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Evoluzione del Potere e Relazioni Internazionali: Costruzione del Sistema - Prof. Parsi, Appunti di Relazioni Internazionali

La storia del sistema internazionale, i tentativi di conquista dell'egemonia sistematici e l'esistenza di un sistema di stati con interdipendenze. Viene discusso anche il concetto di anarchia come tema centrale delle relazioni internazionali e la formazione del sistema degli stati attraverso il mercantilismo. Anche il realismo come teoria per comprendere il sistema internazionale e i suoi due tipi: domestico e internazionale.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 21/01/2024

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Scarica Evoluzione del Potere e Relazioni Internazionali: Costruzione del Sistema - Prof. Parsi e più Appunti in PDF di Relazioni Internazionali solo su Docsity! RELAZIONI INTERNAZIONALI LEZIONE 29/09/2021 1 FATTO: GUERRA IN AFGHANISTAN. Una delle conseguenze che questa guerra causerà sarà l’era postum 11 settembre. Si è chiusa u era di grandissima difficoltà di classificazione. Quando noi chiamiamo postum qualcosa è quando non riusciamo a predeterminare cosa accadrà ma sappiamo che sia finita. Quell’evento costringeva tutti a guardarsi indietro, ma nel frattempo il mondo dell’11 settembre era finito, mondo in cui l’egemonia degli Usa era incontestata, poiché non aveva un mondo alternativo, non vi era altro. Dal 2001 a oggi il mondo è cambiato, parliamo di un mondo in cui vi è rivalità tra Cina e Usa. Il momento dell’11 settembre produsse il massimo dell’azione solidale di tutti. Bin Laden aveva portato il conflitto da una periferia al centro, compromettendo l’equilibrio che vi era. È la politica che deve stabilire gli obiettivi della guerra. Quando si decide di chiudere la guerra ad agosto, Biden disse: “non vi erano alternative. O si chiudeva la guerra nella data concordata o si ricominciava la guerra.” L’uscita della guerra da parte degli Usa porta ad essi un grande vantaggio: la società americana non ne poteva più della guerra in Afghanistan, innanzitutto poiché gli ricordavano il motivo dello scoppio della guerra. Bisogna concentrarsi sul presente futuro: sfida contro la Cina. Gli Stati uniti non sono mai stati minacciati e nemmeno noi dall’islamismo radicale. Gli Usa hanno una visione tri-oceanica al momento: se io sono lo standard sono giusto e te che non lo segui sei sbagliato. La visione americana è completamente incompatibile con quella cinese: LEZIONE 4/10/2021 2 FATTO: COVID La pandemia ha accentuato quella che è l’interdipendenza (o la percezione di essa) tra le nazioni e ha perciò spinto a mettere in evidenza le rispettive vulnerabilità. Infatti, negli ultimi mesi, nell’Indopacifico c’è la difficoltà della disponibilità di alcuni pezzi di produzione globale: se si ordina un computer oggi, riscontriamo delle difficoltà nei tempi di consegna poiché non ci sono i chip (stessa problematica anche sulle automobili). Noi siamo abituati a pensare a questa insufficienza di pezzi di produzione che provengono dalla Cina come una nostra vulnerabilità nei confronti della Cina stessa (che è corretto per alcuni aspetti), ma in realtà è una vulnerabilità reciproca, perché ciò significa anche per i cinesi di non riuscire a soddisfare un mercato di esportazione. Se c’è penuria di pezzi per noi, c’è insufficienza di pezzi anche per il mercato cinese. Questo è un grosso problema, poiché la politica economica cinese in questi ultimi anni è stata quella di sviluppare il mercato interno e questa situazione ha creato un ostacolo a tale progetto. Nell’Indopacifico, perciò, c’è una colossale operazione di “a rimpiattino”  nel senso che, paesi come la Tailandia, le Filippine, il Vietnam, l’India, l’Australia non avevano in questi anni una particolare motivazione nello schierarsi con la Cina, ma tutto sommato la loro posizione era temibile per il fatto che gli Stati uniti continuavano a mantenere una presenza non contrastabile nel Mar cinese. Paradossalmente, la criticità della posizione americana che ha costretto questi paesi a doversi schierare in qualche modo, oppure a dare un contenuto diverso rispetto alle strutture originarli  il lancio del Quad, che era una missione molto politica, ha accentuato la sua dimensione militare. Il riarmo nella zona provoca la percezione di una maggiore minaccia da parte della Cina. Nel corso delle ultime due settimane, ci sono stati 37 sconfinamenti da parte degli oggetti militari cinesi sulle acque territoriali di Formosa e di Taiwan  non c’è un motivo specifico per la quale lo fanno, lo fanno perché la situazione sta diventando più complicata e richiede maggiore assunzione di rischio. Sull’indopacifico, tra le navi che momentaneamente lo risiedono in questo ultimo periodo, vi sono navi olandesi, tedesche, francesi, inglesi = quindi accentuata presenza militare nella regione. QUESTIONI DA PUNTUALIZZARE SULLA SITUAZIONE MARITTIMA OGGI: 1) Una cosa da puntualizzare, è che il mare presenta questa caratteristica rispetto all’uso della forza e l’esibizione della forza, di poter modulare le escalation, poiché il mare è fatto in gran parte di acque internazionali  ci sono quindi, nel diritto di navigazione, delle flotte militari = ciò significa che è possibile esercitare una pressione su un paese già semplicemente muovendo delle navi, senza che questo comporti il varcare un confine. 2) La seconda caratteristica che sta coinvolgendo le acque di tutto il mondo è l’accentuazione della territorializzazione delle acque marine  cioè l’aumento dell’aspirazione a creare zone economiche esclusive. Se ampliamo le zone economiche esclusive nelle zone dell’Argentina, del Brasile… tendenzialmente “c’è spazio per tutti”; ma se lo facciamo all’interno di mari chiusi come sono il Mar cinese o del Mediterraneo, le pretese di sfruttare in maniera esclusiva le risorse economiche di quella zona iniziano ad urtarsi. L’Italia sta cercando di progettare una sua zona economica esclusiva  in realtà sono in ritardo nel farlo. Infatti, l’Algeria, che si era mossa prima dell’Italia, presentò una propria zona economica esclusiva che andava quasi a raggiungere le coste sarde (e noi abbiamo sottovalutato per cause culturali questa possibilità). Tutto ciò non mette da parte la necessità di collaborare, ma rende più complicato farlo. Struttura Mediterraneo  il flusso che va da est-ovest è un flusso prevalentemente di merci, mentre il flusso che va da sud-nord è un flusso prevalentemente di persone. Nei confronti del flusso sud-nord l’atteggiamento dei paesi del nord del Mediterraneo è di chiusura  questo è un paradosso, poiché si lascia stabilmente aperto il flusso est-ovest e stabilmente chiuso il flusso sud-nord in un mare chiuso e ristretto. 3) Il mondo cambia ed in tale cambiamento una delle conseguenze per il peggio, legata al riscaldamento climatico, è l’ apertura delle rotte artiche: le rotte artiche accorsano considerevolmente il tempo di percorrenza tra il Pacifico e l’Atlantico  dal punto di vista cinese (il più grande espertatore che c’è al mondo) questo significa avere una rotta alternativa rispetto alla rotta che passa per il Mar cinese - l’Oceano indiano - lo Stretto di Suez – il Mar Mediterraneo – l’Oceano Atlantico. È una serie di rotte di cui le principali passano per il territorio russo  questo è un oggetto di riflessione perché in uno scenario futuro (disastroso) contrassegnato dall’innalzamento dei mari, il Mediterraneo diventerebbe un posto più complicato da navigare (i canali di connessione sarebbero tutti da rivedere, soprattutto gli stretti), dall’altra parte rischia di saldare questa relazione particolare tra Cina e Russia. Oltre ai flussi di merci, sotto all’acqua passano anche le informazioni: siamo tutti abituati a pensare che le informazioni viaggiano sul satellite, ma ci dimentichiamo che esse dal satellite passano verso terra e si muovono nella terra sotto l’acqua, in cavi. I cavi non seguono rotte di verse dalle rotte marittime commerciali  essi sono poggiati in maniera differente ad una profondità (Mediterraneo poco profondo, max 1 km). In realtà la profondità su cui poggiano i cavi è un aspetto molto importante  la sicurezza di queste infrastrutture era garantita dalla profondità su cui poggiava: non era così facile portare una minaccia a 7 mila metri sotto il fondo del mare (complicato intercettarlo e tagliarlo). Oggi la sicurezza che era garantita dalla profondità è più fragile e lo sarà sempre di meno, poiché esistono droni sottomarini in grado di raggiungere grandi profondità e di operare in grandi profondità  immaginiamo l’effetto di bloccare le comunicazioni del transatlantico o di poter intercettare tali comunicazioni e di poterle inquinare  sono tipi di problematiche che non c’erano fino poco tempo fa e che sono alla portata sempre di un maggior numero in più di attori. DUE COSE SULL’ITALIA : 8 mila km di coste = vuol dire che 4/5 dei confini politici dell’Italia sono marittimi  “noi siamo un po’ tutti come i sardi, siamo su un’isola talmente grande che dimentichiamo di essere un’isola”. Ci sono dei motivi storici che rendono difficile l’Italia di percepirsi come un paese marittimo e perciò che impediscono di cogliere l’essenza di alcune questioni (come di salvare persone che affogano in mare, di far valere i propri interessi economici…): 1) Uno dei più grandi motivi è che l’Unità d’Italia è stata costruita da Ovest verso Est. L’Unità d’Italia è stata fatta con la preoccupazione ricorrente nella storia italiana di agganciare l’Italia all’Europa (restare ancorati all’Europa è una preoccupazione ancora di adesso)  questo ha portato una distorsione molto forte a tal punto da credersi un paese continentale. 2) Una seconda ragione per la quale l’Italia ha difficoltà a percepirsi come paese di mare, sempre legata all’Unità d’Italia, che è quello che la frammentazione dell’Italia faceva sì che il più grande stato prima dell’unità (il Regno delle due Sicilie) Storia dell’Italia vedeva due potenze alleate per il mantenimento dell’equilibrio dell’ordine italiano: l’Austria come potenza di terra e l’Inghilterra come potenza di mare. che tra i suoi interessi vi è quello di ottenere la piena sovranità nel Mar Cinese Meridionale (ricca di gas e petrolio). Naturalmente il paese si è inimicato con tutti i paesi che condividono quell’area. Gli stati perseguono questo obiettivo tramite lo sviluppo e implementazione di una strategia, è ciò che unisce i mezzi ai fini. Se l’obiettivo ultimo della Cina è quello di riuscire a imporre la propria sovranità nel Mar Cinese Meridionale, parte della sua strategia consisterà nell’indurre alcuni paesi a rinunciare alle proprie rivendicazioni e riconoscerla come unico sovrano dell’area. Per raggiungere questo obiettivo egli farà uso di una serie di strumenti di policy: la Cina ha utilizzato azioni diplomatiche, propaganda e militari. I LIVELLI DI ANALISI NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI Per poter classificare i vari concetti attorno ai quali ruotano le RI, ci serviamo di un particolare strumento analitico ovvero la strategia dei livelli di analisi. Esso nasce dalle opere di alcuni studiosi, Walts e Singer, e si basa sul concetto secondo il quale un autore che si pone come obiettivo quello di proporre una teoria o una spiegazione nelle RI deve scegliere quali attori e processi causali enfatizzare. Tre differenti categorie che compongono i livelli di analisi: 1. LIVELLO DI ANALISI INDIVIDUALE  concentrarsi sull’impatto che decisori individuali, capi di stato o governo, hanno sulle RI e sulla politica estera. 2. LIVELLO DI ANALISI STATALE  include tutte le idee, dibattiti che si concentrano su una particolare caratteristica, sia essa politica o economica, di determinati paesi o stati. Un esempio è la teoria della pace democratica, insieme di idee sviluppato da diversi studiosi, la quale sostiene che il comportamento in politica estera degli stati sia fortemente influenzato dalle istituzioni politiche interne. 3. LIVELLO DI ANALISI INTERNAZIONALE  gli stati non sono unità politiche isolate, ma collegati da una stretta rete di relazioni, e questa coesistenza, in qualsiasi momento storico, allargata a includere anche gli attori non statali, forma il cosiddetto sistema internazionale. questo sistema possiede caratteristiche proprie che influenzano fortemente il comportamento dei singoli stati. COSA CAUSA LA GUERRA? 1. La guerra è causata da leader nazionali troppo aggressivi o ambiziosi 2. Le guerre sono causate da determinati tipi di stato, o da gruppi di pressione interni molto influenti, indipendentemente dalle ambizioni o caratteristiche del leader nazionale. 3. È completamente ininfluente sulle cause della guerra che il leader sia buono o cattivo, che gli stati siano democratici o non o che vi siano o meno attori privati interni molto influenti. Ciò che conta è il contesto internazionale all’interno del quale operano gli stati. RICONOSCERE LE DOMANDE FONDAMENTALI Le caratteristiche comuni a tutti questi quesiti sono quelle di essere ricorrenti nella storia. QUALI SONO LE CAUSE DELLA GUERRA? Questa domanda è RICORRENTE, valida al tempo delle città-stato greche ma anche oggi; è IRRISOLTA e SIGNIFICATIVA, poiché influenza da sempre la vita dei singoli individui, Stati e intero sistema internazionale. Concentrarsi sulle domande fondamentali è importante perché: 1. Ci permette di separare ciò che è veramente importante nello studio della politica globale da avvenimenti effimeri, temporanei e dalle notizie del giorno. 