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Appunti registrati e trascritti in modo preciso delle lezioni riguardo l'artista RIBERA, Appunti di Storia dell'Arte Moderna

Vita, spostamenti, opere e nuove scoperte su Ribera detto lo Spagnoletto

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 14/02/2023

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alessandra-scriva 🇮🇹

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Scarica Appunti registrati e trascritti in modo preciso delle lezioni riguardo l'artista RIBERA e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! Prima Lezione 21 Marzo 2018 Pittura di Ribera, considerato uno degli eredi di Caravaggio, quindi è un anello di una catena che bisogna indagare, problemi relativi a Caravaggio e ai Caravaggeschi. Ribera arriva a Roma quando era ancora a Roma, bisogna capire chi lavora a Roma in quegli anni e cosa stava facendo Caravaggio in quegli anni. Ci basiamo su studi recentissimi, infatti la prima opera identificata di Ribera a Roma risale al 2005. Fino al 2016 non si sapeva neanche la data del suo arrivo. -Gianni Papi esce un suo articolo del 2002 su Paragone nel 2005. Contenuto critico anche sugli aggiornamenti degli studi su Caravaggio WWW.BIT.LY/dsu- terzaghi -“Ribera a Roma” di Gianni Papi, in cui fa un'identificazione di Ribera a Roma. Mostra “Caravaggio e L'Europa ” del 2005 tenuta a Milano nel Palazzo Reale, Papi ha potuto esporre le ipotesi di costruzione in questa opera, molti studiosi rimangono perplessi. Nicola Spinoza, fu il primo studioso di R. in Italia, e aveva già condotto la monografia dell'artista, parlando della fase romana, ma non si sapeva quando fosse iniziata, prima sicuramente del 1616-1617, ma non si sapeva ben collocare la vicenda. Dopo di che si è pensato che la sua ipotesi poteva funzionare e così Spinoza fa una seconda rielaborazione della sua monografia, quella in bibliografia, che accoglie l'ipotesi di Papi ma fino a un certo punto. Alla fine si è arrivato a una sorte di sintesi con la mostra “Il giovane Ribera tra Roma, Parma e Napoli”, due edizioni una al Prado e una a Capodimonte a Napoli. curata da Miliqua e Spinoza, ma anche Papi. -Giuseppe Porzio scrive un articolo fondamentale, nel 2015, dopo il ritrovamento di alcuni documenti che attestano che nel 1605-1606 Ribera era a Roma. Questa scoperta cambia la nostra percezione dell'artista in quanto prima si pensava che fosse arrivato quando Caravaggio non c'era più invece era ancora a Roma anche se per pochissimo, quindi vede lavorare il Caravaggio degli ultimi anni romani. Ribera era giovanissimo quando arriva a Roman, lui nasce nel 1591, quindi aveva 14 anni, ma la formazione dell'artista all'epoca sappiamo che era precocissima, lui aveva un fratello pittore in Spagna ma non arriva in Italia con una formazione. Arriva al seguito di altri artisti ma ha una formazione completamente italiana. Saggio della Terzaghi utile per la storia e la bibliografia precedente. Bibliografia ha poco della critica ma molto del metodo del conoscitore/conoscitivo- non è solo teorico. Capire i problemi stilistici. 1 Il riconoscimento dei dipinti è la prima e principale azione critica, perché saperlo conoscere vuol dire che abbiamo capito che non è una cosa ma è un'altra e che abbiamo capito l'artista sapendolo identificare Longhi aveva scritto il primo catalogo di Ribera a Roma ma non sapeva che fosse lui lo aveva chiamato “il Pittore del giudizio di Salomone”. A Napoli era conosciuto, c'era anche De dominici che ne parlava, la sua monografia era stata scritta nel 2003. Ma dei 10 anni trascorsi a Roma non sapevamo nulla fino al 2005 ed è stata una scoperta importante perché lui rivoluziona il caravaggismo a Roma. Seconda Lezione 23 Marzo 2018 Ribera arriva a Roma tra il 1505-1506, non sappiamo con precisione il momento perché le notizie ricavate su R. le conosciamo solo attraverso un “processetto matrimoniale”. -Il Sacramento del matrimonio è irripetibile a meno che uno dei coniugi è deceduto- L'anagrafe non esisteva, era difficile risalire alla biografia degli stranieri che venivano da luoghi lontani, mentre dei napoletani no ci si conosceva, quindi per sapere se questi avevano potuto contrarre già un matrimonio bisognava porgli delle domande per conoscere meglio la loro vita. Il sacerdote innanzitutto poneva delle domande ai testimoni che dovevano attestare che la persona fosse vedova o che non fosse mai sposato. A Roma questa tipo di documentazione non ce l'abbiamo mentre a Napoli è abbondantemente sopravvissuta. Ci sono un sacco di processetti matrimoniali di pittori stranieri e per gli storici dell'arte sono una fonte di notizie inestimabili. Poiché la persona che andava davanti al sacerdote raccontava la propria vita con i relativi spostamenti, ricaviamo così moltissime notizie. Per i napoletano questo tipo di documentazione non c'è perché era napoletano ma per esempio l'abbiamo di Ribera, e grazie a questa noi conosciamo l'artista. Nel 2015 questo processetto viene scoperto da Domenico Antonio di Alessandro, studioso di musica, era stato rubricato sotto il nome di una persona diversa, quindi lo hanno scoperto dopo che hanno letto tutti gli incartamenti. Ribera qui, non dice con precisione quando arriva a Roma. Come si datano le opere di Caravaggio Come è arrivato il nucleo delle opere di Galleria Borghese- la collezione ha avuto una costituzione lenta deriva dalla collezione di Scipione Borghese. Bacchino Malato, 1593, Galleria Borghese. Arriva nel 1607, insieme ad altri quadri, a G.B. perché erano stati sequestrati a Cavalier D'Arpino che aveva una collezione di opere tra queste due erano di Caravaggio. Arrivano quando Ribera era ancora a Roma. 2 si sa se c'è, la Cinotti dice che noi assistiamo al un dramma biologico, della frutta che si sta avvizzendo, trasformazione. L'artista ce l'aveva dentro ed è riuscito a trasmetterla, tutto si gioca sull'umanità di Caravaggio pregnanza che fino alle mele di Cézanne non abbiamo più trovato nella storia dell'arte. Pittura a fondo chiaro, proviene dalla pittura romana, canestra in bilico trasforma un esercizio in qualcosa di straordinario, dimostrando che sa dipingere, lui usa queste Gianni Romano, mostra “I Cartoni di Gaudenzio”. (per le schede OA) dà una lettura stilistica di pittori innoti facendo dei confronti costruisce il contesto attraverso il territorio. - 1912 Toesca? compie degli studi su Caravaggio - 1943 “Gli ultimi studi di Caravaggio e la sua cerchia” pubblicato su Proporzioni, fondamentale perché Longhi parla non solo di C. ma anche della sua cerchia. -Nel 1949 gira un documentario di Longhi su C. che si pensava perduto, recuperato da pochissimi anni. Regista Barbaro Articolo su prospettiva sul documentario scritto da Uccelli (Kubicat.com). Su Youtube invece c'è il documentario su Carpaccio sempre di Longhi e regia di Barbaro. Ritrovato in modo rocambolesco nella cineteca di Bologna senza il sonoro, a fondazione Longhi aveva trovato la sceneggiatura, è girato sulle foto della fototeca di Longhi, in cui lui scriveva nel retro spesse volte in lingua francese. -1951 Su Caravaggio e i Caravaggeschi 1951, Palazzo Reale, Ribera non c'è a Longhi non piaceva. Raccoglie quello che lui aveva intuito e aveva scritto nell'articolo su proporzioni nel '43, nucleo e percorso di Caravaggio, più i Caravaggeschi. -Longhi e Dennis Maon e altri studiosi, lavorano sul Caravaggio, il primo assesta il catalogo di C. e pubblicano le date sulla cappella della Cantarelli, che Longhi nel 51 aveva sbagliato a scrivere nel 51, perché trovano tutti i documenti relativi alla cappella, anni tra 60 e 70. Punto di snodo nel 1573 perché si pensava che fosse nato in quell'anno e non nel 1571. -In occasione del centenario 1973 si producono una serie di studi, cominciano ad emergere Mia Cinotti e Luigi Spezzaferro, Maurizio Calvesi e Ferdinando Bologna. Calvesi nella lettura di Caravaggio propone una lettura iconologica, cristologica, teologica per esempio nella canestra. Imbevuto di spiritualità oratoriana (Filippo Neri), lui rintraccia il patronato, la tutela di Costanza Colonna, moglie di Francesco Sforza marchese di Caravaggio, nipote di San Carlo Romeo, che aveva dato da vivere al nonno materno. Per questo contesto per Calvesi motiva questa scelta iconografia in chiave cristologica. Ferdinando Bologna e Calvesi hanno condensato i loro studi, iniziati nel '73, in due grandi libri che vengono pubblicati negli anni '90. 5 Calvesi: Le realtà di Caravaggio Einaudi (TO), quello di Bologna L'incredulità di Caravaggio Bollati (TO). -Iniziano i seguenti studi della Cinotti, studi documentari sugli archivi milanesi, ancora non erano stati condotti, quelli di Calvesi e Bologna, negli stessi anni iniziano anche quelli di Spezzaferro (positivista, si concentra sul dato). Bologna sostiene che C. era stato supportato da una committenza di tipo libertino, che nell'eccezione seicentesca, ha un pensiero alternativo rispetto al pensiero dominante che era quello della chiesa cattolica (nell'ambiente di Giordano Bruno, Galileo), mentre C. ha ottenuto consensi nell'ambito del pensiero libertino non allineato a quello cattolico. Lo fa rintracciare nella committenza dei banchieri: Vincenzo Giustiniani e Ottavio Costa Per Spezzaferro i due pensieri non erano giusti perché per lui C. si è adeguato alla committenza. Uomo contemporaneo è imbibito di un tipo di cultura detta del Pensiero Debole (l'uomo non è assolutista, le grandi costruzioni di pensiero divengono fragili): Gianni Vattimo, filosofo. Il corrispettivo sociologico che sostiene questo è Zygmunt Bauman, parla di modernità liquida, non vi è stabilità del mondo contemporaneo, prima la stabilità era qualcosa di prezioso, era un valore, ora si preferisce la trasformazione, il cambiamento. Cardinal del Monte disprezza Caravaggio però dice che una cosa così bella non l'ha mai trovata, e lo dice nello stesso periodo in cui lo critica. Si pensava che C. fosse arrivato nel settembre del 1592, perché si è trovato un documento secondo il quale Caravaggio avrebbe presenziato insieme a Prospero Orsi alla Cerimonia delle 40 ore che si svolgeva al Pantheon nella confraternita dei Virtuosi. Grazie a questo documento la prima data a Roma è del 1592. Ma questo si rivela sbagliato, dopo delle indagini condotte nell'archivio del Pantheon si è capito che il documento era arrogato dallo stesso notaio ma in realtà si riferiva all'Accademia di San Luca e grazie ad una serie di conti, che sono registrati nel verso, si data al 1597, quindi questo non è più il primo documento che lo aggancia a Roma. Ormai il primo è il processetto, il quale dice che nella Quaresima del 1596 era nella Bottega di Lorenzo Carli. Anche se non si sa se sia arrivato prima, infatti sono stati condotti una serie di studi sulle botteghe degli artisti a Roma tra queste anche quella del Cavalier D'Arpino. Del processo di Cavalier d'Arpino del 1607, sono stati trovati gli atti, indagati dallo storico Cirinei, che scrive un articolo pubblicato nel 2001, e per difendersi Cavalier d'Arpino racconta come funziona la sua bottega; quindi abbiamo una quantità di dati interessanti. Un altro libro importante, di Patrizia Cavazzini “Painting as business”, fa un'analisi del funzionamento delle botteghe romane attraverso i documenti 6 processuali e le fonti, incrocia i dati, ed è emerso che nelle botteghe c'era una grande fluidità, gli artisti passavano se ne andavano etc. Può essere quindi che anche Caravaggio, come hanno fatto altri, si appoggiasse alla bottega di Carli in modo che le sue opere avessero una circolazione sul mercato, in modo da smerciarle. Le fonti dicono che fa le teste- anche dall'antico- così si manteneva, le faceva per un grosso luna, il grosso è una parte dello scudo che corrisponde a un giulio, valeva molto poco. Perciò non è detto che lui passa da Carli nel primo momento in cui arriva a Roma, era adulto sicuramente non si ferma da lui a lungo come quando era piccolo ed era andato dal Peterzano dal quale la madre gli pagava il vitto e l'alloggio. Berra e Cappalletti dicono quindi di stare attenti, però dal 92 al 96 se Caravaggio si trovava a Roma passa sotto silenzio è questo sarebbe molto strano. Quindi ora tutte le opere giovanili datate 92-93, sono state spostate al 95-96. La mostra di Milano ha cercato di ri-datarle attraverso le indagini radiografiche/diagnostiche, e sulla base della tecnica, che in lui però non è così probante; all'inizio dipingeva su una preparazione della tela chiara perché doveva dipingere l'opera con tonalità chiare ma non è una cosa esclusiva perché comunque era finalizza al soggetto, certo dopo lavora tutto in scuro ma non è significativo. I diagnosti si basano anche su delle incisioni che fa sulla tela. Sotto la tela Caravaggio non fa un disegno accademico, fa un disegno che a volte c'è a volte no, ma fa con il pennello dei segni sul retro della preparazione per posizionare gli oggetti, che è la sua traccia, i diagnosti datano i quadri in base a questi segni che in un periodo lui fa in modo maggiore ma questo metodo risulta inaffidabile e poco sicuro perché dello stesso periodo abbiamo quadri in cui le incisioni non risultano. Carli è un pittore che di “opere grossolane tenea in bottega” diceva il Baglione, era siciliano, e secondo le fonti è stato