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La cellula eucariote e procariote, Appunti di Biologia

L'organizzazione cellulare e le differenze tra cellule procariote ed eucariote. Vengono spiegati i concetti di citoplasma, nucleoide/nucleo, membrana plasmatica e le strutture accessorie della cellula procariotica come la capsula, i flagelli e i pili. Viene inoltre descritto il meccanismo di difesa del batterio e il quorum sensing nei flagelli. Vengono presentati i diversi tipi di microscopia elettronica e ottica utilizzati per visualizzare le cellule.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 19/01/2024

genevieve-la-piana
genevieve-la-piana 🇮🇹

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Scarica La cellula eucariote e procariote e più Appunti in PDF di Biologia solo su Docsity! LA CELLULA EUCARIOTE E PROCARIOTE ORGANIZZAZIONE CELLULA PROCARIOTICA ED EUCARIOTICA Si parte sempre dalla teoria cellulare: gli organismi possono essere formati da una o più cellule, la cellula è la più piccola unità che presenta le proprietà della vita, le cellule si moltiplicano in seguito a crescita o divisione di cellule preesistenti.Organizzazione cellulare: uni o pluri. La diversità e la costanza sono importanti per l'organizzazione cellulare. Infatti, diverse tipi di cellule sono accomunati da un citoplasma (soluzione acquosa dove avvengono i meccanismi per far sopravvivere la cellula), nucleoide / nucleo (regione dove c'è materiale genetico), membrana plasmatica (isola l’ambiente esterno e fa comunicare la cellula con l'ambiente esterno). Una cellula ha una dimensione tale tanto da non essere avvistata ad occhio nudo (4 / 5 micron: procariotica, 10 / 40 micron: eucariotica, 100 micron:uovo). Quindi per vedere le cellule si utilizza il microscopio ottico quando sono al di sopra del micron, altrimenti microscopio elettrico. Lamicroscopia è di due tipi: ottica, utilizza fasci luminosi per distinguere due punti, o elettronica, utilizza elettroni per distinguere due punti. La microscopia ottica si suddivide: in quella a campo chiaro e può far uso dei microscopi confocali, cioè microscopi a fluorescenza che attraverso dei software fanno scansioni della cellula, se non ci sono particolari pigmenti, la cellula viene visualizzata come trasparente. Per migliorare la risoluzione delle strutture si utilizza una microscopia particolare, a contrasto di fase, per vedere meglio alcune strutture cellulari. L'utilizzo di coloranti ha migliorato la risoluzione dei microscopi ottici. La microscopia elettronica è a trasmissione e a scansione dove si ottengono immagini tridimensionali delle cellule. Esiste la TEM, in cui appaiono più scure le regioni che assorbono elettroni e più chiare quelle che non le assorbono. Inoltre, attraverso il frazionamento cellulare si possono isolare i mitocondri che poi si possono visualizzare attraverso la microscopia. Perché le cellule hanno questa dimensione o forma? La risposta è nel rapporto tra superficie e volume. Se si raddoppia il diametro della cellula, il volume diventerà 8 volte; la superficie invece aumenta di quattro volte. Il volume contiene tutte le sostanze necessarie per far avvenire le reazioni biochimiche all'interno della stessa cellula. La superficie invece consente lo scambio di sostanze tra ambiente esterno e interno. Il rischio è che aumentando il volume della cellula, non più la possibilità di poter ottenere degli scambi equi tra loro stesse. LA CELLULA PROCARIOTE Il dominio dei procarioti è quello più primitivo e si distingue in due sottodomini: archeobatteri che presenta caratteristiche simili agli eucarioti, eubatteri (pneumococco:responsabile della polmonite) che si suddividono in gram + e gram -. “Procariote” (prokarion) è un termine che deriva dal greco e significa “prima che si forma il nucleo cellulare”. Si tratta di strutture semplici che possiamo definire come “membrana cellulare” sormontata da una parete cellulare, dove all’interno troviamo il citoplasma e il materiale genetico. Assumono diverse forme, con chi, bastoncelli, spirale e in base alla forma che hanno possono colonizzare alcuni ambienti anziché altri. Le strutture peculiari accessorie della cellula procariotica sono la capsula, cioè struttura glucidica che va ad estendersi al di sopra della parete cellulare determinando una protezione al batterio; troviamo anche i flagelli, cioè estroflessioni proteiche del citoplasma che servono per il movimento della cellula batterica; i pili sono strutture che mettono in comunicazione il citoplasma con l’ambiente esterno e determinano un'adesione del batterio a determinate superficie ma anche a comunicare