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Appunti Psicologia dell'arte, Appunti di Arte

Appunti con slide integrate di Psicologia dell'arte, insegnamento del CdL Scienze Psicosociali della Comunicazione dell'Università di Milano-Bicocca. Professore Daniele Zavagno

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 30/09/2021

martina-lombardo-99
martina-lombardo-99 🇮🇹

4.5

(4)

19 documenti

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Scarica Appunti Psicologia dell'arte e più Appunti in PDF di Arte solo su Docsity! PSICOLOGIA DELL’ARTE. Differenziazione legata al contesto storico e alla sua evoluzione nel tempo+ogni civiltà produce la sua propria arte e tende a riconoscere quella come arte. Arte è tutto ciò che, prodotto dall'uomo, porta alla contemplazione e all’estasi. Arte tutto ciò che scaturito dalla mente dell'individuo porta a una riflessione da parte dello spettatore-è condivisione. Intervento sociale che fa si che l’opera venga riconosciuta come arte. arte non è immediatezza, spontaneità o autenticità, spesso è molto ragionata. Ciò che è bello, inutile e condiviso. Bello ignora l'etica, la moralità. L'artista non crea mai solo per se stesso. Arte non sempre espressione di se stessi. Arte strumento di denuncia sociale. È influenzata dalla cultura del tempo e per questo è mutevole nel corso della storia. Cambia in base al periodo storico. La lingua che l'artista usa è frutto di grande lavoro, non nasce dal nulla, si alimenta di studio, osservazione, ascolto e rielaborazione. Non basta voler esprimere qualcosa, bisogna saperla esprimere. Arte deve andare oltre l'aspetto empatico, deve saper solleticare l'intelletto, intrigare la mente pensante (non solo aspetto emozionale). Ciò richiede delle competenze. Un'opera artistica non è tale finché non c'è il fruitore-+ condivisione, aspetto sociale. Concetto di contemplazione. Bellezza intesa con la capacità di rendere verosimile o importante un pensiero, un'emozione cc... Definire l’arte classificando le possibili espressioni artistiche. Arte e comunicazione. L’arte mette in scena delle emozioni senza necessariamente che l'artista ne sia coinvolto. Una delle funzioni dell’arte è quella di mostrare una prospettiva differente di un aspetto della realtà. Definizione di psicologia dell’arte. The psychology of art is an interdisciplinary field that studies the perception, cognition and characteristics of art and its production. For the use of art materials as a form of psychotherapy, see Art Therapy. La psicologia dell'arte è una disciplina che si occupa di indagare e spiegare i processi psicologici coinvolti nelle esperienze di produzione e di fruizione di un'opera d'arte. Dato il suo carattere secamente pluri e interdisciplinare, è difficile delimitarne a pi settori di pertinenza e irne lo statuto teorico e metodologico. Molteplici e variabili (in base agli interessi e alle prospettive) sono i suoi territori di confine: dall'estetica alla storia, alla teoria e alla critica dell'arte, dalla letteratura alla medicina e alla psichiatria, attraverso antropologia, sociologia, pedagogia e semiotica, per non parlare delle diverse pronunce e declinazioni riferibili all'ambito storico, teorico e disciplinare relativo all'universo stesso della psicologia e dei suoi diversi indirizzi. Diversi approcci della psicologia all’arte. per dare definizione di psicologia dell’arte possiamo partire dalla definizione delle sue parti. Defi ne di “psicologia”. La psicologia è quella disciplina che studia la mente e il comportamento umano. La mente non è una entità che si può osservare direttamente. In che modo possiamo quindi indagare il funzionamento della mente? Definire l’arte “A tutt'oggi, non ho trovato miglior definizione dell’arte di questa, L’arte è l’uomo aggiunto alla natura — natura, realtà, verità. Ma col significato, il concetto, il carattere che l’artista sa trarne, che libera e interpreta.” (Vincent Van Gogh - Lettera al fratello Theo, 1879.) Artista che libera un significato nel suo incontro con l'elemento, non solo espressione. È un’interpretazione. Definizioni di “arte” Da Wikipedia, en: Art is a diverse range of human activities in creating visual, auditory or performing artifacts (artworks), expressing the author's imaginative or technical skill, intended to be appreciated for their beauty or emotional power. In their most general form these activities include the production of works of art, the criticism of art, the study of the history of art, and the aesthetic dissemination of art. Definizione limitante, poco entusiasmante. Manca l'aspetto ludico e intrigante dell’arte. Da Wikipedia, it: L'arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana — svolta singolarmente o collettivamente — che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza. Nella sua accezione odierna, l'arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni e "messaggi" soggettivi (definizione riduttiva). Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione. Nel suo significato più sublime, l'arte è l'espressione estetica dell'interiorità umana. Rispecchia le opinioni dell'artista nell'ambito sociale, morale, culturale, etico o religioso del suo periodo storico. Da treccani: In senso lato, ogni capacità di agire o di produrre, basata su un particolare complesso di regole e di esperienze conoscitive e tecniche, quindi anche l'insieme delle regole e dei procedimenti per svolgere un'attività umana in vista di determinati risultati. Il concetto di a. come tèchne, complesso di regole ed esperienze elaborate dall'uomo per produrre oggetti o rappresentare immagini tratte dalla realtà o dalla fantasia, si evolve solo attraverso un passaggio critico nel concetto di arte come espressione originale di un artista, per giungere alla definizione di un oggetto come opera d’arte. Nell'ambito delle cosiddette teorie del ‘bello’, o dell'estetica, si tende infatti a dare al termine arte un significato privilegiato, per indicare un particolare prodotto culturale che comunemente si classifica sotto il nome delle singole discipline di produzione, pittura, scultura, architettura, così come musica o poesia. Onde cognoscendo Adam il difetto per lui commesso, e sendo dotato da Dio sì nobilmente, sì come radice, principio e padre di tutti noi; rinvenne di sua scienza di bisogno era trovare modo da vivere manualmente. E così egli incominciò con la zappa, ed Eva col filare. Poi seguitò molte arti bisognevoli, e differenziate l'una dall'altra; e fu ed è di maggiore scienza l'una che l'altra; ché tutte non potevano essere uguali; perché la più degna è la scienza (apprendere conoscenza); appresso di quella séguita alcuna discendente da quella, la quale conviene aver fondamento da quella con operazione di mano: e questa è un'arte che si chiama dipignere, che conviene avere fantasia, con operazione di mano, di trovare cose non vedute (cacciandosi sotto ombra di naturali), e fermarle con la mano, dando a dimostrare quello che non è, sia. (Cennino Cennini, Il Libro dell’arte,1390 ca.) - Videoart è1,2,4 - Lirica 32,4 - Teatro +2, 3,4, corpo umano - Danzaè2,4, corpo umano - Cinema>1,4 - Happening+?2, corpo umano. (sono - Arte concettuale +1, 2, 3, 4, corpo eventi artistici) umano - Bodyart> 1, Corpo umano Modalità di fruizione. 1. Percezione visiva +Pittura, Scultura, Arti grafiche, Fotografia, e fumetto 2. Lettura >Letteratura (qui comprende il testo teatrale). Si avvale anche della percezione visiva e anche acustica. 3. Percezione acustica + Musica, Arte radiofonica 4. Percezione multimodale (oltre all’azione combinata di vista e udito, può riguardare il sistema cinestesico, il tatto, l'olfatto e il gusto) +Teatro, Cinema, Lirica, Danza, Architettura, Happening Video art +1,3. Landart->1,4 Arte concettuale>1, 2, 3,4 Dinamicità o evoluzione temporale. - Simultaneità o Presente fenomenico (hic et nunc) > pittura, scultura, fotografie. Richiedono comunque una forma di fruizione che evolve nel tempo. - Fruizione “diacronica” +tutto ciò che ha una storia da raccontare>letteratura, cinema, teatro... È assai arduo classificare l’arte in base alle sue caratteristiche temporali e dinamiche. Evoluzione temporale per classificare è inutile. Il bello e il brutto in arte. “C'è una classe di oggetti che ha la proprietà di indurre in chi li osserva, o si intrattiene con essi, uno stato psicologico particolare, fatto di attrazione, ammirazione, piacere, emozione, curiosità, interesse, meraviglia ... Sono oggetti artificiali costruiti per gli scopi più diversi, che vengono chiamati opere d’arte.” (Massironi 2000, p. 11) Parla di oggetti d’arte in relazione al loro potere psicologico: quello di indurre un particolare stato, che induce ammirazione, interesse intellettuale ecc. definisce le opere d’arte come oggetti artificiali: non che le opere naturali non possano essere opere d’arte, ma gli elementi naturali sono artificiosamente organizzati dall'essere umano. Prima distinzione: Lo scopo di un’opera d’arte non esaurisce la sua funzione. Esempio: Un edificio progettato da un architetto ha certamente lo scopo di accogliere le persone entro uno spazio definito. Tale scopo fa parte della sua funzione, ma non la esaurisce, in quanto lo spazio può essere modulato in funzione simbolica, emotiva, ecc. Estetica. Termine con cui, a partire dal 1700, si indica la disciplina filosofica che si occupa del bello e dell’arte. Il termine deriva dal greco aistétikòs = sensibile, capace di sentire, dal tema aisthànomai = percepisco attraverso i sensi, e aisthésis = sensazione, sentimento. Il termine “estetica” fu introdotto da Alexander Gottlieb Baumgarten: teoria della conoscenza sensibile, la quale si occupa sia della mera conoscenza sensibile (attraverso i sensi), sia della “teoria del bello”. Immanuel Kant - Critica del giudizio (1790): estetica = il giudizio di bello e di sublime nella natura e nell’arte. Estetica sperimentale > ricerca empirica nel campo dell'estetica ma non racchiude tutto ciò di cui si potrebbe occupare la psicologia dell’arte>l’arte non è solo estetica, l'estetica non ingloba tutta l’arte. E l'estetica si ritrova anche in altri settori, come il design, il make-up. Estetica = il bello e il sublime in arte e natura Domanda: Il Bello è l’unico fattore che rientra nell'esperienza estetica suscitata dalla fruizione di un’opera d’arte? Certamente no. Quale è la differenza tra bello e buono Gli aggettivi “bello” e “buono” indicano entrambi esperienze positive, legate a sensazioni piacevoli. Ma quando è corretto usare l'aggettivo “buono” invece di “bello”, e viceversa? A quali esperienze rimandano quegli aggettivi? “Un bel gelato” e “Un bel dipinto” stanno sullo stesso piano? E che dire a proposito di “Un buon gelato” e “Un buon dipinto”? Proviamo a ragionare sui concetti opposti a bello e buono: brutto e cattivo. Brutto è l'opposto di bello: ciò che è brutto è decisamente non bello. Che cosa s'intende dire quando si afferma: "il film era brutto"? Che era mal diretto? Che la storia non reggeva? Che gli attori recitavano male? Si può dire che un film è cattivo? Si, ma rimanda a una qualità materiale e non estetica. Mentre brutto rimanda a qualità estetiche. Dubuffet>teorizza l'art brutdarte grezza, arte prodotta da non professionisti dell’arte, rinchiusi in prigioni, manicomi... che manifestano un talento e producono per se stessi, non per altri. L'autore utilizza varie tecniche e materiali. "Dubuffet credeva che l'art brut avrebbe rivoluzionato i musei tradizionali, agendo come un contro- potere. Ma in realtà è avvenuto il contrario: l'art brut è stata inghiottita dal mondo dell'arte, compreso il mercato dell'arte contemporanea" Sarah Lombardi, direttrice della Collection de l'Art Brut a Losanna. Dinamica del marcato dell’arte che fagocita tutto, si ritrova anche nella street art, arte urbana. Ma l’art brut non va avvicinata alla street art: l’arte urbana ha uno scopo comunicativo esplicito, l'art brut non ha gli stessi scopi e intenti estetici che ha la street art. Un cattivo dipinto è un dipinto in cui la tecnica pittorica e/o l'abilità dell’esecutore sono mediocri, oppure inadeguati al compito. Un bel dipinto, in quanto a composizione armonica, resa dello spazio, capacità di rappresentazione degli “accidenti” e dei “moti mentali”-> stati emotivi e pensieri. (es. Cenacolo di Leonardo) Un cattivo dipinto, in quanto la tecnica adottata da Leonardo non era adatto alla tecnica dell'affresco. Bello-Brutto +Qualità estetiche che si possono raccogliere mediante i sensi della vista e dell’udito. Buono-cattivo + Qualità morali co-determinate dall’individuo e dalla società. Qualità materiali, per esempio una cosa di buona fattura, una cosa di cattiva fattura. Buono-cattivo, bello-brutto+Qualità edonistiche che si possono percepire tramite tutti i sensi: un buon sapore / un cattivo sapore, un buon odore / un cattivo odore, una buona ricezione acustica / una cattiva ricezione acustica, una buona resa visiva / una cattiva resa visiva... avremmo un doppio piacere nel caso siano buoni e belli. In tempi ormai lontani, ciò che era considerato brutto aveva anche scarse qualità morali. Talvolta il brutto era in tutto e per tutto considerato immorale, cioè privo di una condotta morale e quindi qualche cosa che si avvicinava di più al regno animale (contrapposto cioè all’umano). Il Male, per esempio, era perlopiù rappresentato come una figura grottesca, orrida, mezzo uomo e mezzo animale, deforme, ecc. Solo in anni più recenti il Male è stato raffigurato tramite sembianze piacevoli, per esaltare la sua forza di seduzione in una società dove l'apparenza sembra contare più della sostanza. Definire il bello. Gli scienziati continuano a cercare il bello, il sublime: dalla filosofia alla neuro-estetica (che ci dice quali sono i centri del cervello che si attivano quando proviamo piacere nel vedere qualcosa). Il bello muta con il tempo: in parte è legato a fattori biologici (es. condizionato dalla presenza o meno di cibo, e di altre cose legate alla sopravvivenza); determinato a livello sociale (es. moda). È un bilanciamento tra questi due aspetti che sono molto mutevoli nel tempo e ciò fa cambiare il concetto di bello. Restano comunque comuni dei canoni: canoni che si ripetono e si