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Alfieri e la Tragedia: Vittorio Alfieri e la sua approccio moderno alla tragedia biblica, Appunti di Letteratura

Una dettagliata analisi di vittorio alfieri, uno scrittore teatrale piemontese del settecento, e del suo approccio moderno alla tragedia biblica. Alfieri è noto per il suo uso innovativo della lingua e della tragedia, che non era accettata dal pubblico e dai teatranti dell'epoca. Della vita di alfieri, dei suoi personaggi preferiti, come saul e don chisciotte, e della sua visione unica della tragedia e della recitazione. Inoltre, vengono analizzate le opere di alfieri, come 'saul', e la sua dedizione alla formazione degli attori.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 18/01/2024

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nicole-fichera-1 🇮🇹

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Alfieri e la Tragedia: Vittorio Alfieri e la sua approccio moderno alla tragedia biblica e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! 21-03 Le tragedie di Alfieri e Della Valle, vengono accostate, poiché entrambe hanno un argomento biblico, il rispetto di unità, sono due tragedie regolari e la centralità di un uomo come protagonista. Ma Iudit e Saul hanno una differenza abissale:  Nella struttura  Nella scrittura dei personaggi  Nello stile, tutto letterario per Della Valle e uno stile molto curato mosso e proteso verso la scena per Alfieri. Vittorio Alfieri 1749-1803 Alfieri, è poco amato dagli uomini di teatro di oggi, per motivi linguistici, perché a teatro la sua lingua non arriva ci sarebbe bisogno di una traduzione, il pubblico dell’oggi, sopporta i versi solo all’opera, per cui cantati, in realtà tutta la tradizione tragica è in versi fino all’800’, l’inaccettabilità è quindi comune a tutte le opere in versi, ma nel caso di Alfieri è particolarmente un peccato perché, in realtà in Alfieri il verso è usato in modo moderno e veicolo di un tipo di tragico altrettanto moderno, oggi ce un rifiuto nei confronti del verso sia da parte del pubblico che degli uomini di teatro, escludendo tutto il teatro alto della tradizione, non solo quello tragico. La grande modernità di Alfieri sta soprattutto nella sua figura di autore e nella spersonalizzazione che riesce a dare alla sua opera attraverso quell’individualismo, che è la sua caratterista principale, attitudine tipicamente settecentesca, molto originale, a livello drammaturgico attiva nelle sue opere teatrali delle funzioni che prima non esistevano. Alfieri era piemontese, nato ad Asti nel 1749 da «nobili, onesti e agiati genitori», noi lo sappiamo perché Alfieri avendo altissima considerazione di se e della sua figura di autore lasciamo moltissime auto descrizioni, manifesta una vocazione autobiografica forte, che si deposita nelle “Rime” e nella “Vita” scritta da esso e si traduce in altri termini nelle tragedia, che hanno uno schema più o meno simile, ce una sorta di crescendo tragico che si conclude con la morte, portatrice di verità. Alfieri descrive il suo carattere sempre preso da spinte simboliche, sempre preso da spinte diverse, parla del suo carattere sempre in conflitto, sono delle cose che per noi sono scontate ma nel 700’ sono uniche, verso la fine della sua vita scrive la sua autobiografia. Costruisce nella vita il suo personaggio che è molto drammatico, il personaggio in cui si ritrae è caratterizzato da bruschi conflitti interiori tra cuore e ragione, tra coraggio tragico e viltà comica, tra titanismo e frivolezza. Lo schema della tragedia: ce un conflitto interno al protagonista della tragedia, ha un io scisso tra diverse pulsioni, il conflitto arriva a una crisi, porta alla morte e quindi a una rivelazione di verità. Alfieri approccia il teatro a livello letterario nel 1774 con un “Antonio e Cleopatra” di cui è gravemente insoddisfatto. Saul è il personaggio che Alfieri ama di più, a cui si sente più vicino, perché è sia pauroso ma anche coraggioso, statuario, eppure internamente molto fragile, si rivela nel momento della morte, è un ossimoro che si ritrova nella vita di Alfieri, e nella descrizione di Don Chisciotte che Alfieri fa anche lui è un personaggio che è illuso dai libri che sogna di proiettare la sua esistenza nella letteratura, però ricade nella realtà prosaica del mondo rendendosi ridicolo e grottesco. A livello di senso tragico l’opera è un tragico molto moderno perché è un altro di quegli eroi che non ce nessuno che gli è rivale, nella versione di Alfieri non