il primo a ricoverare Caravaggio appena arrivato a Roma: fonte e documento coincidono. La fonte bisogna sempre codificarla, non è certo che sia giusta, Baglioni e Bellori scrivono una serie di cose si sono rivelate false o mezze verità, mentre invece Mancini che sembra più attendibile, non era nemico di Caravaggio come il Baglione, quindi sarebbe stato più equanime, ha però un altro scopo nello scrivere cioè promuovere i quadri sul mercato, infatti cita solo i quadri che si potevano vendere e gli altri no. 7 di Caravaggio, si riesce a individuare la copia dall'originale. Infatti, dei Bari nella mostra del 1951 espone la copia pur non conoscendo l'originale ma sapeva che prima o poi quello sarebbe riapparso. Longhi, Ultimi Studi sul Caravaggio e la sua cerchia, 1943. Non si può immaginare un autore a non potersi immaginare nell'atto di replicare, perché la realtà di un dipinto non poteva che verificarsi che una volta sola, il rapporto con il modello era uno a uno, mimesi. Per capire la costruzione dell'opera di Caravaggio bisogna capire anche la storia delle copie, per capire il meccanismo di come funzionano, quindi da dove provengono. Una serie di copie che si sono riuscite a datare di copie sia a Napoli che a Roma, si è capito che quelle copie non erano state realizzate nella città in cui Caravaggio era presente con gli originali. Sembra che non volesse che i suoi quadri venissero replicati, Papi e Gregori dicono come mai non replicare le opere che avevano maggior successo per venderle? Quando arriva a Roma ed era in difficoltà, Mancini dice che il “Ragazzo morso dal ramarro” era stato fatto per vendere.1 Ci sono solo due copie eseguite per Philippe de Betunne, un ambasciatore francese, che tornava in Francia nel 1605 portando con se le copie, quindi è come se non fossero mai esistite. A Loches, si trovano al museo che le ha acquistate come originali, non hanno visto lo stemma. Non ha replicato la zingara da se stesso, lui non copia il suo modello precedente ma ne realizza uno nuovo, ha avuto bisogno di nuovi modelli, non voleva copiarsi. (Se Caravaggio era una persona precisa che voleva replicare la realtà di quel momento sicuramente non sarebbe tornato nel passando replicando la versione, in più non avrebbe mai trovato gli stessi modelli che inevitabilmente comunque sarebbero stati diversi, in più poteva essere un buon esercizio per fare studiare ). Cena di Emmaus: il doppio lo cambia, sono diversissimi. Suonatore di Liuto, uno è all'Ermitage ed è originale, l'altro è al Metropolitan di NY, forse non è autografa come la Sacra Famiglia sempre nello stesso museo, i Musici è vero, Negazione di Pietro uscita illecitamente negli anni 50 dall'Italia, forse lo devono restituire prima o poi. I Bari del Kimbell Art Museum, è vero, museo di periferia. 1 La prima versione, realizzata su tela tra il 1595 ed il 1596 e conservata presso la Fondazione Longhi a Firenze, è senza dubbio opera autografa di Caravaggio. La seconda, realizzata su tela tra il 1595 e il 1600 (e comunque successiva alla precedente) è conservata presso la National Gallery di Londra. Quest'ultima opera è stata acquisita dal Museo attraverso il contributo della Fondazione J. Paul Getty Jr. nel 1986. 10 Secondo il Baglione la commissione della Cantarelli l'avrebbe avuta grazie al Cardinal del Monte. Mentre secondo Celio l'avrebbe avuto tramite Prospero Orsi. E' certo che nel 1599 ottiene la commissione della Contarelli prima dei laterali e poi della pala d'altare. 1980, Spezzaferro lavora sull'ipotesi del rifiuto della prima versione del “San Matteo e l'angelo”, che oggi non esiste più perché è stato distrutto negli anni 40, durante la seconda guerra mondiale, si trovava a Berlino perché proveniva dalla collezione Giustiniani. Le Fonti parlano di questo problema. Mancini No: parla solo del rifiuto della Morte della Vergine perché lui era stato coinvolto dell'acquisto che succede dopo il rifiuto, Mancino lo vuole comprare. Baglione Sì, dice che aveva fatto un San Matteo e che poiché “non era a veruno piaciuto se lo prese, per essere opera di Michelangelo, il marchese Giustiniani...” Racconta che Federico Zuccheri quando andò a vederlo disse: “che rumore è questo? Io non ci vedo altro che il pensiero di Giorgione nella tavola del Santo“. 11 Lettura contemporanea del Caravaggio sul venetismo accentuato che evidentemente i suoi contemporanei vedevano, non aveva fatto nulla di vero. Baglione dice che Giustiniani aveva comprato il Santo perché lo aveva dipinto Caravaggio, ciò attesta che c'è un momento in cui nella storia pittorica di Roma avere un Caravaggio voleva dire possedere un'opera di valore, nel '600 quindi inizia l'idea di mercato, si era interessati più al nome dell' artista, che godeva di una certa fama, che al soggetto del dipinto. Prospero Orsi, il suo gallerista, aveva creato l'artista, il personaggio, gli aveva fatto pubblicità; è certo che lo stesso Orsi godeva di credito sul mercato romano altrimenti quest'operazione die promozione non gli sarebbe riuscita. Bellori costruisce l'operazione Annibale Carracci. Bellori dice che questo Santo non è piaciuto perché aveva le gambe incavalcate e i piedi rozzamente esposti al popolo, secondo lui non piacque per motivi iconografici, ma si rivela una fandonia perché Caravaggio. Spezzaferro nota che le misure della prima versione sono sensibilmente più piccole della , è impossibile perché sarebbe stato attento, inoltre era la sua prima commissione pubblica. Mentre nella seconda versione sono giuste. Il primo contratto risale al 1563 ed era stato stipulato con il pittore Girolamo Muziano perché lui avrebbe dovuto decorare tutta la cappella, ma muore Muziano e i tempi si dilatano. Nel 1590 la commissione passa a Cavalier d'Arpino che inizia a dipingere la volta ma non finisce mai e nel frattempo muore Contarelli, e gli esecutori testamentari, che è la famiglia di Virgilio Giovan Battista Crescenti e quando iniziano a interessarsi visto che D'Arpino non finiva mai danno la commissione a un nuovo pittore Caravaggio, ma la pala d'altare era stata commissionata a uno scultore Jacob Cobaert. Infatti il primo contratto di Caravaggio gli allogano solo le opere laterali. Il Contarelli nel contratto del 1563 dà al Muziano delle norme iconografiche esecutive precisissime, le abbiamo perché queste note sono state occluse al contratto con Cavalier D'Arpino che doveva seguire le norme dettate dal committente. Doveva essere seduto con l'angelo in piedi, accanto a lui, che gli guidava la mano. Spezzaferro nota che il secondo dipinto si adatta perfettamente alle norme iconografiche dettate dal C. ma questo non c'entra nulla. Le norme non sono mai state revocate. Lui si attiene scrupolosamente alle norme nei laterali, il San Matteo doveva essere, come diceva la tradizione, la leggenda, assassinato sull'altare mentre dice la messa. Quindi Caravaggio conosce le norme e si attiene perché le esegue in modo preciso. Se lì non si attiene è perché c'è stato bisogno di fare un nuovo contratto. Infatti questa pala è legata al contratto del 1602 che era stato stipulato da Francesco Crescenti, esecutore testamentario e dal Caravaggio, poiché la statua del Cobaert era stata rifiutata, anche se era pervenuta in tempo- nel 12 Fugino , San Raffaele, Milano Peterzano Cappella Cerasi TRE QUADRI Prima versione della Conversione di Paolo Crocefissione di Pietro (sx) Conversione di Paolo (dx) In origine erano state commissionate due tavole Baglione: nella Madonna del popolo... prima dovevano essere stati lavorati in altra maniera e siccome non piacquero se li prese il cardinal Sannesio, e li rifece ad olio poiché non sapeva farli in altra maniera, così dice il Baglione cattivamente. 15 Spezzaferro fa lo scandaglio dei documenti della Cappella Cerasi, nel 1644 i quadri sono veramente comprati dal Sannesio come dice il Baglione, perchè l'inventario del Francesco Sannesio attestano che lui li compra. Nel Luglio del 1600 Tiberio Cerasi, assume il patronato della cappella in Santa Maria del Popolo, compra la cappella. Contratto della Contarelli risale nel Luglio del 1599, il 24 Settembre del 1600 ha una nuova commissione quindi le opere della Contarelli doveva averli terminati. -Viene chiamato egregius in urbe pictor: (superlativo assoluto in latino), il pittore più bravo della città, aveva già una fama strepitosa. Il contratto prevede che Caravaggio dovesse consegnare una Crocefissione di San Pietro e di San Paolo su tavola di palmi 10x08 entro 8 mesi per un compenso complessivo di 400 e si impegna anche di fare un bozzetto di sua invenzione. Il 2 Maggio Cerasi, stava male si rende conto che la sua morte è vicina, e fa un codicillo al testamento in cui impone agli eredi di finire la Cappella in costruzione secondo il disegno dell'architetto Carlo Maderno che allegava. 3 Maggio 1601 Cerasi muore e lascia come suo erede l'Ospedale della Consolazione dove era stato ricoverato Caravaggio. A Novembre dello stesso anno l'Ospedale salda i laterali che risultano su tela e non su tavola e vengono pagati 300 scudi, 100 scudi in meno, invece di 400. 16 Spezzaferro ipotizza che il Cerasi aveva commissionato un disegno e poi l'Ospedale non avendo a sufficienza denaro rimpicciolisce le dimensioni. E Caravaggio che aveva già eseguito i laterali capisce che non ci stanno, così il Sannesio li acquista e li fa più piccoli secondo le dimensioni della nuova Cappella che era più piccola, perciò vengono pagati di meno e viene stipulato un nuovo contratto. Li fa di sua spontanea volontà, guadagnandoci Annibale Carracci, fa l'Assunta per la pala d'altare, seguendo le dimensioni della cappella più grande, perché aveva le vecchie istruzioni. Differenze. Bellori parla di una conversione concepita come un fatto interiore, Longhi diceva dell'altra che era concepita come un incidente di viaggio, caos, che ricorda molto il martirio della Cappella Contarelli. Madonna dei Pellegrini, la Deposizione mai rifiutate. Madonna dei Palafrenieri non è stata rifiutata. L'unica opera rifiutata è stata La morte della Vergine, che verrà sostituita dal Saraceni, ma anche quest'ultima dovrà farla due volte, il problema quindi non era Caravaggio ma i Carmelitani. Sfatiamo il mito che a Caravaggio rifiutavano le opere, probabilmente da qualcuno del suo tempo non era apprezzato ma abbiamo visto come invece da altri era considerato il più bravo pittore di Roma. 4 Aprile Quarta Lezione Roma 1605 Rifiuto delle opere del Caravaggio Primo Problema riguardava il San Matteo, abbiamo visto la prima versione e la seconda. Cappella Contarelli vicenda. Cappella Cerasi vicenda. Le altre pale pubbliche: -1603 la Deposizione, Pinacoteca Vaticana. Si doveva trovare nell'Altare della Navicella, Chiesa Nova. -Deposizione di Piero Vittrice che venne sommamente lodata. Problema della Madonna dei Pellegrini, soggetto Madonna di Loreto, mai rifiutata, Baglione ci dice che “dai popolani venne fatto grande schiamazzo” quando la Madonna era stata posta sull'altare. Ermes Cavalletti fu il committente che poi morì, fu una commissione molto importante, non presentò mai i problemi che evidenziamo adesso. Il termine “schiamazzo” nell'accezione seicentesca non vuol dire qualcosa di negativo, è ambivalente, non c'è nessuna ragione per cui questa opera dovesse essere rifiutata. La Madonna di Loreto, solitamente è rappresentata tradizionalmente (rappresentazione che si perpetua fino alla fine del '500 e Caravaggio eredita la tradizione) con gli angeli in volo che trasportano la casa della Vergine, con lei 17 Caravaggio reinventa la rappresentazione della Sant'Anna Metterza di Masaccio, scena quella che rappresentava il modo più antico per rappresentare la Santa Concezione. Il dogma viene proclamato solamente nel 1856, prima non esisteva come pronunciamento della chiesa ufficiale, ma nella tradizione cristiana già si credeva che Maria era stata concepita senza peccato originale, non c'entra nulla con la sua verginità. Quindi, questa vicenda teologica, la Chiesa la rappresenta in diversi modi o con il bacio di Anna e di Gioacchino nel Medioevo (Cappella degli Scrovegni) o con Sant'Anna Metterza che era la Trinità al femminile. Nascita quindi quella della Vergine predestinata, concepita in modo misterioso. Chiesa di Sant'Ambrogio dai Bonamici nel 1425 c.a. Venne commissionata a Masaccio, rappresenta i volumi che occupano uno spazio reale e non simbolico. Venne commissionata a Masolino dalla famiglia di Tessitori Bonamici da cui la stoffa particolare riprodotta sul drappo. 20 Giotto, Cappella degli Scrovegni. Il bacio dal quale viene concepita Maria direttamente da Dio. Leonardo da Vinci, realizzata per Confraternita dell'Immacolata Concezione, La Vergine delle Rocce. 