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Sociologia dei consumi magaudda, Appunti di Sociologia dei Consumi

Tre momenti storici che supportano la tesi antiproduzionista, ovvero l'idea che la domanda, non solo la produzione, è un fattore importante nella nascita di consumi e nella loro evoluzione economica e culturale. Vengono analizzate le teorie di neil mckendrick, colin campbell e jan de vries, che retrodatano la rivoluzione della domanda al settecento/seconda metà del seicento. Vengono discusse le teorie del consumo come risultato di processi culturali, il ruolo del lusso e della pubblicità nella costruzione del valore economico degli oggetti, e l'importanza della teoria critica nell'analisi dei consumi.

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 28/01/2024

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Scarica Sociologia dei consumi magaudda e più Appunti in PDF di Sociologia dei Consumi solo su Docsity! Sociologia dei consumi In Italia, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, avvenne il cosiddetto “Boom economico” le persone iniziarono ad incrementare i propri guadagni, e conseguentemente iniziarono a spendere altrettanto, incrementando quindi anche i loro consumi. Questo fenomeno innescò una serie di trasformazioni dell’organizzazione sociale, e dello stile di vita, delle quali possiamo individuare alcuni simboli quotidiani: Questi due oggetti di uso comune si tramutano in simboli di benessere >> le persone identificano il benessere nel possesso di questi beni >> questo implica che il possesso di questi beni diventi indicatore di uno status sociale, ecco allora che acquistano una funzione ulteriore rispetto a quelle semplici di lavaggio e trasporto. La trasformazione della società sul piano delle attività economiche vede il passaggio da una società prevalentemente agricola ad una società industriale, costituita per la grande maggioranza da operai che popolano le città, e non più da contadini che risiedono nelle campagne; nasce e sviluppa il settore terziario, le persone iniziano a lavorare nel settore dei servizi. In che modo i consumi diventano rilevanti nella nostra società? La società dei consumi si alimenta attraverso una serie di immaginari edonistici, che risultano essere in discrepanza con le nostre vite quotidiane confusionarie e imperfette (filmato Crozza) Immagini: lezione 3: quando e come nasce la societa’ dei consumi – capitolo 1 Possiamo individuare della società due prospettive di ricostruzione dei consumi: Prospettiva produzionista = la società dei consumi come figlia del processo di industrializzazione e nascita dei beni di massa prodotti in serie. In questa visione, la società dei consumi appare come l’effetto del modo di produzione capitalistico e industriale (Marx) quindi come una risposta culturale ed economica al processo di industrializzazione. Secondo la prospettiva produzionisra, la s.c. sarebbe nata come conseguenza della Rivoluzione Industriale, nel corso dell’800; le innovazioni tecnologiche avevano permesso la produzione seriale di beni di massa, che necessitavano nuove schiere di consumatori. (trasformazioni della sfera produttiva/economica trasformazioni della cultura e delle relazioni) A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, si è diffusa l’idea che non si può concepire interamente la s.c. solo come una deriva del capitalismo, e che i consumi hanno giocato un ruolo fondamentale (oltre al lato della produzione). Prospettiva antiproduzionista = la società dei consumi come frutto di un più lungo processo storico, avviatosi con l’inizio del capitalismo, e incentrato sulla costruzione della cultura del consumo. La prospettiva antiproduzionista sostiene che la società dei consumi abbia avuto inizio ben prima della Rivoluzione Industriale e che si possa retrodatare ai tempi La lavatrice, della quale l’Italia diventa il maggior produttore La 500 Fiat, simbolo della democratizzazione della mobilità privata; la più piccola ed economica autovettura allora sul mercato, e per queste ragioni, anche la più acquistata Carrello e donna in caduta libera (Bansky) l’esposizione artistica diventa qualcosa di integrato con la dinamica di consumo (di cui un esempio è anche l’architettura dei musei, in cui solitamente il tour termina direttamente nel gift shop) + idea che una serie di distorsioni nella società in cui viviamo siano dovute al consumo, inteso come qualcosa di negativo e distruttivo. Coda fuori da un negozio Apple dopo l’uscita di un nuovo gadget (simil concerto) gli oggetti contribuiscono alla costruzione di gruppi sociali, una caratteristica che è già insita nella natura umana Lista della spesa chiamiamo alcuni prodotti con il nome del brand Repair shop obsolescenza programmata = gli oggetti vengono progettati per non durare più di un tot di tempo, in modo tale da indurre il consumatore a comprarne di nuovi, piuttosto che ricorrere al riparo degli oggetti che già si posseggono. La sfera della produzione ha effetti su quella del consumo della comparsa delle prime forme di Capitalismo, già tra il 500 e il 600, dove possiamo già registrare una tendenza alla crescita della cultura materiale. Già in queste epoche possiamo riconoscere trasformazioni sociali e culturali che ci dicono che le persone iniziarono ad agire e a concepire sé stesse come consumatori. Soprattutto dalla seconda metà del ‘600, persone di ogni classe cominciano ad acquistare molti più beni lavorati e commercializzati, oggetti per l’arredamento della casa, e di ornamento personale; si consolida il consumo di zucchero e sostanze eccitanti; ciononostante, questi dati non sono riferibili a produzioni di massa, per le quali dovremo aspettare fino all’800. La s.c. non è solo l’adattamento nei confronti della produzione dei beni di massa frutto della R.I., ma nasce con un lento affermarsi storico di una cultura del consumo moderna. (tras. S. economica/produttiva tras. Della cultura e delle relazioni) tre momenti storici a supporto della tesi anti- produzionista I lavori di tre studiosi, Neil McKendrick, Colin Campbell e Jan De Vries, retrodatarono la rivoluzione della domanda al Settecento/seconda metà del Seicento ciò che hanno in comune le loro tesi è l’idea che la domanda, e non solo la produzione, sia un fattore importante in questo processo economico e culturale. mckendrick – consumista= spiegazione consumista della nascita della società dei consumi, per cui il processo di industrializzazione sarebbe l’effetto, e non la causa dei nuovi desideri di consumo (domanda di beni raffinati dalle nuove classi medie crea il mercato industriale), legati alla necessità di dimostrare il proprio status sociale, e stimolati da tecniche promozionali. Per lo storico dell’economia McKendrick, intorno al 1750 in Inghilterra, si ebbe una rivoluzione dei consumi (come corrispettivo della R.I.), quando le nuove classi alto borghesi iniziarono ad emulare i consumi della nobiltà = risultato delle aspirazioni di status delle nuove classi borghesi, arricchitesi con i commerci e gli investimenti, diventando spesso più facoltose della nobilità, tuttavia senza ottenere il prestigio di quest’ultima. I borghesi sarebbero peraltro stati incitati a consumare da abili imprenditori, che misero in pratica tecniche di vendita moderne, facendo leva su queste aspirazioni di status. LIMITI: M. non storicizza la domanda, che viene dipinta solo come una naturale inclinazione umana, mentre vengono lasciate in disparte le particolarità dell’ambiente sociale in cui essa, in un dato periodo storico, si è trasformata. campbell – modernista Il consumo vistoso è un nuovo atteggiamento etico ed estetico, che affonda le sue radici negli insegnamenti romantici. Il consumatore moderno è un edonista, e il consumo moderno è un edonismo della mente piuttosto che del corpo se l’edonismo degli antichi era rivolto ad alcune pratiche sensoriali, come mangiare e bere, quello moderno è definito dai piaceri dell’immaginazione e dell’esercizio della fantasia, delle quali, i beni di consumo vengono visti come i referenti. L’interesse per il bene di consumo è legato alle immagini e al significato che si attribuisce a quel bene di consumo. Secondo Campbell, i consumatori moderni sarebbero sospinti in questa direzione dagli insegnamenti romantici, e quindi dal perseguimento del godimento estetico. La sfera della produzione e quella del consumo si influenzano a vicenda Sistema promozionale + dimostrazione di status Classi medio-alte Inghilterra, seconda metà del ‘700 Porcellane Wedgwood: W. Sponsorizza le sue porcellane tra le case reali, servendosi di questa pubblicità per venderle a caro prezzo ai nuovi ricchi meccanismo di marketing basato sull’idea che le ceramiche fossero un segno distintivo del prestigio nobiliare. Consumi culturali + edonismo della mente Donne, classi medie Inghilterra, fine ‘700 inizi ‘800 voluttuario ha offerto loro anche uno spazio legittimo di azione, la donna è la consumatrice per eccellenza della famiglia, colei che è incaricata dell’approvvigionamento, e i negozi, i centri commerciali ecc. il suo regno, ovviamente insieme al focolare domestico. A questo proposito, la casa viene a configurarsi come lo spazio privato dove non si lavora, ma si consuma, il ruolo di rifugio degli uomini dalle pressioni lavorative. Rispecchiano quest’idea anche le caratteristiche estetiche dei beni che fanno parte dell’arredamento SIMMEL la nascita della moda Georg Simmel è il primo a riconoscere la moda come fenomeno centrale della modernità. A mano a mano che si consolida la modernità, anche i consumi voluttuari, prima grande elemento di novità e appannaggio esclusivo prima della nobiltà e poi della borghesia, vengono disciplinati dal sistema della moda. La moda è una forma di organizzazione sociale dei consumi voluttuari. Alla fine dell’800, diventa una caratteristica delle grandi città moderne, come Parigi, Berlino o Londra; essa si diffonde come bisogno di esprimere appartenenze e differenze, in uno spazio urbano trasformato da urbanizzazione e industrializzazione. Prendendo in prestito le parole del sociologo Georg Simmel, possiamo affermare che i consumi voluttuari che vengono socialmente disciplinati dalle dinamiche della moda, tendono a riflettere la cultura materiale capitalistica, che ha due parole chiave, frutto di due tendenze contrapposte, tipiche delle città urbanizzate: 1) la standardizzazione = in città, consumi e bisogni delle persone diventano tutti molto simili; 2) la diversificazione = come conseguenza del vivere congiunto, ciascuno di noi desidera trovare la propria unicità e differenziarsi dall’altro. A partire dallo stimolo offerto dall’urbanizzazione e dalla crescita delle merci disponibili, il miglioramento delle possibilità di consumo degli strati sociali inferiori è accompagnato da una uniformazione dei bisogni => in questo senso, il processo di democratizzazione** dei lussi diventa sia la causa che l’effetto dell’organizzazione capitalistica della produzione. In questo meccanismo, la moda alimenta i mercati da un lato, e dall’altro disciplina i consumatori, e viene assunta come guida, permettendo sia di riconoscersi in un gruppo di appartenenza, che di distinguersi. ** processo di democratizzazione dei lussi coincide con il processo di razionalizzazione degli stessi = con il progredire della società capitalistica i lussi vengono prodotti in serie, per cerchie sempre più allargate di persone. Arjun Appadurai sottolinea come i consumatori moderni siano vittime della velocità della moda tanto quanto i consumatori delle società antiche erano vittime delle leggi suntuarie (leggi che avevano lo scopo di limitare il consumo legato all’ostentazione del lusso, regolando l’abbigliamento maschile e femminile di determinati gruppi sociali, fino a obbligarne alcuni ad indossare dei segni distintivi) e delle prescrizioni dei vestiti in base al proprio ceto sociale. In epoca moderna, diversamente, chi ha il denaro sufficiente ha il diritto di acquistare qualsiasi bene sul mercato CAPITOLO 2 – LEZIONE 5 il valore economico è il risultato di processi culturali La storia della società dei consumi è il risultato di un lungo processo storico di formazione di nuovi orientamenti culturali, in cui abbiamo appreso a dare un valore alle merci di consumo, e in cui gli attori sociali sono stati progressivamente interpellati come consumatori. In questo processo, i modi di consumare vanno via via svincolandosi dal semplice possesso di ricchezza (o di titoli nobiliari), per essere invece governati da un sistema culturale basato sul gusto e sulla moda Il sistema della moda è guidato da esperti e sviluppato attraverso meccanismi pubblicitari e del marketing: un sistema di produzione culturale del valore delle merci. le origini di una trasformazione: le merci coloniali L’arrivo in Europa di merci coloniali di lusso nel ‘500 e ‘600, favorì la diffusione di nuovi orientamenti culturali nei confronti del consumo e delle merci = oggetti e beni mai visti prima incentivarono l’importanza di saper attribuire valore a queste nuove merci, sconosciute in Europa. La risposta degli strati più abbienti della popolazione europea nei confronti di queste merci coloniali esotiche ci mostra il processo di costruzione del valore economico degli oggetti, che dipende sempre più dal gusto, e dalle conoscenze specifiche, dalla capacità di orientarsi attraverso nuove classificazioni culturali. flussi di merci, flussi di conoscenza arjun appadurai e il “registro di consumo” Il processo economico-culturale che ha portato all’attribuzione di nuovi significati e valori alle merci, venne tematizzato dall’antropologo dei consumi Arjun Appadurai con il termine “registro di consumo”, affermatosi appunto durante il periodo coloniale. La definizione attribuita a questo registro di consumo implica una caratterizzazione dell’azione di consumare, che diventa una funzione retorica e sociale, in cui le conoscenze della storia e dei prodotti iniziano ad essere altrettanto importanti rispetto alla semplice attribuzione di un valore economico. Questo nuovo registro di consumo è connesso a nuovi flussi culturali e materiali legati agli oggetti partendo dal presupposto che gli oggetti implicano sempre delle forme di conoscenza, la complessità dei nuovi flussi di merci e il loro carattere globalizzato, scaturisce in altrettanto articolati flussi di conoscenza. Si passa dal “registro della ricchezza” a quello del gusto, da quello dell’esclusività, a quello dell’autenticità: l’enfasi viene posta sulla capacità del consumatore di attribuire valore alle cose. Ambivalente è il ruolo della conoscenza, per il suo stesso diventare merce lo ritroviamo, ad esempio, nella diffusione di libri di cucina. esclusività vs autenticità Esempio Vans: Le scarpe vans ci rimandano a due tipi di immaginari differenti: 1) un immaginario di autenticità, legato alla categoria sociale tipicamente associata con questo tipo di calzature, gli skater. Questo collegamento mentale è un passaggio che riguarda la storia del brand, la sua contestualizzazione; 2) un immaginario di esclusività, legato alla decontestualizzazione del prodotto nel mondo della moda, in un ambito che è totalmente disconnesso dalla funzione primaria di quell’articolo. chandra mukerji, l’orientamento