tra batteri permettendo lo scambio del materiale genetico; ci sono anche dei pigmenti che svolgono funzioni di riserva energetica. EUBATTERI: hanno una dimensione di 3-4 micron e presentano una parete cellulare fatta da peptidoglicano (aminozucchero), al di sotto troviamo la membrana cellulare che racchiude il citoplasma e all'interno del citoplasma troviamo il nucleoide (non è separato da una membrana) dove è racchiuso il materiale genetico. Questo materiale genetico è DNA circolare a doppio filamento. Alcuni batteri possono presentare strutture di DNA piccole, cioè i plasmidi. Nella cellula procariotica troviamo invaginazioni della membrana cellulare, imesosomi, strutture paragonabili ai mitocondri delle cellule eucariotiche perché troviamo enzimi coinvolti nella respirazione cellulare (batteri aerobi sono ricchi di queste impaginazioni). Nel citoplasma troviamo i ribosomi che svolgono funzione di sintesi proteica e li ritroviamo sia nei procarioti che negli eucarioti, però con dimensioni diverse. La membrana, citosol, materiale genetico e ribosomi si trovano anche nelle cellule eucariotiche. Distinguiamo i batteri gram + e gram - che dipendono dallo spessore della parete batterica; parete spessa gram +, parete meno spessa e sormontata da membrana esterna gram -. Il gram è la colorazione che fa utilizzo del cristalvioletto come colorante, nei gram + rimani impigliato e quindi ho una gram positività, altrimenti se nella membrana non c’è, si parla di gram negatività. Esistono dei batteri che riescono a sporurare, e quindi permetto la sporulazione, ovvero è una caratteristica che permette un differenziamento: se un batterio si trova in una condizione poco ideale, lui ha la possibilità di ibernarsi, accartocciandosi e formando delle spore che sono molto resistenti alle condizioni ambientali avverse, quando le condizioni migliorare, il batterio si idrata e continua la sua vita.MECCANISMO DI DIFESA DEL BATTERIO, usato anche in laboratorio. Si parla anche di quorum sensing nei flagelli, che è importante per la carie dentaria ed è la capacità per cui più batteri si organizzano in una sorta di colonia. ARCHEA: presentano caratteristiche più comuni agli eucarioti, anche se sono primitivi. Nella parete cellulare ci sono sostanze diverse dai peptidoglicani, la membrana cellulare è formata da lipidi diversi rispetto agli eubatteri. Le caratteristiche biologiche sono il fatto di essere estremofili, riescono a resistere ad ambienti molto estremi come temperature elevate e pressioni elevate. Gli archeobatteri li ritroviamo al di sotto delle profondità oceaniche, sorgenti termali, laghi salati ecc. L'importanza degli archea è che sono stati utilizzati per scopi biotecnologici per effettuare la reazione polimerasica a catena (PCR) e a cicli ben precisi con fasi dove si raggiungono temperature alte. La proteina permette che la reazione vada avanti. Tutto ciò ha permesso di ripetere più cicli di questa reazione automaticamente. La reazione a catena della polimerasi è una tecnica che permette di amplificare un frammento di DNA per mezzo dell'enzimaDNA polimerasi, che riproduce in vitro ciò che avviene nella cellula durante la replicazione del DNA. Mediante l'utilizzo della PCR è possibile ottenere moltissime copie di un gene senza dover ricorrere al clonaggio. Tale possibilità risulta strategicamente importante quando si dispone di quantità molto piccole di DNA, insufficienti per condurre qualsiasi tipo di ulteriore indagine. In alternativa, è possibile inserire il gene amplificato tramite PCR in un plasmide, per esempio per produrre la proteina corrispondente. L'idea di base è semplice: all'interno delle cellule, una DNA primasi sintetizza primer (o inneschi) che servono alla DNA polimerasi per iniziare la replicazione del DNA. Il materiale di partenza della PCR, detto DNA bersaglio, è un gene o un segmento di DNA. Per essere replicata, la catena a doppio filamento della sequenza DNA bersaglio deve essere separata tramite riscaldamento a 95 °C. A questo punto i primer (complementari a un'estremità della sequenza bersaglio) fungono da innesco e ognuno si lega alla sua sequenza complementare. Le polimerasi partono da ogni innesco, copiando la sequenza di quella catena. In breve tempo sono prodotte delle repliche esatte della sequenza bersaglio. Nei cicli successivi si separano le molecole a doppia catena sia del DNA originale che delle copie neosintetizzate, gli inneschi si legano ancora alle sequenze complementari e la polimerasi le replica. Alla fine di parecchi cicli la quantità di frammenti di DNA contenenti le sequenze bersaglio è “assai aumentata” e l'informazione genetica