2. Aiutano a capire lo sviluppo attuale dello studio delle RI. TRACCIARE COLLEGAMENTI Per ottenere un pensiero critico in questo campo è necessario considerare tre tipi diversi di connessioni concettuali, che si rivelano fondamentali durante l’analisi dei problemi internazionali, ovvero tracciare collegamenti tra teoria e pratica, passato e presente, aspettative e realtà. È importante anche riuscire a ottenere la capacità di identificare e comprendere come i vari leader nazionali, governi e intere nazioni possono avere prospettive differenti sulla medesima questione. TEORIA ALLA PRATICA  le teorie che cercano di spiegare il funzionamento della politica mondiale solitamente fanno riferimento a grandi scuole di pensiero, come ad esempio quella realista, liberale, marxista e costruttivista. Gli studiosi che appartengono a ciascuna di queste propongono assunti su cosa sia importante e fondamentale per le RI. Ogni approccio ha i propri punti di forza e debolezze, i propri promotori e i propri detrattori. L’utilità delle teorie aumenta quando sono connesse all’evidenza empirica e quando contribuiscono a spiegare avvenimenti o concetti poco chiari. PASSATO A PRESENTE  una piena comprensione del passato influisce fortemente su come i policy makers pensino e agiscano all’interno della politica internazionale. popoli diversi traggono lezioni diverse dagli eventi storici più importanti. L’esperienza storica non influisce unicamente sul comportamento dello stato, ma anche sulla natura e evoluzione dell’intero sistema internazionale. ASPETTATIVE A REALTA’  le RI devono studiare il mondo non come dovrebbe essere ma come effettivamente si presenta, tenendo sempre a mente che nemmeno in questo caso ci può essere una visione del mondo unanime. L’obiettivo principale è descrivere come e perché gli stati si comportino in un determinato modo, anche se qualsiasi comportamento è molto lontano dal nostro modo di pensare, o dai nostri valori politici e morali. Spiegazione e prescrizione sono due processi completamente differenti, e tali devono rimanere, ma sono altresì connessi tra loro: capire le ragioni di uno specifico comportamento da parte di un governo è il primo passo per studiare un modo per cambiarlo o evitare che si ripresenti in futuro. Vi sono anche altri tipi di collegamento come POLITICA INTERNAZIONALE E ECONOMIA INTERNAZIONALE oppure POLITICA INTERNA E ESTERA, che si influenzano tra loro. VEDERE IL MONDO DA DIVERSE PROSPETTIVE Lo studio delle RI cerca di capire il comportamento di stati e individui a livello internazionale, e come questo comportamento sia influenzato dal modo in cui gli individui percepiscono l’arena nazionale e la loro posizione all’interno di essa. La posizione di un individuo nei confronti di un particolare problema a livello internazionale è influenzata dalla sua posizione all’interno del sistema e varierebbe a seconda che l’individuo fosse americano, russo ecc. La stessa cosa è valida per gli stati. La prospettiva nazionale di un paese è influenzata da diversi fattori, tra cui spicca la propria esperienza storica. La prospettiva nazionale è anche influenzata dalle proprie caratteristiche razziali, etniche e religiose. Anche dimensione e potere relativo influenzano le prospettive nazionali: più uno stato-nazione è esteso e più potere ha. RICONOSCERE LA CENTRALITA’ DELLE GRANDI POTENZE: Essere sensibili alle diverse prospettive mondiali è di grande aiuto nel combattere la tendenza a vedere le RI largamente da una prospettiva caratterizzata da potere e prosperità. Le RI sono influenzate dalle profonde variazioni che avvengono a livello di storia, cultura. Uno degli sbagli è quello di partire dall’assunto che i valori, ideali e istituzioni di un determinato paese siano universali e considerare che il resto del mondo sia una replica imperfetta. RICONOSCERE LE DIFFERENZE ALL’INTERNO DEL SISTEMA INTERNAZIONALE: Adottare prospettive diverse aiuta a riconoscere la presenza costante di elementi di divisione e differenze all’interno di qualsiasi sistema internazionale. In quello corrente le divisioni intercorrono tra situazioni di ricchezza e povertà, paesi sviluppati e in via. C’è una differenza sostanziale tra la prospettiva dei paesi sviluppati e in via per quanto riguarda le problematiche economiche a livello internazionali. Negli sviluppati i cittadini temono che il crescente tasso di disoccupazione sia da imputare al commercio internazionale a causa dei costi di manodopera più bassi nei paesi in via. Il punto di vista dei paesi in via di sviluppo è molto diverso: essi sottolinea come sia difficile svilupparsi in un mondo in cui stati più ricchi dominano stabilmente l’economia mondiale. All’interno del sistema internazionale vi sono anche stati insoddisfatti, scontenti della propria posizione nel sistema internazionale, i quali lentamente tendono ad aumentare il proprio potere, oppure intraprendono politiche aggressive per accrescere il proprio potere. LEZIONE 6/10/2021 Quando parliamo della nostra disciplina parliamo di due cardini della disciplina: 1. lo stato che è rilevante. 2. Contemporaneamente assume l’esistenza di un sistema di stati, ossia tra gli attori singoli del sistema e il sistema si crea una rete di interdipendenza per cui i comportamenti degli uni influenzino il comportamento degli altri. Quando parliamo di sistema internazionale tendiamo a dare molta enfasi al rapporto tra gli stati, ma non sono gli attori esclusivi, vi sono attori di carattere economico, criminale e anche altri che magari non maneggiano quelle dimensioni più tradizionali ma non distinte dalla politica internazionale, ma magari sono molto presenti nelle dimensioni nuove della politica internazionale. Quello che noi chiamiamo sistema internazionale non è solo un sistema di stati ed inoltre è l’effetto di un calco semantico relativo all’origine disciplinare che è un’origine di carattere anglosassone. La parola stato nella tradizione anglosassone non solo è poco presente ma significa qualcosa di diverso, che è raccolta con altri concetti come il Commonwealth, il governo o la Corona, in termini americani l’amministrazione. La formazione del sistema internazionale nonostante noi riteniamo fosse con la pace di Westfalia, ma anche quel sistema progressivamente si forma. Se noi volessimo cercare l’antenato storico del sistema degli stati potremmo pensare al sistema degli stati italiani, intorno al 400. Lì iniziamo a vedere funzionare alcune caratteristiche: attori che si marcano a vicenda, che ragionano in termini di gruppi di alleanza, che si muovono con una logica di bilanciamento e contemporaneamente di lotta egemonica ossia impedire che qualcuno diviene leader del sistema. Questo sistema inizia a individuare alcune procedure: la diplomazia (tentativo di costruire relazioni diplomatiche permanenti) e la guerra (meccanismo di violenza che riguarda gli attori pubblici). Questi attori iniziano a pensare di riconoscere il diritto di ognuno di detenere la sovranità. La fine del sistema degli stati italiani che coincide con l’inizio delle guerre di religione non genera automaticamente la nascita del sistema europeo, ma ci vorrà tempo, quello che si viene a costituire è un sistema anarchico, non nel senso di una violenza di tutti contro tutti ma nel senso che piano piano le singole autorità politiche territoriali iniziano a recidere i rapporti con autorità superiori in termini di legittimazione della propria posizione e a lavorare al proprio interno per eliminare punti di autorità concorrente sul loro medesimo territorio. Fino a quando nella religione non si rompe in tradizioni che non sono componibili che contestano le catene di autorità religiosa e quindi consentono di aprire un mondo. Grande spinta a questo punto verso la modernità e grande perfezionamento del concetto della dottrina della sovranità. Quelli che hanno avuto successo nel consolidare il potere su una certa area possono afferrarlo come punto iniziale della propria autorità politica. Nel 1600 nasce questo concetto e nel 1648 le guerre di religione si tranquillizzano, ma finirà l’idea di potersi ricongiungere. Sono tutti alle prese del fallimento della rispettiva prospettiva, ossia vi è un atteggiamento di esaurimento dovuto dalla guerra. Il riconoscimento delle sovranità viene fatto accampando la propria e riconoscendo quello degli altri. Dal 1648 in poi avremo una continua ricomposizione e scomposizione degli attori che sono nel sistema, ma i principi resteranno sempre quelli ereditati dalla respublica christiana, dobbiamo stare uniti nella diversità e ereditiamo qualcosa che ricostruiamo. Il concetto della respublica christiana tine al suo interno cattolici e protestanti. Quando parliamo di anarchia del sistema internazionale parliamo dell’assenza di un principio ordinatore, di una fonte legittima di autorità sopra ordinata rispetto alle altre. Quindi di un sistema che ha a che fare con il conflitto e caos ma che si pone il problema del mantenimento dell’ordine. L’anarchia stessa è temperata dalla forza, o gerarchia della forza. Nel sistema internazionale tutti sono ugualmente sovrani dal punto di vista della legittimità con cui esercitano la propria autorità e potere, ma le capacità che hanno sono differenziate. La forza nella sua ineguaglianza costituisce un primo limitatore del caos. Accanto a questo vi è un diverso trattamento della violenza medesima, poiché nel momento in cui si affermano le sovranità politiche territoriali la prima cosa che le sovranità politiche territoriali rivendicano al loro interno è il monopolio dell’uso della forza, ma nel rapporto tra gli attori l’uso della forza è legittimo. Nel momento in cui concentrano e riducono la violenza all’interno si ritrovano per le mani grandi potenzialità di proiettare questa forza all’esterno. La formazione degli stati crea un presupposto per il potenziamento dell’anarchia e quindi contemporaneamente spinge verso la necessità di trovare accomodamenti. Come si può limitare la violenza tra attori statali in un mondo anarchico? 1. Non si può. Non esiste un modo di limitare la violenza tra attori statali, poiché all’interno della stessa categoria di potere è implicito sempre il ricorso alla violenza. Qualunque ordine contiene implicitamente una sanzione rispetto alla disobbedienza. Questo tipo di impostazione hobbesiana o realistica ci dice che è la politica che incorpora una violenza potenziale o espressa. Grozius dice che nel momento in cui si stanno costruendo entità politiche sovrane serve un diritto fra gli stati. Serve quindi la costituzione di istituzioni. Hedley Bull che appartiene alla scuola inglese delle relazioni internazionali ritiene che gli attori indipendenti l’uno dall’altro hanno interessi comuni che derivano dal fatto che essi sono tutti istituzioni e tutte le istituzioni politiche hanno tre obiettivi: mantenimento della pace interna, mantenere il rispetto delle promesse e la stabilità nel possesso, che deve essere stabile. Ciò che minaccia di più è la guerra. Gli stati se si fermano un attimo sanno che hanno in comune l’interesse di evitare di rompere questa situazione, lì si colloca per Bull il momento fondativo della possibilità di limitare la violenza tra attori sovrani, attraverso la costruzione di istituzioni che rendano facile convergere su questi obiettivi comuni. Esistono le istituzioni formali che iniziano ad esistere poiché gli attori decidono di dar vita ad essa; e poi ci sono le istituzioni secondo Bull che sono primarie ossia che sono frutto di consuetudine. Quindi quando Bull pensa a che cosa limita la violenza, paradossalmente la guerra stessa è una forma di limitazione della violenza poiché la guerra per come viene codificata all’interno degli stati europei, inizia formale poi deve seguire certe regole nell’applicazione e conclude in un modo. 2. La costruzione delle istituzioni cerca di risolvere il problema di violenza progressivamente cercando di ridurla. La differenza tra il comportamento che gli attori tengono tra di loro e tra quelli che percepiscono come esterni, è una serie di elementi di comunità culturale che facilita questo riconoscimento reciproco e riduzione della violenza. Ecco perché Hobbes parla di società anarchica poiché in un sistema sociale vi è un riconoscimento reciproco. 3. Il terzo filone si fa a Kant e pensa all’idea di non limitare le conseguenze dell’anarchia ma di eliminarla attraverso una federazione di repubbliche e per noi di democrazia. La trasformazione degli attori del sistema nella direzione di una maggiore consapevolezza di una natura democratica è collocare i cittadini al centro dell’obbligazione politica. Gli strumenti politici servono al benessere dei cittadini. LEZIONE 11/10/2021 Hobbes parla di società anarchica quindi soggetti con un’origine comune e spiega come mai le altre comunità politiche vengono ammesse nel sistema degli Stati. LEZIONE 18/10/2021 Possiamo parlare di un sistema di imperi nel 1500? Tra imperi vi era una interdipendenza reciproca, spesso collegati da commercio, trasporti e da conflitti. Vi era almeno un posto che non era influenzabili ossia le Americhe e gli Imperi dell’Africa nera. In questo mondo il posto più ricco del mondo è la Cina che è anche il più popoloso del mondo. COSA È UN IMPERO  un’entità politica che include uno spazio geografico esteso, molte popolazioni diverse e l’accentramento dei poteri nelle mani di una persona. Tra questi mondi vi sono principi dii legittimazione, quindi di riconoscimento reciproco molto diversificati tra loro. Se vi è una tendenza degli stati europei è la tendenza alla concentrazione di potere fino al punto in cui vi sia un equilibrio efficiente tra l’estensione e la profondità del potere su un territorio e la sua dimensione geografica. All’emergere del sistema degli stati in Europa nel 1900 vi sono imperi. Quella cartina geografica divisa in tanti diversi attori sovrani è tale poiché in Europa tutti i tentativi che si sono succeduti nel corso dei secoli di costruire egemonie sul sistema sono fallite. I vari Imperi del mondo del 1500: - CINA  popolazione di circa 300 milioni di persone e la più grandi e avanzata economia del mondo - GIAPPONE  sotto la guida di un unico imperatore, il paese era frammentato in molteplici entità politiche governate da leader militari - INDIA  ospitava una popolazione culturalmente ed economicamente avanzata di circa 110 milioni di persone - IMPERO OTTOMANO  nacque quando le tribù turche musulmane entrarono in Asia Minore nel 1500. - AFRICA SUB-SAHARIANA  godeva di una grande attività economica - EUROPA  nel 1500 godeva di una popolazione di circa 80 milioni di persone. Era organizzata in Stati dinastici - AMERICHE  vi erano due principali imperi ossia Azteco e Inca. Dalla metà del XVI fino alla dine del XIX secolo, alcuni stati europei conquistarono le Americhe, Sud Asia, Maghreb e l’Aafrica sub-sahariana. Lo sviluppo degli imperi coloniali risponde alla logica mercantilista o commercio triangolare, ossia il commercio che connetteva con le fonti di materie prima in africa e nelle Americhe e con le fonti di manodopera nell’Africa sud-sahariana. Con il mercantilismo vi è la tratta di schiavitù che diviene gigantesca. La schiavitù consente l’accumulazione di tutto quel capitale che servirà ad arrivare poi allo sviluppo di motrice inanimata, di energia inanimata. Il mercantilismo è importante per la formazione del sistema degli stati poiché è una dottrina economica perfettamente funzionale rispetto all’accumulazione del potere dello stato. L’accentramento del potere nelle mani dello stato come attore su un territorio coincide con l’idea che le risorse economiche devono essere tenute dentro e non portate fuori, in particolare l’oro. Gli imperi coloniali si espandono dove le condizioni climatiche sono migliori, dove le correnti consentono di arrivare con facilità e di sfruttare il gap tecnologico che sta nello sviluppo della marineria occidentale. I sistemi che vengono colonizzati per primi sono quelli che hanno un forte accentramento dal punto di vista del potere politico che viene travolto. ROTTA TRIANGOLARE Europa, Africa e Nord America. Nel XVII e XVIII secolo, i commercianti inglesi trasportavano beni industriali prodotti in UK verso i porti dell’africa occidentale, e vendevano questi beni in cambio di schiavi procurati da schiavisti di professione o catturati. I commercianti poi trasportavano queste persone via nave nelle piantagioni caraibiche. Qui venivano scambiate per zucchero o rum, che a loro volta venivano rivenduti in UK. Questo triangolo univa i produttori di rum del New England, gli schiavisti dell’Africa occidentale e i proprietari di piantagioni. Il miglior modo per accrescere ricchezza e potenza è mediante l’imperialismo, strategia statale che prevede la conquista di stati terzi e la creazione di colonie, aree sulle quali esercitare un controllo di tipo politico ed economico, in modo da poterne sfruttare le risorse e la popolazione, mediante commercio o insediamento diretto nei territori conquistati. ELEMENTI DEL SUCCESSO DELL’IMPERIALISMO: 1. Gli stati europei godevano di superiorità militare, soprattutto a livello tecnologico. 