edonistico-materialistico e le nuove classificazioni culturali delle merci Anche la sociologa americana C. Mukerji considera il consumismo come parte di un più vasto orientamento materialista (comprendente razionalismo, mondanità, innovazione nei mezzi di produzione, trasporto, comunicazione ecc.) >> a questo proposito ha individuato nella rivoluzione dei commerci avvenuta tra ‘500 e ‘600 il processo precursore delle moderne pratiche di consumo. La disponibilità di molti prodotti nuovi sul mercato, sollecitò gli attori sociali ad ampliare le proprie capacità di classificazione culturale, e questo ebbe come risultato lo sviluppo di orientamenti culturali edonistici e materialistici. Solo mediante l’attribuzione di nuovi significati questi oggetti poterono diventare merci dal valore economico. Con le merci coloniali e questi nuovi atteggiamenti edonistico-materialistici si affermano nuove classificazioni culturali attorno alle merci, nuovi modi di dare valore a oggetti di consumo prima sconosciuti. >> Sia la Mukerji, che Appadurai sottolineano che il valore economico è un prodotto culturale; in questa prospettiva è cruciale analizzare i processi di classificazione delle merci, processi che definiscono anche nozioni come quelle di necessità, lusso, moda, buon gusto ecc. la categoria del consumo e la vita sociale delle merci Insieme ai processi di classificazione della cultura materiale, a partire dalla fine del Seicento, iniziano a consolidarsi anche le prime forme di capitalismo moderno, con la legittimazione di nuovi modi di consumare, che contribuiscono a delineare lo stile di vita borghese. È in questo periodo che il consumo inizia ad essere isolato come una categoria significativa, fra le attività delle persone. Anche il lusso, storicamente moralizzato e associato con la sovversione dei bisogni naturali dell’uomo, inizia ad essere discusso all’interno di una cornice economico-politica, anziché esclusivamente morale. La de-moralizzazione del lusso abbraccia l’idea che esso, fra le altre cose, favorisca il commercio e la produzione. Come scriveva Manderville, nella sua “Favola delle api”, “Il lusso è forse un vizio” ma “fa lavorare milioni di poveri” e “porta splendore alle nazioni”. l’esempio del caffè e del cioccolato Come vengono adottati alcuni beni coloniali esotici provenienti dalle colonie in Europa? Lo ricostruisce Wolfgang Schivelbusch in una storia dei generi voluttuari. Tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento, il caffè diventa una bevanda diffusa soprattutto in Inghilterra, un paese protestante, in cui il caffè si contrappone all’alcol e assume il ruolo di bevanda virtuosa = riflette le virtù puritane della sobrietà, della ragionevolezza e dell’operosità. La cioccolata diventa la bevanda diffusa nei paesi cattolici del sud Europa, in cui assume sia il ruolo di surrogato alimentare nei periodi di quaresima, sia di bene di lusso nelle corti nobiliari. >> Si tratta di usi che non hanno nulla a che vedere con quelli dei paesi originari, ma dipendono dall’attribuzione di particolari significati da parte delle differenti culture europee. rosalind williams e l’importanza del tempo libero La storica dei consumi Rosalind Williams sottolinea come la nascita dei grandi magazzini abbia segnato il nostro modo di consumare luoghi che rendono possibile all’intera popolazione la visione di una grande quantità di merci in vendita. Nel corso dell’Ottocento lo shopping diventa un’attività tipicamente borghese per sfruttare il tempo libero, un’invenzione culturale affermatasi proprio sul finire dello stesso secolo. L’andare per compere diventa un modo di passare il tempo socialmente approvato, al pari di andare a un teatro o visitare un museo, oltre che un modo attraverso cui il consumatore acquisisce conoscenze e impara a orientarsi nelle classificazioni culturali delle merci. il modello americano della cultura del consumo e l’evoluzione della pubblicità Il discorso sul commercio ha smesso di insistere sull’acquisto immediato di alcuni beni particolari e si è configurato via via sempre più come il tentativo di provocare l’insorgere di uno stato costante di desiderio gli attori sociali sono sempre più interpellati pubblicamente come “consumatori”. Tutto questo è avvenuto anche grazie al sistema pubblicitario americano che, tra Otto e Novecento, è stato accompagnato dalla professionalizzazione di diverse figure della promozione e del commercio: pubblicitari, esperti di marketing, commesse ecc. In questo senso, possiamo individuare tre momenti significativi dell’evoluzione del modello pubblicitario americano: 1. Fine ‘800 – La pubblicità “informativa” = semplici testi in cui il produttore fornisce informazioni legate alla natura del suo prodotto, alla sua disponibilità e ai luoghi dove si può verificare la stessa. 2. Inizi del ‘900 – La pubblicità artistica = la pubblicità inizia a specializzarsi, conferendo ai prodotti dei significati, servendosi di immagini artistiche. 3. Anni ’30 del Novecento – La Pubblicità e i nuovi miti della società dei consumi = La pubblicità viene associata sempre più con la costruzione di immaginari, non più solo con connotazione artistica e valoriale. La maggior parte degli studi che si concentrano sul secondo dopoguerra hanno messo a fuoco cambiamenti strutturali nella vita quotidiana stimolati dalle innovazioni tecnologiche, diffuse dalla produzione di massa diffusione dell’autovettura, beni durevoli come frigoriferi e lavastoviglie ecc. il ruolo delle sottoculture giovanili È proprio nel periodo postbellico che sono diventati visibili alcuni importanti fenomeni transnazionali come quello delle sottoculture giovanili, consolidatesi attorno ad alcuni consumi – dai Mods degli anni ’60, fino allo stile hipster dei primi anni 2000. Si tratta di consumi che diventano fenomeni di massa, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, basti pensare all’ascolto musicale di dischi e cassette, o ai trasporti privati come la Vespa. Questa condivisione di stili di consumo tra i giovani è stata promossa inoltre dalla mobilità geografica, dallo sviluppo di un sistema dei media sempre più globale, e dalla motorizzazione di massa. Un altro esempio di ciò sono le bedroom cultures degli adolescenti inglesi, i quali, a partire proprio dagli anni ’60, individuano nelle loro camere da letto lo spazio dove esprimere sé stessi, e lo fanno, essenzialmente, consumando. Il consumo o spreco vistoso funge, quindi, da dispositivo di riconoscimento di una posizione sociale elevata, e i beni di consumo diventano dei “segnaposto” nel gioco della distinzione sociale e della riproduzione delle gerarchie, all’interno di una logica dell’ostentazione, concepita come lotta competitiva per affermare il proprio status sociale. Scrivendo negli Stati Uniti, fra Otto e Novecento, Veblen fa riferimento soprattutto alla categoria dei nuovi ricchi, un gruppo sociale avente denaro per poter finanziare la propria scalata ai circoli più esclusivi, e bisognosa di legittimare la propria posizione sociale, soltanto recentemente acquisita. Secondo Veblen, nelle metropoli industriali, il consumo vistoso finisce per coinvolgere l’intera popolazione: i gruppi inferiori si limitano ad imitare quelli superiori, acquistando, appena possibile le stesse merci; queste ultime, avrebbero così perso il loro potere distintivo e sarebbero state abbandonate dai gruppi superiori, che avrebbero presto trovato nuovi oggetti di status con cui rimpiazzarle. Si tratta di un effetto di sgocciolamento dall’alto verso il basso, che codifica quello che sarà poi definito (negli anni ’50) effetto trickle-down, e di cui Simmel aveva già parlato nel suo celebre saggio sulla moda, e che spiega come, mediante il meccanismo dell’emulazione, si assiste alla progressiva diffusione di sempre nuovi beni. Attraverso questo meccanismo, incentrato su una logica di lotta competitiva per lo status, i beni di consumo diventano dei “segnaposto” nel gioco della distinzione sociale e della riproduzione delle gerarchie. LIMITI: Il limite più grave dell’analisi vebleniana è dato dal fatto che l’intera gamma dei fenomeni di consumo viene inserita nel quadro delle dinamiche della moda, in una struttura gerarchica e piramidale, in cui, i gruppi subalterni mostrano una tensione verso quelli superiori, senza però mai raggiungerli veramente, e senza avere una cultura propria. In realtà, i gruppi sociali “deboli”, tendono a sviluppare una propria moda originale, un esempio sono gli stili della classe lavoratrice, o i cosiddetti “stili di strada”, che talvolta possono arrivare ad imporsi anche oltre tali cerchie sociali; è questo il caso della moda punk e del piercing, che, con il tempo, è diventato un modo di segnare il corpo normale e diffuso. lezione 7: le teorie critiche sui consumi (e i loro limiti)capitolo 4: bisogni indotti e simulazione media, pubblicità e società dei consumi Durante il secondo dopoguerra (momento di massima ripresa economica e indiscutibile benessere), alcuni studiosi detti “critici” hanno lavorato per smascherare il carattere manipolatorio e illusorio della società dei consumi, come un ente che si regge su basi estremamente fittizie. Il mercato e il consumo sono visti come specchio dei rapporti di potere e di dominazione del capitalismo principale bersaglio dei Marxisti, che rivedono in esso il fulcro di una lotta di classe in cui si fronteggiano borghesi, detentori dei messi di produzione, e proletari, operai che possiedono come loro unica ricchezza la prole. Il consumatore è visto come un ingranaggio funzionale al capitalismo, schiavo delle merci e manipolato dalla pubblicità quest’ultima, in particolare, esercita un ruolo fondamentale nella persuasione del consumatore, contribuendo ad indurre in esso bisogni fittizi e ad acquistare sulla scia di quegli stessi “non-bisogni”; come risultato di ciò, il consumatore vede sé stesso relegato in una condizione di schiavitù rispetto al sistema. Un parallelismo interessante può essere individuato tra la situazione del consumatore nella società capitalistica e la condizione dell’essere umano nell’universo del film cult “Matrix” l’intera vicenda si regge su una distopia: le macchine hanno preso il controllo del mondo conosciuto, gli esseri umani vivono, inconsapevolmente, per produrre l’energia che serve ad alimentare le macchine, le quali hanno creato un mondo immaginario fantastico, riconducibile alla nostra normalità, in cui gli uomini hanno l’illusione di vivere liberamente, senza alcuna forma di condizionamento= metafora che esemplifica la situazione del consumatore nella società dei consumi contemporanea. karl marx e la “teoria critica” Le teorie di Karl Marx sul capitalismo costituiscono il punto di partenza della tradizione “critica” della società dei consumi. Per Marx, nel sistema capitalistico i bisogni dei consumatori si devono adattare alle necessità della produzione e alle logiche del capitale, ne sono dipendenti. Conseguentemente, affinché il sistema continui a prosperare e i meccanismi della produzione siano costantemente sufficientemente alimentati, è necessario che anche la domanda, viaggi su un binario parallelo a quello dell’offerta, e alla stessa velocità; perché si realizzi ciò, la società dei consumi stimola costantemente l’induzione di nuovi bisogni nei consumatori, spesso anche fittizi, attraverso dinamiche come quelle della moda, rette da meccanismi come la pubblicità. La società capitalistica, per continuare a crescere, deve continuamente “indurre” nuovi bisogni nei consumatori, manipolandoli attraverso la moda e, successivamente, la pubblicità. Un concetto fondamentale è quello di “feticismo delle merci”: le merci diventano dei “feticci”, ovvero degli oggetti che occultano le vere relazioni di dominazione esistenti tra capitale e proletario. Nella teoria di Marx, la particolarità dell’economia capitalistica, è costituita appunto dal fatto che, le merci non rappresentano semplici oggetti fisici, ma rispecchiano i rapporti sociali e situazioni antropologiche; allo stesso modo, i rapporti tra gli uomini risultano essere ugualmente “rovesciati”, come rapporti sociali tra cose. La teoria del Feticismo delle merci mira a spiegare come, lo sfruttamento del lavoro, su cui si basa la fonte della ricchezza borghese, è e deve essere necessariamente occultato dai rapporti di produzione capitalistici e non può essere riconosciuto dagli agenti economici che alimentano il sistema. In un sistema capitalistico, gli uomini sono alienati dai frutti del loro lavoro, e non hanno percezione del fatto che le merci incorporano una certa quantità di lavoro, e che i loro prezzi sono il frutto di un calcolo astratto del tempo di lavoro che è stato necessario a produrle sulla base di questo ragionamento, il valore di mercato non è altro che una relazione tra persone, ma tuttavia, una relazione che viene nascosta dietro le cose. È così che le merci diventano equiparabili a feticci, che sembrano avere vita propria, e sono lontane, separate dai soggetti, come risultato del processo di alienazione. horkheimer e adorno e la “scuola di francoforte” (+ Herbert MARCUSE, idolo della rivoluzione studentesca del ’68)(Scuola di Francoforte = Dipartimento universitario, fine anni ’60 e inizio anni ’70) In “Dialettica dell’Illuminismo” (1944) Horkheimer e Adorno descrivono l’emergere dell’industria culturale, ovvero di un modello di produzione della cultura non più basato su artisti e intellettuali, ma sulla produzione industriale standardizzata, sul marketing, sulle classifiche delle vendite, etc. Il concetto di “industria culturale” venne coniato dagli stessi Horkheimer e Adorno con una connotazione estremamente negativa come dice l’espressione stessa, infatti, la cultura risulta essere oggi ben distante dal prodotto di una ricerca intellettuale che era una volta, perché i processi che portano alla sua creazione sono attualmente accostabili a quelli di produzione delle merci, per cui la produzione della cultura viene affidata a meccanismi di produzione industriali, al pari di quelli della cosiddetta industria pesante, con l’unica differenza che, la prima, l’industria culturale, produce beni di consumi intangibili, e per questo è detta anche industria ultraleggera, che dovrebbero originarsi dalla creatività artistica, ma sono ugualmente standardizzati e seriali. Essi dicono che l’emergere del modello dell’industria culturale produce una perdita di valore della cultura, che diventa schiava delle logiche del profitto e dipendente da mercato e dal consumo. La cultura non è più qualcosa di intellettualmente superiore, destinata alla crescita morale delle persone, ma un prodotto di consumo standardizzato, omologato e prevedibile. Un esempio è la differenza tra musica classica di inizio fine ‘800 ( prodotta da grandi intellettuali) e la musica leggera o pop di metà ‘900, creata solo per arrivare prima nella classifica di vendita e contribuire al divertimento. Saggio sulla musica leggera o popular, Adorno: la musica prodotta dall’industria culturale è standardizzata, promuove un ascolto passivo; viene, inoltre, paragonata ad un “cemento sociale”, perché riproduce le forme di potere dominanti. Si tratta di una musica che, essendo prodotta per essere venduta indistintamente ad un pubblico il più vasto possibile, perde