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Appunti settimana 5 diritto del lavoro 2024, Appunti di Diritto del Lavoro

Appunti settimana 5 diritto del lavoro 2024

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 24/05/2024

chiara.fede
chiara.fede 🇮🇹

10 documenti

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Scarica Appunti settimana 5 diritto del lavoro 2024 e più Appunti in PDF di Diritto del Lavoro solo su Docsity! La frammentazione dell’impresa: Il trasferimento d’azienda Il distacco Il contratto di somministrazione (settimana 4) Il contratto di appalto (settimana 4) Il contratto di rete Il Contesto Economico ▪ Globalizzazione economica (liberalizzazione scambi commerciali e flussi finanziari) ▪ Rivoluzione tecnologica e informatica (ICT, information and communication technologies) Le Conseguenze Sull’Impresa ▪ Processo di scomposizione dell’impresa e variabilità dei suoi tradizionali confini: ❖ Processi di concentrazione societaria al fine di competere globalmente ❖ Decentramento produttivo, ossia esternalizzazione dei segmenti non rientranti nel core business ❖ Delocalizzazione in base alle convenienze di costo ▪ Vantaggi: minimizzazione costi di transazione, migliore allocazione risorse produttive, specializzazione dell’impresa Il Contesto Giuridico ▪ Strumenti essenziali: trasferimento d’azienda, contratti di appalto, somministrazione, rete, distacco ▪ Importanza della legislazione lavoristica nazionale ▪ Importanza della disciplina di diritto comunitario (< imprese che si muovono all’esterno dei confini nazionali) ▪ Bilanciamento tra libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost) e tutela del lavoro Il trasferimento d’azienda Trasferimento d’azienda: modifica della titolarità dell’azienda attraverso un negozio traslativo Fonti: ❖ art. 2112 codice civile: delimitazione fattispecie + effetti ❖ art. 47 legge 428/1990: tutela sul piano collettivo ❖ direttive euro-unitarie e giurisprudenza Corte di Giustizia Diritto interno Art. 2112 c.c.: automatica prosecuzione del rapporto di lavoro con la sostituzione del cessionario al cedente Deroga al principio generale del consenso del debitore ceduto nel caso di cessione del contratto (art. 1406 c.c.) Ratio originaria: ❖ favorire la circolazione dell’azienda, conservando l’integrità del complesso aziendale (i contratti di lavoro, come componente dell’azienda, continuano a svolgere la propria efficacia) ❖ la salvaguardia dei diritti dei lavoratori è una conseguenza Diritto eurounitario La Comunità Europea promuove un programma di azione sociale volto a contemperare le esigenze dell’impresa dettate dal «nuovo» mercato con le tutele dei lavoratori ❖ DIR. 75/129/CEE sui licenziamenti collettivi ❖ DIR 77/187/CEE mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese: pilastri tutela dei lavoratori ❖ DIR 80/297/CEE sull’insolvenza del datore di lavoro ❖ DIR 2001/23/CE mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese: riorganizzazione della materia dir 77/187/cee → Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’impresa I pilastri della tutela dei lavoratori: ❖ il rapporto di lavoro continua « automaticamente» presso il cessionario ❖ tutti i diritti e gli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro presso il cedente sono trasferiti in capo al cessionario ❖ il trasferimento d’azienda non può costituire motivo di licenziamento ❖ obbligo di informazione e consultazione dei soggetti sindacali La Fattispecie “trasferimento d’azienda” Ambito oggettivo di applicazione della disciplina per gli effetti della direttiva si considera trasferimento d’azienda “quello di un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria” I mezzi possono essere costituiti da - beni materiali: attrezzature, macchinari - beni immateriali: la forza lavoro I mezzi devono essere organizzati Non può essere considerata entità economica una mera giustapposizione di beni L’organizzazione dei mezzi deve essere finalizzata all’esercizio di un’attività economica L’entità economica deve mantenere la sua identità a seguito del trasferimento Si considera trasferimento qualsiasi operazione che comporti la modifica della titolarità dell’entità economica a prescindere dallo strumento contrattuale utilizzato ❖ cessione contrattuale ❖ fusione ❖ (compravendita, affitto, usufrutto…) Ambito soggettivo di applicazione La direttiva non si riferisce a una nozione europea di lavoratore subordinato ma a chi “in un modo o nell’altro è protetto in quanto lavoratore dalle norme dello Stato membro di cui trattasi” Articolo 2112, comma 5, c.c.: Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Trasferimento di ramo d’azienda Nell’ambito di applicazione della direttiva rientrano non solo i trasferimenti d’impresa, ma anche di parti di impresa Il legislatore italiano attua la normativa europea in due occasioni. Dapprima, il d.lgs. 18/2001 ha definito all’articolo 2112, comma 5, c.c., il ramo d’azienda come: “parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata [...], preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità”. Poi, l’art. 32, d.lgs. 276/2003 ha previsto che: “Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”. 