21 Pordenone, Cappella di Cortemaggiore dedicata all'Immacolata concezione, 1525-1539. Il rifiuto della Pala dei Palafrenieri va inquadrato nella vicenda della Basilica di San Pietro perchè la pala era destinata ad ornare un'altare della Basilica. E' di un libro del '97, che illustra la vicenda degli altari, la raffigurazione della ricostruzione della cappella, autrice una studiosa che lavora a N.Y. Luis Rise? -Basilica Costantiniana, Giulio II dà il via molto coraggiosamnete a un intervento ricostruttivo del monumento più importante della cristianità, vuole abbattere il vecchio San Pietro, chiama Bramante, Raffaello poi quando muore interviene Michelangelo, la nuova pianta cresce come un corpo totalmente estraneo all'antico San Pietro, perchè noostante si avessero le idee chiare 22 CINQUE COMMISSIONI PUBBLICHE 1) CAPPELLA CONTARELLI 1599, ISSANO I QUADRI NEL LUGLIO 1601 (ALTARE PROVVISORIO SARA' SMANTELLATO, COMPRA IL QUADRO VINCENZO GIUSTINIANI) 2)CAPPELLA CERASI, RIFATTA LA SECONDA VERSIONE PERCHE' LA PRIMA VERSIONE LA COMPRANO I SANNESIO 3) DEPOSIZIONE (HA UNA FORTUNA STRAORDINARIA, NON è STATA RIFIUTATA) 4) MADONNA DEI PELLEGRINI, NON è STATA RIFIUTATA, NON ESISTE ALTRA VERSIONE MA SOLO LA CHIOSA DI BAGLIONE, “SCHIAMAZZO”, E' SEMPRE STATA SULL'ALTARE. 5) MORTE DELLA VERGINE, RIFIUTATA. 6)MADONNA DEI PALAFRENIERI, RIFIUTATA. -controllare date- 25 La Morte della Vergine è un dipinto straordinario, che andrebbe pulito, il Louvre è poco audace nei restauri, non restaura mai. Dal 1650 da quando è entrata nelle collezioni del Louvre non è mai stata pulita. La commissione del quadro risale al 14 Giugno del 1601, viene stipulato un contratto tra il giurista Laerte Cherubini da Norcia, amico del Cardinal del Monte e Giustiniani, e Caravaggio per una Morte della Vergine da realizzare in un anno e doveva andare sull'altare di una chiesa- appena stata fondata- di Santa Maria della Scala officiata dall'Ordine dei Carmelitani Scalzi 2 , non è la prima fondazione carmelitana italiana. Quest'Ordine nasce in Spagna perché Santa Teresa d'Avila ha rifondato con una riforma insieme a San Giovanni della Croce il Carmelo. 2 L'ordine deriva dalla riforma scalza introdotta al Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo nel 1562 nel monastero femminile di San Giuseppe d'Ávila da santa Teresa di Gesù ed estesa al ramo maschile dell'ordine carmelitano a opera di san Giovanni della Croce con la fondazione del conventino di Duruelo nel 1568. Gli scalzi furono riconosciuti prima come provincia (1580) e poi come congregazione (1587) all'interno dell'ordine carmelitano, dal quale si separarono definitivamente nel 1593. Dopo la separazione dal ramo "calzato" i religiosi si divisero in due congregazioni autonome (di San Giuseppe in Spagna e di Sant'Elia in Italia), riunite da papa Pio IX nel 1875. 26 I Carmelitani arrivarono dalla Spagna in Italia grazie al protettore Niccolò Doria, membro dell'ordine dei Carmelitani, che a Genova volevano fondare la chiesa di Sant'Anna (piena di opere caravaggesche) fortemente voluta dai Doria, e poi vengono chiamati a Roma. Il convento fu fondato nel 1584 per iniziativa di padre Nicolò Doria, ritornato dalla Spagna con un gruppo di religiosi Carmelitani Scalzi aderenti alla riforma di Santa Teresa d'Avila e San Giovanni della Croce per fondare un convento nell'allora Repubblica di Genova. Fu la prima fondazione al di fuori della Spagna, circa vent’anni dopo la riforma.3 Quando arrivano a Roma sono protetti dal Cardinal Montalto e gli viene data la piccola sede della chiesa di Santa Maria della Scala (1593-1610) che però deve essere rinnovata e nel progetto c'è anche la commissione degli altari del 14 Giugno 1601 di Laerte Cherubini che promette ai Carmelitani una pala, il protettore poi diventa Tolemeo Gaio di Como. La seconda cappella a sinistra è dedicata all'Assunta. Il progetto è di Girolamo Rainaldi. Sulla volta è affrescata una colomba, mentre sulle pareti laterali sono ospitate le tele dello Sposalizio e della Natività di Maria di Giovanni Conca. Tra le opere d'arte ospitate va ricordata la Morte della Vergine di Carlo Saraceni. Questa ultima opera sostituisce l'opera del Caravaggi. Dal testamento di Cherubini che risale al 4 Agosto 1602 si ricava che la tomba della cappella era stata appena costruita ma ancora non c'era tutta la cappella. Del quadro non si sa più nulla fino al 12 Ottobre 1606. Mancini di questa commissione sa tutto perché lui desiderava comprare il quadro quando è stata tolto dall'altare, quindi per la prima volta si parla di un quadro rifiutato di Caravaggio. Mancini: “Fatta levare dalla chiesa dai detti padri, Carmelitani, perché in persona della Madonna avea ritratto una cortigiana... da lui amata...” mette l'accento sul fatto che non era morto ma che aveva ritratto una sua cortegiana (lui lo conosceva bene) Baglione: “avea fatto con poco decoro la Madonna gonfia e con gambe scoperte e fu levata via” Bellori: rimosso per aver troppo imitato una donna morta gonfia ( per Spezzaferro vuol dire incinta. Forse era un cadavere ripescato nel Tevere, gonfia di acqua). 3 Le origini dell’ Ordine Carmelitano sono incerte. Nacque in Palestina nel XII secolo presso il massiccio del monte Carmelo ad opera di un gruppo di eremiti, forse crociati, che si diedero alla vita mendicante. Dal XIII secolo si sviluppò in Europa occidentale, Italia, Francia, Spagna e Inghilterra. In Occidente gli eremiti entrarono negli ordini mendicanti. Nel XVI secolo in Spagna, S.Teresa di Gesù e S. Giovanni della Croce riformarono il ramo femminile e maschile dell’ordine e diedero vita ad un nuovo ordine religioso: l’Ordine dei Carmelitani scalzi, tutt’ora diffuso in tutto il mondo. Dalla Spagna, dopo la fine del cinquecento, cominciò a diffondersi in Europa. Il primo convento carmelitano fuori dai confini spagnoli fu il nostro Convento di Sant’Anna, fondato a Genova nel 1584. 27 LIBRO: La pittura religiosa del '600, 1932, viene racconta la fondamentale attività propulsiva degli ordini che portano un vero e proprio rinnovamento non solo religioso ma anche un totale cambiamento a livello iconografico; avvenuto tra '500 e '600 a seguito delle riforme dei grandi ordini: Teatini, Gesuiti, Oratoriani (Filippo Neri), Carmelitani Scalzi (Santa Teresa D'Avila). Sant'Andrea della Valle, sede dell'ordine Teatino, per esempio, è stata costruita proprio per volontà del cardinal Montalto, Caravaggio era a Roma, prima cupola Barocca di Lanfranco. Carlo Saraceni, Transito della Vergine (tela portata a termine tra il 1609 e il 1610 e tuttora in loco), Chiesa trasteverina di Santa Maria della Scala. 30 La Madonna dei palafrenieri, anche detta Madonna della Serpe, è un dipinto a olio su tela (292x211 cm) realizzato nel 1606 dal pittore italiano Caravaggio. È conservato nella Galleria Borghese di Roma. Il quadro mostra Maria ed il Bambino mentre schiacciano il serpente del peccato originale, alla presenza di Sant'Anna. Storia L'opera fu commissionata all'artista il 31 ottobre 1605 dalla Arciconfraternita dei Parafrenieri Pontifici (o Palafrenieri, ovvero coloro che sono deputati ad accompagnare un'autorità in corteo) del cardinal Ascanio Colonna, destinata all'altare della loro cappella nella nuova Basilica di San Pietro in Vaticano, dove avrebbe dovuto sostituire un vecchio dipinto raffigurante la tradizionale Sant'Anna Metterza (oggi conservato nella Sagrestia Vecchia), non più compatibile con le dimensioni del rinnovato allestimento dell'altare. Nella sua sede originaria rimase però solo per pochi giorni, poiché l'opera fu poi trasferita nella chiesa di Sant'Anna dei Palafrenieri.[1] Al momento della realizzazione dell'opera, per la quale ricevette un compenso di 75 scudi, Caravaggio alloggiava a casa dell'amico giureconsulto Andrea Ruffetti. Considerando l'entità del compenso, relativamente basso se confrontato con quello delle altre opere, si può anche ipotizzare che il pittore tenesse particolarmente a che una sua opera trovasse collocazione in un posto prestigioso come il nuovo San Pietro, e che quindi avesse accettato un compenso più basso. Il 1 dicembre 1605 il decano della Confraternita paga al pittore il primo acconto della commissione; il 13 marzo 1606 viene fatto un pagamento per il falegname incaricato di realizzare la squadratura in legno per la collocazione del quadro nella cappella che corrispondeva pressapoco al vano ove è oggi il mosaico ricavato dal S. Michele di Guido Reni, nella zona absidale dalla parte destra del Transetto di Michelangelo[3]. Il dipinto fu consegnato l'8 aprile 1606, quando Caravaggio di suo pugno firma la ricevuta a circa cinque mesi dalla commissione[4], ma il quadro rimase sull'altare pochi giorni, addirittura forse meno di un mese. Il 16 aprile viene fatto un pagamento per i facchini che devono operare il trasferimento del dipinto da San Pietro alla chiesa di S. Anna dei Palafrenieri; il 19 maggio la Compagnia salda la commissione con il pittore versando l'ultima tranche, mentre il 16 giugno i confratelli autorizzano, dal momento che non intendono tenersi il quadro, il cardinale Scipione Borghese all'acquisto ad un prezzo favorevole del dipinto; il 20 luglio 1606, il cardinale paga la somma di 100 scudi al decano dei Palafrenieri[5]. Il rifiuto dell'opera Sul rifiuto dell'opera si sono fatte varie ipotesi: secondo Hess, seguito dal Friedlander, nel nuovo San Pietro non fu concessa ai Palafrenieri la cappella desiderata, i quali furono costretti ad accontentarsi di una cappella di ridotte dimensioni, dove il quadro del Caravaggio non riuscì a collocarsi. Fu quindi avanzata l'ipotesi di un trasferimento temporaneo del dipinto nella stessa 31 Chiesa di Sant'Anna dei Palafrenieri.[6]. Lo Spezzaferro ritiene che l'ipotetico smantellamento dell'altare dove fu collocato il dipinto non fosse dovuto all'altare, ma al quadro che in quel luogo poteva essere esposto solo per pochi giorni e collega il rifiuto ad un altro coevo, quello della Morte della Madonna dipinto per la chiesa di Santa Maria della Scala[7]. Va ancora detto che l'immagine poteva causare altri contrasti a seguito della disputa fra Cattolici e Protestanti su di una diversa interpretazione dell'Antico Testamento relativamente al momento in cui Maria schiaccia col piede la testa del serpente. Pio V, però, nel 1569 aveva emesso una bolla risolutiva precisando che il serpente è schiacciato dal Figlio con l'aiuto della Vergine madre. In questo, conclude Maurizio Calvesi, Caravaggio non aveva fatto altro che riprendere ciò che aveva già proposto Ambrogio Figino in una sua opera, la Madonna della serpe dell'Oratorio di S. Antonio Abate a Milano: e dunque, secondo lo studioso, Caravaggio si era inserito in quella che era stata l'interpretazione corrente dell'arte della Controriforma e del pensiero del Borromeo.[11] Il richiamo al motivo dell'Immacolata Concezione per questa interpretazione iconografica e la dipendenza del Caravaggio dal Figino per quest’opera era già stato proposto dal Longhi:[12] rifiutata il Caravaggio non aveva fatto che seguire un importante esempio assimilato durante la sua formazione lombarda ed era incappato in un rifiuto simile, se, come sembra, anche l'opera di Figino, inizialmente destinata alla chiesa di S. Fedele a Milano, venne dai Gesuiti a causa dell'ambigua iconografia[13]. Il Ficino, a sua volta aveva sviluppato un tema già figurato dal Lomazzo, nel 1571, l'anno dopo la Bolla del papa, aveva realizzato una Madonna della serpe fra San Paolo e San Michele già dipinta per S. Romano a Lodi, in cui Gesù aiuta la Vergine a schiacciare con il piede il serpente[21]. L'opera era stata commissionata a Ficino dai Gesuiti forse per S. Fedele a Milano e sviluppava un'iconografia che trovava consensi in Italia e si pensi a due pale simili come quella del Barocci, proveniente da S. Francesco di Urbino, ora nella Galleria Nazionale delle Marche e di Ludovico Carracci, già in una chiesa dei Servi ad Urbino ed ora a Bologna; quindi non vi erano problemi nella raffigurazione iconografica[22]. I Gesuiti, che sostenevano il ruolo salvifico del Figlio, non gradendo la prima versione della pala ne commissionarono una seconda: ma anche questa, dopo due anni dalla collocazione, venne rimossa evidentemente per l'intervento di qualche autorità esterna all'ordine, forse lo stesso cardinale Federico Borromeo.[23] È evidente che, quindi, l'iconografia in ambito strettamente riformato non accontentava tutti e destava sospetti. Probabilmente la soluzione di Caravaggio, che riprendeva l'iconografia del Ficino, spiazzò i Palafrenieri che avevano commissionato non propriamente una Immacolata Concezione ma una versione più elaborata della tradizionale S. Anna Metterza. Il pittore invece preferì seguire l'iconografia del Ficino (nella cui casa probabilmente Caravaggio aveva visto la prima versione del suo dipinto e in seguito la seconda versione in S. Fedele) che aveva portato all'esclusione del dipinto e quindi anche la sua concezione del ruolo salvifico di Cristo nella redenzione dal peccato originale, evidenziando il carattere più umano della Vergine.[24] Va pure ricordato che l'umanissima Morte della Vergine di Santa Maria della Scala venne anch'essa, poco dopo, rifiutata. 