rinnovano. Il brutto. Definirlo è più facile, perché è tutto ciò che si discosta in modo negativo dalla norma, dagli standard. Oggi al brutto viene associata anche la stupidità. Ciò che riteniamo brutto lo troviamo anche ripugnante e spesso inferiore. Caricatura > di Leonardo da Vinci (spetti grotteschi dei volti), Massys, in musica. Usare il brutto per rappresentare tipi umani, anche con caratteristiche psicologiche nei dipinti leonardeschi. Precedentemente uso del brutto per rappresentare non solo il male, ma il dolore la sofferenza-+è una forma di espressionismo. Brutto usato anche come denuncia sociale-+ es. Goya, Groaz (espressionismo, denuncia della società capitalista), Lucien Freud (ritratti nudi di corpi umani che non ritraggono piacevolezza del corpo, ma carne umana trasfigurata), Picasso con la Guernica che denuncia la guerra. Il quadro Impression di Monet crea scalpore. Ricorda che impressionismo era usato in modo denigratorio dai critici del 1800. Questo quadro lascia all'occhio di vagare, per i critici dell’epoca si trattavano di impressioni non compiute e scarsa qualità stilistica e tecnica. Psicologia e arte. Arte e psicologia. “Ogni psicologo che si è interessato di arte si appoggiava ovviamente al suo bagaglio di convinzioni e di teorie. È accaduto perciò che invece di affrontare la questione arte in maniera aperta e problematica, quasi tutti gli psicologi andassero a cercare nell’arte prove a conferma delle proprie ipotesi e convinzioni psicologiche. Poiché il campo dell’arte è ampio e ricco, tutti hanno trovato qualcosa ed hanno ritenuto si trattasse di ciò che cercavano. Il risultato è stato che l’arte ha fornito rassicurazioni alla psicologia, mentre la psicologia non ha contribuito che in modo trascurabile a spiegare l’arte. [...]Yè una critica alla capacità della psicologia a comprendere veramente meccanismi inerenti all'arte: come si fa, perché si fa, perché certi oggetti diventano arte e altri no. sta al centro di questo libro. Abbiamo voluto far conoscere quel che ci dicono le fonti sul carattere e sulla condotta degli artisti (artista vista come essre ipersensibile, delicato, stravagante, fuori dalla norma, eccezionale). Per giudicare e valutare questo materiale è necessaria una conoscenza dell'atmosfera in cui costoro respirarono, delle credenze e delle opinioni, del pensiero filosofico e delle convenzioni letterarie, diffuse in un determinato periodo. Quello che vediamo affiorare è un disegno valido per tutti i rapporti umani: un intreccio di mito e realtà, di congetture e di osservazioni, di finzione e di esperienza, che ha determinato e determina tuttora l’immagine dell'artista. Non c'è mai stata e non ci sarà mai una risposta all’enigma della personalità artistica: perché — per chiudere con una citazione d’un pittore tanto grande quanto <matto>, il Turner — “l’arte è una buffa faccenda” >è di tutto e di più. >l’artista non è più speciale di altri dal punto di vista psicologico, non è quell’essere eccezionale di cui di mitizza. Esempio di Wittkower+ Andrea del Sarto. Madonne della Arpie (1517, Uffizi). Del sarto era tiranneggiato dalla moglie, come testimoniato dalle Vite di Vasari, che erano delle biografie, anche molto inventate, concernenti gli artisti italiani. Viene descritta la dipendenza di del Sarto dalla moglie. Da quì l’idea dello psicanalista per cui l’autore avrebbe dipinto le Arpie sul piedistallo su cui sta la madonna in questo quadro. Testimonianze storiche, i contratti del quadro che è stato commissionato (come la maggior parte delle opere dell’epoca), dicono che chi ha commissionato l’opera voleva proprio le Arpie, le quali rappresentavano il pagano, cioè ciò che veniva prima del cristianesimo. Quindi la madonna col bambino sta sul piedistallo sormonta la realtà pagana. Dall’estratto diWittkower>Jones pubblica tre anni dopo il saggio di Freud uno studio sull’influenza della moglie di del sarto sull'arte del marito. Donna che era stata descritta dal Vasari nella prima edizione come donna di pessima indole, mentre nella seconda edizione non disse niente. Questa revisione diede adito a molti dubbi sul perchè avesse cambiato idea o quale fosse la verità. Jones crebbe alla prima. Jones pensava che il malessere di del Sarto derivasse da un omosessualità repressa e la dominazione della donna. Jones descrive il quadro anche in maniera un po' fittizia, dicendo che ci sono tantissime arpie al piedistallo, quando in realtà sono solo 2. Arpie e altre figure presenti erano in realtà molto comuni nell’iconografia religiosa all’epoca (altri esempi: Filippo Lippi-la vergine e il santi di prato, il san sebastiano di genova)-+ simboleggiano il paganesimo sopraffatto dalla religione cristiana. La vergine in trono che li sovrasta significa il trionfo della purezza sul peccato. Se fosse vero che Andrea non dipinse mai analoghi motivi pagani in altre sue opere, vorrebbe dire che ne i soggetti ne i desideri dei clienti richiedevano tale raffigurazione. Andrea non era in grado di scegliere in mezzo ai simboli esistenti quello che appagasse i suoi stimoli inconsci. La madonna dell’arpia fu commissionata da un frate, di solito descrivevano accuratamente le opere che volevano. Jones non mostra conoscenza e rispetto per la cultura italiana perché parlando del fatto che del sarto andasse al mercato ogni mattina, lo definisce una prova della sua omosessualità. (guarda capitolo messo online) Mulino ad acqua di Meyndert Hobbema “In un discorso psicanalitico sull'arte, quasi sempre primeggia l'analogia fra l’opera d’arte e il sogno.” (Gombrich E.H. (1966). Freud e la psicologia dell’arte. Torino: Einaudi, pp.44.) Gombrinch sceglie Hobbema, un pittore paesaggista del 1600 olandese, fiammingo, di non grandissima importanza. Grossi drammi interiori non si dovrebbero vedere nelle loro opere. Ma Gombrich si chiede perché questo pittore dipinge sempre cose su questo fiume e non sull’altro. Per un’analisi psicoanalitica non è una domanda futile perchè risponde al legame tra arte e psicoanalisi. “...dovrà sempre esistere, e che è sempre esistita [nell'arte], una determinante personale; cioè, che analizzando Hobbema potremmo scoprire perché preferiva ispirarsi ai mulini di Ruysdael piuttosto che ai panorami di Koninck (...). Ma in fondo, che cosa ce ne importa? Chiederlo sarà un’eresia, ma dalla risposta a questa domanda dipende tutto il rapporto fra la psicoanalisi e la storia dell’arte. (...) Perciò quei tentativi che vi sono stati di traversare come funamboli (...) l'abisso dei secoli, servendoci di notizie d’accatto come di una fragile corda, non potrà essere altro che un jeu d'esprit (...). E perciò ripeto la domanda: è poi tanto importante sapere che significato abbia avuto l’opera per l'artista? Perché ciò sia importante, occorre una sola premessa, questa: che il significato privato, personale, psicologico del quadro, sia l’unico significato vero - sia quindi quello che esso trasmette, se non alla coscienza, almeno all’inconscio dello spettatore.”-è è inconscio, non sappiamo se verrà mai trasmesso, sono supposizioni. Gombrich, 1966, pp. 45-46. Dobbiamo ricordarci quando analizziamo opere del passato che la maggior parte sono commissionate e ciò che raffigurano è il volere del committente. Dobbiamo distinguere tra significato reale per il committente, il significato reale per l'artista e il significato possibile per il possibile fruitore (quest'ultime sono tanti significati perché ci sono tanti diversi fruitori). L'approccio psicoanalitico all'arte ha come obiettivo quello di individuare le pulsioni sottostanti l’atto creativo, nella convinzione che siano questi il motore della creazione artistica. In sintesi, l’idea è che tramite le forme scelte o inventate l’artista condensa le proprie pulsioni e nevrosi, a livello inconscio. La creazione artistica, quindi, rappresenterebbe una risposta dell'artista a drammi interiori, perlopiù sepolti sotto la coltre della coscienza. La creazione dell’opera si costituisce come una forma di catarsi, e mediante processi empatici tale processo sarebbe esteso al fruitore che, anche a sua insaputa, soffre di drammi interiori simili. (a sua insaputa o perché inconsci) Perciò l'approccio psicoanalitico si è concentrato sulla FORMA in quanto veicolo del contenuto. La forma diventa il contenuto solidificato, nelle arti plastiche. (diventa l’espressione di ciò che l’artista voleva rappresentare in modo conscio o inconscio). In letteratura, invece, è il contenuto l’oggetto principale di analisi: ciò che lo scrittore ha inteso rappresentare è letta come metafora o insieme di simboli che permetterebbero di individuare pulsioni e drammi personali, perlopiù inconsci, dell'autore. Il ruolo dello stile La pura forma, intesa come oggettivizzazione della rappresentazione, è una chimera. Le forme scelte da un artista sono ampiamente condizionate dallo stile dell’artista, che a sua volta è condizionata dallo stile imperante che caratterizza la società in cui l'artista si trova a vivere, nonché il suo perido storico. Lo stile è una caratteristica complessa, che contribuisce sia a modulare che a creare il contenuto, cioè il significato dell’opera. Quindi analizzare le arpie di del Sarto non tenendo conto dello stile è un errore, perché è proprio lo stile che è il tratto inconscio dell'artista. Ernest Bonnencontre®artista del 1800/1900 tecnicamente molto dotato, ma vissuto all'ombra dell'accademia francese, non amato dal pubblico perché il suo stile non ha nessun tratto di quello degli impressionisti, con i quali si identifica a fine secolo. Ha dipinto Le Tre Grazie. Gombrich si chiede se sia artisticamente più interessante l’originale di Bonnencontre, assai leziosa e stucchevole, o l’opera vista attraverso lenti deformanti, con una resa simile all’impressionismo. Gombrich mostra alcune immagini in cui fotografa quest'opera con lenti deformanti, che fanno assomigliare il risultato finale a un’opera impressionista. Cezanne- le bagnanti-+ mira a un’oggettivizzazione diversa rispetto all'intento impressionista di cogliere l'impressione del momento. Qui tutto diventa statico ma dinamico, i contorni sono marcati e le figure diventano oggetti presenti nel campo. Impressionismo>Il nome i. deriva dall’epiteto, inizialmente usato in senso spregiativo contro i pittori del gruppo, tratto dal titolo di un quadro di C. Monet, Impression: soleil levant (1873, Parigi, Musée Marmottan). Il movimento trova le sue fonti di ispirazione nella pittura romantica (E. Delacroix), nel verismo di G. Courbet, nell’osservazione del vero dei paesisti di Barbizon, nel lirismo pittorico di J.-B.-C. Corot. Si oppone alla pittura accademica ufficiale operando per la costruzione di una diversa e precisa concezione dell’arte. Il riferimento esplicito a teorie scientifiche sulla visione, come le indagini di M.-E. Chevreul sul complementarismo dei colori, o all'arte giapponese (conosciuta attraverso le incisioni di Hokusai e Hiroshige), prova come gli impressionisti ricercassero nuovi e più attuali valori della visione, in un assunto essenzialmente naturalistico e antiaccademico, rifiutando ogni nozione acquisita dell'oggetto per affidarsi all'immediata impressione del vero. Essi tendono a cogliere gli effetti di luce, come l'impressione più immediata della visione; negano l’illuminazione artificiosa dell’atelier, sostenendo la pittura all'aria aperta (en plein-air), rinunciando al chiaroscuro artificiale in favore di ombre colorate, usando una maniera rapida e sciolta. Il risultato è una fusione totale di oggetto e spazio, inteso come fenomeno cromatico e luminoso. Emerge l'interesse per la realtà attuale, la ricerca di una libertà totale, nel soggetto e nell'espressione, nel rifiuto di ogni processo ideologicamente canonico di rappresentazione; donde lo scandalo suscitato da dipinti come Le déjeuner sur l’herbe di E. Manet (1863, Parigi, Musée d'Orsay) o le Impressions di Monet. Le tre grazie di Bonnencotre+Tema mitologico usato come pretesto per una rappresentazione erotica, privata cioè del simbolismo che caratterizzò la pittura rinascimentale. David Hamilton, Le tre grazie, omaggio a Raffaello (1988). Nonostante il richiamo esplicito a Raffaello, l’opera è più vicina a quella di Bonnencontre come valore artistico. Raffaello si ispira a quello di Hamilton, e questo a sua volta di ispira alle tre grazie dell’encausto romano. Analoghe disposizioni e pose delle figure. Lucas Cranach->altra rappresentazione erotica delle tre grazie. Tiziano Vecellio, La Venere di Urbino (prima del 1538, Firenze, Galleria degli Uffizi) Commissionato da Guidabaldo della Rovere, erede di Francesco Maria della Rovere, Duca d’Urbino. Il quadro è un’allegoria del matrimonio (il cane rappresenta la fedeltà coniugale). Il non troppo velato erotismo (la posa invitante, lo sguardo al contempo malizioso e ingenuo della Quadro di Goya- saturno che divora un figlio. Bosch- la cura della follia. (estrazione cervello) Il tema della follia è già stato oggetto di raffigurazione nell’arte europea prima degli scritti di Freud. Théodore Géricault (1791-1824) Serie di ritratti di pazienti psichiatrici del Dr. Georgette (10 lavori dipinti tra il 1819- 1822). Indovinate chi è cleptomane, chi è giocatore d'azzardo compulsivo e chi si crede un grande generale. Tra questi 4 ritratti vi è anche un semplice ritratto di uomo. Donna>gioco d'azzardo compulsivo. Secondo ritrattod ossessione di comando militare. Terzo ritratto>cleptomane. Quarto ritratto semplice uomo. Dal Primo Manifesto del surrealismo (André Breton): Noi viviamo ancora sotto il regno della logica: ecco chiaramente dove volevo arrivare. Ma i processi logici, ai giorni nostri, s'applicano unicamente alle soluzioni di problemi di secondario interesse. Il razionalismo assoluto che rimane di moda permette di prendere in considerazione nient'altro che i fatti strettamente riferibili alla nostra esperienza. | fini logici, al contrario, ci sfuggono. Inutile aggiungere che l'esperienza stessa s'è ritrovata chiusa tra limiti assegnati. Essa s'agita in una gabbia da cui è sempre più difficile farla evadere. S'appoggia anch'essa all'utile immediato ed è sorvegliata dal buon senso. Sotto il color della civiltà, col pretesto del progresso, si è giunti a bandire dallo