1) natura giuridica del complesso di risorse trasferite 2) autonomia funzionale del ramo 3) identificazione al momento del trasferimento (sostituisce il requisito della preesistenza) → Natura giuridica del complesso di risorse trasferite ❖ I destinatari della comunicazione → RSU (ovvero RSA) e sindacati che hanno sottoscritto il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate In mancanza delle rappresentanze, resta fermo l’obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi ❖ I tempi per la comunicazione →25 giorni prima che sia perfezionato l’atto di cessione o raggiunta l’intesa vincolante ❖ La ratio → Fornire ai soggetti sindacali un quadro completo dell’operazione e delle ricadute che quest’ultima ha sugli interessi dei lavoro, riconoscendo loro la possibilità di intervenire “non a giochi fatti” ❖ L’oggetto della comunicazione a) la data o la data proposta del trasferimento b) i motivi del programmato trasferimento d’azienda c) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori d) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi PROCEDURA DI CONSULTAZIONE SINDACALE (EVENTUALE) “Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, il cedente e il cessionario sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo.” (art. 47, comma 2, l. 428/1990) INADEMPIMENTO DELLE PROCEDURE SINDACALI ❖ La mancata informazione nei confronti dei soggetti sindacali, nonché il rifiuto dell’esame congiunto integrano gli estremi di una condotta sindacale «tipizzata» ex art. 28 Stat. Lav. ❖ La mancata conclusione di un accordo non può essere configurata come condotta antisindacale. I contenuti dell’ obbligo, infatti, riguardano l’informazione e l’esame congiunto con i soggetti sindacali. Trasferimento dell’azienda in crisi ❖ Art. 47, da comma 4-bis a comma 6, l. 428/1990. ❖ Deroga alle tutele civilistiche ex art. 2112 c.c.: deroga controllata frutto, cioè, di un esame congiunto con i sindacati ed oggetto di un particolare accordo ❖ Ratio: il trasferimento ad un nuovo imprenditore disposto a risanare l’azienda è considerato strumento per tutelare l’occupazione, dunque ne viene incentivato il ricorso ❖ Nel caso di procedure “conservative” (continuazione dell’attività e salvaguardia del patrimonio in vista di futura cessione), l’articolo 2112 trova applicazione con alcune limitazioni. (art. 47, comma 4- bis, l. 428/1990) ❖ Materia complessa: modifiche con il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 14/2019), a sua volta modificato dal d.lgs. 83/2022 in attuazione della direttiva UE 2019/1023 Trasferimento d’azienda e Appalto SUCCESSIONE NELL’APPALTO O C.D. CAMBIO APPALTO Avvicendamento nella posizione di appaltatore con trasferimento del personale precedentemente impiegato dall’appaltatore uscente. Originaria versione art. 29, comma 3, d.lgs. 276/2003: l’acquisizione da parte dell’appaltatore subentrante del personale già impiegato presso il primo appaltatore non costituiva trasferimento d’azienda. Problema di compatibilità della disciplina interna con la direttiva 2001/23/CE. SUCCESSIONE NELL’APPALTO O C.D. CAMBIO APPALTO “L'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda.” (art. 29, comma 3, d.lgs. 276/2003, modificato da l. 122/2016) Completo rovesciamento dell’impostazione originaria: l’applicazione del 2112 non è più radicalmente esclusa, ma subordinata a una doppia verifica degli elementi tipici del trasferimento d’azienda. FENOMENI DI OUTSOURCING: combinazione di trasferimento di parte d’azienda e contratto d’appalto L’impresa cedente, successivamente al trasferimento, appalta dall’impresa cessionaria un’opera o un servizio, di modo che le attività lavorative precedentemente svolte all’interno dell’impresa cedente (con costi diretti e imputazione dei rapporti di lavoro) vengono godute dalla stessa impresa mediante un contratto d’appalto. “Nel caso in cui l'alienante stipuli con l'acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d'azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”. (art. 2112, comma 6, c.c.) Regime di responsabilità solidale entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto. Trasferimento d’azienda extra statale QUESTIONE Se l’azienda venisse trasferita oltre i confini dello Stato, quale sarebbe il regime applicabile? ❖ La Direttiva ha ad oggetto il trasferimento «intra statale» ❖ nulla osta a che gli Stati disciplinino un trasferimento d’azienda “extra statale” ❖ ma solo la Spagna ed il Portogallo hanno una disciplina ad hoc RISPOSTA Regolamento (CE) Roma 539/2008 Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali con profili di internazionalità ❖ la legge applicabile è quella scelta dalle parti ❖ se le parti nulla hanno disposto si applica la legge del luogo in cui la prestazione è svolta SPUNTI Quali le conseguenze