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Comunicazione Marketing: Strategie di Branding e Pubblicità, Appunti di Semiotica della Pubblicità

Marketing DigitaleBrand managementStrategie di MarketingComunicazione Di Massa

Sulla capacità dell'out-of-home advertising (OOH) e dell'utilizzo di brand ambassadors digitali. Viene inoltre analizzata la differenza tra spot pubblicitari tradizionali e digitale, con esempi di campagne pubblicitarie efficaci come quelle di Levis, Lenor e Salvini. anche la importanza di sintonizzarsi con il target e la cultura del pubblico, nonché la continuità e la consistenza nel messaggio di un brand.

Cosa imparerai

  • Come differiscono le campagne pubblicitarie tradizionali e digitali?
  • Quali sono le caratteristiche che rendono efficaci le campagne di out-of-home advertising?
  • Come funziona il ruolo di un brand ambassador digitale?
  • Come si sintonizza un brand con il target e la cultura del pubblico?
  • Qual è l'importanza della continuità e della consistenza nel messaggio di un brand?

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 01/12/2021

sophia-di-flavio
sophia-di-flavio 🇮🇹

4.3

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Scarica Comunicazione Marketing: Strategie di Branding e Pubblicità e più Appunti in PDF di Semiotica della Pubblicità solo su Docsity! STORIA E LINGUAGGI DELLA PUBBLICITÀ Prof.ssa Musso. 04/10 - Outofhome ha la capacità di presa enorme, ma se viene inserito in luoghi sbagliati non crea interesse nel target (pubblico) di persone a cui è indirizzato. Il cellulare è stato un grande danno per questo fenomeno, perchè la mente delle persone è focalizzata a guardare il cellulare e non a guardarsi intorno => le aziende devono fare qualcosa di particolarmente importante e curioso per attirare l’attenzione sui cartelloni. Quando si organizza l’Out of home si guardano anche le previsioni del tempo, perchè non ci devono essere distrazioni => stare senza ombrello perchè è una distrazione visiva. - Employee Brand Ambassador è quando un azienda fa riferimento ad un indipendente per rappresentare quell’azienda —> portavoce di quel brand. La pressione pubblicitaria avviene nel momento in cui sono molto presente su diversi mezzi di comunicazione. Es.: poltrone sofà è il marchio/logotipo —> quando un azienda entra con un certo nome è il naming, in cui faccio capire cosa si vende. Ma scelgo, inoltre, il font con cui scrivere questo naming, cioè un carattere tipografico (alcune aziende ne fa nascere uno specifico). Inoltre vado a scegliere i colori in modo tale ad aiutare il pubblico a distinguere un altro brand che vende, magari, la stessa cosa. Vi deve essere un gioco per diversificare i vari brand, e bisogna puntare su tutte queste caratteristiche: i colori, il font, se è scritto in grassetto o in corsivo —> non deve essere solo bello da vedere ma essere anche un veicolo di comunicazione, soprattutto se è una new entry. Altro elemento tecnico importante è il pay off, cioè la farse sintetica che rappresenta il brand e dura per molto tempo—> “artigiani della qualità” per poltrone sofà, caratterizzato dalla ridondanza che resta impressa nella testa delle persone. Ora è cambiato in “autentica qualità”. Pay off sonoro, come una sorta di jingle, che aiuta a ricordare il brand. Successivamente si ragiona sui canali da usare per i propri brand (tv, stampa cartacea, web). Vengono usati i teaser per incuriosire il pubblico ma non dare troppe informazioni volutamente per far restare le persone incuriosite per poi scoprire cosa sia, dopo una pressione pubblicitaria prima dell’uscita del brand. Quando parliamo dell’out of home abbiamo in primo luogo l'affissione statica (manifesto o cartellone che è posizionato su un supporto fisso), qui statico è il supporto piantato a terra, fisso. Oppure scegliere l'affissione dinamica (utilizzare mezzi di trasporto pubblico che passa nelle vie che sono frequentate dalle persone interessate a quel brand) => bisogna valutare il target e i luoghi frequentati da quelle persone, utilizzando pullman, tram, taxi ecc.. Col digitale si ha la