spirito tutto ciò che, a torto o a ragione, può essere tacciato di superstizione, di chimera, a proscrivere ogni metodo di ricerca della verità che non sia conforme quello in uso. È stato per un formidabile caso, almeno in apparenza, che recentemente si pose in luce una parte del mondo intellettuale, per me importantissima, verso cui si ostentava trascuratezza. Bisogna ringraziare le scoperte di Freud. In forza di tali scoperte si manifesta finalmente una corrente d'opinioni per cui l'indagine umana si potrà spingere più lontano nelle proprie ricerche, finalmente autorizzata a non tener più solo conto di sommarie realtà. L'immaginazione è forse sul punto di riconquistare i propri diritti. Se le profondità del nostro spirito racchiudono strane forze capaci d'aumentare le forze di superficie o di contrapporsi vittoriosamente a esse: v'è tutto l'interesse a captarle prima, per poi sottometterle, se appare necessario, al controllo della nostra ragione. Gli analizzatori stessi non hanno che da guadagnarvi. Ma è indispensabile osservare che nessun metodo è imposto a priori per definire tale impresa e che sino a una nuova rivelazione essa può appoggiarsi tanto sulle energie dei poeti quanto su quelle dei dotti, e che infine il suo successo non dipende dalle vie più o meno capricciose che saranno seguite. Si evince l’idea di un tentativo di superamento di quello che è un rapporto razionale con la realtà per primeggiare quelli che sono i contenuti interiori, più inconsci, il sogno e manifestazioni di organizzazione casuale degli argomenti. Si evince anche il ruolo di Freud, ma egli non vuole avere niente a che fare con i surrealisti, ad eccezione di Salvador Dalì. Scostamento dell’impressionismo. È un richiamo a lasciare che i motivi profondi liberi, escano e popolino le opere di poeti e artisti, perché questi sono i veri gradi di libertà secondo Breton. È un nuovo modo di conoscenza e di conoscere se stessi. Il surrealismo è uno dei movimenti amati dagli adolescenti, si rifà alla definizione di arte come espressione di una condizione interiore. Definizione del termine ‘surrealismo’ dato da Breton: Automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente che in ogni altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale. Automatismo psichico>si producono opere d’arte in modo automatico senza ragionamenti vari. È possibile? In letteratura è stata fatta una cosa simile, ma il vero automatismo in pittura non si esprime attraverso il surrealismo, che usa rappresentazioni molto dettagliate e curate, ma con l’aciotn painting per esempio. Freud aveva ragione a dire che i surrealisti non hanno compreso la reale natura del suo discorso. Joyce-èIn Finnigans wake il flusso di pensieri diventa quasi incomprensibile. Parole combinate tra loro come trascorrono nel pensiero, scombinate, viene trascritto un pensiero silente. Trova escamotage di fondere, smontare le parole. La traduzione non ha senso. Definizione per un'enciclopedia filosofica: Il Surrealismo si fonda sull'idea di un grado di realtà superiore connesso a certe forme d'associazione finora trascurate, sull'onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero. Tende a liquidare definitivamente tutti gli altri meccanismi psichici e a sostituirsi ad essi nella risoluzione dei principali problemi della vita. La psicoanalisi ha dato all'arte temi, un modo di pensare all’arte diverso, mirante a rappresentare paradossi e condizioni interiori. Più che essere esplicativo del fare arte, il surrealismo ha aperto le porte all’immaginazione vera e propria. Esempi in letteratura: Surrealismo in letteratura Mentre un mattino Gregor Samsa si veniva svegliando da sogni agitati, nel proprio letto egli si trovò mutato in un insetto mostruoso. Inizia così il racconto surreale (ma non surrealista) di Franz Kafka (1883-1924) intitolato La metamorfosi (1915). Molti temi da lui trattati puntano a un’indagine psicologica molto profonda e alla descrizione di un malessere. È un racconto surreale ma non surrealista, vuol dire che parla di una cosa che non ha un riscontro nella realtà ma non ha fini surrealistici di rappresentare un inconscio, ma Kafka vuole rappresentare una condizione umana. James Joyce (1882-1941), due romanzi surreali per stile e contenuti: L’Ulisse e Finnegans wake. Tali romanzi sono scritti con la tecnica del “flusso di coscienza”, portata agli estremi in Finnegans wake che si caratterizza per la polisemia con cui viene tradotta l’esperienza onirica. Ulysses è il flusso di coscienza. Finnegans wake è più complesso, non permette traduzioni in altre lingue, caratterizzata per la polisemia con cui viene tradotta l’esperienza onirica. Haruki Murakami (n. 1949): La fine del mondo e il paese delle meraviglie (1985). Gioco di corrispondenza tra un mondo reale e un mondo mentale. La psicoanalisi come soggetto letterario La coscienza di Zeno di Italo Svevo (1923). lo sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Chi di psico- analisi s'intende, sa dove piazzare l’antipatia che il paziente mi dedica. 31 Maggio 1915 L’ho finita con la psico-analisi. Dopo di averla praticata assiduamente per sei mesi interi sto peggio di prima. Non ho ancora congedato il dottore, ma la mia risoluzione è irrevocabile. leri intanto gli mandai a dire ch’ero impedito, e per qualche giorno lascio che m’aspetti. Se fossi ben sicuro di saper ridere di lui senza’adirarmi, sarei anche capace di rivederlo. Ma ho paura che finirei col mettergli le mani addosso. Il surreale al cinema Fantasma prima di colazione. Vormittagsspuk. (musiche originali distrutte dai nazisti) Being John Malkovich (1999). Storia di un portale che permette di accedere dentro la testa di malkovich. La psicoanalisi come soggetto cinematografico (con esiti surreali) nel film Zelig di Woody Allen (1983). Mocumentario (finto documentario con finalità comiche) in cui il personaggio zelig è una persona che soffre di una crisi di inferiorità e sviluppa la abilità di imitare gli altre, riuscendo anche a cambiare aspetto fisico. Esempio di come la psicoanalisi ha dato di più all'arte, come materiale su cui l’arte poteva riflettere e creare opere proprie. L’estetica sperimentale di Fechner. Le misure del bello. Secondo Policleto da Argo (V sec. a.C.), la bellezza nasce dall'esatta proporzione non degli elementi, ma di tutte le parti tra di loro. Egli realizzò il Doriforo (atleta portatore di lancia), secondo il canone da lui derivato empiricamente misurando i corpi e le membra di persone reali: il canone potrebbe derivare dalle medie di quelle misurazioni. Per l'altezza ideale dell’uomo e le proporzioni tra le sue membra si usava come riferimento le dimensioni della testa e rapporti tra le parti del volto. Secondo il canone della bellezza teorizzato da Policleto da Argo, l'altezza ideale dell’uomo (l'altezza media) era 8 volte la lunghezza della testa. Cennino Cennini, // libro dell’arte (Cap. LXX): Nota che, innanzi più oltre vada, ti voglio dare a littera le misure dell’uomo. Quelle della femmina lascio stare, perché non ha nessuna perfetta misura. [...] il viso è diviso in tre parti, cioè: la testa [fronte], una; il mento, l’altra; e dal naso a mento, l’altra. [...] dalla coscia al ginocchio, due visi: dal ginocchio al tallone della gamba, due visi: [...] il pié, lungo un viso. [...] È tutto l’uomo lungo otto visi e due delle tre misure (in cui si divide la testa che sono 3 parti equivalenti tra loro). 3 significa che l’uomo si deve essere un po' ingrandito rispetto a quanto diceva Policleto. Artista e trattatista che scrive “il libro dell’arte”, che riporta tutta una serie di ricette per come fare le cose in ambito artistico, ma anche delle annotazioni che ci fanno capire la mentalità dell’epoca e della conoscenza di alcuni fenomeni. L’uomo vitruviano (1492) di Leonardo da Vinci. Sarebbe dell’altezza di Cennini. Secondo Vitruvio, il viso umano si divide in tre parti uguali: dal mento alla base delle narici, dal naso fino al punto d'incontro con le sopracciglia e da queste alla radice dei capelli. Il piede invece rappresenta la sesta parte dell’intera altezza dell’uomo. invece di prendere la testa come misura ideale per definire l'altezza ideale dell’uomo, si prende il piede. Altezza: 7 volte il piede dell’uomo vitruviano. (uomo di Leonardo è un pochino più altro rispetto all'uomo vitruviano ideale). Gustave Theodor Fechner (1801-1887) S = KLogi (intensità fisica dello stimolo). Formula psicofisica, la legge di Fechner: uguale; + emerge che un pò meno di un terzo dei soggetti sceglie il rettangolo aureo, i 2/3 non lo scelgono 2. metodo della produzione: disegna un rettangolo in modo tale che risulti piacevole; 3. misurazione di artefatti umani: determinare le proporzioni espresse maggiormente nelle opere d’arte. Fechner ha tentato di dimostrare il valore della proporzione divina, ma non ci è riuscito. Molti esperimenti successivi non sono riusciti a dimostrare una superiorità sul piano estetico della sezione aurea. Dopo Fechner Dopo Fechner, e in seguito agli sconvolgimenti nel mondo dell’arte legati sia all'invenzione e all’affermarsi della fotografia, sia alla nascita delle avanguardie artistiche, il concetto di esperienza estetica subisce una lenta mutazione, in particolar modo quando si riferisce al campo delle arti: da esperienza legato al bello e al sublime diviene nel tempo esperienza che dona piacere a livello affettivo e/o a livello intellettuale. Diffusione e perfezionamento della Fotografia + Avanguardie Artistiche + Mutamenti lenti ma profondi nella concezione della fruizione artistica. Sono passaggi lenti, mutamento lento su una nuova concezione dell’esperienza estetica. Tentiamo quindi di formulare una nuova definizione di “estetica” applicata alle arti, o meglio di una “esperienza estetica-artistica”. Prima però cerchiamo di definirne le caratteristiche. Per esperienza estetica-artistica ci si riferisce ad una particolare sensazione di piacere legata alla fruizione di opere d’arte. Questa sensazione di piacere non è determinata in modo esclusivo da rappresentazioni del “bello”, e di norma si caratterizza come una modifica di stati affettivi e cognitivi nel fruitore. In sostanza, il fruitore esperisce a livello cognitivo/intellettuale una sensazione di accrescimento/arricchimento quando entra in contatto con un prodotto il cui contenuto è imprescindibile dalla sua struttura formale. Defi ne di “esperienza estetica-artistica”: L'esperienza estetica-artistica è un piacere insieme affettivo e intellettuale emergente dalla fruizione di opere d'arte. La definizione è nuova, e non la troverete altrove perché in generale chi pratica l'estetica empirica di norma non distingue tra esperienza estetica ed esperienza estetica-artistica, dove la prima si riferisce al piacere estetico kantianamente (il sublime, in senso sensuale) inteso, mentre il secondo è un piacere che emerge solo dalla fruizione di opere d'arte (sublime come esperienza profonda dell’animo). A livello teorico, se si riuscisse a definire i parametri che inducono un'esperienza estetica-artistica, si riuscirebbe anche a definire alcuni dei parametri che costituiscono l'essere 'opera d'arte'. L’estetica sperimentale di fatto studia il piacere derivante dalla fruizione di opere. Esperienza artistica non rende bene l’idea della fruizione dell’opera d’arte. connubio: esperienza estetica- artistica. Se riusciamo a definire cosa determina un’esperienza estetica ricca, potremmo definire anche le caratteristiche che un’opera d’arte deve avere. Vediamo chi ha provato a farlo. George David Birkhoff (1884-1944) propone un approccio matematico all’estetica, con una formula che esprime il valore estetico (1932): M = 0/C M = misura estetica, cioè il grado di piacere estetico suscitato da un’opera d’arte O = il grado di ordine di un oggetto C = il grado di complessità di oggetto Tanto maggiore è il grado di ordine rispetto al grado di complessità, tanto maggiore è l’esperienza di piacere con l'oggetto. L’assunto base della formula proposta da Birkhoff è che il valore estetico di un’opera d’arte dipende dall’esatta misura delle sue componenti. Cioè bisogna definire in maniera operativa il grado di ordine e di complessità dell'oggetto in esame. Quando si valuta sul piano estetico un’opera d’arte bisogna considerare 3 fattori di natura psicologica: 1. Lo “sforzo”, che l'osservatore di un oggetto artistico compie per coglierne percettivamente la struttura. Lo sforzo sarebbe direttamente proporzionale al numero delle componenti elementari di quell'oggetto. Dato che Birkhoff identifica con il numero delle componenti la misura della complessità di un’opera, lo sforzo sarebbe direttamente proporzionale alla complessità dell’opera. Più è complessa l’opera più è lo sforzo richiesto all’osservatore per coglierne percettivamente la struttura. Sforzo è indicativo della complessità. 2. La “percezione dell'ordine”, inerente alla configurazione o alla struttura dell’oggetto e alle sue componenti elementari. Anche l'ordine, come la complessità, sarebbe quantificabile. Bisogna avere un modo per quantificare l'ordine. 