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Reti sociali e migrazioni: approccio sociologico e politiche migratorie in Italia, Appunti di Sociologia delle Migrazioni

Sociologia economicaMetodologia della ricerca socialeTeoria dei sistemi sociali

Il tema della spiegazione dei fenomeni sociali, concentrandosi sui fenomeni migratori e sul ruolo delle reti sociali nel loro determinarsi. Viene presentata la 'teoria dell'attore' e l'importanza dell'analisi delle motivazioni degli attori nella comprensione dei fenomeni a livello macro. Si discute del concetto di comunità e delle differenze tra classe sociale in sé e classe sociale per sé. Vengono inoltre analizzate le risorse a disposizione degli attori, con particolare attenzione al capitale sociale e al suo radicamento nelle reti di relazioni. Il documento si sofferma infine sulle caratteristiche morfologiche delle reti sociali e sul loro ruolo nelle politiche per l'immigrazione in Italia.

Cosa imparerai

  • Come le reti sociali influenzano i fenomeni migratori?
  • Quali sono le caratteristiche morfologiche delle reti sociali?
  • Qual è il ruolo del capitale sociale nelle reti di relazioni?
  • Come vengono gestite le politiche per l'immigrazione in Italia?
  • Cosa si intende per 'teoria dell'attore' nella sociologia?

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 10/10/2022

ilaria-bovio
ilaria-bovio 🇮🇹

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Scarica Reti sociali e migrazioni: approccio sociologico e politiche migratorie in Italia e più Appunti in PDF di Sociologia delle Migrazioni solo su Docsity! SOCIOLOGIA DEI PROCESSI MIGRATORI La sociologia è ciò che accade ‘between and among’ si colloca nel modo di osservare il fenomeno più che nel fenomeno in sé. La sociologia non sta nel fenomeno, ma nella postura analitica verso i fenomeni sociali. Le migrazioni sono rilevanti perché ci permettono di comprendere tutto ciò che migrazione non è, sono una ‘via di accesso’ per comprendere aspetti della società in cui si verificano e sono plasmate dalla società in cui si verificano (ad esempio, osservando come gli immigrati si inseriscono nel mercato del lavoro, possiamo cogliere dinamiche del mercato del lavoro in generale) (rilevanza di primo e di secondo livello). Ci sono alcuni fenomeni che si prestano a spiegare altri fenomeni a loro circostanti (effetto Raging Bull di Scorsese) Razionalità di tipo strumentale ci tiene a prendere una decisione tenendo conto delle conseguenze delle nostre azioni non basta sommare le scelte individuali, dobbiamo tenere conto dei processi di interazione, che condizionano gli esiti dei fenomeni sociali; i fenomeni sociali non sono solo la somma delle azioni individuali, ‘l’effetto aggregato’ è la componente in più ; ciò che faccio io retroagisce sulle azioni degli altri attori e viceversa Facciamo sociologia seguendo la ‘teoria dell’attore’ , cioè smontando i fenomeni sociali cercando di capire le motivazioni che sono alla base delle azioni degli attori, per capire i fenomeni a livello macro; i fenomeni sociali sono l’outcome degli effetti aggregati derivanti dalle scelte di attori collocati in reti di relazioni (strutture di interdipendenza) che hanno determinati vincoli e opportunità. Gli attori, in questo caso i migranti, sono dotati di agency : Un modo per spiegare è lo schema di razionalità di Weber = scelte di carattere razionale-strumentale o razionale in termini valoriali, o razionalità cognitiva (presupposto che abbiano buone ragioni a livello soggettivo di fare una determinata scelta) (ad esempio perché le badanti provengono prevalentemente dall’est europa?) la teoria dell’attore viene contrapposta alla teoria dello strutturalismo (Marx e Durkheim) Marx parlava di ‘aggregati di attori’ rimanendo ad un livello macro per capire come funzionano i rapporti di produzione. Il fenomeno migratorio è un tema discusso da tutti con concetti di uso comune ma spesso impreciso e sfocato ; temi di patrimonio comune e condiviso ma ponendoci al di fuori per smontare conoscenze approssimative di concetti che sembrano apparentemente naturali ( ciò richiede un lavoro di decostruzione) Esempio di apparente semplicità del concetto di EXTRACOMUNITARIO, che è invece molto complesso. Il concetto di comunità è astratto, si può definire un ideal tipo di weber, nella realtà non esiste; possiamo trovare gruppi sociali che hanno degli aspetti di questo concetto astratto ; Marx distingue classe sociale in sé e classe sociale per se: con ‘in sé’ si intende una classe sociale che non ha un senso di appartenenza condivisa e collettiva; classe sociale per sé quando gli individui sviluppano un senso di appartenenza alla classe sociale; le comunità sono quindi gruppi per sé, costituita da individui che hanno un senso di appartenenza. Se intendiamo la comunità in senso formale, vi sono confini materiali che possiamo tracciare in senso preciso, viceversa parlando di una comunità in senso stretto, è molto difficile tracciarne i confini. Il concetto può avere un carattere denotativo. L’utilizzo del concetto di extracomunitario cambia, a lungo è stato utilizzato per definire un immigrato, un’implicazione di questo utilizzo di carattere connotativo era che la persona fosse portatore di una qualche forma di alterità. Ci sono degli altri che sono più altri di altri. Uno statunitense non viene mai definito extracomunitario, non