaniche nascono come una resistenza legittima all’illegalità degli atti del governo. La giunta suprema centrale spagnola, capisce che per cercare di tenere insieme tutto, si scioglie e convoca le Cortes (rappresentanze corporate di antico regime), che adesso è basata democraticamente, viene eletta. Queste Cortes diventano una grande Assemblea combattente, che regge la guerra contro i nemici francesi, e si riunisce a Cadice a partire dal 1810. Si chiede ai vicereami e alle capitanie dell’America del Sud di eleggere a loro volta dei rappresentanti e di mandarli a Cadice. Si tratta di una rappresentanza più ampia, anche se alla fine su 200 deputati, solo 28 appartengono alle Americhe spagnole. Si tratta di processi elettorali che avvengono in un periodo di guerra, e nonostante questa, il processo viene svolto comunque. Un quarto di questa Assemblea è nominato sul posto, dai 150 deputati che sono riusciti ad arrivare a Cadice. Il 24 settembre del 1810 c’è il giuramento dei rappresentanti di fronte al vescovo di Cadice e poi si riuniscono nel teatro di Isla de Léon, un’isola di Cadice. Gli ibero-americani continuano a credere che i francesi siano vicini alla vittoria e che il loro dominio possa estendersi anche nell’Atlantico, arrivando quindi a loro. Nel corso del 1810 si formano delle nuove giunte autonome anche in ibero-America in centri importanti, come Caracas e Bogotà. Questa è conseguenza anche di un’altra rottura rivoluzionaria che l’Assemblea di Cadice compie nel 1811: la giunta centrale decreta che l’Assemblea di Cadice sarebbe stata depositaria della sovranità dell’intera nazione spagnola, comprendendo anche l’America. Gli ibero-americani non ne riconoscono la legittimità e questo processo determina delle conseguenze nelle ex colonie, perché preferiscono costruire dei governi autonomi, alcuni dei quali arrivano a dichiarare l’indipendenza. Questo avviene prima in Venezuela e poi in Colombia. Non si tratta di indipendenze assolute dalla monarchia, perché continuano a riconoscere in Ferdinando VII il sovrano legittimo, ma, come gli americani, indipendenza 21 significa autogoverno all’interno della comunità imperiale. Le giunte sono restauratrici, nascono come depositi di sovranità  assume la capacità di tutela e amministrazione, ma non altera l’ordinamento politico vigente; il passo successivo è una vera e propria rivoluzione, ad una confisca della sovranità del monarca e l’attribuzione di questa a un nuovo soggetto politico. Si assiste ad una realtà in cui anche città secondarie approfittano della crisi per costruire i propri governi, senza riconoscere la legittimità e l’autorità delle rispettive capitali. All’interno di queste divisioni, alcune giunte si schierano con i lealisti, altre con gli insorti per avere un distacco dalla madrepatria. Questo perché non riconoscono i governi insurrezionali delle altre città e farlo gli riconosce più autonomia. Alla contrapposizione tra insorti e lealisti, si affiancano delle micro-guerre civili che dividono al loro interno i vicereami e le capitanie, dando vita ad una realtà molto frammentata. A queste guerre civili pone fine, paradossalmente, l’arrivo di un’armata spagnola, mandata da Ferdinando VII nel 1815 e guidata da Pablo Morillo. La Costituzione di Cadice viene scritta dalla Cortes, ed è ritenuta molto radicale per gli attori del tempo; è un amalgama molto complicata di elementi tradizionali e moderni. C’è l’abolizione dell’inquisizione, dell’istituzione signorile, il tributo indigeno etc. Uno degli elementi più caratteristici è l’ampio suffragio che viene concesso ai cittadini di questa nuova nazione che si cerca di edificare. È un sistema elettivo monocamerale e a più gradi (4, dal voto in parrocchia, la circoscrizione comunale, le province e poi alla scelta dei deputati), ripreso da quello francese. Uno degli elementi fondamentali della Costituzione di Cadice, tradotta in ibero-America, è che, siccome il principio di accesso al voto è basato sul concetto di domicilio, questo fa sì che anche se nella Costituzione coloro che provengono dall’Africa o i meticci, non avrebbero potuto avere accesso alla cittadinanza, potranno aprirsi la strada a questa; giocando sul riconoscimento all’interno delle comunità, nell’ibero-America, tutti gli indigeni, i neri liberi o gli ex schiavi, vengono ammessi al voto. La Costituzione di Cadice apre l’elettorato a tutti gli strati della società. La fine dell’Impero napoleonico e le rivoluzioni iberoamericane nello spazio euro-atlantico (1814- 1825) Nella primavera del 1814 Ferdinando VII è già tornato re, quando Napoleone ha riconosciuto l’insostenibilità lo stato di guerriglia permanente, ha deciso di porre fine alla guerra in Spagna, riconsegnando il trono ai Borbone. Il primo atto di Ferdinando VII è quello di ritirare la Costituzione di Cadice e tornare ad uno stato assolutista. Siamo in un contesto della sconfitta di Napoleone e della sua prima abdicazione; nell’aprile del ’14 le truppe della sesta coalizione antifrancese erano arrivate a Parigi, sconfiggendolo. Inoltre, era iniziato nel settembre il Congresso di Vienna, che sarebbe durato fino al giugno del ’15 e che avrebbe ridisegnato l’assetto europeo dopo la fine della Francia napoleonica. si chiude poco prima della battaglia di Waterloo, dove il capitano Wellington aveva sconfitto in modo definitivo le truppe di Napoleone. Alla coalizione prendono parte quasi tutti i principali Stati europei, anche se il dominio era sempre in mano all’Austria, alla Russia, alla Prussia e alla Gran Bretagna. Lo scopo del Congresso di Vienna è quello di ribadire il principio legittimista delle monarchie fondate sul diritto divino e di fondare un nuovo ordinamento politico e un equilibrio politico che sia garante della pace futura nel continente e neutralizzi ogni mira di egemonia della Francia, e che faccia tornare indietro l’Europa prima della Rivoluzione francese. Viene però costruito un tipo di monarchia costituzionale in Francia. Durante il Congresso di Vienna si formalizza un sistema di alleanze militari contro qualsiasi regime liberale che si formi in Europa: la Santa alleanza (Russia, Prussia e Austria)  rappresentanti che dovevano rimanere uniti, alimentare lo spirito della fratellanza e 22 Verfassung  ci aiuta ad entrare dentro alla forma dell’organizzazione del potere e studiare il rapporto che si instaura tra il soggetto centrale e quelli sul territorio. Possiamo indagare un’amplia fenomenologia dell’azione e delle forme di associazione dell’uomo in rapporto al territorio. L’antico regime è un sistema di Stati plurimi e fino al ’48 non c’è stata traccia di una Costituzione