2. L’occidente aveva basi economiche superiori 3. Gli stati europei per decenni hanno operato all’interno di un sistema competitivo e tendente al conflitto, motivo per cui sono stati continuamente indotti a mobilitare risorse e a dare nuovi impulsi alla propria crescita economica e avanzamento tecnologico 4. Gli abitanti dell’EU occidentale beneficiarono di un clima, geografia e sistema immunitario che rese la loro ascesa più semplice. IL MONDO NEL 900 Il fenomeno della decolonizzazione non è altro che la conclusione di quella che è l’imperialismo politico formale e continuerà sotto altre vesti. Quando pensiamo alla decolonizzazione dobbiamo pensare da una parte alla legittima ispirazione dei popoli colonizzati di autogovernarsi ma dall’altro alla scoperta degli attori di colonizzazione di poter utilizzare e sfruttare le risorse a un costo più basso. Le spese delle amministrazioni coloniali erano principalmente rivolte dal controllo della popolazione locale ma dopodiché al provvedere ai colonizzatori sul luogo delle condizioni di vita il più simile di quelle che avrebbero avute in patria se fossero appartenuti a un ceto superiore. L’imperialismo e la resistenza contro l’imperialismo erano ancora i fattori che definivano il sistema internazionale del 1900. La Cina era stata costretta ad aprirsi alle merci occidentali. Il Giappone aveva resistito all’imperialismo occidentale ed era diventato esso stesso una potenza imperialistica. Gli stati uniti avevano guadagnato l’indipendenza e proiettato la loro potenza sul resto del continente. L’impero ottomano si stava indebolendo. LA STRADA VERSO LA PRIMA GUERRA MONDIALE Una guerra europea, nata da problemi europei: 1. Alleanze: Triplice alleanza (GE+AU-HU+IT) vs Triplice intesa (F+UK+RU). Il formarsi di queste alleanze rende il sistema bloccato, poiché qualunque tipo di spostamento che avviene da una parte ha ripercussioni sull’intero sistema. Nel caso delle vicende che portano alla Prima guerra mondiale questo irrigidimento è stato maggiore poiché il sistema era molto fluido al proprio interno e si stava destabilizzando, ma si stava irrigidendo istituzionalmente il tessuto delle alleanze. Vediamo da un lato un sistema che è convinto di essere stabile poiché viene da una guerra franco-prussiana. Il territorio tedesco che sta al centro è vuoto e la sua unificazione costruisce un grosso pieno e ciò crea tensioni verso settori più periferici, e quindi a essere meno all’attenzione a un efficace concerto d’Europa. La tensione inizia a spostarsi verso i Balcani. L’Austria inizia a spostarsi verso i Balcani scontrandosi con l’impero ottomano e con la Russia. Su questo sistema fluido si verifica la costruzione di un sistema di alleanze che diventano sempre di più rigidi. Una è la Triplice Alleanza. Il punto in cui si incendiano le cose sono i Balcani per una questione estremamente marginale, per la questione del passaggio della Bosnia da protettorato a pezzo interno dell’impero austro ungarico. 2. Calcoli errati: piano schlieffen, piano irrealizzabile per la tecnologia del tempo ed inoltre è la rappresentazione massima della cattiva interpretazione dell’innovazione tecnologica poiché prevedeva che la Germania sarebbe stata per forza in guerra contemporaneamente su due fronti. 3. Una crisi locale fuori controllo: dalle guerre balcaniche alla Guerra mondiale. La Prima guerra mondiale collega in maniera esplosiva le crisi mondiali alle crisi generali e porta all’esasperazione dell’instabilità del sistema. PRIMA GUERRA MONDIALE: E’ una guerra di nuovo tipo, caratterizzata dalla guerra di Trincea. Le condizioni più dure del Trattato di Versailles è la parte finanziaria: vi sono condizioni punitive per la Germania e inoltre vi è la dissoluzione dell’impero ottomano; tutti i paesi che avevano vinto la guerra erano in realtà pesantemente indebitati con gli stati Uniti. Si sviluppa subito dopo la 1ww il primo barlume di pensiero internazionalista, le relazioni internazionali come disciplina nascono nel 1919 e nascono con l’idea che se noi capiamo fino in fondo e riusciamo a spiegare le dinamiche della politica internazionale innovandole e spiegandole in maniera diversa noi riusciamo ad eliminare quei fattori che portano alla guerra. Le relazioni internazionali nascono con la prospettiva di un’unità. È lì che nasce il filone idealista; idealismo poi è una versione del liberalismo politico ed economico fondato sull’idea che da un lato modificando quelli che sono i rapporti tra decisori e coloro i quali subiscono decisioni sia possibile una spinta maggiore verso la decisione di poter entrare in guerra e dall’altra parte fondata sull’idea tipicamente liberale che se spostiamo l’economia interdipendente avremo così tanti interessi che l’ultima cosa che penseremo sarà quella di fare un conflitto. Tutti gli attori degli Stati dirigenti vivono una forte dualità: - Belle époque con una tranquilla e stabile pace e nessuno vuole farla saltare - L’aspettativa che un conflitto ci sarà, il sistema sembra un’utopia, ma si vede al conflitto come rapidi e non dolorosi, questo perché le classi dirigenti di quel momento non vedevano conflitti se non quelli coloniali, i conflitti più grossi ricorrevano alla guerra franco prussiana ed è abbastanza lontana per loro, e non c’è nessuna cortezza di quella che è la trasformazione tecnologica e l’idea che il mondo si stia rammollendo e quindi iniziano a pensare che forse la guerra potrebbe essere un’occasione che si stia chiudendo e togliere il socialismo (Austria su Russia, Francia su Russia, Germania su UK) Dopo la WW1 nascono le istituzioni internazionali, la più importante è la Lega delle nazioni che è la prima organizzazione che si pone per scopo quella di governare l’anarchia internazionale, ambizione che ritroveremo anche all’Onu. Ci sono nel 1925 gli accordi di Locarno per risolvere le tensioni sui confini, 1928 patto Kellog-Briand per l’eliminazione giuridica della guerra. LEZIONE 20/10/2021 Dopo l’istituzione della Triplice Alleanza entra l’Italia che ha molta voglia di allearsi con la Germania. I soci dell’alleanza sono tutti dentro per motivi diversi: l’Austria è per ancorarsi al sistema europeo, proteggersi le spalle, poter bilanciare la questione ungherese, poter guardare i Balcani; l’Italia vuole stringere un rapporto con la Germania, ha un rapporto complicato con la Francia; la Germania vuole consolidare il suo ruolo di potenziale egemone. La germana fa il trattato di contro-assicurazione con i russi, in ottica sistemica è un tentativo della Germania di evitare che l’intrappolamento possa tirarla nel casino dei Balcani, mettendola in conflitto con la Russia. Gli eventi cominciano a precipitare poiché la tensione austro-russa su quello che è l’eredità dell’impero ottomano è più forte della capacità tedesca di giocare su tre tavoli diversi. I tedeschi con Bismark cercavano di risolvere in parte le questioni coloniali e allo stesso tempo fare in modo che Francia e Inghilterra fossero vivaci. A questo punto da un lato la Francia si lega alla Russia e nasce l’intesa franco-Russia e questo per la Germania è il solidificarsi di un grosso problema, poiché è materializzarsi dell’idea di un possibile conflitto su due fronti. L’Italia a fine del primo decennio del 900 attacca l’impero ottomano per costruire la Libia e per chiudere quella guerra la porta vicino agli stretti e le potenze non si muovono fino a quando gli italiani portano il casino ai Dardanelli. Ma non si fa in tempo a chiudere la guerra in Libia che iniziano le due guerre balcaniche. Tipicamente le alleanze si confrontano con la paura, che porta gli stati ad allearsi, che sono fatte da un attore più forte che riesce ad attrarre a sé attori più deboli. Una volta che l’alleanza è fatta, all’interno si generano due paure: la paura del debole di essere abbandonato e la paura del forte di essere intrappolato. Se le alleanze non sono ben studiate il rischio è che crescano queste due paure. Ma le alleanze creano un altro tipo di paura ossia di quelli fuori dall’alleanza. Il terzo effetto delle alleanze è creare illusioni: l’Austria- Ungheria man mano che le cose vanno avanti sarà sempre più convinta che stando alle spalle della Germania potrà risolvere una serie di questioni. La Serbia sarà convinta che con la Russia le consentirà di prendere rischi di più. Ci si illude che nessuno farà scoppiare una guerra. Per CUBA  Perché accettano situazione che porterebbe forse USA a bombardarli? Loro escono da crisi della ‘’baia dei porci’’, governo USA pur di riversare regime sarebbero loro qualcosa, già ha subito un tentativo di rivestimento militare da USA, temono possano fare ora direttamente, quindi devono proteggersi da questo, e l’unica soluzione efficace è diventare clienti di Mosca. Per la NATO  Vuol capire fino a che punto USA sono disposti a fare qualcosa per protezione dei loro alleati. Interessi di difesa europei sono sacrificabili? Togliere missili da Turchia messaggio ambiguo per NATO. DECOLONIZZAZIONE  uno degli sviluppi più importanti dopo il 45 fu la creazione di nuovi stati mediante il processo di decolonizzazione, ovvero la conquista dell’indipendenza da parte di Stati che prima erano sotto il giogo di potenze coloniali. Le cause che portarono a ciò:  Nazionalismo, ovvero quel forte senso di comunità nazionale da parte di un particolare gruppo di persone all’interno di uno spazio geografico delimitato  Idea di autodeterminazione  Le potenze europee dovevano affrontare sempre più i crescenti costi di gestione delle colonie, sia amministrativi che militari, dato che crescente era il sentimento di indipendenza delle popolazioni colonizzate. Per alcuni leader del terzo Mondo il ruolo dei nuovi paesi era ovvio: avrebbero dovuto essere non allineati e costituire un’entità politica a sé stante. Mel 1955 i leader di India, Egitto, Indonesia, Ghana e Iugoslavia organizzarono una commissione durante la quale annunciarono la creazione del Movimento dei paesi non allineati: obiettivo era quello di offrire una terza via che avrebbe garantito ai paesi partecipanti il distacco dal confronto tra le superpotenze. LEZIONE DEL 25/10/2021 LA FINE DELLA GUERRA FREDDA Spiegazioni possibili: - Spiegazione Domestica: URSS in prossimità della fine. Nel 1985 Gorbačëv salì al potere convinto che il sistema avrebbe doveva essere riformato se l’URSS avesse voluto rimanere superpotenza nel lungo periodo. Egli mise al centro del suo programma di riforma due concetti la ricostruzione e la trasparenza, in senso di apertura politica. Ma l’apertura politica diede modo agli occidentali in Estonia, Lituania, Lettonia, Ucraina si esprimere il proprio risentimento nei confronti dell’élite russa. Gorbačëv tentò di bloccare questi movimenti indipendentisti minacciando l’uso della forza. Ma alla fine la Russia stessa dichiarò indipendenza, fino allo scioglimento dell’URSS nel 1991. - Spiegazione Esterna: URSS non crolla per motivi interni, ma perché dall’esterno provengono pressioni tali da non essere in grado di reagire, come la politica USA di Reagan, il ruolo delle guerre stellari: iniziativa di difesa strategica che ha portato a grandi investimenti USA che l’URSS ha dovuto mettere da parte una serie di settori per poter contrastare queste spese. URSS indietro con la tecnologia informatica e questo gli ha portato a meno controllo e sopravvalutare la fattibilità delle guerre stellari. Si assiste anche a maggiore pressione nei conflitti regionali (proxy conflicts), quindi il fatto che si ha una pletora di conflitti adottati durante la guerra fredda, alcuni a favore USA ed altri URSS, e man mano, URSS non è in grado di stare dietro a queste pressioni. Inoltre gli USA mise in luce la bancarotta in cui si trovava il sistema, facendo aumentare i costi della difesa e di gestione dell’impero, spingendo così l’URSS in rovina. - Spiegazione basata sui Leader: Reagan vuole sconfiggere URSS, ma cambia idea volendo sostenere l’idea di Gorbachev, che voleva togliere la pressione internazionale per sistemare la situazione interna. Ma ci sono anche altri personaggi, Margaret Thatcher ad esempio, o Papa Giovanni Paolo II, che hanno influito sul piano internazionale - Spiegazione basata sulla società di USA, EU e URSS: ad un certo punto cambia la percezione del mondo, si ha maggiore interdipendenza principalmente tra le parti del mondo occidentale (G7), movimenti per la pace, la paura del nucleare ha creato un sistema di nuclear freeze. Durante questo periodo di distensione, ossia rilassamento delle tensioni bipolari, molte aziende e agricoltori occidentali iniziarono a fare profitti attraverso la vendita di apparecchiature industriali, beni di consumo e grano all’URSS e EU dell’est. A inizio anni 80 la paura della guerra nucleare si diffuse in tutto il mondo. Un massiccio movimento pacifista emerse in Eu occidentale e negli USA, chiedendo ai governi USA e URSS su cessare la produzione di armi nucleari. LEZIONE DEL 27/10/2021 ORDINE INTERNAZIONALE CONTEMPORANEO  Alcuni analisti dicono che lo scioglimento dell’URSS abbia creato un sistema unipolare, ovvero una distribuzione di potere che prevede l’esistenza di un’unica potenza. Secondo questa visione, nei due decenni del 91, gli USA cercano di mantenere la propria posizione al vertice della gerarchia internazionale e di consolidare e rafforzare quegli elementi dell’ordine internazionale he riflettevano al meglio i valori e gli interessi statunitensi. La momentanea supremazia degli USA in termini di potere relativo però non si è trasformata in una sorta di onnipotenza globale statunitense.  Nello stesso arco di tempo, gli stati europei si sono uniti per formare l’UE  Il GIA si lanciò nel settore industriale e tecnologico  La RU è diventata meno democratica, ma più ricca esercitando la propria influenza sui deboli stati confinanti e traendo vantaggio dall’ingente domanda globale di petrolio e gas naturale.  