ipotizzabili per i lavoratori trasferiti in termini di livello di tutele? In caso di trasferimento d’azienda nell’ambito di gruppi di imprese di dimensione comunitaria, i diritti di informazione e consultazione potrebbero costituire il presupposto per un innalzamento «pattizio» delle tutele dei lavoratori coinvolti nel trasferimento extra-nazionale DIR 2009/38/CE considerando n. 16: «[…] l’informazione e la consultazione possono avere ad oggetto il trasferimento di attività tra gli stati membri» Trasferimento d’azienda e pubblica amministrazione “Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’articolo 2112 c.c. e si osservano le procedure di informazione e consultazione di cui all’articolo 47, commi 1-4, legge 428/90. (Art. 31, d.lgs. 165/2001) Ambito applicativo più ampio: ❖ l’oggetto trasferito può essere anche un’attività, e non necessariamente un’azienda ❖ l’atto traslativo può consistere anche in un provvedimento amministrativo Cass. n. 8039/2022 – reintegra del dipendente e trasferimento d’azienda : il diritto alla continuità del rapporto di lavoro e, dunque, il suo passaggio presuppone la vigenza effettiva o virtuale del contratto. Si avrà vigenza virtuale e applicazione dell’art. 2112 c.c. in ipotesi di licenziamento intimato prima del trasferimento, dichiarato poi illegittimo, con conseguente condanna alla reintegra del dipendente, in quanto il rapporto viene ripristinato con effetto retroattivo. Ciò non toglie che il licenziamento debba essere impugnato nei termini di decadenza, decorsi i quali il lavoratore perde le garanzie dell’art. 2112 c.c.. Cass. n. 35982/2021 – inefficacia del trasferimento e diritto alle retribuzioni da parte del cedente: in caso di dichiarazione giudiziale di inefficacia della cessione, si ha una duplicità di rapporti di lavoro: uno di fatto, con il cessionario e uno di diritto con il cedente. Quindi, il lavoratore illegittimamente ceduto vanta il diritto a ricevere dal cedente le retribuzioni per il tempo intercorso. Cass. n. 37291/2021 – trasferimento e contratto collettivo : qualora cedente e cessionario applichino contratti collettivi dello stesso livello, non osta al meccanismo di sostituzione automatica il fatto che il contratto collettivo del cessionario implichi condizioni deteriori né il lavoratore può pretendere il mantenimento del precedente livello retributivo. Cass. n. 37291/2021 – trasferimento e controllo fra società : non osta all’applicazione dell’art. 2112 c.c. il fatto che la cedente sia la controllante della cessionario, trattandosi di soggetti giuridici distinti a meno che non venga a realizzarsi la fattispecie del centro unico di imputazione di interessi. Trib. Napoli 15.11.2018 – violazione della procedura di informazione sindacale, conseguenze: la condotta datoriale omissiva si qualifica come antisindacale ex art. 28 St. Lav., ma ciò non comporta l’invalidità del negozio traslativo. L’adempimento degli obblighi di informazione e consultazione del sindacato è funzionale al rispetto dei principi di buona fede e correttezza, ma non è un presupposto di legittimità del negozio di trasferimento. Il Distacco Comando o distacco di personale Fenomeno che nasce nel diritto pubblico e viene poi traslato nel diritto del lavoro privato. Nell’ambito del rapporto alle dipendenze della pubblica amministrazione si usa designare con il termine “comando”: il provvedimento con il quale un impiegato - in via eccezionale, per riconosciute esigenze di servizio e quando sia provvisto di una specifica competenza - può essere comandato dall’Amministrazione di appartenenza ad un’altra Amministrazione dello Stato o ad un Ente pubblico, continuando in entrambi i casi ad appartenere sempre al ruolo di origine Definizione → Art. 30 d.lgs. 276/2003 “L'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.” I soggetti ❖ Datore di lavoro distaccante pieno titolare del rapporto di lavoro ❖ Lavoratore deve ottemperare alla disposizione del distacco ❖ Utilizzatore o distaccatario beneficia della prestazione lavorativa i requisiti di legittimità del distacco Interesse: ❖ il distacco può essere legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non coincida con quello alla mera somministrazione di lavoro altrui Temporaneità: ❖ concetto che coincide con quello di non definitività ❖ non preclusiva dei distacchi di lunga durata Attività lavorativa determinata: ❖ distacco funzionale all’esecuzione di un’attività lavorativa determinata Violazione dei requisiti di legittimità ❖ Il lavoratore può chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore ❖ In tal caso i pagamenti effettuati dal distaccante a titolo retributivo e previdenziale liberano l'utilizzatore dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. ❖ Tutti gli atti compiuti dal distaccante per la costituzione o la gestione del rapporto si intendono compiuti dal soggetto utilizzatore. ▪ Nessun limite di carattere sostanziale alla recedibilità ▪ Nessuna possibilità da parte di un autorità di