le sue qualità artistiche e diventa un mero prodotto commerciale. jean baudrillard (anni ’60 del Novecento) e la manipolazione dei media Per Baudrillard (ispiratore del film “Matrix”), la società dei consumi trasforma il ruolo degli oggetti, che perdono il loro senso funzionale e diventano “segni” che circolano in un gioco semiotico di significati sociali e che diventano il centro del nostro interesse per i consumi le merci sono parte di un gioco in cui noi stessi, in veste di consumatori, siamo pedine e il loro ruolo (in virtù di quegli stessi significati sociali) è quello di determinare le dinamiche attraverso cui ci muoviamo nella nostra stessa società, le nostre mosse, per continuare con la metafora del gioco (i significati delle merci ci aiutano a orientarci) Per il teorico francese, il valore di un oggetto è sempre imprescindibilmente legato ai suoi significati, non esiste un valore d’uso puro, naturale. Nelle società postindustriali, il significante (l’apparente) guadagna autonomia grazie alla manipolazione mediatica e pubblicitaria, ed è in rado di fluttuare libero dagli oggetti. I consumatori non consumano specifiche merci per rispondere a specifici bisogni, ma segni, parte di un sistema culturale. Tutto ciò risulta essere esasperato nel capitalismo avanzato, in cui produzione e consumo saranno disciplinati secondo questa logica al punto da relegare il soggetto in una condizione di impotenza nei confronti del sistema degli oggetti, che svuotati di un significato sociale, sono solo segni autoreferenziali. Grazie alla manipolazione dei media e della pubblicità ci troviamo in una situazione in cui contano solo i significati fittizi del consumo (brands, mode etc.) l’intero sistema, il “gioco” di cui parlavamo poco fa, è alimentato dai meccanismi pubblicitari e dalle dinamiche della moda. Si arriva così ad una società della “simulazione” e dell’”iperrealtà”, in cui sfuma la distinzione tra reale e irreale (come in Matrix) questa società della simulazione è un mondo in cui ogni cosa è finzione, e in cui vige la regola dell’apparire piuttosto che essere, e per questo, tutto lì ci appare più reale della realtà stessa, e per questo, lo assumiamo come modello. Nelle società contemporanee, la sfera del consumo trionfa su quella della produzione (≠ Marx) Tuttavia, la teoria di Baudrillard ha un problema: non considera quello che succede nel consumo concreto, non considerando il ruolo del consumo per le relazioni sociali dei consumatori. Il limite principale della sua teoria consiste nel fatto che egli non considera la situazione concreta delle dinamiche di consumo, e finisce, quindi, per ridurre l’essere consumatore a vedere qualcosa in una pubblicità ed emulare quanto testimoniato le azioni del consumatore non vengono calate nel contesto delle sue interazioni sociali, che esercitano un certo livello di influenza sul comportamento d’acquisto di ognuno di noi. rilevanza e problemi della teoria critica LA RILEVANZA DELLA TEORIA CRITICA:La teoria critica rappresenta, complessivamente, un importante passo avanti nell’analisi dei consumi, poiché la sfera del consumo è vista nella sua dimensione politica: il consumo è un terreno di conflitto della società capitalistica, ha necessariamente delle implicazioni politiche. Inoltre, la teoria critica è utile a sottolineare come, nella modernità, il legame tra produzione e consumo non possa essere compreso escludendo il sistema di commercializzazione e promozione delle merci Ciononostante, ci sono almeno 2 PROBLEMI da considerare: 1) Una visione solo lineare dei consumi, dalla produzione al consumo, in una relazione univoca;2) L’idea che il consumatore sia passivo e disarmato di fronte ai media e alla pubblicità. Contrariamente a quanto implicato da una visione lineare dei consumi (adottata dalla teoria critica), in cui vi è un rapporto diretto e unilaterale fra la produzione (+ marketing; + pubblicità) e i consumatori, una visione reticolare e biunivoca del consumo risulta essere molto più verosimile alla realtà delle dinamiche di consumo questa visione si propone di considerare come parte integrante e attiva del sistema una serie di altri attori, come le mode e le sottoculture, che, di fatto, hanno un peso molto rilevante nell’influenzare i comportamenti di acquisto; le industrie devono, dunque, cercare di leggere il mercato, per differenziare gli oggetti in base a divisioni sociali già esistenti, e, allo stesso tempo, non prevedono e quindi, premeditano, i processi di consumo attraverso cui nuovi gruppi sociali creano sé stessi. Infine, tutti gli attori del sistema economico capitalistico sono organizzati tra loro in una situazione che può essere esemplificata da una disposizione a reticolo, all’interno del quale ci sono moltissime intercomunicazioni e mediazioni differenti conseguentemente, le dinamiche del sistema non viaggiano in un’unica direzione (dalla produzione al consumatore), come invece vorrebbe farci credere la visione lineare, ma, al contrario, ci sono tantissime fonti di mediazione da una sfera principale all’altra, e moltissime spinte esercitate in molteplici direzioni = il rapporto tra produzione e consumo è un rapporto di interazione mediato da varie istituzioni, che devono, a loro volta, adattarsi alle esigenze dei consumatori. michel de certeau “il consumatore non è passivo!” Per Michel De Certeau i consumatori possono usare le merci in modi “sovversivi” rispetto alle strategie del marketing, in contrasto con le idee veicolate dai produttori, comportandosi dunque come dei bricoleurs che assemblano in modo tattico e creativamente i significati resi disponibili dalla società dei consumi. Concepire il consumo come una pratica Egli considera solo la prospettiva Trickle down effetto di sgocciolamento, per cui l’esercizio di influenza può avvenire unilateralmente dall’alto verso il basso = solo le classi superiori possono influenzare quelle inferiori, e mai viceversa Contro-esempio: il vegetarianesimo : non riconducibile allo schema della scelta del ristorante secondo gli idealtipi di Bourdieu, perché sembra coinvolgere sia persone appartenenti alle classi elevate, sia a persone dei gruppi sociali inferiori. il concetto di “onnivorismo culturale” Il sociologo statunitense Richard Peterson ha rivisto la teoria di Bourdieu, introducendo il concetto di “onnivorismo culturale” Secondo Peterson, oggigiorno i gruppi sociali più elevati non sono caratterizzati da un particolare gusto “legittimo”, ma la capacità di “gustare” più varietà di oggetti: “alti” e “bassi”, “colti” e “popolari”. Esempio: chi ascolta una sera la musica techno ad un rave e la sera successiva musica classica a un teatro. lezione 11: due tipi di approcci comunicativi (parte 2)capitolo 5: gusti, comunicazione e pratiche Vignetta slide: applicazione della riflessione di Bourdieu, esemplifica una contrapposizione tra cultura alta e cultura bassa, in cui la ragazza (mostra d’arte e balletto) possiede un capitale culturale indubbiamente superiore a quello del ragazzo (reality in tv). Viviamo in una società basata sulle gerarchie, che si estendono anche alle diverse forme di cultura, ne consegue che anche le singole cose abbiano un preciso valore culturale, e queste classificazioni culturali che noi tutti attribuiamo alle cose (alle mostre d’arte, al balletto, e ai reality tv nell’esempio della vignetta) sono esemplificative di una gerarchia prima di tutto sociale, che regola la società in cui noi ci muoviamo. mary douglas e l’antropologia dei consumi Mary Douglas è una delle più importanti antropologhe del ‘900, che ha riservato la maggior parte dei suoi studi alle popolazioni non occidentali e non civilizzate, in una forma quasi paradigmatica per analizzare l’evoluzione della nostra società occidentale. Concentrandosi in particolare sull’uso, la funzione e il significato attribuito a certi oggetti nelle popolazioni tribali oggetto del suo interesse, riuscì a dare un’interpretazione soddisfacente anche del ruolo occupato da quegli stessi oggetti, o simili, all’interno della nostra società. L’antropologa ha dedicato un importante libro “Il mondo delle cose” ai significati degli oggetti nel mondo sociale, scritto insieme all’economista Byron Isherwood, all’inizio degli anni ’80. Per Mary Douglas, gli oggetti costituiscono un “sistema di comunicazione” non verbale della società contemporanea. Come per Bourdieu, il consumo è un modo per creare differenza tra le persone, ma con meno enfasi sulla gerarchia di classe e senza un complesso sistema teorico (come quello incentrato sull’habitus). Il suo pensiero viene infatti associato a quello di Bourdieu perché anche lei pone l’accento su come questo sistema di comunicazione non verbale costituito dagli oggetti di consumo sia utilizzato da noi, in qualità di membri della società consumistica, per creare differenziazioni sociali. La differenza rilevante fra le due teorie sta nel fatto che il sociologo fa ruotare l’intero ragionamento sui consumi attorno ai gusti, che discendono dall’habitus, e centrando il fulcro sulle differenze sociali di classe. La riflessione di Bourdieu ci offre una descrizione della nostra società dei consumi contemporanea come caratterizzata da classificazioni fisse, quando nella realtà dei fatti queste stesse classificazioni sono flessibili, mutano nel tempo possiamo prendere ad esempio l’evoluzione del valore culturale attribuito ai fumetti, in origine considerate forme di cultura bassa, di scarso valore, a stento considerate espressioni culturali al pari di qualsiasi altro scritto; al giorno d’oggi la considerazione dei fumetti è totalmente cambiata, soprattutto verso quelli d’autore, fino a costituire addirittura una forma di collezionismo.Infine, secondo Il consumo riflette la struttura sociale, ma non la genera : questo implicherebbe una rivalutazione in senso negativo del potere esercitato dalle dinamiche di consumo all’interno della nostra società Non vengono considerate le sottoculture e gli stili giovanili che, in realtà, sono una fonte importantissima di influenza dei comportamenti di acquisto, e rientrano nella dimensione delle interazioni sociali del consumatore, che viene spesso ignorata da molti teorici. Senza contare il fatto che, il consumo all’interno delle sottoculture giovanili svolge, talvolta, una funzione di costruzione dell’identità collettiva La teoria suppone l’esistenza di classificazioni stabili dei gusti : l’implicazione di ciò è l’assenza di considerazione rivolta verso le dinamiche della moda in continua evoluzione e la rispettiva influenza Bourdieu, l’habitus, che si articola in gusto, in quanto incorporato dal singolo individuo in relazione alla realtà sociale che lo circonda, è qualcosa che coinvolge anche altre dimensioni della nostra vita, oltre alla cultura, come ad esempio il nostro modo di vestire, di comportarci, di atteggiarci ecc. Per quanto riguarda, invece, il pensiero della Douglas, il suo interesse è concentrato sul soggetto e sulla sua identità, per cui i beni “servono per pensare”, e in questo senso, possono essere trattati come mezzi simbolici di classificazione del mondo. il consumo per interpretare e controllare il mondo sociale Per la Douglas, la scelta, l’uso e il consumo di oggetti è dunque un modo per esprimere giudizi e per comunicare appartenenze sociali, e tutto ciò sulla base di una dimensione simbolica attribuita al consumo di certi oggetti. Così, il consumo viene letto come un ambito simbolico in cui si definisce la società in cui si vuole vivere, con chi ci si vuole relazionare e da chi si vuole stare distanti. Un ruolo fondamentale nel processo di delineamento di questo sistema di distinzioni è occupato dal rifiuto di qualcosa: affermare ciò che non ci piace, rappresenta un modo per costruire confini con gli altri, a cui quella specifica cosa piace. I beni “possono essere usati come barriere o come ponti” per sottolineare alleanze ed estraneità sociali.Sono i rifiuti a delineare chiaramente le preferenze. Così il consumo costituisce un modo per affermare le proprie interpretazioni del mondo, competizione con quelle degli altri. 4 orientamenti culturali per comprendere i consumi Mary Douglas individua 4 orientamenti culturali (cultural bias) che caratterizzano in modo prevalente le società e che possono essere usati per mettere in rilievo altrettante tendenze di consumo.Questi 4 orientamenti si costruiscono a partire da 2 assi (“ grid/group”): Il grado di gerarchia della società (in inglese “grid”), che può essere debole ( proprio di una società egualitaria) oppure forte (proprio di una società fortemente gerarchica). Il grado di coesione dei gruppi sociali (in inglese “group”), che possono essere fortemente integrati oppure deboli. Di seguito, sulla base dei due parametri sopra riportati, i quattro “cultural bias”: Orientamento Fatalistico / Isolato (Contadini) “Non importa quello che scelgo”orientamento proprio di una struttura sociale forte, ma tuttavia caratterizzato da uno scarso senso di appartenenza al gruppo da parte dei membri, e per questo, tipico di gruppi deboli, poca coesione. Orientamento Gerarchico (Economia tradizionale) “Scelgo quello che mi ordinano”anche questo, tipico di una struttura sociale piuttosto forte, è un orientamento caratterizzato da un forte senso di appartenenza al gruppo da parte dei membri, ed è tipico di gruppi forti, grande coesione e integrazione. Orientamento Individualistico (Capitalismo competitivo) “scelgo quello che mi piace e mi permette di apparire meglio”orientamento tipico di una struttura sociale debole, e caratterizzato da uno scarso senso di appartenenza ad un gruppo, che quando esistente, è molto debole. Orientamento Egualitario / Collettivistico (I frati dei conventi) “scelgo quello che scelgono tutti gli altri”orientamento tipico di una struttura sociale debole, caratterizzato da un forte senso di appartenenza al gruppo, gruppi forti, coesi e integrati importanza e critiche alla douglas Douglas ha contribuito a mettere in luce che le merci e il consumo sono un sistema di significati assai rilevante per l’organizzazione sociale.Tuttavia Douglas descrive 4 orientamenti teorici, mentre le persone si muovono spesso nel mezzo, non esiste una purezza di comportamenti nell’analisi dell’essere umano. Inoltre, i consumatori possono avere identità multiple. Douglas presenta un modello astratto e astorico, che è difficile calare storicamente in un contesto come quello contemporaneo. Anche Douglas sembra vedere un consumatore razionale, impegnato nell’affermare la propria collocazione socio-culturale e la propria visione del mondo. lezione 12: la dimensione creativa dell’appropriazione delle merci capitolo 5: gusti comunicazione e pratiche Consumare non è solo un’attività che vede il consumatore passivo e “schiavo” del sistema produttivo-promozionale (come sostenuto dai teorici critici); e nemmeno succube della logica della distinzione sociale, come nel caso di Bourdieu. Consumare è anche un modo attraverso il quale le persone “fanno proprie” le merci, modificando i significati che il mercato e la pubblicità propongono in forma standardizzata e di massa. Il consumo è dunque anche un processo creativo, un’attività di produzione simbolica, attraverso cui i consumatori negoziano** creativamente i significati dei beni