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La Prima Guerra Mondiale: Origini, Conflitti e Connessezze Con l'Islamismo, Appunti di Storia Contemporanea

Storia Moderna EuropeaStoria politicaStoria del Medio OrienteStoria religiosa

La prima guerra mondiale, il suo scoppio, le conseguenze e le implicazioni per l'islamismo. Il testo tratta della reazione europea allo scoppio della guerra, della situazione in Italia e Germania, della guerra civile in Ucraina e della globalizzazione. Inoltre, vengono analizzate le implicazioni della guerra per l'islamismo e la nascita di nuovi stati e conflitti. Il testo conclude con la guerra fredda e la globalizzazione.

Cosa imparerai

  • Come l'islamismo fu influenzato dalla prima guerra mondiale?
  • Come la guerra civile in Ucraina iniziò?
  • Che stati furono creati dopo la prima guerra mondiale?
  • Come la guerra fredda influenzò l'islamismo?
  • Come reagirono l'Italia e la Germania alla prima guerra mondiale?

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 16/01/2022

ave-francesca-ruotolo
ave-francesca-ruotolo 🇮🇹

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Scarica La Prima Guerra Mondiale: Origini, Conflitti e Connessezze Con l'Islamismo e più Appunti in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! CAPITOLO 1: LA PRIMA GUERRA MONDIALE Pochi mesi dopo lo scoppio della grande guerra, l'entusiasmo di parteciparvi svanì e con esso anche la possibilità di una guerra lampo. | francesi attaccarono per primi e furono respinti da una controffensiva tedesca. | tedeschi avevano un loro piano ben studiato dal conte Von Schlieffen (capo di stato maggiore): prevedeva un veloce attacco ad ovest che avrebbe annientato la Francia in 39 giorni per poi rivolgersi ad est con l'invasione del Belgio e una nuova marcia su Parigi. Il Belgio era neutrale perché aveva l'obbligo di non impegnarsi al fianco di una potenza straniera. Il Re Alberto | era deciso a rispettare quel patto e non volle accettare l’aiuto inglese o francese. Il Belgio respinse dunque con coraggio un ultimatum tedesco facendo saltare i ponti attorno a Liegi, i tedeschi però riuscirono ad invadere il territorio e colpirono l'importante centro culturale Lovanio uccidendo i civili. Il cosiddetto stupro di Lovanio colpì molto l'opinione Europea e convinse gli inglesi ad entrare in guerra. | tedeschi sapevano di aver commesso un errore, ma lo giustificarono con la logica della guerra per la sopravvivenza come disse il capo di stato maggiore Von Molkte. Lottare per la sopravvivenza era la motivazione di tutti gli aggressori del 1914. | francesi riuscirono a respingere gli invasori con l’aiuto degli inglesi fino al fiume Marna, questo contrattacco segnò la fine del piano Schlieffen. Sul fronte orientale la situazione della Germania non era delle migliori: i russi avevano occupato parte della Prussia orientale, cuore del reich, i tedeschi dovettero dunque richiamare alcune delle truppe dal fronte occidentale per intervenire contro i russi e li sconfissero in due grandi battaglie, ricordate poi col nome dei Laghi Masuri e Tannenberg. Dopo l'insuccesso di queste rapide manovre, svanì la convinzione di una guerra lampo. Le violenze sui civili che avrebbero poi caratterizzato la seconda guerra mondiale non connotarono la prima. Non mancarono di certo deportazioni e lavoro forzato, ma il dramma della prima guerra mondiale si consumò in trincea (una lunga linea di oltre 2000 km dal Mar Baltico ai confini con la Svizzera), in tutto il territorio europeo venivano scavate buche strette e profonde per nascondere gli uomini e proteggerli dalle truppe nemiche. Il labirinto divenne la metafora della trincea. Le trincee costituirono una barriera fortificata che poteva ricordare il limes romano, ma che in questo caso fronteggiava la barriera nemica posta a poche centinaia di metri. La terra che separava le due trincee diventò uno spazio popolato da cadaveri, i soldati rimasero fortemente traumatizzati da questa esperienza. Nel 1915 anche l’Italia entrò in guerra. Quando era iniziata la guerra, il governo non era presieduto da Giolitti, ma da Salandra, un conservatore che dovette gestire la complicata situazione. Il 2 agosto, appena scoppiate le ostilità, Salandra dichiarò la neutralità. L'Italia era legata agli imperi centrali dalla Triplice Alleanza (durante la guerra infatti vi erano due schieramenti: la Triplice Intesa formata da Francia, Inghilterra e Russia e la Triplice Alleanza formata da Germania, Italia e Austria) e questa costituiva un patto difensivo e, in quel caso, non vincolante perché era stata l'Austria ad attaccare. La maggior parte del Paese era contrario alla guerra: lo erano i cattolici, i socialisti (che lanciarono il motto né aderire né sabotare) ed anche la maggioranza parlamentare, legata a Giolitti, il quale temeva che il Paese non fosse preparato alla guerra e riteneva che l’Italia avrebbe potuto ottenere compensi territoriali all’Austria-Ungheria se fosse rimasta neutrale. Ma in Italia vi erano presenti anche molti che si entusiasmavano all’idea di entrare in guerra: giovani studenti, borghesi e anche molti intellettuali e poeti (Gabriele D'Annunzio e Marinetti). Sul piano politico, invece, coloro che erano a favore dell'intervento dell’Italia in guerra, appartenevano a più correnti: i socialisti vedevano nella guerra un'occasione rivoluzionaria, la destra nazionalistica guardava invece alla guerra come occasione di espansione imperialistica. Fu allora che Benito Mussolini, direttore del quotidiano socialista l’Avanti, dopo aver condotto una campagna per la neutralità, passò all’interventismo. Venne espulso dal partito e decise di fondare un nuovo giornale // popolo d'Italia. Nel frattempo il governo firmò un accordo con le potenze della Triplice Intesa, il Patto di Londra del 26 aprile. Il 20 maggio del 1915, con il solo voto contrario dei socialisti, la Camera votò i pieni poteri al governo e con ciò autorizzò l'ingresso in guerra, la quale venne dichiarata il 23 maggio e, il giorno seguente, le truppe italiane si mossero verso il fronte. L'apertura del nuovo fronte non cambiò il corso della guerra, gli italiani sferrarono quattro sanguinose offensive senza alcun risultato e dunque, anche su questo fronte, ebbe inizio la guerra di trincea. Nel fronte ovest, agli inizi del 1916, i tedeschi attaccarono Verdun, ma i francesi seppero resistere e a giugno ci fu una controffensiva inglese sulla Somme, fu un'inutile strage (come disse Papa Benedetto XV nel 1917). La Prima Guerra Mondiale venne definita la Grande Guerra e fu l'evento fondante del 900 chiudendo per sempre l'800. Fu l’inizio di tutto: non erano mai stati mobilitati eserciti così grandi e così a lungo, le vittime non erano mai state così numerose e anche la produzione di armi raggiunse grandi numeri (l'industria sfornò centinaia di mitragliatrici e cannoni). L'ingresso della tecnologia avanzata nella guerra era già avvenuta in altri casi (guerra civile americana), però in questo caso ci furono molti altri progressi nell'industria delle armi e anche nell'industria chimica. La paura della guerra chimica aveva portato le potenze ad un accordo firmato nel 1899 all'Aia che vietava l'impiego di veleni o armi avvelenate (anche se il 22 aprile del 1915 in Belgio, venne avvistata una nube di gas che precedette l'avanzata dei tedeschi che costrinse i soldati a combattere inutilmente con le maschere antigas). Con la prima guerra mondiale si sperimentò anche la guerra aerea come duello diretto, il più famoso pilota fu il Barone Rosso. soldati: venne prestata più cura alla qualità del rancio, all’abbigliamento e furono approntate le case del soldato che assistevano le truppe. Per difendere lo stato italiano giunsero sul fronte le truppe inglesi e francesi respingendo così gli austriaci sul Piave e sul Monte Grappa. In questo modo si giunse al 24 ottobre del 1918 quando Diaz lanciò l'offensiva finale; le truppe italiane attraversarono il Piave e sfondarono il confine austriaco a Vittorio Veneto costringendo gli austriaci alla resa (Battaglia di Vittorio Veneto). Il 4 novembre 1918, Diaz annunciò che la guerra contro l’Austria era stata vinta. Gli Stati Uniti erano già coinvolti nell'impresa bellica dell'Intesa. Accadde che la Germania propose al Messico un'alleanza anti-americana e quindi gli americani decisero di dichiarare guerra nell'aprile del 1917. La flotta americana era molto potente e grande, però l’esercito era piuttosto piccolo e privo di esperienza bellica, quindi fu introdotta la coscrizione obbligatoria che portò a reclutare circa 5.000.000 di uomini che partirono subito per l'Europa e vi arrivarono senza alcuna perdita. Decisivo fu il fatto che non avessero vissuto sconfitte, né la vita nelle trincee. Nel territorio americano la propaganda fu ancora più intensa che in