sindacare il merito della decisione L’eccezione della giusta causa → Art. 2119 codice civile: «Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto […] senza preavviso, […] qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto» L’obbligo del preavviso viene meno in caso di recesso per giusta causa Indennità sostitutiva del preavviso RIMEDIO per il MANCATO PREAVVISO → Art. 2118 codice civile comma 2: «In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso» La Corte Costituzionale, sentenza 45/1965: «[…] Un regime di libera recedibilità è costituzionalmente legittimo, ma la Costituzione esprime la tensione verso un ordinamento protettivo dell’interesse del lavoratore alla continuità del lavoro e del relativo reddito, lasciando al legislatore ordinario la scelta dei tempi e delle tecniche normative opportune» LE CONSEGUENZE ▪ circa le dimissioni la disciplina del recesso per il contraente debole resta quella del codice civile, con qualche incremento di tutela ▪ circa il licenziamento la disciplina del recesso per il contraente forte si arricchisce di limiti formali e sostanziali (disciplina articolata contenuta in diverse leggi) La disciplina delle dimissioni del lavoratore Diritto potestativo del dipendente e atto unilaterale recettizio Disciplina contenuta nel codice civile: articoli 2118 e 2119 c.c. ▪ termine di preavviso: art. 2118, comma 1, c.c. ▪ indennità sostitutiva del preavviso in caso di mancato preavviso: art. 2118, comma 2, c.c. nessun termine di preavviso nel caso di sussistenza di giusta causa: art. 2119 c.c Giusta causa: «[…] causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto» Nozione di «giusta causa» comune al licenziamento Si tratta di gravi inadempimenti del datore di lavoro, lesivi dei diritti fondamentali del prestatore di lavoro Esempi: ▪ violazione di obbligo di sicurezza, molestie sessuali, dequalificazione, omissioni contributive, effettuazione ed indagini di controlli vietati Nel caso di contratto a tempo indeterminato e di dimissioni sorrette da giusta causa, il lavoratore è esonerato dall’obbligo di preavviso e ha diritto a ricevere dal datore di lavoro una indennità sostitutiva del preavviso. ✔ Le dimissioni devono essere rese con una libera e genuina espressione del consenso Problematica delle dimissioni «in bianco» L’irrigidimento della disciplina del licenziamento incide sulle dimissioni: vengono utilizzate come strumento per aggirare la tutela protettiva del lavoratore Con le dimissioni in bianco, richieste contestualmente all’atto dell’assunzione: ▪ il lavoratore sottoscrive un documento con oggetto le dimissioni, senza alcun riferimento alla data ▪ la data viene specificata dal datore di lavoro al momento del recesso «mascherato» Al fine di accertare la genuinità delle dimissioni e di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, il legislatore prevede delle modalità di validazione della volontà del prestatore di lavoro (garanzie procedurali, e non meri limiti formali) D.lgs. 14 settembre 2015, n. 151, art. 26: ✔ Le dimissioni devono essere rassegnate con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente ✔ Le dimissioni rese con altre modalità sono inefficaci Prima dell’attuale disciplina (entrata in vigore il 12 marzo 2016), le modalità di comunicazione delle dimissioni erano libere ma era prevista una successiva procedura di convalida (presso la DTL o Centro per l’impiego, oppure tramite dichiarazione sottoscritta dal lavoratore). Il licenziamento individuale ▪ I nuovi limiti sostanziali al recesso datoriale: le causali ✔ La legge 604/1966, all’art. 1, introduce il principio della necessaria giustificazione del licenziamento, che deve essere sorretto da giusta causa o giustificato motivo, pena l’illegittimità. ✔ «Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato […], il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell'articolo 2119 del Codice civile o per giustificato motivo» ▪ Nel diritto dell’Unione Europea, articolo 30 Carta di Nizza: «Ogni lavoratore ha diritto alla tutela contro il licenziamento ingiustificato conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali» ▪ I nuovi limiti formali al recesso datoriale Art. 2 l. 604/1966: «Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato» «La finalità della comunicazione è soddisfatta ogni qual volta il documento scritto basti all’estrinsecazione formale di detta volontà e ciò si verifica anche con il telegramma, purché il destinatario non ne disconosca la provenienza» (Cass. 13959/2000) La giurisprudenza ha affermato lo stesso principio anche per messaggi, messaggi via WhatsApp, messaggi di posta elettronica. Le causali: la giusta causa L’articolo 2119 c.c. autorizza ciascuna delle parti a recedere dal contratto senza preavviso «qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto» ✔ Fatto addebitabile al lavoratore ✔ Gravissimo o notevolissimo inadempimento degli obblighi contrattuali ✔ Qualsiasi altra circostanza o situazione esterna al rapporto