3. La “sensazione di piacere”, che la percezione dell'oggetto provoca, compensando lo sforzo compiuto, tramite la percezione di ordine. Problema: Birkhoff attribuisce del tutto soggettivamente i valori numerici ai parametri individuati per stabilire la quantità di ordine e di complessità delle opere d’arte. Lavori successivi per trovare un metodo più oggettivo per quantificare complessità e ordine in un’opera d’arte. Concettualizzazione della misura estetica di Birkhoff mediante l'utilizzo dell’entropia di Shannon e la complessità di KolImogorov. Abstract In 1928, George D. Birkhoff introduced the Aesthetic Measure, defined as the ratio between order and complexity, and, in 1965, Max Bense analyzed Birkhoff"s measure from an information theory point of view. In this paper, the concepts of order and complexity in an image (in our case, a painting) are analyzed in the light of Shannon entropy and Kolmogorov complexity. We also present a new vision of the creative process: the initial uncertainty, obtained from the Shannon entropy of the repertoire (palette), is transformed into algorithmic information content, defined by the Kolmogorov complexity of the image. From this perspective, the Birkhoff's Aesthetic Measure is presented as the ratio between the algorithmic reduction of uncertainty (order) and the initial uncertainty (complexity). The measures proposed are applied to several works of Mondrian, Pollock, and van Gogh. Information entropy is the average rate at which information is produced by a stochastic (stocastico quindi casuale) source of data. Generally, entropy refers to disorder or uncertainty, and the definition of entropy used in information theory is directly analogous to the definition used in statistical thermodynamics. The concept of information entropy was introduced by Claude Shannon in his 1948 paper "A Mathematical Theory of Communication" Nella teoria algoritmica dell'informazione, la complessità di Kolmogorov di un oggetto (assumendo che possa essere rappresentato come una sequenza di bit, per esempio un pezzo di testo), è la lunghezza del più breve programma informatico (in un dato linguaggio di programmazione) che produca l'oggetto come output. Se io ripeto il numero 1 cento volte, per descrivere quella stringa mi bastano 3 stringe molto brevi: scrivi 1- cento volte- end. Se ho una stringa casuale devo scrivere uno script di un programma che ogni volta mi deve indicare che numero scrivere. Quindi il programma deve sempre specificare numero precedente e successivo, quindi complessità aumenta. La definizione della complessità di Kolmogorov suppone che si possa descrivere, e quindi riscrivere, un'opera d'arte come una sequenza di bit (in teoria dell'informazione il bit è definita come la quantità minima di informazione che serve a discernere tra due eventi equiprobabili). La complessità di Kolmogorov va bene per le stringhe di parole ecc.; le immagini sono superfici bidimensionali di solito, però rappresentano realtà tridimensionali e quindi non si può ridurre semplicemente a una sequenza di bit. L’interpretazione degli studiosi precedenti va bene per le immagini bidimensionali ma non rende la complessità delle opere pittoriche. Correzione di Hans Jirgen Eysenk (1916-1977): M = OeC La misura estetica è cioè determinato dal prodotto di Ordine per Complessità. La formula di Birkhoff vede la complessità come fattore negativo. Questo lega al mutamento lento ma profondo dell'esperienza artistica. La complessità da fattore negativa diventa un fattore con peso equivalente, non negativo, rispetto all'ordine. Ordine e complessità non come antagoniste, ma come fattosi che influenzano, in modo positivo o negativa, l’esperienza estetica. Che cosa s'intende per Ordine e che cosa s'intende per Complessità? Come si misurano tali dimensioni, sia a livello percettivo che cognitivo? Quali sono i fattori sottostanti le loro definizioni? Ordine Zanichelli (1984): Assetto, disposizione o sistemazione razionale e armonica di qualcosa nello spazio o nel tempo secondo esigenze pratiche o ideali. Qualunque cosa la mente umana si trovi a dover comprendere, l’ordine ne è una indispensabile condizione. (quando noi non comprendiamo qualcosa, diciamo che è caos. Comprendere significa identificare una struttura che ci possa comunicare qualcosa). Disposizioni quali la planimetria di una città o di un edificio, un insieme di utensili, un'esposizione di mercanzia, la manifestazione verbale di fatti o di idee, ovvero quali un dipinto o un brano musicale, sono disposizioni dette tutte ordinate quando sia possibile a chi le osservi o le ascolti coglierne la struttura generale ed anche il diramarsi di essa in una certa articolazione di dettaglio. Arnheim, Entropia e arte,1971, p. 2 L'ordine ci permette di cogliere la struttura e quindi di individuare al suo interno una sorte di messaggio, la struttura stessa è un messaggio. Escher- ordine e caos+l’ordine è dato dalla disposizione ordinata degli elementi e dalla sfera centrale Esempi di ordine: Semplicità sul piano visivo e semplicità sul piano cognitivo. Un fattore è anche l'ambiguità percettiva. Complessità = Articolazione? Il termine “articolazione” ha molti significati. In psicologia della percezione sta ad indicare la giunzione e la relazione fra le parti di un qualche cosa che è vissuto come unità percettiva o gruppo di unità. Molti studiosi ritengono che maggiore il numero delle parti in relazione tra loro, maggiore è il grado di articolazione. Altri (in particolare la scuola italiana) ritengono che il grado di articolazione non può prescindere da relazioni funzionali (o contestuali) a livello locale e globale tra le parti e il tutto. L'articolazione non è semplicemente il conteggio semplice delle parti, ma tiene conto anche delle parti nuove che si inseriscono. Il fatto di avere più parti non implica sempre un grado di complessità maggiore. Sulla complessità incide anche l'ordine, che è un fattore di semplificazione. Grado di articolazione = Parti operazione (+, x, / ?) Relazione *rete a invarianza di scala delle relazioni proteiche di una cellula* Non conoscendo le leggi che governano la rete delle relazioni, queste ci appaiono come un groviglio confuso. Cogliamo però una struttura sferica fatto da un complesso di nodi che sono però per noi privi di significato. La nostra incapacità di decodificare questa struttura è in qualche modo simile alle difficoltà che molti provano dinanzi a certi quadri astratti? Sembra complesso perché privo di significato, non riusciamo a cogliere un ordine. Jackson Pollock 3fondatore dell’action painting: modo di operare per cui il quadro dovrebbe restituire le azioni compiute dall'artista (es. modo in cui ha fatto colare il colore). In realtà c'è scelta cromatica precisa, scelta su quanto usare determinati colori. C'è una ricerca estetica sottostante che molte persone non riescono a cogliere. Domande fondamentali celati dietro la nozione di fruizione artistica. Perché l'arte cosiddetta "figurativa" appare ai più come più semplice da capire? L'arte cosiddetta "figurativa" è poi davvero meno complessa dell'arte astratta? Albrecht Dùrer, Melancolia | (1514) >+opera in cui ci sono tutta una serie di oggetti. Ma riconoscere cosa è rappresentato non significa che l’opera non è complessa. In realtà questa opera è molto complessa perché è piena di oggetti. Andrea Pozzo, Studio (prima del 1700) +studio dedicato alle scale, che portano da nessuna parte. Hanno anche un aspetto metafisico. È uno studio in cui appare tutto molto semplice ma al contempo questo vuoto di tempo crea una complessità. Paul Klee, Strade principali e secondarie (1929): In questo caso è il titolo dell’opera che ci offre una chiave interpretativa. Inoltre, la nostra predisposizione a vedere la terza dimensione quasi ovunque si presenti un piano pittorico ci fa vedere un piano inclinato all’interno dello spazio pittorico. Berlyne (1965, 1971, 1974): misure fisiologiche dell'esperienza estetica. Ciò che è complesso, contraddittorio, inatteso, provoca un aumento del livello di vigilanza. Il grado di attivazione di uno stimolo (l’arousa/ o grado di eccitazione) dipende da diversi fattori; in particolare: 1) Novità, ovvero ciò che è inatteso, contradditorio provoca sorpresa, il che aumenta il grado di attenzione, e quindi il grado di attivazione del fruitore. 2) Ambiguità, ovvero situazioni che si caratterizzano per un elevato livello di incertezza lasciano aperto l’interpretazione e l’interpolazione dell’informazione da parte del fruitore. Richiede uno sforzo cognitivo da parte del fruitore, anche sforzo percettivo. 3) Complessità, banalmente definita come numero di elementi in gioco. Berlyne aveva osservato che la relazione tra il grado di attivazione fisiologica e la preferenza estetica è a ‘U’ rovesciata: un’attivazione troppo bassa o troppo alta non produce effetti estetici positivi. Esperienza estetica _\ Attivazione fisiologica in seguito a un’esperienza estetica In che rapporto sta l’ipotesi di Berlyne con certa arte contemporanea, creata come atto provocatorio in cui si cerca di innalzare il livello di attivazione dell'osservatore? Ambiguità e il ludico in arte Maurits Cornelis Escher. Dimostrazione di come l'ambiguità attivi un aspetto ludico, un gioco visivo nelle opere d’arte; ci affascinano le situazioni di impossibilità delle illusioni ottiche. René Magritte, L’inganno delle immagini. Opera concettuale, filosofica. Il titolo è l'inganno dell'immagine, gioco con l'ambiguità. Arte concettuale L'arte concettuale è uno dei maggiori movimenti artistici del novecento. | "concetti" possono essere comunicati attraverso diversi mezzi espressivi, come testi, mappe, diagrammi, film, video, fotografie o happening, esposti in gallerie o realizzati per luoghi specifici. La complessità nell’arte concettuale sta nel rapporto stesso tra pensiero e contenuto che precede l'esecuzione dell’opera stessa. È il pensiero che diviene centrale, a discapito del prodotto stesso che è soltanto la manifestazione del pensiero, il segno che testimonia il concetto. Nell'arte concettuale il titolo dell'opera diventa spesso una componente fondamentale. è il titolo che porta alla luce il significato recondito dell’opera che altrimenti potrebbe passare inosservato. Piero Manzoni, Merda d'artista (21 maggio 1961) E = OeC — Questa formula è in grado di spiegare la complessità dell'operazione artistica dell’epoca contemporanea? Bastano ordine e complessità per spiegare l’esperienza estetica davanti all'arte cntemporanea? Spesso nell'arte contemporanea alla novità e all'ambiguità è stato aggiunto il sensazionalismo, con lo scopo di provocare e scandalizzare il fruitore. - Young British Artists' Exhibit at the Brooklyn Museum - Sarah Lucas, Au Natural (1994). - Jake and Dinos Chapman, Zygotic acceleration, biogenetic, de-sublimated libidinal model (enlarged x 1000) (1995). Vedere configurazioni: semplicità e complessità L’esito percettivo di un campo di stimolazione, quale potrebbe essere un’opera d’arte visiva, dipende dal modo in cui il sistema visivo organizza gli stimoli in entrata in configurazioni dotate di senso. La bontà degli esiti percettivi dipende da un fondamentale isomorfismo tra la macrostruttura fisica che genera la stimolazione sensoriale e la struttura della resa fenomenica (cioè quella effettivamente percepita). Questo isomorfismo riguarda aspetti fondamentali quali per esempio la forma, la disposizione degli elementi costituenti configurazioni complesse, le dislocazioni spaziali, le articolazioni spaziali, ecc. La bontà dell’operato del sistema visivo pare essere garantito da un principio del minimo che regola non solo la modulazione e l'interazione dei principi di segmentazione del campo, ma anche che opererebbe di modo che la struttura visiva emergente risulti essere tanto più semplice quanto le condizioni date lo consentono. In quale relazione stanno il principio del minimo e la semplicità? È considerato semplice quello che si capisce. Da ciò si potrebbe concludere che la semplicità è definibile soggettivamente. Questo modo di concepire la semplicità ha però dei limiti. Per comprendere i limiti pensiamo alla definizione intuitiva spesso data all’arte astratta (e in quanto tale non semplice, ovvero complessa): è astratta quell’arte il cui contenuto figurativo non risulta comprensibile. Si arriva al paradosso che Picasso viene definito come artista astratto e Dalì come artista figurativo. Ci sono criteri oggettivi in grado di definire la “semplicità”? John Maeda, artista visivo, grafico, designer, ha scritto un agile libretto in cui elenca e spiega 10 leggi della semplicità che possono essere applicate alla progettazione, alla tecnologia, agli affari e alla vita. Riduci: il modo migliore per ottenere la semplicità è mediante una riduzione ponderata. Organizza: l’organizzazione semplifica l’immagine di un sistema. Tempo: il risparmio di tempo appare come un guadagno in semplicità. Apprendi: la conoscenza rende tutto molto più semplice. Differenze: semplicità e complessità sono necessari l’uno all’altro. Contesto: ciò che sta alla periferia della semplicità non è affatto periferico. La semplicità è un fatto contestuale. 7. Emozioni: più emozioni sono meglio di poche emozioni. Creare un legame affettivo von gli oggetti. 8. Trust: ci fidiamo della semplicità. 9. Fallimento: alcune cose non possono essere rese semplici. 