32 18 Aprile Quinta lezione - Morte della Vergine - Madonna dei Palafrenieri Sono state tra le ultime opere ad essere investite dal problema del rifiuto. Quando la Madonna della Vergine venne rifiutata, l’università dei pittori pretese dal nuovo acquirente, Vincenzo Gonzaga, nella persona del suo ambasciatore a Roma, Giovanni Magni, che il dipinto fosse esposto per una settimana nel palazzo di Giovanni Magni in modo tale che i pittori potessero vederlo perché non era stato sufficientemente esposto nella cappella in cui si trovava. Magni chiese di esporre l’opera al Duca di Mantova, quest’ultimo proibì che venisse copiata e raccomandò di sorvegliarla poiché l’invenzione non sarebbe più stata unica. Il caravaggismo nasce dal desiderio e dalla volontà di copiare Caravaggio. A Roma il c. si manifesta in diversi modi. La prima avvisaglia si manifesta nel settembre 1603 nel processo diretto a Giovanni Baglione (pittore caravaggesco). Caravaggio accusa, cita in giudizio Giovanni Baglione (pittore caravaggesco) per diffamazione, plagio. Caravaggio con i suoi amici scaglia un livello di versi ingiuriosi, con insulti, contro il Baglione con il quale entra in chiara inimicizia a causa del fatto che lui avrebbe preso illecitamente le sue opere. Questo livello, sopravvive, ed è conservato all'Archivio di Stato di Roma. Il processo, è un documento interessante perché prendono parte come testimoni molti artisti tra questi Orazio Gentileschi, gli amici di C., Ottavio Leoni. Si formano così due fazioni ma dalla parte del Baglioni è schierato solo Tommaso Salini, definito in modo dispregiativo “l'angelo di Baglione”. Egli avrebbe imitato del Caravaggio “L'amore vittorioso”. Il quale lo aveva dipinto due volte per due occasioni. Quindi abbiamo due versioni quella di Palazzo Barberini e quella di Berlino. Nella deposizione Orazio Gentileschi dice che B. aveva ritratto Amore grande e armato, mentre doveva essere nudo e ragazzino, putto. Questa tenzone, non è altro che la prima avvisagli di qualcosa di nuovo che si stava creando, tanto è vero che il Baglione ha sentito l'esigenza di copiare, quindi la tenzone è scaturita dalla novità pittorica stilistica che a Roma aveva portato Caravaggio. Nella versione Barberini, aveva il volto di un diavolo con le sembianze di Caravaggio, spregio. 35 Gentileschi dice che tutto partì da un altro quadro il San Michele (si trova a Farnese, Lazio) che è quello di Gentileschi che aveva esposto a Giovanni Fiorentini in una pubblica mostra, Baglione aveva esposto quello grande e armato di Barberini per fare una tenzone, che aveva eseguito in risposta al quadro che invece Caravaggio aveva dipinto da Giustiniani a San Giovanni Decollato e ora si trova a Galleria Farnese. Quindi il dipinto di Gentileschi ha qualcosa di simile con quello di Baglione e suscita la sua ira, il quale espone quell'altro nello stesso momento, e Gentileschi dice che quell'altro lo aveva fatto per copiare a tenzone Caravaggio. Gentileschi dice che comunque ha sbagliato perché è Amore è goffo e perché l'aveva realizzato grande e armato tanto che ha fatto una seconda versione nudo e putto. Questo quadro lo ha donato al fratello di Vincenzo Giustiniani, Benedetto, e finisce a Berlino, infatti i quadri della collezione di Giustiniani in buona parte sono finiti a Berlino, in modo che i Giustiniani potessero avere entrambi. A Vincenzo spetta quello che aveva commissionato al Caravaggio e a Benedetto quello di Baglione che il pittore gli aveva donato. Nel 1603, il biografo Vammander, pittore fiammingo, alla fine del 500 arriva a Roma e tornato in patria racconta nel suo quaderno di appunti (libretto) degli artisti e dei pittori che aveva visto a Roma, tra questi Cavalier D'Arpino e Caravaggio. Il libretto, viene pubblicato nel 1603, le notizie quindi che ha sono precedenti, è un racconto straordinario di quello che Caravaggio aveva fatto i primi anni a Roma: “Là c'è a Roma un certo Caravaggio che fa cose meravigliose” (traduzione di Francolini), racconta inoltre anche la vita sciamannata, risoluta che conduce però “la sua è una maniera meravigliosamente adatta ad essere seguita dai giovani come oggi si fa facendo”. La sua maniera quindi nel 1603 era così nuova che i giovani si sentivano portati a seguirlo poiché evidentemente si sentivano rappresentati . Avvisaglia del primo caravaggismo. Spezzaferro nel 1975, scrive un saggio: “Una testimonianza per gli inizi del Caravaggismo”, trova un documento molto importante che risale al 2 settembre del 1606, viene interrogato nella sua casa di Via Condotti, Jovannes Baglionus romanus, venti giorni fa, essendo il principe dell'Accademia di San Luca, ha convocato l'assemblea dei pittori della congregazione per eleggere il nuovo principe, nella quella venne un certo Carlo detto il Bodello Romano, figlio di un cappellaio, giovane, non poteva essere ammesso all'elezione perché non aveva l'età. L'Accademia di San Luca, era una compagnia di pittori, scultori, architetti, era un'associazione di tipo religioso, gli artisti si concepivano inizialmente non come degli accademici ma come dei confratelli che condividevano le tre arti, avevano delle regole interne. La sede si trova vicino la chiesa dei SS Luca e Martina di Andrea di Cortona, vicino Fontana di Trevi. Ci sono i verbali delle riunioni conservate, all'Accademia sono state fatte anche delle speculazione teoriche ma non hanno paragone dell'Accademia Vasariana fiorentina in cui nasce l'idea speculativa, idea del disegno recuperata da Zuccari. A Roma la compagnia viene fondata da Girolamo Muziano e rivitalizzata da Zuccari, il primo principe protettore fu Ferdinando Borromeo, che quando viene eletto arcivescovo di Milano alla fine del '500, l'incarico passa al cardinale 36 Francesco Maria del Monte che rimane in carica come protettore più di 20 anni, fino al 1623. Dalle testimonianze, la principale è quella del libro di Alberti, necessitavano di statuti, per esempio c'era una tassa da pagare quindi chi non pagava la tassa non era accademico, i suoi quadri era meno accreditato e i quadri valevano di meno. All'interno dell'Accademia c'erano dei livelli diversi di partecipazione, se non si aveva vent'anni e se non si era confratelli non si poteva eleggere il principe. Carlo Bodello apparteneva alla congregazione e non alla compagnia ( c'erano due diversi livelli di partecipazione) quindi non poteva eleggere il principe, in più non aveva l'età, quindi gli fu concesso di rimanere in silenzio solo come uditore . Baglione continua il racconto dicendo che quando si stava recando alla messa della scalinata della chiesa di Trinità dei Monti, aveva cappa e spada, viene assaltato con spada sfoderata, gli venne sferzata una stoccata (...) così si mettono a duellare e corsero a spartirgli e disse che furono tre, e viene interrogato sul motivo dell'assalto, forse per il problema dell'Accademia di San Luca. I veri mandanti sono Carlo Saraceni e Orazio Borgianni che avevano promesso a Carlo Bodello che lo avrebbero fatto entrare nella congregazione, un gradino superiore della compagnia, per eleggere un principe a modo loro. Quindi all'interno dell'Accademia c'erano due fazioni, una delle quali era quella di Borgianni e Saraciani e l'altra era di Baglione, e lottavano per avere un principe che rispondesse ai loro requisiti. Quindi per eleggere questo principe avevano bisogno di voti che apparteneva alla compagnia e non alla congregazione. Al Baglione gli viene chiesto perché succedeva questo e lui risponde: perché questi sono nemici miei e amici aderenti al Caravaggio. Lo volevano uccidere. Nel Settembre del 1606 era nei feudi laziali e stava per arrivare a Napoli, il primo documento che lo attesta a Napoli e di Ottobre, e per Baglioni ancora poteva comandare delle fazioni. Quindi c'erano delle fazioni, è importante. Procedono le tre testimonianze (...) Si potevano comprare i testimoni. Caravaggio quando se ne andò da Roma, lui aveva dei segnaci, non aveva una bottega, a parte per Cecco del Caravaggio, che in vari documenti è attestato come servitore, a volte compare anche Bartolomeo Manfredi, ma di fatto non ha avuto mai degli allievi diretti, ma aveva intorno a sé un gruppo di simpatie e suoi seguaci che amavano la sua maniera e il suo modo di dipingere. Problema delle copie. Di C. esistono diverse versione di medesimi soggetti. La critica attualmente si divide in due grandi capi. Il primo gruppo che è contrario a Longhi ritiene, e capeggiato da Gregori e Maon, a partire dell'esposizione relativa a una versione dei Bari di C., esposta prima a Trapani e a Forlì, in una mostra perché questa versione apparteneva a Davis Maon e quella di Cleveland. Il catalogo della mostra di Trapani e Forlì 2005/6 dice che le interpretazioni delle opere di Caravaggio bisognava rigettarle, perché per lui era impossibile avesse replicato se stesso, e che le versione replicate di Caravaggio fossero tutte autografe perché per Longhi un pittore come C. : “se v'è un autore a non 37 27 Aprile 2018 Sesta Lezione Lomazzo, un grandissimo teorico, trattatista, ha redatto un trattato sulla pittura, in cui immagina di far parlare una serie di artisti; quindi insieme al Vasari è una fonte straordinaria, primaria. In Inghilterra studiavano solo lui, insieme al Vasari, qui si conosce poco. Scrive ”L'idea del tempio della pittura” dove nove governatori sono posti a guardia della pittura, e scrive delle rime, dette rabisch in un linguaggio inventato da una cerchia di artisti e letterati molto avanti intellettualmente che fingevano un linguaggio basso, trattando temi bassi, ma ovviamente l'operazione ha un livello culturale fine e raffinatissimo intellettualismo, a livello altissimo. Mostra Rabish, Lugano, grande operazione poetica dei linguisti che hanno collaborato con gli storici dell'arte. Linguaggio particolare come quello di Testori o di Gadda ne “Il pasticciaccio di via merulana” Nasce a Milano dalla scuola leonardesca, il grottesco inizia con Leonardo, Lomazzo quindi riprende questo aspetto e lo carica di significati, manifesta, esprime la sua poetica al massimo è “L'autoritratto in veste di Bacco” (soggetto programmatico, diffuso in Lombardia) che si trova nella Pinacoteca di Brera. 40 Secondo Porzio, Caravaggio, che veniva da questa cultura, Lomazzo sicuramente lo conosceva perché era Milano negli stessi anni benché nel 1572 diventa cieco e da lì in avanti si dedica ai trattati. Quando arriva a Roma, influenzato, assorbito dall'arte di Lomazzo, Caravaggio utilizza questi temi che non erano “tragici”. La lirica e il teatro si suddivide in tragico, comico, da Dante abbiamo imparato dalla sua Divina Commedia, che comico è ciò che ha un lieto fine, non vuol dire burlesco, l'aggettivo antecedente a commedia, divina, l'abbiamo dato noi, Dante la chiama solo Commedia. Caravaggio utilizza quindi le corde del comico prendendo tematiche, fonti figurative lombarde ma il contesto romano era diverso non c'era l'Accademia di Val di Blenio, quindi non possiamo dire che Caravaggio a Roma usa questo tema poiché non c'era una accademia di questo tipo in cui lui si poteva inserire. Le fonti che lui ha citato ad esempio il Bellori, sono molto lontane, non sono contemporanee, le Vite pubblicate nel 1672, ma l'idea da cui nascono (1648 ca) è una costola del problema di Baglione. Longhi scrive la canzone alla pittura introduttiva alla pubblicazione della prima edizione delle vite di Baglione che poi ha sconfessato (?) Ottavio Tronzarelli, correggeva i manoscritti degli altri, era un edito, oltre a scrivere un suo repertorio, era amico di Alessandro Vittrice; egli ha nobilitato il manoscritto delle vite di Baglione, ma bisogna capire se è intervenuto sia a livello teorico o solo linguistico, era intellettualmente raffinato, era cresciuto nella cerchia dell'antiquario Angeloni quindi conosce anche Bellori. All'epoca delle Vite, Caravaggio non era su alcun documento, quando Ballori scrive la biografia su Caravaggio ha delle fonti, il manoscritto di Mancini non lo conosceva, ma aveva il manoscritto di Cellio (mai pubblicato), quando invece è stato pubblicato, è stato dimostrato che le postille alla vita di Baglione del Bellori (nell'edizione a stampa della corsiniana) sono dal Bellori copiate dal Cellio, Bellori lo possedeva e quindi chiosa a margine il testo del Baglione. Operazione a posteriori che rientra in tutta l'architettura delle vite del Bellori che è volta a consacrare Annibale Carracci come il pittore più grande venuto sulla terra. Quindi tutta la vicenda dei rifiuti su Caravaggio è viziata da Baglione e poi dal Bellori che rincara la dose. Porzio su Caravaggio a Roma non ha appoggi e cita Bellori, che non è una fonte limpida, neutra. Porzio riguardo “La vocazione di San Matteo”, nella cappella Contarelli, dice che Caravaggio tesse una scena sacra sulla base di un'iconografia comica. Quindi bisogna rifarsi agli scritti del Baglione, nonostante sia un detrattore del Caravaggio, ma la sua testimonianza è più vicina. Egli riporta la frase di Federico Zuccari: “che rumore è questo, io non ci vedo altro che il pensiero di Giorgione nella tavola del Santo”. La parola “rumore” ha un' accezione al tempo non negativo, vuol dire che se n'è parlato. 