Europa. A dare una nuova coerenza ideologica al conflitto fu il presidente Wilson il quale era principalmente contro ogni guerra e, poi, rieletto nuovamente nel '17, trasformò quella scelta di pace in una dichiarazione di intervento con lo scopo di raggiungere una pace senza vincitori. Nel gennaio del 1917 fissò i 14 punti per la pace. Dopo l’entrata in guerra degli USA si unirono allo schieramento Panama, Cuba, Grecia etc. L'Impero Ottomano firmò l'armistizio nel 1918, tre giorni dopo gli austriaci cessarono il fuoco sul fronte italiano, Ungheria e Polonia reclamarono l'indipendenza, Serbia, Croazia e Slovenia formarono la lugoslavia, anche il reich tedesco era in disgregazione. Il generale Lundendorff, considerando le proposte di Wilson inaccettabili, si rivolse all'esercito invitandolo a continuare la resistenza, ma fu costretto alle dimissioni. Berlino cadde nelle mani dei rivoluzionari, il Kaiser si vide costretto a nominare cancelliere il socialista Ebert, firmò l’abdicazione e partì per l'esilio, nessuno dei suoi figli volle succedergli: la dinastia degli Hohenzollern usciva di scene e quindi la Germania era virtualmente una Repubblica. CAPITOLO 2: IL COMUNISMO IN RUSSIA Dopo l’abdicazione dello Zar in Russia ci fu un vuoto di potere. A colmare questo vuoto fu Lenin che fu detto /l Mago. La magia non fu tanto nella riuscita immediata del colpo di stato a Pietrogrado, ma nel modo in cui Lenin e i suoi riuscirono a conservare il potere e a rafforzarlo negli anni seguenti. Ci fu una trasformazione profonda che per decenni nel mondo avrebbe sostituito l’immagine dell’'89 come esempio assoluto rivoluzionario assoluto. La Rivoluzione Bolscevica costituì un modello nuovo di rivoluzione proprio del ‘900. Le prime fondamenta di questa trasformazione furono gettate tra il 1918 e il 1921 attraverso una sanguinosa guerra civile. Dopo il colpo di stato di Pietrogrado, i Bolscevichi dovettero conquistare le vaste province dell'Impero. Dopo essersi impadroniti di Mosca, a seguito di vari giorni di lotta, avanzarono di città in città combattendo vere grandi guerre contro ogni tipo di armata (menscevichi, socialrivoluzionari, etc.) e dovettero contrastare anche la guerra mossa ai bolscevichi dalle armate bianche (termine che si riferiva al colore bianco dello Zar, ma in realtà indicava tutti i nemici della rivoluzione bolscevica). Inoltre i bianchi erano, di volta in volta, affiancati da truppe tedesche, britanniche, francesi, americane etc. | bolscevichi quindi dovevano contrattaccare e vincere; ciò si poteva fare solo con un grande progetto nella mente. Essi seppero farlo e dunque costituirono l’armata rossa riorganizzata Trockij. Il regime bolscevico fu caratterizzato da due fattori: 1) fu una dittatura militare e, anche quando la guerra civile fu vinta, conservò sempre lo stile tipico della gerarchia militare (Ia nomina dei dirigenti all'alto e la obbedienza passiva dei sottoposti), 2) una struttura parallela raddoppiava quella statale (il partito che cambiò il nome da socialista a comunista dirigeva, comandava e dominava tutto l'apparato statale e doveva essere monolitico, ovvero avere una sola voce, da allora chiunque tentasse di esprimere opinioni diverse poteva essere accusato di tradimento). A tutto ciò si adeguarono anche le scelte politiche, sociali ed economiche dei bolscevichi; erano stati aboliti titoli e gradi, abolita la secolarizzazione con la laicizzazione della scuola, con il matrimonio civile e il divorzio. Nel grande disordine di quei mesi il potere si andava frammentando (con la nascita, di villaggi, assemblee e comitati di soldati) dando vita a qualcosa che poteva ricordare la democrazia diretta (il mito del radicalismo rivoluzionario). Ma come ben sapevano i teorici dell’800, l'ideale della democrazia diretta, il più delle volte, si traduceva in un crudo autoritarismo. La dispersione del potere alla base richiedeva un forte potere al vertice. Il colpo di stato del 25 ottobre, prima ancora che contro il governo provvisorio, era avvenuto contro i soviet e infatti, da quel momento in poi, tutti gli atti del governo, furono rivolti a togliere tutte le autorità ai soviet. L'obiettivo era dunque quello di bandire ogni forma di democrazia. Giornali e riviste furono proibite, tribunali e professioni legali furono eliminati e la giustizia fu demandata a corti popolari e tribunali rivoluzionari, fu proibito lo sciopero, furono sciolti i sindacati, venne reintrodotta la pena di morte. Ma la richiesta di aver voce da parte di altri partiti, sindacati, etc, riaffiorò ovunque, anche se fu sempre repressa. Uno degli episodi più significativi di questa opposizione fu la rivolta dei marinai e degli operai della base navale di Kronstadt che nel '21 chiesero libere elezioni dei soviet e libertà di parola. Ma Trockij che questa rivoluzione fosse liquidata subito per mano dei militari. Fu creato il famoso servizio segreto chiamato Ceka e un decreto che legittimò l'esecuzione sul posto senza processo di ogni specie di agitatori controrivoluzionari e vennero anche istituiti dei campi in cui essi erano costretti al lavoro forzato. A occidente della Russia (quella fascia di Paesi che la separava dal cuore dell'Europa) si combatté da allora una permanente guerra di posizione. La Rivoluzione Russa non poteva essere considerata marxianamente come un momento ultimo di un processo storico mondiale, ma doveva essere considerata come un esperimento di avanguardia che avveniva in un paese arretrato. Il decreto sulla pace del novembre 1917 era rivolto più ai popoli che ai governi, esso si poneva nella prospettiva di una rivoluzione europea: Lenin mise fine alla diplomazia dei trattati eliminandone la segretezza dato che ne pubblicò il testo. Ovunque in Europa la guerra aveva lasciato delle tensioni sociali molto forti e, in quei posti dove il quadro politico era crollato (come negli imperi centrali, dunque Austria, Ungheria e Germania), l'esempio russo alimentò della rivoluzioni simili: la Germania dal 1917 fu attraversata da una serie continua di scioperi operai, basti pensare all'ammutinamento della base militare di Kiel che diede inizio alla formazione dei consigli operai e, nel gennaio successivo, i comunisti aderenti alla lega di Spartaco insorsero a Berlino dichiarando decaduto il governo di Ebert, in aprile fu proclamata una Repubblica consiliare in Baviera, mentre Amburgo era in mano operaia. Tutte queste rivolte in Europa furono stroncate con la forza. Di fronte agli scioperi del ‘18, i grandi gruppi industriali tedeschi, si erano espressi per la continuazione della guerra, mentre il comando supremo dell'esercito inveiva contro il tradimento del fronte interno inquinato dai rossi. Con l'appoggio del comando supremo, furono organizzati dei gruppi paramilitari, i corpi franchi, che nel '19 soffocarono nel sangue la rivolta di Berlino. Dopo vari episodi, l'ondata rivoluzionaria si ritrasse. Nel 1919 fu fondata una nuova organizzazione; la Terza Internazionale (la Prima era del 1864 e la seconda del 1889) che era comunista/leninista chiamata Cominter che sostenne ovunque la formazione dei partiti comunisti distinti da quelli socialisti, portatori di un progetto rivoluzionario e di stretta osservanza sovietico-russa. Da allora i comunisti dei vari Paesi europei avrebbero anteposto agli interessi del proprio Paese quelli dell'URSS (si trattativa dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche costituitasi nel 1922 dall'unione della Russia con l'Ucraina, la Bielorussia e la Transcaucasica). Nuovi partiti, poi, di ispirazione russa nacquero in tanti altri Paesi come Francia, Germania e Italia (dove ci fu addirittura il cosiddetto Biennio Rosso). Nel 1919, in Italia, il movimento socialista divenne il primo partito, poi tra il 1919e il 1920, una serie di scioperi paralizzò il Paese (i più impressionanti furono quelli nei servizi pubblici e nell'agricoltura dove braccianti e contadini attaccarono la proprietà e paralizzarono la produzione). Il culmine di quest'ondata di lotte riguardò il settore metalmeccanico, grandemente cresciuto durante la guerra, ma ora minacciato dalla riconversione. Alle rivendicazioni sindacali si oppose l’intransigenza stabilizzato e che tutte le risorse umane e materiali della Nazione fossero rivolte allo sviluppo di una forza industriale e militare capace di difendersi dall'attacco capitalistico. All’interno della Russia seguì un'azione politica durissima: la guerra ai contadini riprese spietata, si tornò alla requisizioni forzate tipiche del comunismo di guerra e il partito decise di imporre la costituzione di aziende agricole collettive (Kolchoz = cooperative agricole, Sovchoz = aziende di stato che avevano l'obbligo di consegnare i prodotti al prezzo fissato dallo stato). | contadini dunque risposero a ciò nascondendo le derrate