come atto formale. Una Costituzione può dirsi legge fondamentale se si verificano tre condizioni: 1. regola in modo effettivo la forma di governo e l’assetto dei poteri pubblici; 2. riporti la clausola di supremazia, ossia sia considerata una norma giuridica sovraordinata a tutte le altre; 3. il suo mutamento deve essere regolato dalla Costituzione stessa. Dal punto di vista della storia delle costituzioni il tornante rivoluzionario apre l’orizzonte a sperimentazioni prima solo abbozzati. Lo Stato di antico regime, nella sua struttura portante, è di tipo giurisdizionale. La Costituzione premoderna è cetuale  in un'unione politica di potere (regno, territorio o Land) gli strati della popolazione privilegiati e più attivi dal punto di vista economico e politico (di qui la prossimità semantica tra «ceto» e «classe») rappresentano, nei confronti del signore, il «territorio» o il «regno», in un'organizzazione corporativa della totalità. L’individuo partecipa alla vita del ceto e acquisiva significato solo nella vita collettiva. I corpi più nobili gli veniva riconosciuta la possibilità di partecipare alla vita politica. La Costituzione di antico regime riconosce l’insieme di parti e legami che, anche senza chiamarsi Costituzione, avevano un comune denominatore a tenere insieme la comunità; ogni ceto, corpo, negoziava con il centro il modo di assoggettarsi ad esso. Lezione 11 16/03 Il nazionalismo ottocentesco La prima guerra totale  David Bell (copertina libro quadro di Goya, Il colosso. ultimi anni ’90 del Settecento/primi anni ’15 dell’Ottocento a rafforzare l’identità degli eventi. Lo spazio italiano di fine Settecento  si creano molte esperienze repubblicane statali nuove ma saranno brevi (“triennio repubblicano” (1796-1799), perché l’invasione degli austriaci le abbatteranno; però, pur nella differenziazione delle repubbliche, sono tutte esemplate sulla Repubblica rancese e hanno una serie di caratteristiche amministrative e legislative comuni. Alle repubbliche sorelle succedono i Regni fratelli (1805-1815), che sono tripartiti: Regno di Napoli, Regno d’Italia e Impero francese (restano fuori il Regno di Sicilia e il Regno di Sardegna). Questa esperienza contribuisce a creare una condivisione nelle varie parti d’Italia. Nel Regno di Napoli c’è però una vasta mobilitazione antifrancese con forme di brigantaggio, usate dai Borboni: è il preludio di quello che succederà negli anni ’60 prima dell’unificazione. I briganti possono sia rivoluzionari sia controrivoluzionari, stessa cosa per quanto riguarda l’identità. Le identità nazionali, come quella britannica, si rafforzano. Ad esempio, l’ammiraglio Nelson, grande nemico dei francesi che più volte li sconfigge o aiuta le dinastie a fuggire da loro, nel quadro di Benjamin West, raffigurando la sua morte come eroica. Vi sono nuovi patriottismi, austriaco e italiano, o il rafforzamento dei vecchi, come quello inglese o russo. In questi nazionalismi europei, che si vanno costruendo dagli anni ’20, giocano un ruolo fondamentale la lingua e la religione. Prima della fine del ‘700 la parola nazione indica una realtà geografica, 25 commerciale ma nell’età delle rivoluzioni inizia a delineare, in chiave politica, una collettività di uomini che sono i depositari della sovranità che possono esercitare in un determinato territorio. Con l’affermarsi delle identità nazionali, la sovranità nazionale diventa l’insieme di coloro che condividono storia, cultura o tratti etnici. Dal 1815, dopo il congresso di Vienna, che cerca di portare l’Europa all’assetto precedente alla Rivoluzione francese, i nazionalismi diventano radicali  rivendicano cambiamenti importanti. Porre fine alla frammentazione degli Stati e i nazional-patriottici diventano delle figure pericolose. Dopo gli imperi coloniali atlantici, i nazionalismi che iniziano a diffondersi, mettono in tensione altri imperi: Impero asburgico, il Regno Unito, il Regno dei Paesi Bassi. Un elemento eversivo è che molto spesso queste istanze si incontrano con quella di darsi dei corpi elettivi rappresentativi. Il discorso nazional patriottico è dotato di un carattere rivoluzionario rispetto all’ordine precostituito; è l’ideologia più longeva della storia contemporanea. Perché il discorso nazional-patriottico è così persuasivo? Si tratta di una proposta politica che si rivolge alle masse e per coinvolgerle fa appello all’universo delle emozioni e dei sentimenti. Lo fa attraverso una modalità comunicativa chiamata “estetica della politica”, utilizzando messaggi politici come veicoli di comunicazione e generi di consumo culturale normalmente destinati al divertimento e al tempo libero (pittura, romanzi, poesie). Questa intreccia un rapporto diretto e indiretto con il romanticismo e con i suoi artisti, figure che si muovono a partire dall’Ottocento sul mercato per vendere le proprie opere e i propri prodotti editoriali. I nazionalismi sono diversi e ci sono principalmente tre caratteri: - La nazione viene vista come una comunità biopolitica di discendenza, rappresentabile attraverso le metafore della famiglia  la madre patria e i suoi figli; - la nazione come comunità dell’onore, popolata da eroi ed eroine, ma con una rigida divisione di genere; - la nazione come esperienza e comunità religiosa di credenti politici con propri martiri (risorgimento/resurrezione)  pervasività della croce (es. crociata contro gli austriaci/Garibaldi come Redentore). L’appropriazione della croce è un immaginario che appartiene alla mobilitazione greca, che inizia a partire dal 1821, perché la bandiera della “Società degli Amici”, che muove la guerra contro l’Impero Ottomano (valenza ideologica perché musulmani) Lord Byron icona del nazionalismo greco. Lezione 12-13 21/03 Schiavitù e rivoluzione abolizionista. Una storia africana ed euro-atlantica Tra il ‘500 e il ‘700 in termini di migrazioni è l’africa che domina il mondo atlantico: sono quasi 11 mln gli schiavi trasportati attraverso l’oceano e si tratta del più grande movimento di migrazione forzata della storia. Le principali regioni da cui vengono deportati sono 7, collocate nella parte occidentale [SLIDE cartina]. Prima che arrivassero gli europei, l’oceano Atlantico aveva una parte marginale per gli africani, in quanto privilegiavano le tratte terrestri o quelle attraverso l’oceano Indiano. L’africa non aveva una propensione marittima a causa dei venti, le barriere a largo, le onde alte etc. l’arrivo degli europei implica una serie di conseguenze: si crea una logistica lungo le coste occidentali, si formano all’uso di imbarcazioni e molti villaggi vicino alle coste si trasformano in porti