41 Zuccari dice, per abbassare i toni, che quelle cose che aveva fatto le aveva fatte già Giorgione a Venezia, lui quindi contrappone lo stile di Caravaggio veneto a quello suo, quello cioè toscano che deriva dal disegno. Z. legge in questa chiave la poetica di Caravaggio, come la interpreta d'altronde anche Cellio. I tardomanieristi, del tardo '500, invece come hanno interpretato Caravaggio quando hanno visto le sue novità? (la scuola lombarda non si conosceva a Roma) Hanno visto in lui una forte compente veneta, quindi lo hanno giudicato veneto per la forte dominante luministica (Tintoretto, ultimo Tiziano fondi scuri, Giorgione, temi feriali, scene di genere, tratta dalla vita quoidiana, in un'atmosfera scura, veneto ma più naturalista). Quindi Zuccari, legge sostanzialmente l'opera in chiave veneta. Lui era il principe, il fondatore dell'Accademia di San Luca, viene chiamato a giudicare, era una personalità rilevante, il suo parere era fondamentale. E' chiaro quindi che c'era uno scalpore, secondo il racconto di Baglione, che mette in luce però la parte negativa, infatti non lo loda. A noi interessa sapere cosa avverte un artista dell'epoca, come Baglione, Zuccari, Cellio quando si impattano con l'opera di Caravaggio. Capiscono, sicuramente, che la loro dialettica è di tipo diverso, un naturalismo che non riconoscono perché per loro l'inventio parte dal disegno, ma non hanno detto che è comico. Porzio perciò non può sostenere la sua ipotesi. ( Il prof. Settis ha sostenuto che il San Matteo, nella Contarelli, conta i soldi, In realtà non è così, perché sia Cavalier D'Arpino che Caravaggio continuano a seguire le norme stipulate e di nuovo accluse nel contratto che aveva dettato il committente, Contarelli nel '63, nel '99 quando Caravaggio firma il contratto non sono nuovamente scritte solo perché sono le stesse, e lui rispetta tutte le norme, ovvero che la scena doveva svolgersi in una taverna con dei personaggi intorno a un tavolo e Matteo doveva puntare il dito e chiedere “sono io?”. Matteo è lo stesso, anche nella pala dell'altare, da un'opera all'altra non cambia a livello fisiognomico o di età. Inoltre, tutti i Caravaggeschi lo hanno fatto così, che si punta il dito interrogandosi, il personaggio che conta i soldi infatti poi sparisce. Quindi è arbitrario dire che il quadro è stato corretto nelle fattezze da un quadro all'altro, in uno è più giovane e nell'altro è più anziano (sono due persone diverse), oppure che San Matteo è il ragazzino che conta i soldi). Il metodo che si utilizza deve essere sempre giusto; per esempio Longhi, un genio, ha sbagliato delle attribuzioni, ma la sua lettura stilistica è sempre stata corretta, anche se non arriva all'epoca subito alla verità perché non aveva tutti i dati e gli elementi, il suo metodo è sempre stato giusto. Longhi per esempio aveva individuato un gruppo di opere che erano omogenee, nel 1913 le aveva attribuito a Caravaggio invece erano dello Spadarino. Solo nel 1850 Caravaggio inizia ad essere studiato, certo si conosceva un pittore che dipingeva scene naturalistiche. Primo articolo su Caravaggio, Longhi. 42 quale c'era un'impresa molto attiva poiché doveva essere terminato per il giorno dell'Assunta. (Valdossola, Valsesia, Monte Rosa) FONTI BIBLIOGRAFICHE Monografia Mia Cinotti, Michelangelo Merisi da Caravaggio, Bergamo 1983 Fino al 2000 è stato utilizzato Poi sono state fatte delle attribuzioni, mostra della giovinezza e delle nuove acquisizioni quella della mostra del 2011 “Caravaggio una vita dal vero” che aggiorna il panorama documentario, Francesca Cappelletti. Stefania Macioce: Michelangelo Merisi da Caravaggio, i documenti. Regesto su tutti i documenti, ultima edizione 2010. Caravage, amì e anemì, mostra Parigi. Terzaghi, Cappelletti. Caravaggio un ritratto somigliante, 2010 Testo di Spezzaferro. Racconto dell'esistenza delle due fazioni, che si erano create, assalto a Baglione. Carlo Bodello e i mandanti Orazio Borgianni e Carlo Saraceni. -Borgianni, artista il cui profilo è stato individuato da Longhi, dalle fonti sappiamo che andò in Spagna. Longhi pensava che fosse stato il tramite del Caravaggismo in Spagna dove si era intrattenuto per qualche anno all'inizio del '600. Una serie di studi hanno individuato delle date, e grazie a questa serie di documenti, che testimoniano che B. era stato sempre in Spagna e che era partito prima di vedere Caravaggio, ora sappiamo che B. non ha portato il Caravaggismo in Spagna. Sembrava all'inizio influenzato da Tintoretto, scuola veneta, 1601 Crocefisso, in quell'epoca è ancora in Spagna, documento del 1604 che attesta che invia da Saragozza i soldi ai genitori. Mentre nella Sacra Famiglia di palazzo Barberini, c'è un partito chiaroscurale che dimostra che nel 1612 aveva visto Caravaggio, scena intima, tenebrista, pittura sfatta e sfaldata (ricorda anche Tiziano, Tintoretto), cesta... Carlo Saraceni, artista di origine veneto, va a lavorare a Roma. Affinità straordinarie con quella di Borgianni, i due dipinti sono contemporanei, 1612 ca. Borgianni un fondo più ampio. figure più piccole. Il documento di Spezzaferro è importante perché ci fa capire che esistono delle fazioni. Quando Caravaggio va via tutti cercano di copiarlo. 45 Arrivo di Ribera a Roma 7 Novembre 1616 Processetto prematrimoniale, si tenne all'interno del Palazzo Episcopale di Napoli. Abita nell'eccellentissima casa di Usuna, il Viceré di Napoli, diceva di essere pittore spagnolo, ha giurato davanti i presenti e a domande risponde: io non ho mai avuto moglie né ha fatto voto di castità, non milita in nessun ordine. Mostra “I bassi fondi del Barocco”, a Villa Medici, è stato importante dal punto di vista tematico, è stato un tentativo di affrontare il tema del comico della Roma dei bassi fondi, all'interno della pittura del '600, quindi c'era la prima sezione dedicata a Bacco, dio del furor, del vino (...) Avverà che, in media che, sono circa 10 anni che partì da valentia mia patria... cioè nel 1606, mentre si pensava che fosse arrivato nel 1613-14. E da lì sono andato a Roma, quindi non è andato a Parma, per imparare a dipingere; apprendistato, viaggio di studio, non come Tanzio che invece era venuto per guadagnarsi da vivere. Bisogna capire, osa ha fatto dal 1606 fino alla primavera, maggio del 1616, prima di andare a Napoli con Francesco di Castro, ambasciatore spagnolo a Roma, committente anche di Borgianni, quindi Rivera aveva a Roma dei contatti importantissimi, e aveva fatto delle opere per l'ambasciatore. Caterina figlia di Giovanni Bernardino Azzolino, pittore importantissimo, il matrimonio è stato combinato da lui e dal padre per unire le botteghe, quindi i due cominciano una collaborazione. Eodem die, ibidem: nello stesso giorno, nello stesso luogo. Testimone, che a domanda risponde. E' il fratello carnale di Ribera, vive insieme a lui nel palazzo del Vicerè, ha 23 anni, hanno giurato sulla Bibbia, poi lui l'ha seguito a Roma, sono andati a Napoli insieme, lui non ha mai avuto moglie, è questa la verità. Altro testimone Vincenzo Magliuolo, proveniva da Cosentanie, una cittadina vicino Valentia. Aveva 32 anni, giura anche lui, lo conosceva da piccolino in Spagna, Magliuolo era più grande, e avverà da anni 8 circa, e ho ritrovato a Roma Giuseppe che faceva l'arte del pittore, e viene da Roma a Napoli con Francesco de Castro (nome importante, viene ripetuto spesso perchè è come una credenziale, un biglietto da visita) e anche lui conferma che non è sposato altrimenti essendo dello stesso paese lo avrebbe saputo (...) A quel punto viene concesso il nulla osta, un mese dopo, il 17 dicembre 1616, si celebra il matrimonio. Abbiamo due fonti importanti 1)L'articolo uscito sul Barlington magazine. 46 2)Vita di Ribera di Giulio Mancini, tra le più ricche che redige. Mancini è un testimone oculare per il caravaggismo, quindi se dedica una biografia a Ribera, soffermandosi molto su di lui, è moto lunga, vuol dire che egli aveva avuto molta importanza all'epoca. Inoltre definisce il concetto di Schola del Caravaggio, sappiamo che non esiste un alunnato diretto, ma esiste un gruppo di artisti che lavorano in modo affine. Dà delle informazioni sulla Schola del Caravaggio, e fa un elenco degli artisti di cui ne fanno parte: Cecco del Caravaggio, Ribera, Manfredi, Spadarino, ovvero, secondo Mancini, i primi e stretti seguaci di Caravaggio, e che perciò appartengono quindi alla SCHOLA di Caravaggio. Ribera è una figura dominante. Ci sono una serie di documenti i quali attestano che Ribera era stato a Roma, noi lo sappiamo dalla vita di Mancini e dall'inventario dei quadri del grandissimo collezionismo Vincenzo Giustiniani7 , il quale possedeva una collezione di 300 dipinti ma ancor più di pregio era una galleria di statue antiche, forse la più bella di Roma, infatti sono state incise per tramandarne il ricordo anche visivo, la serie si chiama Galleria Giustiniana ed esiste ancora. Giustiniani, abitava nell'attuale Palazzo del Senato. Aveva un Fratello collezionista, cardinale Benedetto, legato pontificio bolognese, era un cardinale, e aveva acquistato anche opere sul mercato bolognese. 7 Il marchese Vincenzo Giustiniani (Chio, 13 settembre 1564 – Roma, 27 dicembre 1637) è stato un banchiere, collezionista d'arte e intellettuale italiano, conosciuto per la sua importante collezione di dipinti di Caravaggio. Il padre di Vincenzo, Giuseppe Giustiniani, fu l'ultimo proprietario genovese dell'isola greca di Chio, che per secoli fu dominio di famiglia. Nel 1566 l'isola venne conquistata dai turchi, e Vincenzo con suo fratello Benedetto portarono loro padre a Roma, dove avevano uno zio cardinale. I Giustiniani a Roma si stabilirono in un palazzo di fronte alla chiesa di San Luigi dei Francesi (palazzo Giustiniani, oggi sede della Presidenza del Senato), e Giuseppe qui intraprese la carriera di banchiere: grazie ai suoi stretti rapporti con la Chiesa divenne uno dei più ricchi e potenti uomini di Roma. Vincenzo seguì le orme del padre, morto nel 1600, mentre Benedetto intraprese la carriera clericale diventando cardinale nel 1587. Entrambi i fratelli furono grandi mecenati, e importanti collezionisti d'arte, tra i maggiori del XVII secolo. La fama di Vincenzo è legata anche al fatto che fu tra gli scopritori di Caravaggio. Vincenzo coltivò molti altri interessi, oltre al collezionismo: scrisse trattati di architettura, musica ed arte, dedicava molto del suo tempo ai viaggi, alla caccia e ad andare a cavallo. Oltre ad esserne vicino di residenza romana, fu anche amico intimo del Cardinal Del Monte, il più importante committente di Caravaggio: la sua amicizia con il pittore si strinse dopo che il nobiluomo acquistò il dipinto San Matteo e l'Angelo, prima versione della pala d'altare per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma rifiutata dalla Chiesa per motivi di decoro (opera perduta nell'incendio di Berlino del 1945). La collezione venne dispersa agli inizi del XIX secolo: nel 1815 il Re di Prussia ne acquistò più di 160 dipinti, i più importanti dei quali sono conservati oggi all'interno dei musei di Berlino, anche se alcuni di essi, tra cui tre capolavori di Caravaggio, andarono perduti nell'incendio del deposito di Friedrichshain nel 1945. Nella Gemäldegalerie di Berlino sono custoditi 43 quadri della Collezione Giustiniani (il più famoso è l'Amore Vincitore di Caravaggio), mentre altre opere sono presenti nella pinacoteca del castello Sanssouci di Potsdam. Altre pitture sono nella National Gallery di Londra, nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo e infine nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Altri pezzi sono sparsi in collezioni private europee e statunitensi. Delle sculture, molte sono oggi nei Musei Vaticani e nella Collezione Torlonia[4] di Roma, quest'ultima, come noto, non visitabile. 47 Quindi per la prima volta compaiono nella storia dell'arte delle figure di committenti diversi, che non sono accademici, intellettuali, cardinali o aristocratici, ma provengono da estrazioni sociali diverse, non nobiliare ma che avevano delle collezioni d'arte. Egli suddivide la pittura della Roma contemporanea in Schole, per la prima volta nella critica compare l'indirizzo critico di schola pittorica, questo concetto lo riprende Luigi Lanzi nel '700, ma il primo a formulare l'idea di scuola- secondo uno stile ben preciso- raggruppata quindi intorno un artista, è Mancini. Mancini individua quattro scuole particolarmente importanti nel suo tempo: 1) del Caravaggio 2) di Annibale Carracci 3) del Cavalier d'Arpino 4) di chi ha uno stile proprio particolare senza seguire la maniera di nessuno. Longhi, conosceva benissimo Mancini leggeva il suo manoscritto, e fu Longhi infatti il primo a pubblicare- nell'articolo del 1950 apparso su Paragone- la biografia di Mancini del Caravaggio: ”Alcuni pezzi rari sulla critica caravaggesca”, pubblica tutte le biografie inedite del Caravaggio aggiungendo pezzi importanti. Nel 1943, Longhi riprende in parte Mancini in un altro articolo su Caravaggio e i Caravaggeschi: “Ultimi studi su Caravaggio e sulla sua cerchia”, prima della grande mostra celeberrima del 1951. Mancini individua come appartenenti alla Schola del Caravaggio: Cecco del Caravaggio, Ribera, Bartolomeo Manfredi e Antonio Galli detto Spadarino. Cita Saraceni ma solo in parte, gli altri non li nomina. Nella quarta Schola mette come capostipite Cristofaro Roncalli, Baglione, Orazio e Artemisia Gentileschi, Gramatica; tutti artisti che, noi insieme a Longhi, consideriamo Caravaggeschi, il suo quindi risulta essere un punto di vista differente dal nostro. Longhi non si è mai occupato di Ribera. Mancini invece lo conosce e si occupa di Lui, si occupa del suo carteggio/epistolario. Nel 1615 infatti Ribera scrive delle lettere al fratello Deifebo. Su “Le considerazioni...” invece scrive una delle più lunghe biografie su Ribera, le altre sono molto succinte. Il carteggio è noto da un decennio, per la prima volta è stato pubblicato dal 1997, Longhi non la conosceva. -La critica solo nel 2002 ha tentato di ricostruire e costituire il periodo romano di Ribera nonostante a partire dall'epoca di Mancini sia noto a tutte le fonti. Lettura del Mancini sulla prima Schola (...) Caratteristica della prima schola è lumeggiare, chiaroscurare con lume-luce unita, che venga dall'alto senza riflessi, quindi le ombre ovvero il partito chiaroscurale è netto e deciso, o luce o ombra, non c'è la penombra. Il lume viene dall'alto senza riflessi, proveniente come da una stanza dipinta di nero. Si dice che Caravaggio dipingeva veramente in una stanza oscurata con delle finestre molto alte, aveva fatto un buco tra il soffitto e la parete, in modo che la luce entrasse di taglio, di spiovente, lo sappiamo perché il padrone di casa si lamenta. 