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Appunti Scenografia - Corso a crediti liberi, Architettura, Appunti di Scenografia

Corso a crediti liberi di scenografia. Programma: Gordon Craig; Oskar Shlemmer; Fortunato Deplero; Teatro Bunraku; Teatro Kabuki; Teatro NO; Mejerchol'd; Taudeuz Kantor; Jerzy Grotowski.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 22/02/2020

FraB.ARCH
FraB.ARCH 🇮🇹

4.6

(18)

12 documenti

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Scarica Appunti Scenografia - Corso a crediti liberi, Architettura e più Appunti in PDF di Scenografia solo su Docsity! La Supermarionetta e lo spazio mobile di Gordon Craig - LEZIONE 29/03/19 L’attore deve adoperare i propri materiali per puntare a dare un teatro attivo che faccia ragionare le persone. Il teatro partiva dalla testa. Craig cerca di arrivare ad una autonomia del teatro. Il palcoscenico è caratterizzato più dall’azione che dalla parola, viene prima l’azione e dopo la parola. Craig pone dei principi: 1° - il creatore dell’intenzionalità artistica è il Regista – principio ordinatore dello spettacolo; 2° - l’arte del teatro è nata dal movimento, dall’azione e dalla danza, non dalla parola. 3° - ridimensionamento del ruolo dell’Attore, egli è visto come un oggetto nelle mani del Regista. Per produrre un’opera d’arte qualsiasi possiamo lavorare soltanto con quei materiali che siamo in grado di controllare e di plasmare. Il REGISTA plasma l’ATTORE; l’ATTORE plasma l’OGGETTO; il TEATRO plasma l’OPERA. Ci sono due possibilità per risolvere il problema dell’ATTORE: 1° - costringere l’attore ad una scelta stilistica anti-emozionale, rinunciando alla personificazione; 2° - rinunciare all’umanità dell’attore che esce di scena e deve essere sostituito da una SUPERMARIONETTA. La SUPERMARIONETTA è un attore libero il cui corpo non doveva esprimere nulla, in modo tale da poter essere plasmato dal REGISTA. La SUPERMARIONETTA faceva movimenti simbolici, caratterizzati da ritmi morbidissimi che si sviluppano lungo tutte le membra. Nell’antichità la marionetta veniva associata a Dio. Era vista come una figura sospesa ad un filo che la legava indissolubilmente al suo manovratore. La nuova forma teatrale voleva materializzare la pura creatività artistica allontanandosi dalla mimesi della realtà e dal “ruolo” capriccioso dell’attore che l’hanno influenzato fino a quel momento. Craig punta ad una ripetibilità dell’evento teatrale. La SUPERMARIONETTA non è un pupazzo gigante mosso da fili ma, è l’espressione dell’essere umano senza la misura individuale della sua persona. Il mito della marionetta consegna alla cultura teatrale del 900 l’idea di un attore de-psicologizzato che si offre come materiale e non come protagonista. È lo spazio scenico che diventa attore. ▪ Dalla Supermarionetta agli Screens Non tratteggia la fisionomia della Supermarionetta. Basa il suo pensiero sulla cinetica e il movimento. Il teatro è un’esperienza cinetico- visiva. Elimina la parola. La scena è in movimento non è l’attore a dargli vita. Nel 1907 costruisce un modellino di palcoscenico “Model Stage” – Scena dai mille volti. La sua idea trae origine dal teatro del Serillo che promuoveva un teatro dalla superfice scenica sezionata a scacchiera. Da questa idea derivò la sua concezione di palcoscenico mobile: - movimenti a vista della macchina scenica; - il sipario non doveva essere chiuso; - la scena è monocromatica; - il colore era dato dalla luce. Il teatro doveva diventare un capolavoro della meccanica e della tecnica. ▪ Mille scene in una Quest’opera teatrale rappresenta il tentativo di traferire la molteplice capacità espressiva dell’uomo alle infinite combinazioni di una scena modulare, componibile e trasformabile, definita dagli Screens. Parte dal quadrato, poi passa al cubo e poi al parallelepipedo. La scena è viva e con il suo movimento partecipa allo sviluppo del dramma. Poteva raffigurare una muraglia, una piazza, un castello, etc… I movimenti erano: avanzare, indietreggiare, ruotare, dispiegarsi e ritirarsi. Gli ultimi due li riteneva più importanti. I movimenti dovevano avvenire senza passaggi bruschi. Lo spazio doveva avere un carattere: - neutro e astratto, in cui il movimento non si esprimeva in funzione di un’esigenza di temporalità ma in conformità ad una tensione poetica; - unitario e universale; - spoglio. Lavora con la forma e non con la figura, unisce nello spazio sia elementi astratti sia elementi realistici, poiché secondo Craig bastava un segno per far comprendere un oggetto agli spettatori. ▪ Amleto di W. Shakespeare Venne portato in scena al Teatro d’Arte di Mosca l’8 gennaio del 1912. Craig sarà regista, costruirà le scene ed i costumi. Attraverso le scene egli vuole riuscire a suggestionare il pubblico e a esprimere il dramma. Applica il principio di semplificazione, ovvero si libera degli arredi e degli oggetti. Analizza il processo dell’abitazione