alimentari e macellando il bestiame per non darli allo stato. Stalin finì per convincersi che era in atto uno sciopero di kulaki (contadini indipendenti) e scatenò contro di loro una violenta campagna, dichiarando che sarebbero stati eliminati come classe. Ci furono eliminazioni fisiche e deportazioni nei gulag, dunque le campagne erano ridotte alla fame e così arrivarono le carestie, ma questa volta i villaggi non ricevettero nessun aiuto per volere di Stalin. Alcuni studiosi hanno parlato di carestia artificiale domandandosi se non ci fosse stato un vero e proprio progetto di sterminio a base etnica. Le risorse, a questo punto, furono indirizzate tutte verso lo sviluppo industriale. Il Gosplan fissò gli obiettivi che si dovevano raggiungere settore per settore, dando priorità all'industria pesante e militare. L'URSS in pochi anni diventò una potenza industriale, però tutto ciò porto a peggiorare le condizioni abitative delle città e spesso gli operai decisero di lasciare le fabbriche per tornare ai campi. CAPITOLO 3: IL PRINCIPIO NAZIONALE La questione nazionale non agitava solo le province dell'ex Impero russo. Tensioni simili ci furono anche in tantissimi altri stati di vecchia e nuova formazione, nei domini coloniali. Fu il presidente americano Wilson nel gennaio del 1918 a proporre una linea d'azione per gli anni successivi, ponendo nazionalità, libertà e democrazia come fondamenti per i futuri assetti del mondo. In 14 punti espose le necessità e le cose più importanti per la creazione di una società generale delle nazioni. Venne così creata la Società delle Nazioni con un documento chiamato Covenant che aprì una serie di trattati di pace il 28 giugno del 1919. La Società avrebbe avuto un'assemblea di tutti gli stati membri, sotto la guida di un consiglio formato da 5 membri permanenti (le potenze vincitrici) ed altri 4 a rotazione e avrebbe avuto il compito di giuridificare i rapporti fra gli stati che si impegnavano a ridurre gli armamenti, a difendere l'indipendenza politica e l'integrità territoriale dei Paesi membri, ma anche a sottoporre ogni controversia ad una corte. La debolezza di questa creazione fu dovuta alla mancata adesione di alcune fra le più importanti potenze fra cui gli Stati Uniti, il cui congresso giudicò eccessivo l'impegno europeo del presidente. Ma anche la Russia rivoluzionaria e la Germania sconfitta all’inizio non ne fecero parte, quindi la Società apparve come uno strumento in mano alle potenze vincitrici europee (Gran Bretagna e Francia in primis). Si aggiunga che la società mancava di strumenti operativi sia nei confronti dei propri membri, sia nei confronti di quegli stati che avessero infranto le regole stabilite, i quali al massimo potevano subire sanzioni o essere esclusi dalla società. La regolamentazione dei rapporti fra gli stati nazionali era un obiettivo molto difficile da raggiungere perché in contrasto con i principi degli stati moderni che affermavano la sovranità esclusiva di ciascuno di essi e, quindi, il carattere anarchico del sistema internazionale. Secondo Wilson solo quella regolamentazione avrebbe potuto contrastare il proliferare di stati indipendenti. Nacquero molte nazioni indipendenti, per esempio dallo sfaldamento occidentale dell'Impero russo sorsero Polonia, Finlandia, Lettonia, Estonia etc e anche l'Impero austroungarico fu smembrato. Anche l'Impero ottomano si disgregò. Particolarmente importante fu la sorte di quell'area chiamata mediorientale che si estendeva dalle coste del Mediterraneo fino ai confini dell'Afghanistan e della Persia (chiamata Iran nel 1935), due regni che non avevano subito il dominio coloniale diretto. Quell’area (per molto tempo trascurata sia dalle potenze occidentali e sia dal governo ottomano) era diventata economicamente importante sin dai tempi dell'apertura del canale di Suez, ma lo diventò ancora di più quando negli anni ‘30 vi furono scoperti i giacimenti petroliferi. Anche la Palestina attirava l'interesse degli europei, soprattutto Gerusalemme, città dove vi erano i luoghi sacri delle tre religioni monoteiste. Sin dagli anni ‘80 dell’800 in Palestina c'era stata un’'immigrazione ebraica che le autorità ottomane avevano debolmente contrastato, invece le leggi locali sulla proprietà avevano favorito. A promuovere l'immigrazione aveva contribuito il progetto di un giornalista austriaco (Herzl) che nel 1896 aveva pubblicato uno scritto intitolato lo Stato ebraico e l'anno dopo aveva fondato a Basilea un'organizzazione sionista mondiale. Il termine Sion per la diaspora ebraica rappresentava la terra promessa. Il sionismo quindi era la manifestazione di una laicizzazione della cultura ebraica che la avvicinava alla moderna rivendicazione di una patria territoriale. Inoltre era anche la reazione a una crescente pressione antisemita che stava attraversando l'Europa. Molto probabilmente, in risposta al congresso sionista, fu messo in circolazione un libro pubblicato in Russia nel 1903 Protocolli dei Savi di Sion, in cui si presentava come vero un piano ebraico di dominio del mondo, attraverso il controllo della finanza internazionale e la promozione di guerre e rivoluzioni. Solo più tardi fu dimostrato che i protocolli erano un falso della polizia segreta zarista. Dopo la guerra i protocolli incominciarono a circolare accusando gli ebrei come responsabili di tutti gli avvenimenti che stavano sconvolgendo l’Europa (rivoluzione bolscevica). Molti ebrei, in fuga dal'Europa, emigrarono in Palestina alimentando in questo modo i sentimenti anti-occidentali. Gli inglesi, mentre davano il loro appoggio agli interessi arabi, si atteggiavano anche a protettori degli ebrei. Il ministro degli esteri britannico dichiarò la sua simpatia per le aspirazioni ebraico sionistiche. | trattati di pace disgregarono l’area mediorientale in una serie di stati sottoposti al regime dei mandati. Il mandato ad amministrare, altro non era che una formula istituzionale ambigua per coprire un controllo di tipo coloniale. Il patto della Società delle Nazioni, si occupava delle colonie e dei territori che avevano cessato di essere sotto quegli stati che li governavano precedentemente e che erano abitati da popoli non ancora capaci di reggersi da soli. Ultimo dei trattati parigini, il Trattato Sevres (1920), oltre ad imporre alla sovranità turca alcune limitazioni, riconosceva l'indipendenza del regno di Hijaz (dove si trovavano Mecca e Medina). Dopo una rapida guerra, l’emiro Saud unì a sé le tribù beduine e, nel 1927, raggiunse l’unità della penisola alla quale fu dato il nome, nel 1932, di Arabia Saudita. Per il resto, il Trattato di Sevres, attuava gli accordi a cui si era giunti nel *17 spartendo la regione tra Francia e Gran Bretagna. Seguendo i loro modelli costituzionali gli inglesi istaurarono delle repubbliche, i francesi delle monarchie. Il modo in cui erano stati creati i nuovi stati e il fatto che, contrariamente ai principi di Wilson, le popolazioni non fossero chiamate a manifestare i loro orientamenti, portò ad una certa insicurezza. Infatti, nacquero continuamente programmi panarabi, nei quali si riprendeva il progetto di creare un solo grande stato arabo. I nuovi piccoli stati nati con lo scopo di far coincidere frontiere statali con confini linguistici erano tutt'altro che nazionalmente puri come avrebbero dovuto essere. Nel ‘900 l'estensione del principio nazionale portò alla nascita di nuovi conflitti: la distruzione di antiche comunità e anche il trasferimento di intere popolazioni che negli stati nazionali divennero delle minoranze destinate alla discriminazione. In questo caso antichi conflitti potevano assumere il carattere di rivendicazioni territoriali, come nel caso dell'Irlanda meridionale che da tempo reclamava l'indipendenza. Già nel 1916 l’IRA, ala armata del movimento indipendentista, aveva tentato un'insurrezione. Alle elezioni politiche del 1918, in Irlanda, trionfò il Sinn féin, nome gaelico di diversi movimenti nazionalisti, indipendentisti e repubblicani. Il Sinn féin conquistò la maggioranza dei seggi irlandesi. Gli eletti non occuparono però i seggi a Westminster ritenendo illegale l’Act of Union del 1801 che aveva abolito il loro antico parlamento e fondarono un nuovo parlamento irlandese, giurando fedeltà alla nuova repubblica irlandese sotto la guida di De Valera. A questo punto gli inglesi cominciarono a trattare e nel 1921 fu approvato un Government of Ireland Act che istituì 2 parlamenti (ma non ancora due stati): uno per la parte meridionale (cattolica e indipendentista), l’altro per la parte settentrionale (di cui protestanti e unionisti erano la maggioranza). Il governo di Londra era disposto a concedere agli irlandesi massima autonomia, ma nona riconoscere la piena sovranità di una nazione indipendente. Il Trattato anglo- irlandese, sottoscritto nel 