50 (... che così avendo i chiari e le ombre molto scure vengono a dare rilievo alla pittura ma in modo non naturale, la materia dei corpi è molto presente ma non in modo naturale ma in questo non seguono gli antichi: Tiziano, Raffaello, Correggio vanno per conto loro. In questa scuola quindi operano osservando da vero, il naturalismo lo tengono sempre d'avanti mentre cooperano perché lavorano dal modello fa bene una figura sola: “ma nel comporre l'intera storia (regia) e nell'esplicare l'affetto (i moti d'animo) che dipende dall'immaginazione e non dall'osservanza della cosa stessa non mi pare che vi valgano? mancano di fantasia poiché è impossibile che in una stanza riescano a fare entrare tante persone per raccontare una storia con quel lume di una finestra sola (...) inoltre devono anche saper interpretare la storia. Questo è uno dei pezzi più importanti di storia dell'arte del '600 prima critica, la prima contestazione sul caravaggismo. -Epistolario di Ribera, Mancini. 1617-1621. Il manoscritto utilizzato non è quello della Marciana di Venezia, ma è più tardo datato 1627 che si trova alla Vaticana perché in questa edizione ci sono delle varianti. I dati più importanti da ricavare quali sono: il primo in assoluto è che Giuseppe Ribera, è Valenziano, infatti è detto lo Spagnoletto nei vari documenti. La seconda come disposizione non si abbia opere in quel tempo maggiore di lui naturale (la natura l'ha dotato talmente che da molti anni in qua è il più bravo di tutti, non si è visto nessuno più dotato di lui, sottolineando come disposizione naturale). Ancora giovinetto (estremi cronologici sono i più rilevanti) si è allontanato dalla sua città natale per andare in Lombardia, Padania, e quando arrivò a Parma (ducato dei Farnese) suscitò gelosia tra chi era al servizio dei Farnese perché avevano paura che lo prendessero a servizio al loro posto, perché conoscendolo avevano visto che era bravo e così per paura di perdere il loro lavoro lo costrinsero ad andare via. Così: “...andò a Roma e si pose a lavorar a giornata con questi che fan bottega e mercanzie di pitture con le fatiche di simil giovin con la quale occasione, portandosi bene, si fece conoscere per valent'uomo, e venne in gran reputazione con grandissimo guadagno...”. Veniva pagato a giornata, non lavorava sempre nella stessa giornata. Il problema su Caravaggio è il momento iniziale del suo arrivo a Roma. Lui quando arriva (come Ribera) entra in diverse botteghe. Tutti i critici hanno pensato che arrivato a Roma fosse entrato subito nella bottega del Cavalier d'Arpino, come dicevano le fonti. Le tre biografie invece dichiaravano tre cose diverse, la prima che era andato dal d'Arpino, l'altra da Gramatica e la terza che si era accomodato da un monsignore dove faceva copie. Solo più tardi s'iniziò a capire che fu supportato da Prospero Orsi del quale ci sfuggivano completamente i contorni. 51 Quando iniziarono a fare studi approfonditi sull'epoca e studiarono la bottega di Cavalier d'Arpino, si capì che da lui si lavorava a giornata, ciò vuol dire che Caravaggio non stava da lui stabilmente. Certo, anche nella bottega di Cavalier d'Arpino c'erano i ragazzini che si fermavano lì, ricordiamo che anche Caravaggio quando era a Milano andò nel 1584, a soli 13 anni, nella bottega di Simome Perterzano8 per quattro anni, in cui gli fornisce vitto e alloggio, ma la maggior parte degli artisti non vivevano lì. Lo dice lo stesso d'Arpino nel processo del 1667 contro Cristofaro Roncalli: “sono tutti giovani si fanno correggere i disegni e caso mai poi gli do un pezzo di pane, una minestra come ricompensa”. Caravaggio, sappiamo che, nella bottega di d'Arpino, aveva una sua specializzazione, è costretto a dipingere fiori e frutti. -Fino al 2002, quando Spezzaferro pubblica gli inventari degli Altemps e i libri dei conti con i pagamenti, dal quale si vede come Prospero Orsi vende delle copie di Caravaggio agli Altemps, non avevamo capito i rapporti di Orsi con Caravaggio, quindi grazie a ciò e alla biografia di Cellio, che dice che è stato Orsi a suggerire a Del Monte di prendere con sé Caravaggio, si è cominciato a capire che Orsi probabilmente aveva individuato le sue capacità artistiche e aveva capito che sponsorizzandolo a vari committenti poteva ricavare una percentuale in denaro. Come oggi fa il gallerista. Giulio Mancini per la prima volta dice che questo all'epoca era un vero e proprio mestiere ed era normalissimo, i giovani arrivavano dal mercante di pitture e questo glieli piazzava sul mercato, e quindi anche Ribera come Caravaggio ha lo stesso training, cioè viene messo sul mercato da questi mercanti che gli vendono i quadri. Valentuomo nel '600 è un termine cardine, valentìa, virtuoso, virtù, anche nel processo del 1603 di Caravaggio viene usata questa parola e gli viene chiesto quali sono secondo lui i valentuomini del suo tempo, questo termine viene usato anche da Ottavio Leoni, quando redige il famoso manoscritto della marcelliana, dove elenca i virtuosi del suo tempo. Concetto molto importante, valent'uomo era colui che eccelleva nella professione che esercitava. “...e fu molto noto con grandissimo guadagno”, Mancini nella sua biografia parla di mercato e sottolinea il suo guadagno. Ma “in progresso di tempo”, essendo un perdigiorno, “sparapane”, spendeva più di quanto guadagnava, quindi a causa di debiti andò a Napoli, e ha sposato 8 Morto il padre (1577) e trascorsa l’infanzia a Caravaggio – dove forse si formò in una scuola civica o parrocchiale - Michelangelo tornò a Milano tra il 1583 e il 1584, a un’età compresa tra i dodici e i tredici anni. Lucia, forse consultandosi con il proprio padre, Gian Giacomo, che sarebbe morto di lì a poco, aveva scelto per il ragazzino la formazione artistica, non optando – come accadeva spesso – per un semplice rapporto di apprendistato, ma ponendo il figlio nella condizione di alunno, per il quale fu pagata una retta particolarmente elevata. Con l’intenzione di offrire all’adolescente le migliori possibilità formative era stato scelto, come maestro, colui il quale, in quanto sedicente allievo di Tiziano, si mostrava in grado di trasferire le migliori novità che giungevano dalla più aggiornata capitale veneta. 52 4 Maggio 2018 Ottava Lezione Mancini ha parlato in varie occasioni di Ribera, la prima è nella lettera a Deifebo nel 1615 o poi sulle “Considerazioni sulla pittura”. Mancini aveva anche in ballo una trattativa per un San Girolamo di Ribera che cerca di vendere al fratello. Diverse fonti sostenevano che Ribera era andato a Parma, si pensava che fosse andato appena arrivato in Italia e poi fosse andato a Roma, adesso grazie alla lettera del 1616 trovata da Porzio sappiamo che è arrivato a Roma nel 1606 prima del soggiorno a Parma che è documentato al 1611 grazie alle seguenti fonti: Documento settecentesco. Pagamento per l'ancona di San Martino a cavallo, che divide la sua veste a un povero, per la chiesa di San Prospero, registrato in un documento conservato alla soprintendenza del patrimonio storico artistico e demo etnografico di Parma e Piacenza, pubblicato per la prima volta da Cordaro. Quanti anni è rimasto Ribera a Parma? Di certo entro il 5 Giugno 1612 è a Roma perché c'è il contratto per un casa in affitto. Epifani quando fa il regesto dei documenti ha annotato altre opere che avrebbe fatto a Parma, oggi perdute. A San Quintino un'ancona con i SS Cosma e Demiano, A Sant'Andrea un'ancona di San Martino e a Santa Maria Bianca un'immagine dipinta sullo sportello del ciborio. 11 Dicembre 1618, abbiamo una lettera riportata da Bottari e Ticozzi, storici dell'arte, archivisti che hanno messo insieme una silloge di lettere di artisti, pubblicata tra il 1822-1825. La maggior parte le abbiamo ritrovate altre no, alcune lettere di Ludovico Carracci citate anche da Malvasia, non le abbiamo mai ritrovate nell'originale. (Scritti dei Caracci) Scambio epistolare tra Ludovico Caracci e l'importante committente romano Ferrante Carlo, su chi fossero i pittori eccellenti: soprattutto a riguardo di quel pittore spagnolo che tiene dietro al Caravaggio. Se voi parlate di quel Spagnolo che era dietro a Caravaggio e che ha dipinto un San Martino in Parma che 55 stava con il signor Mario Farnese (...) Oggi si trova nei depositi della galleria nazionale di Parma, e Gabriele Finaldi, direttore della National Gallery, studioso dei disegni di Ribera, pubblica come possibile copia dal San Martino perduto. Accento caravaggismo. Così forse lavorava latamente Ribera nel 1611. Chi era Mario Farnese? (...) Frequentò la corte farnese. Alessandro Farnese fece una campagna nei Paesi Bassi ed è importante perché Annibale Carracci viene chiamato a dipingere le imprese, i fasti di A. F. ma che non dipingerà mai perché non arriveranno le incisioni dalle Fiandre ed Eduardo Farnese gli fa decorare la galleria. Il papa nel 1602 era Clemente VIII. Oltre ad essere stato in rapporto con il nostro Ribera, è stato mecenate di molti artisti e anche dello scultore Francesco Mochi, che addirittura si pensa fosse suo figlio, purtroppo non abbiamo l'inventario di morte quindi non conosciamo le opere che aveva, perciò si è ricostruita la sua collezione tramite le fonti, le epistole, le biografie. A Roma aveva un'importante collezione nel suo Palazzo di fronte a Palazzo Ruspoli. Il suo ramo era cadetto non principale, si muoveva tra Roma e Parma in cui aveva anche la residenza, quindi Mario Farnese a Ribera gli commissiona delle opere, o si reca come è probabile o spedisce le opere ( la fonte dice che “ha studiato le cose di Parma“, il ciborio lo avrà sicuramente dipinto in sito, forse da Parma chissà sarà andato a Venezia) Bartolomeo Dolcini era il corrispondente di Annibale Carracci, committente bolognese, collezionista che aveva interesse a far vedere a Ribera i propri dipinti. Solo gli intendenti, a quel tempo, potevano parlare dell'arte. (Agucchi corrispondente di Dolcini, A. scrive il trattato Sull'Idea) Problema sulla recensione di Ribera. (Tutto è inedito quello che stiamo dicendo) Corrispondenza tra Francesco Barbarini e George Conn, scozzese, inviato da Francesco Barberini a Londra, parlava in italiano. -Negli anni 20, la chiesa anglicana si stacca dalla chiesa cattolica, non esisteva più la possibilità che la Chiesa avesse un resiliente, a causa di questi gravi dissidi. (il re di Spagna e la Chiesa, il papa, erano i due grandi poteri politici d'Europa) -Quando il primo degli Stuart, James I, (Giacomo), diventa Re, inizia una lieve apertura al cattolicesimo, il figlio primogenito, Henry, non riuscirà mai a salire al trono perché morirà prematuramente nel 1612, ma nonostante questo, finché visse fu una figura straordinaria in quanto fu il primo ad apprezzare la cultura europea al di fuori dell’Inghilterra. In Inghilterra, infatti, all'epoca di Elisabetta I ed Enrico VIII, si conoscevano solo i ritratti di Holbein, non esisteva ancora una cultura figurativa artistica. 