10. Vera Legge della semplicità: sottrarre l’ovvio e aggiungere significato. Soprattutto nell'arte contemporanea. OUARWNPE I principi di segmentazione del campo visivo ed il modo in cui essi interagiscono tra loro sono in accordo con la prima legge della semplicità: una riduzione degli elementi a favore di una coesione delle parti costituenti una struttura. Figure più complesse perché entra in gioco la dinamicità: figure non stabili. Uno scheletro ha una “qualità di compiutezza” che si oppone ad aggiunte od omissioni, mentre le singole ossa hanno solo un certo grado di compiutezza in quanto le loro forme implicano la congiunzione con altre ossa. Le leggi del tutto Nel 1923, lo psicologo gestaltista Wertheimer individuò le leggi di segmentazione (o di unificazione) del campo visivo. Oltre venti anni più tardi Cesare Musatti argomentò che i principi individuati da Wertheimer possono essere ridotti ad uno solo, il principio di omogeneità. Arnheim descrive il principio di omogeneità di Musatti in termini di un principio di somiglianza, nel senso che fattori isolati da Wertheimer, per esempio la buona continuazione, possono essere descritti in termini di una somiglianza, che nel caso della buona continuazione sarebbe di direzione. In verità, mi pare che il principio di omogeneità di Musatti implichi molto più della sola somiglianza. Per certi versi assomiglia al principio di pregnanza, che sarebbe quel principio sovraordinato che controlla l’esito dei raggruppamenti compiuti con i principi di somiglianza, vicinanza, ecc. Che si chiami principio di omogeneità o di pregnanza, risulta evidente che vicinanza, chiusura, somiglianza (di qualsiasi tipo: colore, velocità, direzione, grandezza, ...), ecc. non sarebbero quindi dei veri principi bensì dei fattori emergenti dal contesto, la cui presenza determina il modo in cui il campo visivo viene segmentato in unità significative. Nei libri di testo è abbastanza comune che gli autori scelgano di mostrare situazioni semplici in modo da favorire l'apprendimento dei cosiddetti principi di segmentazione (organizzazione, unificazione). È un approccio dal basso. Nello studio dell’arte, però, risulta molto più proficuo un approccio dall'alto, per cui partendo dall’unità dell’opera la si segmenta in sottounità per facilitarne la lettura e valutare la coesione tra forma e significato. È opportuno però ricordare che l'unificazione dal basso e la segmentazione dall'alto sono concetti reciproci. La differenza tra i due approcci sta nel modo in cui si può applicare il principio di omogeneità, che nell’organizzazione dal basso riguarderà essenzialmente la somiglianza tra elementi ed unità, mentre con l’approccio dall'alto concerne anche l’organizzazione globale della struttura, cosa che è intimamente correlata con lo stile dell’artista. è questione di stile come uno degli elementi portatore si significato. Semplicità e complessità sono due estremi di un continuum, oppure sono fattori disgiunti? Affermare che complesso è ciò che non è semplice implica un continuum. Tuttavia, il costrutto di semplicità è multidimensionale e si applica a diverse dimensioni del reale. In tal senso i continuum sono molteplici e qualsiasi generalizzazione rischia di banalizzare un problema che invece riguarda i livelli di comprensione e di interpretazione di un’opera d’arte. >non possiamo affermare che esiste un continuum dal semplice al complesso perché 1. il costrutto di semplicità contiene anche un fattore molto soggettivo, 2. la semplicità non si basa sul numero di elementi. All’interno del paradossale rapporto tra semplicità e complessità vi è pure un altro paradosso: se ciò che è complesso appare tale in quanto contrapposto alla semplicità, costrutto la cui definizione risulta complessa (sia sul piano teorico che su quello operativo), ciò che è semplice appare semplice e basta. La semplicità si impone da sé, e non necessita del costrutto di complessità. +è la complessità che necessita della semplicità, ma non viceversa+non è biunivoca la cosa. Quindi significa che sono fattori disgiunti, sono su due continuum diversi. L'arte ne è dimostrazione perché semplicità e complessità possono congiungersi in un'unica opera. Semplicità e complessità Abbiamo più volte evidenziato che il sistema visivo segmenta la scena visiva in base a leggi che tendono a favorire la “semplicità” dell’esito percettivo. Il costrutto di semplicità è però complesso: la semplicità dipende dal numero di elementi costituenti l'oggetto; dall’orientamento di assi, bisettrici, diagonali; dall’orientamento di lati, contorni, margini; dai rapporti tra le parti; dal rapporto tra le superfici ed il tutto. Appare evidente che una definizione operativa del costrutto di semplicità non è facile; quindi è complessa. Il costrutto di complessità è invece paradossalmente semplice da definire: è complesso ciò che non è semplice, ovvero ciò che è costituito da molti elementi, da numerosi rapporti, da dinamiche che sfuggono all'equilibrio, ecc. Quindi, dato che non esiste una definizione operativa universalmente valida con cui identificare il costrutto di “semplicità”, non esiste a tutt'oggi neppure una definizione operativa, cioè matematica, in grado di quantificare la complessità che sia universalmente valida. Va da sé che vi è una forte assonanza tra l'impossibilità di definire in maniera operativa concetti- esperienza quali semplicità e complessità e l'impossibilità di definire a priori che cosa sia o non sia arte. L’arte ci intriga per la sua complessità, ma ci affascina con la sua semplicità. Il valore estetico si annida in questa contrapposizione, che è giocata sul fattore ordine. Le Corbusier, Villa Savoye a Poissy (1929, Parigi Le sue composizioni si basano sul Modulor+Il Modulor di Le Corbusier segue la tradizione che era già di Vitruvio, e cioè di porre l’uomo quale metro di proporzione ideale (anche come metro per costruire gli edifici). Dietro l'apparente semplicità dell’architettura razionale di Le Corbusier vi è dunque un sistema complesso di rimandi a moduli basati sia sull'uomo ideale, sai sulla sezione aurea. Le Corbusier dimostrò sempre molta attenzione alle proporzioni. In realtà fu un grande musicista. Ma la sua musica, invece di svilupparsi nel tempo, si sviluppa nello spazio a tre dimensioni. E, come il musicista, egli si esprime attraverso rapporti. Si può dire che il Modulor è una scala, paragonabile approssimativamente alle scale musicali anche se, invece di essere una scala di suoni, è una scala di grandezze spaziali (André Wogenscky, architetto allievo di Le Corbusier). > paragone tra modulor e composizioni musicali, che si ritrova anche in costruzioni rinascimentali, es. santa maria novella a firenze+somilglianza con strutture musicali Struttura coerente estetica non c'è nelle Favelas a Rio de Janeiro agglomerati urbani caotici. Può essere un’opportunità per creare ordine in qualcosa che non ce l’ha. Lucia Sandroni, Tramonto sulle Favellas (2008) + opera in cui viene generato un ordine dovuto alla commistione tra rossi e azzurri. È un notturno e la combinazione di colori dona un aspetto astratto a un’opera che in realtà è figurativa. JR, Women (2008, Morro da Providencia, Rio de Janeiro) +gigantografie di volti di donne che abitavano le favelas e le ha sovrapposte sui muri. Haas&Hahn (Jeroen Koolhaas e Dre Urhahn): Pogetto Favellas painting 3 tentativo di creare ordine nelle favelas. Paul Klee, Dream city (1921, Torino, collezione privata) 3sviluppo verticale fatto di trasparenze e ricco. Arte figurativo e astratta allo stesso tempo. Le piramidi sono da considerarsi opere d’arte? Secondo Arnheim, la resistenza che si incontra quando si tenta di classificarle come arte consiste nella loro estrema semplicità. La piramide del Louvre progettata da leoh Ming Pei è un’opera che ha suscitato molte polemiche, ma non vi è dubbio che si tratti di una commistione tra architettura, ingegneria e arte (come d'altronde accade sempre in architettura). Andy Warhol, Big electric chair (1967, New York, The Andy Warhol Foundation) +colori, rosso e blu, danno un senso di straniamento e mettono in evidenza la crudeltà dell'oggetto. Ron Myueka, Woman in bed John De Andrea, Senza titolo > il visitatore vorrebbe girare intorno al nudo e guardarlo a 360 gradi ma non lo fa perché pensa di poter essere giudicato dal pubblico. A livello figurativo, l’iperrealismo (ultrarealismo, superrealismo) è una corrente che si caratterizza per una aderenza alla realtà che va oltre la rappresentazione fotografica. L’eccesso di fedeltà al reale crea una tensione psicologica particolare nel fruitore che a stento riesce a vincere un innato senso di imbarazzo di fronte ad un atto di voyeurismo pubblico. >vorrebbe esplorare, indagare ma non lo fa. La complessità quindi s’insinua tra la componente tutto sommato semplice della fedele resa visibile del soggetto e la confusione instaurata nel fruitore chiamato a giocare il ruolo del voyeur. Semplicità e complessità si compenetrano nell'opera d’arte. Opere d’arte strutturalmente complesse sono semplificate tramite accorgimenti grafico-pittorici che guidano la loro segmentazione interna, operazione che facilita la fruizione e l’interpretazione dell’opera. Le opere apparentemente semplici contengono livelli di complessità nel contenuto che emerge dall’incontro tra forma e fruitore. L'arte concettuale si avvale proprio del contrasto tra soluzioni visive semplici e contenuti complessi per determinare nell’osservatore un complesso gioco di tensioni cognitive ed emotive. Boselie e Leeuwenberg (1984) rivedono la formula di Birkhoff- Eysenk: M= Um (Ue) (Cm,e) M = grado di bellezza (intesa come esperienza estetica); Um = grado di non ambiguità dei mezzi; Ue = grado di non ambiguità dell’effetto; Cm,e = contrasto tra effetto e mezzi Intensità del vissuto di bellezza come funzione del rapporto tra mezzi e fini: ogni esperienza estetica secondo i due autori ha alla base un sentimento di sorpresa e sconcerto. Salvador Dalì, Gala guarda il mar Mediterraneo che a venti metri si trasforma in ritratto di Abramo Lincoln - Omaggio a Rothko (1976) . immagine che si trasforma con la distanza. Le spiegazioni di questi effetti, della resa estetica, dell'esperienza estetica artistica, non sono spiegabili con i fenomeni del cervello. Tesi #2 Arte e cervello hanno una funzione comune: acquisizione di conoscenza. La funzione dell’arte è dunque un'estensione della funzione del cervello. > per lui l’arte serve per acquisire conoscenza e quindi è come un'estensione del cervello. Questa tesi pone 2 problemi su cui vale la pena riflettere: 1. La funzione dell’arte è in modo inequivocabile sempre quello di acquisire conoscenza? Tutte le arti hanno come scopo ultimo incrementare la conoscenza dell’uomo? 2. Chetipo di conoscenza può essere fornita dall'arte? Cosa ha in comune e quanto è diversa questa conoscenza da quella fornita dalla ricerca scientifica? >l’arte può avere molti scopi e fini e non solo conoscenza. René Magritte, L’inganno delle immagini (1929) . opera filosofica, concettuale. Il piacere che deriva da quest'opera è l'ambiguità dell’opera stessa. Piacere intellettuale. La funzione dell’arte è piuttosto variegata e fluida. Una delle funzioni di cui poco si parla è che l’arte “intrattiene”, dona piacere al fruitore. Una delle funzioni peculiari dell’arte è quello di stimolare l'intelletto, fornendo quindi un piacere ed una esperienza estetica che si estende ben oltre il semplice, ma potente, piacere fornito dal bello. Infine, attraverso la lettura di un giornale una persona indubbiamente può acquisire conoscenza. Anche attraverso la lettura di un romanzo uno può acquisire conoscenza, ma la funzione del romanzo non è quello di incrementare la nostra conoscenza del mondo, bensì quello di calarci in un mondo non nostro che però agisce sulla nostra coscienza (se il romanzo funziona). Tesi #3 L’arte riflette la capacità di astrazione che è caratteristica di ogni sistema efficiente di acquisizione di conoscenza. Tutta l’arte è astrazione. astrazione non arte astratta, ma cogliere regolarità ed esporre queste regolarità. Remember Gibson e la sua percezione. Idea che l’arte trae elementi significanti, invarianti, che possono trasmettere il codice significativo che l'artista vuole mettere in scena. (astrazione nel senso di astrarre, tirar fuori) Secondo questa tesi l’arte vola al di sopra del particolare per mostrare l’universale (invarianti), ottenuto mediante un’operazione di astrazione. L'arte rappresenta quindi forme ideali, “astratti” dalla realtà. Tutta l’arte è astrazione. Tutta l’arte è rappresentazione. Raffaelo, Sposalizio della vergine (1524, Milano: Pinacoteca di Brera) +astrazione, rappresenta chiesa ideale in un palcoscenico ideale, è tutto perfetto per mostrare una forma di regolarità. Opera molto concettuale. Kanidinsky, Linea trasversale (1923, Dusseldorf: Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Jan Van Eyck, Matrimonio Arnolfini (1434, Londra: National Gallery). +ritrae il matrimonio. Nello specchio si vede che l’artista stesso e un suo aiutante sono i testimoni del matrimonio. Astrazione simbolica e imminenza del momento (non astratto per definizione), sono simultaneamente presenti in questa opera. Simbologia, forte astrazione: Cane rappresenta fedeltà. Donna in attesa di un baby. Zoccoli simbolo di casa. Ma c'è anche la rappresentazione del momento. Alcune osservazioni sull'arte fiamminga: Petrus Christus, Sant'Eligio nel proprio laboratorio (1449, New York, Metropolitan Museum of Art). anche qui abbiamo astrazione simbolica ma anche rappresentazione del momento. Claude Monet, Cattedrale di Rouen (1883, Parigi, Parigi, Mosca). Azione della luce sulla pietra. Dipingere il momento, non è astrazione. Giacono Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912, Buffalo, Albright Knox Art Gallery). Astrazione del movimento. Rappresentare simultaneamente tutto ciò che accade in un momento, quindi non è astrazione. Tesi #4 La conseguenza del processo di astrazione è la creazione di concetti e ideali. L'arte è la traduzione su tela di questi ideali formati dal cervello. Circa la Tesi #4, dobbiamo riflettere criticamente sulla seguente domanda: l’arte coincide con la rappresentazione di concetti ideali, ovvero universalmente riconosciuti e accettati? Policleto da Argo, Doriforo (V sec. a.C.) Hieronymus Bosch, Trittico del Giardino delle delizie terrene (1500 ca.particolare, Madrid: Museo del Prado) Ogni civiltà ha definito in modo più o meno esplicito i canoni della bellezza, tramite cui si possono fare confronti. Ma come si traduce la bruttezza “ideale”? Come si determina il grottesco perfetto? Il “brutto”, che è una deviazione dal cammino verso il bello, è comunque una categoria insistente sull'esperienza estetica. Come lo so idealizza? +essendo una deviazione del bello non c'è un canone per realizzarlo. Tesi #5 L’artista è un neuroscienziato in quanto comprende in modo istintivo il funzionamento del cervello per quanto concerne le componenti comuni dell’organizzazione visiva ed emotiva. Ne segue che il perché e il come le creazioni artistiche suscitano un'esperienza estetica può essere intesa pienamente soltanto in termini neurali. A prescindere da un feroce neuroriduzionismo, il problema qui è che si è dato per scontato il significato di esperienza estetica, tra l'altro facendola coincidere spesso con l'esperienza del bello, quando l'esperienza estetico-artistica è ben più complessa. Questa linea di pensiero conduce nuovamente l'estetica sperimentale (di cui la neuroestetica è una delle ultime evoluzioni) a considerare soltanto casi limite, a porre barriere piuttosto rigide nei confronti dell’arte, definendo ciò che funziona sul piano estetico da ciò che non funziona. Scritto così, il piano scientifico sembra importante, ma è nei dettagli che si annida il diavolo. Nel suo libro Zeki afferma, per esempio, che il cubismo è stato un fallimento perché ha operato delle scelte formali non basate sul modo di funzionamento del cervello. L'affermazione ha del ridicolo... Egli afferma questo perché prende in considerazione degli articoli del cubismo degli anni 30, in realtà era nato moolto prima nel 1907. Erano artisti che seguivano la moda, di