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APPUNTI PSICOLOGIA DELL'ARTE (pt.2), Appunti di Storia Dell'arte

Appunti dettagliati delle lezioni dal 17 febbraio al 6 marzo di psicologia dell'arte (prof. Chiara Tartarini). Possono essere presenti degli errori di battitura (grammaticali e lessicali).

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 02/04/2020

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Scarica APPUNTI PSICOLOGIA DELL'ARTE (pt.2) e più Appunti in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! 17/02/2020 Wilfried Bion (1897/1979). Le sue teorie sono molto complesse. Subito dopo la prima guerra mondiale, si occupò della psicoanalisi dei gruppi, a partire dalla cura degli ex soldati tornati dal fronte, che stavano affrontando uno stato di choc a causa della guerra e del combattimento. John Bowlby (1907/1990), anche lui di stampo psicodinamico e che si mosse prendendo distanza dalla così detta teoria della mente di Freud, che muoveva, anche volgarmente, la centralità della sessualità. La sua idea è molto più orientata verso lo studio bambini, a partire dal rapporto madre/ bambino, partendo dall’idea di attaccamento (non della sessualità). L’attaccamento non è legato solo alla madre e al padre ma anche a gli altri soggetti della famiglia (fratelli etc..). Bowly vede l’attaccamento con due tipi di polarità: negativa e positiva, cosa che Freud invece non intendeva così. Negli anni ’50, l’organizzazione mondiale della sanità, gli diede una ricerca, relativa ai bambini rimasti senza genitori o senza uno dei genitori, in seguito alla seconda guerra mondiale che portò alla pubblicazione di una celebre trilogia dal titolo “Attaccamento e perdita”. Questa nuova dimensione, ovvero di un legame che andasse oltre la dimensione della sessualità, diede alla psicodinamica in generale, una svolta di innovazione. Queste figure, per dire che la psicodinamica, ovviamente, pur dovendo molto alle teorie prime di Freud, della psicoanalisi, se ne distacca attraverso dei perfezionamenti che vanno sia verso una direzione teorica (concetti nuovi) ma anche verso una direzione operativa, ovvero un modo diverso di trattare direttamente con i pazienti. Si dice spesso che la psicoanalisi abbia mancanza di carenza di basi scientifiche e difetti, gli istituti e le università sono state per molto tempo scettiche, ostili o indifferenti nei confronti delle teorie della psicoanalisi (ci sono luoghi dove è accaduto di meno). Se la psicologia è articolata in più ambiti e se una sola, quella più celebre, nel ‘900, ha tante articolazioni al suo interno, capiamo subito che dare una definizione è qualcosa di piuttosto complesso. Quello che possiamo fare è comprendere come e dove viene insegnata la psicologia dell’arte, quali sono le linee prevalenti e dove sono collocate. Per capire bene che strada stiamo prendendo, possiamo affidarci al “Dizionario di Arte” di Grassi e Pepe (entrambi provenienti dall’ambito storico/artistico), dizionario dove le nostre discipline possono trovare la loro definizione all’interno (pp.648, pp.650, pp.651). -> psicoanalisi dell’arte, psicologia della forma, psicologia dell’arte.  Psicoanalisi dell’arte: Indagine di tipo psicoanalitico condotta su artisti, opere d’arte e fruitori (prende in considerazione tutti gli ambiti). I limiti, i vantaggi, le difficoltà delle ricerche psicoanalitiche sull’arte sono stati particolarmente interessati da uno storico dell’arte viennese, diventato in seguito, anche psicoanalistica, ovvero Kris. “La psicoanalisi permette di comprendere il comportamento in cui rientra l’arte come comunicazione e messaggio. Nella fase attuale delle ricerche psicoanalitiche, lo studio della psicologia dell’artista, incontra tutt’ora l’ostacolo della mancanza di strumenti che ci permettano di studiare l’origine dei doni di natura o del talento, per non parlare del genio dell’artista.” -> sono le parole di Kris che pur essendo un grande autore del metodo, denota fin da subito i limiti. “D’altra parte, vi sono 3 grandi problemi che si presentano nei processi psicoanalitici nei confronti delle arti ; per prima cosa, temi contenuti derivanti dal mondo della fantasia individuale o ad essi relativi, possono invece appartenere ad un comune patrimonio metologico e letterario. Il secondo problema è che sussiste la difficoltà di cogliere il rapporto intimo esistente tra la biografia dell’artista, in senso psicoanalitico e la sua opera. Il terzo problema si presenta sul rilevare la difficoltà di penetrare la relazione tra attività dell’immaginazione collettiva, la capacità di interazione dell’uomo e i processi ideativi rilevati nell’indagine. ”  Psicologia della forma: Corrisponde alla psicologia della Gestalt.  