di consumo, definendo così la propria collocazione in un sistema simbolico del consumo altamente vincolato. >> Viviamo in una società dove c’è un grande e potente sistema pubblicitario, che quotidianamente lavora per fornire significati alle merci, in modo tale da renderle più desiderabili; quindi, tutti gli oggetti che ci circondano sono carichi di significati che prescindono dalla loro reale identità e funzione, e che vengono conferiti loro dai produttori, dai pubblicitari, da sistemi come quello della moda, e in parte anche eventualmente dalle sottoculture. Interiorizzare il funzionamento di questo meccanismo di attribuzione di significati ci è utile a comprendere che, anche noi, nel nostro piccolo siamo attori in grado di fare ciò, e che, di fatto, quotidianamente attribuiamo un significato agli oggetti che ci <circondano. **Negoziare = trovare una via di mezzo/ un punto d’incontro fra i significati generati da produttori e pubblicitari (che sono, per quanto attraenti, distanti dalla nostra realtà quotidiana e dalle nostre necessità; immagini standardizzate, pensate per “andare bene per tutti”), e i significati da noi creativamente prodotti, che aumentano il grado di coerenza dei beni di consumo con i nostri valori e il nostro stile di vita. Definiamo gli approcci che insistono su questo aspetto come= Teorie dell’appropriazione delle merci. Mettono in rilievo un aspetto spesso trascurato, che rientra nell’azione di consumare = appropriazione degli oggetti diventa un riportare quei beni all’interno di un contesto simbolico di pratiche e valori, più vicino alla nostra realtà quotidiana (diverso da quello della pubblicità). GRANT MCCRACKEN: I RITUALI DI CONSUMO Decliniamo l’insieme delle teorie relative all’appropriazione delle merci nella teorizzazione di due diversi autori primo GRANT MCCRACKEN Noi tutti, quando ci rapportiamo con i beni di consumo, mettiamo in pratica dei rituali di consumo. In cosa consistono questi rituali? Una serie di azioni, pratiche e gesti concreti, attraverso i quali i consumatori “creano significati”. La creazione di nuovi significati da parte del consumatore non è, come si potrebbe pensare, un processo risultante da un’attività cognitiva; al contrario, è frutto di azioni estremamente pratiche, proprie della relazione che si instaura con l’oggetto in questione. Queste azioni possono essere considerate come dei “rituali” = termine con il quale l’antropologia descrive la produzione di significati tra le tribù premoderne. Un esempio banale di cosa si intende per rituale ci viene dalla tradizione cristiana cattolica: la comunione, durante la quale il vino e le ostie vengono “trasformate” nel sangue e nel corpo di Cristo oggetti (vino e pane) cambiano il loro significato attraverso una pratica. Il rituale, quindi, ha un potere simbolico. Mentre nelle tribù premoderne i rituali erano collettivi, nella società moderna i rituali sono individuali e riguardano anche il rapporto con le merci. Ma quali sono, più in generale, le retoriche che circolano socialmente attorno ai consumi? Possiamo identificarne due tipi: 1) Accanto alla pubblicità, esistono anche retoriche negative limitatamente ai consumi: il consumo viene identificato come un “vizio”; questo discorso affianca la critica anticonsumista, che accusa aspetti come il materialismo, la superficialità, l’edonismo, la massificazione. Queste retoriche anticonsumiste sono rappresentata dai pensatori critici, dai movimenti politici radicali, dalla chiesa ecc. 2) A queste ultime si contrappongono le retoriche positive attorno ai consumi: per le quali essi sono visti come realizzazione perdonale, e sostenuti dal discorso economico-politico (necessità di “far girare l’economia…”), ma soprattutto dalla pubblicità. La contemporaneità dei consumi è, quindi, soggetta ad una tensione, generata da spinte, fra loro, contrastanti, esercitate da queste diverse correnti di pensiero circa il ruolo dei consumi. le retoriche anti-consumistiche Fra gli studiosi che abbracciano e divulgano queste retoriche, riscontriamo la presenza di Cristopher Lash, il quale sostiene una tesi singolare, nella quale il narcisismo, e l’atteggiamento narcisistico del consumatore, incarnano un ruolo fondamentale >> la società moderna ha generato una disgregazione delle relazioni e la pubblicità, colmando questo vuoto, ha contribuito a diffondere un tipo di personalità narcisista, ossessionata dai propri bisogni e dall’apparenza. Gli stessi immaginari promossi dalla pubblicità, gli ideali di bellezza, la perfezione dei corpi e delle situazioni e l’assenza di conflittualità nelle situazioni di vita quotidiana che vengono raccontate, esemplificano perfettamente questo culto narcisistico. Anche Susan Bordo si scaglia contro la questione consumistica, rientrando fra le file della retorica negativa attorno ai consumi, con i suoi “disturbi del desiderio”. barthes e la pubblicità come “mito” Roland Barthes è un semiologo francese soffermatosi sullo studio delle forme linguistiche testuali e visive. le funzioni della pubblicità Mappa delle funzioni della pubblicità. Pubblicità: esempi di pubblicità e commento La personalità contemporanea è al centro della tensione contraddittoria tra etica del lavoro ed edonismo dei consumi; ciò produce un disordine nella gestione del desiderio, che si riflette anche nei disturbi alimentari, nell’incapacità di gestire questa contraddizione: riscontrando disagi come l’ansia da autocontrollo (che nel caso specifico dei dca riguarda l’anoressia); oppure, all’estremo opposto, l’abbandono al desiderio (bulimia) Negli anni ’50 descrive come la pubblicità moderna funzioni attraverso la “logica del mito” accostare il prodotto con un elemento che sia considerato prestigioso/di valore elevato (es. in una delle pubblicità storiche di Chanel n°5, il famoso profumo viene simbolicamente associato con una delle attrici più belle dell’epoca, emblema dell’eleganza, Catherine Deneuve) Il significato della pubblicità deriva dal processo di associazione simbolica con oggetti o personaggi “mitici” della società Pubblicità meccanismo che collega dei significati condivisi socialmente con dei prodotti Quest’analisi punta l’attenzione sul meccanismo per cui la pubblicità descrive gli oggetti di consumi come parte di più ampi processi e relazioni sociali: ricchezza, successo, bellezza ecc. Funzione commerciale Promozione della marca Promozione del prodotto Funzione ideologica (che rientra nel nostro interesse di studio; è la dimensione che riguarda prettamente i modelli culturali) Promozione del consumo come legittimo Affermazione di differenze e gerarchie sociali (es. il genere) = le pubblicità, attingendo dal sociale, a degli elementi culturali presenti nella nostra società, contribuiscono a riprodurre differenze e gerarchie preesistenti. 1) “Svelto famiglia” (pubblicità incentrata sulla donna) 1985: 2) “Audi A3” (prodotto inizialmente pubblicizzato per gli uomini) 2013: 3) IKEA “Basta poco” 2012: tra manipolazione della pubblicità e autonomia del consumatore Determinismo testuale = idea (sbagliata) secondo la quale un testo o un messaggio (o uno spot) “determinano” nello spettatore una particolare “interpretazione”, basata sull’intenzione del produttore. Chiarendo il concetto con un esempio: l’idea che, se mostro in televisione l’immagine di una donna casalinga, allora lo spettatore interiorizzerà quanto mostrato e assocerà la donna all’immagine di casalinga. Si tratta di un ragionamento errato, in quanto, persone diverse interpretano i messaggi pubblicitari in maniera diversa, proprio in ragione delle proprie personali convinzioni e background culturale, che ovviamente entra in gioco nell’interpretazione. Molte analisi delle pubblicità sono afflitte da una fallacia (errore) manipolazionista = ovvero ritenere che un “testo” sia in grado, in modo diretto, di manipolare l’azione del consumatore. La pubblicità presenta sempre un’immagine ideale e stilizzata di un oggetto; prende alcuni significati dal mondo reale, “codificandoli” in un messaggio capace di attribuire alcune proprietà all’oggetto reclamizzato. Al consumatore spetta poi il compito di “decodificare”, di riportare questi significati ideali nel contesto concreto della propria esistenza. Encoding/Decoding Model (S. HALL) = I lettori/spettatoti/consumatori hanno sempre un certo livello di autonomia interpretativa di fronte ad un messaggio, che è insito nel processo di decodifica stesso. lezione 15: il concetto di mercificazionecapitolo 7 Funzione ideologica fornire un modello della donna esclusivamente casalinga (riproduzione stereotipo) L’elemento innovativo promosso da questa pubblicità sta nel sovvertimento della reciprocità dei ruoli tra madre e figlia: non è più la tradizione di famiglia, l’autorità delle vecchie generazioni che insegna a quelle successive il percorso tracciato; al contrario, sono le ultime generazioni, aperte alla novità, ad insegnare, e a correggere anche, le vecchie = questo è rappresentato dalla figlia che istruisce la madre su un nuovo detersivo per i piatti. Cambiamento culturale dopo gli eventi del ’68, egemonia delle nuove generazioni, i “giovani” La madre indossa un grembiule; mentre la figlia veste un completo moderno, che non coincide esattamente con un abbigliamento casalingo Vengono presentati dei modelli di uomo e donna rispettivamente come il galantuomo salvatore e la donzella che aspetta di essere “salvata” (passata a prendere in macchina) per “salvare” la fanciulla in difficoltà, l’eroe necessita di un ausilio = il veicolo. In quest’ottica, gli stilemi sottesi a questa pubblicità sembrano richiamare la favola della principessa indifesa che attende di essere salvata dal suo principe, e per certi versi, rivisitare questa dinamica, in chiave moderna questo canovaccio di racconto fornisce le istruzioni di lettura del video pubblicitario. Previe ricerche di mercato dell’azienda hanno dimostrato che il 93% della clientela target di Audi è costituita da uomini, di età compresa tra i 35 e i 50 anni = la pubblicità deve essere costruita in modo tale da far breccia nel desiderio maschile. Non si vende la macchina esaltandone le funzionalità, si vende un immaginario, il desiderio. Una delle prime pubblicità in Italia a proporre un prodotto che ha come target privilegiato la famiglia, incasellando dentro il termine famiglia anche la coppia omosessuale senza figli. Fra i protagonisti di questa pubblicità è presente anche un’anziana; trattandosi di una pubblicità che promuove un prodotto per famiglie, è insolita la presenza di un’anziana, perché normalmente si tende ad evitare ciò, in quanto i giovani non vogliono immedesimarsi negli anziani. Mercificazione = il processo mediante il quale un oggetto viene prodotto scambiato e usato come una merce, in cambio di denaro, attraverso la logica del profitto.Cosa distingue un oggetto da una merce? un oggetto, inteso come un’entità avente una consistenza fisica (non un concetto astratto), diventa merce quando viene attribuito ad esso un prezzo, e da quel momento, può essere scambiato attraverso il denaro. C’è un confine, spesso labile, tra ciò che può essere mercificato e ciò che invece non può essere definito merce. Il cibo? Comprare delle parti di essere vivente nella nostra società è possibile, così come comprare un vestito. Le opere d’arte? La maggior parte di loro è considerato merce, ma ci sono alcune opere d’arte rare, così preziose e uniche che non possono essere mercificate per nessuna somma di denaro (basti pensare alla Gioconda). L’amicizia? Che, nel nostro ragionamento, possiamo assimilare ad un servizio; tuttavia, l’amicizia è un sentimento disinteressato, Il sesso? Legalmente non può essere mercificato, anche se i servizi sessuali vengono quotidianamente venduti e acquistati. Gli organi del corpo? Nel nostro paese, gli organi del corpo, così come il sangue, non possono essere venduti; a questo proposito, è stato osservato che le persone sono molto più propense a donare il proprio sangue, piuttosto che a venderlo. >> da questo ragionamento evince che, nonostante nella società dei consumi capitalistica odierna i processi di mercificazione riguardino quasi ogni aspetto della nostra vita, siamo naturalmente e culturalmente portati ad escludere dai processi di compravendita le cose che riteniamo più importanti, e alle quali spesso non saremo neanche in grado di attribuire un prezzo (l’amicizia, il nostro corpo, delle opere d’arte ecc.) mercificazione e demercificazione La mercificazione non può essere evitata, fa parte della società capitalistica Esempio: pubblicità tipica della società dei consumi è caratterizzata dalla mercificazione del corpo femminile (es. Jeans “Jesus”, sketch di Crozza) Nonostante la mercificazione sia un elemento peculiare della società dei consumi odierna esiste una tensione tra la compravendita di oggetti e servizi e la mancanza di appagamento completo derivante dalla mercificazione non tutto quello che ci rende veramente felici, soddisfatti è in vendita. Il consumatore deve gestire la tensione tra la mercificazione dominante nella società d’oggi e il costante bisogno di altri valori e significati non economici attorno al consumo. Le pratiche di consumo possono essere viste come un costante tentativo di negare il valore puramente commerciale degli oggetti e sostituirlo con altre forme di valore: affettivo, relazionale, simbolico ecc. Possiamo definire questo costante tentativo come un lavoro di DEMERCIFICAZIONE, che rappresenta una parte significativa dell’appropriazione delle merci. i cicli della demercificazione Il costante lavoro per demercificare – ovvero il ricostruire significati non solo commerciali attorno agli oggetti che utilizziamo – è qualcosa di onnipresente nel consumo. Mercificazione e demercificazione sono i due poli opposti di un medesimo processo ciclico, che ospita anche tutti i vari fenomeni propri delle pratiche di consumo. Ciclico perché gli oggetti passano costantemente dallo stadio della mercificazione a quello della demercificazione. Lo stesso ragionamento può essere fatto per i dischi in vinile di band famose come i Beatles igor kopytoff – la “biografia” culturale degli oggetti Esempi: vestiti usati/vintage e dischi in vinile 1) entrando in un negozio vedo un vestito che mi piace in vendita come merce e decido di comprarlo; 2) questo vestito viene utilizzato per un periodo di tempo, diventando un vestito usato; 3) dopo parecchi anni, quel vestito usato, che aveva perso di valore, ne riacquista uno di nuovo all’interno di un nuovo mercato, ad esempio, viene considerato vintage, acquistando un valore di mercato ancora superiore a quello di partenza. privilegiato delle proteste politiche dei manifestanti europei La protesta si traduce in opere di vandalismo indirizzate contro le infrastrutture della catena di fastfood, vengono distrutte le vetrate dei ristoranti, abbattute le insegne ecc. il fenomeno della “mcdonaldizzazione” Secondo il sociologo George Ritzer, le caratteristiche e il funzionamento del McDonald’s sono una metafora delle trasformazioni della società dei consumi in seguito alla globalizzazione: un fenomeno definito come “McDonaldizzazione” = “diventare come il McDonald’s”. Possiamo individuare quattro caratteristiche del McDonald’s che si estendono in modo