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APPUNTI PSICOLOGIA DELL'ARTE (pt.3), Appunti di Arte

Appunti dettagliati delle lezioni di psicologia dell'arte dal giorno 6 marzo al giorno 13 marzo (prof. Chiara Tartarini). Possono essere presenti degli errori di battitura (grammaticali e lessicali).

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 02/04/2020

ellem1
ellem1 🇮🇹

4.3

(49)

15 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica APPUNTI PSICOLOGIA DELL'ARTE (pt.3) e più Appunti in PDF di Arte solo su Docsity! 06/03/2020 Il termine “condensazione” esce con particolare forza per la prima volta nella “Interpretazione dei sogni” (1899) e anche, in maniera forte, nella “Psicopatologia della vita quotidiana” (1901). Nel sogno, la condensazione, è quella cosa per cui, nel contenuto manifesto di un sogno, cioè quella cosa che il sognatore racconta quando si è svegliato, ci rappresenti una persona che ha le fattezze, il modo di camminare, la voce di una determinata persona. Il contenuto latente di un sogno, invece, è quello che va a “togliere i garbugli”, riportando in evidenza quali sono i diversi componenti che qui vengono condensati insieme, fuse assieme e soprattutto l’analisi fa emergere la natura profonda del ritorno di questi temi, di questi ricordi, cioè perché. La natura del contenuto manifesto è molto più condensata, ristretta rispetto all’esplosione dei diversi elementi che l’analisi porterebbe a galla, ovvero nel contenuto manifesto abbiamo quelle che si definiscono “formazioni miste”. La sublimazione è un concetto complesso; ci troviamo nella metapsicologia che pone problemi grandi, che avanza problemi e teorie estremamente complesse e mai sufficientemente spiegate da Freud e i suoi colleghi. Per avere in mente di cosa parliamo, la cosa più facile che possiamo fare è pensare che cos’è la sublimazione nell’ambito fisico/chimico, ovvero come transizione di fase di un elemento o composto dallo stato solido allo stato gassoso (non passa per lo stato liquido). In psicologia e in psicoanalisi, invece, è la deviazione di una pulsione sessuale o aggressiva verso una meta non sessuale o non aggressiva, che consente di valorizzare delle pulsioni a livello sociale (specie nell’ambito della ricerca, delle professioni o dell’attività artistica). Abbiamo a che fare con una teoria Freudiana, secondo cui le nostre pulsioni (sessuale o aggressiva), vengono spostate verso una meta che non è più né sessuale né aggressiva, vengono dunque valorizzate e diventano la base pulsionale per dare vita a qualche cosa che a livello sociale è assai considerato, elevato. Il discorso di spostare la meta più in alto, a qualcosa di estremamente elevato è già attestato con significato morale (come elevazione spirituale) già nei primi del 300; anche a livello religioso si parlava di “sublimare”, di trascendere il mondo terreno. La natura della sublimazione fa problema soprattutto a tutte quelle teorie che si pongono su un piano idealistico, per tornare alla natura stessa delle pulsioni dell’uomo. Se Freud legge l’arte come sublimazione ben riuscita, in un certo senso sgombera il campo da tutta una serie di qualità e di potenzialità che l’arte sua contemporanea cercava di portare avanti con forza; apprezza Leonardo ma non gli espressionisti. Per Freud, l’arte nasce da una sublimazione ben riuscita, ovvero dal fatto di riuscire a spostare la meta delle pulsioni a un livello elevato, in modo corretto. Nemmeno Freud, però, riesce a dirci perché un individuo come Leonardo sublimi in maniera perfetta e qualcun altro non riesce o non riesce a farlo correttamente. Le pulsioni e le loro trasformazioni sono il dato ultimo che la psicoanalisi possa riconoscere, da qui in avanti, la psicoanalisi cede il passo alla ricerca biologica, alle basi organiche del carattere, sulle quali si trova l’edificio psichico (secondo Freud). Dato che il talento e la capacità artistica sono intimamente collegate con la sublimazione, dobbiamo ammettere che anche l’essenza della creazione artistica è inaccessibile alla psicoanalisi. PSICOANALISI Attività “elevate” dal pdv intellettuale Espressione mediata dagli impulsi Impulsi aggressivi (sessuali) Uno degli elementi che abbiamo trovato più evidente è il suo fermarsi all’ “ineffabilità” dell’arte; ciò che non può essere scritto a parole, cioè che è inesprimibile. Soprattutto parliamo dei casi della psicoanalisi applicata, ovvero casi in cui i concetti della psicoanalisi devono essere messi alla prova sull’arte, attraverso l’arte, attraverso un’opera o attraverso la relazione di un’opera e il suo creatore. Lo sbilanciamento