atlantici. Paradossalmente, gli africani entrano in un commercio importante con gli europei che non coincide soltanto con il commercio degli schiavi, tant’è che moltiplica di sei volte. In questa fase, dal Quattrocento fino a metà Ottocento, l’arrivo degli europei non significa un processo di colonizzazione, in quanto gli europei sono vulnerabili a… africane. Quindi si instaura un rapporto mercantile, in quanto ci sono molte merci dell’africa che interessano principalmente gli spagnoli e i portoghesi (oro, cera 26 d’api etc. che vengono scambiati in cambio di tessuti, armi ed oggetti di metallo). Da tener presente è che gli africani non vengono sfruttati, ma partecipano attivamente con gli europei, anche per quanto riguarda il commercio degli schiavi. Solo alla fine del Cinquecento inizia ad essere importante la tratta, anche più dell’oro. All’avvio delle rivoluzioni, rappresentano il culmine della tratta, complessivamente 850.000 schiavi attraversano l’oceano, rappresentando il 90% dello scambio africano rispetto al commercio mercantile. Gli africani, come la maggior parte delle popolazioni del tempo, accettano la schiavitù. Ma come si diventa schiavi? Conseguenza di guerre, dove i vincitori mantengono gli schiavi e altri li mettono sul mercato; … La schiavitù è un elemento importante perché la proprietà della forza lavoro è più importante delle materie prime. Nei regni africani era normale farsi prigionieri l’un l’altro (prigionieri di guerra). Questo perché non c’era un senso di appartenenza come invece c’era in Europa, dove era impensabile fare prigionieri di guerra altri europei; per questo il fatto viene utilizzato a favore proprio per aumentare la tratta. Iconografia. In questa fase molti africani sono impiegati come domestici, altri con la manodopera delle miniere, altri come artigiani, altri nelle piantagioni. Il Brasile è l’esempio dello sfruttamento degli schiavi e si assiste ad uno sviluppo di società delle piantagioni e una progressiva domanda di schiavi a partire da metà Seicento, che coincide appunto con l’espansione delle piantagioni. Dal Brasile si trasporta anche nelle indie occidentali francesi e inglesi e questa domanda di lavoro forzato si amplia. Cambia anche il significato di piantagione  cambio della semantica segnala dei cambiamenti storici in atto. Comincia ad essere indicato come un insediamento dove si coltivano dei prodotti con una manodopera non libera. La piantagione da zucchero rappresenta la principale piantagione dove vengono adoperati gli schiavi non bianchi (da oro bianco a oro insanguinato, a causa dell’alto tasso di mortalità degli schiavi, rimanda al loro sangue). Nel corso del ‘700 diminuisce l’arrivo dei servi a contratto (persone che per una parte della loro vita viene sottoposta ad un regime di servitù  bambini rapiti, contrattisti etc. è una tipologia di lavoro diffusa nell’antico regime e nelle società del nuovo mondo) ed è un elemento che spiega l’aumento della tratta. Nelle colonie inglesi si sviluppano le piantagioni di tabacco o del riso; con la rivoluzione quelle di cotone si affiancano a queste nella parte a Sud degli Stati Uniti, dando un’ulteriore spinta al flusso degli schiavi. Ma questi sono anche nelle colonie a Nord, ma lì le loro attività erano di servizio domestico e artigianato. La tratta atlantica è un fenomeno prevalentemente sette/ottocentesco (tra 1760 e 1820). Le varie compagnie commerciali sotto il controllo degli Stati sono i protagonisti di queste attività, che nel Settecento diventa anche una realtà dei privati. In Portogallo è … Dal punto di vista politico il commercio favorisce la creazione di nuovi Stati o regni che si affacciano sull’atlantico. I due principali sono il regno degli Asante, nei territori tra togo e costa d’avorio, e il regno di Dahomey, nell’attuale Benin. La continua richiesta di schiavi genera un ampliamento del fenomeno della schiavitù nella stessa africa e quando diventa un’istituzione generalizzata, lo status di schiavo si spersonalizza, diventando … a questi prigionieri vengono assegnati dei ruoli, anche rilevanti e si danno loro importanti mansioni, anche di controllo politico-militare, ma quando diventa diffuso le condizioni di vita, anche in africa, diventano sempre più dure e difficili. Un altro elemento è il forte impatto che lo spostamento dall’africa alle Americhe si abbatte sulle persone strappate e dislocati lontani in società sconosciute. Importante è che delle forme di resistenza e difesa che questi schiavi mettono in atto  ci sono esempi e casi di ibridazione con le culture che vanno ad incontrare nelle Americhe ed è un modo per mantenere un’identità africana e provare ad ibridarla con quella che si incontra e si entra in contatto. Un fenomeno importante è quello del maroonage, cioè la fuga degli schiavi ribelli in cerca di un nuovo inizio. Spesso queste ribellioni, inizialmente, possono avere successo perché molti di questi sono ex 27 I 13 Stati che avevano ottenuto l’indipendenza coprivano solo la fascia costiera e alla vigilia della rivoluzione gli Stati sono aumentati. A fine Ottocento gli Stati diventano 45 e tutto il continente dell’America del Nord è colonizzato. La formazione degli Stati Uniti è stata regolata da un’ordinanza del 1687 che prevedeva che, una volta raggiunto un tot di abitanti, quello che veniva chiamato territorio diventava uno stato, dotato di una Costituzione, e viene ammesso su un piano di parità all’interno della federazione. Le guerre indiane si sono susseguite nel corso dell’Ottocento e la guerra del Texas con il Messico è significativa. Queste avevano l’obiettivo lo sfruttamento della terra  nativi resistenza ma, nonostante questo, si ha avuto il completo controllo degli Stati Uniti delle vaste aree degli indiani. Zona dei grandi laghi. Inizio 800 fulcro economia schiavista si sposta dalla costa atlantica al Deep South sul golfo del Messico, centro di piantagioni di cotone. La marcia verso occidente riguarda la parte meridionale dell’America, a Nord del fiume Ohio è proibita. Fiume Ohio confine al nord del quale ci sono stati che progressivamente hanno abolito la schiavitù. Quesito fondamentale che attraversa l’Ottocento americano. Chi colonizzerà il resto dell’ovest? Il modello del nord o del sud schiavista? Nel 1854 viene redatta la legge, da parte di Douglas, senatore democratico, chiamata Kansas-Nebraska Act  questi Stati devono decidere se essere Stati schiavisti o antischiavisti. Stati del sud preoccupati tanto che il congresso che è maggioranza schiavista approva questa legge, abrogando il compromesso del Missouri. Territorio del Kansas diventa scenario di guerra. Prevale