secondo piano. Un altro punto debole, reminiscente di un’idea ‘romantica’ dell’arte e dell'artista, è l’insistere sul carattere istintivo dell'artista, come se l'artista non avesse piena consapevolezza dei propri mezzi e del proprio operato. La conseguenza di questo tipo di ragionare non è quello di alzare l'artista al rango di “neuroscienziato”, bensì di svilire il suo apporto intellettuale nella creazione dell’opera. L’artista avrebbe delle abilità, ma per lo più opererebbe in modo inconscio. Noi usiamo il termine “arte concettuale” per definire un certo tipo di arte visiva. E tuttavia, non si dà alcun prodotto artistico che non sia infine anche un’opera concettuale. (tutte le opere d’arte sono concettuali) Anzi, si può ben ritenere che siano proprio il background socio-culturale, le pulsioni sociali attorno all'artista, nonché la sua impostazione intellettuale a guidare la forma data all'opera, la cui funzione è di convogliare “significato”, nel senso più ampio del termine, e cioè senza confini. La forma, in arte, è anche una componente fondamentale del contenuto. In tale senso l’arte vera non è mai istintiva, ma premeditata, anche quando si avvale dell’improvvisazione. La forma è contenuto, dire che l'artista l’ha fatto a caso è una bestemmia. Domande su cui riflettere: - Il cartomante o l’astrologo è un neuroscienziato (o uno psicologo) perché riesce a cogliere e a elaborare i svariati segnali del cliente, per confezionare ad hoc la spiegazione dei rischi che il futuro riserva? - Il cuoco (il panettiere, il gelataio, ecc.) deve conoscere il funzionamento del sistema del gusto e dell'olfatto sul piano neurofisiologico per fare bene il proprio mestiere? L'architetto e l'ingegnere si affida al funzionamento dei propri sensi per determinare i carichi che travi e colonne possono sostenre? -Il negoziante è un neuroscienziato (o uno psicologo) perché conosce le leve che motivano all'acquisto? Non sono concetti essenziali. La neuroestetica è molto criticata. Le origini dell’arte. !potesi. Arte come re-interpretazione Leon Battista Alberti e le immagini somiglianti. Le arti di coloro che cercarono di tradurre nell’opera propria figure ed immagini somiglianti a corpi generati dalla natura, penso che abbiano avuto questa origine. Essi forse qualche volta videro in un tronco o in una zolla o in altre cose inanimate di tal genere alcuni tratti che, con pochi cambiamenti, potevano rappresentare qualcosa di molto simile agli aspetti reali della natura. Allora, rendendosene conto ed esaminandoli, diligentemente cominciarono a fare dei tentativi, se mai potessero aggiungervi o togliervi qualcosa e darvi quei tocchi finali che parevano mancare per cogliere ed esprimere completamente il vero aspetto di un'immagine. Così, correggendovi e rifinendovi linee e superfici secondo i suggerimenti della cosa stessa, raggiunsero il loro proposito, di certo non senza piacere. Né meraviglia che, movendo di qui, l'applicazione e lo studio umani quanto lo siano gli psicologi. Le nostre interpretazioni della maggior parte degli indici saranno altrettanto valide. Il problema delicato è quello dell'uso del Rorschach (e di altri strumenti di valutazione psicologica) nei contesti legali. Negli Stati Uniti è opinione comune tra gli esperti legali che il test, applicato ai bambini, sia in grado di rivelare se sono stati oggetto di violenza (child abuse). Anche qui, gli studi non sembrano probanti. Pare che si tenda a pubblicare risultati che sono statisticamente significativi e a lasciare nel cassetto risultati con poca ampiezza statistica. Questo fenomeno è noto come l'effetto del cassetto. "Il redattori possono preferire manoscritti che includono risultati statisticamente significativi. Ma anche i ricercatori possono essere inclini a sottoporre manoscritti che includono risultati statisticamente significativi, pensando che possano essere accettati più facilmente". L'esame degli studi che riguardano l'applicazione del Rorschach all'indagine di violenze sui minori mostrerebbe proprio un effetto di questo tipo. - Roberto Casati, “Le tavole del pregiudizio”, // Sole 24 Ore, 29 aprile 2001 La percezione pittorica La percezione pittorica è quella abilità di vedere oggetti e scene derivanti da condizioni di stimolazione che però non sono i corrispettivi fisici degli oggetti e delle scene raffigurate. > qualsiasi immagine pittorica (disegno, pittura, fotografia...) Lo psicologo american James J. Gibson, che coniò il termine, parlò di un rapporto conflittuale a livello percettivo tra la natura propriamente fisica di un'immagine (per es. la materiale piattezza del supporto) e ciò che dentro di essa si è in grado di vedere. Egli ha definito questo rapporto come un paradosso. Il ruolo dell'esperienza passata Fondamentale - Strutturalismo >(informa su come vanno interpretate le sensazioni elementari) - Comportamentismo +>(il ruolo dell’apprendimento nelle elaborazioni sensoriali) - Cognitivismo >(il ruolo dei processi di giudizio e di inferenza inconscia nella formazione delle esperienze percettive) Trascurabile - Psicologia della Gestalt +(Il sistema visivo funzionerebbe secondo principi deterministici diversi da quelli che governano altre funzioni cognitive) - Teoria Ecologica +(scopo del sistema visivo sarebbe quello di registrare informazione visiva già perfettamente strutturata nella luce) La teoria Ecologica di Gibson Secondo James Gibson, il compito del sistema visivo è quello di rilevare strutture che sono già perfettamente organizzate in forma di informazione ottica che viaggia nella luce. In altre parole, la stimolazione prossimale (cioè la stimolazione a livello di retina) conterebbe in sé tutta l'informazione necessaria, già strutturata, che deve essere soltanto registrata dal sistema senza ulteriori elaborazioni. Ciò che il sistema visivo rileverebbe sono le caratteristiche invarianti dell'oggetto fisico, le quali emergono in funzione della variabilità del flusso ottico. +flusso ottico cambia ed emergono le invarianti che non cambiano. Gibson giustifica l'adozione del termine “ecologico”, affermando che esso serve a far comprendere l’importanza sia dell'adesione attiva all'ambiente da parte dell’osservatore, sia della necessità di comprendere l'ecologia della luce e la struttura fisica del mondo per spiegare i fatti percettivi. Infatti, secondo questo approccio, l'informazione ottica che viaggia nella luce è già perfettamente strutturata e pronta all'uso. Il sistema visivo diventa una specie di rilevatore di segnali (invarianti di struttura) in mezzo ad un mare necessario di rumore (le variazioni nel flusso ottico). Si noti l’assonanza con la posizione di Zeki, secondo cui compito del cervello è quello di rilevare le costanze percettive. Secondo questo approccio teorico, la luce che viaggia verso l'occhio possiede una struttura che le deriva dall'azione di riflessione degli oggetti fisici. È una struttura che subisce continue variazioni sia a causa del movimento di cui sono suscettibili gli oggetti stessi nella scena, sia a causa dei movimenti continui dell'osservatore. Queste variazioni sono essenziali, perché è per mezzo di esse che emergono le invarianti di struttura. Le invarianti di struttura sono senza nome e senza forma: difatti, esse sono meglio descrivibili in termini di rapporti tra gli elementi costitutivi degli stimoli. sono dei rapporti. In tale ottica, il rapporto aureo, sempre identico a se stesso, sarebbe l’invariante di struttura sottostante la percezione di bellezza. Alla famosa domanda di Koffka (psicolog gestaltista) “Why do things look as they do?”, Gibson risponderebbe “Because they are what they are!” >noi vediamo la macro-struttura del mondo. Rispetto al cognitivismo classico, il sistema visivo non crea una “rappresentazione” del mondo, bensì registra il mondo così come si presenta nella sua veste macro-fisica, trasmessa a noi come struttura complessa, ma non ambigua, tramite la luce. La teoria di Gibson presenta diversi problemi dal punto di vista epistemologico. Un primo problema riguarda l’esistenza di illusioni: se il sistema visivo registra la macrostruttura dell'ambiente circostante, non dovrebbero esserci fenomeni illusori, in quanto le illusioni non fanno parte del mondo fisico. Di fatto, Gibson tratta le illusioni alla stregua di eccezioni, fenomeni che emergono soltanto in laboratorio dove le condizioni di stimolazioni sono particolarmente impoverite, e quindi con pochi invarianti di struttura. Gibson, infatti, ha sottolineato la necessità di condurre studi sperimentali al di fuori dai laboratori, in condizioni appunto “ecologiche”. Si possono fare due importanti obiezioni a questi argomenti: 1. “In una corretta teoria scientifica non vi deve essere posto per le eccezioni: esse devono poter essere spiegate dalla teoria o la teoria va messa in crisi. (...) Molto più produttivo mi sembra considerare questi fenomeni come preziosi indicatori del reale funzionamento del sistema, cioè come «situazioni sperimentali naturali» che possono consentire di scoprire la «logica» secondo la quale funziona quel sistema” (Kanizsa, 1980). Alan Gilchrist, psicologo americano, concepisce le illusioni con una firma del sistema visivo. 2. Il sistema visivo funziona sempre allo stesso modo, sia dentro che fuori di un laboratorio. Il vantaggio del laboratorio è quello di permettere un maggiore controllo su variabili non pertinenti ma che nondimeno potrebbero influire sull’esito dell'esperimento stesso. +>illusioni accadono perché l’assetto ottico fornisce poca informazione visiva, le informazioni visive sono povere e il sistema non riesce a rilevare abbastanza invarianti di struttura. Un secondo importante problema riguarda l’esistenza di immagini pittoriche (disegni, dipinti, fotografie). Queste presentano un assetto ottico congelato, suscettibile di variazioni solo in virtù del movimento dell'osservatore, il quale però muovendosi non determina l'acquisizione di nuova informazione in forma di invarianti di struttura, in quanto la struttura di un'immagine non è suscettibile di variazioni. Un'immagine è infatti una superficie piatta; scostamenti dal punto ideale di osservazione possono indurre effetti di distorsione nella percezione della scena raffigurata, ma non apportano necessariamente nuova informazione circa la scena raffigurata. René Magritte (1939) La reproduction interdite + non potremo mai vedere il volto dell’uomo, da qualunque angolo di visione. Spostandoci rispetto all'immagine pittorica, viene a modificarsi la produzione retinica dell'immagine, ma 1. le deformazioni che avvengono a livello retinico non vengono viste a livello percettivo e 2. Ogni nostro spostamento non produce nuove informazioni visive. Come fanno ad emergere le invarianti di struttura in una raffigurazione piatta? Percezione pittorica, abilità di vedere al poste delle macchie una scena raffigurata: doppia percezioneil sistema ci informa di un'immagine visiva piatta, poi abbiamo una consapevolezza interna (top-down) che percepisce invarianti di struttura. Gibson cercò di ovviare a quest’ultimo problema epistemologico introducendo l’ipotesi di una peculiare abilità percettiva: la percezione pittorica: “Concludo dicendo che un’immagine richiede sempre due abilità percettive che agiscono simultaneamente: una è diretta, e l’altra è indiretta (cognitiva-approcciocognitivista che considera un grosso apporto top-dow, e approccio gestaltista). C'è una percezione diretta della superficie pittorica insieme ad una consapevolezza indiretta della superficie virtuale”. (Gibson 1979) La percezione pittorica sarebbe quindi la facoltà di vedere cose diverse dagli stimoli realmente presenti sul piano fisico. In altre parole, la percezione pittorica sarebbe quel fenomeno per cui invece di una successione disordinata di ombre, o un pasticcio di pigmenti, noi siamo in grado di vedere un film, un dipinto, una fotografia, ecc. + Gibson inserisce un concetto cognitivista in una teoria che vuole essere totalmente bottom-up. È indubbio che la nozione di percezione pittorica ha fruttato molto dal punto di vista della ricerca e della comprensione di come “funzionano” le immagini. Tuttavia, dal punto di vista epistemologico tale nozione pone più problemi che soluzioni, e sorge il forte dubbio che di fatto si postuli due modi di funzionare del sistema visivo, uno normale (o ecologico), e l’altro artificiale, da laboratorio. La percezione pittorica riguarda tutta l’arte, perché viene rappresentato qualcosa attraverso qualcos'altro. Affresco pompeiano (Napoli, museo archeologico nazionale)-+vedi le crepe e perdi la figura, guardi la figura e non vedi le crepe. Emafrodito -Bern ini+impressione del peso del corpo che deforma il letto. Gian Lorenzo Bernini, Ratto di Proserpina (1621-22, Roma, Galleria Borghese) Una doppia presenza conflittuale imporrebbe che si vedessero due cose simultaneamente: la materialità dura del marmo, la morbida resistenza del corpo. Le cose stanno davvero così? A proposito di immagini somiglianti... La caratteristica delle immagini somiglianti è che mentre parti di una roccia, la trama tessiturale della corteccia di un albero, una serie di macchie casuali su un muro, ecc., possono dar luogo al riconoscimento di pattern significativi (come visi, animali, paesaggi), visi e animali non possono essere visti in altro modo. group's Halloween show that was to air on October 30, 1938, Welles decided to adapt H. G. Wells's well- known novel, War of the Worlds, to radio. Radio adaptations and plays up to this point had often seemed rudimentary and awkward. Instead of lots of pages as in a book or through visual and auditory presentations as in a play, radio programs could only be heard (not seen) and were limited to a short period of time (often an hour, including commercials).Thus, Orson Welles had one of his writers, Howard Koch, rewrite the story of War of the Worlds. With multiple revisions by Welles, the script transformed the novel into a radio play. Besides shortening the story, they also updated it by changing the location and time from Victorian England to present day New England. These changes reinvigorated the story, making it more personal for the listeners. +> parla di un mondo che sembra reale. Insieme di incastri tra racconto e fake news. The Blair Witch Project (1999, scena finale) sorta di film horror creato come un vero documentario. In realtà è un mocmentario. Verosimiglianza nell’arte figurativa classica (pittura, arti grafiche, scultura) L’Alberti sostiene che l’arte nacque come tentativo di riprodurre il visibile. Il fine potrebbe essere di varia natura: celebrazione di eventi, religioso, racconto. In ogni caso si tratta di comunicazione. È necessario perciò chiedersi se vi sia uno stile migliore degli altri, che sia più fedele nel modo di rappresentare le qualità formali e materiali del mondo visibile. 