crescente all’interno del mondo del consumo contemporaneo: La logica su cui si basa la McDonaldizzazione, e quindi l’intera esperienza di consumo odierna, è una logica di razionalizzazione, per cui tutto deve essere reso funzionale ed efficiente. Il primo fra i sociologi ad aver parlato di “razionalizzazione” fu Max Weber, al quale si deve, appunto, l’idea che la società contemporanea stia sempre di più diventando una società razionalizzata basata su un modello di organizzazione che si centra sui principi di prevedibilità, efficienza, calcolabilità e controllo. il “disincanto” e il “reincanto” (fasullo) dei consumi Secondo Ritzer, il McDonald’s è il punto d’arrivo di un lungo processo di “razionalizzazione dei consumi” (un’idea mutuata da Max Weber), un processo che ha prodotto una “disumanizzazione” e un “disincanto” del consumo. Disumanizzazione => Che si lega specularmente al concetto di Alienazione (Karl Marx) = nel nostro rapporto con i beni di consumo massificati viene meno la relazione con il produttore, si realizza in questo senso una duplice alienazione: 1) da un lato, il lavoratore produce un oggetto che non gli appartiene, non ha diritti sul prodotto del suo lavoro, come se neanche più quest’ultimo gli appartenesse, ed egli fosse solo uno strumento di fini estranei 2) dall’altro, la serialità e la standardizzazione delle merci impedisce al lavoratore l’unica condizione in grado di innalzarlo dalle bestie, quella di un lavoro libero e creativo.Allo stesso modo, i dipendenti di McDonald’s sono “costretti” ad un lavoro ripetitivo e sempre uguale a sé stesso, i cui prodotti sono altrettanto seriali e standardizzati; in aggiunta, il rapporto tra lavoratore e consumatore è ridotto al minimo, in quanto, una fase importante della relazione normale tra cameriere e cliente, quella dell’ordinazione, è svolta autonomamente dal consumatore, attraverso dei totem touchscreen. Disincanto dei consumi => per comprendere quest’espressione è chiarire prima il significato del suo contrario: l’incanto dei consumi = ovvero, ammantare i beni di consumo in un’aura di significati e valori che vanno oltre la semplice funzionalità.In un’ottica diametralmente opposta, Ritzer sostiene che, la pressione a rendere tutto omogeneo e calcolabile a livello globale ha condotto al “disincanto” dei consumi cioè alla perdita di fantasia e di magia del rapporto con le cose. Posti fittizi, con architetture fittizie, al fine di restituire una qualche autenticità all’esperienza di consumo nell’outlet, ormai totalmente schiacciato su questa logica organizzativa di razionalizzazione = in questo risiede il “reincanto” fasullo Prevedibilità = so come funziona dovunque; quando ci rechiamo da McDonald’s sappiamo esattamente cosa ci aspetta, in qualunque posto del mondo ci troviamo. Questo aspetto è diventato parte dell’esperienza generale del consumo contemporaneo, che possiamo trasporre anche ad altri ambiti di situazioni di consumo >> le catene di Fast Fashion, ad esempio: entrando da H&M so esattamente come funziona l’esperienza di acquisto, il costo medio dei capi, quanti articoli posso portare in camerino ecc. Efficienza = velocità e risparmio di tempo; tutto è organizzato per essere funzionale ed efficace. La totalità dei processi all’interno dei ristoranti McDonald’s è volta rendere minimi gli sforzi del cliente e del dipendente, in un’ottica di velocizzazione delle fasi di acquisto, preparazione e consumo del prodotto si ordina autonomamente in uno degli sportelli touchscreen, dove viene assegnato anche il numero di tavolo, e ci si reca alla cassa solo per pagare, in maniera molto scorrevole; come lo è, del resto, anche la fase di sparecchiatura del tavolo, compiuta direttamente dal cliente che, una volta finito di consumare, prende il proprio vassoio e lo svuota nei cestini automatici. Calcolabilità = so quanto e cosa pagherò. Il cliente non è vittima di sorprese sgradevoli: non solo sa esattamente quanto spenderà, ma conosce bene anche il cibo che gli verrà servito (standardizzato e seriale); a ciò si aggiunge il fatto che è noto anche il tempo medio di permanenza nel locale. Controllo = tutto è schematizzato e non ci sono sorprese; sia il consumatore che il dipendente hanno tutto perfettamente sotto controllo, relativamente al tempo, al costo e alle modalità. Viviamo in un sistema di consumo altamente strutturato ed efficiente, calcolato, dove niente è lasciato al caso, all’incertezza o alla sorpresa; che possiamo esemplificare metaforicamente con il meccanismo su cui si regge la catena di McDonald’s. Reincanto => per far fronte al “disincanto”, il mondo della pubblicità e del marketing è alla costante ricerca di un “reincanto”, che però rimane qualcosa di fasullo, che potrebbe essere simboleggiato dalla finzione degli **outlet. la globalizzazione rende tutto omoegeno? L’epoca cui risale il pensiero di Ritzer corrisponde con il momento culminante della critica alla globalizzazione; oggi, con un trentennio in più di esperienza vissuta, possiamo affermare che la globalizzazione non produce solo omogeneità, ma, a volte, genera anche l’effetto contrario, l’eterogeneità. Eterogeneizzazione => sebbene vi siano moltissime catene (non solo McDonald’s ed H&M, ma anche Ikea, Starbucks ecc.), queste non hanno dato vita ad esperienze di consumo identiche in ogni parte del mondo in cui si sono insediate; ma al contrario, la cultura globale standardizzata, instaurandosi in angoli del mondo diversi, ha prodotto molteplici varianti, leggermente diverse tra loro, ognuna specifica per il posto in cui è stata destinata. a differenza di quello che pensava Ritzer, ci siamo resi conto che la globalizzazione non ha prodotto un mondo tutto omogeno e standardizzato, ma ha spinto a creare infinite varianti locali, che hanno negoziato in modo differente i flussi e le influenze globali, adattandole al proprio contesto Esempio: diverse varianti di McDonald’s, nate dalla necessità di adattare la politica del fastfood alla cultura, agli usi, ai costumi e alle abitudini alimentari del paese d’insediamento). I menù McDonald’s in Italia = “Gran Piemontese. Nuovo panino con carne 100% piemontese. Quest’adattamento alla cultura locale non riguarda solo variazioni nel menù, ma anche i locali dei ristoranti, che hanno un aspetto diverso a seconda della loro collocazione geografica, come risultato del fatto che la multinazionale si è dovuta adattare agli stili locali anche in termini architettonici. Reazioni locali alla globalizzazione dei consumi Questo processo di globalizzazione, che si traduce in una dinamica di uniformazione di stili di consumo a livello globale, ha prodotto la diffusione di una serie di stili e di riferimenti riconoscibili ovunque e da chiunque, e al contempo anche delle reazioni locali a questa pressione portando, conseguentemente, alla nascita di innovazioni e particolarità. La pressione esercitata dalle grandi multinazionali causa la reazione delle realtà locali, che non solo costringono le prime ad adattarsi e a negoziare la loro presenza, introducendo delle varianti locali del modello globalizzato; ma rivendicano, in molti casi, la loro identità all’interno del territorio nazionale, dando vita a nuove forme di consumi locali. Esempio 1: Negli anni ’80, è nato in Italia il movimento “Slowfood”, come reazione al McDonald’s; si tratta di un network di attivisti e produttori che fanno leva sull’identità locale e sulla dimensione storica dei prodotti di consumo; gli attivisti di Slowfood hanno scritto una guida alle trattorie che offrono un’esperienza gastronomica legata all’identità nazionale culinaria italiana. Esempio 2: a fronte del grande centro commerciale, sono nati in Italia i mercatini nei centri delle grandi città. Esempio 3: Grandi catene globali di birra, spesso anche multimarche (es. Beck’s) provocano la reazione dei piccoli birrifici artigianali lezione 19: il cambiamento dei consumi con l’avvento di internet e del digitalecapitolo 8 (cenni) 1995: INIZIO DEL COMMERCIO SU INTERNET Nel ’95 venne autorizzata la possibilità di intrattenere relazioni commerciali, di compravendita, online nascita e sviluppo di aziende come “ebay” e **“Amazon”, oggi leader dei rispettivi settori.**all’inizio della sua attività, Amazon vendeva unicamente libri, che venivano consegnati per via postale, solo in America. george ritzer: dal consumatore al “prosumer” George Ritzer, figura che abbiamo già incontrato parlando di globalizzazione, e in particolare di Mcdonaldizzazione, elaborò il concetto di “prosumer” Prosumer = è un termine che nasce dall’unione di due parole: producer e consumer, produttore e consumatore; con il quale Ritzer mette a fuoco il fenomeno della ridefinizione dei ruoli tra la sfera della produzione e la sfera del consumo. Ritzer, infatti, notò che, con il passare del tempo, già con la nascita di McDonald’s, era in corso una trasformazione di questi ruoli, in un’ottica di fusione, di allentamento dei confini tra la sfera della produzione e quella del consumo. Si tratta di un processo i cui risultati sono visibili già nel meccanismo di McDonald’s, per cui il consumatore è il cameriere di sé stesso. Nel mondo digitale, questo fenomeno diventa ancora più evidente, quasi a costituire un elemento distintivo del consumatore online che partecipa, alla produzione e alla distribuzione dei prodotti/servizi che egli stesso consuma (pensiamo ai viaggi che possiamo prenotare in autonomia, o alla personalizzazione di determinati oggetti che compriamo online) Ritzer carica questo fenomeno con un’accezione squisitamente negativa, riconoscendo in esso la possibilità, da parte delle aziende, di trovare sempre nuovi modi per sfruttare il consumatore, e far svolgere lui una parte del lavoro che in origine rientrava fra le prerogative della sfera produttiva. Amazon e ebay sono piattaforme di compravendita online basate su un sistema di “rating” da parte degli utenti, che assegnano una valutazione ai singoli servizi, e in aggiunta, anche agli atri utenti da cui hanno acquistato; in questo modo, sarà molto più facile per chi successivamente dovrà acquistare lo stesso prodotto, scegliere a quale venditore affidarsi.Il successo di queste piattaforme di compravendita online è dovuto, in gran parte, proprio a questa modalità di funzionamento basata sulla fiducia, e sulle garanzie sull’affidabilità del servizio fornite dagli utenti.Se su ebay la valutazione si limita all’assegnazione di un tot di stelle per ogni servizio, Amazon ha reso ancora più affidabile il sistema recensivo, dando la possibilità agli utenti di leggere e scrivere anche recensioni molto lunghe e dettagliate, spesso accompagnate da una documentazione fotografica dell’articolo che hanno ricevuto. lavorare per le piattaforme Nel corso degli anni ci sono state delle piattaforme che hanno fatto ruotare la loro attività attorno all’azione di far diventare i consumatori dei lavoratori delle stesse piattaforme l’esempio più eclatante di ciò viene proprio da Facebook e Instagram, che vendono spazi pubblicitari alle aziende, alle quali offrono l’attenzione dei propri utenti, i quali producono gratuitamente dei contenuti su questi spazi liberi di socialità e intrattenimento.Questo succede con i social network, e allo stesso modo con AirB&B, che, originariamente, nacque per consentire a persone comuni di diventare, a loro volta, provider di servizi di alloggio.Un altro esempio è Twich, dove gli utenti possono passare da semplici spettatori dei contenuti altrui, a diventare produttori di quegli stessi contenuti, con la possibilità di raggiungere un livello professionale. la “disintermediazione” dei consumi: gli esperti lasciano il posto a siti e piattaforme Disintermediazione => nel modello tradizionale del consumo, i consumatori si affidavano a delle figure professionali di riferimento della produzione, a deli intermediari. Un esempio banale di questa originaria intermediazione ci è pervenuto da un’azione quotidiana molto semplice, quella di scegliere in che ristorante andare a cena giornalisti specializzati predispongono una classifica di ristoranti che viene consultata poi dal cliente finale; l’intermediazione sta proprio nella creazione di un ranking da parte di esperti del settore, che assumo il ruolo di intermediari fra il ristorante e il consumatore che si accinge alla scelta del posto dove cenare. Tuttora, la guida più nuova in questo senso è quella “Michelin”. Il modello opposto, frutto dell’avvento del consumo online e risultante dalla disintermediazione dei consumi, è quello di Tripadvisor uno spazio online dove il ranking dei ristoranti viene realizzato direttamente dal cliente finale, attraverso le valutazioni post esperienza nel ristorante in questione.Dalla prospettiva del produttore, in questo caso specifico del ristoratore, se prima bisognava guadagnarsi il favore del critico culinario o del giornalista specializzato di turno, oggi è quasi del tutto scomparso il ruolo dell’intermediario culturale, lasciando il posto ad un modello di riferimento per cui il ristorante ha successo se riesce a collocarsi dignitosamente all’interno le piattaforme di valutazione online, che sfruttano la recensione del consumatore. Come risultato della nascita di un nuovo modello di disintermediazione, il settore ha subito una biforcazione tra coloro che preferiscono affidarsi ad un meccanismo più tradizionale, e che di solito costituiscono una clientela più d’”élite”, e coloro che consultano autonomamente i siti di recensioni per arrivare ad una scelta. Quali sono le forme in cui riconosciamo la figura del “prosumer” online? L’esemplificazione perfetta del prosumer è fornita da coloro che online sono contemporaneamente sia produttori che consumatori, ovvero colo che, attraverso piattaforme come ebay, Amazon, Subito.it ecc. vendono e acquistano.Un altro esempio di ciò ci è pervenuto dal coinvolgimento dei consumatori nelle valutazioni dei prodotti online La disintermediazione dei consumi si deve alla ridefinizione del ruolo del consumatore, che non è più solo tale, ma, all’occorrenza, diventa anche produttore, in veste ibridata di prosumer. pochi anni, attorno alle caratteristiche comunicative di queste piattaforme, Instagram in primis. Tutto ciò si traduce nella nascita di nuove forme di linguaggio, che hanno a che fare con quello da cui veniamo attratti basandoci sulla nostra cultura del consumo, e che viene strumentalizzato nella creazione di contenuti, dagli influecer in primo luogo, e su questa scia anche da tutti gli altri utenti, che si adeguano alla logica dominante all’interno della piattaforma in questione. le industrie culturali e digitali Molti dei consumi culturali sono stati traghettati in un sistema distributivo basato sulle piattaforme, in primo luogo nel campo della musica, dei film e delle serie TV, trasformando modelli produttivi e modalità di consumo. Gli algoritmi sono diventati attori di questo processo. Il termine “industria culturale” venne coniato da Horkheimer e Adorno, a metà del ‘900, e caricato di un’accezione negativa, in quanto venne utilizzato per criticare le trasformazioni contemporanee della cultura; Ciononostante, questa espressione è rimasta nel nostro vocabolario, e viene oggi, quotidianamente utilizzata priva di qualsiasi tipo di accezione, in forma neutra quindi, per