etichettato come extracomunitario o portatore di un’alterità minacciosa. Il doppio registro dell’utilizzo del concetto genera un conflitto e i confini vengono utilizzati in modo arbitrario, non univoco. Non c’è una definizione univoca del concetto di extracomunitario, ma vengono spesso sovrapposte tra loro. E’ frutto di un processo di costruzione sociale. Il concetto di straniero ci permette di riflettere su ambiguità dei rapporti sociali. Simmel scrisse: ‘colui che a differenza del viandante oggi arriva e domani resta’. Il concetto permette di osservare alcune peculiarità delle dinamiche dei rapporti sociali Lo straniero possiede ‘tratti rovesciati’ rispetto al resto del gruppo Lo straniero è lontano perché porta un’alterità, vicino perché ‘è in casa’ Attiva un processo duplice: mette sotto stress il nesso identità e alterità: può rendere fragile il ‘noi’ perché sposta ad allontanarci dal ‘noi’ , ad indebolire il ‘noi’, ma può anche portare a un irrobustimento, suscitando una forma di paura e reazione collettiva e producendo una riaffermazione per distizione e ri-identificazione del ‘noi’. La presenza degli altri da un lato indebolisce il noi, dall’altro è un pretesto per costruire un’identità: le identità si costruiscono sulla base di due processi diametralmente opposti: per affermazione e identificazione e per contrapposizione agli altri. I possibili esiti : (vanno considerati come processi analitici, astratti, formali) -conflitto (non necessariamente violento, ma anche una ‘ghettizzazione’) -coesistenza (modello isole di culture chiuse e incomunicanti) -integrazione (sovrapposizione e ibridazione) Non vuole dire che l’alterità esista, ma che i gruppi si sentano reciprocamente diversi in base a fattori storici, o socialmente costruiti, sono possibili alternative. I due gruppi si sentono reciprocamente diversi; come ricorda Thomas, i fenomeni sociali anche se inconsistenti nei presupposti, danno vita a delle conseguenze che sono reali. Nei momenti in cui si tratta quel fattore come tratto distintivo di un’identità collettiva, nonostante gli aspetti trasversali siano tanto rilevanti quanto il tratto distintivo (ad esempio il colore dei capelli), hanno perso significato rispetto al tratto che li differenzia (il colore dei capelli) ; non necessariamente non esistono i fattori che distinguono, ma i fattori che diventano distintivi coesistono con fattori traversali che hanno perso significato, mentre invece il fattore diversificante viene stressato. Le identità collettive non sono mai un dato, ma un prodotto, non esistono a priori. Riassumendo: - Straniero come strumento concettuale per mettere in luce le caratteristiche/ dinamiche generali dell’interazione sociale: i fenomeni migratori sono rilevanti perché permettono di osservare tendenze che riguardano la società in generale. - Le identità sociali non sono un dato di partenza, ma un prodotto che emerge socialmente e che si costruisce socialmente; si può costruire intenzionalmente, ma può anche emergere in modo non intenzionale; tuttavia quando emerge diventa reale nelle sue conseguenze. Possono esserci figure che teorizzano questa distinzione. (Concetto mertoniano di ‘profezia che si auto avvera’) - Due dinamiche attraverso si cui trasferiscono identità: in positivo: la costruzione di un presunto noi in negativo: la distinzione del noi dagli altri questa duplice dinamica è sempre presente, ma il peso di questi due ‘ingredienti’ può mutare con alcuni effetti paradossali in cui la dimensione negativa diventa la più rilevantee quindi la costruzione dell’identità collettiva avviene in base a una distinzione dagli altri. Analisi sociologica del fenomeno migratorio (guarda slides) Gli attori sono dotati di risorse (capitale economico, capitale umano, capitale sociale) non definite, mutano nel corso del tempo, sono frutto in parte di componenti ascritte che derivano dalla nostra origine sociale, in parte costruite autonomamente nel corso della nostra vita. Il capitale umano è l’insieme di conoscenze e capacità (informale e formale- tra queste due sfere ci sono dei rapporti non diretti, possono esserci rapporti di correlazione ma non coincidono) Una strategia da utilizzare è identificare una definizione zero, estremamente parziale e preliminare. Possiamo individuare due macro variabili del fenomeno: spazio (le migrazioni sono uno spostamento) e tempo (perché gli spostamenti devono essere qualificati rispetto al tempo) Abbiamo bisogno di fare un’operazione ulteriore: distinguere diversi tipi di migranti e diversi tipi di migrazioni. Tipi di migranti: -per lavoro -stagionali o a contratto -qualificati (livello di capitale umano) -familiari al seguito -rifugiati e richiedenti asilo un tipo particolare di migrazioni darà luogo a un tipo particolare di migranti. Tipi di migrazioni: -interne-internazionali -regolari- irregolari-clandestine (molto spesso irregolare e clandestino vengono trattati come sinonimi: irregolare è un migrante a cui ad esempio è scaduto il permesso di soggiorno; clandestino è il migrante che si inserisce in un determinato territorio senza avere requisiti legali per farlo, non si è mai trovato in una condizione di regolarità) Ancora una volta i confini tra questi tre tipi non sono definiti una volta per tutte, ma è una condizione transitoria; la condizione è prodotta dagli assetti legislativi di un determinato paese. -volontarie-forzate -temporanee- permanenti I confini sono meno chiari di quello che si crede. Essere un migrante forzato o meno non è una variabile dicotomica: il livello di forzatura può essere più o meno elevato. Il migrante ambientale si trova a spostarsi per ragioni condizionate dall’impatto del cambiamento climatico. Da un punto di vista analitico dobbiamo considerare la condizione dell’agency, non considerando come una variabile dicotomica, c’è sempre un margine di azione e di pressione dei vincoli esterni che può essere più o meno forte. Migrante è colui che svolge il percorso di spostamento, immigrato è chi arriva in un determinato territorio, emigrato chi si allontana da un determinato territorio. Il concetto di ‘migrante di seconda generazione’ è complesso, contradditorio e ambiguo. Viene definito migrante di seconda generazione in senso improprio, chi è nato nel paese d’origine e si sposta in un’età fra 2 e 6 anni -->improprio perché si sono spostati. Coloro i quali non si sono mai spostati perché nati nel paese d’arrivo -->Proprio Giunti nel paese fra undici e quindici anni --> spurio Due autori, Portes e hanno proposto che l’immigrato di seconda generazione sia uno status a cui si può aderire in modo più o meno intenso. Per comprendere le migrazioni sia necessario prendere in considerazione gli attori, che costruiscono dei percorsi di azione. Distinguiamo alcune grandi macro fasi storiche delle migrazioni, due macro scenari socio- economici che prescindono dalle migrazioni, in modo da identificare alcune macro coordinate di fondo che hanno contraddistinto queste fasi di migrazioni.. 1. Fase FORDISTA : epoca caratterizzata da processi produttivi con a capo l’industria, grandi quantità di prodotti tendenzialmente poco differenziati tra loro, settori della metal meccanica leggera (anni 50,60,70 del 900, entrato in crisi poiché la domanda di consumo inizia a differenziarsi; caratterizzata da un eccesso di domanda di lavoro sull’offerta e da dispositivi formali di reclutamento (servivano una gran quantità di lavoratori giovani, in salute, ma molti giovani forti erano morti nel corso della seconda guerra mondiale, con il risultato che si erano assottigliate quelle che in sociologia sono definite le ‘coorti’, cioè insiemi di persone nate in un determinato intervallo di tempo, tendenzialmente assunto tra i 5 e i 10 anni); si cercavano quindi immigrati con le stesse caratteristiche (concezione funzionalista del migrante) si poteva organizzare la strategia di reclutamento degli immigrati: erano presenti organizzazioni di reclutamento nazionali che selezionavano gli immigrati, con dei contratti di lavoro a termine, come accadeva con la Fiat. I fenomeni sociali hanno una vita propria che va al di la delle intenzioni del regolatore: quelle che dovevano essere migrazioni temporanee sono diventate migrazioni di popolamento. L’idea del ‘lavoratore ospite’ spesso non si realizzava. Il fenomeno in cui ci troviamo ora sembra speculare all’economia fordista. 2. Fase di globalizzazione avanzata: più paesi interessati da flussi di ingresso e in uscita, accelerazione, differenziazione, femminilizzazione Osserviamo che in questa fase le donne primo migranti (cioè che attivano il fenomeno più migratorio) sono percentualmente più numerose, ma non vuol dire che nella fase fordista non ce ne fossero. Prevalentemente gli immigrati del fordismo erano giovani a bassa scolarizzazione, attualmente invece il profilo è molto diversificato. Le migrazioni sono diventate più complesse e più entropiche sia nei percorsi sia nei tipi di migranti, perché sono più differenziate, meno programmabili, più difficilmente regolabili; è molto più alta la quota di immigrati qualificati, un incremento del numero dei richiedenti asilo: due mondi diversi ma i fenomeni non erano del tutto sconosciuti durante il periodo fordista, ma erano comunque meno frequenti. Da un punto di vista dei percorsi migratori, un tempo si partiva da un luogo A per un luogo B, un percorso più lineare, un percorso di andata e ritorno; attualmente la situazione è più diversificata; il dato medio spiega molto meno perché i percorsi sono molto più eterogenei: migrazioni pendolare di tipo seriale, migrazioni a tappe, cosa che dà luogo a comunità di migranti di tipo transnazionale. (anche per la comunicazione più efficiente) Lo scenario attuale è cosí difficile da descrivere che spesso viene definito ‘post-fordismo’ Il corso della vita del migrante fordista era tendenzialmente molto stabile: una fase di migrazione in cui si attivava un processo di miglioramento della situazione sociale, e un eventuale pensionamento. Lo scenario attuale è estremamente più caotico: a una fase di non migrazione segue a una fase migratoria ma non una crescita sociale ascendente regolare, a cui può seguire una fase una cui si cessa di essere migranti per poi emigrare nuovamente: i percorsi molto più segmentati. Costruiamo una tassonomia tenente in considerazione tre variabili: 1. Nascita 2. Migrazioni 3. Cittadinanza Questa tassonomia ci permette di considerare l’universo degli immigrati e cogliere come questo sia fortemente differenziato al suo interno attraverso l’analisi e la scomposizione in base agli aspetti nascita, migrazioni, e cittadinanza. Questa scomposizione è atta a comprendere come, ancora una volta, non si sia o no migranti in termini assoluti, ma come in concreto essere immigrato è una variabile dicotomica