verso la psicoanalisi ha una natura strumentale. Abbiamo sviscerato uno dei casi più celebri per quanto riguarda il modello della psicobiografia o della patografia, modelli che verranno presi in considerazione da alcuni allievi. Carl Abram è un seguace di Freud (più giovane)che scrisse un articolo che si chiama “Giovanni Segantini, un saggio psicoanalitico” e dove viene applicato il metodo psicobiografico. Tutta via, rispetto a Freud, un elemento è evidente; se Freud si occupa di un artista morto secoli prima, Abram si occupa di un artista, che nonostante fosse morto, aveva ancora dei parenti in vita e perciò Abram si sposta spesso ad Arco (cittadina in provincia di Trento), alla ricerca di tracce sulla sua biografia. Abram poté leggere le sue lettere e i suoi scritti (elemento positivo). Giovanni Segantini è uno dei più noti artisti del divisionismo e simbolismo italiano. Le sue opere, soprattutto quelle che partono dal 1891 in poi, trasudano un certo spiritualismo di matrice chiaramente decadentista. Si isolò in montagna dove viveva una situazione di isolamento. Nella prima parte del saggio di Abram, Segantini è presentato con tutti i crismi di un nevrotico, con un’infanzia triste data dalla perdita della madre a 6 anni e dall’abbandono del padre che lo porterà ad essere accudito da alcuni parenti a Milano. Abram analizza una serie di dipinti di Segantini incentrati sul tema delle “cattive madri”; Abram ci descrive l’opera con le parole di un altro autore, nato a Colonia, Franz Servaes (libro “Giovanni Segantini”); così come tanto del saggio su Leonardo era stato preso da Merezkovskij (Freud), tanto del saggio su Segantini viene preso da Servaes (Abram). Franz Servaes scrive su questo dipinto: “Tutta l’incurvatura del corpo è come un lacrimevole lamento, le braccia distese sono come un inerme disperazione, i capelli ondeggianti pendenti dall’albero sono come il dolore di una suicida e il viso mortalmente pallido è come la tortura del rimorso. La commovente è la testolina del bambino assettato che si reclina sul petto materno freddo, congelatosi per mancanza d’amore” (pieno di comparazione ipotetiche “come fosse se”). Il libro di Servaes, da cui Abram coglie dati, è incentrato sulle affinità tra Segantini e i secessionisti viennesi ma è soprattutto incentrato sulle vicende biografiche dell’artista; Servaes si recò più volte in Trentino, dove Segantini era nato e le fonti principali citate sono in parte raccolte dalla stessa famiglia dell’artista che ha “amorevolmente sostenuto l’impresa”, non che da una stessa autobiografia di Segantini che era stata pubblicata nel 1896. Quello di Servaes è fortemente uno scritto implicato, anche, con una lettura simbolista e decadentista (artista macerato dalla sofferenza e dal dubbio); nel testo di Servaes vedremo che Segantini raramente faceva bozzetti o schizzi perché sosteneva che essi togliessero quella forza propulsiva che lo portavano in una certa maniera, quindi le opere si sarebbero indebolite. Segantini ha espresso tutto ciò, all’interno del dipinto, come fosse un poeta o come fosse psicologo; Abram afferma che Segantini aveva represso con grande intensità la componente di crudeltà della sua vita, erano stati in prima linea gli impulsi aggressivi/crudeli verso la propria madre che avevano dovuto subire una trasformazione in sentimenti contrapposti. Prima, nelle sue opere, era apparso compassionevole, benevolo e ora invece, mostrava, crudeli punizioni; gli impulsi un tempo ostili, il desiderio di morte del bambino verso la propria madre, che Quando parliamo di topica facciamo riferimento ad un termine filosofico; ne fa riferimento, ad esempio, Aristotele e rimanda alla teoria dei luoghi. In psicoanalisi si riferisce, a una teoria o punto di vista che presuppone una differenziazione dell’apparato psichico in un certo numero di sistemi, dotati di caratteri e funzioni diverse e predisposti in un certo ordine l’uno rispetto a gli altri, il che permette di considerarli dal punto di vista metaforico come dei luoghi o delle località psichiche. Si parla di due topiche freudiane, una del primo Freud e una del Freud più maturo:  La prima topica freudiana è la distinzione tra inconscio, preconscio e conscio. La prima topica fa la sua prima comparsa nell’8° capitolo del testo “Interpretazione dei sogni” (1899).  