Psicologia dell’arte: Risulta difficile definire un fenomeno dai confini imprecisi e delle caratteristiche sfuggevoli. Ciò non toglie che indagini psicologiche sull’arte siano state avviate fin dall’antichità. Il problema si è posto con l’affermarsi della psicologia sperimentale a gli inizi del ‘900 e delle dottrine della Gestalt. Va definito soprattutto che il problema fondamentale di ogni psicologia dell’arte è quello di indagare sul comportamento dell’artista e dello spettatore nei riguardi delle opere d’arte. Psicoanalisi dell’arte -> circolarità tra artista/opera(/fruitore e artista/fruitore. Se mettiamo al centro del problema la psicologia andiamo verso un tipo di psicologia dell’arte più dura, più sperimentale. Se mettiamo al centro l’arte, avremo dei contorni più morbidi e sfumati, più vicina alla dimensione dell’estetica. Un elemento che viene evidenziato fortemente è quello della dimensione interdisciplinare della psicologia dell’arte: <<Per fare qualcosa di interdisciplinare non è sufficiente scegliere un soggetto (un tema) e fargli girare attorno due o tre scienze insieme. L’interdisciplinarietà consiste nel creare un nuovo oggetto che non appartenga a nessuno.>> (R.Bathes, “Il brusio della lingua”). Esso ragione attraverso questa frase, sul problema centrale della psicologia dell’arte, ovvero il bilanciamento dell’importanza tra i due ambiti cioè la psicologia e l’arte, a seconda da che punto di vista guardiamo l’oggetto, questo cambia, si inverte (la gerarchia cambia). Lo stesso Daniele Zavagno, grandissimo storico dell’arte, ha pubblicato un articolo “Quale psicologia dell’arte”. Stefano Mastrandrea, con un attenzione forte verso la psicologia della percezione, ha cercato di dividere i vari filoni, dove ci sono diversi insiemi identificabili:  L’artista e la sua personalità (Freud e la psicoanalisi dell’arte);  L’opera d’arte da un punto di vista percettivo (Arnheim e la psicologia della Gestalt);  L’estetica sperimentale;  Neuroestetica; Mastrandrea definisce che i protagonisti in gioco, sono sempre 3: l’artista, l’opera e il fruitore. L’artista non comunica con il fruitore poiché lo fa attraverso l’opera. L’opera, attraverso le sue caratteristiche semantiche, compositive e strutturali, esprime e comunica al fruitore, una serie di contenuti. Dal fruitore verso l’opera, in quanto, nonostante l’opera nella sua struttura fisica, tradurre con la parola “nibbio” traduce con la parola “avvoltoio”. L’animale con cui Freud pensa di avere a che fare è un avvoltoio e non un nibbio. Freud chiamò in causa la mitologia egiziana, citando la dea Mut (la dea con la testa d’avvoltoio). Tutta la seconda parte del saggio, si concentra su questo “scivolone” di traduzione. Dal punto di vista psicoanalitico, questo saggio, ha degli aspetti importanti; il fatto che sia presente il tema della sublimazione, ma ben poco dal punto di vista storico/artistico. Sappiamo che Leonardo impiegò molto tempo a completare il dipinto “Sant’Anna, la vergine e il bambino” (aveva molta importanza per Leonardo); lavorò con diversi cartoni, alcuni che conosciamo soltanto in copia. Attorno a questo dipinto, non vi è soltanto il mistero romantico, ma c’è la traccia vera, storico, artistica, filologica, di pentimenti e ripensamenti. Meyer Schapiro (1904/1996) fu uno storico dell’arte molto famoso, d’origine lituana ma profondamente statunitense. 