indicare il settore della produzione di contenuti culturali. Il settore cui oggi ci riferiamo con il termine “industria culturale” ha subito, in tempi recenti, con l’avvento di Internet e delle piattaforme, radicali trasformazioni. Queste trasformazioni sono, in primo luogo relative alle modalità di fruizione Netflix VS Televisione tradizionale: Dal punto di vista della fruizione di musica Spotify VS Radio: la raccolta dei dati sui consumatori I consumi digitali hanno prodotto una situazione in cui i consumatori producono costantemente dati che le aziende utilizzano per sviluppare strategie produttive e di marketing. Le piattaforme raccolgono incessantemente i dati messi a disposizione dagli utenti, li elaborano e li utilizzano per produrre qualcosa di utile come, ad esempio, una playlist ispirata alle preferenze musicali dell’utente, nel caso di Spotify. I dati raccolti dalle piattaforme vengono spesso venduti a terzi da parte delle stesse piattaforme un esempio di ciò potrebbe essere la commercializzazione dei dati raccolti da piattaforme per il consumo musicale come Spotify, alle case discografiche, per permettere loro di orientarsi meglio fra le preferenze dei consumatori in maniera sempre aggiornata. Prima di tutto ciò, i gusti dei consumatori venivano indagati attraverso survey basate sul campionamento. Sorprendente è il fatto che, per molte piattaforme, la commercializzazione dei dati degli utenti costituisce il vero e proprio business Facebook, ad esempio, ha sviluppato un sistema che raccoglie una serie di dati, li elabora, per metterli poi a disposizione di aziende di marketing e pubblicità, che potranno così realizzare campagne di marketing particolarmente efficaci. il fenomeno del “quantified self ” Il “sé quantificato” si riferisce al fenomeno culturale dell’auto-tracking attraverso tecnologie personali, il più delle volte collegate a piattaforme di condivisione.Molti di noi, infatti, utilizzano, quotidianamente, una serie di piattaforme che producono dati sulle proprie attività l’app Health di IOS, Runtastic ecc. Le serie tv trasmesse in televisione implicano il trascorrere di un lasso di tempo (giornaliero, settimanale) tra una puntata e l’altra; l’abbonamento a Netflix, invece, consente di avere accesso immediato a ogni episodio, di ogni stagione, di una determinata serie. Su Netflix, i contenuti sono disponibili a qualsiasi ora del giorno, anche in ripetizione; si tratta di una modalità di fruizione che scardina radicalmente il palinsesto televisivo tradizionale Introduzione della riproduzione casuale: consente di avere accesso ad un flusso di brani selezionato in maniera random, nel quale è comunque possibile muoversi liberamente, saltando la riproduzione di una traccia, oppure riascoltandone una. Generazione automatica da parte della piattaforma di playlist personalizzate, sulla base dei gusti musicali selezionati al momento della creazione del profilo e delle ricerche recenti Spotify esegue un’analisi di grandissime quantità di dati sui gusti dei consumatori (algoritmo) Ai tempi dei nostri genitori, chi consigliava loro la musica? La radio, gli amici, le riviste e la televisione in veste di intermediari culturali LEZIONE 22: CONSUMI, CASA, TECNOLOGIE E MOBILITà CAPITOLO 8 Rapporto tra la casa e i consumi, in particolare i consumi culturali, dal punto di vista delle tecnologie, e come ciò si differenzia fuori dallo spazio domestico, in una situazione di mobilità. Un aspetto del consumo particolarmente importante è quello che riguarda i consumi culturali, che si ritrovano direttamente intrecciati con la teoria dell’industria culturale, nell’ambito della teoria critica, con particolare riferimento, quindi, a due rappresentanti della Scuola di Francoforte, Horkheimer e Adorno. A partire, in particolare, dagli anni ’70 alcuni consumi culturali hanno iniziato a riorganizzarsi spostandosi da una prevalenza di fruizione negli spazi pubblici (teatri, concentri, cinema) allo spazio domestico, attraverso un processo che Raymond Williams ha definito “privatizzazione mobile”. = Passaggio dalla fruizione della cultura in spazi pubblici di socializzazione, alla trasformazione del consumo culturale incentrato nello spazio domestico. In questo senso, la televisione ha giocato un ruolo fondamentale nel trasporre occasioni di socializzazione, che avvenivano attraverso la fruizione di consumi culturali in luoghi pubblici, nella comodità delle nostre case questo è avvenuto nello specifico con partite di calcio e altri eventi sportivi, concerti, film ecc.L’evento emblematico, che sugella questo passaggio è la trasmissione televisiva dello sbarco sulla Luna, al quale tutti hanno potuto avere accesso, comodamente seduti nel salotto di casa propria. Tutto ciò è avvenuto soprattutto grazie ad una serie di nuove tecnologie culturali (dalla televisione al videoregistratore, dall’impianto hifi fino ad Internet) che si sono affiancate o hanno sostituito precedenti tecnologie (il libro, la radio ecc.) Con la diffusione del videoregistratore fu possibile trasportare l’esperienza cinematografica a casa propria, con tempi e spazi decisi autonomamente.Lo stesso ragionamento può essere fatto anche per quanto riguarda la fruizione musicale. Un passo ulteriore: A partire dagli anni ’90, poi, il consumo si è ulteriormente riconfigurato dalla casa ad una dimensione ancora più personale e individuale, enfatizzando le forme di mobilità personale: prima con il walkman a cassetta (introdotto dalla Sony nel ’79) questa invenzione rende possibile ascoltare la musica che vogliamo, dove vogliamo; e il boombox (= stereo portatile, in origine a cassetta, ma poi anche a CD, che funziona a pile, e che poteva essere portato in giro), poi con l’IPod, lo smartphone, i tablet ecc. consumo culturale con mobilità, e in aggiunta, con una modalità estremamente personale. dal cinema di massa (anni ’50) alla televisione (anni ’70-80) e a netflix (anni 2000) Passaggio da una situazione in cui la fruizione di film era unicamente ed esclusivamente riservata all’ambiente del cinema (in Italia, negli anni ’50, si vendevano 20 volte i biglietti del cinema che si vendono oggi) Ad una situazione in cui viene reso possibile fruire di consumi culturali cinematografici e musicali nella comodità del proprio ambiente domestico, grazie a innovazioni digitali come la Televisione, il videoregistratore (anni ’70-80); con una conseguente trasformazione degli ambienti domestici, che si adattano funzionalmente ed esteticamente a questi nuovi devices Allo stadio attuale, per cui, a tutto ciò, si è aggiunta anche la possibilità di sfruttare piattaforme di streaming cinematografico e musicale, e che permettono di personalizzare ulteriormente l’esperienza di consumo culturale ( il videoregistratore mi permette di guardare film dalla mia casa, ma non cambia il fatto che, se voglio guardare un film ad un orario diverso rispetto a quello in cui viene trasmesso secondo il palinsesto, devo predisporre la registrazione; senza contare il fatto che rimane comunque solo possibile guardare i contenuti che vengono trasmessi in televisione). l’uso della tv a casa I primi studi sulle forme di consumo culturale a casa risalgono agli anni ’80 e hanno riguardato la televisione. Il sociologo dei media David Morley è stato il primo a studiare come la tv viene utilizzata a casa e in famiglia in particolare, come il dispositivo televisivo scandisce la vita delle famiglie e singolarmente dei suoi componenti, chi detiene il controllo della scelta dei contenuti televisivi, ovvero chi, banalmente, detiene il controllo del telecomando (solitamente il capofamiglia, maschio), con riferimento specifico all’epoca in cui vi era un unico dispositivo televisivo per casa, e quindi si era costretti a guardare tutti gli stessi contenuti.La televisione, quindi, è un oggetto che diventa parte integrante delle dinamiche familiari, in maniera soggettiva alle abitudini specifiche della singola famiglia oggetto che, contemporaneamente, riflette/riproduce l’organizzazione interna della famiglia (i ruoli, le dinamiche, il potere ecc.), e contribuisce ad enfatizzare, esasperare e riprodurre quelle stesse dinamiche specifiche.La televisione, quindi, non è solo un mezzo per consumare contenuti, ma diventa un elemento che riflette e rende evidente Il processo di trasformazione della fruizione del consumo culturale, dal punto di vista del luogo, del tempo e del modo, ha radicalmente trasformato anche il fine ultimo, l’essenza e l’estetica dei contenuti culturali stessi. l’organizzazione sociale e i valori familiari. Morley ha evidenziato che “guardare la tv” non significa attingere a contenuti, ma il suo uso include differenti sfumature e significati in relazione al contesto domestico. Per esempio, egli ha evidenziato come ci fossero due modi diversi di “guardare la tv”: uno maschile e uno femminile. “GUARDARE LA TV” Una pratica di consumo culturale come guardare la tv riflette e rinforza preesistenti differenze di genere, di organizzazione della famiglia e in generale dei modelli culturali diffusi. Queste due modalità riflettono due diversi tipi di relazione del componente della famiglia con l’ambiente domestico: 1. Nel primo caso, la donna associa l’ambiente domestico ad uno spazio lavorativo, dove svolge prevalentemente le sue mansioni, e in cui la presenza della televisione è secondaria, e fa da “sfondo” alle attività quotidiane; 2) gli uomini, invece, che tipicamente lavorano fuori casa, vedono nell’ambiente domestico uno spazio di relax e svago personale, in cui possono dedicarsi a loro stessi e alle loro attività ricreative, che includono il consumo televisivo, indisturbatamente. consumo culturale e fandom Fandom = comunità di fan musica, consumo culturale e tecnologie Il rapporto tra il consumo musicale e tecnologie è particolarmente rilevante, perché la musica registrata è un’invenzione tecnologica, che, a partire dalla fine dell’800 ha creato un modo completamente nuovo di fruire la musica; un’invenzione tecnologica che dobbiamo a Thomas Edison. Alcuni contenuti culturali esistono come invenzioni, così la musica registrata, così il cinema, per cui l’idea di un’immagine in movimento non aveva un corrispettivo concreto fino all’invenzione dei fratelli Lumiere. L’origine del portarsi dietro un device che ci permetta di ascoltare la musica, oggi lo smartphone/IPod e le cuffie/cuffiette, storicamente rimanda a quando gli adolescenti di fine anni ’70 iniziarono a girare per le strade con il loro walkman. lezione 23: lo streaming musicale Le tecnologie contribuiscono a plasmare le nostre forme di consumo. Ogni generazione ha le proprie specifiche tecnologie, che hanno determinato specifiche modalità di ascolto. che cos’è la musica in streaming? La modalità streaming di fruizione musicale permette di poter ascoltare musica in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, e fa parte di una delle tante comodità che la tecnologia ci ha regalato.Oltre al carattere estemporaneo dello streaming musicale, ci sono moltissimi altri aspetti che rendono personalizzabile l’esperienza di fruizione di musicale tramite piattaforme come Spotify, alcuni esempi sono: un catalogo molto grande, variegato e organizzato all’interno del quale scegliere le tracce; la Modo femminile: guardare la tv mentre si svolgono altre attività, spesso durante qualche attività domestica (la casa come luogo di lavoro) Modo maschile: guardare la tv concentrati, come unica attività (la casa come luogo di passatempo) Negli anni ’80 era diffusa l’idea che il consumo culturale a casa avesse come conseguenza l’isolamento delle persone, rappresentando dunque un’attività passiva e negativa questa teoria risulta essere in una dimensione di continuità con gli aspetti più rilevanti della teoria critica di Horkheimer e Adorno, che, dell’industria culturale, avevano criticato inoltre la perdita delle relazioni sociali, cui il consumo culturale normalmente contribuisce (fruizione in luoghi di socializzazione) e che, la possibilità di usufruire di determinati contenuti culturali comodamente a casa propria, ha, per certi versi, rimosso Lo studioso Henry Jenkins ha mostrato il contrario, soffermandosi sulle comunità di appassionati di alcuni tipi di contenuti, come nel caso degli appassionati di Star Trek. Jenkins ha messo in evidenza come i fan costruiscono comunità di appassionati, basate sulle culture del fandom Culture del fandom = culture di appassionati pur essendo nate da una situazione di isolazione, per cui gli appassionati, ad esempio di Star Trek, si erano chiusi nelle proprie abitazioni con lo sguardo fisso sullo schermo di un pc o di un televisore, hanno portato alla creazione di nuove relazioni sociali, tra fan appunto, oltre che nuove occasioni di aggregazione es. le convention di appassionati, come il Comicon. Queste culture non sono il risultato di un consumo passivo dei contenuti culturali veicolati dai media; i fan utilizzano attivamente i contenuti per generare nuove relazioni e significati. Internet e le nuove forme di comunicazione digitale hanno amplificato le possibilità del fandom di sviluppare forme attive di partecipazione (come nei forum di appassionati, come ad esempio quelli nati per confrontare le ipotesi sulle sorti dei protagonisti della serie cult “Lost”). TESTIMONIANZE RICAVATE DALLE INTERVISTE La musica digitale ridefinisce l’idea di illegalità attorno al diritto d’autore Molti giovani non erano neppure consapevoli del carattere illegale della pratica di download di file musicali in formato mp3, da siti come Napster. Uno degli intervistati non era a conoscenza dell’illegalità, dando per scontato che, dato che si poteva fare tranquillamente, e che era una pratica molto diffusa, fosse assolutamente legale. (1) I “free riders” = “quelli che se ne approfittano” (indipendentemente dal danno che si può creare agli altri) Una posizione condivisa da alcuni intervistati, che rappresentano la categoria dei “free riders”, rispecchia una prospettiva in cui, si è a conoscenza del carattere illegale della pratica di download di file musicali dai siti di file sharing, ma si decide di farlo comunque. Una intervistata in particolare, afferma che, se dovesse acquistare la musica potrebbe permettersi un cd ogni 3 mesi. (2) I critici consapevoli Questa seconda posizione aggiunge a quella dei free riders, una considerazione relativa al sistema dell’industria musicale e delle norme del copyright: la cultura dovrebbe essere gratuita, e a disposizione di tutti. Inoltre, ritiene che l’introito economico degli artisti sia comunque garantito dalla partecipazione a pagamento a concerti, dall’acquisto dei cd al concerto, da cui il gruppo musicale ricava direttamente un guadagno.Atteggiamento meno approfittatorio. (3) Il “rivoluzionario radicale” Questa posizione aggiunge una nota di critica politica al sistema dell’industria musicale. Un intervistato utilizza l’espressione “esproprio proletario”, facendo riferimento a un fenomeno per cui ci si recava in massa a derubare i negozi dei beni di uso comune. In quest’ottica, la violazione del diritto d’autore diventa una forma di azione politica, che metteva in discussione il sistema che regolamentava la circolazione della musica in quegli anni. lezione 24: UNA ricerca sui consumi e tecnologie musicali – introcapitolo 1: tecnologie, musica e pratiche di consumo Il libro che utilizziamo per questa seconda parte del corso riporta i risultati di una ricerca empirica** su due particolari ambiti del consumo musicale: gli appassionati di alta fedeltà e gli utilizzatori di musica digitale, a metà anni 2000.