La seconda topica, che è più tarda (dagli anni ’20 in poi), distingue non tanto dei luoghi ma tre istanze: l’es, l’io e il super io. Le topiche freudiane nascono insieme, in correlazione e in contrasto con le teorie anatomiche che erano correnti e si erano sviluppate dalla seconda metà dell’800 in poi, ovvero le teorie anatomiche e fisiologiche delle localizzazioni celebrali, quel momento in cui si vennero a stabilire le aree celebrali, ciascuna delle quali ha delle funzioni molto precise. Nella prima topica freudiana, l’inconscio è il luogo del rimorso, di tutto ciò che non emerge e non deve emergere alla coscienza, il cui nucleo è costituito da esperienze passate, il più delle volte di esperienze appartenenti al passato remoto, come quelle dell’infanzia. I contenuti dell’inconscio sono fortemente investiti da una forte energia pulsionale, sono dinamici perché cercano di emergere alla coscienza ma incontrano delle forze contrarie, di rimozioni che lo impediscono. Le forze inconsce riescono a esprimersi, riescono ad avere accesso al preconscio e anche al conscio (tornare a galla) solo sottoforma di compromessi o derivati (sintomi, sogni, paraprassi, movimenti, azioni, espressioni verbali che sono inadeguate, atti mancati, lapsus). Ciò che è sotto, sta sotto ma come se fosse spinto dalle forze delle maree (in senso metaforico). L’inconscio è sommerso. Il preconscio (stiamo a filo d’acqua) ed è composto da contenuti psichici che non sono compresi nel campo della coscienza ma possono facilmente accedere, nuotare ed emergere, senza eccessive resistenze, senza aiuti esterni, senza l’aiuto dell’analisi o della psicoanalisi, il più delle volte grazie alla stessa volontà del soggetto. Secondo questa prima topica, la dimensione dell’arte non ha tanto a che vedere con l’inconscio, quanto con il preconscio perché attraverso un atto di volontà può facilmente emergere ed essere oggetto di più o meno semplice comunicazione da parte del soggetto in se stesso. Il conscio è costituito da tutto ciò che è compreso nel campo attuale della nostra coscienza. Secondo la prima topica freudiana, la parte più presente è la parte sotto il livello dell’acqua (inconscio/preconscio) e che quindi la parte conscia è solo la punta perciò vi è una grande enormità sommersa, rispetto a quella visibile. Queste barriere che ritroviamo nella parte dell’inconscio possono essere superate attraverso l’uso di tecniche, che per Freud sono le tecniche psicoanalitiche, non quelle artistiche. Quali sono queste tecniche? L’ipnosi, che ritroviamo nel primo Freud (studi sull’isteria) e che veniva utilizzata anche dove troviamo una prima neurologia, ovvero dalla Salpetriere (Parigi) guidata da Jean Martin Charcot. Freud già nei primi studi sull’isteria sottolinea che in molti stati cercare di forzare le resistenze del paziente non fa che acuire le sue difese nei confronti di questa grande “zolla” sommersa perciò pensò che fosse più efficace indurre il paziente in uno stato di abbandono. Presupposto per il buon funzionamento della possibilità, attraverso queste tecniche, di far emergere dalla “zolla” profonda gli elementi più importanti per migliorare la vita dei pazienti, era quello di rispettare determinate qualità legate alle regole del setting. Setting, in inglese “contesto”,non è solo il contesto fisico in cui si tiene la seduta ma anche tutto ciò che di regola ha che fare con l’analisi e le sue regole classiche che sono estremamente precise, per esempio la regola fondamentale delle libere associazioni cioè la richiesta al paziente di non selezionare i contenuti, i temi o i pensieri da comunicare all’analista, di associare liberamente (“si rilassi e mi dica tutto che mi viene in mente”). Un altro aspetto centrale, come regole della psicoanalisi, è la neutralità che attiene sia alla necessità di evitare contatti extra analitici con il paziente, sia all’attenzione di non privilegiare dei contenuti del materiale del paziente, il che fa pari con un’altra regola che è quella della non interferenza, cioè lasciare che il materiale del paziente fluisca spontaneamente, senza introdurre in maniera premature delle indicazioni, o interpretazioni. Il setting è tutto ciò che si lega alle regole della seduta (ognuno le gestisce in maniera differente). La seconda topica si distingue in tre istanze: es, io e super-io. Nella seconda topica si usa un modello di tipo strutturale, più che topico ed è una struttura tripartita della psiche, divisa in istanze psichiche, ovvero in entità strutturali organizzative, due delle quali in apparenza sembrano simili e una è nuova, introdotta dalla maggiore importanza che dagli anni’20 in poi, si dava a elementi come gli ideali, le istanze critiche, le immagini di se etc. L’es è il polo pulsionale della personalità, completamente inconscio. E’ questo osservatorio delle pulsioni che sta sotto il livello del mare. L’io (ego o igo) è l’istanza che si pone come rappresentazione. Per Freud, nella seconda topica, anche l’io è parzialmente inconscio ovvero l’io non corrisponde alla parte della prima topica emergente, anche nell’io ci sono tensioni e dinamiche che non sono coscienti. 