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APPUNTI PSICOLOGIA DELL'ARTE (pt.1), Appunti di Arte

Appunti dettagliati delle prime 2 settimane di lezione di psicologia dell'arte (prof. Chiara Tartarini). Possono essere presenti degli errori di battitura (grammaticali e lessicali).

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 15/02/2020

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Scarica APPUNTI PSICOLOGIA DELL'ARTE (pt.1) e più Appunti in PDF di Arte solo su Docsity! PSICOLOGIA DELL’ARTE 07/02/2020 Ernst Gombrich è l’autore del primo libro in programma, fortemente legato ai cambiamenti culturali degli anni 20 a Vienna. Freud cambia totalmente visione sull’arte dai suoi scritti iniziali a quelli della sua tarda esistenza, gli sforzi di Freud tendono verso una visione molto più complessa. I 12 volumi editi da Bollati Bringhieri “Opere di Sigmund Freud” (OSG), a cura di Cesare Musatti che raccolgono le principali opere di Freud oltre ad annotazioni, appunti e altri materiali utili per conoscere meglio la figura di Freud, rivisionati da Renata Colorni. Sono lo strumento fondamentale per lo studio della psicoanalisi. Sono raccolte in ordine cronologico. Il primo volume è “Studi sull’Isteria e altri scritti” (1886/1895), dove Freud non vuole avere un impronta romanzata ma narrando le storie dei suoi pazienti è quasi inevitabile. Titoli dei saggi antologgizanti:  “Personaggi psicopatici sulla scena”  “L’umorismo” ;  “Caducità” ;  “Il perturbante”;  “Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci” ;  “Il poeta e la fantasia”. Nel 1930, Freud, vinse il premio Goethe, un importante premio che veniva consegnato ogni 3 anni, non solo a scrittori ma anche a personalità di spicco del mondo dell’arte, della letteratura e del mondo della scienza. Freud non voleva essere considerato uno scrittore. A Vienna conosce e lavora co il medico Joseph Breuer, interessato all’ipnosi e con il quale sperimenterà la terapia delle parole (il caso di Anna O.). Al posto del libro numero 2, i frequentanti possono sostituire il testo con la dispensa dei saggi disponibile alla copisteria di via Fondazza. Cesare Musatti (1897/1989) fu uno psicologo, psicoanalista e filoso italiano, impegnato non solo a livello letterario ma anche a livello dei mass media. Scrisse molto; saggi letterari, teatrali, sulle figure culturali del suo tempo. Nasce a Venezia, nel 1897, da padre ebraico. Partecipò alla prima guerra mondiale. Studiò inizialmente matematica a Padova, successivamente filosofia e poi psicologia dove conobbe Vittorio Benussi con il quale discusse la tesi di laurea sulla geometria euclidea. Importante per Musatti fu la psicologia della Gestalt, psicologia della forma incentrata sui temi della percezione e dell’esperienza, nata a Berlino nel XX secolo, da Wertheimer, Koffka e Kohler, i massimi promotori. Nonostante la psicoanalisi e la psicologia percettiva fossero due mondi distanti, Musatti era fortemente interessato ad entrambe. L’effetto PHI (GESTALT) è un fenomeno di persistenza percettiva e consiste nella rappresentazione in rapida sequenza di una serie di stimoli visivi fissi, distanziati tra loro da una frazione di secondo che produce in noi la percezione di un solo elemento che si muove nello spazio. La nostra percezione si presenta costruita sulle nostre abitudini, sulle nostre capacità e non solo da come ci si presenta la realtà. E’ alla base del movimento cinematografico (pratica psicotecnica -> ramo specialistico della psicologia ce ha per oggetto l’applicazione di metodi sperimentali a problemi economici e sociali). Musatti si occupò poi di psicologia sperimentale a Padova, mentre fuori dall’università si occupava di psicoanalisi, come promotore. Musatti in quegli anni era particolarmente interessato alla metapsicologia. “Meta” deriva dal greco e ha vari