possibilità di avere le due cose insieme —> l'affissione è statica, ma è il cartello stesso ad essere dinamico (perchè ruota dentro permettendo la rotazione di varie pubblicità). Ci sono affissioni più evolute, come quelle statiche ma con l’effetto sorpresa (guerriglia) che il passante non si aspetta —> Es. A classic horror story di Netflix a Milano, in cui una persona usciva da questo cartellone fisso per “spaventare” la gente in relazione coerente con ciò che rappresentava. Narrazione lunga. Mentre ci sono dei classici spot televisivi che durano 15 o 60 secondi, le aziende hanno iniziato a produrre spot più lunghi, pagando degli spazi molto ampi. Il digitale, però, ha aperto molte strade permettendo di fare degli spot di 7, 10 0 20 minuti —> perchè i costi online sono molto più economici di quelli televisivi, dato che la tv ha i suoi tempi e spazi. Solo aziende che hanno una capacità economica elevata possono acquistare più spazi televisivi. Queste aziende possono, quindi, comunicare in modo diverso sui contenuti —> lancio un messaggio, unendo l’approccio slow (comunicazione più lunga) e il piano del contenuto (non sono spot di marketing per vendere, con visioni filosofiche più particolari). L'obiettivo non è spingere l'acquisto di quel contenuto —> Es. spot della Levis, in cui paradossalmente dice di comprare di meno per far ragionare su temi importanti e interessanti => slow brand sia tecnico che di contenuto, lanciando messaggi molto forti in una durata più lunga. Ci sono invece degli spot che da’ più importanza ai tempi e ragionamenti —> Es. spot di Lenor con Ilary Blasi che parla col marito Totti, a sua volta testimonial di un altro brand di bucato, quindi iniziano tutti ragionamenti mentali in cui si mettono insieme tutti i pezzi con solo 15 secondi di spot. Si crea, quindi, anche la possibilità che quando una persona va a comprare prodotti per il bucato si prende sia l’ammorbidente di Lenor che le pods sponsorizzate da Totti. , Si collegano le caratteristiche della persona al prodotto e quindi al brand —> risulta il migliore se il personaggio è conosciuto e stimato. C’è quindi un lavoro di psicologia dietro a tutto questo. Pubblicità: forma di comunicazione per un brand? Fino a qualche tempo fa, la pubblicità veniva considerata come una forma artistica ed espressiva, per cui non vi erano studi particolari. | primi che hanno cercato di osservare questo fenomeno sono stati i persuasori occulti, tra i quali l'esponente più importante era Vance Packard (22 maggio 1914 - 12 dicembre 1996), caposcuola del pensiero anti-pubblicitario. Egli scrisse il volume “The hidden persuaders” a 43 anni, mentre lavorava come insegnante di giornalismo all’Università di NY. Secondo lui, la pubblicità era un mezzo di persuasione, capace di ingannare l'essere umano (visione negativa), vista appunto come forma di persuasione occulta. Qualche anno più tardi, esce sul mercato il volume “No logo” di Naomi Klein, scritto nel gennaio 2000: si occupa, principalmente, del fenomeno del movimento no-global, del quale No Logo viene considerato uno dei testi di riferimento principali. Il volume descrive numerosi movimenti di reazione alle politiche applicate dai grandi marchi, vengono tratteggiate le “storie di successo” relative agli attacchi volti da questi movimenti ad alcuni marchi (Nike, McDonald's, Shein). Innanzitutto, ragioniamo sul brand e sulla marca in termini pubblicitari, che dovrebbero essere l’ultimo tassello. Per prima cosa, si dovrebbe 2 All’interno del contesto storico, può succedere qualcosa, per cui bisogna prevedere le possibili sfumature di significato di una proposizione a seconda delle circostanze del tempo oppure allinearsi ad esse. È il caso del brand di lusso Salvini, che, nel giorno stesso del catastrofico evento dell’11 settembre 2001, ha deciso di lanciare la nuova versione della collana Twin Towers. Ecco che ha dovuto cambiare naming. Il giorno stesso ei Un altro elemento è il contesto catastrofico evento che ha coinvolto le torri gemelle di . ui New York, erano state ufficialmente presentate da Casa SOCIOculturale, ovvero prevedere le