13/03/2020 “Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio” è il contributo che l’inconscio fornisce alla comicità. “L’umorismo” troviamo il super-io come contributo alla comicità. Nel 1927, quando Freud scrive il testo “L’umorismo”, a parlare è un Freud diverso, successivo alla messa appunto della seconda topica. La nuova sistemazione della psiche in questa forma è ormai al centro del discorso di Freud, anzi è la più nuova delle 3 istanze, il super-io, a essere il re del saggio, esattamente come l’inconscio era al centro del saggio “Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio”. Freud considera l’umorismo come un meccanismo di difesa maturo, proprio di un io maturo (stabile) che serve a gestire le comuni richieste pulsionali e permette l’adattamento (a una situazione spesso difficile). Attraverso battute, comicità e umorismo si risparmia energia psichica; se la comicità implica una sorta di regressione a uno stato infantile (l’inconscio emerge con maggiore facilità), l’umorismo emerge spesso in situazioni di difficoltà o disagio. Il processo umoristico può compiersi in due modi:  Una persona sola assume un atteggiamento umoristico su stesso e l’interlocutore ne è banalmente il fruitore;  Sono coinvolte due persone, nel momento di emissione dell’atto umoristico, dove la prima non partecipa nel processo umoristico e la seconda, invece, fa delle prima il proprio bersaglio (bersaglio della sua considerazione umoristica). A questi si aggiunge il fruitore che non sempre combacia con il bersaglio stesso. L’umorismo non ha soltanto un che di liberatorio (più del motto di spirito) ma ha anche un che di grandioso e di nobilitante, la grandiosità risiede nel trionfo del narcisismo e nell’affermazione vittoriosa della invulnerabilità dell’io. Se l’io fa da mediatore tra le due istanze es e super-io, il nostro io nel momento in cui può assumere, grazie al super-io nel caso dell’umorismo, un atteggiamento di tipo invulnerabile o per lo meno assumere qualche cosa, proteggersi, difendersi, si troverebbe non con lo sguardo “disgraziato”/”sconcertato”/”triste”. L’umorismo non è rassegnato, anzi esprime un sentimento di sfida e costituisce non solo il trionfo dell’io ma anche quello del principio di piacere, che riesce in questo caso ad affermarsi a dispetto delle reali avversità. L’umorismo si inserisce nella grande schiera dei metodi costruiti dalla psiche umana per sottrarsi alla costrizione della sofferenza. L’umorismo deve a questa connessione una dignità che manca del tutto, per esempio, al motto di spirito poiché quest’ultimo o serve soltanto per procurarsi piacere o pone il piacere conseguito, al servizio dell’aggressività (pulsione risolva al destinatario della battuta comica). Il piccolo Hans è colui che è noto con l’epiteto di “piccolo Hans” ma che in realtà si chiama Herbert Graf e fu uno dei casi di Freud più celebri, pubblicato nel 1908. Hans (pseudonimo) all’epoca aveva 5 anni ed era figlio di due persone che Freud conosceva molto bene; la madre era stata paziente di Freud e il padre era un musicologo, seguace di Freud (si era avvicinato alla psicoanalisi). Su questo bambino fu fatta un’analisi a distanza, in remoto. Freud poneva domande al padre, il padre le poneva al figlio e questo poi annotava le risposte su un quaderno. E’ visto come il primo caso di analisi infantile che però, viene fatta attraverso il resoconto del padre. La nevrosi infantile si manifestava, in questo caso, con la fobia del bambino nei confronti dei cavalli. La storia di Hans ci conducano, attraverso determinate tappe, alla guarigione e che permetteva di cogliere alcune complessi psichici infantili, in una fase delicata dello sviluppo sessuale dei bambini (età nel pieno complesso edipico). Nel caso del bambino, come nel caso dell’adulto, la terapia consisteva nel permettere l’accesso alla coscienza di sentimenti, di desideri etc, che erano stati rinchiusi perché considerati inaccettabili (anche dai genitori). Freud vedeva in Hans, un soggetto che voleva togliere di mezzo il padre e nel cavallo che morde/il cavallo che cade, il bambino avrebbe rivisto la figura del padre, dalla quale avrebbe temuto una punizione per aver nutrito pensieri cattivi (omicidi) nei suoi confronti. Il caso di Freud è costruito come una sorta di racconto a enigma (ci tiene con il fiato sospeso).
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