amplificata è ora disponibile per ulteriori analisi. Il punto chiave della PCR è quindi costituito da due inneschi, e ci sono vari step di laboratorio che ora non ricordo bene, fondamentalmente si ha sempre un aumento della temperatura facendo attenzione a non raggiungere e superare i 90 gradi per via della denaturazione delle proteine. LA CELLULA EUCARIOTE Il termine “eukarion” significa “reale nucleo”, quindi abbiamo la presenza di nucleo. Quando parliamo di cellula eucariotica, facciamo riferimento alle cellule dotate di nucleo e una compartimentalizzazione cellulare. Il dominio degli eucarioti si distingue nei regni: protisti, piante, funghi e animali. Noi siamo eucarioti. La compartimentalizzazione cellulare ha permesso una maggiore specializzazione infatti si è passati da un ambiente unico dove avvenivano le reazioni biochimiche per far funzionare la cellula ad un’organizzazione di questo tipo. E' infatti diversa dove ci sono comparti dove avvengono delle reazioni COMPONENTE PROTEICA DELLA MEMBRANA CELLULARE La seconda componente della membrana cellulare è quella proteica, parliamo quindi di alcune funzioni come quelle di trasporto o comunicazione. Importanti sono la struttura primaria della proteina, l'insieme degli aminoacidi e definisce la proteina; inoltre, la composizione chimica degli amminoacidi (neutro non polare perché agisce con le code dei fosfolipidi). Quando parliamo di proteine di membrana, queste proteine possano interagire con i fosfolipidi. La componente proteica di è distinta in: estrinseche, intrinseche, ancorate ai lipidi. Queste tre categorie svolgono funzioni diverse. Quelle estrinseche interagiscono solo con le teste dei fosfolipidi, funzione trasduzione del segnale all'interno della cellula; quindi, proteine formate da amminoacidi di tipo polare perché interagiscono con teste polari. Quelle intrinseche sono quelle che in parte o tutte attraversano la membrana, quindi, devono avere una natura anfipatica e hanno una funzione recettoriale. Quelle ancorate ai lipidi sono una via di mezzo e possono essere del tutto polari ma tramite legami covalenti sono legati con la coda del fosfolipide, trasduzione segnale. Le proteine intrinseche che attraversano la membrana del tutto si chiamano trans membrana che possono attraversare una o più volte la membrana,monopasso emultipasso. COMPONENTE GLUCIDICA DELLA MEMBRANA CELLULARE La componente glucidica della membrana consiste nel glicocalice, componente che si associa alle proteine e viene sintetizzata durante il passaggio delle proteine all'apparato del Golgi. Può interagire anche con i lipidi formando così i glicolipidi. Riconoscimento antigenico e contatto cellula-cellula, queste sono le funzioni principali. Il glicocalice è presente nell'epitelio intestinale e forma invaginazioni dettemicrovilli che servono per aumentare il riconoscimento del self dal non self. Per capire se la cellula va in apoptosi uno dei metodi più semplici è quello della citofluorimetria, che utilizza fluorescenza per studiare alcune caratteristiche (paragonabile al microscopio a fluorescenza). Tra i ruoli principali delle proteine di membrana: importanza recettoriale, trasportatore, trasduzione segnale, antigenica, interazione cellula-cellula. IL NUCLEO Il nucleo è un unico organulo di circa 3 micron ed è formato da una regione interna (più scura al microscopio), detta nucleolo, e unamatrice nucleare circondata da involucro nucleare che è a sua volta formato da due membrane che decorrono parallelamente, pertanto si avranno 4 strati di fosfolipidi. Il nucleo non è costituito solo da membrana, abbiamo detto che al suo interno c’è una vera e propria matrice dentro la quale è posta principalmente la cromatina, che costituisce uno dei componenti più rappresentativi del nucleoplasma poiché è costituita da DNA di proteine istoniche e non istoniche ed ,eventualmente, RNA nascente, che vanno a rappresentare proprio il cuore del nucleoplasma. Questa matrice è peraltro pervasa della fibre proteiche che vanno a costituire il nucleoscheletro e che, insieme alla lamina nucleare, determinano l’impalcatura del nucleoplasma. È posizionato in una regione centrale della cellula e può essere in posizione apicale o basale. È generalmente di forma rotondeggiante e, nelle cellule animali, è frequentemente localizzato nella regione centrale del citoplasma, sebbene numerose e variegate possano essere la morfologia, la dimensione e la posizione nella cellula. La maggior parte degli eucarioti presenta un solo nucleo, anche se nei funghi ed in alcuni altri gruppi, o in casi particolari è possibile osservarne più di uno. Il nucleo è in una posizione