di lavoro verificatasi nella sfera del lavoratore e idonea a ledere il vincolo di fiducia tra le parti nella puntualità dei successivi adempimenti e perciò ad impedire la prosecuzione del rapporto. Cass. n. 15919/2000: «L’art. 2119 fa riferimento non già ad inadempimento, ma ad una causa che non consente la prosecuzione anche provvisoria, del rapporto e che può coincidere con inadempimenti contrattuali, ma sia tale da scuotere quel rapporto fiduciario proprio del rapporto di lavoro subordinato» Cass. n. 7885/1997: «La condotta inerente alla vita privata del lavoratore, di norma irrilevante ai fini della lesione del rapporto fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, assume rilevanza a tal fine e può integrare giusta causa di licenziamento qualora fatti e comportamenti estranei alla sfera del contratto siano tali, per la loro gravità e natura, da far venire meno quella fiducia che integra il presupposto essenziale della collaborazione tra datore di lavoro e prestatore di lavoro» Alcuni esempi di «situazioni esterne al rapporto di lavoro» ✔ guardia giurata che viene sorpresa a rubare al di fuori del rapporto di lavoro (Cass. n. 10505/1993) ✔ lavoratrice addetta ad un supermercato condannata per il reato di furto commesso in altro supermercato (Cass. n. 5321/1988) ✔ cassiere di banca che commette un reato contro il patrimonio in danno di terzi ovvero che sia imputato di consumo e spaccio di droga (Cass. n. 5428/1987) Il giustificato motivo Art. 3 l. 604/1966: «Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa» Giustificato motivo soggettivo: Notevole inadempimento degli obblighi contrattuali Giustificato motivo oggettivo: Ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa Il giustificato motivo soggettivo ▪ Notevole inadempimento contrattuale: ✔ violazione dell’obbligo di diligenza ex art. 2104 c.c. (diligenza nella prestazione lavorativa) ✔ violazione dell’obbligo di fedeltà ex art. 2105 c.c. (obblighi di non concorrenza e di non divulgazione di notizie aziendali) ▪ L’inadempimento che rileva solo se «notevole» ▪ Differenza quantitativa con la giusta causa: nel g.m.s. minore gravità dell’inadempimento capace di consentire la prosecuzione del rapporto ▪ Ipotesi di tipizzazione della giusta causa e del giustificato motivo soggettivo nei contratti collettivi ▪ Art. 30, comma 3, l. 183/2010: «Nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi» Il giustificato motivo oggettivo ▪ Non riguarda condotte colpevoli del lavoratore ▪ Riguarda decisioni dell’impresa, motivi economici: «Ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento» ▪ Esempi: ✔ scelta del datore di lavoro di organizzare diversamente la struttura e di sopprimere una posizione lavorativa ✔ decisione di esternalizzare un’attività, rendendo inutile la presenza del lavoratore ad essa addetto ▪ Le condizioni per la sussistenza del g.m.o.: ✔ esistenza del fatto (la ragione organizzativa alla base del licenziamento è reale ed effettiva) ✔ esistenza del nesso di causalità tra fatto e recesso (la riorganizzazione produttiva alla base del licenziamento coinvolge quel lavoratore licenziato) ✔ esistenza dell’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni (c.d. obbligo di repêchage) L’area residuale del licenziamento libero ▪ Alcuni lavoratori restano licenziabili ad nutum e sono sottratti alla disciplina vincolistica dei licenziamenti (giusta causa-giustificato motivo): ✔ dirigenti ✔ lavoratori in prova ✔ apprendisti (al termine del periodo di formazione) ✔ lavoratori con i requisiti pensionistici di età ✔ lavoratori domestici I vizi del licenziamento individuale ✔ il fatto contestato non sussiste ✔ il fatto contestato rientra tra le condotte punibili con sanzione conservativa sulla base delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e di giusta causa previste dai contratti collettivi ovvero dai codici disciplinari applicabili Con riferimento al giustificato motivo oggettivo: ✔ manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento Con riferimento a: ✔ licenziamento per inidoneità fisica e psichica licenziamento intimato durante la malattia Le conseguenze sanzionatorie: ✔ reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro ✔ ricostituzione della posizione contributiva del lavoratore ✔ indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, ma con un tetto massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto ✔ scompare il limite minimo di 5 mensilità ✔ dall’indennità è detratto l’aliunde perceptum ma anche l’aliunde percipiendum (il danno che il lavoratore avrebbe potuto evitare utilizzando la normale diligenza) Intervento della Corte Costituzionale → sulla tutela reintegratoria attenuata con riferimento al giustificato motivo oggettivo Con la sentenza 125/2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 300/1970, come modificato dalla legge 92/2012, limitatamente alla parola “manifesta”. 