e dei suoi oggetti: desso ha pareti, soffitto e pavimento. L’unico oggetto che ritrova in tutte le abitazioni è la parete e quindi deciderà di inserire solo l’elemento verticale del muro. Il ritmo dello spettacolo era scandito dal dualismo spirito/materia, morte/vita, contrapponendo il mondo corrotto della Corte alla purezza dell’anima di Amleto. Attribuisce un significato diverso agli spazi: - macchina scenica aperta = Corte; - macchina scenica chiusa = Amleto. Per la scena dell’incontro con il fantasma del padre illumina la scena dal retro così da far vedere solo l’ombra dietro gli screens. La sensazione sarà quella che il fantasma appare e scompare. Per le scene dei monologhi di Amleto viene creato un lungo corridoio e delle nicchie. Amleto può muoversi verso lo spettatore oppure di può allontanare da esso. La scena si chiude tutta intorno ad Amleto, così da essere molto intima. Il movimento ha il ruolo di tradurre visivamente la parabola incompleta dell’azione. Gli Screens formano l’architettura di scena. La luce è mobile, modellabile ed espressiva. Automi, marionette e bambole meccaniche Principi e sviluppo del doppio antropomorfo. Il primo automa è stato creato da Dio, Adamo è stato creato in 5 ore. Gli automi sono macchine ambigue. Hanno una dimensione di utilità, espressività dell’abilità del costruttore e dimostrazione del livello tecnico raggiuto dalla società; ed una dimensione di futilità. ▪ L’Automa (Androide, Andreide) • Burattino; • Marionetta; • Macchina; • Fantoccio; • Bambola L’Automa è una macchina che si muove da sé riproducendo i movimenti dell’uomo e degli animali. Nel 600 la nozione di macchine semi moventi era molto ampia e spesso fonte di energia. Anche le fontane erano degli automi, attraverso un meccanismo di tubi complessi creavano spettacolo. Esso doveva essere camuffato nella forma. Sotto il concetto di Automa rientrano tutti i meccanismi dotati di movimento indipendente o che tale appaia. Ciò che sorprendeva gli spettatori era il motore nascosto, il meccanismo, che imprimeva il movimento all’automa. Il meccanismo che portò all’apogeo la costruzione di automi fu l’orologio meccanico. Nel 1625 venne introdotto da Gabriel Naude il termine “Androide”, ossia un automa con le sembianze umane. L’automa era reale e meraviglioso. - Bernardino Baldi, “automa di Erone di Alessandria”, 1589; - Jacques de Vaicanson, “L’armata”, 1709-82. - Introduzione del dibattito filosofico dell’uomo-macchina di Cartesio - evoluzione tecnologica della meccanica degli altri artifici. Tipica della costruzione degli automi è anche la ricerca di scomporre analiticamente il movimento e di ricostruirlo per piccoli scatti dovuti al meccanismo di utilizzo di ruote dentate. ▪ Tipologia del movimento Gli automi erano esseri umani seduti con movimenti limitati alla parte superiore del corpo. Venina costruito un gesto autonomo e artificiale. In oltre gli Automi avevano la caratteristica di un volto impassibile, volto- maschera. La scena plastica di Fortunato Depero – LEZIONE 12/04/19 La marionetta per Depero non è una goffa replica dell’uomo ma rappresenta un nuovo essere artificiale caratterizzato da particolari sorprendenti e paradossalmente fondati su una concezione incongrua di elementi naturali e meccanici. I Futuristi elogiavano la macchina, il suo fascino, la sua dinamicità. “Meccanica di ballerini”. L’automa-marionetta ha le sembianze umane con parti meccaniche. L’automa non è la sostituzione dell’uomo ma è il suo doppio, la sua copia, che porta sul palcoscenico il personaggio con le sue sfaccettature. L’automa è la sua ombra. Gli obbiettivi sono la dinamicità, la simultaneità e la ripetitività. Depero studia l’automa-marionetta costruendo delle piccole figure giocose poggiate su dei piedistalli. Nel 1915 con la Ricostruzione Futurista dell’Universo si teorizza l’invenzione del Complesso Plastico e del Giocattolo Futurista per ricostruire l’Universo rallegrandolo. La marionetta è il mezzo più idoneo per realizzare quel meraviglioso e fantastico Mondo Futurista che aveva annunciato nel “Manifesto Futurista” Marinetti. L’esigenza di una ricostruzione dell’Universo si muove nel linguaggio plastico e si realizza nel mondo artificiale e meccanico della scena. Il teatro sarà un momento di fusione di pittura, scultura e arte del suono (musica e rumori). Un insieme di azioni, mimica, gesto, luce e suoni. Il complesso plastico è l’equivalente astratto delle forme naturali. Sono degli allestimenti scenici per far interagire lo spettatore. La materia: fili metallici di ogni spessore, colorati, vetri colorati, carteveline trasparenti di ogni genere. Congegni: meccanici, elettronici, musicistici e rumoristici. Passa da un giocattolone astratto, senza una funzione precisa, lo trasforma e lo lega ai ballerini. Il Giocattolo Futurista sarà l’espressione artistica della massima importanza, sarà sempre aperto alla meraviglia dell’artificio. 