centrale nella cellula ed è unico a meno dei sincizi che hanno un unico citoplasma con più nuclei. L'involucro nucleare in alcuni punti del nucleo si fonde, e succede che qui rimane un foro, che è riempito da proteine che formano il complesso del poro nucleare (composto da circa 246 subunità proteiche) e hanno il compito di regolare flusso di materiale dall’esterno o dall'interno del nucleo. È un doppio bilayer fosfolipidico, la sua è una doppia membrana fosfolipidica: due bilayer decorrono parallelamente l’uno rispetto all’altro, fino al punto in cui avviene una fusione dei due per andare a formare il cosiddetto poro nucleare, una sorta di vero e proprio buco che però non può essere tale perché è necessario che si verifichi un trasporto selettivo di sostanze dal nucleoplasma al citoplasma. Il poro nucleare è una struttura altamente organizzata, costituita dalle porine nucleari a livello proteico che si vanno ad organizzare in una struttura che richiama quasi il tappo di una bottiglia di spumante, con un cesto di fibre che sporge a livello nucleoplasmatico e con degli anelli, ciascuno dei quali è costituito da otto subunità di porina nucleare che hanno, appunto, il compito di regolare il passaggio selettivo. Il passaggio può avvenire per diffusione semplice, di cui si parlerà poi in maniera più dettagliata trattando del trasporto attraverso la membrana, cioè sfruttando il gradiente di concentrazione per le sostanze che possono facilmente oltrepassare il poro nucleare, ovvero sostanze di piccole dimensioni. Per sostanze più grandi come ad esempio RNA , proteine, ribosomi, che normalmente devono passare di continuo dal nucleo citosol o viceversa, è necessario adoperare un trasporto attivo, cioè con consumo di energia. Un'altra componente importante del nucleo è la lamina nucleare, costituita dalle cosiddette lamine nucleari (filamenti intermedi), delle proteine che richiamano molto i filamenti intermedi. Quando abbiamo parlato di proteine abbiamo trattato della struttura fibrosa di alcune di loro, come ad esempio il collageno, filamento intermedio che si trova a livello citoscheletrico, ebbene, la lamina nucleare richiama molto quella struttura. L’importanza di queste lamine nucleari è data anche dal fatto che delle mutazioni accanto ai loro geni possono provocare malattie ereditarie come ad esempio una forma di distrofia muscolare o la progeria (invecchiamento precoce dell’individuo). Il ruolo della lamina nucleare, tra le altre cose, è evidente anche durante le prime fasi della mitosi quando, a seguito di unmeccanismo di depolimerizzazione, la lamina nucleare si disgrega per permettere al contenuto nucleare di fuoriuscire nel citosol e, in seconda istanza, ai cromosomi di essere ripartiti in maniera equa ai poli opposti della cellula. La componente nucleo plasmatica è formata da un nucleo scheletro, insieme di fibre proteiche, che hanno il compito di mantenere la forma del nucleo. Al nucleo scheletro si associano le fibre di cromatina, rappresentata da DNA e proteine istoniche e non istoniche. Nel nucleo troviamo una regione detta nucleolo, sede di sintesi dei ribosomi (aggregati molecolari necessarie per la sintesi proteica; vengono sintetizzati a livello del nucleo). Quando si parla di nucleo è importante dire che al suo interno vige un’organizzazione ben definita sia a livello di strutture cromatidiche, sia a livello di proteine ad esse associate. Con ciò vogliamo dire che la cromatina non si distribuisce in maniera casuale all’interno del nucleo, ma in alcune sue regioni va ad organizzarsi in modo tale che ci siano delle aree che vanno a convergere in un determinato punto. E quindi il nucleolo, che è una regione di pochi micron di diametro (dovendo rientrare all’interno del nucleo) è una sede molto importante, perché è lì che avviene la biogenesi dei ribosomi. In particolar modo, al livello del nucleolo è possibile distinguere una componente fibrillare, al livello della quale ritroviamo l’RNA, quindi il DNA che contiene al suo interno i geni che codificano per gli RNA ribosomiali e che comprende anche gli organizzatore nucleolare, e una regione invece granulare che è rappresentata dalle particelle ribosomiali a vari stadi di sviluppo. Queste strutture, quasi ad albero di natale, rappresentano gli RNA ribosomiali durante la loro maturazione, perché questi vengono normalmente trascritti sotto forma di precursori e poi vengono maturati attraverso l’eliminazione di parti che non verranno inserite nell’RNA ribosomiale maturo. È una regione di un micron come diametro, forma sferica e si distingue una regione fibrillare, rappresentata da organizzatore nucleare, e