possibili Damiani per il brand Salvini la nuova versione della sfumature di significato di una proposizione a | collana Twin Towers, un pendente a croce che ricorda le due torri, e la collezione Boeing, una parure composta da seconda del contesto culturale. La casa Del bracciali, orecchini e anelli di ispirazione aeronautica. In ' ' dI ' segno di rispetto per le vittime dell'incidente, Casa MOnte introduce in Italia frutta sciroppata, ha Damiani decise di cambiare il nome della collezione Twin un successo incredibile, a tal punto che lo Towers in Future , 7 pani esporta all’estero, mantenendo lo spot italiano e traducendolo nelle varie lingue dei mercati internazionali in cui si inserisce. Tuttavia, in sud America questo spot non ha avuto successo, è stato frainteso a causa del contesto socioculturale —> limitata conoscenza di elementi a cui adesso si fa molta attenzione. Era proprio sbagliata la costruzione comunicativa perché era stata fatta con elementi che avevano urtato la sensibilità. Infine, per quanto riguarda il contesto linguistico, significa cogliere l’esatto significato di una determinata proposizione, giocando con stili linguistici (modi di dire, generi, ironia). C'è una costruzione che si basa su un modo di dire geografico non condiviso molto spesso o anche ironia rivolta ad un certo target. Si possono sbagliare riferimenti utilizzando il linguaggio sbagliato. Avete voluto ® lacasa? aa In sintesi, il brand è un’istanza che produce senso, il E punto di partenza è sempre diverso, ma si vuole dire il ati medesimo messaggio, quindi devono essere tutti tra sig loro coerenti. Il punto di partenza è di considerare la SN A marca come forma discorsiva, ovvero una forma che x Ge O trova nella pubblicità ampio spazio, ma non solo. Mettendo a confronto due pubblicità della Mulino Bianco, quella di oggi dura poco ed è a colori, sensibilizza anche il tema delle api, mentre quella di Carosello, per regole della FACIS, nella prima parte, non poteva contenere riferimenti al prodotto, per cui vi era una storia. Troviamo una filastrocca di una mamma e poi della lei bambina, con poi anche il focus sugli ingredienti genuini e così via. Però, vediamo che il messaggio è sempre lo stesso. Lo spot di Dior, a livello pubblicitario, non fa che ampliare tutto il discorso della scenografia, della sfilata di moda all’interno di Versailles con testimonial particolari (Marylin Monroe, Grace Kelly e Marlene Dietrich), tre donne ormai scomparse molto conosciute con anche una sottile lotta contro Chanel. Dior e Chanel si sono fatti battaglia anche per il fatto di aver inserito la Monroe, attrice americana famosa che usava il profumo Chanel n5, scatenando così un’azione legale che ha dichiarato che Marylin faceva esclusivamente parte dell’iconografia Chanel, dato che l’attrice aveva più volte affermato che usava quel profumo. Marca e marchio NON sono sinonimi. Teoricamente, qualsiasi azienda, per esistere, deve avere un nome, per cui deve utilizzare un marchio (sistema visivo di riconoscimento) che la rende famosa e riconoscibile sul mercato. Facendo l'esempio di Mulino Bianco, esso nasce come naming dell’azienda Barilla, scegliendo un naming completamente nuovo, un altro font completamente diverso (logotipo del marchio), è stato scelto l'iconografia del mulino e delle spighe di grano (marchio), che creano il sistema visivo del brand Mulino Bianco. La marca è un concetto, non è la stessa cosa di marchio. L'insieme del marchio + logotipo fa il brand. Tuttavia, non sempre marca e logotipo sono separabili, a volte c’è solo il logotipo perché talmente famoso e riconoscibile (come il computer Apple che ha solo la mela morsicata). LE FUNZIONI DEL MARCHIO Il marchio non svolge solo una delle seguenti funzioni: © Il logotipo ESSO è all’interno del cerchio: la forma rotonda che circonda ESSO diventa il simbolo del marchio e la scritta è rossa all’interno; o SAMMONTANA: un insieme del cono gelato che richiama la produzione —> sistema grafico-visivo complesso; o DOVE: naming descrittivo rispetto al marchio (colomba), dove i due elementi sono separati. Tendenzialmente, come