3 incastro tra forma, stile e verosimiglianza Dalle caverne di Lascaux (Francia, 18000 anni fa) In verità già nell'arte preistorica vi sono non pochi esempi anche di raffigurazioni geometriche. Sono decorazioni o rappresentazioni simboliche? Qualsiasi fosse la funzione che erano chiamate ad assolvere, molti studiosi ritengono che le raffigurazioni geometriche in generale sono importanti esercizi del vedere e del ragionare miranti al controllo della superficie e dello spazio. La psicologia dell’arte e l'estetica sperimentale in passato si sono concentrate soprattutto sull’analisi dell’arte figurativa, individuando nella tensione alla verosimiglianza uno dei motori dell'evoluzione artistica. Quanto è realistica l’arte figurativa? L’uomo da sempre ha cercato di piegare la natura. L'artista tuttavia è sempre andato contro le rappresentazioni realistiche: il mondo infatti presenta irregolarità e imperfezioni, pur suggerendo all’osservatore la bellezza di proporzioni regolari e perfette. Compito dell'artista era quindi di rappresentare una natura perfetta, sostituendo le irregolarità e imperfezioni trovate in natura con regolarità e proporzioni ritenute ideali. In altre parole, l’arte figurativa mirava non tanto a imitare la natura, ma a superarla: il mondo rappresentato diventa luogo simbolico in cui la comunicazione era perseguita seguendo specifici canoni estetici. +il mondo rappresentato diventa un mondo simbolico Si pone una distinzione tra imitazione e ritratto della natura: la prima deve rappresentare ciò che si vede, la seconda deve rappresentare ciò che si dovrebbe vedere se il mondo fosse perfetto. Il secondo rappresenta la vera sfida, che consiste nel perfezionare la natura, superandola in bellezza. È questo il programma implicito dell’arte figurativa, reso esplicito dal manierismo in poi. La natura, quindi, come generatrice e portatrice di “perfezione” va anzi tutto imitata. Ma il grande artista va oltre, supera la natura, appunto per equilibrare e aggiustare le sue disomogeneità e imperfezioni. È esistito quindi un atteggiamento ambivalente dell’arte verso la natura, che se da un lato è maestra da imitare, dall'altro lato è dimensione da giudicare e superare, correggendo la sua apparenza laddove necessario. (Ricordatevi le proporzioni ideali del corpo umano). Non ci si deve però scordare che l’uomo imita la natura anche ritraendo il “brutto”, che in natura si sostanzia in proporzioni esagerate, irregolarità e assimetrie. Anche qui l’arte, pur ispirandosi alla natura, sembra andare oltre, individuando e perfezionando prototipi. Leonardo da Vinci (1490-1502) Quentin Massys (1525-30) ... inventando nuove forme nel rappresentare il brutto. Hieronymus Bosch, particolare dal Trittico del giudizio finale (1504-08) Pieter Bruegel il Vecchio, particolare da La caduta degli angeli ribelli (1562). Cortometraggi surrealisti. Si richiamano a situazioni oniriche. Qualità relativa dei sogni che deriva un po' dalla nostra interpretazione successiva del sogno. Lo stile Lo stile è una caratteristica formale costante che caratterizza la produzione artistica di un artista, di una bottega, di un gruppo di artisti, di una scuola, di un determinato periodo storico, di un determinato luogo geografico. Il problema dello stile s’interseca con il problema della verosimiglianza, in quanto ne condiziona la resa. Lo stile caratterizza il segno figurativo, costituendosi come elemento che va oltre l’atto di imitare. Ovviamente, ogni epoca tende a vedere negli stili che le sono propri un superamento degli stili precedenti in segno di una maggiore aderenza alla realtà visiva, ovvero una migliore traduzione delle tensioni presenti nel contemporaneo. lo stile in qualche modo si oppone alla verosimiglianza: se devo imitare la natura, non devo aggiungere segni personali. Quindi forse la migliore imitazione della natura è data dalla fotografia. Infatti la fotografia mette per un attimo in crisi la pittura. Poi si scoprirà che anche la fotografia ha uno stile, in base allo sguardo del fotografo. Lo tile è qualcosa che rema contro la verosimiglianza, ma è fondamentale: rappresenta il segno di un artista, di una bottega. Raffaello Sanzio (1480-1520), Papa Leone X con i Cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi (1518- 19, Firenze, Galleria degli Uffizi). Tensioni psicologiche dei quadri. Raffaello si sofferma sui dettagli: il libro, la stoffa, lo sguardo. Concretezza di forme, in cui la luce è solidificata sugli oggetti. Papa sicuro con due personaggi statici. Tiziano Vecellio (1490-1576): Papa Paolo III con i nipoti Alessandro and Ottavio Farnese (1546, Napoli, Galleria di Capodimonte). +tecnica diversa rispetto a quella di Tiziano. Tensione psicologica. Il papa guarda suo nipote. La luce è fluida. Gioco di sguardi particolari. Papa che ha problema con uno dei nipoti. Verosimiglianza e la storia. I manieristi volevano superare la natura. Consideriamo i ritratti post-mortem. - Tiziano Vecellio (1545-46, Museo di Capodimonte, Napoli) - Guglielmo Della Porta (1547, Museo di Capodimonte, Napoli) - Cecchino del Salviati (Francesco De Rossi) (1558, Palazzo Farnese, Roma). Rappresentazione di papa Paolo III+visto come un eroe Dall’Enciclopedia Treccani: Pàolo III papa. - Alessandro Farnese (Canino 1468 - Roma 1549). Papa dal 1534, il suo pontificato fu segnato soprattutto dalla reazione contro il protestantesimo. Approvò l'ordine dei gesuiti, costituì la Congregazione del Sant'uffizio (Inquisizione romana, 1542) e infine, nel dicembre 1545, convocò il concilio di Trento. Fu inoltre grande mecenate e incline al nepotismo. - Piero della Francesca, Federico da Montefeltro (1465, Galleria degli Uffizi, Firenze). - Pedro Berruguete, Federico da Montefeltro con il figlio nello studiolo (1475-80, Galleria nazionale delle Marche, Urbino). +in comune hanno il soggetto. Il naso. Ferito da una lancia a un occhio, si fa asportare un pezzo di naso in modo da allargare il suo campo di vista. Il naso occlude un bel po’ del campo visivo controlaterale all’occhio. Per un condottiero che ha perso un occhio durante una giostra, il naso può costituire un serio problema per il pieno monitoraggio del campo di battaglia. Il problema di Federico fu risolto attraverso un intervento chirurgico (uno dei primi interventi di chirurgia plastica di cui si ha notizia). The iconographic fortune of Federico da Montefeltro (1422-1482) Baby Federico, by Federico Barocci (born in Urbino 1535-1612). The painting should be in Palazzo Pitti in Firenze, and it is dated 1605 (see top of the painting). Federico Barocci was a manierist artist from Urbino, famous also for his engravings. Paintings like this and the following testify the growing myth around Federico da Montefeltro. Both paintings by Federico Barocci, depicting the infant Federico da Montefeltro. Both 1607, and both in Detroit. Ssi crea un falso storico per commemorare la grandezza di un uomo. In Museo Nazionale del Bargello in Firenze, datable 1460-1499. It is attributed to Domenico Rosselli. By the same artist this portrait of Battista Sforza (1446-1472), datable 1460-1499 and attributed to Domenico Rosselli. Attributed either to Domenico Rosselli or to Benedetto da Maiano, Datable 1475-1497. The nose bridge is smoothening. | propend for a post-mortem celebration of the Duke because of the inscription. It is conserved in the Museo di S. Francesco, Marche. Attributed either to Domenico Rosselli or to Francesco Laurana, Datable 1475-1497. | think this is is a copy of the previous medallion, as the features are beginning to look less like those portrayed in the paintings with Federico actually modelling. Here the features are becoming “gentle”. Another celebrative medallion. It is a copy of the original by Rosselli/Maiano. Same period. Unknown location. This bronze medallion is attributed to Francesco di Giorgio Martini (1439-1501). From 1476 he is in Urbino working first for Federico and after for his son. Painter, sculptor, architect. British Museum, London. The father of all medallions? The duke portrayed with his special Secretary Ottaviano Ubaldini. He must have been alive at the time. Unknown artist from the Urbino area. Datable 1475-1499. It should be in Paris. The nose bridge is quite similar to depictions by Piero and Pedro. Unkonwn artist, datable 1570-1599, in Galleria Colonna in Rome. Vincent van Gogh (1853-1890): Notte stellata (1889, New York: MOMA +non c'è la verosimiglianza, è l’evocazione di un'atmosfera. Amedeo Modigliani (1884-1920): Nudo rosso (1917-18, Collezione Mattioli, Milano) +espressione erotica. Evoca un erotismo non volgare pur essendo lontano dalla verosimiglianza. Figurativo vs Astratto Il confine tra figurativo e astratto non è ben marcato. Figurativo: che rappresenta per mezzo di figure. Nell'arte, rappresentazione o interpretazione della realtà esterna senza prescindere da essa. +il più verosimigliante possibile, ma non tutto è così tipo gli unicorni. Astratto: ciò che non ha rapporti empirici con la realtà empirica. Assenza di qualsiasi riferimento alla realtà oggettiva. definizioni problematiche. Tesi di Zeki: Tutta l’arte è astrazione in quanto l'artista astrae dal particolare per rappresentare l'ideale. +grosso limite. Molti artisti non astraggono nulla per rappresentare l'ideale. Il Figurativo La definizione di “figurativo” sembra non lasciare scampo: L'arte figurativa non può prescindere da un'istanza di “realismo”. - Raffaelo Sanzio, Dama con il liocorno (1505, Roma: Galleria Borghese) +ritratto realistico. Ma l’unicorno è un elemento astratto, rappresentazione simbolica. Domande essenziali - Ma che cosa s'intende per realtà oggettiva? - Che cosa significa "realismo" - L'arte può rappresentare la realtà oggettiva? È evidente che le definizioni fornite su arte figurativa e arte astratta, sebbene siano quelle ufficiali, sono del tutto insufficienti. Il concetto di rappresentazione "oggettiva" collida con il concetto di stile. 3 lo stile si contrappone alla verosimiglianza ma anche al concetto di arte figurativo così come è stato formulato. Si definisce figurativa quell’arte che appunto rimanda ad una figura o insieme di figure, ad una realtà quindi non astratta. Una composizione artistica fatta con quadrati, cerchi, triangoli e/o altre qualsivoglia figure geometriche, che non dia luogo al riconoscimento di una figura o di una scena che rimandi ad una realtà diversa da quella geometrica, è astratta perché le figure geometriche sono entità astratte. Arte informale: oltre l’astrattismo (geometrico) Emilio Vedova (1919-2006), esponente italiano dell’arte informale gestuale (e per questo spesso accostato all’action painting di Jackson Pollock-1912-1956), mentre lavora ad uno dei suoi Tondo della seconda metà degli anni 1980. >usa la gestualità di tutto il corpo per creare le sue opere. > Arte informale perché non c'è la forma. Alberto Burri (1915-1996), Rosso Plastica (1962). Burri è esponente dell’arte informale materica. Quando si parla di arte informale, viene spesso nominato Jean Dubuffet (1901-1985), che però in realtà inventò la corrente nota come Art brut. Altro artista spesso inserito tra gli esponenti dell’arte informale è Giuseppe Capogrossi (1900- 1972). La sua arte però porta in primo piano la tradizione, spesso sottovalutata, della cosiddetta arte decorativa, in cui elementi più o meno geometrici si ripetono definendo così nuove direttrici spaziali. Che cosa si intende con il termine “realtà”? Lo psicologo tedesco Wolfgang Metzger individua 5 significati per la parola realtà. Essi sono: 1) La realtà del mondo fisico, di cui si occupano appunto i fisici, che ha carattere strettamente metaempirico, in quanto è al di là dell’esperienza diretta. 2) La realtà del mondo fenomenico. Questa è la realtà dell'ambiente comportamentale, ovvero la realtà fornita dai nostri sistemi sensoriali. È questa una realtà che in molti sensi è indipendente dal nostro io. Fanno parte di questa realtà non solo il mondo percepito, gli oggetti fenomenici, ma anche i dolori “fisici” e quelli “psicologici”, i sogni, i ricordi che ci assalgono all’improvviso, le allucinazioni dotate di vivacità sensoriale. Metzger chiama questa seconda realtà anche realtà incontrata, immediata. È questa una realtà di grande interesse per lo psicologo. 3) La realtà rappresentata. Questa realtà lo si capisce meglio in contrapposizione alla precedente. Mentre la realtà incontrata resiste a qualsiasi nostro tentativo di alterarla, la realtà rappresentata si trasforma a nostro arbitrio. È la realtà creata, per esempio, dalla nostra immaginazione. Anche questa è una realtà di grande interesse per lo psicologo. Anche questa realtà è di natura fenomenica, ma è vissuta come dipendente interamente dall’io. 4) La realtà del nulla, che se vogliamo è un vero e proprio paradosso. Infatti, il nulla è dal punto di vista logico ciò che non esiste, e in quanto non esistente, non ha nessuna qualità che lo rende “reale”. Eppure, per la nostra mente il nulla ha una sua sostanzialità, dei suoi modi di essere e anche di apparire, che influiscono sia sul nostro mondo percettivo che su quello cognitivo (pensato per esempio allo zero). Va da sé che anche questa realtà è di grande interesse per lo psicologo. 