fa nulla di sbagliato ma comunque termina nella morte. Mirra Personaggio speculare è Mirra, l’altra eroina un po' più autobiografica, è una tragedia tarda di Alfieri, in cui la protagonista è vittima di una passione smisurata, amore incestuoso per il padre ed è vittima di un dramma interiore, lei sogna di poter resistere, di potersi dominare, sogna di poter continuare a soffrire per questo amore, senza ammetterlo, invece questo amore la rende fragile, la spezza. La tragedia per Alfieri Per cui la tragedia di Alfieri è una tragedia in cui le passioni esplodono e che sono presentate in modo eccezionalmente forte, ce una dialettica tra passioni che sono in contrasto, nasce da una divisione interna che ha la sua radice nelle passioni umane, non ce nulla di divino. Il tragico si sta trasformando e sta lentamente portando i suoi riferimenti dalla mitologia ai personaggi quotidiani. Il lavoro che Alfieri fa sulla tragedia per la messa in scena, i tentativi che Alfieri impone a sé stesso per creare un modello tragico nuovo, che sia efficace e italiano che sia in polemica con i modelli tragici in voga, cioè quelli francesi di Racine, Corneille e Voltaire. Il modelle che Alfieri segue più volentieri è William Shakespeare anche se non è molto felice di dichiararlo, anche perché lui non è ancora un modello conclamato in Italia, Alfieri lo conosce perché conosce il francese lo può leggere in lingua originale, il caso di Shakespeare, è particolare perché è sia un teatro di parola che di azione. La proiezione verso la scena: non è una rivoluzione che Alfieri fa ma è qualcosa di graduale, inizia da Sofonisba in poi, a metà 700’ la tragedia fatta per essere recitata, il caso più eclatante è “Merope” di Maffei che va in questa direzione perché lavora su un tipo di passione diversa è una tragedia che racconta l’amore materno, per cui la costruzione intorno all’amore materno, permette a Maffei di costruire una tragedia più naturale, perché l’amore materno non deve svilupparsi nelle poche ore della tragedia ma è un amore pregresso, ma è di tipo più razionale adatto a condurre l’azione, è moderna perché guarda avanti nasce da una collaborazione con gli attori, Maffei collabora con due degli attori più celebri della sua epoca: Luigi Riccoboni e Elena Balletti che sono due comici dell’arte dell’ultima grande stagione. Loro tre hanno come obiettivo la riforma del teatro, provano a bilanciare sulle scene, le tragedie regolari e anche le commedie tentativo che fallisce, i due coniugi si trasferiscono in Francia dove Riccoboni si troverà a dirigere la comédie italienne che poi 50 anni dopo dirigerà Goldoni, quindi, aprono la via a Goldoni verso Parigi. Per cui il lavoro fatto da questi 3 apre la strada ad Alfieri che però fa un lavoro autonomo e originale, perché Alfieri da buon nobile si pone in maniera negativa verso gli attori di professione con cui non potrebbe mai lavorare e invece fa recitare le sue tragedie da attori dilettanti. La fascinazione di Alfieri per il teatro nasce in maniera originale, nasce da un tentativo letterario fallito, lui racconta di questa sua prima tragedia nel 1774, ha 25 anni dice di aver scritto mentre faceva compagnia a una sua amante ispirato dagli arazzi presenti in camera di lei, non la pubblica mai si è sempre chiamata “Cleopatraccia” anche se la si riconosce come “Antonio e Cleopatra”. Per cui l’approccio di Alfieri è sempre stato questo: un intento letterario e una presa di distanza rispetto ai risultati, un tentativo di migliorarsi a livello letterario, lo stimolo è scrivere una tragedia che sia profondamente letteraria e inventare un metodo che gli impedisca di sbagliare come era successo. L’obiettivo di Alfieri quello di diventare il primo autore tragico in Italia, un autore che gli assomiglia è Pasolini. La diffidenza che Alfieri ha per gli attori di professione non è reciproca, in realtà soprattutto all’inizio è amato dagli attori, ma lui non li coinvolge, sceglie di mettere in scena le sue opere in casa in piccole recite private, a cui invitava i suoi pari, per recitarle usava degli attori dilettanti nei confronti dei quali era però molto esigente, li voleva in grado di usare la retorica e di non usare il suggeritore poiché avrebbe fatto perdere il realismo, l’intensità della recitazione, attori abbastanza religione come oppio per i popoli, non vuole fare una tragedia religiosa; infatti, umanizza molto il personaggio di Saul. Struttura dell’opera È presente una dedica a un amico: Abate Tommaso Valperga di