1. Costume meccanico: il ballerino tira dei tiranti interni per modificare i costumi a seconda dello sforzo espressivo. La danza diventa mimico-acrobatica con costumi plastici a trasformazione. I costumi avevano luci incorporate, effetti sonori ed erano trasformabili. I costumi alterano la corporeità del ballerino. Le armature, i tiranti, le luci elettriche incorporate e variabili, i rumori, si trasferiscono nei costumi ideati. 2. Il ballerino interprete: scenografia leggera, foresta incantata, con forme geometriche, alberi e fiori giganti. Costumi rigidi e solidi che creano movimenti meccanici. Il ballerino era limitato nei movimenti dal costume ed era costretto a adottare una gestualità meccanica. La persona non era che il nascosto mezzo meccanico, la guida di queste forme che indossava e sperimentava. o Fortunato Depero, 1917, Balli plastici Consisteva in cinque balli che scrisse durante un soggiorno a Capri per l’artista svizzero Gilbert Clavel. Il teatro plastico la mimica riproduce i movimenti giornalieri lasciando godere lo spettacolo allo spettatore, che si sente coinvolto, superando la limitazione imposta dalla parola. I movimenti devono essere eseguiti seguendo la musica attraverso gesti precisi. I balli sono scene fatte da piccoli movimenti il cui obbiettivo era quello di dare solo immagini mimiche. I cinque balletti erano: 1° “Ombre”; 2° “Pagliacci”; 3° “Giganti buffi”; 4° “Selvaggi”; il 5° ballo era intitolato “Orso Azzurro”. Per quest’ultimo crea diversi livelli per la scenografia, sia in altezza sia in profondità. Le azioni simultanee creavano una maggiore dinamicità. Le piazze e le rampe non servivano a raffigurare la città ma servivano come punti di appoggio per le marionette. Giappone – Bunraku Il risultato è una combinazione dell’elemento visivo-gestuale con l’elemento uditivo-musicale. I testi erano epico-narrativi. Le marionette hanno una serie di meccanismi che permettevano di muovere gli occhi e le dita delle mani. Avviene una fusione tra realtà e artificio si raggiungeva un realismo assolutamente artificiale. Le possibilità imitative dei fantocci tendevano a un realismo estremo, lo spettatore non si potrà mai immedesimare nelle azioni dello spettacolo. C’era un realismo non riproduttivo. È uno spettacolo fatto di parti e di frammenti. C’erano tre elementi principali uniti dallo spettatore che creavano un vuoto: 1. Gesto – manipolazione dei fantocci; 2. Canto – recitazione di un testo; 3. Musica – accompagnamento alla recitazione. Il testo è diviso in cinque atti e cinque scene. Esse hanno toni, registri, temi e luoghi diversi per raffigurare l’amore, il combattimento, il pathos, il viaggio, il dialogo e il finale augurale. Le tre figure: sul palcoscenico ci sono tre persone principali e solo il Narratore, il Musicista e il Burattinaio. Il Narratore è accompagnato dal Musicista, il Burattinaio muove il Burattino seguendo le parole del Narratore. Le parti: Il burattino e il burattinaio, il leggio e cantore, lo Shamisen e il musicista, la loro presenza scenica è codificata dallo spettatore tramite dei simboli precisi. I burattini sono mobili, i burattini maschi hanno i piedi mentre i burattini donna no. I burattini assumono delle espressioni, non hanno la fissità della marionetta. Il burattinaio è a vista ma i fili sono nascosti. I Burattini solo alti 1 m e sono anche in grado di prendere e spostare oggetti. La marionetta viene rivestita con i costumi tradizionali. ▪ Il Burattinaio Egli maneggia a vista il burattino. Il movimento è evocato ed i burattinai in totale sono tre: 1° ha il volto scoperto (protagonista) ed ha il compito di muovere la testa e la mano destra; 2° ha il volto coperto ed ha il compito di muovere gli arti inferiori; 3° ha il volto coperto ed ha il compito di muovere la mano sinistra. Questo tipo di teatro ha delle precise Convenzioni: il Burattinaio principale si disumanizza, non ha espressioni. L’umanità viene espressa dal burattino. Il pubblico giapponese ritiene invisibili gli altri due burattinai. Il burattinaio centrale ha il compito di mantenere la marionetta, mentre gli altri due sono posizionati a 30 cm da essa. Gli oggetti vengono mossi dal 1° e dal 3° burattinaio che se li passano fra di loro, non è il burattino a muoverli. Questo serve ad inserire un momento “assurdo” all’interno dello spettacolo così da ricordare al pubblico di essere a teatro. Ci sono due tipi di gesti: 1. Furi: realismo simbolico; 2. Kata: gesto elastico. Nessuno di questi due gesti ha qualcosa di realistico. La perfetta manipolazione tra i tre manipolatori consente il tenore elastico e la tensione drammatica. ▪ Il Cantore È colui che racconta la storia, presta la voce al personaggio ed è accompagnato dal musicista. Il cantore si posiziona su una pedana girevole posta tra il vuoto della scena ed il vuoto della pedana. Il Cantore ha una posizione fissa. La parte superiore del corpo riproduce