prima cosa, si studia un sistema marchio-logotipo che funge da decoro visivo, perché, ancora prima dello specifico significato, è l’espressione visiva a colpire il pubblico. Ovviamente, dipende anche dal tipo di azienda. Dunque, sapendo che marchio = elementi verbali + elementi visivi, è possibile ottenere marchi con una forte propensione verso l’estetica e la decorazione. Inoltre, il gusto aziendale e i trend stilistici dell’epoca in cui il marchio viene realizzato diventano fondamentali nel suo processo di costituzione. La marca deve cercare di rimanere in contatto costante con il suo consumatore, viene fatto un restyling del marchio in epoca contemporanea per essere identificata come “al passo coi tempi”. Ad esempio, Barilla nasce nel 1877 e il suo primo marchio è un pittogramma, dove si racconta la nascita del prodotto: nasce come azienda di produzione di pasta all'uovo. Questa iconografia dura fino al 1937. Ad un certo punto, Barilla vuole rendere più moderno il sistema di riconoscimento. Se osserviamo con cura, il marchio è qualcosa in più di un semplice elemento di decoro ed estetico, è un elemento identitario, che, con un certo colore e font, passa la rappresentazione dell’identità di quel brand. Quindi, se il marchio logotipo è fatto bene, può fungere da bottone narrativo, capace di identificare e differenziare l’organizzazione. Prendiamo L’ORÉAL: il nome dell’Oréal significa “aureola”, indicata nella O iniziale, perché il marchio nasce come venditore di prodotti per capelli. C'è una risonanza e assonanza per quel brand, che diventa poi famoso a livello internazionale. Stessa cosa per NIVEA, dove il colore cardine del prodotto è bianco come la neve, inoltre vi è uno studio sul colore del prodotto tipico del brand, ovvero la crema nel barattolo blu. Il marchio dovrebbe funzionare anche come vettore dinamico, ovvero raccontare chi sono e come mi evolvo nel tempo, anche considerando tutti i fattori esterni. 6 Quindi, la fatica è quella del tenere la marca stabile, ma mutevole nel tempo. Inoltre, il marchio deve essere capace di raccontare l’evoluzione del brand. Ad esempio, dal 2006 il logo dell’università Sapienza di Roma è cambiato nel lettering, nel colore e nel sistema marchio, traghettando un racconto identitario e vettoriale nel tempo. Infine, il marchio è, nel suo insieme, un elemento comunicativo di rilievo. Se un brand (una marca) è un insieme di elementi immateriali, il marchio esprime i tratti portanti della marca attraverso dimensioni materiali. Allora, diventa importante comunicare le ragioni del marchio, il suo significato e la cura che si presta per il suo mantenimento nel tempo. è Marchio deve essere visto a tutti gli effetti come uno strumento di comunicazione tra organizzazione e pubblico di riferimento. Esempio marchio Barilla - b Barilla nasce alla fine ea dell'Ottocento come azienda che produce pasta all’uovo. Immaginiamoci l’uovo sodo: i) Li n» @ una parte bianca e al centro il tuorlo solidificato, ovvero il Un pittogramma che, con il cambio della produzione aziendale (pasta all'uovo via via perle rosso dell'uovo. Carboni la sua egemonia nella dieta alimentare degli italiani) e del gusto stilistico delle varie epoche. . si . storiche, perde per un certo periodo peso (anni ‘30-'50, primi quattro loghi da sinistra) ritraduce a livello visivo il Poi, ritoma nella comunicazione visiva, con la rivisitazione dell'artista E. Carboni fatta ala COMPOnente fondamentale del metà degli anni 50, solto forma di bianco d'uovo visto in sezione (quinto marche da brand, che era la componente , sinistra; da notare che il giallo classico dell'uovo diventa nel marchio/logo di colore rosso, anche dal nome usato: il “rosso d'uovo’) principale del pittogramma. Una soluzione visiva che col tempo va diluendosi presso il pubblico di massa (ultimi due loghi a destra, ovale molto più schiacciato e meno a “forma di uovo"), SLOW BRAND. Il concetto di “slow” è legato al concetto di slow food, cioè riprendere le ricette tradizionali cucinate in modo lento, in contraddizione con il “fast food” americano. Nel 2010 si inizia a sentire