1921 da Lloyd George e De Valera, conferiva allo stato libero di Irlanda lo status di dominion (termine per indicare le colonie britanniche indipendenti, ma legate alla corona). Lo stato irlandese andò sempre più rafforzandosi e, nel 1937, fu approvata una nuova costituzione che sanciva la nascita di uno stato sovrano, indipendente e democratico che in gaelico era lanciò varie campagne di non cooperazione con gli inglesi con l’obiettivo di raggiungere l'indipendenza di un'unica grande India senza immaginare un destino diverso per induisti e musulmani, né una divisione territoriale, ma le cose andarono diversamente. Nel 1933 un intellettuale che studiava a Cambridge, Jinnah, partorì l'idea di Pakistan, nazione formata dalle regioni indiane a maggioranza musulmana. Questa idea si diffouse fino a sfociare in una guerra sanguinosa (metafora del fiume). CAPITOLO 4: DEMOCRAZIA E ANTIDEMOCRAZIA | casi di URSS, Turchia, Irlanda e India ci aiutano a capire come, in molte realtà multietniche, il principio nazionale potesse generare conflitti religiosi, deportazioni etc. Ma oltre a questi conflitti c'erano altri motivi di grave tensione nel mondo uscito dalla guerra. Il Trattato di Versailles del 1919 fu durissimo e causò grande instabilità in Germania (che la Francia voleva drasticamente far ridimensionare). Lord Keynes, membro della delegazione inglese, definì il trattato di pace come pace cartaginese (ingiusta e umiliante). Il trattato era animato da uno spirito di punizione, quasi di vendetta, dei vincitori europei nei confronti della potenza imperiale tedesca e dei suoi principi avvertiti come estranei all'Europa liberale. La Germania fu obbligata a riconoscere che essa e i suoi alleati erano i responsabili del conflitto, di tutte le perdite e danni subiti, fu anche obbligata a ripararli e si richiese di perseguire giudiziariamente come criminali di guerra i responsabili, compreso il kaiser. La Germania inoltre dovette pagare un indennizzo di guerra, cedere l’Alsazia e la Lorena alla Francia, alcune province prussiane andarono alla Polonia, le fu imposto di mantenere un esercito ed una marina di dimensioni ridotte e di abolire la leva. Questa riorganizzazione dei territori animata da idealismo pacifista e nazionalitario finì col generare nuovi conflitti. Con la fine della guerra furono rinnovati gli assetti politici e costituzionali. Riprendendo i modelli politici ottocenteschi, i nuovi stati innanzitutto si diedero delle costituzioni e inoltre si dichiararono repubbliche: se prima della guerra in Europa c'erano tre repubbliche ora ce n'erano tredici. Queste non potevano essere altro che democrazie. Con la scomparsa delle autocrazie e degli imperi sembrava che fosse definitivamente cancellato quello che dell’Antico Regime era sopravvissuto nell'800 e che finalmente si fosse instaurato il governo del popolo (esempio: l'articolo 1 della costituzione tedesca sanciva che il Reich tedesco fosse una repubblica e che il potere statale derivasse dal popolo). Fu adottato il suffragio universale maschile e femminile, il potere venne concentrato nelle assemblee legislative e si puntò sulla dimensione nazionale unitaria, più che sull’autogoverno locale. Un aspetto molto importante delle nuove democrazie era rappresentato dal loro impegno per il sociale, infatti vi era la convinzione che si sarebbero potute affermare democrazie e libertà politiche solo se si fossero messe le persone nelle condizioni di potersene servire. Quindi, in poche parole, le libertà politiche, per essere tali, richiedevano un minimo di giustizia sociale. Dunque i diritti fondamentali dovevano essere completati dai cosiddetti diritti sociali. Le repubbliche si sarebbero allora impegnate, oltre a proteggere il lavoro, ad assicurare a tutti gli individui un'esistenza degna. Questi sistemi, che ampliavano le libertà ottocentesche, rappresentarono uno stadio avanzato della democrazia parlamentare. Proprio dove si verificò questa rinnovazione costituzionale (Germania, Spagna, Italia, area balcanica), però, i principi liberali o democratici non erano presenti nella cultura del paese e, quindi, erano maggiori i rischi che derivavano dal cambiamento. Soprattutto perché queste innovazioni non erano supportate da trasformazioni economiche e sociali coerenti con quei principi (il predominio della grande proprietà fondiaria non era stato intaccato e i poteri dei gruppi industriali e finanziari erano usciti dalla guerra ancora più forti). Si disse che quelle democrazie nate dopo la guerra erano democrazie senza democratici, dove le forze sociali (sia di destra che di sinistra) volevano sfruttare a loro vantaggio gli ordinamenti democratici, ma della democrazia non condividevano i valori (come avvenne in Germania dove gli agrari e gli industriali non condividevano la svolta democratica). L'instabilità di questi governi e la loro breve durata finirono per sfociare nella dittatura. Così avvenne in Germania, Italia e Spagna. Weimar era una città tranquilla che sorgeva a sud ovest di Lipsia e della Turingia, lontano dunque da Berlino, epicentro delle tensione rivoluzionarie, e dalla Prussia che aveva dominato il secondo Reich. Il carattere appartato e protetto della città di Weimar può essere considerato un simbolo della nuova costituzione, ispirata da grandi ideali e studiata dai migliori giuristi. Gli anni che andarono dal 1919 all'avvento di Hitler (1933), sono detti la Germania di Weimar. Con la costituzione di Weimar si volle dar vita ad una democrazia nazionale, con un'impronta federalista, pacifista e sociale. | vari stati tedeschi diventarono dei Lander (regioni) dotati di ampie autonomie. La costituzione mantenne un carattere federale con una camera nazionale (Reichstag) e una degli stati (Bundesrat). Su proposta di uno dei maggiori studiosi del tempo (Max Weber) fu scelto di far eleggere il presidente direttamente dal popolo. Egli aveva grandi poteri: poteva sciogliere il parlamento e intervenire con le armi qualora un Land non rispettasse la legge, oppure se la sicurezza pubblica fosse messa in pericolo. In questo caso si poteva anche sospendere alcuni diritti fondamentali stabiliti dalla costituzione. La costituzione di Weimar poggiava su un equilibrio dato da un compromesso di poteri tra il presidente, il Reichstag e i Lander, mentre scarso rilievo era dato ai partiti. Dopo la repressione delle insurrezioni operaie a Berlino e in Baviera si riaccesero nuovi fermenti in diverse città e soprattutto si accentuò la polarizzazione elettorale delle forze politiche con un'estrema destra e un'estrema sinistra nemiche della repubblica, la quale per la destra era frutto della resa e del tradimento, e per la sinistra era frutto del capitalismo liberale di tipo anglosassone. Proprio durante i lavori dell'assemblea costituente si svolse la Conferenza di Versailles e le dure condizioni imposte alla Germania e la severità delle parole usate dal primo ministro francese e dal presidente sui crimini tedeschi accesero l'opinione pubblica. Il Reichstag e il governo Ebert furono costretti a sottoscrivere il Trattato e quindi ciò contribuì a diffondere l'idea che la repubblica fosse frutto del tradimento e della sconfitta. Gli ebrei iniziarono ad essere accusati di aver cospirato contro il popolo tedesco, i nemici chiamavano la repubblica Juden Republic, crebbe la propaganda antisemita e antibolscevica e circolarono i Protocolli dei savi di Sion che attribuivano agli ebrei la responsabilità del conflitto. Questa situazione di instabilità permise alla destra di prendere il potere a Berlino e di instaurare la dittatura militare, ma il putsch fu represso con le armi. La situazione interna precipitava sempre di più, a ciò si aggiunse anche una delle più grandi inflazioni che l'economia capitalistica avesse mai conosciuto. A rendere ancora più complicata questa crisi finanziaria vi era anche l’insostenibile costo delle riparazioni di guerra dettate a Versailles. Il governo tedesco a questo punto decise di sospendere i pagamenti e, per risposta, la Francia assunse il controllo diretto del distretto carbonifero del Ruhr. La truppe franco- belga l'11 gennaio del 1923 attraversarono il confine e si aprì così la cosiddetta guerra del Ruhr. Nello stesso periodo aumentarono le rivendicazioni di indipendenza dei singoli stati che volevano separarsi da Berlino. In questa situazione, mentre a Weimar si cercava il modo di uscire dalla pesante inflazione, a Monaco gruppi di destra prepararono un nuovo colpo di stato per conquistare il potere in Baviera e da lì marciare su Berlino, ma questo complotto venne presto domato. La repubblica, quindi, ebbe la meglio anche sulla rivoluzione della destra e, attraverso una serie di operazioni, tra cui il cambio di moneta, mise fine anche all’inflazione. Ad organizzare il fallito Putsch di Monaco c'era