e non continua. Variabile NASCITA: luogo di nascita Variabile MIGRAZIONE: spostamento verso un paese diverso da cui si è nato Variabile CITTADINANZA: posseduta o meno Se applichiamo in successione queste tre variabili, otteniamo una suddivisione ad albero; data la popolazione presente, nati in Italia non migranti che hanno la cittadinanza italiana dalla nascita nati in Italia che hanno la cittadinanza italiana acquisita (immigrati di seconda generazione in senso proprio) nati in Italia non migranti che hanno la cittadinanza straniera (nati e cresciuti in Italia, non hanno mai conosciuto un percorso migratorio, ma devo aspettare il compimento della maggiore età per ricevere la cittadinanza). migranti nati in Italia con la cittadinanza italiana (condizione ottenuta risiedendo in Italia da almeno 10 anni) La domanda su quali siano le cause delle migrazioni non è solo rilevante in sé ma apre a una serie di altri interrogativi. Riflettere riguardo alle cause dà luogo a una serie di questioni controintuitive I tre principali interrogativi sono: perché alcuni hanno maggiore propensione ad emigrare no perché da alcuni paesi e non da altri come si scelgono le destinazioni Possiamo identificare tre grandi approcci: Macrosociologico; Microsociologico; Approccio analitico di livello ‘medio’. MACROSTRUTTURALI  Teoria de mercato del lavoro; Piore aveva identificato due grandi segmenti caratteristici del mercato del lavoro fordista: occupazioni sicure che davano luogo a status elevato; occupazioni meno retribuite e più pericolose che davano luogo a uno status sociale meno elevato. Possiamo applicare questa teoria anche in una condizione di più segmenti intermedi. Piore studia i meccanismi di processi interni e osserva che i lavoratori tendono a spostarsi verso l’alto, il cui effetto aggregato è che le posizioni più basse rimangono vuote e si iniziano ad attirare migranti che li occupino. E’ una teoria in cui non si prende in considerazione gli attori sociali.  Teoria dell’economia del sistema mondo. Wallertstein studiava come l’economia sia caratterizzata da rapporti a livello internazionale di diversi paesi: ci sono paesi ‘centrali’ (intesi come forti economicamente e periferici’ (meno sviluppati economicamente) sfruttati sulla base di due processi (acquisizione di materie prime a basso costo ed esportazione di attività produttive per usufruire di manodopera meno costosa. Analogamente, le attività produttive non esportabili/delocalizzabili vengono svolte da persone provenienti da paesi ‘periferici’.  Push and pull factors : le migrazioni sono plasmate da processi che spingono i migranti a lasciare un paese (fattori ambientali) e processi che spingono verso un altro paese (lavoro meglio retribuito, rappresentazione allettante del paese..) Queste teorie hanno caratteristiche in comune che: le spiegazioni sono pertinenti ma forniscono una rappresentazione meccanica, deterministica dei processi migratori. MICROSOCIOLOGICHE  Scelta razionale compiuta in una certa misura a livello individuale sulla base di una serie di fattori (costi e benefici)  Destinazione identificata dove vi è eccedenza di domanda di lavoro sull’offerta. Rispetto alle spiegazioni precedenti gli approcci sono più dinamici, parsimoniose, maneggevoli, ma riduttivi perché rappresentano gli individui come atomi, non tenendo in Una possibile sintesi analitica è la teoria dei legami di Granovetter, ‘The Strenght of Weak Ties’ : facendo una ricerca su come i manager di Boston hanno cambiato lavoro, scopre che la maggior parte ha ottenuto informazioni non da legami forti ma da legami deboli (conoscenti) ,arrivando alla conclusione paradossale della ‘forza dei legami deboli: attraverso legami deboli si ottengono informazioni più eterogenee che interconnettono reti differenti , utili per permettere di muoverci in ambiti relazionali e lavorativi differenti. I diversi tipi di legami sono funzionali a veicolare informazioni e risorse differenti, che costituiscono il ‘capitale sociale’; secondo l’approccio strutturale di Putnam e Fukuyama e , il capitale sociale è la disponibilità che gli attori hanno a cooperare tra loro; secondo l’approccio definitorio di Coleman, il capitale sociale è l’insieme di risorse che circolano all’interno delle reti di relazioni in cui ciascuno di noi è collocato (‘between person and among person’) Anche all’interno della teoria dell’attore possiamo identificare due tipi di capitale sociale:  Bridging (capitale sociale in grado di interconnettere gruppi sociali differenti) e bonding (c.s che fa da collante a persone che fanno parte di un gruppo sociale relativamente chiuso)  Capitale sociale di reciprocità (funge come mezzo per interconnettere gruppi sociali differenti) e di solidarietà (serve per cementificare i gruppi sociali)  Generalizzato(interconnette gruppi sociali differenti) e specializzato (all’interno di gruppi chiusi) Suggeriscono quanto la forma delle reti sia rilevante nel dare luogo a differenti tipi di capitale sociale. Una rete ad alta omofilia unisce persone molto simili, le informazioni hanno alta velocità di circolazione ma sono poco differenziate; in una rete a bassa omofilia, le informazioni hanno più bassa velocità di circolazione ma sono differenziate. All’inizio del soggiorno migratorio gli immigrati tendenzialmente sono inseriti in reti sociali che sono contraddistinte da pochi contatti con gli autoctoni; sono