Altra caratteristica distintiva è la globalizzazione, un perdurante processo di integrazione economica e tecnologica, sostenuto dai rivoluzionari passi avanti fatti negli ultimi anni dai settori dei trasporti e delle telecomunicazioni. TEORIE DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI PERCHE’ ABBIAMO BISOGNO DI TEORIE DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI? Ci consentono di vedere alcune cose, poiché la realtà è molto complessa e necessità di modelli che aiutino a comprendere la politica internazionale. Vi sono cinque importanti tradizioni teoriche, che consentono di cogliere meglio alcuni aspetti rispetto agli altri e che si sviluppano in questa progressione: Realismo, Liberalismo, Costruttivismo, Marxismo e Femminismo. Le prime due hanno costituito l’ossatura portante della disciplina dal suo sorgere fino agli anni 80, che hanno alimentato uno dei grandi dibattiti di tipo metodologico; esse hanno due visioni contrapposte. Il Costruttivismo è la tradizione che esaspera le premesse del Liberalismo, il mondo può cambiare ma solo se cambiano le idee poiché la realtà vincola le possibilità di scelta in maniera deterministica; quindi, fa meglio chi comprende la realtà e ci si adatta. Il Liberalismo pensa che attraverso le azioni tu possa cambiare la realtà nella direzione di liberare le potenzialità, creatività dell’essere umano. Marxismo parliamo di tutta la tradizione che deriva dal pensiero di Marx, ma non solo poiché vi sono anche gli altri studiosi che si ispiravano a lui; anche lui a un rapporto con la realtà, poiché la realtà economica determina in qualche modo la realtà politica. Persino all’interno del marxismo inteso come gruppo di teorie che studiano le relazioni internazionali e come dottrina politica e di studio della politica, vi è una varietà di posizioni. Le teorie Femministe sono quelle più recenti, vi è stato un cambiamento forte dall’emancipazione femminile che possiamo ipotizzare che quando questa emancipazione avrà prodotto i frutti necessari vi sarà un cambiamento della concezione stessa della politica. RENDERE LA REALTA’ COMPRENSIBILE E SPIEGARE MEGLIO PERCHE’ LE COSE SUCCEDONO, gli strumenti sono diversi, la metodologia è la stessa. Realismo: il sistema internazionale è fatto da stati, ossia da soggetti tutti uguali tra di loro, servono a fare la stessa cosa e l’unica cosa che cambierà sarà la dimensione. Liberali: vi sono gli stati che formano tra di loro un sistema particolare in cui concorrono le organizzazioni governative internazionali, che esistono grazie al fatto che gli stati li fanno esistere. La complessità è maggiore poiché è un continuo tentare di influenzarsi reciprocamente. Liberalismo -> Realismo -> Costruttivismo -> Femminismo Alcuni dei protagonisti del dibattito: Angell, Bull, Koehame, Ikenberry, Wendt, Waltz Grandi dibattiti che sono quattro, questi comportano delle rotture quando finiscono tutto ciò che devono esporre. PRIMO DIBATTITO: LIBERALISMO – REALISMO Liberalismo, ciò che è razionale. Il protagonista politico era Wilson, che era molto criticato perché molto razzista. Negli anni ’30 ci si rende conto che le linee guida del liberalismo hanno qualcosa che non va e Wilson, che era liberale, si trova a scontrarsi con Carr, che ha un’impostazione realista, e si realizza così il primo grande dibattito, tra il liberalismo e il realismo. E vediamo come la vittoria sia del Realismo. Vediamo quali siano gli elementi contrastanti tra questi due filoni di pensiero (liberalismo – realismo): LIBERALISMO REALISMO 1920-1930 1950 DIRITTO INTERNAZIONALE POLITICA DI POTENZA ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI SICUREZZA INTERDIPENDENZA AGGRESSIONE COOPERAZIONE CONFLITTO PACE GUERRA Le origini del realismo risalgono al realismo classico con Tucidide e le guerre del Peloponneso. Ma il vero fondatore del realismo, è Morgenthau, in quanto studioso di relazioni internazionali. Morgenthau vede la nascita dello Stato e la sua distruzione con il nazismo in Germania, e vede l’equilibrio nuovo degli USA, uno Stato caratterizzato dall’eccesso, e al quale questo autore decide di porre la propria teoria dei limiti dell’eccesso, così decide di combinare questi due equilibri, la politica incastonata tradizione nell’essere umano e la novità USA. E individuiamo sei principi del realismo politico: 1) La politica è radicata nella natura umana: egocentrismo e amor proprio 2) La politica è una sfera autonoma 3) Ciascun individuo è interessato innanzitutto alla propria sicurezza: la politica è lo scontro degli interessi 4) Etica delle relazioni internazionali è un’etica situazionale e di responsabilità politica 5) Non inseguire le ideologie 6) Analisi “realista”, basato sulla consapevolezza dei limiti della natura umana REALISMO Il realismo vede le RI come una lotta per la potenza e la sicurezza fra Stati-nazione, ossia la reciproca competizione in un mondo caratterizzato dalla presenza perenne di pericolo. Secondo la prospettiva realista, in un mondo anarchico, nel quale gli Stati- nazione devono provvedere da sé alla propria sicurezza, la rivalità e il conflitto sono inevitabili. Nella politica internazionale, la risoluzione dei conflitti fra Stati dipenderà dalla distribuzione della potenza. Il realismo è una visione semplice della realtà internazionale che considera la concorrenza per la potenza tra gruppi o Stati il tratto centrale e duraturo delle relazioni. Si basa su 5 assunti: 1. nessuna autorità superiore può imporre regole o ordine: spetta ai singoli Stati di provvedere alla propria difesa in un mondo di anarchia. Il potente prevale e il debole soccombe. Il risultato dell’anarchia è l’identicità della politica internazionale attraverso le epoche; 2. gli Stati sono attori principali delle relazioni internazionali: poiché l’anarchia crea insicurezza, gli uomini si sono sempre divisi in gruppi predisposti al conflitto. Oggi, la forma più comune assunta da tali gruppi confliggenti è lo Stato. gli stati occupano una posizione centrale in quanto unità che controllano la potenza e sono in competizione tra loro; 3. gli Stati sono attori ragionevolmente razionali: in grado di riconoscere le condizioni circostanti, i rischi e le opportunità della sfera internazionale. Quando gli Stati intraprendono determinate azioni, essi sono capaci di cogliere i futuri vantaggi e le future perdite e di adeguare il loro comportamento quando i costi di tali azioni superano i benefici. 4. la sicurezza è il problema centrale della politica internazionale: è una conseguenza all’anarchia, che fa sì che gli Stati si muovano in un sistema internazionale in cui la guerra e violenza sono sempre in agguato. La politica estera è innanzitutto un esercizio di sicurezza nazionale; 5. la ricerca della sicurezza è un’impresa concorrenziale: motivo per cui rivalità e conflitto sono ritenuti aspetti intrinseci della politica mondiale. Il potere ha una qualità relazionale se uno Stato si rafforza gli altri si indeboliscono. Alcuni stati sono più ricchi di altri e, siccome potenza e benessere vanno di pari passo, essere più ricchi significa essere sicuri e prosperi. Quindi, i realisti pensano che la competizione sia un aspetto naturale e duraturo nelle RI. I concetti fondamentali sono: 1. ASSERZIONE PRIMARIA  L’equilibrio di potenza è una dinamica basilare che gli Stati hanno perseguito per secoli. L’equilibrio di potenza è una strategia impiegata dagli Stati per proteggersi in un contesto mondiale anarchico e pericoloso. Di fronte all’ascesa di nuove potenze e alle minacce di altri Stati, uno Stato può tentare di difendersi generando una potenza di contro bilanciamento. Lo stato minacciato può anche neutralizzare o bilanciare la potenza avversaria formando una coalizione dotata di potenza militare sufficiente a contro bilanciare lo stato che pone minaccia. Una delle tendenze più antiche delle RI è quella per cui l’ascesa di uno stato potente innesca la formazione di una coalizione di stati che cercano di proteggersi come gruppo attraverso il contro bilanciamento dello stato in ascesa. Gli Stati esistono all’interno di un sistema anarchico e quindi si ha il dilemma di sicurezza. Quando uno di questi cerca di assicurare la propria sopravvivenza nel sistema internazionale, acquisendo potenza militare, ma nel farlo prova insicurezza in un altro Stato, portandolo a cercare di proteggersi procurandosi potenza militare à insicurezza reciproca. I dilemmi della sicurezza sono il risultato dell’interazione delle differenze che possono esistere tra i modi di intendere le motivazioni e le azioni di ciascuno stato. 2. ASSERZIONE COMPLEMENTARE A QUELLA PRIMARIA  Gli Stati reagiscono a situazioni di minaccia formando alleanze. Le alleanze sono coalizioni di Stati creati al fine di garantire protezione reciproca e costituiscono la principale forma di cooperazione tra Stati. Gli Stati danno molta importanza ai guadagni relativi o alla posizione relativa. Affinché uno Stato all’interno del periodo di riforme, la Cina è debole, poiché non ha capacità tali da poter chiedere una revisione del suo status. Questo produce una certa stabilita del sistema fino al 2008. I fatti di piazza tienanmen è l’effetto di una aspettativa sbagliata da parte dell’opinione pubblica interna, poiché la transizione all’interno di un regime avrebbe seguito quello che stava accadendo in Unione Sovietica, ossia la spinta verso la liberalizzazione. Vi è un paradosso all’inizio ossia nel momento in cui il Partito comunista per la prima vola era stato sul punto di perdere il potere, a quella repressione politica non era stata seguita nessuna repressione di carattere economico-sociale, non vi era stata nessuna marcia indietro in termini di riforme economiche e nemmeno una criminalizzazione dei ceti economici-sociali che avevano espresso quella protesta, erano stati puniti quelli che protestavano, ma non le famiglie o ceti di coloro che protestavano. Dal punto di vista dell’opinione pubblica cinese questa era stata una rassicurazione sul fatto che la stagione di riforme economiche sarebbe continuata a patto di non mettere in discussione la leadership. Ciò significa che non si riprodurrà quello che era successo le altre volte nella storia cinese, in cui le lotte interne alla leadership del Partito comunista erano state poiché pagate da quei ceti sociali che avevano appoggiato una o l’altra fazione o che semplicemente erano state avvantaggiate da una o l’altra fazione nel momento in cui quelle fazioni perdevano. Caso classico è la stagione dei cento fiori quando Mao cerca di uscire dall’economia di guerra e di far partire l’economia cinese e quindi spinge le capacità di quelli che erano i vecchi ceti borghesi ereditati da prima della rivoluzione del 49, lancia l’idea che ognuno metta la propria capacità a servizio del paese, quando questa cosa rischia di far perdere potere a Mao, lancia alla riforma culturale. Primo elemento è che quando vediamo la transizione del potere all’interno del sistema autoritari possiamo avere forme di estremizzazioni del momento del rischio di transizione o momenti di minimizzazione. Dal punto di vista del sistema internazionale i tre autori riflettono su questo e si chiedono come mai i sistemi politici a volta reagiscono in maniera molto dura rispetto a spostamenti di poteri mentre altre volte i sistemi internazionali sono molto elastici rispetto allo spostamento del potere. E la risposta che danno è che dipende da cosa gli altri ritengono che sia ragionevole che la potenza emergente chieda. Schweller cerca di rispondere a una domanda: perché gli stati non bilanciano? Dal punto di vista empirico ci si è resi conto che gli stati non bilanciano spesso, anzi se vi è un comportamento che gli stati tendono a tenere maggiormente è state dalla parte dei più forti ed evitare di mettersi in posizione di contesa. Schweller prova a ragionare su due caratteristiche: 1. Una che riguarda gli stati dentro il sistema internazionale (come sono messi gli stati nel sistema internazionale), nel senso che egli dice che i un sistema internazionale vi saranno due tipi di grandi potenze, una grande potenza e delle grandi potenze che sono soddisfatte e a favore dello status quo. La teoria dell’equilibrio è sempre una teoria conservatrice poiché tende a dire che il mantenimento dell’equilibrio è un obiettivo in sé. Queste potenze Sh. le chiama i leoni. Ma non tutte le grandi potenze sono in queste condizioni, vi possono essere potenze che non sono contente poiché hanno uno status che non è appropriato alla loro capacità. In genere sono potenze che sono uscite sconfitte da una grande guerra che ha dato vita al sistema o che nl momento in cui venivano distribuite le posizioni non erano in grado di far valere le proprie ragioni (la Cina nel 45); oppure potenze che sono molto cresciute nel periodo dell’ultima guerra costituente a quando il sistema inizia ad entrare. Lui chiama questa potenza LUPI. Il problema del bilanciamento è costituire alleanze per ripristinare un equilibrio. Quindi nelle alleanze contano anche le medie-piccole potenze che si possono dividere anch’esse in due categorie: le medie piccole potenze soddisfatte dello status quo e quindi si allineano con i leoni, chiamati agnelli. Poi vi sono piccoli-medie potenze che non sono soddisfatte e si allineano con i lupi, chiamate sciacalli. L’equilibrio del sistema dipende da quanti leoni e lupi vi sono, ma anche quanti agnelli e sciacalli vi sono. Non si nasce e muore lupi o leoni, ma a volte si diventa, poiché le condizioni mutano. 2. Non basta questa cosa qua, poiché resta il fatto di domandarci perché gli stati ritardano così tanto a bilanciare…cosa porta gli stati ad essere svelti o lenti nella politica di bilanciamento. Un bilanciamento tempestivo spesso significa impedire che si scivoli nel conflitto. Un ritardo nel bilanciamento significa dover ricorrere a mezzi più costosi, ossia la guerra. Sch. si chiede quindi questo e la risposta è molto chiara: dipende da quanto sono solide le istituzioni interne di quello stato, da quanto le élite concordano nel definire la minaccia esterna provenire da una parte piuttosto che all’altra e da quanto le élite sono state capaci di inglobare le masse all’interno del loro sistema politico. Quindi i tempi dipendono da quanto sono solite le istituzioni interne di quello Stato, da quanto le élite concordano nel definire la minaccia esterna, e quanto le élite sono state in grado di inglobare le masse al loro interno (francesi e inglesi erano indecisi sul definire chi era il nemico alla fine della Prima guerra mondiale, i fascisti o i bolscevichi, e non c’è concordanza all’interno dei sistemi politici e ritardano a bilanciare perché non sono coesi). Il realismo di Schweller ci riporta da un lato alle preoccupazioni di Morgenthau e dall’altro il rapporto tra politica ed economia e l’influenza che c’è tra queste. LA SCUOLA INGLESE DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALE Emersa in GB nel dopoguerra, essa conviene con l’idea realista per cui gli stati operino all’interno di un contesto anarchico e gli stati si sono organizzati in quella che essi chiamano società internazionale. La scuola inglese studia le dinamiche storiche del moderno sistema degli stati. L’enunciazione classica della visione propria della scuola inglese è offerta da La società anarchica: l’ordine nella politica mondiale di Bull: - gli stati sono attori indipendenti e in competizione reciproca all’interno di un mondo dominato dalla politica di potenza; - gli stati hanno interessi condivisi nella gestione della loro condizione anarchica; - sono egoisti, ma nutrono un comune interesse in un ambiente stabile e basato su regole. In particolare, condividono un interesse a stabilire regole del gioco in tre ambiti: la limitazione dell’uso della forza, inviolabilità degli accordi internazionali e sicurezza de diritti di proprietà; questi interessi implicano che gli stati abbiano incentivi a creare relazioni tra loro, collaborare - il concetto di società internazionale si riferisce a una vasta gamma di norme, regole e istituzioni che riflettono e guidano le relazioni inter-statali; - una società internazionale esiste quando un insieme di stati hanno stabilito norme e istituzioni comuni fondate sul dialogo e consenso, per regolare i loro rapporti reciproci. La scuola inglese si distingue per il tipo di socialità del sistema degli stati. Alcuni esponenti pongono l’accento sul carattere pluralistico della società internazionale; mentre altri enfatizzano il suo carattere solidaristico. LIBERALISMO Guerra e conflitto sono da sempre aspetti pervasivi delle relazioni internazionali. Lo stesso può però dirsi della tendenza degli Stati a commerciare, risolvere dispute e dell’interesse per i rapporti di cooperazione. La tradizione liberale offre una varietà di idee sul perché la cooperazione abbia luogo nel sistema globale. Il liberalismo è una tradizione con profonde radici storiche che ritiene che la natura interna degli Stati e gli interessi sono gli aspetti più importanti delle relazioni internazionali. Mentre il realismo considera l’anarchia e lotta per il potere tratti distintivi delle RI, il liberalismo ritiene che la natura interni degli stati siano gli aspetti importanti. Il sistema internazionale è fatto da tre sottosistemi che in base al periodo storico pensano in maniera diversa ma sono sempre compresenti: - Il sistema istituzionale internazionale: fatto dalle istituzioni e dalla legge internazionale - Il sistema politico internazionale: fatto dalle distribuzioni di forza tra gli Stati - Il sistema economico internazionale: fatto dalle interdipendenze tra Stati La dottrina che si occupa di questi tre sistemi è il liberalismo politico, una corrente di pensiero che fonda le sue origini nel liberalismo e nell’illuminismo, ha un’idea fondamentale e che si trasporta nel tempo ed è quella dell’evoluzione, non solo di cambiamento ma di progresso. Il liberalismo oggi ci sembra in crisi perché sta perdendo il suo centro, il progresso, lo sviluppo, la realizzazione delle potenzialità degli individui. Il liberalismo riflette sulla relazione tra commercio internazionale e politica internazionale e come questo porti ad un cambiamento nel rapporto tra gli attori politici. Un secondo filone riflette invece sull’impatto della democratizzazione, intesa come diffusione delle democrazie (idea liberale che il mondo diventa un posto sicuro per la democrazia e quindi la pace), nel sistema internazionale. Il terzo filone, si occupa invece dell’effetto pacificante delle istituzioni internazionali quindi il fatto che l’aumento di densità delle istituzioni nel sistema internazionale renda più prevedibile il funzionamento del sistema, quindi alza la soglia del dilemma della sicurezza (mi sento meno minacciato e quindi non assumo comportamenti aggressivi). Assunti di base del liberalismo: 1. Il mondo è in un continuo processo di modernizzazione. Processo di creazione, invenzione, innovazione e perfezionamento. In conseguenza di questo incessante processo, gli uomini e i gruppi progrediscono. Il processo di modernizzazione è trainato dalla forza della scienza e della tecnologia. I realisti tendono a concepire la storia in termini di ciclicità, in cui gli uomini compiono ripetutamente i medesimi errori. I liberali sono più inclini a rilevare il progresso, che si manifesta in condizioni politiche, economiche e sociali. 