dei gesti e riprende le espressioni della marionetta. Tutto il furore delle azioni le porta in scena il Cantore. Gli spettatori però non guardano mai lui ma concentrano la loro vista sul burattino. ▪ Shamisen ed il musicista Lo Shamisen è uno strumento tradizionale giapponese suonato dal Musicista il quale accompagna il Cantore e sottolinea con la musica alcuni gesti del burattino. Narrazione → Cantore → Musicista Dialoghi → Burattino  Musica ▪ Ricomposizione scenica divisa in più parti Scena di contorno – importante la posizione dei personaggi, collocati in punti precisi; Cantore e Musicista – sono posti sempre a destra sulla pedana girevole. Muretto – la marionetta si muove al di sopra di questa linea, volando. È qui che si svolge l’intera scena. Sullo strumento si appoggiano la voce, le sillabe scandite dal Cantore e i gesti minuti e stilizzati dei burattini. Tutto si scompone e tutto si frammenta. Il flusso dello spettatore non è univoco e allineato bensì scisso in due differenti canali: visivo–gestuale e sonoro–uditivo. Essi entrano in una competizione dinamica frantumando la possibilità di una totale immersione nella scena. Il tre elementi dello spettacolo non si sovrappongono: il ritmo della marionetta non risponde mai alla parola, alla musica e al gesto. Il Kabuki. Dall’automa all’attore – LEZIONE 03/05/19 I testi erano già scritti per il teatro e per il palcoscenico. Kabuki significa espressività eccessiva. Si celebra la liberazione dalla guerra, la liberazione espressiva, la liberazione dei costumi, tutto attraverso la danza. I temi principali erano le danze e i canti ma anche la rappresentazione dei divertimenti del kabukinano. Il teatro Kabuki tenta di andare, di inglobare lo spettatore come se fosse una festa collettiva. Il quanto teatro popolare so è appropriato di tecniche, storie e drammi della tradizione. • drammi storici (lotte e intrighi fra le grandi famiglie di samurai); • drammi sociali (suicidi d’amore). Il tipo di realismo richiesto si accompagna alla definizione di diversi moduli espressici, in relazione al tipo di dramma, con la divisione dei ruoli in tipi, la definizione dei caratteri, la tipologia gestuale del corpo dell’attore. Questa forma teatrale si è sviluppata secondo modelli (kata) assimilati, tradotti, vivificati e trasmessi dalla corporeità dei maestri. Non c’è nessun riferimento alla realtà, ogni gesto, ogni suono, viene stilizzato durante l’opera. Il Kabuki è un teatro movimentato con molti personaggi, 20/30 personaggi contemporaneamente in scena. Le Convenzioni sono catalogate in due categorie: pose e movenze. Il teatro Kabuki è famoso per la fissazione della gestualità. È una stilizzazione esagerata, non è pacata come nel teatro NÕ. Ci sono diverse tecniche di recitazione fissate in due tipi: 1° - Vocabolario gestuale, si basa su: Mie e Posa. È l’espressione del viso che l’attore assume nel momento più drammatico, l’attore si carica di energia mettendosi in Posa e trattenendo il respiro durante tutta l’esecuzione. Esteriormente è statico, interiormente tutto si muove; 2° - Vocabolario letterale. L’opera si può suddividere in tre momenti principali: o Roppo, è una passeggiata in sei direzioni, dove l’attore si pavoneggia; o Tachimawari (tate), azioni violente sostenute dalla musica, soprattutto quella dei tamburi; o Dammari (senza parole), pantomima di 5/10 minuti, tutti gli attori salgono sul palcoscenico e si presentano al pubblico; o Watarizerifu (passare lungo il dialogo), c’è una lunga frase frammentata ed intervallata da suoni e rumori. La frase viene pronunciata da diversi attori, mentre la frase finale viene detta in coro. La stilizzazione della rappresentazione è un sistema di comunicazione altamente convenzionale. Le convenzioni per la tecnica dell’attore, i costumi, il trucco, gli accessori e la scena. L’attore assume come tecnica di recitazione quella della frammentazione delle frasi. Gli stili 1. stile ara-goto; 2. stile wa-goto; 3. stile anna-goto; 4. Stile maruhon (marionette che riproducono gesti quotidiani). ▪ Protagonisti o Protagonista maschile (Otoko-goto) 1. protagonista buono (ara-goto / eroe, wa-goto /amoroso): 2. antagonista. o Protagonista femminile (Onna-gata) La sposa felice, la donna malvagia, la principessa. o Altri protagonisti comici ▪ Stile dei personaggi Eroe: azione violenta; Amoroso: stile sensibile e morbido; Onna-gata: attore specializzato in ruoli femminili. La loro arte non consiste nell’imitare puntualmente il comportamento delle donne reali ma né restituirne la vera essenza della femminilità. È una femminilità idealizzata e raffinata, doppiamente ambigua, vista con la sensibilità maschile. È una traslazione e non una Mejerchol’d – LEZIONE 10/05/19 1917 Rivoluzione russa. Biomeccanica: grande padronanza fisica, azione del palcoscenico frammentata: prima avviene il movimento; segue la reazione emotiva; vengono pronunciate le parole; avviene la scena. Pedriga il pregiuoco o prerecitazione: le tecniche del movimento sono separate dalle tecniche di emissione dla voce, il movimento preannuncia ciò che avverrà con la voce. Sessione fra azione fisica (rallentata) e azione verbale. Il gesto sottolinea la parola. L'attore indica i confini tra lui ed il personaggio (vuoto). 