la necessità di rallentare anche nella comunicazione dell'impresa —> slow brand. Idea che lo “slow”, che in se’ potrebbe avere connotazioni negative, sta che anche nel rallentare a livello comunicativo è vincente. Ci sono state delle parole-chiavi nello studio di questo, quindi è una teoria che ha trovato applicazione nell’azienda per verificare se fosse efficace —> tempo, nella relazione; ascolto, legato al tempo perchè per ascoltare ci vuole tempo ed implica quindi la concezione di “slow”; valori e contenuti, quanto si è spostato solo a servizio della vendita del prodotto (advertising), mettendo in secondo piano la leva commerciale, ed inizia a concentrarsi sui contenuti (interazione col proprio cliente, i valori e quindi ci vuole tempo => non si può solo usare uno spot). Oggettivamente l’advertising ha trovato una durata diversa (spot più lunghi e pensati, quindi più tattico e funzionale) e uno slow di contenuto (non basta più dire “compra questo prodotto” ma spiegare il perchè, i valori che questo brand porta avanti). 2) Completamento, per far fare uno sforzo in più per il cliente, rischiando che non venga pienamente percepito —> visivo e verbale sono una cosa sola e non non può stare senza l’altro. Es.: la Tod's fa una pubblicità in cui la scarpa lascia un'impronta sulla sabbia, che riprende anche la componente verbale “leave a Beautiful impression” —> è possibile che il messaggio non si capisca, perchè bisogna già conoscere il brand, bisogna sapere anche l’inglese e fermarsi più a pensare al messaggio. Quindi si riferisce a un certo gruppo di persone, indirizzato ad un target specifico che conosce il brand e non alla globalità. 3) Opposizione o estraniamento, cioè che mentre leggo ci si accorge che il messaggio che l’immagine da’ sono completamente diverse e slegate. Si presuppone che il lettore abbia tempo per leggere e che rimanga stupito nel vedere la pubblicità. Slow brand nel mondo televisivo. Si aggiungono tre parole di quelle già viste: ambassador, fiducia e relazione. Il grosso cambiamento è dal dare l’attenzione dal solo prodotto, ma dare una serie di contenuti attorno a quel prodotto => non è solo vendere un prodotto. Tutto ciò si lega alla fiction pubblicitaria seriale, preso dal mondo televisivo. E si parla di testimonial, cioè quel personaggio “famoso” che diventa un po' il protagonista di questi spot. Dopo le prime sperimentazioni televisive in GB della pubblicità nel 1954, e arriva in italia nel febbraio del 1957. Il Carosello diventa l'orologio sociale” perchè i bambini dopo quel programma andavano a dormire, e quindi iniziava la tv per adulti. Nel palinsesto di quel periodo c’era una divisione in 3 durante la giornata. —> questo dal punto di vista pubblicitario ha creato dei “pacchetti” di vendita, comprando quindi dei tempi televisivi e capire dove andarlo a comprare seguendo un ragionamento strategico, studiando quindi il target. Le norme SACIS (concessionaria che permetteva insieme alla RAI di inserirsi dentro Carosello) avevano degli spazi ben precisi: 1 min 45 secondi di storia e intrattenimento + 30 secondi di spot, e SOLO in quei pochi secondi l’azienda poteva fare pubblicità. Già con Carosello c’era un’attenzione ai contenuti e poi, il formato, aveva già dato luogo a quello che poi ha dato luogo alla pubblicità contemporanea, perchè nel momento in cui viene chiuso questo programma nasce lo spot (che dura proprio 80 secondi => si perde la parte narrativa). La slow adv si concentra sul raccontare una storia, puntare quindi su un messaggio invece che mostrare subito il prodotto in modo più diretto. Es.: pubblicità di Kinder cereali fa uno spot sulle mamme, non mostrando mai il prodotto se non alla fine dello spot. E Ferrero punta sulle mamma perchè è il target delle persone che compra questo prodotto. => Il brand arriva a prendere in carico un tema importante e sensibile, e il contenuto prende totalmente il sopravvento su tutto, sul prodotto. 