2. I principali attori delle relazioni internazionali sono gli individui e i gruppi. A seconda dei loro interessi e delle loro inclinazioni, si possono formare delle comunità di ordinamenti politici al di sopra e al di sotto del livello dello Stato nazione. Gli Stati nazione e il sistema di Stati sono ritenuti anche essi importanti. La dimensione e natura specifiche delle comunità politiche evolvono e mutano col passare delle ere storiche. 3. Gli individui, incorporati nelle strutture profonde delle società in cui vivono, hanno incentivi e impulsi al commercio, alla contrattazione, alla negoziazione e alla ricerca della cooperazione in vista di un guadagno congiunto. Gli individui sono in grado di superare lo schema mentale dei guadagni relativi e cogliere l’opportunità dei guadagni congiunti basati sul commercio, lo scambio e la cooperazione. 4. La modernizzazione e il progresso hanno la tendenza a condurre la società lungo un percorso comune indirizzato verso la democrazia e la società di mercato. I liberali ritengono che il movimento della storia sia più o meno liberale, con un percorso che indirizza le società in via di sviluppo e quelle avanzate verso la democrazia liberale e il capitalismo. 5. Il progresso è qualcosa che esiste davvero e la condizione umana di sicuro migliorerà. I liberali credono che gli individui e i gruppi imparino reagendo a incentivi e sensibili ai diritti umani e alla correttezza morale dello Stato di diritto. Le cinque asserzioni:  Liberismo commerciale, risale a Smith. Idea che la società di mercato e l’interdipendenza economica tendano a rendere più pacifiche le relazioni tra gli Stati. Con l’aumento delle relazioni economiche tra due Stati cresce anche l’interesse di questi ultimi a intrattenere relazioni reciproche stabili e costanti; ciò avviene perché ciascun paese dipende dal commercio e dagli scambi continui con altri per garantire benessere. I liberali sostengono che con l’intensificarsi dei rapporti economici fra gli Stati-nazione, affioreranno degli interessi acquisiti che spingono a mantenere relazioni stabili aperte e cooperative. Un sistema di libero mercato poteva portare il consumatore a essere condotto da una mano invisibile a perseguire un fine che non rientra nelle sue intenzioni. In questo modo, Smith e gli altri liberali reputavano che una società di mercato avrebbe eliminato alcune delle cause della guerra inducendo gli stati ad abbandonare colonizzazione e barriere doganali come strumenti di politica estera e commerciale. La ricchezza economica alimentata da una sempre maggiore interdipendenza renderà la guerra e la competizione nell’ambito della sicurezza meno probabili poiché i costi del conflitto saranno inaccettabilmente alti.  (legata alla prima) Le democrazie tendono a non combattersi tra di loro (teoria della pace democratica). Proposta per la prima volta da Kant. Secondo questo ragionamento le democrazie, o ciò che Kant chiamava “repubbliche”, sono insolitamente pacifiche le une rispetto alle altre. Le repubbliche sono intese come Stati dotati di governi eletti, di una stampa libera, della proprietà privata e rispettosi dello Stato di diritto. La sua aspettativa era che con il diffondersi della democrazia nel mondo, sarebbero aumentate anche la pace e la stabilità mondiali. Egli prevedeva una sfera sempre più ampia di rapporti pacifici fra le democrazie, una sorta di federazione democratica o unione di stati con visioni e interessi simili che si uniscono e collaborano per creare una zona di pace. Gli studiosi liberali hanno proposto una quantità di ragioni per cui le democrazie non combattono fra di loro. Una delle ragioni è che le democrazie hanno delle preferenze in comune. È difficile per le democrazie dichiarare guerra ad altri Stati democratici quando esistono legami così forti basati su valori e interessi condivisi. Altra ragione per cui le democrazie non si combattono è che in questi sistemi politici sono i cittadini a sostenere i costi della guerra e a scegliere i propri leader; altra ancora è che le democrazie tendono ad avere governi trasparenti e tenuti a rispondere ai loro cittadini e ciò rende più semplice per questi stati nutrire fiducia reciproca e collaborare.  Gli Stati instaureranno relazioni internazionali imperniate sul diritto e sulle istituzioni internazionali. I liberali in generale sostengono che le regole e le istituzioni internazionali hanno un ruolo importante nel determinare il funzionamento delle relazioni tra Stati. Il potere dello stato doveva cedere allo stato di diritto e alla sovranità degli individui. I teorici liberali hanno anche sviluppato ragionamenti più pragmatici sulle motivazioni e sui modi in cui regole e istituzioni contano nelle relazioni internazionali. In date circostanze, gli Stati semplicemente hanno interessi diversi, perciò le istituzioni non saranno di alcun aiuto nel promuovere la cooperazione internazionale. In altre situazioni gli Stati non collaborano perché non hanno fiducia gli uni negli altri. Si tratta dell’idea funzionalista: le istituzioni sono strumenti che permettono agli Stati di sviluppare forme di collaborazione più efficienti e durature. Gli Stati accettando di attenersi a un sistema di regole e istituzioni, essi stanno acconsentendo a limitare la loro libertà di azione. I liberali sostengono che gli stati accettano di vincolarsi ad accordi internazionali nei casi in cui una tale decisione crea incentivi e obblighi che inducono altri a fare lo stesso.  Le relazioni transnazionali forniscono importanti connessioni tra gli Stati. Il transnazionalismo si riferisce alla tendenza di gruppi interni a dati paesi di formare associazioni di cooperazione con soggetti collettivi presenti in altri Stati. Mentre i realisti sostengono che le interazioni interstatali sono le più rilevanti. I liberali sottolineano come le interazioni tra società possono determinare schemi di cooperazione e conflitto all’interno del sistema globale (gruppi transnazionali: ambientalisti, diritti umani, sette religiose e associazioni scientifiche o terroristiche). I gruppi transnazionali possono influire sulle RI in vario modo. In alcuni casi il fine consiste nell’operare come gruppi di pressione per modificare determinate politiche statali (Green peace, Amnesty).  Importanza del cosmopolitismo. La tendenza di individui provenienti da paesi diversi di accettare gli uni e gli altri come cittadini globali. Il cosmopolitismo è opposto al nazionalismo. Il cosmopolitismo comporta la capacità di identificarsi con persone provenienti da terre e culture differenti. Una riflessione che già pone Krasner, liberale molto attento alle questioni realiste, ci dice che il potere relativo non dipende solo dalla dimensione della potenza dello stato, ma dipende anche da che succede nelle tue capacità relazionali di contrattazione, in cui chi è debole può far valere le sue capacità di relazione di contrattatore, ma dall’altra parte anche chi è forte attraverso le istituzioni internazionali può amplificare il suo potere. Putnam dà una grande spiegazione riguardo la politica domestica: vi è una pressione sistemica dall’esterno sul comportamento degli attori ma contemporaneamente vi è una pressione domestica dal punto di vista degli aventi causa rispetto al comportamento dello stato. in realtà quando uno stato si muove sulle vie internazionali attraverso la politica estera si muove attraverso questo gioco a due livelli: minimizzare la pressione che viene dall’esterno, massimizzare il soddisfacimento dei vantaggi per le proprie pressioni interne. Dal punto di vista poi dalle conseguenze dei regimi che sono innanzitutto la CREDIBILITA’. Se ci pensiamo siamo passati dal sistema di Bretton Woods al sistema dell’euro come un progressivo aggiustamento rispetto alla credibilità del singolo attore a tenere fede rispetto alle proprie promesse. L’efficacia dei regimi dipende dai campi di applicazione. Questo tipo di filone è molte dialogante con gli approcci che sollevano critiche nei suoi confronti ed è fatto allo stesso modo del realismo. Un secondo filone è L’ISTITUZIONALISMO SOCIOLOGICO. Bisogna tenere presente che i regimi sono dei fatti sociali in cui non conta solo la possibilità di perseguire un oggetto, ma i soggetti che entrano a comporre un regime vengono a loro volta ridefiniti attraverso la membership del regime stesso. Non è che esistono semplicemente gli stati e le istituzioni, esistono gli stati e le istituzioni che modificano l’ambiente internazionale, ma le istituzioni modificano anche la natura di uno stato. il concetto di razionalità si applica non solo ad attori egoistici, ma l’attore egoista impara e attraverso l’apprendimento sviluppa elementi di conoscenza comune che ridefiniscono il suo concetto di razionalità. Nella massimizzazione dell’utilità vi è anche la logica dell’appropriatezza, quando sono in ruolo il comportamento appropriato rispetto al ruolo fa parte dell’utilità. Gli attori non sono immutabili poiché modificando ‘ambiente modificano l’influenza dell’ambiente su di loro e ampliano quelli che sono i loro interessi e le loro aspirazioni. Si chiama sociologico poiché si pensa che gli attori all’interno di una società retroagiscono con la realtà continuamente. SVILUPPI Ernst Haas: dal suo punto di vista vi è tutto ciò che porterà allo sviluppo del funzionalismo ossia lo sviluppo della cooperazione in uno settore rende possibile ampliare i settori di cooperazione e approfondire i settori di cooperazione. Questo è ciò che Haas utilizza per spiegare il processo di costruzione dell’UE. Ruggie è il teorico dell’embedded liberalism, ossia dell’idea che la costruzione di una serie di vincoli alle forze meccaniche porta alla elaborazione di principi e valori condivisi che a loro volta consentono a stabilizzazione della cooperazione e sono altrettanto importanti delle norme. Sviluppo recenti: ruolo svolto dalle comunità epistemiche che sono comunità di studiosi (che hanno un ruolo a doppio taglio da un lato la competenza è quella cosa che consente di fissare alcune acquisizioni. Dall’altra parte vi è la traslazione del ruolo di queste comunità in campi come i vincoli ai comportamenti economici); dimensione normativa dei regimi quindi pongono questione etiche; Mutamento della natura degli attori ossia delle sovranità e istituzioni costitutive. CONCLUSIONE DEL NEOLIBERALISMO Le istituzioni e regimi hanno un impatto su quella che una volta veniva definita high politics. Per lungo tempo si è pensato che le istituzioni riguardassero quella che si definiva law politics. I campi di ulteriore sviluppo del neoliberalismo sono cercare di capire e precisare meglio che cosa cambia in termini di qualità del tessuto dell’anarchia internazionale, l’aumento di fittezza delle istituzioni, che cambiamento avremmo? COSTRUTTIVISMO Prospettiva teorica che si concentra sul ruolo delle idee e sui modi in cui ciò che la gente crede plasma le azioni di individui, gruppi e Stati. Questa prospettiva costruttivista ha diverse varianti, ma unificata dalla concezione che idee e credenze sono rilevanti nel modo in cui gli attori definiscono e perseguono i propri interessi. Anche se costruttivismo come tradizione di pensiero delle relazioni è relativamente giovane, la nozione, secondo cui le idee contano, è di per sé nota come idealismo. Gli assunti costruttivisti: 1. Gli interessi di individui, gruppi e Stati non sono dati né scolpiti nella pietra. Gli interessi si sono modellati dalle identità degli attori. Il modo in cui gli uomini percepiscono sé stessi darà forma al modo in cui essi pensano ai propri interessi e a ciò che vogliono ottenere in politica. 2. Le identità sono forgiate da una quantità di fattori ideazionali (cultura, religione, scienza e opinioni normative). I costruttivisti non scontano del tutto il ruolo delle condizioni materiali degli individui nella formazione delle loro identità. I costruttivisti sostengono che le identità emergono dall’interazione di configurazioni del mondo materiale e delle idee e convinzioni così come evolvono nella mente delle persone. 3. I comportamenti delle élite all’interno della società e dello Stato sono gli attori più importanti. Le idee e le identità possedute dall’élite tendono a modellare il modo con cui i gruppi e gli Stati sono alla guida e agiscono all’interno del sistema internazionale. Di conseguenza, è necessario osservare attentamente cosa i leader pensano e credono per spiegare le loro azioni. Le idee plasmano il mondo. 4. La comunicazione gioca un ruolo significativo nella formazione e nel mutamento delle identità. L’interazione delle élite e delle reti all’interno delle quali operano è importante nella creazione e nel rafforzamento delle idee e delle credenze. Attraverso la comunicazione e il networking le élite tendono a produrre visioni del mondo collettive o condivise che configurano il modo in cui i loro interessi sono definiti e perseguiti. Interazione, processo, networking e comunicazione sono tutti i fattori che danno forma al modo in cui gli attori pensano e agiscono. Le asserzioni costruttiviste 1. Il mondo è tutto ciò che tu pensi esso sia. Gli uomini possono essere convinti che il mondo sia guidato da criteri morali universali. Uno studioso costruttivista, in aperta sfida al realismo, ha sostenuto che l’anarchia è ciò che gli Stati fanno di essa, ossia è modellata dal modo in cui le persone pensano di essa. In effetti, l’anarchia può manifestarsi in parecchi modi diversi. Un tipo è il mondo ostile descritto dai realisti, in cui gli stati si considerano reciprocamente come dei nemici che non meritano rispetto, in cui vige la legge della giungla; altro tipo è quello in cui ciascuno stato vede gli altri come rivali, ma non come nemici e altro ancora è quello in cui gli stati si percepiscono come amici. Secondo la visione costruttivista nessuno di questi tipi di anarchia è più naturale o inevitabile degli altri e, attraverso l’apprendimento e la socializzazione che scaturiscono dall’interazione fra le élite, il mondo può passare a forme di anarchia maggiormente orientate alla cooperazione e sicurezza collettiva. 