granulare, parte del nucleolo dove sono evidenti le subunità ribosomiali. L'organizzatore nucleare è rappresentato dalle sequenze di DNA che convergono per formare le anse, a sua volta formate da R-DNA, cioè DNA ribosomiale che sintetizza gli RNA ribosomiali. Dopo che la componente fibrillare dà vita agli RRNA (rna ribosomiali) si assoceranno con le proteine per formare le singole subunità dei ribosomi. L'R-DNA ha la forma di un albero di natale rovesciato. Il tronco dell'albero è il DNA, cioè l'R-DNA. Da qui si trascrivono i rami, le molecole di RNA che viene prodotto nel nucleolo. Questo RRNA costituirà i ribosomi. L’obiettivo principale del nucleolo è quello di sintetizzare le singole subunità dei ribosomi. L’organizzatore nucleare è quindi molto importante proprio perché ci sono queste anse di cromatina che vanno ad organizzarsi in una regione specifica, dando vita alle subunità ribosomiali. Subunità ribosomiali che a livello del nucleolo si trovano normalmente separate, abbiamo quindi la subunità minore, separata dalla subunità maggiore, ciascuna delle quali è associata a delle proteine ribosomiali. Queste subunità ribosomiali poi, insieme con le proteine, mediante trasporto attivo, fuoriusciranno dal nucleoplasma per andare a finire nel citoplasma dove, sotto determinate condizioni, si assembleranno per andare a formare i ribosomi completi e quindi iniziare il processo della traduzione. Nel nucleoplasma sono definiti i domini funzionali, cioè una regione del nucleolo dove il DNA è organizzato funzionalmente, cioè, sintetizzare l'R-RNA. Oltre all’organizzazione nucleolare, abbiamo detto che in generale la cromatina è organizzata spesso in modo tale da andare a costituire dei veri e propri domini, cioè ci sono dei compartimenti nucleari dove alcuni cromosomi vanno preferibilmente a localizzarsi, questa localizzazione non è fine a se stessa ma è strettamente legata con ciò che i cromosomi devono esprimere in determinati momenti della vita della cellula. Tra le altre cose, molto importante è anche la presenza dei cosiddetti speckle nucleari. Gli speckle sono delle regioni dove spesso vanno a localizzarsi degli RNA non codificanti per proteine (quelli che poi definiremo per esempio ‘non-coding RNA’) che hanno il compito di complessarsi con delle proteine, per esempio le proteine impiegate nello splicing e quindi nel passaggio da pre-mRNA a mRNA maturo. Gli speckle sono come dei contenitori che contengono delle proteine specifiche e le rilasciano al momento opportuno per poter poi agire a livello del nucleo stesso, rappresentano una sorta di storage, delle regioni, all’interno del nucleo, dove si vanno a localizzare proteine specifiche che svolgono delle importanti funzioni a livello nucleare, per esempio le proteine dello splicing. In questi speckle le proteine sono complessate sotto forma di complessi ribonucleoproteici, cioè non sono spesso da solo, ma sono mantenute a livello di speckle grazie all’associazione con specifiche molecole di RNA non codificante. Esistono anche delle strutture che si associano alle speckle: i cosiddetti corpi di Cajal, anche questi sono funzionalmente associati alla maturazione dei trascritti, tipicamente agiscono come assemblaggio, più che altro per i fattori di trascrizione, mentre gli speckle sono più impiegati nell’assemblaggio di fattori di splicing. Una cosa interessante è che l’organizzazione degli speckle, come anche dei corpi di Cajal, varia passando dalla condizione fisiologica, ad una condizione patologica. In diversi casi di leucemia si è visto per esempio che l’organizzazione dei corpi di Cajal cambia drasticamente tra una condizione fisiologica ed una patologica, quindi evidentemente svolgono un ruolo funzionale importante all’interno della cellula, ma questo è ancora in via di studio e si sta cercando di associare studi morfo strutturali della cellula a studi molecolari per capire quali siano le basi molecolari di questo cambiamento dell’organizzazione cellulare. IL RETICOLO ENDOPLASMATICO Il sistema endomembranoso si diparte dal nucleo ma poi continua con altre strutture citoplasmatiche molto importanti, tipicamente una di queste è il reticolo endoplasmatico. Il reticolo endoplasmatico è spesso in continuità fisica con il nucleo, quindi dall’involucro nucleare spesso si ha un continuum con questa struttura che è un’estesa rete di canali membranosi e vescicole chiamate cisterne, ogni singola cisterna è racchiusa da un’unica membrana. Il reticolo può essere di due tipi: 1. Reticolo endoplasmatico rugoso (RER): Il primo è così chiamato perché al microscopio elettronico ha un aspetto più rugoso rispetto al reticolo