10 Altro elemento fondamentale per gli spot è la continuità, cioè per quanto tempo l'azienda porta avanti quel tema o se è soltanto una moda del momento. L'azienda “Dove” è stata la prima che ha tirato fuori il concetto di photoshop, e quindi di come vengono modificate le immagini per mostrarle perfette. Ed è dal 2006 che quest'azienda porta avanti questa trasparenza. Ha iniziato ad usare le persone comuni al posto delle modelle —> contratto, che ha scritto coi suoi clienti. Nel maggio 2013 la Rai si rende conto che gli investimenti in tv stanno diminuendo, così realizza l'esperimento “Carosello Reloaded” —> prova a far rinascere il programma, invitando le aziende a riprovare il linguaggio di carosello. Quindi prima parte contenuti e solo nella parte finale il prodotto. Alcune aziende hanno ripescato le storie del carosello e poi appiccicavano lo spot moderno che avevano già fatto —> non efficace e fallimentare, perchè non hanno tenuto conto del target di questo secolo (Es. spot della nutella nel 2013). Sempre più frequentemente questo nuovo linguaggio pubblicitario poggia su una figura di riferimento, chiamato appunto testimonial. 1957-77 —> in Italia le aziende usano Carosello, più l'introduzione dei colori e del testimonial, cioè colui che si conosce e che intrattiene maggiormente perchè la gente ha fiducia. La sua unica funzione è quello di intrattenere, ma non vi era un investimento personale. Anni ’80-90’ —> quando chiude Carosello, nasce il vero e proprio spot di 30 secondi e si incomincia ad inserire la logica del garante. Cioè la figura famosa non serve solo ad intrattenere, ma ricopre proprio un ruolo di garanzia (c’è ancora adesso). Es.: spot dell’acqua Uliveto che sponsorizza l’acqua degli sportivi, mettendoci quindi del proprio. Es.: spot di Nespresso, Bialetti e DeLonghi che usano attori internazionali molto famosi che investono la loro vita negli spot per dare più credibilità a ciò che sponsorizzano e crea fiducia nel pubblico. In questo periodo nasce anche la figura del testimonial imprenditore, cioè il proprietario dell’azienda e quindi è direttamente lui che sponsorizza il prodotto. Es. Giovanni Rana o Banca Mediolanum (da padre in figlio che si mostrano nello spot). La differenza tra garante e imprenditore, è che nel primo c’è il dubbio che essi utilizzino veramente quei prodotti perchè c’è dietro una ragione economica per cui fanno quel prodotto (anche perchè nella maggior parte dei casi sono attori quindi sanno anche fingere), mentre si è quasi certi che l'imprenditore utilizzi ciò che sponsorizza perchè è il loro. La terza opzione che nasce in questo periodo è il divulgatore, cioè prendere persone comuni che però sono degli stereotipi (Medico, parrucchieri, dentista) => sono sconosciuti, ma creano comunque fiducia. Fine anni 90’- 2000 —> il divulgatore qui diventa Glass testimonial, perchè in realtà i divulgatori in realtà sono quasi sempre degli attori, quindi si recitava quel mestiere . Con il Glass testimonial, le aziende rendono ancora più trasparente questa testimonianza => vado a coinvolgere davvero dei professionisti, reali e sconosciuti, ma inserisco il “sottopancia” cioè inserisco nome, cognome e titolo di studi, per dare credibilità allo spot. Testimonial retrò —> Lagostina sceglie Sophia Loren come testimonial, 11 prendendo un suo scatto di anni prima, focalizzandosi in un momento in cui l’attrice era particolarmente famoso. Quindi si prende un personaggio vivente, ma utilizzando un periodo storico particolare per riprendere le emozioni di quel momento. 2013-oggi —> nasce oggi il Real Life Marketing, cioè cercare di raccontare una storia il più possibile autentica, in cui tutti ci si può riconoscere. Es. spot di Ikea “sorprenditi ogni giorno”, in cui fanno vedere tante tipologie di persone che utilizzano loro prodotti mettendo davanti la realtà, ma non si mette davanti semplicemente il prodotto. Non si confondere con il Real Time Marketing, cioè che l'azienda si sintonizza in un preciso momento storico. Quindi prendere qualcosa che va di moda in quel momento e crearci sopra una pubblicità. Es. Taffo (onoranze funebri) che riprende la Casa di Carta, creando un volatico con “La cassa di carta”. Si capisce il senso del messaggio solo se so di cosa sta parlando, si