2. Gli Stati operano all’interno di una società civile globale. Il costruttivismo è compatibile con l’importanza attribuita dal liberalismo al cosmopolitismo. La società civile è l’ambito delle attività private che si svolgono al di fuori del sistema politico (sfera delle associazioni private). La società civile globale è la somma di questi gruppi e delle attività transnazionali. I costruttivisti concordano con i teorici liberali che queste reti e questi scambi transnazionali sono meccanismi importanti per la diffusione di norme e idee. 3. Il mutamento normativo è una modalità fondamentale attraverso la quale la politica mondiale si è evoluta attraverso le epoche storiche. Tramite i fenomeni di apprendimento a livello globale e di socializzazione internazionale, le idee su cosa è accettabile o normale e cosa non lo è, mutano nel tempo 4. Le élite statali esistono all’interno e sono influenzate da culture strategiche. Gli Stati hanno un’identità che contribuisce a configurare il modo in cui i loro decisori politici intendono interessarsi della nazione. i costruttivisti affermano che i responsabili della politica nazionale operano all’interno di una cultura strategica che modella le scelte di politica estera. Il concetto di cultura strategica si riferisce agli assunti sulla natura del sistema globale e alle strategie condivise dall’élite di governo. LEZIONE DEL 15/11/2021 FEMMINISMO Il punto focale è il ruolo del genere nella società e negli affari internazionali. Questa tradizione cerca di gettare luce su pregiudizi e modi di guardare alle relazioni internazionali solitamente trascurati. Le identità di genere possono essere intese in due modi: da un lato un modo di interagire ossia un mondo di relazioni diversamente impostate e un mondo in cui le relazioni interpersonali hanno un peso maggiore che nel modo in cui normalmente in un mondo tendenzialmente costruito da un genere maschile hanno; e dall’altro una struttura di dominio ossia di potere. Il punto di partenza degli studi femministi è che queste cose non sono influenti, poiché se vi è qualcosa che è collegato alle differenze di potere è possibile che questo tipo di approccio possa avere dei riflessi nella politica internazionale. Le linee di argomentazioni degli studi femministi applicati alle relazioni internazionali sono sostanzialmente due: 1. Le relazioni internazionali sono pensate all’interno di un formato che ha una prospettiva esclusivamente maschile. 2. Vi è un preconcetto di genere nelle relazioni internazionali che ha sminuito il ruolo e la capacità delle donne nello specifico campo della politica internazionale. PRIMO FILONE: Queste teorie mettono in evidenza la differenza tra i generi e si chiedono se esiste e quanto si ampia la predisposizione biologica alla violenza tra gli uomini e le donne. Secondo tipo di questione che viene posta è la predisposizione a un eccesso di sicurezza e aggressività da parte dei maschi rispetto alle femmine che potrebbe essere anche culturalmente indotta. Qui dentro sono due approcci distinti ma convergenti in termini di problema, poiché vi sono studi dal punto di vista delle scienze naturali per quanto riguarda una predisposizione della violenza tra maschi e femmina e questo può essere un dato biologico pre-culturale e se fosse vero quanto questo influenza la nostra idea di politica internazionale come un posto sanguinoso? Il secondo elemento che si concentra sullo sviluppo culturale non ragiona sulla predisposizione naturale ma un cambiamento indotto attraverso l’educazione nel portare a comportamenti diversi tra gli esseri umani. SECONDO FILONE: ragiona invece su questioni di quote, percentuali. Per esempio, fa notare come la percentuale di donne fra gli studiosi di scienza politiche negli stati uniti vi è una percentuale maschile che è significativamente maggiore. E se vediamo le cose all’interno delle relazioni internazionale ancora di più. Quello che stiamo notando è che se noi scendiamo con l’età la percentuale di donne che si occupano di scienza politica o relazioni internazionali cresce. Vi è anche una questione di minor presenza tra i leader politici di donne. Non è solo una questione di quote ma è che all’interno di un mondo in cui il punto di vista differente per potersi affermare deve non apparire eccessivamente eccentrico se di tanto in tanto vi è una rondine questo non fa primavera. ASSUNTI FEMMINSTI: 1. Un punto di svolta negli studi femministi delle RI è segnato da Enloe. Nell’immagine tratteggiata da Enloe il ruolo delle donne all’interno dell’economia mondiale e del sistema geopolitico è innanzitutto quello di forza-lavoro subordinata e sottovalutata; gli Stati e le relazioni internazionali hanno imposto un genere a strutturare di dominio e interazioni. 2. Simile al marxismo per l’importanza attribuita alle ineguaglianze strutturali che pervadi i sistemi politici, economici e sociali. 3. L’obiettivo della tradizione femminista è di rilevare il pregiudizio di genere che prevede le teorie tradizionali dello Stato e della politica di potenza e di offrire visioni alternative delle questioni globali partenendo dal punto di vista dei deboli e di coloro che sono privi di potere. 4. Nel criticare le idee prevalenti, il pensiero femminista si concentra sulla teoria realista. La lingua degli stati e del potere suggerisce che la politica internazionale è un ambiente da uomini. L’assunto nascosto è che la sfera pubblica è un luogo maschile, mentre la sfera privata della famiglia e della vita domestica e luogo femminile. Ekshtain nel uo studio femminista Donne e guerra sostiene che le grandi opere sulla guerra offrono un’immagine di high politics nella quale la sfera pubblica è popolata da uomini che hanno dalla loro parte il potere. Il discorso delle RI è diventato un sistema intellettuale chiuso con assunti radicati sulla mascolinità del potere e della politica mondiale. 5. Il fine della teoria femminista è di sostenere l’avanzamento delle donne nelle posizioni di potere perché promuovano valori e aspirazioni più nobili, bensì perché la loro sottorappresentazione scaturisce dell’ingiustizia e dalle iniquità sociali che minano i sistemi economici e politici odierni. Un approccio femminista alle RI potrebbe porre l’accento su cooperazione, guadagni reciproci, interdipendenza e comprensione degli aspetti sociali. MARXISMO NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI Quando la rivoluzione industriale investì gli Stati europei all’inizio del XIX secolo, gli osservatori dell’epoca si interrogarono sul possibile impatto dell’avvento del capitalismo sulla politica e sull’economia dei paesi del mondo. Mentre gli studiosi si interrogavano sulle implicazioni della rivoluzione industriale per la politica interna e interazionale. Emerse la scuola di pensiero a metà del 1800, di cui fu il pioniere Karl Marx che si concentrava sulle classi e sul conflitto di classe. Marx cercò di comprendere i meccanismi della rivoluzione industriale. Il marxismo non è espressamente una teoria sulle relazioni internazionali. La tradizione marxista si focalizza sul conflitto e sulla rivoluzione, che si ritengono collegate al mutamento dell’economia e all’emergere di classi ricche e povere all’interno e attraverso i confini nazionali. La teoria marxista ha come presupposto la nozione di materialismo storico: la storia e gli attori sono plasmati e motivati dalle loro basi materiali ed economiche. Il marxismo nelle relazioni internazionali è piuttosto sviluppato nella teoria dell’international political economy, che è quel pezzo delle relazioni internazionali che studia con particolare attenzione il rapporto tra sistema politico e sistema economico. La dottrina marxista è particolarmente attrezzata per prendere in considerazione questo fatto poiché incentrata sull’idea del dominio sostanziale della struttura e sovrastruttura, ossia che quello che conta sono i rapporti economici. L’idea centrale del marxismo è che l’appartenenza di classe e le classi plasmino la vita politica. Sono cinque assunti che spiegano i nodi del marxismo: 1. La base economica plasma la sovrastruttura politica. Il modo di produzione organizzato in epoca moderna, secondo la logica capitalista, determina le relazioni di produzione. Le relazioni di produzione sono le relazioni sociali e politiche che emergono nella società. Il modo di produzione è l’organizzazione di base dell’economia. La politica è ciò che accade al livello di superficie delle società ed è plasmata dalle forze profonde del capitalismo dello sviluppo industriale. Perché importante l’equilibrio nelle teorie delle Relazioni Internazionali? Attraverso equilibrio si ottengono risultati di interesse di tutti gli attori: • Sistema plurale più attori ci sono meno possibilità controllo sistema. • In un sistema plurale c’è spazio anche per i più piccoli. • Se un sistema è ben equilibrato rende molto più incerto l’esito di una guerra. ELEMENTI DI VICINANZA DI REALISMO E TEORIA DELL’EQUILIBRIO I. Visione ciclica della storia. II. Rapporto con tre assunti principali del realismo: • Stato è l’attore principale delle relazioni internazionali. • Sistema internazionale ha una natura anarchica. • Sicurezza motivazione principale dell’azione politica degli Stati. Anche nella teoria dell’equilibrio Stati hanno interesse a massimizzare la potenza per minimizzare l’insicurezza. Dentro pensiero realista 2 scuole di pensiero su come funziona l’equilibrio: medesima conclusione -> NECESSITA’ EQUILIBRIO. 1. Equilibrio emerge a seguito di politiche volontarie. Se chi decide consapevole che ordine solo con equilibrio allora esso emergerà, se non si fa Stato verso la rovina, e dall’altra parte sistema internazionale non stabile quindi guerra 2. Equilibrio emerge spontaneamente. Perché somma volontà degli stati di acquisire potenza, unica strategia razionale per sopravvivere in un sistema domando dall’anarchia. MORTON KAPLAN Dà una serie di regole alle quali ci si dovesse attenere, sintetizzabili in 3 principi. I. Stati cercano di aumentare le loro capacità e lo fanno pacificamente che possono ma sono disponibili a ricorrere alla guerra quando necessario. II. Stati dovrebbero opporsi sistematicamente a qualsiasi tentativo egemonico di uno di loro. Opporsi pure a limitazioni anche volontarie alla loro sovranità III. Stati, una volta che scendono in guerra, dovrebbero fermarsi prima di eliminare quell’attore. Una volta sconfitto dovrebbero riammetterlo nella famiglia degli Stati. (es: Germania nel 1919 a Versailles, altri si riuniscono e Germania prende atto dei duri provvedimenti che altri hanno deciso). CLAUDE Punto di vista eccentrico rispetto all’equilibrio Esponente degli ‘’studi sulla pace’’. Equilibrio ha funzionato quando una grande potenza si è presa il compito di fare il riequilibratore. Claude pensava agli USA durante la guerra fredda, potenza che da vita a coalizione  Coalizione funziona perché c’è un equilibrio tra i piccoli stati che realizza le alleanze. Altro punto di vista. Equilibrio emerge naturalmente. KENNET WALTZ Emerso in anni ’70 e ’80. All’interno della sua teoria sistemica -> Sistema internazionale che funziona come il libero mercato. Regole del mercato definiscono la natura degli attori. In questa analogia, lui prende il sistema politico internazionale che funziona come tutti gli altri, ha le UNITA’ (gli attori del sistema), ognuno di loro fatto in un modo ognuno di loro fa cose diverse. Accanto alle unità c’è la STRUTTURA: 3 elementi: 1. Principio ordinatore, o ANARCHICO o GERARCHICO. 2. Differenza funzionale tra le unità (ogni unità fa qualcosa) 3. Distribuzione della capacità tra le unità. Quindi se ci sono ‘’coltelli più piccolo, più grandi ecc’’. Se nel sistema politico internazionale il principio è anarchia -> tutti gli attori devono SOPRAVVIVERE, per cui non ci saranno attori definiti diversamente seconda di quello che devono fare , NO DIFFERENZIAZIONE MORFOLOGICA perché alla fine della fiera devono difendersi. L’unica cosa che differenzia gli Stati sono le -> CAPACITA’. Per sopravvivere davanti a ‘’coltelli più grandi’’ devono adeguarsi all’equilibrio di potenza. Cosa succederebbe se non facessero questo? -> se non bilanciassero alla fine il più grande avrebbe prevalenza. Perché è vero che bilanciamento è più efficace per non finire a mercé di più forte ma anche pericoloso perché implica assunzione di rischi e nessuno li vuole assumere. Per poter funzionare bene il sistema deve, per esempio: - Non dare peso alle variabili ideologiche. - (Inclusione cittadini, numero da potenza, il governo non può fare quello che vuole senza dare conto a nessuno). - Devono essere fatte continue verifiche del punto in cui siamo (controllare che non ci sia minaccia emergente) Ma rischio della sopravvalutazione delle minacce. Per poter funzionare, equilibrio deve essere in grado di muoversi autonomamente. 1700 epoca d’oro del funzionamento equilibrio => strutture stato da un lato di guerre ma non distruttive come ‘600 o ‘800, e sono guerre in cui meccanismo stato si è saldato e legittimazione autorità politica è in circolo iper ristretto, possono decidere cosa fare senza preoccuparsi di spiegarlo. Ultimi anni guerra fredda ci si è posti una questione: Ma alla fine si propende più naturalmente verso l’equilibrio un sistema multipolare o bipolare? Sistema bipolare in guerra fredda ma c’erano tantissimi stati. Sistema di quel tipo dove perfino le alleanze sono strutturate in maniera saldata. REALISMO CLASSICO => MULTIPOLARISMO è più equilibrato, perché i poli sono di più: 1. Attori che contano sono di più, quindi è più facile attuare un meccanismo di bilanciamento e mobilitare risorse 2. Sistema multipolare non ogni minimo cambiamento nella distribuzione di potenza minaccia di per se l’equilibrio, minore ossessione per la sicurezza. Non necessariamente incremento stato A minaccia quello di Stato B. Dilemma della sicurezza si attenua, sistema meno rischioso. REALISMO STRUTTURALE => BIPOLARISMO Attori sono due, quindi sistema più semplice, più stabile, dove ci possono essere meno errori sulla provenienza della minaccia (se siamo solaio e te so chi è, non si sprecano risorse) e sul ruolo giocato dalle alleanze (difficile che le esauriscano, tranne casi eccezionali) => Quindi più grandi ed efficienti. Cosa succede quando metti insieme un’alleanza per andare contro minaccia? => se la fai ad hoc, poco prima meglio perché è ‘’fresca’’, se multipolare con sistema di alleanze, dentro e alleanze ancora non so cosa fanno gli altri. In sistema bipolare, diceva Waltz, alleanze strutturate dall’inizio, carattere ben diverso. Quali sono le variabili che influenzano i comportamenti di bilanciamento?: Realismo: E’ la POTENZA: 1. Come si calcola la potenza? Dove devo guardare? 2. Come mai se fosse così automatica la questione, perché tante volte prevale lo scaricabarile e l’allinearsi al più forte?. Steven Walt risponde (ragiona sul concetto di MINACCIA). Stati non reagiscono a meri cambiamenti di distribuzione di potenza ma reagiscono alla minaccia, al fatto che qualcuno che aumenta la potenza sia percepito da loro come minaccioso. Minaccia => 4 sottovariabili che costituiscono la minaccia 1. Potenza aggregata (potenza militare, economica, demografica) di uno Stato cresce. 2. Mi sento più minacciato nelle epoche in cui tecnologia militare prevede prevalenza sulla difesa (se armi offensive prevalgono su armi difensive alleanze più strette ok guerre difensive, al contrario, atteggiamento più rilassato) Es: in Guerra Fredda prevalgono armi offensive, infatti alleanze rigide e possibilità di guerra. Tra le due guerre grande fiducia in prevalenza della tecnologia difensiva, usciti da esperienza WWII, se buone difese nessuno ci può attaccare. 