1. Teoria della biomeccanica (1921) È possibile che il corpo, le sue linee, i suoi movimenti armoniosi di per sé non contino come i suoni. La biomeccanica elimina lo psicologismo a beneficio dei riflessi e dello studio della meccanica del corpo. È uno strumento di allenamento globale del corpo. Obbiettivo: l'emozione teatrale è rappresentata dal rapporto dell'attore con lo spazio, è ritmo e gioco con oggetti scenici. Il lavoro dell'attore è prendere coscienza di sé nello spazio della scena, che è concepito come il luogo dell'artificio e della forma (marionetta). Sia forma della scena sia forma dell'attore con la scena. L'attore è portatore di azioni e non di passioni. L'idea di attori deve rientrare nell'idea del teatro che si basa sulla "produzione artistica, la scena diventa laboratorio, la recita una catena di movimenti meccanici. Privo di ogni ornamento, l'attore in semplice tuta, sobrio, cosciente, sfaccenda sui dispositivi e impalcature, misura i suoi gesti, schivando le mosse superflue, non produttive. Lo spazio è concepito come partner dialettico dell'uomo". L'attore è sintesi di ginnastica acrobatica - dimensione meccanica e ingegneristica del corpo e dell'arte, tecnologia, riflessologia, il produttivismo ed il taylorismo. Formula dell'attore → N=A1+A2 N è la risultante della somma tra il cervello che da avvio all'azione ed il corpo che la mette in atto. Con la biomeccanica l'attore deve possedere l'esatta comprensione dell'attività psico-fisica. L'attore deve sezionare il gesto e la scena, deve frammentarie la sua plasticità. 2. Gli esercizi Gli attori sono nudi, non c'è filtro, deve create le forme con il proprio corpo che è visto come materiale per la costruzione di forme rigorose. L'emozione non viene sospesa ma si sviluppa attraverso uno stato fisico appropriato. C'è distanza uomo-personaggio. La biomeccanica è una dislocazione. Gli esercizi servono a strutturare l'insieme della meccanica del corpo nello spazio (salto, caduta, capriola). Ogni esercizio riguarda un'azione, uno spazio e un rapporto specifico tra attore e scena. La centralità di un gesto artificiale comporta la necessità che esso si rapporti con la struttura dello spazio più che con la psicologia del personaggio. Gli esercizi sono basati su una precisa frammentazione del gesto. L'attore lavora in relazione con sé stesso, col partner, in gruppo e con il pubblico. Il linguaggio dell'attore biomeccanica è un linguaggio fatto di azioni fisiche, di gioie muscolari, fondate sul linguaggio del gesto anziché sul dialogo. Gli attori hanno un codice di movenze essenziali. Tutti gli esercizi sono esercizi di relazione, essi producono spazio. Deve esserci uno spazio mobile, poiché lo spazio è visto come un organismo vivente, non c'è niente di fisso. Lo spazio può essere di due tipi: 1. Macro-oggetto della scena; 2. I movimenti provati li deve portare e li deve relazionare con la scenografia. Lui non parla di scenografia ma parla di macchina scenica, introduce così il concetto di "montaggio scenico", "costruzione teatrale", "architettura scenica". 1. La scena come macro-oggetto: la scena come sistema di oggetti; 2. La scena come risultato di una operazione di frammentazione: montaggio di differenti elementi teatrali. o Le cocu magnifique (1921-22) Distribuisce su più piani diversi tipi di recitazione, la scena però è fissa. La costruzione è data da un insieme di montaggi, che gli attori maneggiano. L'unico elemento che rievoca la scena è il "mulino" anche se lui lo reinterpreta come elemento meccanico della macchina scenica (ingranaggio). Elimina il sipario e le quinte. La macchina scenica è indipendente dal teatro, ovvero essa è appoggiata sul palcoscenico. La macchina scenica è fatta di tre parte principali. C'è uno scivolo che collega le due macchine, qui si svolgono le scene dinamiche poiché l'attore alzato, scivola e alla fine resta seduto sul bordo dello scivolo. Ci sono le macchine a vista dove si svolgono le scene statiche. Oltre allo scivolo ci sono anche delle scale di collegamento fra le macchine. L'attore gioca con l'oggetto che diventa un oggetto-congegno. 