l’ipotesi di delegare agli abitanti del Kansas e del Nebraska di decidere se mantenere la schiavitù o meno, altrimenti col congresso del Missouri automaticamente non schiavisti. Questo comporta un costo nella storia della politica americana. Sono tre: 1. fine del secondo sistema dei partiti  dopo la rivoluzione si formano il partito federalista, guidato da Hamilton, e il democratico-repubblicano di Jefferson, terzo presidente Usa. I Federalisti perdono forza già dal 1800, mentre il partito di Jefferson diventa la forza dominante del paese per tre decenni. Nel 1829 lo stesso partito si divide, formando il Partito Democratico e il Partito Whig. Il Partito democratico nasce come movimento politico in supporto alla candidatura di Andrew Jackson, generale ed eroe della guerra anglo-americana del 1812-14 oltre che della successiva guerra indiana, nelle elezioni del 1828 contro l’allora capo di Stato John Quincy Adams. I partiti americani, da quando irrompe il suffragio universale maschile, portano ad una formazione di partiti molto organizzati e strutturati, molto simile ai partiti novecenteschi europei. Free soil party  fondato nel 1848 da dissidenti whig e democratici che si battono perché i nuovi territori occidentali restino suolo libero, ovvero sottratto dalla schiavitù. American party  formazione xenofoba che guadagna consenso grazie alla propaganda contro immigrati e cattolici e negli anni Cinquanta elegge sette governatori e una cinquantina di deputati al congresso. Non prende posizione sulla schiavitù e finisce per disintegrarsi abbandonato sia schiavisti che antischiavisti. 2. la nascita del partito repubblicano  antischiavista e progressista. Fa dell’abolizionismo la sua bandiera. Quando il compromesso del Missouri salta, gli ex whigs e gli ex democratici settentrionali si uniscono ai Free Soiler, che si organizzano e danno vita al nuovo partito, quello repubblicano. Questi hanno un nome che si richiama al partito di Jefferson, ma sono diversi. Adottano uno slogan “suolo libero, lavoro libero, uomini liberi”. 3. guerra civile in Kansas (1855-56)  il Kansas è abitato da emigrati del Nord, quindi composto da abolizionisti; ma confina con il Missouri, stato schiavista e dopo l’approvazione dell’act, lo stato del Kansas diventa luogo di scontro tra abolizionisti e schiavisti. Si arriva ad avere due assemblee, che non si riconoscono l’un l’altra. Interviene il presidente, democratico schiavista, 30 che si mette a favore dell’Assemblea schiavista. Questo porta ad una guerra civile, finché non interverranno le truppe federali, si instaurerà un nuovo parlamento, abolizionista, e nel 1861 il Kansas sarà ammesso nell’Unione come stato abolizionista. Lezione 14 22/03 I confini della democrazia: voto universale, pratiche plebiscitarie e suffragismo A Manchester si svolge, il 16 agosto 1819, una grande manifestazione a favore del suffragio universale (tutti i maschi adulti); è un episodio fondativo per il suffragio universale maschile in Gran Bretagna, ed è un episodio iconico anche per il resto d’Europa. È presente alla manifestazione, non solo la stampa locale, ma anche un inviato del Times, che inizia ad essere il principale giornale di massa; la sua presenza fa sì che questo episodio vada all’attenzione della stampa nazionale e internazionale. Il modo di chiamare questo episodio, Peterloo, è esemplificativo e lo si fa perché tra i manifestanti ci sono molti reduci della battaglia di Waterloo. C’è questa ironia, dove gli stessi che avevano battuto Napoleone sono stati utilizzati anche per reprimere la mobilitazione dei protestanti. Henry Hunt  sarebbe dovuto essere il grande il grande oratore di questa manifestazione, ma questa venne interrotta poco dopo il suo discorso. In queste grandi manifestazioni la funzione dell’oratore diventa fondamentale per costruire una connessione tra i partecipanti e trasmettere così il messaggio politico. Siamo di fronte ad una società che non ha strumenti come gli altoparlanti e per poter parlare in una manifestazione pubblica bisogna avere delle prestazioni fisiche per farsi sentire. La partecipazione a queste manifestazioni è un vero e proprio rituale collettivo e identitaria. C’è anche la centralità del reporter, il quale sta in prima fila e utilizza la stenografia per restituire le parole che pochi hanno potuto sentire. La Gran Bretagna è il luogo in cui il suffragio viene allargato gradualmente e tre sono le grandi riforme: 1. 1832  proposto dal governo whig (liberale), ridisegnando il corpo elettorale. Charles Grey redistribuisce i seggi parlamentari tra le varie unità amministrative, eliminando parte dei rotten boroughs o riducendo la loro rappresentanza in favore delle contee o degli altri boroughs prima sottorappresentati. In tal modo si permette una più ampia rappresentazione dei nuovi centri industriali e con l’abbassamento del censo elettorale si garantisce l’accesso al voto ai ceti borghesi. 2. 1867  promosso dal governo tory di Benjamin Disraeli, abbassa ulteriormente il censo elettorale, fino a comprendere nell’elettorato larga parte delle classi lavoratrici cittadini. Promossa da un governo conservatore e fa vedere la competizione politica britannica del tempo. 3. 1884-85  introdotto dal liberale William Ewart Gladstone su istanza dei radicali del 1884, estende il suffragio ai lavoratori agricoli. Nel 1885 una legge separata procede alla redistribuzione dei seggi. Il voto non è mai universale in senso letterale; le regole che definiscono l’attribuzione del diritto di suffragio eliminano sempre una parte dell’umanità dal suo esercizio, e la definizione di queste regole muta nel tempo, e di conseguenza anche l’accezione dell’aggettivo “universale”. Emblematico è il caso degli USA in cui nel 1828, anno della prima elezione del democratico Jackson, 21 dei 24 Stati hanno abolito i requisiti di censo e di proprietà per l’accesso al voto dei maschi, mentre il suffragio è negato non solo alle donne, ma anche agli schiavi e ai nativi, considerati tout-court dei nemici (britannici). 