endoplasmatico liscio, questo è dovuto alla sua associazione con i ribosomi. In particolare abbiamo accennato alla loro funzione critica anche a livello della cellula procariotica. I ribosomi sono presenti nel plasma sia dei procarioti che degli eucarioti, ma nel caso di questi ultimi possono essere di due tipi: liberi nel citoplasma o associati al reticolo endoplasmatico, e in questo caso contribuiscono alla formazione del reticolo endoplasmatico rugoso. Uno dei sui compiti più importanti è sicuramente quello sintesi di proteine e in particolar modo di proteine di secrezione. Cellule come ad esempio le cellule endocrine del pancreas, quindi si parla di cellule situate all’interno delle isole di Langherans, di cellule quali α o β pancreatiche, che producono rispettivamente il glucagone, un ormone iperglicemizzante, e l’insulina, un ormone ipoglicemizzante, presentano degli estesi RER proprio perché hanno un’attività secretoria molto accentuata. I ribosomi liberi nel citoplasma agiscono anch’essi ovviamente come macchinari fondamentali per la sintesi delle proteine, ma le proteine sintetizzate da loro, rimangono all’interno della cellula. Le proteine poi secrete dal reticolo endoplasmatico rugoso, normalmente subiscono, prima di passare all’esterno della cellule o in generale di formare strutture quali in glicocalice, delle importanti modifiche post-traduzionali all’interno dell’apparato del Golgi. intra-cellulari devono essere riciclati). Le dimensioni dei lisosomi sono variabili, da 1 a 25-50 μm di diametro ma, possono essere anche particolarmente grandi, come l’Acrosoma che si trova a livello della testa dello spermatozoo, ed è importante nei meccanismi di fecondazione della cellula uovo. Quando le strutture più esterne delle cellula uovo devono essere disgregate sono proprio gli enzimi idrolitici che vanno a digerire queste componenti proteiche, facilitando la penetrazione dello spermatozoo. Riassumendo, i lisosomi intervengono in processi di eterofagia e autofagia. Inoltre, macrofagi e neutrofili utilizzano i lisosomi per neutralizzare batteri o residui cellulari e in rarissimi casi sono coinvolti in processi di digestione extracellulare, come nel caso dell’acrosoma. I lisosomi sono così importanti che qualora alcuni enzimi idrolitici non vengano correttamente sintetizzati o funzionano male, determinano le cosiddette malattie di accumulo lisosomiale come per esempio la Tay-Sachs (malattia a carico del sistema nervoso centrale), la malattia di Gaucher (determina epatosplenomegalia e erosione ossea). Patologie respiratorie causate dall’inalazione di particelle di silice (silicosi) o asbestosi (asbestosi) possono portare alla rottura dei lisosomi, causando il rilascio degli enzimi idrolitici che si accumuleranno fino a portare alla morte della cellula fagocitante. I fibroblasti quindi depositano collagene e rendono i polmoni meno elastici, causando così insufficienza respiratoria e si può arrivare anche a fibrosi polmonare o pleurite e nei casi più gravi a tumori del polmone. I MITOCONDRI Un’altra componente molto importante delle cellule eucariotiche è costituita daimitocondri. I mitocondri sono degli organuli che a livello procariotico, per ovvi motivi, non esistono e che però sono sostituiti daimesosomi, invaginazione di membrana (impaginazioni), che, tra le altre cose, sono qui richiamate attraverso le creste mitocondriali, al livello dei quali sono presenti degli enzimi che richiamano poi i complessi necessari per la fosforilazione ossidativa durante la respirazione cellulare. Nel caso delle cellule eucariotiche la respirazione cellulare avviene all’interno di questi organuli, organuli che sono tipicamente costituiti da una doppia membrana, una esterna e una interna, tra le quali intercorre il cosiddetto spazio o compartimento intermembrana. La membrana interna, che contiene quella che viene detta matrice, all’interno della quale abbiamo lamatrice mitocondriale (paragonabile al citoplasma), si invagina per andare a formare le creste mitocondriali. I mitocondri si trovano in tutte le cellule eucariotiche a partire dalle cellule eucariotiche unicellulari fino ad arrivare agli animali e ai vegetali. Nei vegetali, in associazione al mitocondrio, troviamo un altro organulo molto importante per il metabolismo energetico: il cloroplasto. Durante la respirazione cellulare succede che le molecole “carburante”, quali i glucidi, principalmente, ma anche i lipidi, sono degradati in CO2 e H2O con un rilascio di energia che per circa il 43% viene catturata dalle molecole di ATP e per la restante parte viene dissipata sotto forma di calore. L’avere già comunque una