3. Geografia, più è lontana questa potenza meno mi sento minacciato, più è vicino più mi sento minacciato. 4. Intenzioni. Anche cosa penso che voglia farci con quella forza. La usa perché vuole attaccare qualcuno? Teoria molto più accurata che il dire ‘’davanti all’equilibrio stati bilanciano’’ ecc… Diverse esposizioni su chi fornisce spiegazioni sul bilanciamento, perché alcuni lo fanno e altri no? => Realismo Equilibrio di potenza non funziona per Stati che vogliono massimizzare loro potenza per scopi di politica interna (es: Saddam Hussein) SNYDER Introduce concetto di ‘’overestention’’, iper estensione del sistema, per cui in certe fasi storiche si può sviluppare pressione a muoversi verso politiche estere aggressive. Lui distingue: • Paesi con industrializzazione precoce (aperti e democratici, pensava a GB) • Paesi con industrializzazione tardiva (chiusi e di assetto corporativo, pensava a Germania - pre WWII). Molto generalista, non super estendibile a tanti altri, corto raggio. SCHWELLER Sistema che lavora su due leghe: 1. INTENZIONI (anche in Walt con la minaccia) 2. CAPACITA’ Ne costruisce uno schema su 4 tipi di Stati (sist. Politico foresta abitata da), Stati definiti da intenzioni e capacità in termini di potenza: • Stati LEONI: più forti, mantenere status quo (es: GB) • Stati AGNELLI: Inclini sempre a mantenimento status quo ma più deboli (es: Cecoslovacchia, Romania, Polonia ecc…). Possono trovare una sintesi questi stati, possono rappresentare i leader della coalizione. • Stati LUPI: Forte ma revisionista, non soddisfatto di come è articolato il sistema, disponibile a cambiarlo, aggressivo (es: Germania) • Stati SCIACALLI: Né troppo fori né troppo deboli, sistema potrebbe non soddisfarli ma visione opportunistica (es: Italia fascista) Poi Italia si sposta, se cambia ordine opttiente dei vantaggi. Se vantaggio di potenza è solo per Leoni e e Lupi, equilibrio difficile da raggiungere. Lui dice che deve spiegarsi che gli Stati che potrebbero fare difesa di status quo non lo fanno o lo fanno troppo tardi: CAPACITA’ ESTRATTIVA: Consente l’efficace bilanciamento da parte di uno Stato, dipende dalla capacità di mobilitare risorse, estrarre risorse dal sistema. Perché alcuni Stati riescono meglio di altri a estrarre le risorse? 3 cose che influenzano questa capacità: 1. Consenso tra élite sulla natura della minaccia esterna. 2. Il grado di coesione sociale e politica. Il nostro Pese al suo interno com’è? es: Patria in pericolo, se corrono ad arruolarsi o no. Se coesione politica bassa è pericoloso entrare in guerra. 3. Forza delle istituzioni. COMPORTAMENTO DEGLI ATTORI Teoria dell’equilibrio trova riscontri empirici (nella storia tanti esempi). In termini sistemici, se potenza è bilanciata c’è equilibrio. Stabile se attori si muovono in direzione del bilanciamento. Come controllarla: 1. Modo sistemico: vedo che la potenza nel sistema è distribuita in maniera tale he nel sistema c’è equilibrio. 2. Coppie di possibili antagonisti. Che cosa è la potenza?: una variabile indipendente. Distribuzione della potenza: seconda variabile indipendente. Variabile dipendente: nozione deve essere qualcosa chiaramente individuabile e facilmente associabile alle altre due. GUERRA. COME SI MISURA LA POTENZA? Tabella COW: Correlates of War: DATABASE di Small e Singer, 1963, fornisce: Elementi per calcolare la potenza. Tramite: • Peso DEMOGRAFICO Quanti abitanti ha un paese + Urbanizzazione. • Peso ECONOMICO Vari modi, ognuno ha problema perché epoche storiche cambiano, ci servono dati più analitici… Quindi produzione di ferro e acciaio, di guerra + consumo di energia. • Peso MILITARE: Spese Militari + Numero degli Addetti - Spese militari: Guardare bilancio della difesa -> in sistemi democratici, spese di bilancio, in sistemi non democratici governo non dichiara o non dichiara tutto. III. Accettazione da parte del sistema delle mie aspirazioni. Queste cose insieme fanno => il RUOLO. Se questo ruolo si sbilancia per aumento potere delle capacità, sbilanciamento di componente di ruolo dell’attore provoca tensione nel sistema. Tensione espressa dal grado di aggiustamento che ciascuni stato deve essere in grado di mantenere. Posso avere un sistema internazionale che si adatta quando alcuni attori cambiano ruolo, al contrario può essere un sistema rigido. Teoria che non è perfettamente egemonica, riflette su possibili di un sistema stabile grazie a un accordo complessivo da parte degli attori per gestire pacificamente il cambiamento. MODESKY Teoria dei CICLI LUNGHI La guerra egemonica è motore del cambiamento. LEVY Riprende concetto guerra egemonica di Modesky e lo definisce i maniera più precisa, deve ore certe caratteristiche: - Coinvolgere potenza leader. - Coinvolgere le potenze più forti del sistema. RISORSE EGEMONIA Tutti questi attori ragionano sul fatto che alla fine della fiera, quali sono le capacità che un egemone deve avere? Possono essere diverse: AMBITO MILITARE Alludiamo alla supremazia militare. Cosa decisiva è la leadership navale, perché egemonia si presuppone, si ipotizza. Da un lato consente la proiezione della forza, e dall’altro consente controllo delle rotte commerciali, le rotte navali. Come dicevano Mahan e MacKinder. AMBITO ECONOMICO Usufruiamo di teorie. Si parla di leadership economica. 1. Teoria dei CICLI DELLA CONCENTRAZIONE DI POTENZA Analizza relazione tra cicli economici. Focalizza questa relazione in aspetto di sviluppo disuguale e ingiusto dell’economia mondo. Da cosa dipende l’egemonia? => da maggiore efficienza economica di un attore in termini produttivi, commerciali e finanziari. All’interno di questa definizione individua un ciclo dell’egemonia, dei passaggi. 2. GILPIN - Teoria del CAMBIAMENTO EGEMONICO Come impone FREE TRADE? Tramite guerra o minaccia di guerra/di carattere militare Si produce egemonia finanziare e questo meccanismo si rafforza continuamente Produttività collegata a MINACCCIA. Declino imperi collegato a modernità 3 sviluppi decisivi:  Passaggio a innovazione di carattere politico e organizzativo che consente maggiore efficienza.  Crescita economica prolungata basata su innovazione scientifica e tecnologica, consente a stati nazione di estrarre più risorse dal sistema economico  Sviluppo di economia di mercato mondiale. Dimensione di crescita legata all’innovazione tecnologica l’elemento che compensa la legge dei rendimenti decrescenti. 3. DORAND, 1971 - Teoria di TRANSIZIONE DI POTERE Paese che diventa più ricco e potente e conosce più benessere a livello economico si ritrova a chiedere sul sistema internazionale un riconoscimento politico nuovo. Conta per produrre transizione di potere è DIMENSIONE E VELOCITA’ MODERNIZZAZIONE. Sviluppo socio-ECONOMICO più potere per lui. Quando equilibrio non adeguato al rapido cambiamento (B cresce troppo in fretta di A e sistema non si adatta) => rischio di guerra elevato. 4. SUSAN STRANGE - Teoria del POTERE STRUTTURLE Potere strutturale ovvero distogliere e dare forma a struttura di economia politica globale. Fornisce le regole dentro cui tutti devono stare. Fonti principale di potere strutturale => fattori economici transtrutturali. In cosa consiste potere strutturale? => ha capacità di offrire, minacciare e rifiutare sicurezza, ovvero riconoscere non riconoscere sovranità di classe A o di classe B. Anche di offrire o rifiutare di chiedere credito, governare la capacità finanziaria. Elementi potere strutturale:  Determinare localizzazione, modo e contenuti della produzione, ovvero stabilire che è possibile che un prodotto che viene semplicemente finanziato in GB abbia sull’etichetta Made in England anche se lana di India, produzione di Burundi ecc…  Potere di influenzare le idee, le convinzioni, le conoscenze socialmente apprezzate e ricercate e influenzare l’accesso alla conoscenza. Come ad es. uso del linguaggio AMBITO INTELLETTUALE Influenza intellettuale è la 3 RISORSA CHE A UN EGEMONE NON PUO’ MANCARE JOSEPH NYE SOFT POWER => potere non imposto, indurre altri a seguire, se egemone esercita suo potere in linea con quella che è l’immagine di se stessa che proietta verso l’esterno ha un forte soft power, ma se si muove in maniera lontana da questa più hard power, più ‘’imporre’’. Egemone non può esporsi in maniera sbagliata sennò crolla. ROBERT COCKS Qualche anno prima di Nye, egemonia come successione di blocchi sociali dei cambiamenti richiesti da evoluzione di capitalismo. 1. Forze che condizionano potere politico internazionale sono le capacità materiali (dipendono da struttura economica) 2. Poi ci sono le IDEE. 3. ISTITUZIONI servono. Perpetuare un determinato potere, sono il posto dove depositi il tuo potere. LIMITI EGEMONIA E SUE ALTERNATIVE Perché le egemonie finiscono? Risposta che forniscono tutti gli autori è molto di stampo economicistico, loro finiscono perché costi mantenimento delle stese egemone crescono più rapidamente rispetto alle risorse necessarie. Come può l’egemone ritardare sta cosa e muoversi prima? Gilpin dice due risposte: 1. Attacco preventivo dei possibili rivali in ascesa. 2. Rivoluzione impegni internazionali (come GB fece in ani ’30 lenta perché WWII e difficile rinunciare a egemonia ecc…) Gilpin considera caso americano anni ’70 sotto Nixon (guerra in Vietnam, rallentamenti economia americana minacciata da economie europee - precisamente più Germania - e economia giapponese, costo crescente spese contenimento URSS ecc…) Per TEORIA DEL DECLINO, declino sociale che produce declino commerciale, e quindi declino finanziario. Fuggono i capitali e a quel punto la crisi esplode (’70 i USA, ’80 in altri paesi europei) ASPETTO CONCLUSIVO DI TEORIA DELL’EGEMONIA CHE SUCCEDE QUANDO EGEMONIA FINISCE? Corso anni’80 quello che stavano vedendo succedere non si concretizza, egemone ha meno presa sul sistema però che succede. Succede che paesi che erano nell’orbita di USA invece di andare ognuno per sé continuano a comportarsi in maniera cooperativa. Perché? Due tipi di ragionamento: 1. Quali sono funzioni che egemone assicurava ma che ora non fornisce più. Ce lo spiega KNDLEBERGER. Fa studio sul ’29 e che è successo dopo crisi del ’29. In anno ’30 non c’era egemone. Perché in anni’30 siamo in fase di transizione. GB tornata a essere quello che era nel 1914, sterlina oro nuovamente moneta di cui fidarsi. GB quindi ha una serie di sborsi, non ce la fanno. USA avrebbero dovuto avere una sorta di ripresa dell’egemonia, ma collasso internazionale si riverbera su collasso economico USA. GER e USA. Germania era paese più collegato a USA all’epoca. Tutta economia mondiale era indebitata con USA. Da Kindleberger arriviamo ad altro autore che fa passaggio successivo che si chiede 2. QUANDO EGEMONIA FINISCE CHE SUCCEDE AL SISTEMA. KOHANE, con teoria di STABILITA’ ECONOMICA Sistema non va in crisi perché una volta sperimentata la COOPERAZIONE (meccanismo con cui ‘’inizio’’ è il Piano Marshall) USA garantiscono sicurezza, ma se in anni ’70 crisi in USA perché paesi europei continuano a muoversi tra di loro come se ci fosse un egemone? Perché? Spiegazione Kohane => se tutti insieme si sta bene che facciamo? Mandiamo tutto a puttane o cerchiamo di riprodurre effetti di questa egemonia senza gli egemoni? Teoria stabilità egemonica parla di questo ^ => Teoria partita parlando del dominio (capacità attore di fare a sua immagine e somiglianza il sistema internazionale) E finiamo parlando della after-egemony. Teoria molto AMPIA. ANALISI DELLA POLITICA ESTERA ANALISTA DI PE E STUDIOSO DI RI Gli analisti della politica estera mirano a identificare i motivi per cui il governo di uno specifico stato decide di agire in un determinato modo nei confronti di altri governi o attori non governativi, i motivi per cui lo stesso governo sceglie di considerare importanti certi interessi e perché metta a punto una particolare strategia per promuoverli o difenderli. ESEMPIO: Protocollo di Kyoto del 1997. Lo studioso di RI sarà interessato alle dinamiche internazionali che portarono alla nascita del protocollo  si domanda se sia stato il risultato di un’azione di forza da parte degli stati più potenti su quelli deboli, oppure un atto di persuasione da parte degli stati più ricchi su quelli poveri… Anche l’analista di politica estera si concentrerà alle origini del Protocollo, ma si concentrerà sulla decisione di aderirvi o meno da parte di specifici stati. INTERESSI DELLA POLITICA ESTERA Un governo sceglie una determinata politica estera perché questa persegue degli specifici interessi. Un interesse è una situazione auspicata dai leader di un governo a tal punto da far sì che si sia disposti a pagare un prezzo perché si realizzi. I leader nazionali devono spesso accettare che esista un divario fra la speranza di promuovere determinati interessi e la loro effettiva concretizzazione. Gli interessi infatti esigono spesso compromessi: la realizzazione di uno richiede la rinuncia ad un altro. STRATEGIA DELLA POLITICA ESTERA Consiste nella specificazione, da parte dei leader, di obiettivi e strumenti politici. Possiamo distinguere fra strumenti volti al raggiungimento di obiettivi politici attraverso la persuasione e strumenti volti al raggiungimento di obiettivi politici attraverso la coercizione di un attore estero rilevante. STRUMENTI DI PERSUASIONE - DIPLOMAZIA  in senso generale, come processo per cui i rappresentanti di due o più governi si incontrano per discutere problemi di interesse comune in forum di tipo bi o multilaterale. Durante questi incontri, i rappresentanti cercano di persuadersi a vicenda riguardo i meriti delle rispettive posizioni, con uno sguardo rivolto a soluzioni condivisibili a determinati problemi o nel tentativo di sviluppare meccanismi attraverso i quali ottenere vantaggi individuali attraverso forme di azione congiunte. - APPLICAZIONE DI INCENTIVI ECONOMICI  un paese A promette un certo profitto economico al paese B a condizione che quest’ultimo faccia quello che A richiede. STRUMENTI DI COERCIZIONE Strumenti ideati per costringere un determinato paese ad agire o meno in una data maniera. - APPLICAZIONE DI SANZIONI ECONOMICHE  A minaccia B di una qualche forma di perdita economica nel caso B non faccia o fallisca nel tentativo di adempiere a qualcosa richiestogli da A. le sanzioni includono l’applicazione di dazi o quote sulle importazioni da parte di un dato paese, il boicottaggio alla vendita di particolari beni di consumo da parte di specifici fornitori, o la confisca di addetti finanziari dei residenti di un paese depositati in banche o altri istituti finanziari del paese che attua la sanzione. - OPERAZIONI E PROPAGANDA A CARATTERE SEGRETO  la propaganda consiste in un utilizzo selettivo dell’informazione o nella disinformazione volta ad avanzare interessi politici. La propaganda è uno strumento utilizzato di frequente nei conflitti per mobilitare la propria popolazione o scoraggiarne altre. Le operazioni segrete sono attività che un governo dirige contro gli interessi di un altro governo o un attore non statale tenendo all’oscuro sia i paesi interessati che paesi terzi. - STRUMENTI DI POLITICA COERCITIVA CHE IMPLICAN L’USO DI VARIO TITOLO DI FORZE MILITARI  uno stato può ricorrere alla diplomazia coercitiva per esempio: avviene con zioni di breve durata che non coinvolgano immediatamente l’uso in larga scala di forze militari. - USO DIRETTO DI FORZE ARMATE. LE FONTI DELLA POLITICA ESTERA Allison e Zelikow usano tre modelli per comprendere le origini, condotta e la fine della crisi missilistica cubana. Questi modelli si concentrano rispettivamente su: - Uno stato-nazione come attore unitario e coeso Un fascio di tradizione, cui hanno una fede comune ossia il fatto che il progresso sia un fatto positivo nonostante le esternalità negative. ….. L’internazionalismo liberale prevede la continuità dello stato affinché possa essere a servizio dei cittadini. Si confronta in modo evidente con questo rispetto al realismo politico. quest’ultimo contiene in realtà la convinzione che la realtà vada bene così come è; mentre l’internazionalismo liberale ritiene che la realtà vada cambiata nel meglio. L’internazionalismo liberale è convinto che ci possano essere modificazioni della realtà legate alle passioni. Ciò può essere legato alla modernità.  