31 Quando si dice universale si intende un suffragio dei maschi adulti che si oppone al tipo censitario, tipico della monarchia costituzionale francese, criticato come istitutivo di un nuovo privilegio che contrasta con la fine dell’Antico Regime; ma questo sistema vige in molti Stati costituzionali europei dell’epoca. “Suffragio universale” significa che nessuna condizione particolare e nessun segno di distinzione, sia esso economico o capacitario, debba essere richiesta ai maschi adulti per esercitare direttamente il voto. Alla fine degli anni ’30, quando iniziano le grandi mobilitazioni, suffragio universale è un voto diretto. L’altra grande distinzione dei sistemi elettorali è quella del voto diretto o a più gradi. Durante le rivoluzioni, francese e americana, fino alla fine degli anni ’20 si vota a due gradi. Il movimento cartista è democratico-radicale che viene costituito a Londra da Lovett e da un’organizzazione di lavoratori londinesi (no movimento protosocialista) e il loro obiettivo è la riforma politico-parlamentare. Si chiama cartista perché viene scritta la People’s Charter, che rivendica il suffragio universale maschile segreto e diretto, e la razionalizzazione dei collegi elettorali accanto alla riforma parlamentare (elezioni annuali – affinché ci sia più connessione tra elettori ed eletti –, indennità per i rappresentanti – cosicché anche chi non è ricco possa fare questo lavoro –, abolizione del censo di eleggibilità). Altra grande richiesta all’interno della carta e il fatto di ridisegnare i collegi elettorali, anche rispetto alla riforma del ’32 che non ritenevano soddisfacente, per fare tanti collegi elettorali quanti sono i parlamentari da eleggere; quindi, con una proporzionalità aritmetica tra abitanti e rappresentanti da eleggere. Una riforma ulteriore in nome della rappresentatività. Il cartismo è importante anche per il tipo di mobilitazione che promuove e si muove su due modalità di azione: - Organizzare grandi meeting in cui vengono raccolte le firme per trasformare la carta in petizioni da portare alla camera dei comuni per dargli valore legale  movimento legalitario, che crede nella capacità riformatrice del sistema britannico; - Il voto segreto  in Inghilterra il voto era palese (il cittadino virtuoso era colui che diceva apertamente chi votava). Benché in continua tensione tra ricorso alla “forza morale” e alla “forza fisica”, lo stile politico del nuovo movimento riformatore radicale si caratterizza per: - Il rispetto per l’architettura costituzionale che vuole riformare radicalmente (l’interlocutore è il Parlamento); - L’innovazione sul piano delle pratiche politiche  per raccogliere milioni di firme in calce alla People’s Charter, i leader e i militanti fanno ricorso ai meetings all’aperto. Le campagne per la carta sono 3 e la capacità di mobilitazione di cartisti è straordinaria, perché in ognuna di queste mobilitazioni vengono raccolte milioni di firme: 1. è lanciata a Glasgow nel maggio 1838 in occasione di un meeting che vede la partecipazione di circa 150.000 persone. Presentata come una sorta di Magna Charta popolare, il testo guadagna sostegno in tutto il paese e i suoi fautori diventano noti come Cartisti. 2. una petizione a Londra nel maggio 1839 da Attwood per essere presentata al Parlamento. Essa conta più di un milione di firme, ma la camera dei comuni non la prende in considerazione. 3. i cartisti continuano le campagne e presentano due successive petizioni al Parlamento nel 1842 con in calce più di due milioni segnature e nel 1848 con circa due milioni di firme effettive, benché i leaders ne avessero dichiarate molte di più durante la manifestazione a Kennington Common  dagherrotipo della manifestazione. Queste immagini fotografiche sono utilizzate come modelli 32 un’immagine del movimento]. Verrà poi lasciato al ‘900, dove come forma di protesta usano lo sciopero della fame; dall’altro lato ci sono le mobilitazioni di tipo radicale, con azioni dure. La svolta per il voto alle donne la si ha solo nel primo e secondo dopoguerra, perché paradossalmente, i movimenti suffragisti hanno avuto un grande ruolo nella sensibilizzazione, ma hanno creato anche tante resistenze. Dopo la Prima guerra mondiale perché hanno dovuto sostituirsi agli uomini e hanno dimostrato di essere capaci di fare le stesse cose degli uomini e quindi ringraziate con il diritto al voto (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Austria). Laddove non era avvenuto dopo la Prima guerra mondiale, avviene dopo la seconda, soprattutto i due paesi che sperimentano per primi il suffragio universale maschile, Francia e spazio italiano, sono tra gli ultimi che concedono il voto alle donne, e lo fanno con gli stessi elogi degli altri paesi; inoltre, le donne hanno combattuto nella resistenza. Lezione 15-16 28/03 Rivoluzioni europee del 1848 Se ci collochiamo all’altezza del ’48, a eccezione della Gran Bretagna (parlamentare) e alcuni Stati confederazionali, nel resto d’Europa prevalgono le monarchie assolute (amministrativo-assolutiste  non c’è libertà costituzionale ma si è costruita un’amministrazione che si incontra con delle monarchie assolutistiche, in cui non sono in vigore delle libertà di tipo costituzionale). In questo tipo di assetto, chi contesta il potere, si espone alla censura, all’esilio o all’arresto. Ogni insurrezione mancata è seguita da forme di emigrazione politica che si intreccia anche con quella economica  si va a cercare una fortuna politica o economica. L’unica modalità in cui, al di fuori degli Stati costituzionali si può agire liberamente, era attraverso il settarismo e associazioni segrete. A queste sono di carattere costituzionale, democratico e repubblicano e, via via che si va avanti, acquistano anche istanze nazional-patriottiche. Diventa un elemento di passione e azione politica molto importante. Una delle principali associazioni nazionaliste europee è la giovine Italia che Mazzini fonda nel 1831 per dare una bandiera a coloro che cominciano ad immaginare di decomporre gli Stati italiani e costruire una nazione fondata sul suffragio universale. Mazzini non si limita ad immaginare una Giovine Italia, ma anche di confederare sotto un’unica bandiera tante nazionalità  giovine Europa. L’attività mazziniana è legata all’insurrezione in Italia ma immagina un’Europa delle Nazioni. La sua Europa unita è fatta di Nazioni prima, che poi si confederano; non immagina gli stati Uniti d’Europa. nel centro Europa rivolta dei contadini contro i proprietari terrieri (Galizia). Nel ’46 succede un evento contraddittorio  i contadini si alleano con i nobili austriaci contro i proprietari polacchi. Questo porterà ad un risultato importante, ovvero l’abolizione della servitù della gleba. Nel 1847 in Ungheria gli ungheresi reclamano una propria autonomia. C’è un’Assemblea corporativa, la Dieta, dove viene rappresentata la media borghesia, e Kossuth viene eletto. È un piccolo nobile di campagna con grandi capacità oratorie, che diventerà leader della battaglia d’indipendenza ungherese. Il re di Prussia ha bisogno di finanziamenti per costruire le ferrovie e si rivolge anch’egli alla Dieta e chiede un finanziamento per poter imporre delle tasse; in realtà questa chiede