reti concentrate ed ‘esclusive’ costituite da un nodo ‘monocolore’, ricche di legami forti e relativamente povere di legami deboli , non facilita la diffusione di informazioni differenziate, in cui sono presenti degli hub relazionali e possono interconnettere attori anche distanti tra loro, ma rimangono delle isole relazionali. FUNZIONI SVOLTE DALLE RETI DEGLI IMMIGRATI (considerazioni di carattere medio)  Approdo nel paese di destinazione;  Accoglienza (risorse rilevanti per trovare l’alloggio)  Ricerca di lavoro (intermediazione dei connazionali per la ricerca del lavoro; affermazione di figure tipo broker, intermediari)  Passaparola e veicolo di «risorse reputazionali»  Supporto sociale; sostegno emotivo e psicologico, la rete supporta il processo di ‘ricostruzione’ di identità sociali nel momento in cui queste sono messe sotto stress. Le reti sono tanto più rilevanti quanto più il soggiorno migratorio è nelle sue fasi iniziali, per fragilità linguistica, economica… spiegano un pezzo dei fenomeni sociali, non l’interezza. Servono come supporto ma possono produrre anche danni (può intrappolare e rendere più difficile lo spostamento verso altre risorse) La forma delle reti trascende i singoli attori e da un valore intrinseco nel condizionare i fenomeni sociali, ma ciò non significa che gli attori siano determinati dalle reti: rimane una forma di agency. I fenomeni sociali non possono essere compresi a livello macro, ma è necessario ‘smontarli’ nelle loro componenti e vedere come si combinano tra loro. Microfondare la spiegazione: lavoratrici immigrate nel lavoro di cura (spiegare perché in un determinato ambito c’è una concentrazione così elevata di migranti) Secondo il modello D-B-O, desideri e opportunità sono due elementi costitutivi alla base dell’azione. (queste possono essere condizionate dagli attori che sono nella stessa catena di relazione, e si plasmano reciprocamente). Il nesso desiderio-opportunità da’ luogo a determinate azioni: adeguo i desideri alle opportunità, escludo che quello che non posso raggiungere sia migliore di ciò che posso raggiungere, oriento i miei desideri verso opportunità che non mi sono precluse (meccanismo dell’uva acerba, Elster) ; riduco il margine delle opportunità per rendere realizzabile il desiderio (meccanismo di Ulisse e le sirene, Elster) situazioni in cui si ritiene che ridurre le opportunità a disposizione possa giovare. Addentrandoci nella dimensione della scelta, ci sono alcune modalità di azione frequenti tra gli immigrati. Le due polarità (minore avversione al rischio/ maggiore sensibilità al rischio di insuccesso) agiscono per gli immigrati come un campo magnetico. Ricerche empiriche mostrano che la popolazione immigrata ha una distribuzione molto più polarizzata della popolazione autoctona (distribuzione splittata in ragione del sentimento di discriminazione) Nel corso del tempo si evolve la struttura della popolazione per età. La struttura in cui si trova attualmente l’Italia e la maggior parte paesi occidentali è caratterizzata da uno stato di contrazione: la quota di persone giovani tende ad essere numericamente ristretta rispetto alla ‘pancia’ della popolazione: ciò comporta una elevata domanda di cura per gli anziani. Attori prevalentemente immigrati si trovano all’interno di reti dense caratterizzate da informazioni poco differenziate che esercitano una funzione di controllo e chiusura formano aspettative molto adattative rispetto alle opportunità presenti; la struttura delle opportunità presenta caratteristiche tipiche: fattori demografici ( un elevato numero di anziani) e un’erogazione minima di servizi di cura agli anziani, (prevalentemente mercificato, cioè un servizio che va acquistato sul mercato) Per microfondare la spiegazione, dobbiamo prendere in considerazione tutte le componenti costitutive di un fenomeno macro. Un sistema complesso è qualcosa in più che va oltre la somma dei componenti; i fenomeni sociali sono un sistema complesso. Un fabbisogno oggettivo di lavoro di cura da’ come esito un’elevata concentrazione di lavoratrici immigrate: le reti omogenee di cui fanno parte favoriscono l’indirizzamento verso un determinato lavoro, e tendono a confermare e riprodurre il meccanismo nel corso del tempo. Questo fenomeno segue il meccanismo della ‘barca’ di Coleman: i meccanismi situazionali, le situazioni in cui agiscono gli attori provocano delle azioni che comportano ‘meccanismi trasformazionali’, e possono provocare effetti non intenzionali. Per esempio, concentrandosi gli immigrati in un determinato lavoro di cura, questo viene percepito come ‘lavoro da immigrati’ e la popolazione autoctona è sempre meno spinta ad impiegarsi nel dato lavoro. POLITICHE PER L’IMMIGRAZIONE La politica è caratterizzata da 3 dimensioni:  POLITICS: rapporto di potere tra le istituzioni  POLITY: il tema della comunità politica organizzata (confini e identità)  POLICY:le concrete politiche assunte. Le migrazioni hanno un impatto molto forte su ciascun ambito: sulle policy perché le proposte di legge riguardano la regolazione dell’immigrazione; sulla polity per quanto riguarda la cittadinanza e l’appartenenza sostanziale ai gruppi sociali; la policy nel modo in cui le politiche pubbliche decidono di fronteggiare o non un determinato problema di carattere collettivo. A questo dobbiamo integrare variabili che riguardano il livello territoriale: storicamente