**ricerca empirica ricerca basata sulla raccolta e l’analisi dei dati direttamente collegati al fenomeno oggetto di studio; si contrappone alla ricerca teorica, che non lavora su dati, ma su teorie, concetti, ipotesi, idee ecc.La ricerca empirica in questione è stata realizzata mediante interviste qualitative direttamente ai consumatori. La ricerca mette in evidenza come una pratica comune e diffusa, come quella dell’ascolto della musica, si articoli in forme e culture tra di loro molto differenti, anche e soprattutto in relazione agli oggetti e le tecnologie che vengono utilizzate. Questa attenzione sulle tecnologie e gli oggetti ci permette di approfondire una doppia articolazione della relazione tra consumo e tecnologie: caso 1:gli appassionati di alta fedeltà Rappresentano una cerchia di persone che prediligono una forma di ascolto molto particolare e, oggi, di nicchia.La particolarità di queste esperienze musicali è dovuta all’utilizzo di impianti musicali molto costosi e complessi, dalle performance sonore molto raffinate: gli impianti Hi-Fi. 1- per un verso, le tecnologie sono “mediatrici” delle pratiche di consumo, nella misura in cui la fruizione musicale impone l’utilizzo di determinate tecnologie, contribuendo a plasmare le forme attraverso cui consumiamo le modalità di fruizione musicale sono influenzate dalla singola tipologia di tecnologia impiegata (IPod e Download musicale ≠ Spotify e streaming musicale); 2- per un altro verso, le tecnologie sono esse stesse oggetti di consumo, che al pari di altri oggetti consumo, rientrano nelle dinamiche della moda, e, più in generale, nei processi di attribuzione simbolica di significati. Spesso, le persone che rientrano in queste cerchie di nicchia sono quasi più appassionate di impianti, ovvero della tecnologia Hi-Fi, che della musica, finalità ultima dell’installazione di un impianto di questo tipo. Gli appassionati aderiscono ad una vera e propria cultura collettiva: si riuniscono in gruppi per realizzare un ascolto collettivo, leggono riviste specializzate, frequentano negozi finalizzati unicamente alla vendita di queste tecnologie, e partecipano ad eventi di riferimento, che si configurano come vere e proprie fiere. Per i motivi sopra esposti, gli appassionati di alta fedeltà assumo il ruolo di portatori di una particolare cultura musicale, la cultura Hi-Fi. caso 2:gli utilizzatori di musica mp3 All’epoca di realizzazione della ricerca (2005-2007), gli mp3 e l’IPod rappresentavano la nuova tecnologia emergente nel mondo della musica, che si apprestava a sostituire il compact disc, e che, pertanto, si stava affermando come modello culturale di riferimento del consumo musicale; alla stregua di quello che oggi è rappresentato dallo streaming musicale veicolato dalle piattaforme.Si trattava, all’inizio, di un fenomeno giovanile, che coinvolgeva soprattutto teenagers e giovani adulti, gli stessi che si stavano appassionando ad Internet e a tutte le nuove possibilità che questo mondo senza precedenti si apprestava ad offrire loro; importante ricordare che, fu proprio in quegli anni che Internet entrò per la prima volta nelle case degli italiani.Questa transizione dal consumo musicale tramite compact disc e musicassette, alla pratica di Download su dispositivi mp3 e IPod è un caso paradigmatico, che ci permette di osservare cosa succede quando una nuova tecnologia di consumo sostituisce la precedente, producendo miglioramenti e opportunità, ma anche una serie di problematiche interconnesse; nel complesso, quello che si realizza è una trasformazione della modalità di consumo, oltre che delle abitudini di consumo.Inoltre, attraverso questo passaggio possiamo osservare il momento iniziale di una trasformazione più profonda della musica, la cui circolazione ha successivamente abbandonato IPod e mp3 per passare, come abbiamo osservato, allo streaming e allo smartphone. il metodo della ricerca: l’intervista qualitativa La ricerca è basata prevalentemente (anche se non esclusivamente) sulla tecnica dell’intervista qualitativa in profondità.L’intervista qualitativa è uno dei metodi di ricerca privilegiati nello studio sociale dei consumi, perché permette di raccogliere in modo diretto la prospettiva e l’esperienza soggettiva degli attori sociali. A differenza della survey (o questionario), l’intervista qualitativa non permette di quantificare un fenomeno, ma invece da modo di ricostruire i significati, le motivazioni, gli aspetti non previsti dell’esperienza sociale. tecnologie come oggetti e cultura materiale La ricerca ci permette di approfondire alcuni aspetti che abbiamo già incontrato nel corso; in primo luogo, il ruolo degli oggetti e della cultura materiale nel dare forma all’esperienza sociale.Abbiamo osservato con Appadurai, Kopytoff, McCracken che il consumare è un processo che emerge nella relazione diretta con gli oggetti, che acquistano differenti significati, anche a partire dal contesto di consumo in cui si trovano i consumatori.(manca) le tecnologie nella vita quotidiana Un aspetto particolare è quello che riguarda lo studio del ruolo delle tecnologie nella vita quotidiana.Il libro adotta, tra le altre, la prospettiva dei science & technology studies (STS), che offre concetti e idee per comprendere in modo più approfondito il ruolo delle tecnologie nella vita quotidiana e nei consumi.In questa prospettiva, le tecnologie sono, allo stesso tempo, un prodotto sociale e qualcosa che trasforma la società, le modalità attraverso cui le persone compiono determinate azioni, oltre che le relazioni tra le persone stesse; questo perché le tecnologie hanno un agency, ovvero la capacità, almeno in parte autonoma, di rimodificare i processi sociali; nonostante esse stesse siano il prodotto di processi storico-sociali, non dell’invenzione di innovatori, aziende o laboratori solitari. Lo streaming (modello di riferimento attuale) è il punto di arrivo della musica “in movimento”, come processo che inizia a prendere forma tra gli anni ’70-80 con il walkman, e che subisce una serie di evoluzioni successive, dovute, in parte, anche ad un altro processo più grande, nel quale l’evoluzione del consumo musicale risulta essere inglobata, ovvero la digitalizzazione dei consumi. l’approccio della “teoria della pratica” Una prospettiva teorica utilizzata è quella della teoria della pratica; una teoria che ci aiuta a studiare le attività (fra cui anche il consumo) come pratiche organizzate, composte da tre dimensioni principali: (esempio, streaming musicale su Spotify: smartphone, pc, televisione, cuffiette con filo e bluetooth, cuffie ecc.) I discorsi, le immagini e le rappresentazioni sociali(esempio, “”: comodità della fruizione streaming, miglioramento della soddisfazione del consumatore tramite un’analisi delle sue preferenze tramite l’utilizzo di algoritmi ecc.) Le competenze e il “saper fare”, richiesto per partecipare alla “pratica”(la fruizione tramite Download musicale implica delle conoscenze e delle competenze diverse rispetto a quelle richieste dalla fruizione tramite streaming, esempio “”: saper creare un account e pagare un abbonamento online, saper scaricare l’ app) Per capire le pratiche di consumo dobbiamo considerare tutte e tre queste dimensioni (con le loro interazioni). lezione 25: fare ricerca con le interviste qualitative l’intervista qualitativa come strumento per la ricerca La ricerca sul consumo delle tecnologie musicali che utilizziamo in questa parte del corso è basata prevalentemente sul metodo dell’intervista qualitativa discorsiva.Lo scopo del nostro utilizzo del libro è anche dunque quello di familiarizzarsi con questa tecnica di indagine, che è una delle più utilizzate nell’ambito della sociologia dei consumi (…) impostare una ricerca qualitativa interviste e “domande di ricerca” Le interviste sono pianificate per rispondere ad una “domanda di ricerca” la domanda di ricerca è quella a cui la ricerca nel suo complesso vuole rispondere.Esempi: “Come si è sviluppata la cultura punk in Italia?”, “Quali rappresentazioni simboliche vengono utilizzate nella comunicazione del lusso?”, “In che modo le nuove generazioni utilizzano i dispositivi musicali per ascoltare la musica?”. Alcune domande di ricerca sono più adatte ad essere affrontate attraverso la raccolta di “dati” empirici attraverso le interviste qualitative. Le domande di ricerca devono essere “operativizzata”, traducendola nello specifico metodo dell’intervista qualitativa, in particolare attraverso il campionamento (= strategia che riguarda la selezione delle persone da intervistare, il campione) e la costruzione della traccia di intervista (= strumento a partire dal quale condurrò le interviste). costruire il campione Quando si realizza una ricerca con interviste qualitative bisogna costruire un campione, ovvero definire quanti e quali persone si andranno ad intervistare.Per rispondere ad una domanda di ricerca circoscritta, il campione può essere anche piccolo, ma sufficiente, soprattutto se cerchiamo di ricostruire fenomeni o pratiche fino ad ora poco studiare. Il campionamento consiste nella selezione delle persone da intervistare, inclusa una strategia relativa a dove trovarle e come reclutarle. Cruciale è stabilire quali e quante persone o entità includere nello studio; è impossibile intervistare centinaia di persone, a volte anche 5 o 10 interviste permettono di raccogliere dati sufficienti per una piccola ricerca come una tesi di laurea. Oggetti, tecnologie e tutta la dimensione materiale 1.  Scegliere un argomento o un tema (es. consumo delle tecnologie musicali).2. Identificare una domanda di ricerca = quello a cui vogliamo dare una risposta attraverso le interviste (“In che modo gli utilizzatori si relazionano con le tecnologie musicali?”) e le altre sotto-domande rilevanti (“Come imparano ad usarle? In che modo il contesto attorno a loro influisce nel loro percorso?”). 3. La pianificazione della rilevazione empirica (chi intervistare, come, cosa chiedere). 4. La realizzazione delle interviste e la loro trascrizione.5. L’analisi delle interviste. 6. La presentazione dei risultati. Nel 1973 viene fondata la rivista più importante per gli appassionati di alta fedeltà, “Absolute Sound”. Qui possiamo trovare alcune descrizioni degli elementi che caratterizzano la cultura dell’alta fedeltà. Questa data può essere assunta come simbolica per collocare storicamente questa nicchia di consumatori, che costruisce una cultura del consumo molto particolare. In uno dei primi numeri di Absolute Sound, il direttore della rivista rilascia un intervento: “Noi crediamo che il suono della musica, non amplificato, che avviene in uno spazio sonoro, rappresenti un assoluto filosofico rispetto al quale noi dobbiamo giudicare le prestazioni delle apparecchiature per riprodurre la musica” (Harry Persona, 1973) la carriera dell’audiofilo Come si diventa audiofilo: la passione per le nuove tecnologie “Io sono partito come appassionato di musica e diciamo che mi intrigava il fatto del mezzo che mi metteva in comunione con questo fatto di ascoltare” “Però è chiaro che l’appetito vien mangiando “I miei genitori mi hanno spedito dai nonni, perché erano professori e mi seguivano e i fratelli di mio padre mi davano anche ripetizioni. Lì c’era anche lo zio architetto e lui era un patito di Hi-Fi, era anche un “autocostruttore”, a cinquant’anni si è fatto le sue casse e i suoi amplificatori. (…) E io la sera andavo a letto e ascoltavo musica, ogni sera un disco nuovo. Non ho studiato neanche una riga di latino quell’estate, ma ho imparato tutto sulla musica.” (Giulio, 29 anni) definizione e identità dell’audiofilo Gli appassionati di alta fedeltà musicale vengono definiti audiofili. Tuttavia, molti degli appassionati intervistati non si identificano in questa definizione perché ha una componente dispregiativa: le persone che si interessano più all’impianto che alla musica che ascoltano. È come se qualcuno, invece di chiamarci “consumatori”, ci chiamasse “consumisti” in altre parole, l’identità di un audiofilo deve essere negoziata. “Tu cercavi un audiofilo, ma io non sono proprio un audiofilo, sono più un appassionato di musica che è attento al proprio impianto e che ci tiene ad ascoltare la musica bene. E che dunque si informa e che ha comprato dei buoni componenti per il proprio impianto.” (Antonio, 34 anni) Spesso, l’audiofilo viene considerato come un appassionato di serie B, rispetto all’appassionato di musica; questo perché la passione per lo strumento di riproduzione appare di secondaria importanza rispetto alla passione per un determinato consumo culturale. l’autocritica degli appassionati “Ci sono quelli che ascoltano la musica, e (per i quali) l’impianto è solo un mezzo. Molti dicono così, in realtà non ci credono neanche loro che lo dicono. Io stesso sono sostenitore di questa tesi, però poi alla fine è chiaro che certe follie non si giustificano solo con la voglia di ascoltare la musica nel modo migliore possibile. Certe follie sono un po’ fini a sé stesse, è un esercizio tecnologico, la scoperta di qualcosa di particolare.” (Giornalista specializzato, nr.1) costruire “gruppi” attorno ad una cultura specializzata “Tu esci con un gruppo di ciclisti e questi riescono a parlare della qualità dell’olio che si mette nelle catene e ti possono andare a parlare tre ore su una cosa del genere. Esci con un surfista e lui ti riesce a dire quanto è buono quell’antisdrucciolo per la tavola, che sono delle cavolate immani e ci si diverte a stare lì attorno. Dove c’è passione si crea un’enclave all’interno della quale c’è un linguaggio specifico che escluse gli altri.” (Ivano, 41 anni) In altre parole, la cultura dell’alta fedeltà ha sviluppato una intera cultura sull’idea della ricerca di un suono perfetto, che imiti al meglio la sala da concerto e il suono degli strumenti acustici. Traiettoria comune di questi appassionati, che nascono come appassionati di musica e con il tempo, iniziano ad appassionarsi allo strumento che permette loro la fruizione l’oggetto (L’impianto) diventa oggetto autonomo dell’interesse dell’appassionato. Nei racconti di molti intervistati è ricorrente un momento in cui essi hanno avuto una sorta di folgorazione, in cui sono stati affascinati dalle tecnologie audio. Escludendo gli altri, rinsalda una cultura di gruppo, il gruppo diventa un luogo di costruzione e validazione della propria identità di consumatori di nicchia.Si tratta di un senso di appartenenza da parte del singolo, che, dalla parte della collettività del gruppo, si traduce in un’accettazione del membro che condivide quella certa cultura, adotta ll t i l i ifi t tt iò è di i f d t l d l il feticismo per le tecnologie “Un po’ è una questione di feticismo. Sì, il feticcio è importante, perché spesso l’appassionato è al di là della musica, non ascolta la musica, ascolta l’impianto. È un limite cronico di noi audiofili. Anzi, la parola “audiofili”, tra gli audiofili è usata in senso dispregiativo, e