un uomo di 34 anni, Adolf Hitler. Nato nella provincia austriaca egli era entrato a far parte di un piccolo partito nazionale dei lavoratori tedeschi, ma tormentato dall'idea di potere, nel 1920, fondò il programma di un nuovo partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (NSDAP), ossia nazista. Arrestato durante il fallito colpo di stato di Monaco, Hitler trascorse la sua reclusione stendendo un volume autocelebrativo il Mein Kampf (la mia lotta) che era un misto fra una biografia, una riflessione ideologica e un manuale di agitazione. Attraverso un antisemitismo ossessivo e un'’illimitata volontà di potenza e di riscatto personale, quello di Hitler più che un programma era una visione che delineava uno spazio vitale necessario al Volk germanico per continuare ad affermare la propria purezza razziale eliminando gli elementi antinazionali come i bolscevichi e gli ebrei. Quando uscì di prigione, Hitler, legali. In realtà sappiamo che le procedure erano state rispettate solo formalmente e che l’incarico era avvenuto sotto la pressione armata della piazza. Ma il segno del fascismo consisteva proprio in questo doppio registro: una piazza che mostrava di potersi imporre quando voleva e un capo che si faceva accettare dalle classi dirigenti proprio perché capace di contenere quella massa e di evitare il peggio. Mussolini dunque ottenne i pieni poteri dalla maggioranza parlamentare e dall’opinione pubblica e, con l’idea di un governo forte e autoritario, avrebbe potuto ripristinare l'ordine nel Paese. Così non fu e il fascismo finì col sotterrare il regime liberale. Un passaggio decisivo fu la riforma elettorale del ‘23 nota come legge Acerbo, per la quale una lista nazionale che avesse guadagnato anche solo 1/4 dei voti avrebbe ottenuto 2/3 dei seggi. Nel 1924 si svolsero le elezioni sotto il controllo di una milizia paramilitare di partito, ovviamente trionfò il fascismo. Nello stesso anno, il deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva denunciato alla camera i brogli e le intimidazioni avvenute in queste elezioni, fu rapito e ucciso. L'impressione fu enorme, il governo perse molti consensi e i partiti di opposizione abbandonarono il parlamento in segno di protesta. Il loro fu detto ritiro sull’Aventino che ricordava l'opposizione della plebe romana allo stato nobiliare e il suo ritiro sul Monte Aventino. La mancanza di alternative concrete permisero a Mussolini di riprendere in mano la situazione, dunque ormai la via era libera per un'azione profonda sui fondamenti delle istituzioni liberaldemocratiche: le libertà e i diritti, la divisione dei poteri, etc. Seguì un'altra legge elettorale del ‘28 che creava un collegio unico nazionale e un'unica lista di deputati che l'elettore poteva solo approvare o respingere. Nel 1939 fu abolita la Camera dei deputati e venne creata la Camera dei fasci. Ampi poteri legislativi furono delegati al capo governo, primo ministro e segretario di stato, come fu denominato Mussolini, il quale concentrò nelle sue mani ben 8 ministeri. Per smembrare lo statuto liberale, giunse anche l'eliminazione dell’elettività delle cariche e la formazione di un tribunale speciale per la sicurezza dello stato che operava secondo le norme del codice penale militare senza quindi consentire appello e venne introdotta nuovamente la pena di morte. Nel 1928 fu istituzionalizzato il Gran consiglio del fascismo, un organo non previsto dallo statuto che rispettava le direttive del duce e segnalava la fusione tra stato e partito (ovviamente l’unico partito ammesso era il partito nazional fascista). Ad evidenziare ancora di più questa fusione fu l'adozione del Fascio littorio come simbolo dello stato. Il fascismo, secondo i suoi teorici, si definì totalitario (il maggior ideologo del fascismo fu Giovanni Gentile), ma questa pretesa ebbe molti limiti: innanzitutto lo statuto del 1848, benché svuotato di contenuto, non fu mai completamente abbandonato, come non fu abolita la monarchia, quindi il re Vittorio Emanuele III continuò ad essere capo dello stato e dunque ci fu una specie di diarchia. Essa fu sottolineata quando, con la proclamazione dell’Africa orientale italiana, sia il re che il duce furono nominati primo maresciallo dell’impero. Il secolare conflitto fra stato e chiesa venne risolto con i Patti lateranensi del 1929, con questi veniva formalmente costituito lo Stato della Città del Vaticano: un soggetto indipendente di diritto internazionale con un’ampia autonomia. La religione cattolica romana diventò la religione ufficiale di stato. Mussolini riuscì a sanare quindi la frattura storica tra stato italiano unitario e chiesa cattolica. Tuttavia però il fascismo era una politica integrale che non tanto si discostava dai tratti di una religione, sia nei suoi programmi politici, sia nei suoi riti e, di conseguenza, appariva spesso in contrasto con la chiesa, infatti il regime plasmò il partito sul modello di un ordine militare religioso consacrato al mito di Mussolini. Tanto che fu decretato che ogni Casa del fascio dovesse avere una torre littoria dotata di campane da suonare in occasione dei riti del regime. Questa sacralizzazione del regime andava a cozzare con il rispetto della religione dei padri e della sua Chiesa millenaria stabilito dagli accordi lateranensi e, dunque, tutto ciò generava forti tensioni con le gerarchie ecclesiastiche che non si opposero mai al regime visto il giovamento ottenuto con il compromesso. Con questi caratteri, il fascismo italiano fu un modello di riferimento per altri movimenti simili in Europa; lo stesso Hitler ebbe presente Mussolini nella formulazione della sua dottrina. Molto vicino al fascismo italiano fu il regime instaurato in Spagna da Francisco Franco e anche quello greco. Influenze del fascismo si trovarono anche fuori dall'Europa come Peron in Argentina. Gli Stati Uniti erano stati determinanti nelle sorti della guerra mondiale, ma non avevano investito le stesse energie umane che avevano dissanguato gli europei. Di conseguenza, al termine del conflitto, essi non dovettero ricostruire la loro struttura produttiva, quindi le loro risorse potevano dirigersi verso nuovi investimenti e innovazioni. Gli europei si coprirono di debiti con gli USA e per saldarli dovettero lavorare per generazioni. Dunque il centro dell'economia mondiale si era spostato attraversando l’atlantico. L'America vittoriosa ritrovò il suo spirito isolazionista e voltò le spalle al democratico Wilson e ai suoi impegni europei, infatti gli USA, nel 1920, non sancirono né il Trattato di Versailles né l'adesione alla Società delle nazioni. Scaduto il mandato di Wilson, vinsero i repubblicani e seguì una fase caratterizzata dal protezionismo industriale, da restrizioni sull'immigrazione e discriminazioni verso le minoranze e verso i movimenti operai. A questo periodo appartengono sia la rinascita del Ku Klux Klan e anche la condanna a morte dei due anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, colpevoli di essere italiani anarchici prima ancora che dell'omicidio di cui erano imputati. Sempre in questo periodo entrò in vigore il proibizionismo che vietava la fabbricazione e la vendita di alcolici (industria clandestina). Questa chiusura, di fronte alle minacce esterne e verso i pericoli interni, contribuì ad alimentare l'euforia che caratterizzò i ruggenti anni ’20. Alla base di questa euforia vi fu una grande crescita economica e la formazione di una società dei consumi, inoltre la produzione aumentò grazie a nuovi metodi di organizzazione del lavoro come il taylorismo che prevedeva la suddivisione delle singole operazioni di lavoro in una serie di gesti predeterminati semplificando in questo modo l’intero ciclo produttivo. Profeta del taylorismo fu l'industriale delle automobili Henry Ford che aveva lanciato il modello T, l'automobile per tutti, non più un bene di lusso per pochi. Se Taylor aveva studiato come ottimizzare la produttività del lavoro, con Ford l'alta produttività, con tutta la sua carica di alienazione e dispotismo, divenne l’unico modo possibile di produrre. Potremmo dunque dire che con il fordismo si compiva quell’ideale della fabbrica industriale come universo totalizzante e disumanizzante che era stato già delineato all'origine della rivoluzione industriale. Il fordismo e il taylorismo erano sistemi autoritari che non permettevano la formazione di sindacati dentro le fabbriche (entrambi furono apprezzati dalla Germania nazista), ma comunque offrivano assistenza sanitaria, abitazioni e alti salari ai lavoratori. All’interno della cosiddetta Società dei consumi iniziarono a diffondersi anche macchine di uso quotidiano e la qualità della vita migliorò. Tutto ciò fu sostenuto da una politica basata sul /Jaissez faire, fiducioso nelle iniziative dei singoli. Il governo favorì questa