gli stati nel regolare l’immigrazione sono stati caratterizzati da tre modelli ideal-tipici di orientamento, che si distinguono tra loro in relazione alla configurazione assunta da aspetti quali la concezione dell’immigrazione, l’accesso allo status di cittadino, criteri per l’accesso alla cittadinanza..:  modello temporaneo: rappresenta gli immigrati come una presenza temporanea, idea di ‘lavoratori ospiti’, non vengono definiti i meccanismi di accesso alla cittadinanza e nel caso risultano molto stringenti (un paese che ha seguito questo modello è la Germania);  modello assimilativo: vede gli immigrati destinati a diventare dei cittadini,quindi ad assimilarsi agli orientamenti prevalenti della società e dell’assetto istituzionale che caratterizza un determinato paese, non prevede differenze sostanziali tra autoctoni ed immigrati, lavoro e politiche sociali non presentano caratteristiche differenziali (Francia);  modello pluralistico: le origini migratorie vengono riconosciute, tuttavia gli immigrati sono parte costitutiva della popolazione, ma vengono riconosciute alle minoranze alcuni aspetti che riguardano le minoranze in quanto tali: diversi gruppi trovano una unitarietà ma riconoscono le specifiche differenze; presenti politiche di discriminazione positiva: quote di presenza predefinite di una determinata minoranza per evitare/ compensare gli svantaggi di questa. (Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna) I tre principali settori di policy per l’immigrazione (fanno riferimento alla distinzioni semantiche della lingua italiana) sono politiche di immigrazione, politiche per i migranti (i cittadini che sono all’inizio del loro soggiorno migratorio, politiche di prima accoglienza e assistenza), politiche per gli immigrati (riguardano i cittadini presenti in modo stabile: criteri di accesso alla cittadinanza, al mercato del lavoro, ai servizi sociali). All’interno non vi è soltanto il livello nazionale, ma ci troviamo in un fenomeno duplice: un fenomeno migratorio basato su flussi internazionali risente della globalizzazione: ciò comporta da un lato l’aumento dell’importanza del livello sovrannazionale (il coinvolgimento di ONU e Unione Europea) ma dall’altro un aspetto paradossale , ossia un ‘ritorno’ della rilevanza del territorio (glocalizzazione): questo duplice fenomeno rende lo stato ‘o troppo grande o troppo piccolo: ciò accade perchè in una situazione in cui l’economia è molto più fluida, i territori sono chiamati ad essere molto attivi per attrarre investimenti, per cui il livello locale conta più di quanto facesse negli anni ’60: il fenomeno si riflette anche nella regolazione politica delle migrazioni. In ragione di ciò lo studio della politica è condizionato da come agiscono i gatekeeper, le burocrazie territoriali, i governi locali per orientare in concreto l’applicazione delle politiche. Si afferma una tradizione di studi non più orientata solo verso la definizione delle politiche, ma come in concreto le leggi vengono implementato. Un passaggio del genere è essenziale in Italia, spesso caratterizzato da una legislazione di carattere simbolico che ha bisogno di una elevata quantità di decreti per far si che le leggi vengano concretizzate: si viene a creare un campo di azione in cui differenti attori (non  la gran parte degli immigrati presenti in Italia sono cittadini non comunitari (circa 71%) ; la Sardegna ha la percentuale di immigrati più bassa, l’ Emilia Romagna e la Lombardia la percentuale di immigrati più alta.  l lavoro e ricongiungimento familiare sono i fattori che stanno alla base della presenza di 8 immigrati su 10 in Italia; minoritari sono i fattori quali studio o asilo politico. Crescono molto velocemente il numero di immigrati di seconda generazione e il numero di famiglie miste: questo genera contraddizioni rispetto alla legge sulla cittadinanza italiana. Il dibattito politico e pubblico non corrisponde a quello che è la realtà del paese. POPOLAZIONE ROM I rom hanno subito il più elevato numero di atti di intolleranza nei confronti degli immigrati.  in Italia la presenza è minore rispetto agli altri paesi europei, (0,25% della popolazione): tuttavia l’Italia è l’unico paese ad aver proclamato ‘un’emergenza ROM’ (Governo Berlusconi) ;  più della metà dei ROM sono cittadini italiani, molti dei quali sono rifugiati provenienti dal sanguinoso conflitto dei Balcani degli anni ’90;  in Italia i ROM nomadi sono il 3% del totale, in Europa la percentuale è ancora più bassa;  i campi non sono l’esito di una scelta deliberata degli attori, non sono esiti inevitabili dei processi, altrove non si sono verificati;  anche l’idea che siano estranei al mercato del lavoro è distorta: in Italia il 40% dei ROM ha un’occupazione regolare; >molto spesso per costruire il ‘noi’ necessitiamo di rappresentazioni ultra semplificata e omogenee degli ‘altri’. RIFUGIATI POLITICI Secondo la Convenzione di Ginevra, la definizione del termine ‘rifugiato’ si basa su una condizione individuale: per ottenere lo status di rifugiato politico bisogna dimostrare di correre un pericolo individuale.  