60 anni fa decise di sezionare lo scritto di Freud su Leonardo, leggendolo senza preconcetti, su un piano storico artistico. Schapiro pubblica uno scritto dal titolo “Leonardo and Freud: An Art Historical Study” (1956). In questo scritto, Schapiro, riporta il passo errato di Freud (il ricordo d’infanzia di Leonardo), tradotto in tedesco ma anche in italiano. Nello scritto di Schapiro emerge sia una dimensione critica che di rispetto verso gli aspetti curiosi di Freud. Contenuto manifesto -> Freud parla del contenuto manifesto nella sua opera più celebre, “Interpretazione dei sogni”. Il contenuto manifesto è ciò che il sognatore ricorda del sogno al suo risveglio, ovvero ciò che il sogno rappresenta nella sua superficie. Per Freud i contenuti del sogno che noi raccontiamo, non si limitano al contenuto manifesto (la parte evidente) ma hanno anche un contenuto latente (più profondo, nascosto sotto la superficie manifesta). 21/02/2020 Schapiro, sostiene, che Freud non si chiede quanto fosse influente la figura di Sant’Anna all’epoca di Leonardo. Gli storici della chiesa, per esempio, ci insegnano che il culto di Sant’Anna, raggiunse il suo culmine tra il 1485 e il 1510, quando Anna divenne una santa “alla moda”, tanto alla moda che nel 1506, uno scrittore tedesco, affermò che Anna avrebbe per fino oscurato la fama e la gloria di sua figlia. Immacolata concezione-> Problema che fu dibattuto molto a partire dal dodicesimo secolo, ponendo la dottrina dell’immacolata concezione al centro delle controversie della fine del ‘400. Nel dibattito del ‘400 si pensava che la vergine fosse nata priva di peccato (non Maria avesse concepito senza peccato, immacolata), dunque si parla di un immacolata concezione che va indietro fino alla nascita della Vergine stessa. Ragionando in questi termini, si finiva per assimilare che sia la figura di Anna che della Vergine fossero due figure senza peccato, simili. La controversia dell’immacolata concezione non si chiuse poco dopo la realizzazione dell’opera di Leonardo ma si chiuse nel 1800 avanzato (1854), quando l’immacolata concezione di Maria da parte di sant’Anna, divenne un dogma della chiesa cattolica romana. Nel 1494, si scrisse un trattato in lode a Sant’Anna (fonti scritte che parlano della popolarità e della diffusione del culto). Nello stesso anno, papa Alessandro VI, proclamò un indulgenza per coloro che avessero recitato una preghiera non solo per Maria ma abbinata anche ad una preghiera per sant’Anna. Un altro elemento è importante è che sant’Anna tiene sulle sue ginocchia la Vergine. Non è una particolarità solo di Leonardo. Ci sono delle varianti in cui il bambino non si trova sulle ginocchia della mamma ma di sant’Anna, quindi della nonna. Il sorriso nell’opera “Sant’Anna, la Vergine e il bambino” è importante; tutti i soggetti sorridono. Per Freud è assolutamente sorprendente perché sostiene che il sorriso è ripreso dalla Gioconda. Schapiro sostiene che è un sorriso leonardesco, ha in mente però qualcos’altro; sa che il lettore ha già visto questo sorriso da qualche altra parte come da Verrocchio (maestro di Leonardo). Leonardo mette comunque del suo all’interno del sorriso.  Desiderio da Settignano, “Bambino ridente”/”Ritratto di Gentildonna”. Freud fa tanti riferimenti con la Gioconda. La “Monna Lisa” è stato soggetto di grande interesse durante tutto l’800 (se ne parla nel libro “La gioconda” di Donald Sasoon). Nel 1900, Dmitrij Merezkovskij pubblica il libro “Il romanzo di Leonardo da Vinci”. E’ una biografia molto romanzata su Leonardo (con dialoghi). Viene rappresentato un Leonardo più scienziato che artista. Freud fa molto riferimento a questo libro. Edouard Schuré scrisse nel 1905 un testo teatrale su Leonardo. 02/03/2020 In quanto a Leonardo, dice Freud, la tenerezza della madre fu fatale, lo spogliò via via della sua virilità e dunque, Leonardo, apre, evidenzia uno degli elementi del discorso Freudiano più importanti cioè il complesso di edipo; quello che sviluppa nel discorso immediatamente successivo è quello di considerare questa sorta di inibizione nei confronti del mondo femminile per Leonardo, esattamente come veniva descritto nelle piese teatrali di Shurè (in cui Leonardo era l’uomo di ghiaccio, assolutamente non conquistabile da nessuna donna). Questi aspetti, da una parte di derivazione psicoanalitiche, dall’altra vere e proprie invenzioni letterarie, si mescolano, si condensano esattamente come le due figure, in un unico discorso. Tale discorso è stato contestato; a