significati:  Mutamento/trasformazione -> metamorfosi;  Trasposizione -> metatesi;  Trasferimento -> metafora;  Successione/posteriorità -> metacarpo,metameria (ovvero una tendenza evolutiva di alcuni animali). Tutto ciò era di forte interessa anche per Freud, poiché sosteneva che le sue anlisi avessero bisogno di un fondamento teorico come la filosofia. La metapsicologia , nella visione di Sigmund Freud, descrivono le modalità di costruzione e di funzionamento dei processi psichici e degli aspetti della dinamica psichica attraverso l'uso di concetti per lo più simbolici e metaforici ripresi dal mondo della fisica. Si tratta, probabilmente, del punto di massimo contatto fra la psicoanalisi nella sua dimensione clinica, la psicologia, e la filosofia. La metapsicologia è costituita per lo più da teorie desunte dal lavoro clinico con pazienti o da osservazione diretta, e fu sviluppata da Freud nella necessità di costruire un ampio impianto teorico per la psicoanalisi al di là degli aspetti clinici e d'intervento, creando così una completa teoria della mente. Freud compie un paragone tra psicologia e fisica; come per mondo fisico esiste una metafisica, così per psicologia deve esistere una metapsicologia. Musatti, nel 1938, a causa delle leggi razziali, viene allontanato dal suo impiego universitario. Nel 1940 si trasferisce a Milano dove svolgerà il ruolo di professore all’interno di un liceo. Con il collega Adriano Olivetti, a Ivrea, aprirà il primo centro della psicologia del lavoro. Successivamente riceverà la cattedra come insegnante di psicologia, sempre a Milano. Nell’insegnamento accademico è a tutti gli effetti uno psicologo della percezione, uno psicologo sperimentale. Ottiene numerosi riconoscimenti dalla comunità internazionale degli psicologi rispetto ai suoi lavori sulla percezione del colore. Questo successo lo porterà a godere di un eponimo nel mondo della percezione: EFFETTO MUSATTI. Musatti riuscì a individuare una serie di situazioni particolari nelle quali si verifica un'inversione del normale effetto di contrasto, e nelle quali la superficie di minore estensione si comporta come superficie "inducente", anziché come superficie "indotta". L'effetto Musatti si verifica quando la superficie inducente è non compatta ma frastagliata, costituita cioè da più regioni (linee sottili, dischetti, frammenti, ecc.) disseminate all'interno dell'area indotta. Freud detestava i surrealisti (tranne per Dalì); diceva che le loro opere mancavano di equilibrio tra il materiale inconscio e la rielaborazione; aspetto che per Freud risultava essenziale. I surrealisti si ispiravano fortemente alla psicoanalisi, mettevano in parole d’arte i pensieri stessi di Freud, avevano tematizzato e portato a pieno diritto nel mondo della arti, l’importanza dell’inconscio, avrebbero, cioè, inserito tutto questo nei loro manifesti. Il termine irrazionale, indica ogni qualsivoglia “libera espressione della fantasia” e cioè libertà da qualsivoglia condizionamento (“Scateniamo tutto ciò che abbiamo tenuto sotto catena” per Breton, padre del surrealismo). Per gli artisti surrealisti, le opere dovevano portare un flusso costante degli impulsi, della passioni. In letteratura, facevano uso della scrittura automatica che avrebbe dovuto riprodurre l’articolazione irrazionale delle pulsioni, dell’inconscio. Per loro era qualcosa di analogo alle sedute di psicoanalisi (pazienti seduti sul lettino). -Magritte, “La Clef des songes” (La chiave dei sogni). -Tanguy, “Maman, Papa est blessé”. Breton studia medicina e si avvicina ad alcune delle teorie, anche di tipo psicoanalitico, che in quel momento circolavano in Europa. Già nel 1915, insieme al poeta Aragon, anche esso studente di medicina, si interessarono all’ambito neurologico e psichiatrico. Si avvicinarono soprattutto alle teorie di Pierre Janet, un medico francese, piuttosto che a quelle di Freud. Pierre Janet anticipò alcune teorie, in Francia, di Freud; è stato uno dei primi a realizzare la teoria della parola (poi tematizzata di Breuer e Freud), usava il flusso della coscienza e studiava i sogni dei pazienti. 