Caluso, era uno studioso della bibbia e della lingua ebraica, è una dedica di ripiego, inizialmente aveva pensato di dedicare l’opera la papa che in questo momento era Pio VI ma rifiuta l’offerta, il motivo per cui Alfieri fiero ateo aveva scelto di dedicarla al papa, prendendo in giro questa intenzione lui stesso dice di prostituire il coturno alla tiara cioè nel momento in cui sta per pubblicare questa edizione, sta per uscire la storia della sua relazione con la contessa d’Albani che era moglie di pretendente al trono di Inghilterra viveva a casa del cognato che era un vescovo per cui per cercare di diminuire le voci e placare il papa aveva fatto questo tentativo di placare le voci. Tavola dei personaggi:  Saul  Gionata  David  Micol  Abner  Achimelech  Soldato Israeliani  Soldati Filistei Per cui ci sono 6 personaggi reali, e una sola donna, Micol perché Alfieri tra le regole drammatiche sceglie di eliminare i personaggi secondari, questi personaggi sono aderenti alle descrizioni che se ne fanno di loro nella bibbia, per cui scompare il coro, è una presenza che non dimentica ma emerge in maniera particolare, perché il coro è quello che interrompe l’azione drammatica in realtà riesce a introdurre dei momenti, l’unico momento lirico è quando David canta. Nella sua visione il male assoluti la tirannide, il bene assoluto è la libertà, per cui la tragedia deve finire con la morte del tiranno, la particolarità di Saul e Mirra, convivono la natura del tiranno e quella del tirannicida, tutti i personaggi sono buoni, la tragedia si sposta dentro il protagonista sul modello di Macbeth, è un dramma psicologico, contiene tutta quella perplessità tipica del cuore umano riconosce essere una delle cose più commuoventi. 23-03 Atto primo La scena è un campo degli israeliti, subito prima della lotta contro i filistei. La scena si apre su un monologo di David (è una cosa frequente nelle opere di Alfieri) cacciato da Saul, perché non vuole che combatta più al suo fianco perché è stato invitato da Dio a essere il nuovo re di Israele, David però essendo molto legato a Saul decide di rientrare nell’accampamento, più tosto si fa uccidere ma non vuole abbandonare il re. Dopo il mongolo inziale David incontra i due figli di Saul Micol e Gionata, cioè il suo amico fraterno e sue moglie e quindi. I versi in cui Gionata e David parlano sono versi spezzati, per cui l’endecasillabo è sempre li ma è diviso in 3 battute diverse (Vv. 28), dal loro discorso si deduce che Saul è preda di un demone malvagio, che lo possiede e dall’altra parte è mal consigliato dal perfido Abner è il servitore di tipo opportunista. Gionata è il personaggio meno riuscito della tragedia, pur essendo quello che ha più da perdere, è in realtà persona buonissima, molto fedele a David, ugualmente amorevole è Micol entra nella terza scena. Usa l’endecasillabo ma si allunga e si dilata, è l’emozione che crea la forma, è l’ansia che accelera il verso. La metrica deve esprimere l’emozioni.  Atto secondo Entra in scena il protagonista, Saul, insieme al servitore, sono appena usciti i 3 giovani che rappresentano il futuro, mentre entra questo re pallido e malinconico e immediatamente Alfieri, lo descrive non in grado di capire e interpretare il mondo. Pensa al passato, a quando si sentiva un vincitore, il servo cerca di sostenerlo e di convincerlo che va tutto bene, può affrontare la battaglia convinto che vincerà, ma Saul dimostra la sua malinconia, si sente vecchio e quindi è meno ottimista, ha un modo diverso di guardare alle cose, il servo cerca di convincerlo che andrà tutto bene, il suo problema è il fatto di essere padre. Lui saputo di non essere più il prescelto di Dio vorrebbe morire, ma non può perché deve difendere i suoi figli. Lui crede che il servo sia il suo amico migliore altre volte tutto gli cade addosso anche il suo amico lo vede come falso, per cui non si sente in grado di riconoscere i nemici dagli amici perché vive in questo stato di malinconia totale. Parla tutto per ossimori, però ha una struttura molto rigida di chiasmi (dice una cosa buona e una cosa cattiva), il turbamento non è irrazionale, la sua è una follia organizzata, geometrica, doppia, è semplicemente scisso, per cui il re è una figura scissa, caratteristica che Alfieri conosce benissimo perché caratterizza lui stesso. A differenza delle opere precedenti, Alfieri ha un so del monologo espressivo, diverso da quelli di altri autori, prima il monologo era riflessivo, il personaggi usava il monologo per raccontare