56 Quindi grazie all'apertura di Henry si iniziò a guardare verso il continente e quindi a conoscere l'arte italiana. Morto James nel 1625, sale sul trono il secondo genito, Charles I Stuart. Non esisteva resiliente della chiesa cattolica finché James acconsente a Carlo di sposare una principessa Cattolica Spagnola. Carlo, quindi, si reca a Madrid per incontrare Maria Stuarda, principessa di Spagna, la più ambita d'Europa, figlia di Filippo II, sorella di Filippo III. Il Papa, però, si oppose al matrimonio perché in Inghilterra c'erano delle pene contro i cattolici e se si sposava con Maria, Carlo I doveva abrogarle, ovviamente a questa richiesta il Parlamento non era d'accordo. L'anno1623 è segnato dalla Guerra dei Trent'anni, l'occasione di un possibile matrimonio era quindi una vera apertura. Inizia il cosiddetto Spanish match, che fu importantissimo perché per la prima volta gli inglesi si recano in Spagna e vedono la collezione d'arte di Filippo II, zeppa di opere di Tiziano e costituita dall'80% di opere italiane; in Italia, gli inglesi non erano mai venuti per motivi religiosi- politici. Carlo I così, acquista i cartoni con gli arazzi di Raffaello. Gli storici inglesi dicono che, Carlo I diventò veramente re passando per la vicenda dello Spanish match, aveva solo 20, quindi in questa occasione si emancipa dal padre. Insieme al duca di Buckingham, l'uomo più bello di Europa, collezionista, aveva acquistato tramite un suo emissario a Roma dei quadri. Inizia così l'apertura degli inglese al mondo cattolico e quindi anche alla cultura artistica italiana ed europea. Filippo III, non concede a Carlo I il matrimonio con la sorella Maria, ma in cambio, per non farlo tornare a corte a mani vuote, gli regala un bottino di quadri mentre un altro lo acquista lui. E' difficile risalire, ma da certe fonti documentarie si è potuto ricostruire che, effettivamente, ha comprato alcune opere di un grande collezionista e poeta spagnolo (amico di Marino) di nome Villamediana, il quale porta le opere di Caravaggio in Spagna. Carlo, sposa Rietta Maria, la seconda scelta, era una francese- cattolica; i libretti francesi del tempo, per dare valore al matrimonio, scongiurano quel che si diceva ovvero che Rietta fosse il piano B del futuro re inglese, e sostenevano invece che Carlo si era veramente innamorato di lei a prima vista, quando la vide a un ballo (ma ciò non era vero). Capiamo come all'epoca i contemporanei potessero leggere diverse versioni, un po' come oggi (gossip). Il Papa così può avere un suo resiliente, George Conn, il quale scrive (negli anni 20) a Francesco Barberini riferendogli che Carlo I vorrebbe dei quadri. F. B. risponde quali desidera, e l'emissario si fa consigliare dal pittore Orazio Gentileschi, il quale si trovava nella corte di Carlo. Orazio, in modo molto intelligente, stila una lista di quadri che potrebbero piacere al Re e che non sono nella sua collezione, e cita Ribera. Questa fonte è del 1626, è quindi una voce contemporanea molto precoce che apprezza Ribera, anche se i quadri di Ribera non sono citati negli inventari inglesi e non sappiamo se arrivarono in Inghilterra. Orazio Gentilescghi, è contemporaneo a Caravaggio, ha partecipato al processo di Caravaggio nel 1606, nel 1612 c'è il processo di Artemisia Gentileschi, nel 1620 la figlia torna da Firenze e nel 21 Orazio se ne va da Roma. Orazio 57 Se abbiamo per esempio la copia di Annibale Carracci, non conoscendo l'originale, non sapremmo mai se il dipinto sia stato fatto da un altro della bottega o da lui. La copia di Caravaggio non si può confondere con Manfredi o con Gentileschi, quindi anche dalla copia possiamo capire se quella è una copia di un originale perduto del Caravaggio, perché c'è quel nocciolo morale, mentale quella spinta veridica che lo contraddistingue dal resto. Longhi quindi all'origine quindi ha un'idea di Caravaggio che va al di là della forma e arriva dal contenuto che evidentemente cozza con Ribera, nel 51 quindi c'è un'incursione in altri campi, deviazione del caravaggismo di Ribera che Longhi ritiene non caravaggesco mentre noi crediamo lo sia. esulavano non avevano componenti caravaggeschi e non interessava metterle nella mostra Deposizione, National Gallery di Londra, tardo, influenza di Guido Reni. Gianni Papi, nel 2002 pubblica queste vicende, il primo quadro che lo mette sulle tracce di Ribera è “il Mendicante” di Galleria Borghese, secondo lui poteva essere agganciato al maestro del Giudizio di Salomone, era riferito però a Crabert, artista fiammingo. Mentre era registrato nell'inventario della collezione di Scipione Borghese che risale al terzo decennio del '600 (precoce) come un quadro dello Spagnoletto. Questo San Gerolomo, toronto collezione privata quadro era stato già attribuito allo stesso maestro che aveva dipinto al, a Crabert. Longhi, grande collezionista, compra i 12 apostoli dal Gavotti (oggi fondazione Longhi) non si nulla della loro provenienza, Cecilia Grilli, fine anni 90, pubblica un documento importante, lavorava alla cappella della passione di san pietro in montario, pubblica l'inventario dei beni di Laura Cussiga, nipote dI nicola Gavotti, aveva ereditato tutti i beni d Pietro Cussiga, famiglia spagnola e della famiglia gavotti di origine ligure, muoiono, aveva un anno quindi lei viene posta sotto la tutela dello zio i beni quindi si uniscono. Inventario dei quadri ai quali non si attribuiscono a un artista, ma abbiamo l'elenco e sappiamo che vennero portati a Savona, erano grandi, tra questi c'è -Un San Gerolomo che sta seduto sul deserto -Un quadro di San Pietro che taglia l'orecchio di Malco, era anche nella collezione Longhi, quadro di Baburen -Cinque quadri dei 5 sentimenti Papi dice che era stato molto colpito che i quadri Gavotti erano in realtà Cussida, lui aveva letto da Mancini che uno spagnolo appartaneva a uno spagnolo Mostra Roma al tempo di Caravaggio. La grilli ha trovato l'inventario 60 9 Maggio 2018 Nona Lezione Si pensava che Ribera fosse arrivato nel 1611 a Parma, qui ovviamente aveva realizzato delle opere (Mario Farnese), tra queste vi è un dipinto che si pensava fosse una copia del “San Martino a cavallo” che avrebbe dovuto eseguire Ribera, oggi si trova alla Galleria Nazionale di Parma. Inoltre compie la decorazione di un ciborio e un'Assunzione nei SS Cosma e Damiano che è andata perduto, non abbiamo nessuna testimonianza visiva, tranne questa copia e poi Finaldi parla anche di altre incisioni di San Martino a cavallo, che però non conosciamo. Quindi sulle opere di R. a Parma sappiamo solo tramite fonti e documenti. Mario Farnese è stato un personaggio che ha avuto a che fare con altri artisti, aveva preso con sé lo scultore Francesco Mochi. Giustiniani ha acquistato nel Convento di san Domenico a Fiesole nel 1611 l'Annunciazione di Beato Angelico, per poi donarla a un funzionario importante del Viceré, che adesso si trova al Prado. Questo acquisto testimonia la sua passione per le arti. 61 Grande mentore di Leonard Vragner? pittore di Delf, che ha vissuto nel suo palazzo romano dei Farnese per molto tempo. Nel 1612 Mario Farnese lascia i beni nel palazzo dei Farnese, quando lascia Roma, ma poi c'è stato un incendio quindi non sappiamo nulla. Sappiamo che Ribera è stato a Parma nel 1610-1611 dalle fonti dicono lo ha portato con lui Mario Farnese. Ribera a questa data aveva 20 anni, era molto giovane. Secondo Finaldi e Spinosa, l'unica opera, molto piccola che si può attribuire nel periodo parmense, è deposizione di Cristo, che si trova alla Galleria di Capodimonte. Ricostruzione del maestro del Giudizio di Salomone. Papi nel 2002 nell'articolo identifica questo maestro con Ribera, una parte del gruppo era stato messo insieme da Longhi, insieme gli apostoli Gavatti, che in realtà grazie alle ricerche di Cecilia Grilli sappiamo che appartenevano alla collezione dell'ultima erede Cussida, Laura. Analisi Stilistica Analisi del problema della collezione del Marchese Giustiniani: un gruppo proveniva dalla collezione Gavotti mentre una parte come il Giudizio di salmone, il Mendicante, appartenevano a Scipione Borghese, si trovano alla Galleria Borghese, quindi Papi pensa che il Maestro è Ribera aggiunge dei pezzi dalla serie iniziata da Longhi. Il gruppo concluso proposto da Papi viene discusso - Liberazione di San Pietro del carcere attribuito alla Galleria Borghese Pier Francesco Mola. -Gruppo degli apostoli Gavotti, -Origene, Urbino: Longhi lo attribuisce al gruppo del Maestro -San Gerolamo, trafalgar Galleries, Papi sostiene che è da identificare con il san Gerolomo di cui Mancini parla nelle lettere di Deifebo -Negazione di San Pietro, Certosa di San Martino, Napoli. Papi lo mette decisamente nel gruppo. -Cristo tra i dottori di Langre: collezione Giustiniani -Rinnegamento di Pietro. Collezione Giustiniani, si trova alla Corsini -Resurrezione di Lazzaro, proveniente dai Gavotti San Agostino -Profeta -Uno dei sensi dei cinque sentimenti, della raccolta Gavotti -L'udito -Incontro di San Pietro e Paolo -Ribera a Napoli, Cristo morto Gruppo, questo, vario in cui ci sono opere molto disomogenee, dobbiamo capire l'importanza e la ratio di questo gruppo. 62 con una più lunga osservazione o con le quadrettature, graticolazioni, o con i lucidi, carta oleata che si applicava al dipinto originale al quale si tracciavano i contorni e si riportava sulla tela. Il copista dev'essere abile nel maneggiare bene i colori. Il copista dev'essere abile nel maneggiare i colori, e più sarà eccellente, se avrà pazienza, più la copia sarà identica se non migliore dell'originale, non si confondevano. Ciò è stato scritto nel 1610, le copie del Caravaggio romano sono post 1606. Solo quando C. se ne andò da Roma iniziarono a copiarlo, prima farlo sarebbe stato illecito perché si sarebbe compiuto un plagio, come quando andò via da Malta, questo perché? Perché ovviamente distingueva i suoi dipinti dalle copie, ma quando andava via, per possedere un C., l'unico modo era quello di copiarlo. Processo del 1621 celebrato a Roma nel 1621, un artista aveva copiato il quadro dei Bari di C, la copia era stata trafugata perché presa per originale poi viene recuperato dal tribunale e inizia il processo. Giulio Mancini, viene chiamato a testimoniare nel processo, e dice nel 1621, che quella era una copia ben fatta e ben copiata, e quasi nessuno poteva distinguere tra l'originale e quella copia, perché era bene fatta. Tutto ciò è significativo perché lo dice Mancini il più grande conoscitore di Caravaggio, conosceva tutti i suoi quadri. Come si fa quindi nel 2018 capire se un'opera è originale o meno? Nel '97 Maccarini pubblica la corrispondenza tra Mancini e Deifebo, il primo dice al fratello che ha acquistato una copia della Zingare, della Buonaventura di Caravaggio a 200 scudi, prezzo uguale di una tela laterale della Contarelli, quindi una copia acquistata come originale. -Maddalena, Tokio, dubbio. - Giuditta di Tolosa, trovata in soffitta - Ragazzo morso del ramarro, National Gallery, l'altro collezione Longhi, caso di una copia bellissima, Longhi ovviamente riteneva che quella originale fosse la sua. La critica moderna dice si tratta di copie che Caravaggio avrebbe fatto da se stesso per sbarcare il lunario e qui Longhi dice che non avrebbe mai replicato se stesso: Nella Zingara, rifatta, i costumi sono gli stessi ma i modelli cambiamo, prova del nome, fatta a distanza di pochi mesi come le due Salomè, quella di Londra e Madrid, ciò che significa che se lui avesse voluto avrebbe potuto copiarlo tale e quale, glielo avrebbero pagato lo stesso. Può essere certo che c'è stato un momento che forse ha dovuto copiarli tali e quali, non possiamo saperlo, ma il suo metodo di fondo è quello. Il discorso di G, è importante. Manfredi e Ribera hanno copiato Caravaggio. 65 Manfredi fa una copia del Caravaggio, si trova a Napoli, identica all'originale ma differente, questo è un caso che supera l'originale perché c'è una grande originalità, è molto caratterizzata. - Terzo modo copiare il disegno con lapis e acquarelli dalle pitture di autori insigni perché serve come esercitazione. (disegno più importante della copia del dipinto stesso) - Quarto modo sono i ritratti che non riescono bene se non a chi è un buon pittore. - Quinto modo il pittore deve maneggiare bene i colori e capire l'effetto della varietà dei lumi, fare un buon disegno, per sapere creare i fiori, oggetti piccoli e realizzare la luminosità, ci vuole molta pazienza. Caravaggio disse: che tanta manifattura gli era a fare un quadro buono di fiori come di figure, in questo contesto cita questa celeberrima frase. Giustiniani qui utilizza Caravaggio per far capire quanto può essere eccellente il sapere ritrarre la natura morta. Ne conosciamo solo una, la Canestra, la Caraffa la conosciamo solo attraverso le fonti, è andata perduta. - Sesto modo saper dipingere bene le prospettive e le architetture, ciò è più elevato di saper dipingere la natura morta, perché per dipingere bene bisogna avere cognizione dell'architettura come Agostino Cassi, artista di origine toscana, implicato nel processo di Artemisia Gentileschi, ha fatto tutte le architetture della sala reggia del Quirinale. - Settimo modo i paesaggi visti come sfondi, non come autonomi, possono essere fatti o alla macchia come Raffaello, i Carracci, Tiziano, Guido Reni oppure con precisione, minuzia come fanno i pittori fiamminghi: Civetta, Brughel e.. - Ottavo modo, fare le grottesche, che sono molto complicate perché l'artista deve conoscere tutte le pitture antiche- Giustiniani eleva la bravura del dipingere alla conoscenza dell'artista. inoltre, deve avere un'inventiva particolare oltre a saper maneggiare bene i colori perché deve sapere fare figure umane grandi e piccole, gli animali, le piante e i fiori, quadri riportati con le storie, cornici, medaglioni, prospettive (...) - Nono modo, dipingere di macchia con furore di disegno e di storia data dalla natura, ma la produzione ad olio non la sapevano fare. - Decimo Modo Per lui dipingere di maniera non dal naturale ma nella propria testa, tra i manieristi ci sono Barocci, Roncalli, Passignano e Cavalier D'Arpino, quest'ultimo per lui il più bravo negli affreschi e nei dipinti in Campidoglio. - Decimo modo dipingere con l'oggetto naturali d'avanti, dal vero, ma è necessario non fare un semplice ritratto dal naturale è importante un buon disegno, bisogna fare bene i contorni, un colorito vago, bello, questa capacità di dipingere è una dote, saper dare lume, partito chiaroscurale paesaggi non 66 crudi, contrasti omogenei, hanno eccelso alcuni fiamminghi come Rubens, Ribera, Enrico?, Gherardo delle Notti, Teodoro Dicher Baburen. Il più perfetto di tutti, ii più difficile, unire il decimo modo con l'altro, unire il dipingere di maniera con quello di Ribera, ma con un esempio di un modo più avanti del naturale come hanno fatto Caravaggio, i Carracci e Guido Reni. Dipingere di maniera