una costituzionalizzazione del regno, ma egli preferisce non bloccare il suo piano. Anche la Svizzera è in movimento: è una confederazione e nel corso del ’47 c’è uno scontro tra i cantoni cattolici, conservatori e attaccato alla loro autonomia, e i cantoni protestanti, che reclamano una maggiore centralizzazione del potere, una democratizzazione del potere. Diventa uno stato federale con un potere centrale. Nello spazio italiano ci sono alcuni tentativi di rivoluzione: la censura viene allentata, così escono dei giornali a riguardo. Il sovrano riformatore del ’46-’47 è il Papa  nel ’46 concede l’amnistia, un 35 provvedimento che va a interessare i prigionieri politici o gli esuli. Questa idea fa di Pio IX un personaggio popolare nello spazio italiano rivoluzionario. Questi sono anni difficili dal punto di vista economico e sociale  carestia e mancanza di cibo caratterizza tutta l’Europa. Questa crisi agricola si riverbera anche sul settore manifatturiero, portando alle insurrezioni sia di contadini che in città. Uno degli snodi fondamentali è la proclamazione della seconda Repubblica nel ’48 a Parigi. Le prime due insurrezioni importanti sono state in Italia: a Milano e a Palermo. Il movimento autonomista diventa un movimento indipendentista a cui il re di Napoli cerca di porre rimedio concedendo una Costituzione come quella francese di diciotto anni prima. Anche altri sovrani lo fanno; Carlo Alberto concede quello che è passato alla storia come “statuto albertino”, che richiama il medioevo e per sottolineare l’elemento  se i sovrani hanno paura dei rivoluzionari al tempo stesso sono loro che concedono queste carte/costituzioni. Dopo Parigi, il secondo punto di innesto è Vienna  gli abitanti di Vienna, in particolare gli studenti e gli artigiani, chiedono le dimissioni di Metternich, fautore della restaurazione. Manifestazione a Berlino per chiedere l’abolizione della censura e la libertà di stampa. Inizialmente il re temporeggia e poi risponde con una repressione durissima, che poi provoca una guerra civile con delle barricate. Il Regno Lombardo-Veneto  le 5 giornate di Milano, insurrezione urbana che porta alla cacciata degli austriaci dalla città. A Venezia Manin chiama rinata la Repubblica di Venezia. Non solo le grandi città sono oggetto di scenari di barricate, anche le città più piccole. - Le barricate hanno una storia molto lunga, inizialmente usata come forma di difesa da assedi esterni; - La mobilità dei rivoluzionari e l’esportazione delle barricate, volta al rovesciamento dei regimi interni; - Le caratteristiche della barricata  trono del popolo. Luogo in cui si esercita la sovranità popolare. Nella Francia repubblicana ci sono le elezioni a suffragio universale maschile del 1848 e c’è una partecipazione elettorale molto ampia. Le tre grandi bandiere della rivoluzione sono: il suffragio universale maschile, l’abolizione della schiavitù e l’apertura degli Ateliers Nationaux; la questione degli Ateliers è un provvedimento molto costoso e crea grande conflitto. La nuova Assemblea eletta chiude gli Ateliers e coloro che avevano trovato attività e lavoro al loro interno e si ritrovano ad essere nuovamente disoccupati. Questo porta ad un’insurrezione  è uno scontro durissimo all’interno dello spazio rivoluzionario repubblicano. Rivoluzione ungherese  Viene istituito un governo autonomo sotto legge austriaca. Ma in Austria, dopo che c’è stata una seconda insurrezione a Vienna, inizia un processo involutivo del processo costituzionale. Gli austriaci cercano di fomentare parti dell’Impero contro l’Ungheria. Progressivamente la fase della rivoluzione finisce e inizia il vero e proprio scontro: l’Ungheria diventa indipendente, Kossuth capo del comitato di salvezza pubblica, e inizia una guerra tra l’esercito ungherese e quello austriaco; l’Ungheria verrà accerchiata e sconfitta dagli austriaci e dai russi. Nello spazio italiano questa seconda ondata porta la rivoluzione a Roma e una mobilitazione in Toscana; finisce con l’abbattimento della Repubblica romana da parte delle truppe francesi di Luigi Napoleone per restaurare il potere temporale del Papa, e anche la Repubblica di Venezia si arrende, dopo il lungo assedio degli austriaci. Mentre cadono queste Repubbliche nel 1849, a Parigi si tiene il 36 primo Congresso di Pace europeo. Il grande protagonista di questo evento è lo scrittore Victor Hugo  appena passato a posizioni radicali repubblicane ed eletto all’Assemblea legislativa francese; il suo discorso al congresso è incentrato su tre punti fondamentali: la pace universale; gli Stati Uniti d’Europa; idea che per fare queste due cose i popoli barbari devono essere civilizzati. Ideale di costruzione di una Repubblica universale sotto l’egida francese. Bilancio del ’48  ci sono fallimenti, perché nelle realtà costituzionali si torna indietro, però non ci sono solo fallimenti: la schiavitù in Francia viene abolita definitivamente; nell’Impero austriaco i diritti signorili vengono aboliti e mai più ripristinati; il mantenimento, in alcune realtà, degli statuti, delle Costituzioni (Prussia e Regno di Sardegna); per quanto utopica, è la prima volta che si parla esplicitamente degli Stati Uniti d’Europa. Risorgimento Risorgimento  secondo il linguaggio del tempo fa riferimento al linguaggio religioso, la resurrezione. Dal punto di vista storiografico lo possiamo intendere come lo scenario italiano delle rivoluzioni, delle Costituzioni e delle controrivoluzioni, in cui si impianta la politica moderna e contemporanea. Può essere inteso come costruzione di un immaginario nazional-patriottico, e anche come un processo di unificazione nazionale. I due momenti finali che portano all’unificazione dell’Italia sono: - 1859  guerra franco-austro-sarda, quando gli austriaci, attraverso una provocazione nei confronti di Cavour, mobilitano l’esercito che porta ad un primo risultato: la Lombardia viene annessa al Regno di Sardegna. Sarà Napoleone III a fare un armistizio separato con gli austriaci e bloccherà il processo di unificazione, anche se ci sono delle insurrezioni nei ducati e progressivamente questi territori verranno annessi al Regno di Sardegna; - 1860, spedizione dei Mille  spedizione che si innesta su una rivoluzione in atto in Sicilia. Questa è il luogo debole del Regno. Garibaldi e i radicali vicino a lui sono monarchici democratici; partono dal nord Italia continuamente verso la Sicilia e progressivamente Garibaldi arruola anche i siciliani per combattere contro i napoletani e per essere indipendenti si fanno italiani, stando sotto Torino. Nella sua risalita il suo esercito si ingrossa di volontari, anche