tendenza alzando le barriere doganali contro le importazioni, favorendo le fusioni aziendali e riducendo le imposte. Nacquero così le grandi corporations (Ford, Chrysler, etc.), giganti economici con un volume d'affari pari o superiore a molte nazioni europee. La cose cambiarono nell'estate del 1929 quando vi fu un rallentamento dell'economia dovuto probabilmente ad una sovrapproduzione di beni. Gli anni 20 furono anche il momento di grandi investimenti nella borsa e nel mondo finanziario, le cui prospettive di facile guadagno allettavano molti imprenditori, i quali diedero vita ad una serie di acquisti e vendite. Nell'ottobre del ‘29, alla borsa di New York, i prezzi iniziarono a calare e molti decisero di vendere, ma nessuno comprava. Si verificò quindi una crisi di deflazione. Con il crollo del commercio, l'economia ristagnò e quindi si sfociò nella disoccupazione e povertà diffusa. Con la crisi, gli Stati Uniti, rallentarono i flussi di aiuti e i capitali americani investiti in Europa furono ritirati, cosicché la crisi arrivo anche in suolo europeo. Nel maggio del '31 il fallimento del Credit Anstalt, il grande istituto viennese, fu il segnale di un crollo generale che raggiunse anche la Germania. Nel campo dell'economia, la teoria classica affidava la regolamentazione degli scambi internazionali all'’autoregolamentazione dei mercati e al gold standard che stabiliva i prezzi in base al valore dell’oro. Ma, se prima della guerra, il mercato si poggiava su Londra e la sterlina, come era stato per tutto l’'800, ora non era più così. La Gran Bretagna aveva abbandonato il ruolo di guida mondiale scegliendo di gestire il Commonwealth e di amministrare liberamente la sterlina. Essa aveva lasciato in gran parte agli Stati Uniti la responsabilità di fornire al mondo un programma, ma essi non erano stati capaci di assumere quel compito. Uno degli elementi che emerse nella crisi del 1929 riguardava proprio il passaggio da un sistema basato su Londra e sulla sterlina legata all'oro, a un altro sistema che si sarebbe affermato attorno a New York e Washington e al dollaro. Germania il Partito rimase del tutto indipendente e in una posizione dominante rispetto all’amministrazione pubblica. Elementi comuni sia al bolscevismo che al nazismo furono l’arbitrio, la violenza di massa, lo sterminio di interi gruppi sociali, la lotta alle chiese e la pretesa di costruire un ordine nuovo che seppellisse per sempre il regime borghese. Quindi c'erano tutti gli elementi per far rientrare tutti e due i regimi nel concetto di totalitarismo innescato dal fascismo. Questo concetto rinviava a quei fenomeni di coinvolgimento totale degli individui e della società nei processi di trasformazione e rinnovamento (Rivoluzione Francese). Si può parlare di totalitarismo solamente per Il XX secolo, quando nuove tecniche di intervento di massa permettevano il coinvolgimento totale dell'intera società non consentendo nessuna resistenza. Nelle situazioni di disordine economico e politico che si verificarono in varie nazioni, sorse una specie di bisogno di totalitarismo per riportare l'ordine. Altri regimi, come quello spagnolo di Francisco Franco, non potevano essere definiti totalitari perché ebbero piuttosto un progetto più autoritario e tirannico che aveva lo scopo di conservare le gerarchie sociali del passato, appoggiandosi ad istituzioni come ad esempio la Chiesa, invece il totalitarismo non tollerava concorrenti nel campo dei principi e dei valori. Sciolti i partiti, il Partito nazista fu dichiarato unico partito legale, ma per evitare che costituisse un potere a sé, ne furono scoraggiate le adesioni. All’interno del partito, però, vi erano diverse fratture come quella sollevata dalle SA guidate da Rohm che volevano che il partito tornasse all’originario spirito socialista e anticapitlaistico e, quindi, erano ostili alle grandi potenze industriali e finanziarie e all'esercito. Hitler, però, proprio a queste si appoggiava di più, con l'intento di assorbirle nel regime facendogli mantenere un’ampia libertà di azione (sempre però subordinata al regime). Linea seguita anche da Mussolini, ma non dal'Unione Sovietica dove esistevano burocrazie di partito, ma non centri di poteri militari o finanziari. Nella rivalità che in Germania opponeva le SA e i grandi centri di potere, si inserì anche il corpo di guardia personale di Hitler; le SS (milizie di sicurezza) comandate da Himmler e Heydrich che giunsero a controllare anche la polizia politica e i servizi di sicurezza del partito. Nella notte del 30 giugno 1934, la notte dei lunghi coltelli, per iniziativa diretta di Goring e Himmler a Berlino e di Hitler e Goebbels a Monaco, Rohm e i suoi furono massacrati. Così il controllo della vita del paese, l'esercizio della violenza e la gestione dei campi di concentramento diventarono prerogativa delle SS. Il potere senza limiti dei membri delle SS derivava da Hitler perché sottratti alla giurisdizione ordinaria. Dopo anni di disordine, i tedeschi, ammutoliti dall’incubo della Gestapo, poterono iniziare a condurre una vita normale e videro stabilizzarsi l'economia e moltiplicarsi i posti di lavoro. Il nazismo non aveva una particolare dottrina economica, ma anche questa aveva lo scopo di costruire la potenza del Volk. Un primo piano quinquennale consistette nell'obiettivo indicato dal Fùhrer: raggiungere in breve tempo il primato militare mondiale. Sotto la guida di tecnici un Neuer Plan, che poi fu chiamato New Deal tedesco, riuscì a raggiungere quasi il pieno impiego e fece crescere la produzione industriale che torno ai livelli degli anni prima del ‘29. Nella Germania hitleriana il Volk era un'entità mitica a base razziale fondata sul principio di sangue e territorio, un territorio considerato un Lebensraum (spazio vitale). Definire il Volk come popolo ariano consentiva di distinguerlo da altri popoli, esaltandone le virtù e dichiarandone la superiorità. Il Volk tedesco doveva essere difeso e mantenuto puro. Intolleranze e razzismo erano già presenti nell’800, ma una nuova pagina di storia si aprì quando intolleranza e distinzioni divennero violenza di stato. Per il Mein Kampf, Hitler aveva avuto come riferimento il vasto repertorio dell’antisemitismo ottocentesco e le tante varianti del pensiero di Darwin per le distinzioni razziali. Nel 1935 il Reichstag votò tre leggi: sulla bandiera del Reich, sulla Cittadinanza e per la protezione del sangue e dell'onore tedesco. Alla nazione tedesca apparteneva solo chi era di sangue tedesco; era il concetto di rovesciamento di cittadinanza che diventava un criterio selettivo, non più universale. Dell’espulsione degli ebrei dalla cittadinanza si occupava la legge che negava ai tedeschi non puri la cittadinanza, mentre la terza legge vietava i matrimoni misti e le relazioni di fatto. Da questo momento in poi nacque una serie di disposizioni che gradualmente cacciarono gli ebrei dalla vita civile della Germania, impedendogli di esercitare ogni professione, di frequentare scuole, etc. Il culmine di questi decreti si ebbe nel 1941 con l'imposizione agli ebrei di portare sugli abiti un segno distintivo, la Stella di Davide. Intanto vi erano state anche ondate di soprusi e violenze di ogni sorta, come ad esempio, la Notte dei Cristalli (chiamata così per il numero di vetrine mandate in frantumi in Austria e in Germania) dell’11 dicembre 1938 quando un'ondata di crimini e omicidi nei confronti della comunità ebraica sconvolse le città tedesche. Gli ebrei sopravvissuti erano diretti nei campi di concentramento. La persecuzione verso gli ebrei aveva carattere razziale e non religioso. Il rapporto del regime con la chiesa fu mutevole. Secondo Rosenberg (ideologo del razzismo) il nazismo combatteva l'eterna lotta fra la razza nordica e la razza semitica e dunque doveva rivolgersi non solo contro gli ebrei, ma anche contro le altre confessioni cristiane incompatibili con il nazionalsocialismo. Hitler, però, non sposò mai a pieno le tesi di Rosenberg e si dichiarava favorevole a un cristianesimo positivo. Per quanto riguarda la Chiesa Cattolica, l'iniziale avversione al programma nazista andò via via affievolendosi. Hitler nel 1933 firmò un concordato con Pio XI, con il quale la Chiesa Cattolica otteneva alcuni privilegi soprattutto nel campo dell'educazione. Il prezzo da pagare, però, era stata la cancellazione dello Zentrum e quindi la perdita di ogni loro attività politica. Ma la chiesa faceva difficoltà ad accettare l'atteggiamento razzista del regime e questo, non tanto per simpatia verso gli ebrei, quanto più per la tensione dei cattolici verso i più deboli. Con l’inasprirsi delle persecuzioni e dopo la Notte dei Lunghi Coltelli, nel 1937 il pontefice emanò un’enciclica redatta appositamente in tedesco, Con ardente persecuzione, in cui esprimeva una condanna per