11/02/2020 Il libro numero 4 è di Eric Kandel, “Arte e Neuroscienze. Le due culture a confronto”. Nato a Vienna nel 1929 (sempre ambito austro-tedesco), da famiglia ebraica, migrata a Vienna dall’Ucraina, a causa sempre per le leggi raziali. Emigrano direttamente, senza passare per Londra, negli Stati Uniti perciò Kandel avrà una formazione di impronta statunitense, già a partire dai 7/8 anni. Si appassiona alla psicoanalisi, contemporaneamente studia medicina e si appassiona alla neurobiologia. La neurobiologia è quella scienza che studia il funzionamento del sistema nervoso centrale (composto dall’encefalo, midollo spinale e cervello) attraverso i processi chimici e fisici che avvengono nel profondo del sistema. La prospettiva della neurobiologia è qualche cosa che fortemente si distanzia da quelli che sono diventati gli interessi della psicoanalisi e anche di quella che si definisce, in modo più tecnico, psicologia del profondo. Quando parliamo di psicologia del profondo, in senso tecnico, intendiamo quelle psicologie nate in buona parte dal pensiero di Freud, e quindi solitamente combacianti con quella che si chiama psicologia dinamica che possono mettere appunto l’esistenza di meccanismi inconsci i quali sono di enorme importanza per la costruzione delle nostre azioni, per la costruzione del nostro comportamento e dei nostri pensieri. Quello a cui è interessato Kandel è ciò che accade sul punto di vista neurobiologico del nostro cervello, non dal punto psichico. L’intera comunità scientifica è sempre più consapevole (non solo Kandel) che ciò che accade fisicamente, fisiologicamente, biologicamente nel nostro cervello evidentemente ha un rapporto di causa-effetto con ciò che capita a noi a livello psichico perciò la psiche e la dimensione metaforica di psiche ha un collegamento sempre concepito, sentito, sempre molto più stretto a ciò che accade dal punto di vista neuronale ma anche il contrario; pensiamo ad esempio il concetto di stress che è stato introdotto per la prima volta negli anni ’50. Lo stress, su un piano scientifico, lo possiamo definire una risposta generalizzata e aspecifica, ovvero che coinvolge varie parti del nostro corpo, del nostro comportamento e della nostra psiche, a cui il nostro organismo cerca di rispondere a suo modo, attingendo a tutte le strategie che può avere a sua disposizione per adattarsi alle pressioni nel momento in cui percepisce un determinato o generico pericolo. Il pericolo, citato anche nella letteratura o all’interno di dipinti e opere visive, che ci ispirano una riflessione su questa sensazione, ci portano a comprendere però, attraverso lo studio degli scienziati, non solo come Kandel, cosa accade a livello celebrare, come il ruolo della amigdala o la fruizione degli ormoni dello stress. E’ un altro modo di parlare della stessa azione e quindi i due livelli, quello neurobiologico e quello di condizione psichico-emotiva sono affrontati a seconda dei diversi indirizzi neurobiologico da una parte, psicologico dall’altra, in maniera differente, pur tutta via non è vero che i due ambiti non possano dialogare tra di loro; anzi, le scoperte scientifiche, come quello della amigdala e dello stress, è evidente ed è sempre più urgente che i due livelli del discorso si integrino tra loro per fare maggiore chiarezza. Kandel è diventato famoso, non per l’ambito psichico ma per una serie di studi molecolari e cellulari sull’apprendimento e la memoria che ha iniziato dal suo animale: una lumaca di mare. Grazie a questo studio ha vinto anche un premio Nobel per la medicina nel 2000. Per studiare