personaggi delle classi popolari, di banditi, e coloro che vengono dal Nord, come Giovanni Pantaleo (frate). Questo è un processo politico-militare raccontato in tutto il mondo euro- atlantico. L’esercito di Garibaldi diventa quasi di 40.000 unità, tra meridionali e del centro nord; per la maggior parte sono giovani, tra i 18 e i 20 anni; è un esercito largamente popolare. Nell’autunno del ’60, Cavour, per impedire che Garibaldi abbatta il potere temporale a Roma, manda il re e occupa/libera le Marche dal potere pontificio. Nell’autunno ci sono ancora sacche di resistenza e la proclamazione dell’Unità avviene con la resa di due grandi roccaforti: quella borbonica di Gaeta (13 febbraio 1861) e quella di Civitella del Tronto (20 marzo 1861). Una volta che l’esercito borbonico viene sconfitto e il re va in esilio a Roma, avviene la guerriglia legittimista, denominata “grande brigantaggio”. Gli attori del brigantaggio sono sottoufficiali dell’ex esercito borbonico, capi urbani (ogni comunità aveva dei comandanti delle milizie cittadine, sostituite poi dalla Guardia Nazionale), criminali e classe popolare. Questa mobilitazione, formata da squadre di centinaia di armati che effettuano scorrerie a piedi e a cavallo, avviene fino al 1865. All’interno del brigantaggio e la mobilitazione filoborbonica ci sono degli elementi sociali, ma in una chiave in cui i 37 nel 1886 questa legge viene bocciata dai voti contrari dei conservatori, a cui si uniscono 93 deputati liberali. A questo punto Gladstone deve dimettersi. Nel 1893, tornato al governo, ripropone la legge: il progetto viene approvato alla camera dei comuni, ma bocciata dalla camera dei lord. A questo punto in Irlanda lo scontro politico diventa durissimo. Nel 1905 nasce il Sinn Féin (“Noi stessi”), un movimento politico-culturale cattolico e anti-britannico che si dotò di un’ala paramilitare, di una milizia armata, repubblicana. Nel 1912 un governo liberale ripropone la home rule, con un’autonomia legislativa per l’intera isola, ma la camera dei lord la boccia, ma il rifiuto vinee rimandato solo per due anni poiché re Giorgio V li minaccia di sostituire la camera con nuovi lord. La lotta va avanti: nel settembre del 1912, coloro che rifiutano la home rule, firmano un documento di protesta dove si dichiara la difesa ad oltranza … questi unionisti si dotano anche loro di una forza paramilitare, Ulster Volunteer Force che si richiama alla tradizione settecentesca delle milizie civiche. Nel 1914 Giorgio V media le trattative per la home rule, dove le sei contee dell’Ulster rimarranno nella Gran Bretagna. Nell’esercito britannico per la Prima guerra mondiale ci sono tantissimi volontari irlandesi. Durante la Prima guerra mondiale c’è la rivolta di Pasqua, nel 1916  gli Irish Volunteers occupano le vie di Dublino e proclamano la nascita di una Repubblica irlandese egualitaria ed unitaria, ma si rivela un fallimento. Il problema è che la Gran Bretagna è in guerra e sarà un cambio culturale, per cui entra nella mente delle persone e il nemico diventa un qualcosa da annientare. Infatti, la repressione avviene con una repressione da parte dell’esercito e la marina, con azioni di guerra e bombardamenti. Questa repressione militare porta a molte vittime civili, la fucilazione dei congiurati e la corte marziale per i semplici sospettati creano indignazione e aumenta i favori della Sinn Féin. Nel 1918 trionfa il Sinn Féin  i deputati nazionalisti si rifiutano di andare a Westminster e creano un parlamento indipendente irlandese, il Dàil. L’azione passa agli Irish Volunteers, che presero il nome di IRA (Irish Republican Army). Scoppia una feroce guerra tra la Royal Army britannica, IRA, Ulster Volunteer Force ed i Black and Tans, forza paramilitare britannica a supporto della polizia. Si arriva poi al 6 dicembre 1921 con la firma del trattato anglo-irlandese: con l’eccezione delle sei contee, l’Irlanda diventa un dominion dell’Impero con il nome di Irish Free State, che diventa uno stato indipendente, con il sovrano inglese come proprio capo di stato. l’ira non accetta la pace raggiunta con i britannici e continua una guerra civile in Irlanda, questa volta contro il nuovo governo. Il nuovo stato, con il sostegno armato della Gran Bretagna, sopprime l’IRA, costringendolo alla clandestinità. L’Irlanda diventa una nazione chiusa su se stessa, dove il nazionalismo si lega alla chiesa. Un paese di natura agricola e isolazionista. Non parteciperà alla Seconda guerra mondiale e in nome della religione cattolica si rifiuterà di accogliere gli ebrei. Il Nord è fortemente legato ai cicli economici britannici, ma entrerà in una forte depressione economica e si creerà una regione che farà affidamento ad uno stato sociale che avrà al suo interno una natura segregazionista. Questo crea una tensione continua, perché i cattolici non fanno parte dello stato a Sud e si vedono anche discriminati nel Nord. Nascerà un’associazione per i diritti civili e questa situazione arriverà, negli anni ’70, allo scoppio di quelli che vengono chiamati i troubles: una guerra civile che durerà 30 anni. Lezione 18 30/03 Il sol dell’avvenire e le crisi di fine secolo. Socialismo, antiparlamentarismo, antisemitismo, internazionalismo (e ritorno delle nazioni) 40 Benché il socialismo sia un’ideologia, un’organizzazione politica, un modo di vedere la politica che ha il suo grande momento nel ‘900, tuttavia gli aspetti ideali e la prima grande organizzazione dei partiti socialisti rimane una questione ottocentesca (prima metà dal punto di ideali, nella seconda metà dal punto di vista di organizzazione politica). Flora Tristan, scrive nel 1840 dopo essere stata in Gran Bretagna, in piena rivoluzione industriale [SLIDE]. Era una militante politica socialista, rimasta scioccata dal viaggio nel paese. Se possibile per le donne, la disoccupazione significava un destino penoso e come rivelava la stessa Tristan che aveva osservato le prostitute che abitavano le strade di Waterloo. La sua vita è stata molto rocambolesca, che nasce nel 1803 a Parigi da una famiglia ispano- americana; vive in un quartiere povero e diventa un’operaia salariata, colorando stampe per l’artigiano Chazal che poi diventerà suo marito. Tuttavia, lei si ribella all’aspetto patriarcale di dominio del marito. Egli accetta inizialmente la separazione, ma poi vuole riprendersi i figli e li rapisce, mentre Flora è in Perù per recuperare i contatti con la famiglia del padre per prendersi l’eredità. Nel 1838 Chazal cerca di uccidere Flora, ma ella si salva e lui viene arrestato. Allora comincia a rivolgere petizioni alla camera per chiedere che il