3. La tutela indennitaria forte Articolo 18, commi 5 e 7, l. 300/1970 Prevista in caso di annullabilità del recesso, per tutte i casi diversi dalle ipotesi specifiche cui si applica la tutela reintegratoria attenuata Si tratta quindi del regime generale di tutela contro il licenziamento illegittimo Le conseguenze sanzionatorie: ✔ Il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro ✔ Condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità compresa tra le 12 e le 24 mensilità di retribuzione 4. La tutela indennitaria attenuata Articolo 18, comma 6, l. 300/1970 Prevista in caso di inefficacia del recesso: ✔ mancanza di motivazione (art. 2, comma 2, l. 604/66) ✔ violazione della procedura di cui all’art. 7 l. 300/1970 nel casi di licenziamenti disciplinari ✔ violazione della procedura di cui all’art. 7 l. 604/1966 Le conseguenze sanzionatorie: ✔ Il giudice dichiara risolto il rapporto ✔ condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di 6 ed un massimo di 12 mensilità Il d.lgs. 23/2015 (Jobs Act) Il Jobs Act ha introdotto un’ulteriore disciplina sanzionatoria: contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti Ulteriore marginalizzazione della tutela reintegratoria La tutela indennitaria diventa la regola Campo di applicazione: ✔ lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015 (entrata in vigore del provvedimento) ✔ indipendentemente dai requisiti dimensionali dell’azienda (regolamentazione unitaria) 1. La tutela reintegratoria forte Articolo 2, d.lgs. 23/2015 Prevista in caso di nullità del recesso ✔ licenziamento discriminatorio a norma dell’art. 15 Stat. Lav. ✔ licenziamento riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge ✔ licenziamento intimato in forma orale ✔ licenziamento del quale sia accertata in giudizio il difetto di giustificazione per «motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore» (novità rispetto al regime precedente) Le conseguenze sanzionatorie sono le stesse del precedente regime, ma: ✔ la retribuzione sulla cui base viene commisurata l’indennità risarcitoria (che si aggiunge alla reintegra) non è più l’ultima retribuzione globale di fatto, ma «l’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto» Intervento della Corte Costituzionale (22/2024) sulla tutela reintegratoria forte La Consulta, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’avverbio “espressamente” contenuto nell’art. 2, c. 1 del d.lgs 23/2015 ha inteso considerare affetti da “nullità” non solo quei licenziamenti in cui la nullità è espressamente prevista da una norma, ma anche a tutti quei casi di licenziamento affetti da nullità in quanto in violazione di norma imperative, ma in cui non viene richiamata espressamente la sanzione della nullità Esempio: licenziamento in concomitanza del blocco dei licenziamenti durante il periodo pandemico. 2. La tutela reintegratoria attenuata Articolo 3, comma 2, d.lgs. 23/2015 Prevista in un solo ed unico caso: ✔ licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa (disciplinare) in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento ✔ (esclusa la tutela reintegratoria per il licenziamento per giustificato motivo oggettivo) Le conseguenze sanzionatorie: ✔ Il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore alla reintegrazione del lavoratore ✔ condanna il datore di lavoro a corrispondere una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR corrispondente al periodo che va dal licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione (in ogni caso per il periodo precedente alla pronuncia per un massimo di 12 mensilità) ✔ deduzione dell’aliunde perceptum e dell’aliunde percipiendum 3. La tutela indennitaria forte Art. 3, comma 1, d.lgs. 23/2015 Prevista in caso di annullabilità del recesso ✔ in tutti i casi in cui non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, oggettivo o della giusta causa Diventa la forma generale di tutela contro il licenziamento illegittimo Le conseguenze sanzionatorie: ✔ Il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro ✔ condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il TFR per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità ✔ Il d.l. 87/2018 (Decreto Dignità) ha variato in aumento l’importo dell’indennità: in misura non inferiore a sei e non superiore a 36 mensilità La Corte Costituzionale (sentenza 194/2018) ha dichiarato incostituzionale l’art. 3, co. 1, d. lgs. n. 23/2015 limitatamente alle parole «di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio». Quindi illegittimo nella parte in cui prevede un meccanismo rigido di determinazione dell’indennità, ancorato esclusivamente all’anzianità di servizio. Si attribuisce spazio alla discrezionalità giudiziale nel valutare l’importo dell’indennità. L’indennità sarà calcolata usando tra i criteri di valutazione il numero dei dipendenti, dimensioni dell’impresa, situazione personale delle parti, oltre all’anzianità di servizio. 