i meccanismi neurobiologici che permettono a soggetti complessi, quali sono gli essere umani, ha cominciato a sperimentare come funzionassero le molecole e le cellule dell’apprendimento e della memoria, in questo soggetto animale. Quando parliamo del libro di Kandel, “Arte e Neuroscienze. Le due culture a confronto.”, bisogna fare alcune precisazioni, a partire dal sottotitolo. Il termine due culture è stato portato alla ribalta del mondo occidentale dalla fine degli anni ’50 del novecento, in particolare dal 1959, quando Charles Snow ha scritto un libro dal titolo “Le due culture”. Charles Snow era un fisico e al contempo anche uno scrittore. Esso sosteneva che come professione principale svolgeva il ruolo di scienziato ma come vocazione non si sentiva tale. Snow sosteneva che tra il mondo della scienza e quello delle scienze umane (della letteratura, delle arti etc..), la spaccatura era sempre più ampia e profonda e portava problemi grandi di comunicazione e di scambio di esperienze tra i 2 mondi, dove gli scienziati e gli umanisti si spartivano i raggi d’azione. Mentre la ricerca scientifica e tecnologica deteneva una grande importanza dello sviluppo sociale di una comunità, la cultura umanistica dominava le scelte di carattere politico, umanistico culturale. Secondo Snow, però, anche in questi ambiti il ruolo delle scienze avrebbe dovuto essere particolarmente presente, anche perché le due culture creavano talvolta dei punti di vista divergenti sui problemi che riguardavano tutti noi e quindi se avessero riuscito a dialogare si sarebbero arricchite reciprocamente, assicurando così una maggiore profondità di prospettiva. L’editore italiano ha scelto di chiamarlo “Arte e Neuroscienze” ma inizialmente, il libro si intitolava, in modo molto più preciso, “Riduzionismo nell’arte e nelle Neuroscienze”. Usa un termine, “riduzionismo”, che nelle scienze umane è evidentemente percepito in modo negativo, ovvero come ridurre elementi complessi ai loro minimi termini. In ambito scientifico o epistemologico, il termine “riduzionismo”, vuol dire anche riuscire a ridurre, per studiarli, dei fenomeni complessi ai loro minimi denominatori, sufficienti per trovare una spiegazione iniziale a quel fenomeno complesso (come nell’esempio di Kandel, che è partito da una lumaca ma tale esperimento l’ha portato a poter compiere delle scoperte straordinarie sulla memoria in organismi più complessi rispetto alla sua iniziale lumaca). Kandel si sofferma sulla scuola di New York, un gruppo di astrattisti, come Jackson Pollock (“Senza Titolo”), de Kooning (“Composition”), Rothko (“N.13”), Modrian (“Broadway Boogie Woogie”). Kander recupera l’importanza dello spettatore, insieme a Gombrich. Per Kandel le neuroscienze non si limitano a dirci come funziona il nostro cervello ma contribuiscono a dare una risposta alle grandi domande sul funzionamento di quest’ultimo, come impariamo, come percepiamo il mondo esterno, qual è la natura della nostra coscienza, come siamo coscienti di qualcosa. Secondo Kandel, questi artisti avrebbero messo in opera, a livello intuivo, la stessa cosa che fa uno scienziato quando è a lavoro, ovvero ridurre gli elementi complessi a qualche cosa di essenziale (tirare fuori) -> per questo il titolo originale portava la parola “riduzionismo”. “L’età dell’Inconscio. Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni” di Eric Kandel. E’ un omaggio alla sua Vienna, da un punto di vista storico artistico. Esso passa in rassegna una serie di artisti che avevano colto perfettamente il clima di Vienna, rendendolo perfettamente le immagini dell’inconscio, su carta, stoffa e tela. Kandel cita i grandi autori della cosiddetta successione viennese: erano 19 artisti che facevano parte dell’accademia di Vienna e che si discostarono per poi creare un gruppo autonomo che si raccolse all’interno di una rivista “Ver Sacrum”, artisti come Klimt, Schiele, Kookoschka, Wagner e Olbrich. Questo libro ha avuto molto più successo di quello precedente e Kandel racconta come i primi passi della moderna scienza della mente, si svolgessero proprio a braccetto tra arte e scienza; da una parte Freud ma anche molti fisici, medici, scienziati della scuola di Vienna e assieme artisti, scrittori etc. “Ver Sacrum” -> Questa rivista è uscita dal 1898 al 1903. E’ un espressione latina che significa “primavera sacra” ed è interessante la scelta che sta dietro a questo nome poiché si trattava di un voto pubblico che il magistrato, in nome del popolo, faceva a gli dei e attraverso questo voto consacrava a gli dei stessi tutti i bambini che sarebbero nati nella primavera successiva, dunque era un voto in vista al futuro. Una volta grandi, i bambini sacrati, venivano banditi dalla propria città e mandati ai confini della patria, spinti a emigrare per fondare delle nuove colonie, comunità. In questo modo nasceva un nuovo popolo. Questa idea di “ver sacrum” aveva proprio a che fare con un antico rito. Si parla di “ver sacrum” in molte opere latine, come in quelle di Plinio, all’interno della “Naturalis Historia”, libro terzo. Partendo dalla visione del primo libro in programma, fino al numero quattro, è interessante come ci sia una sorta di circolarità, ovvero quando Freud ha cominciato a parlare della sua teoria della mente, in realtà avrebbe voluto fortemente trovare delle basi di tipo bio-fisiologiche a supporto delle sue stesse teorie della mente. Più volte, sostenne che i tempi non erano maturi per poterlo fare e molti psicoanalisti si sono chiesti se si possa realmente cercare un filo che unisca le teorie della mente a quelle del cervello, considerando che queste due sono vicine ma non assolutamente la stessa cosa.  Lo psicoanalista è uno psicoterapeuta particolare perché ci sono alcune scuole di psicoterapia che hanno indirizzo psicodinamico o psicoanalitico, ovvero scuole che si riconoscono sotto il piano della psicodinamica e di tutte le teorie nate in seguito alla fondazione della psicoanalisi di Freud. In Italia, dove la professione dello psicoanalista è stata normata in seguito alla norma Ossicini, abbiamo circa 40 scuole ad indirizzo psicodinamico/psicoanalitico. L’esercizio della psicoanalisi in Italia ha alcune regole precise: bisogna avere una laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, con preferibile specializzazione in psichiatria. Occorre essere iscritti all’albo degli psicologici o dei medici, all’interno del quale vi deve essere un albo dei psicoterapia e se tu hai fatto una scuola di psicoterapia con indirizzo psicodinamico, devi essere iscritto ad una di questi indirizzi. Lo psicoanalista deve aver fatto l’autoanalisi (deve essere stato psicoanalizzato da un altro specialista, un analisi personale). Per diventare psicoanalisti:  Laurea in psicologia o medicina;  Iscrizione a gli albi degli psicologi o dei medici;  Formazione specifica (e analisi personale) presso istituti, associazioni o società private (es: SPI, AIPSI, CIPA etc.) Ci sono state delle sentenze negli ultimi 20 anni, con le critiche mosse verso la psicoanalisi (attacchi rivolti verso Freud da parte dei movimenti femminili e femministi, sul suo presunto collegamento su un concetto femminile molto grottesco) che hanno portato a definire la psicoanalisi come un tipo di psicoterapia. La psicoanalisi e la psicoterapia non si insegnano all’università; Freud voleva che l’università si accorgesse della presenza della psicoanalisi e la intendeva in un modo estremamente trasversale, nonostante lui partisse con ambizioni, anche fortemente scientifiche. Freud nel 1918, pubblica un testo dal titolo “Bisogna insegnare la psicoanalisi all’università?” (Volume 9), dove non si chiede questo ma fa una sorta