3. Frammentazione e montaggio Ci sono pannelli mobili, la musica è a vista, prolunga il palcoscenico con delle passerelle. Si ispira al cinema, al circo e al teatro Kabuki. C'è continuità tra la macchina scenica e la macchina teatrale. ▪ Il revisore di Gogol (1926) Le undici porte centrali si collegano con la stanza del governatore, le altre quattro porte si collegano con la stanza della locanda. Le tre pedane sono mobili ed hanno scene diverse. Solo le tre porte centrali si aprono diversamente, dette portone, da qui entrano le "scene". Gli attori non scendono da esse. Grazie alle 15 porte l'esterno si insinua nella scena. Taudeuz Kantor (1915-90) - LEZIONE 17/05/19 Il suo teatro nasce e muore con lui. Egli non crea un laboratorio ma una sorta di "famiglia", con la sua morte i suoi due spettacolo muoiono con lui, ovvero non vengono più messi in scena. Per lui il teatro era un evento, ogni evento era unico a sé stesso. Egli abbraccia tutte le avanguardie. Si diploma all'accademia di Cracovia. Il suo processo creativo abbraccia tutti i fervori e l'aspetto culturale degli anni 50'-60'. Per lui non esiste la scenografia ma c'è uno spazio, un luogo, dove tutte le arti si riunivano tutto ciò che realizza sotto forma di schizzi, anni dopo, prendono forma. Realizza diversi manifesti. La sua non è una "teoria" ma una vera e propria "poetica". "Wielopole Wielopole" e "La classe morta" sono due di alcuni dei suoi spettacoli più importanti. Lui preleva l'oggetto dalla realtà e lo inserisce nella scena conferendogli un ruolo. I suoi oggetti hanno sempre le ruote. Eleva l'oggetto al livello dell'attore e retrocede l'attore al livello dell'oggetto. Plasma entrambi con le sue mani, con le sue idee. o Il suo teatro: Teatro Crocot 2 Crocot = circo anagramma (1955). Per lui esiste un processo creativo che può o meno arrivare sul palco, in teatro, in scena. Vuole creare una sfera di comportamento artistico libero e gratuito. Lo spettacolo era realizzato su un teatro di piccole dimensioni, perché doveva dare l'idea di un qualcosa di "clandestino". Non divide la platea dalla scena, il pubblico doveva partecipare a livello emotivo. Non f differenze fra il corpo umano e il corpo inanimato. Dirige gli attori sempre, anche durante lo spettacolo, infatti lui era sempre in scena non c'è differenza tra la prova e lo spettacolo. Il pubblico vede due spettacoli: la prova è lo spettacolo contemporaneamente. Lo spazio dell'evento teatrale è metafora di un mondo personale elevato ad universale. L'azione è sublimata dai suoi sogni, dai suoi ricordi, dalla sua infanzia, dalla sua angoscia, dalla sua ironia, che sono immerse in una corrente di scambio simbolico con l'attore e con lo spettatore. Sul palcoscenico l'attore non si deve immedesimarsi ma deve agire. Un teatro che distingua i miraggi dell'illusione per affermarsi in tutta la sua concreta realtà. L'idea è quella di un teatro autonomo che tende a giustificare soltanto la sua stessa esistenza. Montare uno spettacolo significa provocare un processo, creare una realtà scenica, instaurare un gioco, e non significa mettere in scena un testo. Il suo strumento era il collage di elementi animati ed inanimati, ciascuno con un proprio ruolo artistico e scenico autonomo. TESTO - ATTORE - SÉ STESSO - LUOGO - SPETTATORE - OGGETTO Sulla scena si susseguono frammenti di ogni movimento che creano la scena. L'attore kantoriano resta prima di tutto sé stesso e deve essere in grado di giocare con il testo, allontanandosi da esso e poi riavvicinandosi. L'attore per lui è un ribelle, un obiettore, che sviluppa la rivolta attraverso il ruolo dell'arte. La realtà dello spettatore: il teatro è rischio, è un atto di responsabilità, è un teatro clandestino. La realtà dell'oggetto kantoriano: so che devo fare qualcosa con l'oggetto perché cominci a vivere, qualcosa che non abbia a che fare con la sua funzione vitale. L'oggetto deve entrare nella sfera dell'arte vivendo autonomamente. Gli oggetti kantoriano appartengono alla realtà del tango più basso. Ovvero tutto ciò che veniva buttato, che era usato e degradato, come il legno e il ferro, che scansionano il passaggio del tempo. Riutilizzare oggetti che fanno parte della vita quotidiana, delle pratiche religiose, del mondo militare. L'attore è chiamato ad attraversare la materia informe e i articolata per mostrare il lato nascosto dell'oggetto. o Lo strumento compositivo: il montaggio I componenti del suo teatro sono: 1. Materia: il testo, lo spazio, l'oggetto, l'attore (macchina); 2. Anima: la memoria, la morte, la precaria identità dell'individuo. deve essere quello più giusto per il testo che deve così concretizzarsi in una sistemazione fisica. Nuovo e diverso utilizzo dei canoni linguistici del teatro. Tutti sono riportati alla misura umana del corpo dell'attore. Ci sono diversi elementi nel suo teatro: • Luce → spettatori illuminati e possibilità di irradiare luce. Lo spettatore partecipa attivamente. • Cerone → maschera facciale = attore, espressione facciale. Eliminae maschere e tutti i filtri. • Costume → non è autonomo. Il corpo denudato da filtri. L'attore non ha un costume, egli è lo spettacolo. • Musica → voci e oggetti che suonano lui lo elimina. • Oggetti → elementi da trasfigura (scopa=cavallo; pedana=mare; tavolo-confessionale; pezzo di ferro-un partner). Si deve tornare alla fantasia dei bambini. o L’elemento plastico