4. La tutela indennitaria attenuata Art. 4, d.lgs. 23/2015 Prevista in caso di: ✔ violazione del requisito di motivazione ✔ violazione della procedura di cui all'articolo 7 Stat. Lav. nel casi di licenziamenti disciplinari Le conseguenze sanzionatorie: ✔ Il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro ✔ condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità corrispondente ad una mensilità per ogni anno di servizio in misura non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità Intervento della Corte Costituzionale sulla tutela indennitaria c.d. «attenuata» La Corte Costituzionale (sentenza 150/2020) dichiara l'illegittimità costituzionale del presente articolo (art. 4 d.lgs. 23/2015), limitatamente alle parole “di importo pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio”. La Corte Costituzionale ha portato a due mensilità il parametro, perché ritenuto troppo modesto. Area della tutela obbligatoria Articolo 9, d.lgs. 23/2015 Per le imprese con meno di 15 dipendenti: ✔ Non si applica la tutela reintegratoria attenuata ✔ Si applica la tutela indennitaria forte o attenuata, a seconda dei vizi, con importi dell’indennità dimezzati ✔ Limite massimo di 6 mensilità I licenziamenti collettivi Le fonti di disciplina ▪ Ordinamento Nazionale ✔ per lungo tempo astensionismo del legislatore ✔ i licenziamenti collettivi erano regolati da scarne disposizioni legislative ai fini dell’esclusione dall’applicazione della disciplina sul licenziamento individuale (art. 11, comma 2, l. 604/1966, art. 6, l. 108/1990 ✔ i licenziamenti collettivi erano regolati da due accordi interconfederali (del 1950 e del 1965) ✔ intervento normativo di portata generale: l. 223/1991 ▪ Ordinamento Europeo ✔ Direttiva n. 75/129 (L’Italia è stata condannata due volte dalla Corte di Giustizia per il mancato recepimento) ✔ Direttiva n. 92/56 (modifica la precedente) ✔ Direttiva n. 98/59 (vi confluiscono entrambe le direttive precedenti) Le fattispecie 1) Licenziamento per riduzione di personale (art. 24 l. 223/1991) ▪ Il legislatore, nell’intento di favorire soluzioni compromissorie, predispone degli incentivi alla conclusione dell’accordo: ✔ decurtazione dei costi del licenziamento ✔ possibilità di spostare il lavoratore a mansioni non equivalenti (inferiori) a quelle di provenienza ✔ anticipazione parziale del trattamento di pensione combinato con la riduzione a part-time dell’orario di lavoro ✔ l’accordo sindacale può regolare il distacco di uno o più lavoratori dall’impresa ad altra per una durata temporanea Esaurita la fase sindacale: a) o è stata raggiunta un’intesa formalizzata in un accordo con i sindacati b) oppure la procedura è stata infruttuosa Nel caso b) la legge prevede l’apertura di un’ulteriore fase conciliativa in sede amministrativa La fase amministrativa ▪ Presupposti ✔ mancato raggiungimento dell’accordo sindacale ✔ l’impresa comunica alla Direzione territoriale del lavoro il risultato della consultazione e i motivi dell’esito negativo (art. 4, comma 6, l. 223/1991) ▪ Il direttore della Direzione territoriale del lavoro convoca le parti al fine di un ulteriore esame ▪ Il direttore può formulare proposte per la realizzazione di un accordo ▪ La fase amministrativa deve esaurirsi entro trenta giorni dal ricevimento da parte della DTL della comunicazione d’impresa di cui al comma 6 Criteri di scelta dei lavoratori da licenziare ▪ Conclusa l’intera procedura, qualora permanga la necessità di intimare tutti o alcuni dei licenziamenti inizialmente previsti, il datore di lavoro ha facoltà di individuare in concreto i lavoratori da licenziare ▪ Ai fini dell’individuazione si usano i criteri individuati negli accordi collettivi ▪ In mancanza, si fa ricorso ai criteri stabiliti dalla legge, in concorso tra loro (art. 5, comma 1, l. 223/1991): ✔ carichi di famiglia ✔ anzianità (in senso anagrafico) ✔ esigenze tecnico produttive ed organizzative ▪ Ratio dei criteri legali: tutela dei lavoratori socialmente più deboli ▪ I criteri previsti dall’autonomia collettiva devono rispondere alle medesime esigenze e, quindi, essere predeterminati, obiettivi, generali ed astratti (i contratti collettivi non possono concordare col datore di lavoro indirettamente la lista dei licenziandi) Il criterio dell’anzianità di servizio ▪ La ratio dei criteri legali è di tutelare i lavoratori socialmente più deboli ▪ Eppure spesso i contratti collettivi utilizzano il criterio dell’anzianità di servizio, ossia il possesso di requisiti di età e di contribuzione utili per fruire di un trattamento di quiescenza ▪ Si licenzia più frequentemente chi è prossimo alla pensione ▪ Criterio legittimato dalla Corte Costituzionale (n. 268/1994): «[…] la svalutazione del privilegio tradizionale [esclusione dal licenziamento collettivo] dell’ anzianità di servizio, nei confronti dei lavoratori prossimi al raggiungimento dei requisiti per fruire del trattamento di quiescenza […] può essere giustificata in una situazione del mercato del lavoro tale da escludere per i lavoratori giovani la possibilità di trovare a breve termine un posto di lavoro» Il licenziamento ▪ Comunicazione del recesso al lavoratore individuato come destinatario del licenziamento: ✔ obbligo della forma scritta ✔ rispetto del prescritto preavviso ✔ secondo la giurisprudenza non è necessaria la motivazione (la tutela dei lavoratori risulta dalla procedura di mobilità, Cass. 9045/2000) ▪ Nel precedente sistema, il lavoratore licenziato era immesso nelle liste di mobilità. La legge 92/2012 ha abrogato le disposizioni sulle liste di mobilità. ▪ Pertanto dal 1 gennaio 2017, i lavoratori licenziati, ricorrendone i requisiti, potranno beneficiare esclusivamente dell’indennità di disoccupazione ▪ Dovere datoriale di informare sia la parte pubblica (competenti uffici pubblici) che le associazioni sindacali di categoria destinatarie della comunicazione introduttiva della procedura: ✔ nominativi dei lavoratori licenziati, luogo di residenza, qualifica, livello di inquadramento, età, carico di famiglia ✔ le modalità nell’applicazione dei criteri di scelta ▪ Ratio dell’informativa pubblica: segnalazione ai fini dell’iscrizione nelle liste di mobilità ▪ Ratio dell’informativa nei confronti del sindacato: garantire la trasparenza e il controllo eventuale sulle scelte imprenditoriali Il sistema sanzionatorio ▪ Il licenziamento collettivo è viziato quando sia intimato senza l’osservanza delle forme previste, non siano state rispettate le procedure, o quando si siano violati i criteri di scelta ▪ Il lavoratore ha l’onere di impugnare il licenziamento nelle forme e con i termini di decadenza previsti dall’articolo 6, l. 604/66 per i licenziamenti individuali ▪ Art. 5, comma 3, l. 223/1991 (come modificato dalla l. 92/2012): ✔ mancanza della forma scritta → tutela reintegratoria piena (art. 18, commi 1, 2, 3, legge 300/1970) ✔ mancato o non esatto rispetto della procedura → tutela indennitaria forte (art. 18, comma 5, legge 300/1970) ✔ violazione dei criteri di scelta → tutela reintegratoria attenuata (art. 18, comma 4, legge 300/1970) L’art. 10 d. lgs. 23/2015 modifica nuovamente l’impianto sanzionatorio in caso di vizi del licenziamento sulla scorta delle novità introdotte dal c.d. contratto a tutele crescenti Per i lavoratori assunti successivamente al 7 marzo 2015: ✔ mancanza della forma scritta → tutela reintegratoria piena ✔ violazione delle procedure o dei criteri di scelta → tutela indennitaria, non assoggettata a contribuzione previdenziale, nella misura variabile da un minimo di 6 a un massimo di 36 mensilità LA TUTELA DEI DIRITTI DEL LAVORATORE Rinunzie e transazioni La prescrizione dei diritti del lavoratore Altre garanzie del credito retributivo ▪ Il diritto del lavoro ha l’obiettivo di difendere la parte debole del contratto di lavoro ▪ Tipologia di garanzie: ✔ L’ordinamento impone un trattamento minimo inderogabile operando nella fase genetica del rapporto di lavoro ✔ Inoltre interviene imponendo limiti al potere del lavoratore di disporre dei propri diritti successivamente alla costituzione del rapporto di lavoro (mediante rinunzia o transazione) ✔ L’ordinamento disciplina le vicende estintive dei diritti del lavoratore (prescrizione e decadenza) ✔ Assicura ai crediti di lavoro adeguata priorità Le rinunce e le transazioni ▪ La rinuncia: ✔ negozio giuridico diretto a manifestare la volontà di dismettere diritti soggettivi del titolare ✔ è un atto unilaterale recettizio ▪ La transazione: ✔ contratto tipico con cui le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. (art. 1965 c.c.) Quando le rinunce e transazioni riguardano diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di contratto collettivo, si applica la disciplina prevista dall’articolo 2113 c.c. Art. 2113 c.c., comma 1: «Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi […] non sono valide». Le rinunce e le transazioni non sono valide: regime di invalidità Art. 2113 c.c., commi 2 e 3: «L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima. Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà». Le rinunce e transazioni non sono valide purché: ✔ siano impugnate entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinuncia o della transazione, se queste siano intervenute dopo la cessazione (cessato il rapporto di lavoro, il lavoratore non teme ritorsioni del datore di lavoro in caso di impugnazione) ✔ siano impugnate con atto scritto da cui emerge la volontà del lavoratore Nota bene: in caso di mancata impugnazione, o di mancato rispetto delle predette condizioni, le rinunce e le transazioni sono pienamente valide «Diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di contratto o accordo collettivo» ▪ Diritti primari (es. al riposo settimanale), connessi a valori di libertà, dignità, sicurezza del lavoratore: regime di assoluta indisponibilità e quindi nullità di rinunce e transazioni ▪ Diritti secondari (es. all’indennità sostitutiva del riposo), diritti di natura patrimoniale derivanti dai primi: sono disponibili nei limiti cui alla norma 2113 c.c.
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