di perorazione a favore dell’insegnamento della psicoanalisi all’università. Troviamo al suo interno delle riflessioni e degli atteggiamenti di Freud, rispetto alla psicoanalisi, alla disciplina, alle sue potenzialità fuori dall’ambito clinico e alla relazione tra psicoanalisi e la struttura formalizzante, quale è l’università. La struttura di questo saggio gli viene dalla figura di Sàndor Frenczi (allievo appartenente alla cerchia freudiana); Freud voleva sostenere che uno dei suoi allievi, avesse una sua carriera, un suo sviluppo, al di la dello stretto circolo viennese. Frenczi era uno studioso ungherese e Freud si appoggiò molto a lui e alla sua posizione nel corso degli ultimi tempi della 1° guerra mondiale. Era riuscito ad ottenere a Budapest, in seguito alla rivoluzione russa e all’influenza che quest’ultima ebbe nell’instaurarsi della repubblica ungherese, una cattedra di psicoanalisi, su richiesta degli stessi studenti (non ebbe gran successo). La psicodinamica è una locuzione generica che indica quelle teorie psicologiche riguardanti la mente e ai legami interpersonali, che derivano in buona parte dalla psicoanalisi (non solo da Freud). E’ una psicologia che si occupa delle dinamiche della mente e che parte dall’idea che ci sia una concezione dialettica e spesso conflittuale nella mente e nel comportamento umano, ovvero che ci siano spinte inconsce, aspetti consci che cercano di reprimere gli aspetti inconsci. In più, in linea con il concetto di inconscio, si sottolinea la scarsa consapevolezza, che ciascuno ha, delle proprie dinamiche interiori, cioè di tutte queste guerre (si occupa delle dimensioni fortemente dinamiche e conflittuali, che spesso non conosciamo). Sottolinea l’idea che ci siano delle forze interiori in contrasto tra di loro e che quindi siamo in costante dinamismo. La psicodinamica, a differenza della psicoanalisi, è invece perfettamente studiata all’interno dell’università. E’ studiata da Freud e ripresa poi da altri studiosi (uno dei più importanti psicoanalisti dinamici italiani è Giovanni Jervis, ). Melanie Klein, nata a Vienna nel 1882 e morta a Londra nel 1960 ed è importante perché interessata allo studio di psicoanalisi e bambini (Freud sosteneva che i bambini non fossero psicoanalizzabili. La figlia Anna ha lavorato con gli adolescenti). Klein lavorava con metodi psicoterapeutici di stampo psicodinamico, a partire da bambini con età di 3 anni. Si trasferì a Londra, dove lavorò ancora con i bambini e creò una propria scuola, quella di Londra, in opposizione con quella di Vienna (nucleo freudiano). Klein sosteneva che i bambini erano perfettamente analizzabili, e che i giochi dei bambini erano analoghi alle libere associazioni degli adulti, che escono durante le sedute psicoanalitiche (in opposizione con quello che sostenevano Freud e la figlia Anna) e che avessero un “io” del tutto rudimentale, meno complesso e stratificato e che le loro fantasie giocassero soprattutto nelle relazioni oggettuali (la vita è una sorta di grande contenitore di oggetti). Il bambino possiede una serie di immagini inconsce e innate che orientano i suoi sviluppi e impulsi, indipendentemente dai rapporti percettivi che gli derivano dall’ambiente esterno. Queste immagini inconsce potevano essere positive o negative, a seconda di come il bambino riesca a elaborare, soprattutto attraverso il gioco e avremo lo sviluppo di un adulto, più o meno in grado di dover a che fare, con la propria creatività. Donald Winnicott (1896/1971), psicoanalista inglese che giunse dalla psicoanalisi attraverso l’ambito pediatrico. La sua parola chiave è “oggetto transizionale”, cioè un oggetto reale, fisico (un giocattolo, un pezzo di stoffa etc); il primo oggetto così importante da poterti far star tranquillo, il primo possesso non-me.
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