quello che avrebbe fatto, mentre in Alfieri i monologhi sono emotivi, elaborano i processi emozionali. Abner cerca di fargli coraggio, di addossare le colpe di quello che gli succede a Samuel, cioè il sacerdote, ma ormai Saul è immerso nella sua malinconia. Racconta un suo sogno (motivo strausato sia a teatro che in letteratura, perché crea ritmo ma ha anche in se un elemento metateatrale, perché raccontando un sogno quando il personaggio racconta il sogno porta in scena una sorta di teatro interiore suo) Alfieri, fa una cosa diversa perché Saul racconta un sogno in cui a visto il sacerdote che prima lo aveva scelto come re e poi gli aveva tolto il favore di Dio mettere sulla testa di David una corona e sogna che David rifiuta quella corona, è il primo sogno premonitore sbagliato, è premonitore non dei fatti ma dell’incapacità incompleta di Saul di interpretare e capire le cose che gli succedono. Entrano in scena i figli di Saul, Gionata e Micol, per convincere Saul a far combattere David perché la sensazione diffusa era quella per cui se David non avesse combattuto non si sarebbe vinta la battaglia. Seconda scena del secondo atto, viene presentato Saul come padre ed è un pessimo padre perché: ama i suoi figli e vuole proteggerli, ma la sua disperazione li rende delle proiezione di sé. La didascalia ci dice che siamo nel campo degli Israeliti, il dialogo fa pensare a un interno domestico, Saul è innervosito, i figli riescono a calmarlo, nella terza scena entra a sorpresa David ci sono 5 battute dette da 4 personaggi diversi per fare 11 sillabe per l’emozione non riesce a far dire a un personaggio più di una parola dietro l’altra. In questa scena in cui tutti discuto su di chi sia la colpa per cui Saul ha perso il senno, Saul accusa David di volergli rubare il trono e David estrae un lembo del mantello di Saul che dimostra che in un certo momento è stato così tanto vicino a Saul da tagliarli un pezzo di mantello avrebbe potuto ucciderlo essendogli così tanto vicino ma non lo ha fatto, questo pezzo di mantello è la dimostrazione pratica del fatto che non l’ha fatto. È una tragedia che si consuma in base a quello che ce sulla scena, non per quello che è successo prima o per quello che è successo dopo ma su quello che accade ora, è una parola che è tutta al presente, soprattutto per quanto riguarda i personaggi maschi Micol ha un modo diverso di parlare ha delle reazioni più emotivi, ha solo delle relazioni sentimentali che hanno come fulcro lei stessa e non degli oggetti.  Atto terzo Incontro tra David e Abner, David dice al servo che devono combattere nel pomeriggio perché lui sa che la battaglia era il momento ottimale, Abner lo asseconda, arriva Saul e la scena ripiomba nel buio porta sulla scena la sua condizione emotiva e nel momento in cui entrata tutta la sua ombra si riversa sui suoi personaggi, ha un momento di buoi, per sollevare Saul ci pensa David perché è una figura orfica che ha il potere con il canto di rasserenare Saul, invitato da Micol a cantare, David canta attraverso Dio. In una nota inserita di Alfieri spiega che, se l’attore che interpreta David sa cantare allora deve cantare altrimenti se non lo sa fare basterà che ad ogni stanza ci sia una breve musica adatta al soggetto, e che David poi reciti le stanze con maestria, il canto di David ha 4 patri: 1. Invocazione a Dio 2. Canto dell’eroe in battaglia 3. Il ritorno dell’eroe dalla battaglia 4. Il riposo del guerriero Per cui David racconta di una sua battaglia per rasserenare il re. Questo riferimento metateatrale, perché davanti a questo cantante ci sono dei momenti in cui Saul interviene interagisce con il canto di David perché con il canto riesce a rasserenarlo, fino a quando David non commette l’errore di nominare due spade nel campo di Israele Saul capisce che le spade sono le sue e quella di David, per cui esce da questa trans prende la sua spada e vuole affrontare David, i figli lo fermano e David scappa.  Atto quarto David è furi scena e Saul consuma la sua tragedia quindi l’esplosione del conflitto, quello che è il crollo è interiore di Saul rompe con dio, sé stesso e i suoi figli. Tutto questo atto si gioca sul contrasto tra Saul e il sacerdote Achimelech protegge David. Saul è inferocito contro la casta dei sacerdoti, perché difendono quello che lui considerano suo nemico. Il sacerdote fa capire a Saul che deve abbassare la cresta perché, se continua così morirà ucciso dai filistei in battaglia.
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