giustamente, perché sono dei fanatici, si passa la giornata ad ascoltarsi lo stesso disco cinque volte, su tre lettori CD differenti.” (Giulio, 29 anni) lezione 27 l’hi-fi nello spazio fisico e relazionale della casa Una delle particolarità dell’impianto Hi-Fi è che esso richiede di essere posizionato con cura e armonizzato con lo spazio domestico(…) Immagine tratta da un manuale di alta fedeltà, che spiega come posizionare l’impianto e dove posizionarsi (specificazione delle distanze inclusa), perché sia garantito un effetto tridimensionale di riproduzione musicale. Le casse devono essere collocate in maniera simmetrica, e l’ascoltatore deve posizionarsi idealmente al centro della stanza e virtualmente in mezzo alle due casse. l’area del triangolo i cui vertici sono le due casse e l’ascoltatore Differenza tra ascoltare la musica e sentirla il discrimen è netto per gli appassionati di alta fedeltà = ascoltare vuol dire essere davanti alle casse, sull’asse che collega la retta che attraverso la disposizione delle casse. Al di là di questo, la situazione non è di ascolto, ma è semplicemente sentire.Questo perché un segnale che fa percepire la tridimensionalità del suono non viene captato al di fuori di quella traiettoria. scegliere la casa (anche) in base all’impianto hi-fi “Quando io e Daniela abbiamo deciso di andare a vivere insieme abbiamo cercato una casa e tra le varie necessità c’era il posto dove tenere l’impianto” “Quindi ci doveva essere lo spazio decente per metterci l’impianto; non necessariamente una stanza dedicata, è ovvio però uno spazio dove le casse potessero stare alla stessa larghezza .” (Enzo, 32 anni) l’hi-fi e le questioni di genere Approfondiamo il tema della divisione di genere dei consumi, con riferimento specifico al caso degli audiofili, quasi esclusivamente uomini, servendoci del racconto di un tecnico specializzato: “” perché l’alta fedeltà è (quasi) per soli uomini La passione per l’alta fedeltà è quasi solo maschile (è molto difficile trovare un’appassionata donna da intervistare). pubblicità e rappresentazioni di genere 1- Prima pubblicità (anni ’80): ambientazione lussuosa, come alcuni degli oggetti che entrano nella scena (champagne) e gli abiti dei protagonisti;la donna, pur essendo fisicamente presente, con il telecomando dell’impianto in mano, è assente a sé stessa e la sua funzione all’interno della pubblicità e in rapporto alla figura maschile è quella di oggetto del desiderio l’impianto Hi-Fi viene reclamizzato utilizzando una figura femminile in abiti eleganti e in atteggiamento ammiccante. quella terminologia specifica ecc. >> tutto ciò è una dimensione fondamentale del consumo. Per Marx, la merce come Feticcio, era l’esempio di qualcosa che stava per qualcos’altro, nel suo caso specifico, la merce celava la totalità delle relazioni di produzione.Nel caso dei nostri appassionati, dietro all’impianto feticcio, si celano tutta una serie di dimensioni e significati che contraddistinguono l’attività di consumo, fra i quali rientra anche la dimensione collettiva del gruppo. 2- Seconda Pubblicità (anni 2000): scompare la figura femminile, in un modo che rispecchia anche l’assenza femminile fra le file degli appassionati, alle fiere, nei negozi specializzati ecc. tradurre la mascolinità in aspetti tecnici: il fattore waf (women acceptance factor) Uno degli esempi probabilmente più emblematici di come la “donna” sia tematizzata e tradotta attraverso il filtro della cultura Hi-Fi è costituito dall’importanza che assume il cosiddetto fattore “Waf” (Women acceptance factor), un termine con il quale gli appassionati si riferiscono a quanto un nuovo componente Hi-Fi venga accettato dalle proprie mogli o compagne. Waf a volte citato come il fattore di approvazione della donna o fattore di accettazione della moglie, è la valutazione dell’accettazione o del rifiuto di un nuovo acquisto o progetto da parte della nostra dolce metà. il ruolo dei negozi dell’alta fedeltà Nel mondo dell’alta fedeltà, i negozi specializzati svolgono un ruolo fondamentale per alimentare la passione e la diffusione di conoscenze anche per le necessità di “costruire uno spazio” particolare, soprattutto grazie alle loro “sale d’ascolto”, sale allestite appositamente per predisporre un ascolto e una disposizione dell’impianto ottimale. Si tratta di una possibilità di ascolto offerta da questi centri specializzati che spesso viene sfruttata anche da chi non ha la possibilità di ricreare un ambiente simile a casa sua. Nel consumo delle tecnologie, i venditori costituiscono spesso uno snodo centrale nel rapporto tra produzione e consumatori finali, rappresentando un punto di raccordo privilegiato tra i processi di innovazione e le concrete dinamiche di mercato.L’importanza del ruolo privilegiato svolto dai negozianti è resa evidente anche dalle numerose interviste al personale dei negozi specializzati, dalle quali è possibile raccogliere quasi più informazioni sui consumatori, rispetto a quanto si possa fare analizzando le loro stesse parole, questo perché il negoziante fornisce un punto di vista esterno delle dinamiche personali del singolo consumatore, alle quali il negoziante ha comunque accesso, come osservatore passivo; ad esempio, quando gli viene permesso di entrare nelle case degli appassionati per dispensare consigli su come disporre l’impianto, su nuovi componenti da acquistare ecc. i negozianti come mediatori di conoscenze Testimonianza “Il negoziante mi ha preso in simpatia, è venuto a casa mia e abbiamo messo a posto l’impianto. Siamo partiti da quei passi che fanno gli audiofili. Siccome l’impianto era tutto da rifare, lui, come suggerimento mi disse: “parti dalla cosa che da meno effetto per poi raggiungere un risultato maggiore”, e abbiamo cambiato i cavi. C’erano le casse che facevano “Crick crock” disintermediazione dell’hi-fi con l’arrivo di internet Il periodo della ricerca ha coinciso con l’inizio del traghettamento del mondo Hi-Fi da dimensioni prevalentemente fisiche e materiali (riviste cartacee e negozi fisici) ad uno in cui Internet iniziava a influire sulla cultura Hi-Fi. Possiamo, dunque, osservare le prime conseguenze in termini di disintermediazione del consumo, generate dagli strumenti web. “…Negli ultimissimi anni l’appassionato non si lascia più consigliare come una volta. Ora sono tutti diventati – tra virgolette – “esperti”, grazie alle nuove esperienze dell’elettronica. Perché tutti leggono nei vari forum su Internet più o meno tante informazioni dei cosiddetti “guru”, ma non sempre le cose si confrontano con la realtà dei fatti. Una volta quello che dicevamo noi negozianti lo dovevamo dimostrate, altrimenti era aria fritta.” (negoziante specializzato, nr.2) lezione 28: la musica digitale la musica digitale prima di spotify Crisi dei piccoli negozi specializzati, fenomeno che si applica ad una grandissima varietà di settori e che riguarda il periodo successivo all’inizio del monopolio di Internet. Nel caso specifico dei piccoli negozi di Hi-Fi, moltissime attività di questo tipo si sono viste costrette a chiudere. Come racconta questo negoziante specializzato, è cambiata la relazione di fiducia con il commesso, nonché il livello di autorità culturale riconosciuta al negoziante da parte del consumatore. “Perché se un cd h uno spazio fisico tu devi materialmente prenderlo e in caso buttarlo nel cestino.” “Invece capita spesso che dici, in modo molto semplice, <<oh! Mi mancano 100 mega per scaricarmi questo film!>> e butti bia questa cartella musicale. <<Chi era? Boh>>.” (Fabio, 27 anni) Rituale di svestizione (Rituali di consumo, McCracken) è un episodio in cui emerge chiaramente il rapporto e il legame affettivo del proprietario con l’oggetto in questione, oggetto che, in questo caso specifico, potrebbe essere un CD. Nell’ottica di McCracken, la musica era qualcosa di cui non si poteva, o non era facile disfarsi come un oggetto qualsiasi, proprio in virtù del valore che ha a livello personale diversa è la questione con la musica in formato digitale, immateriale, fatta di dati digitali, che noi quotidianamente e molto facilmente scarichiamo ed eliminiamo. il consell digitale “deumanizza” il rapporto con la musica “Secondo me la musica digitale deumanizza il rapporto con l’artista. Ora parliamo dell’”approccio classico” che tutti noi abbiamo avuto con la musica, soprattutto da adolescenti. Ti mettevi davanti alla televisione a sentire il gruppo che ti piaceva, poi magari compravi il CD, magari leggevi l’articolo sulle riviste. Adesso è tutto sullo schermo del computer, dal video alle recensioni, alle foto e non esce dal computer.” (Fabio, 27 anni) lezione 30: l’ipod capitolo 5 Oggetto significativo nelle dinamiche di consumo digitale, da assumere come spartiacque nella modalità di fruizione musicale. Articolo di giornale “Addio all’iPod la musica in tasca che ci cambiò la vita” (di Ernesto Assante, La Repubblica, 12 maggio 2022) anche l’iPod rientra nell’annovero di tecnologie musicali in disuso, dopo l’annuncio della casa produttrice Apple, di bloccare definitivamente la produzione di questo articolo, del quale rimaneva sul mercato soltanto la versione touch l’iPod getta le basi per la nascita del celebre smartphone della Apple, l’iPhone. prima dell’ipod: il walkman Il Walkman ha segnato una svolta nella modalità di fruizione musicale, ha permesso, per la prima volta, di poter ascoltare la musica in movimento, fuori casa, lontano dall’impianto stereo, con le cuffie, in modo tale da facilitare l’ascolto ovunque, senza rischiare di disturbare chi ci stava intorno. Anche le cuffie costituiscono un elemento di novità tra le “gente comune”, si trattava di uno strumento ristretto all’uso professionale. Il primo modello di Walkman venne introdotto dalla Sony nel 1979, senza però un’idea molto chiara sull’uso che ne sarebbe stato fatto dai consumatori, in un contesto in cui, la dimensione della “mobilitazione” del consumo musicale, non si era ancora sviluppata. Il primo modello aveva infatti due uscite cuffie e un pulsante per (…) Nei modelli successivi, la Sony decise di eliminare quella funzione del dispositivo che permetteva l’ascolto sincrono in due, dato che l’intenzione con cui era stato prodotto non rispecchiava l’uso che i consumatori avevano scelto di farne, ovvero, l’isolazione dall’ambiente circostante, attraverso l’ascolto della musica. il successo del walkman nel contesto sociale Ben presto venne abbandonata l’idea per la quale in Walkman dovesse servire a due persone insieme, esso si trasformò in un grande successo commerciale per tutti gli anni ’80 e ’90.L’uso più tipico fu quello di utilizzarlo camminando in luoghi pubblici, per gli spostamenti in città, sulla metropolitana o sull’autobus: una colonna sonora personalizzata della propria mobilità. Il Walkman divenne un fenomeno culturale giovanile e di costume, identificato con le mode delle nuove generazioni e anche con una serie di paure e preoccupazioni.L’accusa principale fatta al walkman era che esso spingesse all’isolamento, che incentivasse le persone a chiudersi in una bolla individualistica. L’iPod rappresenta l’evoluzione digitale di questo modello di fruizione musicale, legata al Walkman, e la sua diffusione fu accompagnata da delle dinamiche sociali sulla falsa riga di quelle sorte attorno al Walkman. la nascita dell’ipod 1995 introduzione del formato MP3 1999 nascita del software di filesharing “Napster” in questi anni iniziano a circolare i primi lettori MP3. Andamento storico delle vendite dell’iPod: l’ipod come fenomeno culturale pubblicità e immaginario pubblico gli allarmi sociali dell’ipod testimonianze tratte dai brani di intervista Il primo formato di MP3 venne commercializzato nel 1998, ed era dotato di una memoria di 32Mb. Nel 2001, arriva l’iPod, prodotto dalla Apple, che aveva una caratteristica innovativa fondamentale, rispetto agli altri lettori MP3: era dotato di 5 GB di memoria, per una capacità di circa un migliaio di canzoni. Inizia ad essere venduto nel 2002, e per i primi 3/4 anni non raggiunse una diffusione degna di nota (l’intenzione con cui era stato progettato l’iPod era quella di dare vita ad un dispositivo esclusivo, per gli utenti Apple in possesso di un MacBook; Tra il 2005 e il 2006 si verifica un’esplosione delle vendite di iPod; la Apple, infatti, aveva lanciato sul mercato altri modelli, più piccoli, con meno capienza di memoria, e quindi anche meno costosi, per questo più accessibili. iPod in copertina (2004). Il presidente Usa George Bush, che, nel 2005, utilizzò questo dispositivo, per esporre l’identità americana e i valori culturali che egli stesso impersonava (musica country). Come Bush, molte altre celebrità reclamizzarono l’uso di questo dispositivo. Libro “The Cult of iPod” (L. Kahney, 2005) libro soprattutto fotografico, essenziale per capire come questo oggetto stava entrando nella consuetudine delle pratiche culturali. Da fenomeno giovanile con protagonisti gli adolescenti degli anni ’80, a fenomeno culturale di massa, che si estese a tutti, non solo agi adolescenti, gettando le basi per il successo dell’iPhone. iPod come strumento di costruzione di differenze generazionali. Murales con silhouette nere, intente nell’ascolto musicale con l’iPod, dalle quali svettavano le celebri cuffie bianche, adottate per la prima volta dalla Apple (all’epoca la maggior parte delle cuffie erano nere) Questa espressione artistica viene rivisitata e strumentalizzata da alcuni esponenti politici per caricaturizzare le violenze dell’esercito in occasione della guerra in Iraq. Giornale “The Guardian” pubblica una notizia dove si attestava l’esistenza di studi che dimostravano che, l’esposizione del proprio udito agli stimoli musicali dell’iPod per un tempo prolungato ogni giorno, causasse danni non indifferenti. Un altro tipo di allarme sociale riguarda i furti di iPod, che divennero molto diffusi. La moda dell’iPod a scuola iPod è un oggetto esclusivo, inizialmente posseduto da pochi, e per questo quasi uno status symbol, che con il tempo divenne il “mezzo principale”, posseduto da tutti, il regalo per eccellenza. iPod diffuso principalmente nella forma del regalo, all’interno dell’ambiente scolastico, spesso in occasione di una festa di compleanno, e per questo, diventa un elemento fondamentale dell’appartenenza simbolica ad un gruppo sociale. Sentirsi parte di un gruppo grazie all’iPod meccanismo di immedesimazione in una categoria di persone, i possessori di iPod, che si riconoscono tra la gente, grazie alle famose cuffie bianche. Ma perché l’iPod è l’iPod? Esistono altri lettori MP3 sul commercio, ma il dispositivo Apple è stato il fulcro di una serie di dinamiche sociali, al centro delle polemiche e della diffusione di un fenomeno culturale. Prese di distanza dal consumismo e dall’identificazione con il brand alcuni intervistati hanno espresso un punto di vista differenze e lontano dalla volontà di sentirsi parte di un gruppo, hanno affermato di non essere propensi a farsi id tifi t it b d identificare tramite un brand. “Effetto snob” nel caso dell’iPod quando un oggetto diventa di moda le persone accorrono ad acquistarlo, e quando ormai lo possiedono tutti questo interesse e questo entusiasmo calano drasticamente
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