Il Nord e Sud America non sono paesi che producono richiedenti asilo in uscita e non ospitano un gran numero di rifugiati;  ci sono parti del mondo caratterizzate sia perché producono rifugiati politici ma anche per ospitare rifugiati politici, come alcune zone dell’Africa e del Medio Oriente (dato meno ovvio, meno scontato nel dibattito pubblico);  in alcuni paesi di Africa e Medioriente c’è una presenza relativa di rifugiati che è equivalente o superiore alla proporzione presente nell’Europa centrale e meridionale;  se lo si parametra in relazione alla ricchezza del paese: la proporzione di rifugiata è più alta in zone più povere del mondo;  contrariamente alla percezione diffusa secondo cui i paesi occidentali e industrializzati ospiterebbero il più alto numero di rifugiati politici, in realtà la maggior parte di loro si sposta tra paesi limitrofi, e in particolare se si guarda la percentuale di rifugiati politici in rapporto alla ricchezza dei paesi, i paesi più poveri sono caratterizzati da una presenza relativamente superiore di rifugiati politici.  Il paese che ospita più rifugiati politici è la Turchia, seguita da Colombia e Pakistan; alcuni paesi ospitano e producono rifugiati politici.  Negli ultimi anni c’è stato un aumento di pressione di richiedenti asilo nel Sud Europa.  Nel 2015-2016, a seguito della crisi siriana, si è verificata una significativa impennata di richiedenti asilo poi, interrotto e rientrato nei trend; anche in quel caso, la gran parte dei richiedenti asilo che proveniva dalla Siria si è spostata verso paesi limitrofi (Iraq, Giordania, Libano e Turchia). L’Italia non ha una legge organica sul fenomeno dell’asilo politico: il sistema di accoglienza è fortemente decentrato a livello territoriale, vede al centro la rete degli enti locali che realizza progetti di ‘accoglienza integrata’ sul territorio: il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) è stato poi rinominato SIPROIMI; le risorse messe a disposizione sono prevalentemente pubbliche. Dei tre sono tre istituiti di protezione, l’Italia era uno dei pochi paesi a presentare tutti e tre: asilo politico (dato su motivazioni comprovate e individuali), protezione umanitaria (data a individui in quanto parte di una determinata collettività, clausola di salvaguardia, non è un riconoscimento definitivo ma transitorio)-poi abolita dal decreto Salvini, anche se mancano i decreti attuativi- e protezione sussidiaria ( intermedia fra le due: data non in caso di persecuzione personale ma di grave rischio di ritorno in patria, anticamera dell’asilo politico, ma ha una durata limitata nel tempo). La percentuale di domande di asilo politico che vengono accolte è intorno al 40%, ma molte riuscivano ad ottenere la protezione sussidiaria dalla durata di 5 anni. Che ci sia stata una crescita esponenziale negli anni recenti è vero, ma i dati sono molto lontani dalla percezione di ‘invasione’: ’Italia rimane uno dei paesi che ha la quota relativa di rifugiati più bassa dell’Unione Europea. Il dibattito pubblico ha restituito un’immagine non corrispondente alla realtà. I tre livelli (locale-statale-sovranazionale) generano contraddizioni: alcune misure politiche rigide assunte a livello statale sono parzialmente disattese a livello locale. Vi è anche un rapporto di contraddizione tra orientamenti politici sovranazionali e il modo in cui vengono percepiti negli stati nazionali (liberalismo incorporato). L’implementazione delle leggi è un pezzo che definisce il contenuto della legge, perché non si limita a recepire la legge in sé, ma la attua in modo più o meno parziale. CONCLUSIONI: Anche nelle recenti crisi, vi è stato si un aumento di domande, ma la quantità prevalente di richiedenti asilo si è spostata prevalentemente nei paesi limitrofi al paese di provenienza. L’Italia è sopravanzata da un numero elevato di paesi dell’Unione Europea per rapporto al numero di rifugiati dell’Unione Europea per rapporto al numero di rifugiati su residenti. Dal 2015 l’Italia è stata interessata da un flusso crescente di richieste di asilo politico superiore alla media dell’Unione Europea, tuttavia paesi come la Germania hanno avuto un tasso di crescita maggiore. DISCRIMINAZIONE, RAZZISMO, MULTICULTURALISMO possiamo utilizzare il concetto di EURISTICA. branca della filosofia della scienza che si occupa di indagare le modalità attraverso cui viene acquisita la conoscenza; molto spesso si fa riferimento a una serie di scorciatoie attraverso cui le persone costruiscono una rappresentazione della realtà, che vengono assunte come vere : le due strategie individuabili sono l’euristica della rappresentatività, in base a cui siamo portati ad attribuire caratteristiche simili ad oggetti simili, e l’euristica della disponibilità attraverso cui stimiamo la probabilità che si verifichi un evento sulla base del carattere emotivo che ha avuto su di noi un evento simile: questi due meccanismi possono produrre pregiudizi (performativi) e discriminazioni, un’azione che produce un fenomeno di esclusione sociale: un insieme di comportamenti che penalizzano un individuo alla luce della sua appartenenza a una nazionalità/ religione. I tre principali tipi sono discriminazione statistica (quando si generalizza un dato non generalizzabile, un processo infondato dal punto di vista statistico; es: episodio di violenza da un immigrato di paese X > tutti gli immigrati del paese X sono violenti) , istituzionale (sancita dalla legge, es non riconoscere titolo di studio di un dato paese), esplicita ( basata su dati oggettivi come il colore della pelle o la provenienza da un determinato paese) sono categorie non esclusive tra loro, i confini sono sfumati. Molto spesso la