partire dalla pacatezza continua che ritroviamo nelle figure di Leonardo (sorridenti, sublimamente bonarie) e su cui Freud si sofferma. Freud, sempre all’interno dello stesso testo, scrive altre cose che confermano la sua visione particolare su Leonardo, ovvero parlerà del carattere della sublimazione, dicendo che la sua aggressività del tutto sublimata, si è sublimata in una sete di sapere universale, sfuggendo così alla rimozione; questo è uno dei temi principali del saggio su Leonardo. Freud respinge preventivamente qualsiasi accusa di patografia, considerata da lui stesso, inappropriata, se applicata ad una figura centrale, come quella di Leonardo da Vinci. Freud fa alcune considerazioni fondamentali, tra questa la messa a prova di un metodo, quello primo 900centesco, su un caso molto difficile (Freud sa di essersi messo molto alla prova). Quello che ci dice Freud, è di non considerare gli aspetti più espressivi o espressionistici, gli studi, le teste di carattere di Leonardo; non focalizzarsi sullo studio della figura di Leonardo ma sui gusti. Espressionismo -> il termine è adottato nell’ambito della critica tedesca dei primi decenni del 20esimo secolo (siamo nell’ambito di Freud), a designare espressioni artistiche che tendono a manifestare nella esasperazione delle forme e dei colori il mondo soggettivo dell’artista, assorbendo in forme non sempre univoche, esigenze e suggestioni espresse fin dallo Sturm und Drang della cultura tedesca (un qualche cosa che viene visto in una chiave di una tradizione romantica o post romantica tedesca). Il dizionario “Grassi Pepe” ci ricorda come l’espressionismo fu in realtà utilizzato in Francia per la prima volta, da un pittore francese (Hervé), per descrivere una serie di suoi dipinti che erano stati scarsamente apprezzati dalla critica e che lui invece definiva come espressionisti (e non impressionisti). Secondo “Grassi Pepe”, secondo alcuni, il termine è una comoda approssimazione, una specie di “minimo comune denominatore che ci permette di collegare tra di loro diversi aspetti artistici appartenenti a una determinata età”. L’espressionismo può essere considerato relativamente ai gusti di Freud, come qualcosa che è lontano dai suoi gusti di borghese, come arte che lui non apprezzava (non apprezzava la sua arte contemporanea). Possiamo considerare il suo scegliere aspetti di sublimazione in Leonardo, come qualcosa che va nella direzione dell’accentuare i suoi gusti estetici. Dall’altra parte possiamo intendere l’espressionismo come categoria sovra storica, cioè come quegli artisti che attingono al proprio subconscio, senza riprenderlo e rielaborali in una forma più compiuta, più accettabile; eppure, l’arte può essere manifestazione di conflitti interiori e soprattutto può essere, e su questo si colloca la psicoanalisi dell’arte, lo studio dell’artista, della vita dell’artista, relativamente alla sua specifica produzione di un certo tipo di opera. La ricerca psicoanalitica, dice Freud, cerca di approfondire dinamicamente la natura dell’individuo in base alle sue reazioni, di scoprire le sue originarie forze pulsionali psichiche, al pari delle loro trasformazioni e evoluzioni successive. Il comportamento della personalità risulta spiegato attraverso il concorso di costituzione (il carattere) e del destino, di forze interne o esterne. Se tale impresa, come nel caso di Leonardo, non da risultati sicuri, la colpa non sta nella metodica errata o inadeguata della psicoanalisi, ma nell’incertezza del materiale che la tradizione fornisce su questa persona (se sbagliamo qualcosa è perchè della biografia di Leonardo sappiamo poco). Nel caso di Leonardo, continua Freud, siamo stati costretti a sostenere l’opinione dell’incidente della sua nascita illegittima e dell’eccessiva tenerezza di sua madre, esercitarono un influsso decisivo sulla formazione del suo carattere e sul suo successivo destino, in quanto la rimozione sessuale subentrata in questa fase infantile, lo indusse a sublimare la libido, in sede di sapere e ne determinò inattività in ambito sessuale per tutto il resto della sua vita (riferimento a Shurè e ai suoi testi teatrali).
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