l’idolatria pagana e per il razzismo. Le SS ebbero l'ordine di sequestrare tutte le copie dell’enciclica, ma era ormai di dominio pubblico. Il regime rispose con l’arresto di pastori e sacerdoti. L'idea di ripulire e di purificare la società da elementi ostili aveva accompagnato tutta la lotta per il potere in Russia. Nel 1936 fu varata una nuova costituzione, Stalin dichiarò che il comunismo era stato costruito e, per proteggerlo, andavano eliminati tutti i possibili ostacoli e nemici interni. Tra il 1936 e il 1938 si svolsero a Mosca una serie di grandi processi rituali che eliminarono la classe dirigente nata dalla rivoluzione bolscevica (l'assassinio di un dirigente comunista fu l'occasione per imputare di tradimento l’intera dirigenza bolscevica). Questi processi adottavano una procedura penale classica: esisteva un tribunale, dei capi d'accusa e la sentenza. Il fulcro dell'intera procedura era nella confessione dell'imputato che si dichiarava colpevole di tutto. Prove, confessioni e persino la sentenza finale erano preparate in anticipo. Sotto queste forme si svolgeva una rappresentazione scenica che ricordava l’inquisizione romana. L'importante era che l'imputato apparisse sincero nell’addossarsi la responsabilità. Anche in questo campo è importante notare che l'URSS, a differenza della Germania, si era sempre dotata di costituzioni democratiche occidentali, però, quella del 1936 venne varata nel momento in cui si fecero più intense le stragi e la violenza del totalitarismo. In sostanza la civiltà giuridica che in Germania era negata, in Unione Sovietica era confermata, ma svuotata di ogni contenuto reale. Si volle instaurare una sorta di religione civile in cui tutte queste pratiche assumevano il carattere di riti sacri. Stalin fece imbalsamare il corpo di Lenin per esporlo in un mausoleo sulla Piazza del Cremlino per l'immortalità della memoria. Stalin fu dichiarato teorico del leninismo e venerato come padre del popolo russo, come un nuovo zar e il suo pensiero ne faceva l'erede di Marx, Engels e Lenin. Dopo i processi, un fiume di persone scomparve nei Gulag. Il confronto fra i Gulag e i Lager tedeschi era inevitabile. Il primo non aveva finalità di sterminio, aveva solo la funzione di alimentare la grande crescita produttiva imposta dai piani quinquennali con il lavoro forzato, esso aveva una finalità economica che i lager non ebbero mai. Tuttavia le condizioni disumane in cui vivevano nei Gulag e la mortalità che ne derivava, fecero ugualmente parlare di sterminio internazionale. La Germania intendeva eliminare dalla sua razza ariana ogni elemento non puro identificato negli ebrei, invece lo sterminio sovietico colpiva categorie sociali come i kulaki. | provvedimenti presi dai diversi Paesi per far fronte alla crisi economica e finanziaria, variarono in relazione alle diverse condizioni economiche e politiche, ma ebbero alcuni tratti comuni. La sfiducia verso l'’autoregolamentazione del mercato aumentò e ci si diresse sempre di più verso l'intervento pubblico nell'economia. L'economia doveva essere governata. Nell’occidente capitalistico si andava facendo strada l'ipotesi che dovessero essere incoraggiati gli accordi tra i maggiori Dopo la prima guerra mondiale e dopo la crisi del '29, si accese fra gli animi un sentimento che andava contro la corruzione della modernità e quindi si rafforzò il populismo che richiamò ai valori puri (vicinanza dell’uomo con natura). Da questa tendenza rurale e naturalista che ci fu negli anni '30 nacquero una serie di politiche di sviluppo che portarono a grandi opere come bonifiche (paludi pontine in Italia), costruzione di autostrade, etc. Fu condiviso anche l'appello ai valori della famiglia dilaniata dalla guerra. | regimi degli anni ‘30 adottarono tutti misure di sostegno per la famiglia che implicavano il rafforzamento di una forte asimmetria di genere (la prevalenza dell’uomo sulla donna la quale era relegata alla sfera familiare). Furono varate anche leggi a favore dei lavoratori, dell’infanzia, della gioventù e della famiglia. Infatti i regimi autoritari tendevano ad allargare i benefici proprio per disciplinare e controllare la società. Quest'opera di educazione della popolazione non aveva solo lo scopo di controllo politico e inquadramento militare, ma aveva forti riferimenti alla cultura salutista nel culto dei corpi sani e vigorosi. |VEDI LIBRO PER ALTRI 2 PARAGRAFI| I regimi tedesco e sovietico avevano la stessa avversione per i fondamenti della democrazia, ma non erano alleati, anzi, erano acerrimi nemici, tuttavia per motivi economici e geopolitici stabilirono vari accordi fino a stringere un'alleanza militare. | governi europei non fascisti, in prevalenza democratici come gli USA, consideravano il comunismo sovietico la maggiore delle minacce e il fascismo il più forte degli antidoti, non nascondendo dunque la loro simpatia verso il regime. L'opinione intellettuale, invece, era avversa al nazifascismo (regime anti-culturale per eccellenza che aveva persino organizzato pubblici roghi di libri antinazionali, ovvero tutta la migliore cultura tedesca). Da questa avversione nacque una categoria apposita: l’antifascismo che considerava il fascismo la più grave delle minacce e il comunismo la più forte delle difese. Da tutte queste tensioni era normale che riprendesse la guerra mai risolta del 1918. Ed è quanto avvenne fra il 1936 e il 1938 prima con l'aggressione italiana all’Etiopia, poi la guerra civile in Spagna e l'invasione giapponese della Cina. CAPITOLO 6: TRE GUERRE Agli inizi degli anni ‘30 Mussolini pensò di realizzare quel disegno imperiale che sin dai tempi della marcia su Roma era stato l’obiettivo del fascismo. Il disegno imperiale, prima ancora che un processo di espansione, stava a indicare la mobilitazione totalitaria, lo stravolgimento delle istituzioni liberali e l'edificazione di un ordine nuovo, di una nuova mentalità e di una nuova grandezza. Il rafforzamento dei possedimenti coloniali italiani fu uno dei punti su cui si mosse la politica imperiale. Le varie colonie italiane infatti avevano tutte natura diversa, i confini e il dominio non erano mai ben definiti. Per risanare l’organizzazione, la Cirenaica e la Tripolitana vennero affidate ad un unico governatore; Pietro Badoglio e, in seguito, venne riconquistata anche la Somalia. Mussolini abbandonò la politica dei trattati con le colonie (che era stata adottata dal governo del dopoguerra) e furono intraprese tecniche di guerra moderne che permisero di sottomettere varie zone compiendo massacri e deportazioni forzate. Il colonialismo fascista diede vita a forme di dominio diretto, questa fu la linea seguita in Libia dal nuovo governatore Balbo che proclamò le regioni settentrionali parte integrante del territorio nazionale. Così, dopo l'affermazione del nazismo in Germania, Mussolini tradusse il disegno imperiale in una guerra con lo scopo di rafforzare la posizione internazionale dell’Italia per bilanciare la potenza tedesca. Fu scelto come obiettivo dell’azione militare l'Impero d'Etiopia che confinava con le colonie italiane in Eritrea e Somalia. Ottenuto l'appoggio di Inghilterra e Francia, il 2 ottobre del 1935 l’Italia, senza dichiarare guerra, aprì le ostilità. AI comando delle truppe italiane ci fu Pietro Badoglio e alla guida delle truppe sul fronte somalo vi fu il maresciallo Rodolfo Graziani (il macellaio di Libia). Dopo una serie di grandi attacchi, l'esercito italiano sconfisse l’esercito dell’imperatore etiope. Il 9 maggio del 1936, dal balcone di Piazza Venezia, Mussolini dichiarò finita la guerra e proclamò la nascita dell'Impero dando la carica di imperatore d'Etiopia a Vittorio Emanuele, a sé stesso quella di fondatore dell'impero e a Badoglio quella di viceré. Quella italiana fu una vera guerra fascista animata da violenze e dalla sola logica di dominio senza pensare ad alcun progetto di governo o di cultura coloniale. L'esperienza coloniale durò comunque poco: mentre l'Europa precipitava in guerra, l'Italia era impegnata a combattere in Spagna lasciando sola l'Etiopia e i suoi coloni. Attaccando l'Etiopia, membro della Società delle Nazioni, l’Italia era andata contro ad un preciso impegno del patto e quindi avrebbe dovuto essere esclusa da ogni relazione con tutti i Paesi aderenti ad esso. Rimanevano dunque gli Stati Uniti e il Giappone erano estranei alla Società e la Germania che se ne era tirata fuori, con la quale poi l’Italia sancì un'alleanza sempre più stretta. Di lì a poco l’Italia fascista avrebbe sostenuto insieme alla Germania di Hitler l'insurrezione franchista in Spagna e tutto ciò dimostrò la fragilità della Società delle Nazioni. Il fallimento della Società e l'avvicinamento fra Italia e Germania costituì un passo decisivo verso la guerra. Anche all’interno del Paese la guerra dell'Etiopia segnò