dello spazio: il corpo Il un tipo di teatro ascetico attore e pubblico è tutto ciò che resta. Tutti gli altri elementi visuali, per esempio gli elementi plastici, sono costituiti dal corpo dell'attore e gli effetti acustici e musicali dalla sua voce. Dato che il nostro teatro dispone solo di attori e spettatori, noi siamo particolare te esigenti verso entrambi. Anche se non ci è possibile formare il pubblico - non in modo sistematico almeno - possiamo paro formare l'attore. o La sua ricerca attore/spettatore La ricerca sull'attore è soprattutto la ricerca su una relazione fisica tra spettatore e attore. Da un lato lavora sulla forza dell'attore, all'altro a vulnerabilità degli spettatori, in modo indipendente ma correlato. NO ATTORE INTIMIDATORE / NO SPETTATORE PASSIVO Per sottratte lo spettatore alla sua abitudine di passività è necessaria una provocazione da parte dell'attore ma il coinvolgimento sarà profondo solo se la provocazione non sarà estemporanea ed esteriore e mirerà invece a coinvolgere lo spettatore in una esperienza che Grotowski chiama di "Auto-Penetrazione", di discesa nel profondo. Per indurre tale operazione l'attore deve donarsi senza resistenza in un atto quasi di sacrificio di sé concentrandosi si una "maturazione che è espressa da una tensione verso l'assoluto, da una denudazione completa, dall'estrinsecazione degli strati più intimi del proprio essere. L'attore da dono totale di sé". o L’attore santo "La nostra è perciò una via negativa, non una somma di perizie tecniche, ma la rimozione di blocchi psichici". Non mi fraintendere. Io parlo di "sanità" da miscredente: mi riferisco ad una santità laica. Se l'attore provoca gli altri provocando sé stesso pubblicamente, se scopre sé stesso gettando via la ma ch'era di tutti i giorni, egli permette anche allo spettatore di intraprendere un simile processo di Auto-Penetrazione. Lui non vende il suo corpo ma lo offre in sacrificio. È difficile denudarsi davanti ad altre persone, per questo motivo il primo lavoro che l'attore fa è su sé stesso, solo dopo sul personaggio. Da qui nasce la necessità di lavorare con un attore disponibile e disciplinato, preventivamente e accuratamente preparato, che fosse in grado di ricostruire e ripetere con pazienza e con umiltà il proprio genio creativo per accordato con il lavoro sei colleghi e con il lavoro del regista. "Principio Costante" = unico spettacolo dove raggiunge il suo obbiettivo. o Il teatro laboratorio Per costruire questa tipologia di attore, che non appartiene alla tradizione occidentale, è naturalmente necessario insistere sull'attività di laboratorio e si training fisico e psichico costante. L'attore si deve formare e tenere in allenamento come individuo ancora prima di interprete di un ruolo, sforzandosi di esplorare e di superare continuamente i propri limiti fisici e psicologici, alla ricerca di una purezza da conquistare sotto le corazze del comportamento quotidiano e sociale. o Gli esercizi: l’allenamento Eliminare le resistenze del corpo affinché si annulli l'intervallo di tempo fra gli impulsi interiori e le relazioni esteriori in modo che l'impulso sia già una reazione esterna. Impulso e azione sono contemporanei. L'allenamento è costituito da diverse tipologie di esercizi: fisico, plastico, maschera, facciale, vocale. Gli esercizi zono fatti di aree e zone molto strette. Elimina totalmente le maschere. L'allenamento serviva all'attore per riuscire a costruire una propria partitina gestuale che il regista fonde con gli altri attori. Il lavoro che Grotowski svolgeva con i suoi attori ha determinato la "costruzione" di uno spazio di lavoro solido. Il gesto doveva avere un rapporto spazio/tempo. Il lavoro che svolge Grotowski sul corpo dell'attore è tutto incentrato sul dettaglio, sulla perfezione della minuzia eliminando però tutto ciò che era superfluo. Lavora sul viso, sulle labbra, sugli occhi, sul movimento delle mani. L'attore crea effetti sonori naturali come il battere le mani, la cadenza. Fa degli esercizi facciali per allenate tutti i muscoli del volto e permettere all'attore di assumere espressioni diverse. o Lo strumento compositivo La creazione dello spazio parte dall'avvicinare l'attore e lo spettatore, crea così un'arte del dettaglio. Progetta diverse idee di sala. Quando i due spazi sono separati palcoscenico-sala lo spettatore guarda solo l'attore, spettatore e spettatore no. Si guardano. Così lui decide di eliminare questa divisione, ponendo gli spettatori in modo tale da costringerli a guardarsi fra di loro. o Prime sperimentazioni sul rapporto di vicinanza Alla ricerca di uno spazio senza compromessi, pensato per ciascuna rappresentazione, e perciò sempre diverso, Grotowski inizia una fertilissima collaborazione con l'architetto Jerzy Gurawsk che lo accompagnerà sino alla definizione del teatro anatomico del Principe costante nei suoi primi spettacoli l'atto e lo spettatore solo delegati in due aree ancora ben distinte, arriverà in fine all’elaborazione uno spazio dove l'attore e lo spettatore si fondono completamente, lo spazio è unico. ▪ Spazio, corpo, oggetto… spettatore Operazione di trasfigurazione dell'oggetto che assume preogressivamente il ruolo di spazio di contenimento della recitazione per gli attori e della posizione in scena per gli spettatori. 