Evoluzione a tappe  Vi possono essere aree in cui si è più avanti rispetto alla costruzione di un mondo  Interdipendenza delle aree  Realtà politica contrattuale LEZIONE DEL 14/03/2022 QUALI SONO LE CAUSE DELLA CRISI DELL’ORDINE LIBERALE? Se si va a guardare le crisi che quest’ordine ha attraversato, sono crisi non di poco conto. Pensiamo ad alcune crisi che già allora fecero parlare i contemporanei del declino degli stati uniti, il cosiddetto declinismo. Pensiamo alla crisi di Suez nel 56, crisi che contrappose i tre principali partner dell’alleanza occidentale. Pensiamo all’uscita di Bretton Woods oppure al lungo conflitto vietnamita. Quindi se guardiamo questa ipotesi di crisi, la dovremmo guardare sapendo che se non è la prima volta che si verifica una crisi dentro l’ordine internazionale liberale, perché questa dovrebbe essere davvero la crisi? Anche dentro di un’ipotesi del declino della leadership degli USA, potremmo essere all’interno di una crisi di transizione, allora dovremmo capire transizione di cosa? Le transizioni sono pericolose, poiché sono crisi in cui si rinegoziano le condizioni di partecipazione a questo ordine oppure si cerca di uscire da questo ordine. Siamo stati davanti fino adesso ad una crisi di transizione in termini di eclissi dei caratteri liberali e democratici dell’ordine internazionale e liberale. Potremmo essere di fronte ad una semplice sostituzione del leader Cina in sostituzione degli USA, ma ciò non comporta un cambio radicale dell’ordine. Potremmo essere di fronte una transizione che va oltre il sistema dell’ordine internazionale liberale, poiché potremmo essere ad una rielezione delle sfere d’influenza; quindi, la produzione di sistemi regionali tendenzialmente chiusi verso l’esterno potrebbe essere una conseguenza della pandemia oppure della guerra in Ucraina. Potremmo essere in una situazione in cui ci apprestiamo a vivere una situazione di disordine permanente, ossia di un sistema internazionale in cui le caratteristiche dell’anarchia legate alla sovranità diventano più importanti rispetto a quelli a cui eravamo abituati negli ultimi trent’anni. Oppure potremmo essere in una fase più complicata legata alla crisi dei principi politici di stampo illuminista; quindi, essere di fronte ad una fase in cui quei principi che hanno costituito le linee guida dell’ordine liberale entrano in crisi. Saremo di fronte ad un cupo postmodernismo, quest’ultimo poiché se vi è una cosa che caratterizza l’ordine liberale è quello di aver cercato di tenere insieme i grandi principi che sono sostanzialmente alla base della politica moderna a seguito dell’epoca dei lumi. L’idea è che l’ordine internazionale liberale non possa essere ridotto a una mera sola struttura di cui si ammanta la struttura economica capitalista, ossia questa visione che si sta proponendo si contrappone a visioni che si possono considerare altrettanto rispettabili dal punto di vista intellettuale, ma questa spiegazione liberale ritiene che gli elementi valoriali siano elementi costitutivi. Se noi iniziamo a pensare all’ordine liberale come qualcosa che si inizia a pensare nella metà del 700, in realtà andiamo a vedere che questo concetto sopravvive ad eventi giganteschi come le due WW e che si realizza poi concretamente attraverso le conseguenze politiche delle distribuzioni di potenza che avvengono attraverso le due WW. Esiste ancora un futuro per l’internazionalismo liberale, ossia proprio per il pensiero che mette in evidenza gli elementi di comunanza tra gli individui e popoli al di là di dove essi siano collocati ed inoltre ci sottolinea come questa struttura di organizzazione politica del sistema internazionale in realtà è strettamente imparentata con l’affermazione progressiva degli stati liberali prima e delle democrazie successivamente. L’internazionalismo liberale cerca di tenere insieme alcuni concetti tipici della modernità politica:  Organizzazione dello spazio politico in termini di spazio sovrani  Organizzazione dell’attività economica in termini di organizzazione di mercato, quindi capitalismo  Organizzazione della rete internazionale in termini di progressiva istituzionalizzazione. 3 caratteristiche tipiche della modernità e che cerca di tenere in armonia. Vi sono 3 grandi questioni nel libro. Innanzitutto, l’autore presenta questo pensiero su un sistema di idee sul funzionamento del mondo, ossia su come il mondo davvero funziona e non come dovrebbe funzionare. Un modo per far funzionare il mondo è un modo in cui un ondo funziona quando gli attori principali di questo mondo iniziano a diventare delle democrazie liberali. Lo scopo di queste assieme di idee era quello di facilitare la cooperazione, non eliminare la competizione tra attori, ma fare in modo che le possibilità di cooperazione che nel sistema internazionale si possono porre siano più facilmente perseguibili. IDEE CHE HANNO IN MENTE L’ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA. Seconda questione è l’idea che il sistema internazionale sia evoluto nel tempo, ovvero si è evoluto mediante l’avanzamento dell’idea di progresso. L’altro aspetto di esser così collegato in maniera evolutiva, è che si adatta da un lato ed è stato espresso dall’altro da quello che le democrazie in ogni singola fase storica particolare ritenevano accettabile o meno. Se ha una storia così lunga, quando pensiamo al sistema internazionalista all’inizio del Ottocento posto all’ordine di monarchie d’antico regime, cogliamo subito questo aspetto di novità, di rottura. Quando pensiamo allo stesso set di idee nel Novecento ne vediamo subito il carattere marcatamente imperialista. Se andiamo a guardare quali sono le due grandi potenze principalmente influenzate da questo pensiero, la Gran Bretagna prima e gli USA poi, non possiamo non cogliere il fatto che queste due grandi potenze nel corso del ventesimo secolo sono state le potenze dominanti del sistema e quindi queste idee avranno dovuto essere aggiustate a questa realtà e contemporaneamente saranno state usate come bandiera per permettere a questa egemonia come coperta per non far vedere altri interessi molto diversi da quelli professati dai valori. Secondo elemento è che l’internazionalismo liberale contiene un progetto dei programmi politici, ossia ha un’idea molto chiara della necessità di cambiare lo stato delle cose. Ciò significa che conosce diverse fasi, attori e subisce trasformazione in base agli attori con cui si confronta, che lo esprimono eccetera. In secondo luogo, significa che l’internazionalismo liberale che emerge nel 19esimo secolo è dentro una famiglia di grandi internazionalismi, ossia per esempio quello che oi conosciamo come internazionalismo liberale è quello che naturalmente nasce nell’epoca dei lumi ma che in parte dell’800 si è anche arricchita di tutta la tradizione socialdemocratica. Questo tipo di pensiero si è sviluppato in concomitanza con tutta una serie di pensiero progressista che ha caratterizzato questi 200 anni (pensiamo al movimento delle suffragette, ossia inclusione della componente femminile della popolazione all’interno dei sistemi politici democratici). Ciò significa anche che ciò che succede a cavallo degli anni 30 e 40 ha un impatto determinante nel modificare le caratteristiche del pensiero internazionalista liberale. Terza parte di questo libro è quello dedicato alla crisi contemporanea del liberalismo, poiché si pone la domanda se i semi di questa crisi non siano stati gettati nel momento del trionfo, ossia in quel decennio degli anni 90 in cui si è fondato l’ordine internazionale successivo, non sia stato lì. Se stiamo a guardare la crisi contemporanea del liberalismo questo libro assume una posizione molto netta, ossia che non è una questione perduta ma bisogna ripensare a quali siano le cause della crisi contemporanea e andare a mettere le mani su quelle. Noi dobbiamo partire dai sintomi di crisi contemporanea poiché lavorando da quelli è possibile rilanciare il discorso. La dottrina di pensiero che più spesso viene contrapposta al liberalismo è il realismo, principalmente il ruolo svolto dalle idee, poiché il realismo tende a pensare che l’ordine internazionale sia il precipitato di causa materiali. In questo senso il realismo che si picca di modernità per molti aspetti h una visione premoderna, poiché è proprio su questo che i due tipi di pensiero si scontrano: per il liberalismo l’avvento delle idee illuministe è come se illuminasse le tenebre, consentisse di vedere quali siano i rapporti effettivi tra gli attori in cui la parte di idee e obiettivi è decisiva e in questo segna un punto di rottura. La differenza principale tra liberalismo e realismo è che il liberalismo pensa che da un certo punto in poi cambi qualche cosa e ci sia un momento di svolta che è il secolo dei lumi ma che poi esso si sia realizzato per tappe progressive, poiché le società si evolvono a tappe e questa consapevolezza è quello che dà del liberalismo una capacità di essere realistico. Non tutte le società si muovono lungo lo stesso percorso evolutivo alla stessa velocità e quindi anche quando noi vediamo la situazione del pensiero liberale e dell’ordine internazionale dall’altro dobbiamo tenere in conto che in termini sincronici vi è una differenza e ciò produce un terzo stadio di conseguenze che è la possibilità che in una qualunque fase storica non vi sia solo una interdipendenza ma una interdipendenza caratterizzata da una maggiore o minore vulnerabilità di alcune aree rispetto ad altre. Se noi guardiamo oggi le sfide che il liberalismo ha davanti sono due: 1. Di carattere economico, ossia la capacità di affrontare le concentrazioni di potere che derivano dalle concentrazioni di ricchezza. Si ripropone una sfida originaria se pensiamo che il liberalismo per contrastare un potere politico che coincide con un potere economico. 2. Le minacce che vengono poste all’ordine internazionale che ha questi connotati di liberalismo da stati che hanno progetti alternativi a quello liberale, dalle grandi potenze autoritarie. Quindi troviamo le due sfide classiche oggi. LEZIONE DEL 21/03/2022 TITANIC: IL NAUFRAGIO DELL’ORDINE LIBERALE Se noi andiamo storicamente a vedere quello che è successo storicamente, vediamo che vi sono delle promesse che sono venute meno soprattutto negli anni successivi alla GF: le promesse mancate della democrazia è un tema di Norberto Bobbio. Se andiamo a vedere cosa è successo, vi è stato il venir meno di queste tre promesse di un mondo giusto: 1. Mondo governato dalla forza della legge 2. Mondo più sicuro, ossia un mondo in cui si fosse meno esposti alla minaccia della guerra 3. Mondo più ricco per tutti. Praticamente la fine della GF coincide con il ritorno della guerra: guerra 90-91 con Saddam Hussein e poi le guerre civile della Ex Jugoslavia. Questa è l’esperienza che la percezione dell’insicurezza diviene molto forte e si passa dalla fine di una sensazione di fine dell’invulnerabilità (basata sull’idea che il venir meno della minaccia sovietica avrebbe consentito di non essere più minacciati da niente) ad una sensazione di impotenza. Questa aspettativa molto alta di una sicurezza finisce col generare una drammatizzazione della condizione di insicurezza, ossia si ha una aspettativa talmente alta di sicurezza che poi a mano a mano che questa percezione viene vanificata si ha come uno scompenso. In linea di principio il mondo della GF non era un mondo sicuro. [spostando il nostro punto di osservazione temporale è l’apparente della circostanza che i fatti parlino]. Dal 1991 non abbiamo altro che una serie di ricorrenti minacce alla sicurezza del core del sistema. La prima 1. è un importante promessa nell’ordine liberale, ma viene vanificata in particolare con l’invasione dell’Iraq nel 2003, invasione che avviene nella consapevolezza da parte degli attori che quello che stanno facendo non ha nessuna giustificazione neanche per la lotta al terrorismo (in questa guerra mentirono sia Blaire sia Bush). Ciò è stato più grave poiché le prove che sono emerse dopo il 2003 dicono che effettivamente le prove esibite dagli USA fossero false, ma Blaire lo sostenne come se quella informazione non fosse stata in suo possesso. Il punto si cui ci invita a riflettere non è tanto lo svelamento dell’ipocrisia, ossia non è che contestando questo effetto negativo sull’idea di ordine internazionale liberale partendo da un presupposto non liberale, ma il punto fondamentale è che eravamo già all’interno di un meccanismo che stava sostituendo quell’ordine liberale con un altro tipo di ordine. La terza promessa mancata è la maggior eguaglianza in termini economici, ossia il fatto che si sarebbero riempiti i granai. Dall’89 in poi vi è il peggioramento delle condizioni di vita dei ceti popolari, una polarizzazione della ricchezza, del reddito, delle opportunità. Il vivere sempre più delle nostre società segmentate in ambienti che ricordano molto di più il mondo premoderno che moderno. Se noi andiamo a vedere cosa è successo dagli anni 90 in poi abbiamo il formarsi di un ceto borghese transnazionale sempre più ristretto e dall’altra la separazione tra questo e la società sottostante. Invece di avere un mondo sicuro per le democrazie, abbiamo delle democrazie che sono impotenti da non disturbare il mondo per come sta andando. Vi è sempre stato un rapporto di scambio tra ambiente interno ed esterno: tendenzialmente l’ambiente internazionale ha esportato disordine verso l’ambiente degli stati territoriali, poiché sono dei nuclei di sicurezza (sovranità) che stanno dentro un ambiente in cui la sicurezza non vi è, nel rapporto inverso invece gli stati hanno sempre teso a esportare ordine verso il sistema. Gli attori cercano sempre ad estendere l’area del garantito, del sicuro. Però ciò che non è eguale nelle diverse epoche storiche è quale flusso prevale, ossia prevale il flusso dai singoli stati attraverso i rapporti più o meno istituzionalizzati verso l’ambiente internazionale volto a ordinarlo, oppure prevale l’effetto disordinante dell’anarchia dentro gli stati? La sensazione è che a partire dall’89 è che l’ambiente internazionale abbia dominato rispetto le dinamiche domestiche, sia in termini economici, sia in termini politici. Da questa situazione nella nostra metafora del viaggio del Titanic con questo iceberg con tre facce, iceberg perché qualcosa che vedevamo ma non eravamo sicuri di cosa fosse. Le quattro facce che vengono proposte sono: 1. L’emergere delle potenze autoritarie, che va di apri passo con il declino della leadership americana. Quando si parla di emergere delle potenze autoritarie si sta constatando che nel corso di questi anni abbiamo avuto da un lato una forza accelerazione della potenza cinese in termini economici, militari e proposte reazionarie, dall’altro abbiamo avuto un
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