efficienza del 43% è un qualcosa di miracoloso perché, nella migliore delle ipotesi, le macchine costruite dall’uomo hanno un’efficienza non superiore al 20-30%, quindi riescono a trasformare un’energia in qualcos’altro, per esempio in movimento, solamente per il 20-30%, per il resto si ha dissipamento spesso sotto forma di calore. Il tutto avviene grazie ad un innesto che è dato dall’ossigeno, il quale permette di bruciare questo carburante, il glucosio, per realizzare la respirazione cellulare. La struttura della doppia membrana del mitocondrio è differente a seconda che si tratti di membrana esterna o di membrana interna, infatti la membrana esterna contiene delle porine e permette una comunicazione con l’ambiente esterno in maniera quasi del tutto paragonabile alla membrana plasmatica. Per quanto riguarda la membrana interna, anche da un punto di vista di composizione è completamente diversa. È una membrana impermeabile alla maggior parte degli ioni e delle molecole, è priva di colesterolo ed è costituita da particolari fosfolipidi che prendono il nome di cardiolipine. È quindi una membrana particolare che in qualche modo richiama le membrane dei batteri ed è proprio per questo che si ritiene che il mitocondrio abbia avuto origine grazie alla simbiosi tra una cellula eucariotica primordiale e un batterio aerobio. Un’altra caratteristica dei mitocondri è quella di possedere i ribosomi e del materiale genetico (dna mitocondriale): sono gli unici organuli, insieme con i cloroplasti, che contengono DNA al loro interno, altra prova a favore di quella che è la teoria dell'embodiment. Questo materiale genetico si trova normalmente sotto forma di un unico cromosoma circolare della 16,5 Kb, ovvero 16.500 nucleotidi, quindi un genoma piuttosto piccolo, sicuramente se confrontato con il genoma nucleare che nella nostra specie è di circa 3 miliardi di nucleotidi, ma che nel suo piccolo sintetizza un buon numero di proteine che poi vengono sfruttate nell’ambito della costruzione del mitocondrio o di alcune funzioni che il mitocondrio deve svolgere all’interno della cellula. Il mitocondrio, come detto, possiede il proprio DNA e un proprio apparato sintetico, quindi trascrive per RNA ribosomiali, per RNA di trasporto e per RNA messaggeri, in maniera del tutto simile a come farebbe un genoma procariotico e in parte anche un genoma nucleare eucariotico, peraltro c’è anche l’apporto importante di proteine provenienti dall’esterno, dal citosol, e che vengono quindi sintetizzate dal genoma nucleare (sintesi proteica). Tutti i mitocondri, peraltro, sono in grado di autoreplicarsi e quindi tutti i mitocondri di una singola cellula eucariotica sono prodotti normalmente per divisione di mitocondri preesistenti. Chiaramente, in base alla funzione importante che essi devono svolgere, possono anche trovarsi localizzati in delle regioni particolari della cellula, come nel caso dello spermatozoo, il quale ha un lungo flagello che caratterizza la sua struttura e che deve muoversi di continuo perché lo spermatozoo svolga la sua funzione fecondativa, in questo caso il movimento dello spermatozoo richiede molta energia, tant’è che molti mitocondri sono localizzati in prossimità del flagello per permetterne il movimento. Tuttavia sarà la testa dello spermatozoo, che contiene il nucleo a fecondare la cellula uovo, quindi l’apporto dei mitocondri dello spermatozoo nello zigote è praticamente nullo e l’embrione in via di sviluppo sfrutterà i mitocondri di origine materna che poi dividendosi andranno a consentire lo sviluppo dell’embrione. Quindi la trasmissione dei mitocondri avviene normalmente per via matrilineare (di madre in figlio), e conseguentemente diverse patologie che eventualmente i mitocondri possono trasmettere, sono di origine materna. Ovviamente non si tratta di tutte le patologie, bensì solo di quelle mitocondriali che sono a carico del genoma mitocondriale (sindrome di Leigh o la neuropatia ottica di Leber, si tratta principalmente di encefalomiopatie), poi ci possono essere anche delle mutazioni a carico sempre di componenti mitocondriali, che però ritroviamo a livello del DNA nucleare e che anche in questo caso portano a delle patologie, che però non sono esclusivamente ereditate per via materna, perché si tratta di geni alterati a livello nucleare. LA TEORIA DELL’ENDOSIMBIONTE La teoria dell'endosimbionte, precedentemente accennata, è una teoria che prevede che la protocellula eucariotica si sia venuta così a definire grazie all’inglobamento di una cellula procariotica aerobia che sarebbe stata fagocitata all’interno di questa protocellula e di conseguenza poi si sarebbe avuta