discriminazione si ricostruisce in alcune dinamiche che prendono parte nei luoghi di lavoro, che può essere anche positiva. Il rapporto tra atteggiamenti e comportamenti non è lineare: non sempre i comportamenti sono coerenti ai nostri atteggiamenti: i più interessanti da analizzare sono i casi caratterizzati da una situazione in cui si predica male ma i comportamenti veri e propri non riproducono le rappresentazioni (rapporti che contraddistinguono immigrati ed autoctoni). La discriminazione sfocia talvolta nel vero e proprio razzismo, che può essere definito come il supporto ideologico della discriminazione. Il razzismo è un’ideologia che stabilisce un sistema di stratificazione tra diversi gruppi umani, secondo criteri aspetto fisico-somatico (testimonianza dell’inferiorità di alcuni gruppi >razzismo biologico tipico dell’800.) Al razzismo biologico si è sostituito il razzismo culturale (o nuovo razzismo, o razzismo differenzialista) che fa riferimento all’idea che ci siano gruppi umani superiori o inferiori in relazione alla cultura di cui sono portatori. È da un lato meno forte del razzismo biologico (che pretendeva di essere oggettivo) e può sembrare meno aggressivo, ma il razzismo biologico si manifestava, era facilmente identificabile; il razzismo culturalista è molto più insidioso manifestandosi meno come tale (chi è razzista non si definisce come tale) posizioni razziste si insinuano nel dibattito pubblico con la pretesa di non essere tali, sono meno esplicite, meno forti, ma proprio per questo più insidiose. Si identificano quattro teorie principali per spiegare l’emersione dei processi razzisti:  Teoria della scelta razionale: studio dei meccanismi che portano ad assumere un comportamento razzista, enfatizzano il fatto che, attualmente più che in passato, venga percepito di trovarsi in una condizione di instabilità e risorse scarse: questo legittimerebbe le politiche che svantaggiano immigrati a favore degli autoctoni, già in una situazione precaria.  Approccio funzionalistico: studia le rappresentazioni che le persone hanno delle diverse culture che portano a pensare che alcune culture siano simili alla nostra, e quindi integrabili, altre no. I lavoratori immigrati spiazzano o rimpiazzano? Sono più disposti a rispondere a processi di mercificazione spinta (es servizi domestici) i lavori nei servizi sono affetti da quella che è definita ‘malattia dei costi’ di Baumol (non si è verificato un aumento di produttività in risposta ad una crescita salariale avvenuta in un altro settore a seguito di un aumento della produttività. In alcune zone del paese (mezzogiorno) sono attivi dei processi di sostituzione della forza lavoro: paradossalmente i lavoratori immigrati producono una concorrenza a ribasso, essendo disponibili a lavorare per salari più bassi, disincentivando l’innovazione dell’attività produttiva; da un lato gli immigrati favoriscono un’alternativa alla delocalizzazione, ma allentano l’innovazione. Nelle zone più dinamiche occupano parti non occupate da lavoratori italiani, dando risposta a bisogni strutturali : non c’è quindi concorrenza, ma complementarietà ; laddove ci sono più immigrati il tasso di disoccupazione è più basso; producono più ricchezza di quanto pesino sulla spesa sociale, producano un’economia dell’alterità , cambiano il profilo economico del paese , perché, le minoranze straniere hanno una predisposizione a diventare imprenditori. E’ un fenomeno interessante perché si richiama ad alcuni contributi dei padri fondatori della sociologia, i quali avevano evidenziato come le minoranze favorissero innovazioni alle società del tempo; il fenomeno è di nuovo caratterizzato da ambivalenze: positivo aumentando economia dell’alterità, ma dall’altro può essere la ‘risposta’ a un sentimento di discriminazione (‘soffitto di cristallo’) Enigma: perché gli immigrati hanno più probabilità dei nativi di diventare imprenditori Le piccole imprese create da lavorati immigrati sono caratterizzate da ritmi molto intensi che non garantisce con elevata probabilità di fallimento ; tuttavia è vero che i lavi mm imprendi hanno un elevato rischio di fallimento, ma sono caratterizzati da un’elevata resilienza , determinati dal fatto di non avere alternative (elevata propensione al rischio) , sono soggetti a pregiudizi ‘virus dell’imprenditorialità’ (‘sarà la sua cultura’) predisposizioni culturali che sono spiegazioni tautologiche. Un’altra spiegazione faceva riferimento all’assenza di progettualità degli immigrati. Tornando alle considerazioni iniziali, i fenomeni sociali complessi sono il frutto di una combinazione di fattori individuali; il caso dell’imprenditorialità italiana è interessante: componenti individuali rilevanti> credenza di tetto di cristallo ,opportunità alternative ristrette; alla dimensione individuale si aggiungono componenti strutturali che fortificano le scelte che riguardano in primo luogo le reti sociali (diffondono informazioni molto omogenee, aiutano a confermare le credenze del singolo individuo, esercitano un potente meccanismo confermativo, diffondono comportamenti omogenei in particolari nicchie del mercato del lavoro) genera una serie di domande a cui possiamo rispondere solo parzialmente in modo empirico : dà luogo a un processo di mobilità sociale o si generano situazioni caratterizzate da uno squilibrio di classe (?)
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