5) La realtà del fenomenicamente apparente. Ci sono cose che vediamo o che proviamo, e che tuttavia non ci appaiono “veri”. Un esempio tipico è il sogno in cui siamo coscienti di sognare. Un altro esempio riguarda gli specchi. Un esempio riguardante proprio gli specchi ci fa comprendere che la realtà apparente non dipende dalla realtà fisica in sé. Per esempio, se siamo dinanzi ad uno specchio che riflette un ombrello accanto a noi, noi vediamo due ombrelli che appaiono uguali, eppure soltanto l'ombrello accanto a noi, fuori dallo specchio, ci apparirà reale, mentre l'ombrello riflesso ci apparirà irreale, immateriale. Per contro, se entriamo per esempio in un salone un poco buio con uno specchio gigantesco a muro, e vediamo delle cose riflesse, come delle poltroncine, queste ultime ci appariranno come vere e solide, e anche la stanza ci sembrerà molto più grande. La realtà sarà del tipo “incontrato”, almeno fino a quando non ci renderemo conto dell’esistenza dello specchio. Quali di quei significati attribuiti al termine realtà sono vincolanti ai fini di una definizione di “arte figurativa”? >la realtà rappresentata, di terzo tipo. | fenomeni visivi come le illusioni sono sicuramente fatti incontrati, anche se non sempre riconosciuti. Utilizzare un fenomeno visivo di tipo illusorio significa intrufolarsi tra le arti figurative o le arti astratte? +>le illusioni che sono fatti cognitivi, perché esiste fin tanto che noi ci rendiamo conto che c'è una discrepanza tra ciò che vediamo e tra ciò che c'è effettivamente sul piano fisico. Op Art: movimento artistico del 900 che è stato caratterizzato dallo studio di fenomeni percettivi (le cosiddette illusioni) e dal loro utilizzo all’interno di opere d’arte. ènon mira ad essere figurativo in senso classico. Opere che mirano a una partecipazione diretta dell'osservatore nella generazione dell’effetto desiderato. Gli artisti che aderiscono alla Op art indagano i rapporti causa effetto tra l'immagine e lo sguardo del fruitore. Protagoniste sono le texture (gradients come li chiamava Gibson) e i patterns, che concorrono a suggerire effetti tridimensionali, e/o di movimento. Come si evince dagli esempi riportati, il confine tra astratto e figurativo è sfumato. Ci sono dei punti fermi: 1. Che sia astratta o figurativa, un’opera d’arte intende sempre rappresentare qualche cosa d’altro del semplice materiale utilizzato per creare l’opera. Anche nel caso della corrente Informale. + L’opera d’arte rappresenta qualcosa anche quando è astratta, rappresenta qualcosa. Può rappresentare un'istanza interna, un sogno, un gesto... non deve sempre richiamare un'istanza esterna. Qualsiasi espressione artistica è la rappresentazione di qualcosa. 2. Il modo con cui si guarda un’opera può determinarne l’esito in termini di classificazione in astratto/figurativo. Tale classificazione è quindi mutabile e legato sia allo stile di osservazione adottato, sia alle conoscenze pregresse del fruitore. 3. La definizione di un’opera come astratta o figurativa poco ha a che vedere con la complessità intrinseca di un’opera. + non c'entra quanto è complessa l’opera. Arte e Scienza fino a Da Vinci questi due mondi di ricerca erano molto collegati tra loro. Lo stesso Da Vinci tratta nei suoi studi alcuni temi della percezione visiva. Faculty of Arts and Science... Perché? Quando si guarda il panorama delle offerte formative negli USA e in Canada non si può non rimanere colpiti dalla combinazione tra arte e scienze a livello di Facoltà. È vero che le Facoltà sono molto eterogenee rispetto alle nostre ex Facoltà e che rivestono una funzione di sovrastruttura di secondaria importanza rispetto ai Dipartimenti, che sono invece strutture organizzative che raccolgono ricercatori i cui interessi convergono verso un macro-tema. L’accostamento potrebbe comunque stare ad indicare una possibilità di “dialogo” tra discipline artistiche, umanistiche e scientifiche, almeno a livello ideale se non propriamente pratico. Si postula la separazione tra arte e scienza intorno al 1600, in seguito alle pubblicazioni di Galileo Galilei e l'introduzione del metodo sperimentale, che affiancò il metodo dell’osservazione che aveva caratterizzato lo sviluppo delle scienze naturali. Si può tuttavia assegnare a Leonardo da Vinci l’idea che l'osservazione da sola non basta, e che bisogna ‘sperimentare’ per capire come funzionano certi aspetti del reale. Il metodo vinciano, tuttavia, era ancora largamente legata ad interpretazioni del reale basate sull’osservazione. Gli esperimenti erano infatti guidate da domande (cosa succede se? come funziona?), non da ipotesi, le quali sono alle basi della formulazione di teorie, complesso appunto di ipotesi interconnesse, che caratterizza le scienze moderne. La formulazione di ipotesi non è legata a domande generiche (tipo ‘come funziona?), ma a domande strutturate: Perché succede una cosa? È a causa di A o di B? d'Europa tra il 1602 e il 1918, essere Miguel de Cervantes. Menard studiò questo procedimento (so che giunse a una padronanza sufficiente dello spagnolo del secolo XVII) ma lo scartò perché facile. Piuttosto, perché impossibile! dirà il lettore. D'accordo, ma l'impresa era già impossibile in partenza, e di tutti gli impossibili mezzi per condurla a termine, questo era il meno interessante. Essere nel secolo XX un romanziere del secolo XVII gli parve simulazione. Essere in qualche modo Cervantes, e giungere così al Chisciotte, gli parve meno arduo — dunque meno interessante — che restare Pierre Menard e giungere al Chisciotte attraverso le esperienze di Pierre Menard (...)(...) il frammentario Chisciotte di Menard è più sottile di quello di Cervantes (...) Il raffronto tra la pagina di Cervantes e quella di Menard è senz’altro rivelatore. Il primo, per esempio, scrisse (Don Chisciotte, parte |, capitolo IX):... LA VERITÀ, LA CUI MADRE È LA STORIA, EMULA DEL TEMPO, DEPOSITO DELLE AZIONI, TESTIMONE DEL PASSATO, ESEMPIO E NOTIZIA DEL PRESENTE, AVVISO DELL’AVVENIRE. Scritta nel secolo XVII, scritta dall’ingenio lego Cervantes, quest'enumerazione è un mero elogio retorico della storia. Menard, per contro, scrive: ...LA VERITÀ, LA CUI MADRE È LA STORIA, EMULA DEL TEMPO, DEPOSITO DELLE AZIONI, TESTIMONE DEL PASSATO, ESEMPIO E NOTIZIA DEL PRESENTE, AVVISO DELL’AVVENIRE. La storia, madre della verità; l’idea è meravigliosa. Menard, contemporaneo di William James, non vede nella storia l'indagine della realtà, ma la sua origine. La verità storica, per lui, non è ciò che avvenne, ma ciò che noi giudichiamo che avvenne. Le clausole finali — esempio e notizia del presente, avviso dell'avvenire — sono sfacciatamente pragmatiche.Altrettanto vivido il contrasto degli stili. Lo stile arcaicizzante di Menard resta straniero, dopo tutto, e non senza qualche affettazione. Non così quello del precursore, che maneggia con disinvoltura lo spagnolo corrente della propria epoca.Non v'è esercizio intellettuale che non sia finalmente inutile. Una dottrina filosofica è al principio una descrizione verosimile dell’universo; passano gli anni, ed è un semplice capitolo — quando non un paragrafo o un nome — della storia della filosofia. Nelle opere letterarie, questa caducità finale è ancora più evidente. Il Chisciotte — mi diceva Menard — fu anzitutto un libro gradevole; ora è un’occasione di brindisi patriottici, di superbia grammaticale, di oscene edizioni di lusso. La gloria è una forma d’incomprensione, forse la peggiore”. Il prodotto scientifico è indipendente dal modo e dallo stile con cui è presentato: un resoconto verbale, un grafico, una formula, non alterano la sostanza del prodotto scientifico. Il prodotto artistico è imprescindibile dalla sua forma. L'arte non può prescindere dalla forma con cui è espressa. Anche l’arte concettuale, che rifiuta la forma, non può prescindere da un ancoraggio materiale, senza la quale l’opera non potrebbe esistere. Nel caso de Linea di lunghezza infinita di Piero Manzoni, il contenitore cilindrico è il segno materiale che concretizza l’esistenza dell’opera. Vantaggi? Una ri-unificazione di scienza e arte è funzionale soltanto all'industria culturale, non certo alle due discipline. I modi di procedere, i risultati ottenuti e ottenibili, gli scopi stessi, ed i linguaggi utilizzati sono intrinsecamente diversi. L’artista non è un neuroscienziato: il suo scopo non è quello di studiare o di spiegare il funzionamento del cervello, bensì quello di determinare in un osservatore una determinata esperienza estetica. Il neuroscienziato (e lo psicologo) non è un artista: il suo scopo non è quello di creare forme o di rappresentare istanze umane, bensì quello di comprendere i meccanismi sottostanti il comportamento umano. La scienza rincorre la verità attraverso lo studio della realtà. L’arte relativizza la verità, e nel fare ciò può anche prescindere del tutto dalla realtà. *Tesi di Semir Zeki Tesi # 2: Arte e cervello hanno una funzione comune: acquisizione di conoscenza. La funzione dell’arte è dunque un'estensione della funzione del cervello. Tesi # 5: L'artista è un neuroscienziato in quanto comprende in modo istintivo il funzionamento del cervello per quanto concerne le componenti comuni dell’organizzazione visiva ed emotiva. > perché sono delle cagate. Arte e comunicazione Comunicazione: Atto del trasmettere ad altri; Atto del trovarsi in contatto con altri; Processo mediante il quale l'informazione viene trasmessa tra due sistemi; Collegamento materiale. Un processo per mezzo del quale l'informazione è scambiata tra individui per mezzo di un sistema comune di simboli. Informazione: La comunicazione o ricezione di conoscenza; Conoscenza ottenuta mediante l’investigazione, lo studio, o l’istruzione; L’attributo inerente a, e comunicato da, una sequenza o arrangiamento di un insieme di elementi che produce effetti specifici; Un segnale o segno rappresentante dati, cioè entità aventi un contenuto specifico; Qualche cosa (messaggio, dati, immagine) che giustifica un cambiamento di costrutto (come un piano, un'ipotesi, un pensiero) rappresentante esperienze fisiche, mentali, oppure un altro costrutto Nozioni fondamentali 1. Rapporti umani mediati dalla comunicazione. Non necessariamente verbale. 2. Un sistema vivente (che respira, si riproduce e si adatta) è differente per il modo in cui utilizza l'informazione rispetto ad una macchina che funziona in base ai principi della meccanica classica (legame di tipo causa-effetto con esiti prevedibili). 3. Le problematiche inerenti ai processi di comunicazione non risiedono nel contenuto o nella natura dell’informazione, ma nel modo in cui l'informazione è definita, trasmessa, riconosciuta, orientata e utilizzata. | gradi di libertà della comunicazione 1) Rigida: la comunicazione di tipo meccanica; un solo mezzo, un solo modo. Questo vale anche per tutti gli apparecchi digitali. 2) Vincolata: la comunicazione di tipo biologico; numero finito di elementi informativi, risultati virtualmente infiniti ma parzialmente prevedibili. 3) Aperta: la comunicazione che caratterizza i rapporti umani; numero infinito di elementi che si rinnovano continuamente. Nella comunicazione aperta le caratteristiche dell’informazione non sono né stabili né rigide. In questo tipo di comunicazione /’informazione che circola deve rinnovarsi di continuo affinché il processo di comunicazione rimanga attivo (Massironi, 218). Forse Massironi fa una leggera svista: non è l'informazione che deve necessariamente rinnovarsi, ma le modalità mediante cui è trasmessa (forma, stile, simbolismo implicito ed esplicito, ecc.) La comunicazione di tipo aperto è libera da regole? La comunicazione di tipo aperto obbedisce alle regole interpretative. L'interpretazione può spiegare gli eventi a posteriori e non ha perciò un potere predittivo. Esempio: la Storia può interpretare la natura dei fatti accaduti, tentare di spiegare quanto sta accadendo, ma può soltanto opinare una ragionevole direzione di sviluppo di eventi in corso. Non può predire il futuro. Nessuna scienza è in grado di predire il futuro. AI massimo si possono delineare possibili percorsi di eventi. Alcune scienze che studiano fenomeni naturali, come la meteorologia, hanno maggiore capacità predittive rispetto a scienze legate al comportamento umano (come per esempio le scienze economiche). | processi che guidano l’interpretazione sono successivi ai processi che raccolgono l'informazione e la strutturano. Gli organismi viventi raccolgono l'informazione attraverso i sensi. | dati stimolatori sono organizzati in forme in maniera automatica, secondo modalità largamente indipendenti dalla volontà dell'organismo senziente. Comprendere il modo in cui l'informazione sensoriale (informazione che è in grado di stimolare i recettori sensoriali) è organizzato in unità significative può essere un passo importante nella comprensione profonda delle dinamiche di comunicazione tra organismi viventi. *Leggi della Gestalt: Chiusura contro vicinanza, Chiusura contro vicinanza e somiglianza di colore, Articolazione senza rest. Esperienza passata >L’esperienza passata è un fattore di tipo empirico: a parità di altre condizioni, il campo visivo si strutturerebbe anche in funzione delle nostre esperienze passate, in modo che sarebbe favorita la costituzione di oggetti con i quali abbiamo familiarità. Il ruolo dell'esperienza passata risulta essere marginale, se messa in conflitto con altri fattori quali la buona continuazione, la chiusura, ecc. Sotto vedete una figura modificata da Michotte. Pur sapendo che uno solo di quelle tre strutture è un triangolo, non riuscite a fare a meno di vedere tre triangoli completi quando la figura è parzialmente occlusa nelle sue parti critiche da una striscia. Il fenomeno illustrato da questa figura si chiama completamento amodale. La figura non necessita di interpretazione: Vediamo tre triangoli senza dover pensare. È vero che i triangoli sono a noi figure note. Il fatto è che anche quando sappiamo che una sola delle di quelle strutture occluse è un vero triangolo, una volta occlusa di nuovo non riusciamo a non vedere i tre triangoli. Il problema della segmentazione figura e sfondo in Computer vision. Cercano di riprodurre con la tecnologia la visione umana. Far vedere a una macchina con la visione umana, Con lo sviluppo delle scienze informatiche, della teoria dell’informazione, e degli studi sull’intelligenza artificiale, si è andato delineando un nuovo approccio al comprensione di come funzioni il sistema visivo. Il più autorevole tra questi approcci è stata la teoria computazionale di David Marr (1982).
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