sottintende che già si conosce quella serie Es.: l’Audi che, in periodo di pandemia, ha distanziato i cerchi del suo marchio per mandare in modo forte il messaggio, legato al contesto storico che si stava vivendo. EBA —> l’azienda comincia a capire che può essere utile usare come testimonial i propri dipendenti perchè possono garantire l'efficacia. Uso un linguaggio ironico Nasce la strategia del “Real Life Marketing”, cioè intercettare ciò che succede nella vita delle persone e diventa una cornice del contenuto => la persona diventa un tramite comunicativo, non interessa che sia famosa o no. Ma non si deve confondere con il Real Time Marketing, che fa riferimento ad un momento storico preciso. La fiction pubblicitaria seriale. Negli anni ’90 in Italia vi era un aumento di fiction tv di produzione italiana di lunga durata, con un aumento anche degli ascolti molto interessanti. Inizia ad arrivare i prodotti degli hard discount, che costano meno e cambiano i modi di comprare. —> c’è un’innovazione del linguaggio pubblicitario, perchè si costruiscono delle storie come nelle fiction televisive, che da’ luogo all’advertainment o fiction pubblicitarie. Consiste nel vendere il prodotto o il servizio inserendolo all’interno di una storia a puntate: stessi personaggi, stesso oggetto e situazioni analoghe che si ripetono per diversi episodi. Slow spaces. Quando parliamo di spazi all’interno di un brand, grazie alla loro capacità comunicativa, i luoghi diventano un territorio per la comunicazione di marca —> quindi non solo basato sul lato economico, ma hanno iniziato a vestirsi da semplice canale di distribuzione. Quindi hanno iniziato a produrre prodotti proprio (come l’Esselunga che, oltre a vendere prodotti come Barilla o mulino bianco, vende anche prodotti propri marcati “Esselunga”). 12 accento alla dimensione storica. Es.: lo spot di Cartier che parla dello sviluppo nei vari paesi nel mondo e che il loro orologio è il primo da polso. 5) Time squared, che riprende una puntata di Guerre Stellari, e in questa categoria gli spot erano non solo lunghi ma avevano tutti accumunati il tema del tempo. Es.: spot di Ikea che fece una ricerca sulle famiglie a casa che durante i pasti non mangiano più insieme, non mangiano più in cucina e sono impiegati a fare foto da postare sui social, e se nel passato avessero fatto la stessa cosa, l’unico modo era con una natura morta da girare in giro e quindi si pone importanza al tempo —> rilassati, goditi il tempo con la tua famiglia. Slow web e co-generazione (UGC) —> prima della nascita dello slow brand. Il brand si è reso conto che non doveva creare lo spot da solo, ma doveva coinvolgere anche i consumatori (come nel social film). Es.: Starbucks si inventò nel 2008 il sito “my Starbucks idea” per raccogliere delle idee di qualsiasi tipo sul brand. Nei primi 6 mesi sono arrivate 75mila idee, e se l’idea viene votata diventa reale. Il contro di questo esperimento è l'elemento di fiducia se un’idea non viene presa in considerazione, tanto che l'utente può sentirsi preso in giro. In altri casi degli utenti si possono chiedere il perchè devono regalare una propria idea, che se sei fan sei soddisfatto nel vederlo realizzato, ma dal punto di vista di business ci guadagna solo l’azienda spendendo zero => ci si pone la domanda del perchè farlo, dato che non c'è un ritorno effettivo per il cliente. Es.: il mulino bianco nel 2011 prende spunto da Starbucks, creando un forum per condividere le idee degli utenti per restituire ai consumatori prodotti di cui hanno bisogno. In cambio il mulino bianco ha dato in palio la vincita di un punto per avere un gadget. La Factory diventa slow nel momento in cui mettono in gioco anche i dipendenti —> nasce il concetto di Internal Societing, cioè una community di dipendenti che si riconosce nel brand in cui lavorano. Tutto questo sta in piedi e funziona se c’è un boss slow, cioè che ha nella sua idea di prendersi del tempo per ragionare su tutte queste iniziative (interagire coi dipendenti, creare addirittura dei video per loro. 15 16
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