divorzio venga nuovamente legalizzato come durante la Rivoluzione francese. Ottenuta l’eredità inizia il suo percorso di letture che rafforzeranno le sue idee radicali, sia sulla figura femminile che sulla condizione degli operai; letture sulle questioni sociali. Queste letture sono quelle che Marx chiama, polemicamente, “i socialisti utopisti”, cioè quella serie di scrittori che pongono le basi per un tipo di società diversa, non individualista, ma dove i principi collettivi siano alla base. Uno di questi è Fourier  nel suo opuscolo propone la fondazione dei falansteri, ovvero grandi edifici dove almeno 1600 persone dovessero vivere insieme una vita in comune basata sulla condivisione delle strutture sociali. Egli istituisce, alle porte di Parigi, una comunità di questo tipo. Queste utopie applicate, incontrano grandi problemi, perché queste persone litigano, si allontanano dal fondatore e una parte dei discepoli di Fourier si trasferiscono negli Stati Uniti per riproporre questo modello. Tristan non è del tutto convinta di questa utopia ma aderisce all’idea che le relazioni stabili siano contrarie alla natura umana; darà scandalo, perché cercherà relazioni solo con altre donne  elemento di scandalo sia per le idee politiche che per la vita privata. L’assunto fondamentale è che Tristan lega l’emancipazione delle donne a quella dei lavoratori; quindi, sollecita i lavoratori francesi a dichiarare i diritti delle donne, così come i loro padri avevano fatto nel 1789 con i diritti dell’uomo. Per rendersi conto dell’emarginazione sociale, di che cosa vuol dire sul piano sociale la rivoluzione industriale, alla fine degli anni ‘30 si reca in Inghilterra, e da lì è appunto avremo … passeggiate a Londra del 1840 in cui definisce l'Inghilterra come laboratorio della civiltà che non tarderà a conquistare l'Europa; quindi, un modello, dal suo punto di vista negativo, ma che di fatto prefigura lo sviluppo del resto d’Europa e che sacrifica i diritti dell'uomo per il profitto. C'è anche un aspetto molto pratico nell'attività di Flora Tristan: ritornata in Francia fa una specie di tour de France per porre le basi per l'organizzazione di un movimento operaio. Promuove quelle che si chiamano in quel momento le “unioni operaie”, cioè delle associazioni che avrebbero dovuto permettere ai lavoratori di stare uniti e lottare per i propri diritti, per il miglioramento della propria condizione contro la sottomissione e contro lo sfruttamento. È un elemento importante perché fa sì che lei legga i socialisti utopisti, ma al tempo stesso li critichi dal punto di vista della mancanza di realismo; quindi, l’organizzazione delle unioni operaie per lei in fondamentale per superare questi immaginari troppo poco realisti del socialismo. Cabet  scrive un romanzo utopico dove immagina una società comunitaria del futuro in cui utilizza e inventa il termine comunismo, ripreso poi da Marx e dal movimento socialista successivo. Già dentro questo testo si possono vedere i tratti dell’utopia comunista, liberatori per le classi dei 41 lavoratori, ma anche tratti autoritari, cioè che tutti devono obbedire alle leggi della comunità. Bisogna rinunciare alla propria libertà personale per l’uguaglianza sociale. Anche lui sarà costretto ad andare negli Stati Uniti per provare a mettere in pratica questo modello, ma i suoi tratti fortemente liberisti lo faranno espellere. C’è l’idea che un nuovo modello di società deve essere messo in atto prima in un contesto circoscritto, così da portare il resto della società ad abbracciarlo in modo naturale e automatico. Questo elemento sarà un tratto che caratterizzerà il movimento socialista dei primi anni del ‘900. Se a Cabet si deve l’invenzione della parola “comunismo” in senso politico, ad altri si deve la coniazione dell’espressione “socialismo”, che inizia ad essere utilizzato in Inghilterra e in Francia negli anni ’30 dell’Ottocento. Un’importante figura è de Rouvroy, conte di Saint-Simon  è portatore di un’utopia tecnocratica e industrialista, cioè di un’organizzazione razionale e industrialista della società, che dovrebbe essere una religione, in cui tutte le persone dovrebbero lavorare per migliorare le condizioni dei loro compagni. È una figura molto affascinante, che attrae a sé molte persone di classi sociali diverse. Pierre Leroux  introduce definitivamente la parola “socialismo” nel vocabolario politico francese. Continua la linea di Tristan, vede strettamente connessi i diritti delle donne e dei lavoratori. All’Assemblea costituente del ’48 presenta un disegno di legge a favore del diritto di voto alle donne. Louis Blanc  scrive un importante testo “Organizzazione del lavoro”, in cui l’assunto principale è che gli operai dovrebbero partecipare alla distribuzione dei profitti delle fabbriche e delle industrie (condivisione dei profitti). Egli conia lo slogan “a ciascuno secondo i suoi bisogni”, ripreso dal socialismo marxista. Nel 1848 diventa membro del governo provvisorio repubblicano, quel governo che nasce dalle barricate. Tuttavia, il socialismo utopistico non è un’esclusiva dei pensatori francesi. Owen (gallese) di umili origini, diventa poi un dirigente di fabbrica, assumendo poi il controllo del cotonificio New Lanark a Glasgow, perché sposa la figlia del proprietario. La sua utopia consiste nell’organizzazione sociale di un’impresa privata. Ne fa una sorta di fabbrica modello e ha la missione di trasformare la società individualista in una società socialista. È uno dei primi che usa “socialist” nel discorso politico-sociale britannico. Finirà per finanziare una serie di esperimenti comunitari. Siamo di fronte a delle figure che o vengono dalla medio-alta borghesia o da umili origini che poi si arricchiscono; sono pochi quelli che hanno una connessione effettiva con il mondo dei lavoratori. Uno che ha un radicamento nel mondo del lavoro è: Proudhon  figlio di un bottegaio, che si forma come tipografo e le cui idee sono diverse dagli utopisti. Pubblica un libro che fece scalpore, perché nel titolo del suo libro poneva una domanda: “Che cos’è la proprietà” e la sua risposta era “è un furto”. La proprietà non deve essere concentrata nelle mani degli individui ma nella società, che poi la concede in affitto per evitare l’accumulo o la distribuzione ineguale della ricchezza. egli vuole la socializzazione della proprietà privata. Questo diventa poi uno slogan, tipico del movimento socialista, comunista e successivamente anarchico. Tuttavia, è contrario all’emancipazione delle donne. [Aline Tristan, figlia di Flora, è la madre di Paul Gauguin] 42
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