1. Piattaforme rialzate "Akropolis": l'oggetto viene caricato di significato una volta che viene utilizzato dall'attore (seduto = sedia; steso = letto; alzato = ponte). Ascissione tra forma e funzione, ossia una carriola può essere sia una carriola sia un letto; 2. Letti a castello Kordian: raffigura un manicomio. Gli attori e gli spettatori sono posizionati sui letti. Alcuni spettatori sentono l'attore ma non lo vedono; 3. Due lunghi tavoli Doctor Faust: gli attori recitano su due tavoli/pedane, gli spettatori chiudono la scena lateralmente; 4. Recinto Principe costante: mantiene la vicinanza tra attore/apettatore. Lo spettatore però "sbircia la scena" da dietro al recinto. La scena raffigura una prigione e di conseguenza la separazione netta fra il dentro (prigione) e il fuori (mondo esterno. o L’oggetto amplia il suo ruolo scenico L'oggetto amplia il suo ruolo scenico sino ad assumere su di sé il carattere di spazio scenico. È simbolo, metafora, del lavoro sul testo e del lavoro su di sé. È l'elemento ordinatore di contenimento gli spettatori frammentati. La composizione di uomini e di cose è ampliata a tutti i partecipanti all'evento teatrale. ▪ Lo spazio dell'infanzia. Wielopole Wielopole (1979-80) In questo spettacolo Kantor unisce tutte le opere che realizzò nella sua infanzia, non sottoforma di testo ma come spettacolo. Gli oggetti sono tutti mobili. La prima ipotesi per Wielopole Wielopole è la stanza rappresentata dalla scatola scenica. È una scatola che assume il carattere di Spazio Assoluto. È uno spazio immaginario e non illusorio. Oggetti = relitti. La stanza dunque è il luogo dell'immaginazione. Gli oggetti che non servivano più all'attore venivano spostati fuori dalla zattera, lo spettatore capisce che anche se li vede non fanno più parte dello spettacolo. Alcuni oggetti ritornano da alcuni spettacoli, ciò che cambia è la scena. Ci sono due spazi: 1. Zattera: l'attore realizza delle azioni semplici, quotidiane; 2. Anticamera: l'attore passa in questo spazio e si butta sulla scena, allegoria alla guerra che irrompeva nella vita quotidiana. La porta è il filtro tra il luogo e la memoria. • La scena La stanza ha dei contorni i determinati, centralmente è posta la porta d'ingresso. Gli oggetti acquisiscono un valore simbolico e non funzionale. Essi hanno anche un valore d'azione: la porta interagisce non la finestra; il letto con il tavolo; l'armadio con la tomba. Gli oggetti in scena erano: 1. La grande porta scorrevole: essa divide lo spazio banale dalla vita quotidiana con la fragilità della guerra. Utilizza la ripetizione del gesto banale ponendolo in contrapposizione con i gesti "anomali" delle scene lontane dalla quotidianità. Egli non rappresenta la guerra ma gli effetti di essa sulla vita, porta in scena la morte. Toglie le pareti alla stanza poiché la realtà di fuori irrompe nella vita quotidiana; 2. La porta: l'attore sposta la porta ed entra in scena, le porte sono un atto sacrale dell'entrate in casa; 3. L'armadio: luogo del nascondiglio, del gioco, si trasforma in una piccola stanza. Diventa un luogo della memoria, mentre lui giocava al suo interno sentiva i bombardamenti, era come se l'esercito irrompeva all'interno dell'armadio. Gli assi orizzontali della grande porta entrano in contrapposizione con gli assi verticali dell'armadio; 4. Il tavolo: c'erano due sedie e una tavolata, essa veniva appoggiata sulle due sedie. Il tavolo venne utilizzato per evocare l'ultima cena prima del bombardamento finale; 5. Cumulo di terra con croce: la morte entra in scena, entra nella vita quotidiana. È un luogo dedicato alla memoria e al dolore che la guerra ha portato; 6. Le sedie: esse vengono utilizzate per diverse scene, è a disposizione dell'attore. La sedia con il manichino posto dietro evoca le persone che non ci sono più; 7. Il letto: macchina scenica della morte. Lo zio prete steso sul letto (vita) quando muore viene girata una manovella e il manichino sparisce dalla scena (morte); 8. Macchina fotografica: viene utilizzata sia come macchina fotografica, i soldati fanno una foto prima di partire, mentre nell'ultima scena diventa un mitra, i soldati non torneranno più. Durante tutto lo spettacolo, in ogni scena, c'è una divisione dei personaggi: a) Gli zii - elemento di separazione - i soldati; b) La grande porta (assi orizzontali) - elemento di separazione (ombra del fotografo) - soldati in posa (assi verticali); c) Soldati - oggetto di unione (tavolo) - famiglia.
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