ma il naturale viene trasformato: Caravaggio, Carracci e Guido Reni. Mette sullo stesso piano tre artisti differenti. Guido Reni e Carracci hanno tenuto più presente la maniera mentre Caravaggio segue il naturale. (Ottavio Costa si compra Guido Reni, Caravaggio e Annibale) Giustiniani non cita Manfredi, e i primi non li cita insieme a Caravaggio, quindi ha ben presente una gerarchia. Vincenzo, è rivoluzionario per l'epoca nella sua logica, è molto moderno, in quanto dice che tutte le tecniche possono essere eccellenti se fatti bene e anche se fatta una sola volta se fatta in modo geniale non importa (il contrario di ciò che dice Vasari). Giustifica Caravaggio, perché anche se Caravaggio non ha lavorato ad affresco non è un pittore come diceva Vasari che invece diceva che non era pittore chi lavorava solo ad olio, mentre invece Giustiniani diceva che se un artista non eccelleva in una tecnica non vuol dire che non fosse artista. Ognuno ha il suo modo di dipingere e ha il suo genere, segue le proprie inclinazioni naturali. Problema della committenza Parla di Zuccari: Annunziata, oggi perduta, Zuccari, Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola affianco era una chiesetta collegata al Collegio romano. In che contesto si colloca l'opera di Ribera e Caravaggio LA TRADIZIONE VASARIANA DICEVA CHE LA PITTURA AD OLIO ERA SCREDITATA, E CHE L'AFFRESCO ERA LA TECNICA PIU' IMPORTANTE, SI PRIVILEGIAVA LA SCULTURA. Pittura naturale meno nobile. Conferisce alla pittura un valore di decorativo. Nella Francia e nelle Friande, c'è una richiesta enorme di dipinti perché c'è la moda di decorare le pareti con i dipinti, prima si isolava il muro con i corani, il cuoio, come facevano in Spagna, oppure con stoffe di seta. Manfredi, si diceva prima che era l'iniziatore che aveva diffuso la moda di Caravaggio. Giustiniani, nel 16 11 ca possedeva Manfredi ma non lo cita. 67 Compare tra questi Leonard Bramer, Artemisia Gentileschi travestita da uomo, siamo dopo il 1620. La curatrice dimostrava che non c'era un genere, non c'era un tema dei poveri, al massimo c'erano i bamboccianti. -Ceruti, chiamato il pidocchetto, esprime una compassione umana della povertà, esprime una grande sensibilità, introspezione psicologica straordinaria che è solo del Caravaggio, il formato è dal naturalr. Brescia, nella Mostra “Da Caravaggio a Ceruti, l'iconografia della povertà” curata da Francesco Porzio, ha un vuoto di opere di primo '600. Quindi con Ribera si comincia a colmare questa mancanza iconografica, non solo con il Mendicante ma anche con i filosofi, con i Cinque sensi, per esempio l'Allegoria della vista: panni stracciati, filosofo che si occupa dei massimi sistemi ha vesti sdrucite, questa iconografia diventerà caratteristica tipica di Ribera. - Dunque le mezze figure iconografie dei sensi, i filosofi vestiti umilmente come Origene, Democrito con caratteristiche dell'anziano, del barbuto, verranno ripresi, ripetuti moltissimo. Gli apostolati diventano di moda. Il personaggio che vediamo nel Giudizio di Salomone, per esempio, è un modello esemplare, che ritroviamo, girava molto, è molto caratterizzato: anziano calvo, senza denti, compare continuamente, è un topos, un prototipo, lo ritroviamo anche nel San Bartolomeo o nel San Gerolamo, Ribera usa quindi dei tipi fissi. I modelli li dovevano pagare, tra artisti, i caravaggeschi per esempio, se li passavano. “Rinnegamento di Pietro” con gruppo di giocatori di dadi intorno al tavolo, si trova alla Certosa, venne realizzato prima e poi verrà realizzato lo stesso soggetto che si trova invece alla Corsini, entrambe realizzati entro il 1616, quando ancora Ribera era a Roma. Gesù tra i dottori di Langres, vediamo come Ribera a Roma mette insieme due gruppi di personaggi separati da una colonna scanalata, che tornerà in altri dipinti, mette insieme due idee. La prima mostra di Manfredi10 è stata realizzata da Mina Gregori a Cremona 10 Bartolomeo Manfredi (Ostiano, agosto 1582 – Roma, 12 dicembre 1622) è stato un pittore italiano di ambito caravaggesco. Fu allievo di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio, un pittore tardomanierista molto attivo alla fine del XVI secolo. Appartenne alla corrente dei pittori "caravaggeschi della prima ora", a cui aderirono quei pittori che conobbero il Caravaggio a Roma quando era ancora in vita e, impressionati dal suo innovativo stile naturalista, ne imitarono i modi talvolta anche in maniera superficiale, ma incontrando spesso il favore della committenza del tempo, almeno fino al secondo decennio del XVII secolo. Oltre a Manfredi, si annoverano tra questi pittori Cecco del Caravaggio, Carlo Saraceni e lo Spadarino. Lo stile di Manfredi, che imitava soprattutto le scene di “genere” di Caravaggio, come le figure di musici, soldati e frequentatori d'osteria, fu definito dallo storico e pittore Joachim von Sandrart, "Manfrediana Methodus" (in italiano "genere alla Manfredi" o "metodo alla Manfredi"), nel libro del 1675 intitolato "Accademia tedesca di architettura, scultura e pittura"[2]. La sua pittura ebbe grandissimo seguito soprattutto tra i pittori del nord Europa, come Valentin de Boulogne, Nicolas Régnier, Nicolas Tournier, Dirk van Baburen, ed in particolare tra gli artisti fiamminghi e olandesi attivi a Roma e frequentatori diretti della sua bottega, come Gerrit van Honthorst e Gerard Seghers. 70 nell' '87: “B. Manfredi e la “manfrediana metudus” . Longhi aveva parlato di M. ma viene, solo in quella data, 1987, codificato un suo intero catalogo. Risulta avere un committente delle fiandre Coimans, quindi intorno a lui c'era un giro di committenza internazionale, non ci sorprende, anche Ribera era supportato, aveva un committente Pietro Cussida molto conosciuto. Giacomo Ceruti11, “Mendicanti ciechi”, tra la fine del '600 e l'inizio del '700, insieme a Frà Algario, è stato uno degli artisti ritrattisti più sommi dell'epoca. Ha una sua fisionomia, ci sono sue due monografia, sono individuati anche dei riferimenti stilistici. Il problema di M. è la datazione perché nel processo di Caravaggio del 1603 dice che aveva un ragazzo di bottega di nome Bartolomeo, il problema è se si può identificare con il giovane Bartolomeo Manfredi, la critica pensa di sì. Manfredi, nasce a Ostiano in provincia di Mantova, con Cristofaro Roncalli primo maestro dovrebbe essere arrivato a Roma circa nel 1600, nel 1603 però 11 Giacomo Antonio Melchiorre Ceruti, detto il Pitocchetto (Milano, 13 ottobre 1698 – Milano, 28 agosto 1767), è stato un pittore italiano, annoverato tra i più importanti esponenti del tardo barocco italiano. Nacque a Milano, probabilmente da quel Fabiano Ceruti che fu allievo di Cristoforo Agricola[1]; fin dai primi anni venti del Settecento fu attivo a Brescia, città in cui si guadagnò il soprannome di «Pitocchetto» per il genere pittorico che aveva come soggetti principali i poveri, i reietti, i vagabondi, i contadini (i pitocchi, appunto), raffigurati in quadri a grande formato e ripresi con stile documentaristico e con uno spirito di umana empatia.[2]. Il suo percorso artistico è parte di quel filone della "pittura di realtà", che ha in Lombardia una tradizione secolare: prima di lui grandissimi artisti come Vincenzo Foppa, la scuola bresciana intorno a Moretto e Savoldo, Caravaggio, tutti avevano toccato l'argomento, ma nessuno prima del Ceruti seppe indagare con tanta spietata lucidità la verità quotidiana. Il Ritratto del conte Giovanni Maria Fenaroli (1724, collezione Fenaroli, Corneto) è la sua prima opera di certa attribuzione. Nel 1736 l'artista lombardo si trasferì prima a Venezia e poi a Padova, dove la sua attività per la Basilica del Santo e per altre chiese è documentata nel triennio successivo. A Padova in particolare operò per la Basilica del Santo e per altre chiese, tra cui quella di Santa Lucia presso la quale, oltre ad una pala dedicata alla santa e un Battesimo di San Giustino, sono presenti anche i Quattro Padri della Chiesa, i Quattro Evangelisti e i Quattro Santi protettori della città. Da ricordare anche la pala d'altare di Gandino (1734), gli affreschi di Palazzo Grassi a Venezia (1736) e le tele del "Ciclo di Padernello". Sulle sue produzioni artistiche per i luoghi sacri, gli influssi che ebbero le opere di Carlo Ceresa e Antonio Cifrondi sono innegabili. Dopo il soggiorno veneziano, ricevette varie commissioni pubbliche e tornò a Milano, dove è documentata la sua presenza nel triennio dal 1742 al 1745, trasferendosi in seguito a Piacenza. Le commissioni ottenute in quegli anni gli diedero l'occasione di acquisire e padroneggiare strumenti stilistici e compositivi tali da consentirgli un'attività di pittore "di storia", più proficua e di più ampia risonanza, condotta parallelamente alla pratica del ritratto e della scena di genere. Tra le opere che lo resero celebre la Lavandaia (1736 circa), attualmente alla pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, e le molte nature morte. Intorno al 1785 dipinse il Ritratto di viandante ora conservato al Museo civico Amedeo Lia di La Spezia, il suo ciclo pittorico presso la Basilica di Santa Maria Assunta a Gandino. Nel 1882 quindici dipinti del Pitocchetto furono acquistati all’asta nel 1882 dal conte Bernardo Salvadego e custoditi tra le mura del castello, nella piccola frazione di Borgo San Giacomo (Brescia), fino alla seconda metà del Novecento. Tale ciclo, definito da Roberto Longhi, "di Padernello" è ora sparso tra la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, il Museo Lechi di Montichiari e collezioni private. Tuttavia nel 2015 la Fondazione Castello di Padernello ha riproposto tale ciclo grazie a delle riproduzioni che danno un'idea della quadreria ottocentesca. La rivalutazione della sua figura si deve a Roberto Longhi. 71 non doveva essere un ragazzino come dice Caravaggio, doveva essere più grande 18 - 20 anni. Questo documento/atto di nascita forse è errato? Difficile identificazione. Nel 1999 sappiamo molte più notizie su M., perché sono stati messi insieme molti suoi quadri è si è notato che con le opere dei caravaggeschi carraccesi come quelli di Turnirer che quasi non si distingue, come Valanten, dipendono tantissimo dall'iconografia di Manfredi (discendenza). Artisti che hanno delle consonanze stringenti con Ribera non le abbiamo a Roma ma a Napoli. -Pietro Cussida12, Cappella della Flagellazione, San Pietro in Montorio, dipinti commissionati a Diden, Gesù che viene schernito e a Van Baburen. Inventio Caravaggesca, ripresa da Van Baburen e Manfredi, che interpretano il soggetto facendo una crasi. Questo stile è molto vicino a Ribera. Van Baburen per esempio con “Cristo lava i piedi agli apostoli di Berlino”, nell'anziano, nello stile ricorda Ribera. Messi a Confronto Valenten, Negazione di Pietro, Van Baburen quello di Berlino, Turnier e Manfredi. Bisogna guardare, lo stile, il tipo di concezione, l'affollamento straordinario del gruppo, della scena oppure no, la materia e quindi il suo effetto, composizione, gamma cromatica, omogeneità. Baburen inizialmente ha come riferimento Ribera, ma non ha una vicinanza come c'è con Valanten e Manfredi. Turnier e Manfredi sono molto simili, infatti T. lo copia, assimilazione di M. con i francesi. Deren, Van B. si rifà a Ribera 12 Pietro Cussida , Pietro Cuside o Pedro Cossida (morto nell'ottobre 1622) era un diplomatico spagnolo al servizio di Filippo III di Spagna e del suo successore, Filippo IV . Era un collezionista e mecenate, noto per il suo mecenatismo di artisti caravaggisti , tra cui Jusepe de Ribera e Dirck van Baburen . Biografia Originario di Saragozza , Cussida era a Roma almeno dal 1596, quando è cliente abituale della banca Herrera & Costa. È noto per aver avuto una moglie, Giulia Martinez, dalla quale ebbe due figli, Gianfrancesco (o Giovan Francesco) e Luigi, che divenne un frate carmelitano . Nel 1602 serviva come diplomatico al servizio di Filippo III (regnante 1598-1621) e poi Filippo IV (regnante 1621-1665). Uno dei suoi compiti era l'acquisizione di opere d'arte per le loro maestà. Pietro Cussida morì a Roma nell'ottobre 1622. Aveva ottenuto una notevole collezione di dipinti, che lasciò, insieme al suo palazzo in Via del Corso, a Gianfrancesco, che morì il 23 agosto 1623 e lasciò la collezione a sua figlia Laura Cussida (1622-1692), minorenne. Il guardiano di Laura, Nicolò Gavotti, alla fine ereditò i dipinti e il palazzo di famiglia. Collezione d'arte Fu grazie al mecenatismo di Cussida che Van Baburan dipinse la Deposizione, Cristo nell'orto del Getsemani e Cristo sulla via del Calvario per la Cappella della Pietà della Chiesa di San Pietro in Montorio . Van Baburen ha condiviso la commissione (1617 circa) con David de Haen , che ora si ritiene abbia fatto le lunette nella cappella. De Haen fu ospite nel palazzo Cussida in Via del Corso nel 1621. Tra il 1615 e il 1616, incaricò Jusepe de Ribera di dipingere le allegorie dei Cinque Sensi , una commissione Ribera probabilmente completata a Napoli. Fu la scoperta dell'inventario dell'8 marzo 1624 di Gianfrancesco Cussida (Archivio Storico Capitolino, Roma), figlio di Cussida, che portò all'attribuzione delle opere a Ribera che in precedenza era stata pensata dal Maestro del Giudizio di Salomone. 72
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