una simbiosi tra la cellula eucariotica e la cellula procariotica che si sarebbe quindi poi trasformata in mitocondrio. Le prove a favore sono diverse: ● Presenza del DNA mitocondriale, ● Doppia membrana (la membrana esterna che richiama quella eucariotica e a membrana esterna che richiama quella batterica); ● Dimensioni (molto simili a quella di un batterio); ● Struttura e la dimensione dei ribosomi mitocondriali (che richiamano quelli batterici); ● Materiale genetico autonomo (sotto forma, tra l’altro, di un DNA circolare); ● Capacità di divisione autonoma; ● Divisione per scissione semplice; ● Sequenze nucleotidiche degli RNA ribosomiali mitocondriali simili a quelle dei batteri I MITOCONDRI E L’APOPTOSI I mitocondri possono indurre l’apoptosi. Ciò avviene attraverso il rilascio di specifiche proteine, dette proapoptodiche, che inducono la formazione di complessi specifici chiamati apoptosomi, che inducono l’attivazione di proteine caspasi che hanno il compito di attivare l’apoptosi vera e propria. I mitocondri sono anche sede di sintesi dell’eme, il gruppo prostetico che si lega all’emoglobina e fungono da siti di stoccaggio e rilascio di ioni calcio Ca2+ . I PEROSSISOMI Organuli presenti all’interno cellule eucariotiche dimensioni abbastanza piccole (0.5 µm di diametro), per i quali non è certo l’origine→ si pensa ad un’origine endosimbiontica. Hanno la funzione di ossidare gli acidi grassi a lunga catena (contengono enzimi β-ossidasi che hanno questo compito), enzimi quali la luciferasi (chemioluminescenza). Tali enzimi formano ioni perossido mediante aggiunta di h ad h20 – la catalasi a sua volta neutralizza h2o2 convertendola in h20 e o2 . Sono abbondanti nel fegato e nei reni dove svolgono una funzione detossificante (alcol, formaldeide, fenoli, etc…). I perossisomi si originano per scissione da perossisomi preesistenti, previa loro accrescimento (ciò fa pensare a origine endosimbiontica). I perossisomi collaborano con mitocondri (e cloroplasti) nelle cellule vegetali per la fotorespirazione (assorbimento foto dipendente di o2 e rilascio di co2). Difetti a carico di enzimi dei perossisomi possono portare ad alcune patologie come: 1. Sindrome di zellweger:malattia ereditaria. Perossisomi privi di enzimi, pur essendo sintetizzati nel citosol non vengono trasportati all’interno degli organuli per un difetto di recettori o di qualche componente del sistema di trasporto. (anomalie neurologiche, visive e del fegato). 2. Adrenoleucodistrofia (ald):malattia ereditaria. Dovuta alla mancata importazione di acidi grassi a catena lunga dentro i perossisomi che si accumulano nel sangue e nei tessuti. Nelle cellule nervose porta ad una distruzione della guaina mielinica ed alla alterazione degli impulsi nervosi. IN PIÙ: L'olio di lorenzo è una miscela di trigliceridi monoinsaturi, usata nel trattamento dell'adrenoleucodistrofia per diluire la concentrazione, nel sangue e nei tessuti, dell'acido grasso saturo c26:0 (acido cerotico), altamente dannoso per la guaina mielinica. La miscela fa abbassare la presenza di acidi grassi saturi, ma porta a un aumento della concentrazione dell'acido grasso insaturo c26:1, la cui tossicità ancora non è ben conosciuta. La somministrazione della miscela, in associazione a una dieta ipolipidica, ha mostrato "buoni risultati". Tuttavia, nonostante la normalizzazione dei livelli di c26:0 nell'arco di 4-6 settimane, la terapia con l'olio di lorenzo non ha arrestato la progressione neurologica. Il nome deriva da quello di Lorenzo Odone, un bambino a cui i genitori, Augusto e Michaela, per primi somministrarono questa miscela, nell'ambito di un progetto di ricerca non ufficiale. Alla loro iniziativa si deve anche la fondazione del progetto mielina, ciò diede vita al "progetto mielina”. IL CITOSCHELETRO (non è un organulo). L’insieme di filamenti e tubuli proteici interconnessi tra loro che si estendono nel citoplasma delle cellule eucariotiche compongono il citoscheletro. Componenti citoscheletriche simili sono state evidenziate anche a livello procariotico però li essendoci la parete cellulare che dà struttura e forma alla cellula stessa (in quelle vegetali è più ridotto), nella cellula eucariotica è fondamentale. Mutazioni a capo di formazioni citoscheletriche sono letali per l’organismo in via di sviluppo poiché le proteine citoscheletriche sono fondamentali per il sostegno della cellula. Il citoscheletro consta principalmente di 3 tipologie di proteine che si differenziano in base alla dimensione: 1. Microtubuli (più grandi) 2. Filamenti intermedi 3. Microfilamenti (più piccoli)
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