un mutamento del regime in senso sempre più totalitario: dopo l'abolizione della camera dei deputati e la creazione di una camera dei fasci, furono approvate le leggi razziali che, a partire dal 1938, privarono di ogni diritto gli ebrei italiani. L'altra vicenda che mobilitò gran parte dell'Europa negli anni '30 e che l’avvicinò sempre di più al conflitto mondiale, fu la guerra civile spagnola. In questa vicenda fu molto importante la posizione assunta dall'URSS, dal Comintern e da tutti i partiti nazionali nei confronti delle democrazie. Fallita l'ipotesi della rivoluzione mondiale ininterrotta, ai partiti socialisti europei si presentava l'alternativa tra collaborare con i governi borghesi progressisti (questo significava rendersi autonomi dalla protezione sovietica) oppure contrapporsi ai loro governi in attesa del crollo dell'occidente capitalistico. Questa seconda via, quella della fedeltà a Mosca, adottata dal Comintern nel 1928, implicava che chiunque non fosse dalla parte del comunismo era direttamente alleato del nemico, quindi i socialisti che collaboravano con i governi democratici erano considerati alleati del potere borghese e del fascismo (che era l'estrema manifestazione di quel potere), erano dunque socialfascisti. L'equilibrio internazionale mutò con l'ascesa al potere di Hitler che, con le sue aspirazioni a guadagnare uno spazio vitale ad est, faceva temere a Stalin la possibilità che l'Unione Sovietica si trovasse schiacciata fra la Germania d'occidente e il Giappone d'oriente, da qui i nuovi indirizzi della politica estera sovietica che sfociarono in una serie di accordi con i paesi confinanti (Polonia, Lettonia, Estonia e Romania) e l'avvicinamento diplomatico con l'Inghilterra e la Cina nel 1932. Dopo aver annunciato le nuove linee di politica estera dell’Unione Sovietica che prevedevano una maggiore apertura verso le democrazie, il ministro degli esteri sovietico strinse rapporti diplomatici con gli Stati Uniti e nel 1934 l'URSS venne ammesso alla Società delle Nazioni. Nel 1935 ci fu la firma di un patto franco-sovietico di mutuo soccorso facendo rinascere così l'alleanza franco-russa di fine 800 contro la Germania. Nel Congresso del 1935 fu abbandonata la dottrina del socialfascismo per adottare una via completamente opposta con l’obiettivo di sconfiggere il fascismo e favorire ogni alleanza con le democrazie. Grazie a queste alleanze nacque la politica dei fronti popolari che non sarebbe più stata abbandonata. Questa nuova strategia non era alla base di una conversione dei comunisti alla democrazia, ma aveva lo scopo di combattere il comunismo all’interno dei paesi democratici. In questo momento storico più che in Germania e in Italia, dove i comunisti erano praticamente annientati, questa nuova strategia riguardò la Francia, ma soprattutto la Spagna. La Spagna aveva cominciato il nuovo secolo sotto il trauma del desastre del 1898 e della fine dell'impero. La stabilità del sistema politico ormai era solo un ricordo. La grande crescita economica aveva creato nuovi conflitti e nuovi partiti di orientamento repubblicano, socialista o anarchico. Dopo la grande guerra a cui la Spagna non aveva partecipato, il Paese attraversò una fase di turbolenza. Dopo l'ennesimo pronunciamiento del 1923, salì al potere Miguel | de Rivera che sospese la costituzione e instaurò un regime a partito unico; la Union Patriotica Espafiola che governò 7 anni con l'appoggio dell'esercito e dei latifondisti, ma anche dei sindacati e degli imprenditori catalani. Tuttavia nel 1930 egli fu costretto alla fuga, venne esponente del movimento repubblicano fondava il partito nazionalista cinese (Guomindang), il presidente della repubblica generale cercava di ripristinare il titolo imperiale. Tra le potenze straniere che ora premevano sul Paese, la più pericolosa era il Giappone che stava gettando le basi di una vasto impero coloniale in Asia; molto importante per l'importazione di materie prime e per le esportazioni di merci prodotte dalla grande industria del Paese. | giapponesi avevano già occupato la Corea (1894) e partecipato alla spedizione internazionale contro la cosiddetta rivolta dei boxer (sempre alla fine dell’800). Mentre gli europei erano impegnati nella prima guerra mondiale, i giapponesi erano diventati sempre più aggressivi. Nel 1915 il governo cinese fu costretto ad accettare alcune richieste presentate dal Giappone; un vero e proprio ultimatum che imponeva il riconoscimento degli interessi giapponesi (Mongolia, Manciuria, etc) e pretendeva che consiglieri giapponesi venissero messi a capo dell’amministrazione e dell'esercito cinese. In questo modo la Cina diventava un vero e proprio protettorato coloniale tipo quello che gli europei avevano stabilito in molte aree del mondo. Molti furono i parallelismi tra il militarismo nazionalista giapponese e i movimenti fascisti europei, soprattutto con la destra tedesca, con la quale i giapponesi avevano da tempo affinità e contatti. Negli anni '30 ci fu una battaglia intrapresa dai militari contro le elites politiche ed economiche del loro Paese. Nel 1936 i politici furono estromessi dal governo, ma senza alcun colpo di stato violento perché i militari non volevano eliminare il ruolo dei circoli imperiali e degli zaibatsu che costituivano, insieme a loro, il blocco di potere dominante. Se vogliamo parlare di fascismo giapponese possiamo dire che esso si configurava come un potere autoritario sostenuto da un nazionalismo militarista e da un'intesa tra gerarchie e gruppi finanziari. Inizialmente il Giappone rappresentava per la Cina un modello da imitare, ma passata la guerra mondiale, contro le tendenze imperialistiche del capitalismo giapponese e contro le fazioni militari cinesi che lo appoggiavano, nel 1919 ci fu a Pechino un moto di protesta che chiedeva un rinnovamento culturale e e predicava l'uguaglianza e l'istruzione di massa. Era un movimento antioccidentale e antimperialista e, queste caratteristiche, fecero sì di trovare un nuovo punto di riferimento nella Russia rivoluzionaria. In Cina, a Shangai, i gruppi che condividevano queste idee fondarono il Partito comunista cinese, ovviamente appoggiato dai sovietici. Pochi anni prima, nel 1917, era stato rimesso in piedi il Guomindang riorganizzandolo sul modello bolscevico e dotandolo di un'accademia militare. Per la sua battaglia, esso, scelse l'alleanza con l'URSS. Nel 1925, Chiang Kai-Shek prese il controllo del partito affermandosi come uomo forte e riuscendo a conquistare alcune province tra cui quella di Shangai dove, con un volta faccia, ruppe l'alleanza con i comunisti, mise fuori legge i sindacati, espulse i consiglieri sovietici e fece arrestare gli esponenti della sinistra dello stesso Guomindang. Shek rafforzò sempre di più il suo potere e diede un impulso decisivo all'ammodernamento del Paese. | conflitti, però, non cessarono, soprattutto quelli con i comunisti, contro i quali Shek mosse una sanguinosa campagna di annientamento. Tra i comunisti emerse la figura di Mao Zedong e, al contrario di quanto sostenevano gli esponenti marxisti, Mao puntava sui contadini e indicava il carattere rivoluzionario della loro fame e della loro richiesta di terra. Zedong fondò nel 1931 una Repubblica sovietica cinese di cui fu presidente e che sopravvisse fino al 1934 quando dovette cedere alle truppe del Guomindang. Nel 1931 le armate giapponesi invasero la Manciuria dove l’armata giapponese diede vita ad uno stato: il Manchukuo. Prima come capo del governo e poi come imperatore, i giapponesi misero Pu-Yi che venne incoronato a soli due anni imperatore, ultimo imperatore della dinastia Qing. L'attacco giapponese costrinse la Cina a sospendere le campagne di annientamento di comunisti. Nel 1936 venne firmato un accordo antigiapponese fra il Guomindang e il Partito comunista cinese, un'alleanza molto instabile, ma necessaria di fronte all'avanzata giapponese. Nel 1937, usando come pretesto un incidente di confine, le armate giapponesi iniziarono l'invasione della Cina. Fu un vero e proprio massacro, furono uccisi civili e stuprate donne. La presa della capitale Nanchino non stroncò la resistenza cinese. Nonostante la presa dei più importanti centri strategici del Paese, l’esercito giapponese in Cina non era in grado di controllarne la totalità. Ma l'assenza di operazioni militari e l'abbandono delle campagne da parte di entrambi, dettero l'occasione ai comunisti di radicarsi ancora di più fra i contadini e di alimentare una guerra di guerriglia. Ed era appunto nelle compagne e fra i contadini che Mao Zedong stava radicando il suo nuovo comunismo. CAPITOLO 7: LA GUERRA TOTALE Nel corso degli anni ‘30 la Società delle Nazioni non riuscì a sostenere la pressione dei vari stati, tanto che Germania, Giappone e Italia ne uscirono. La distensione alla quale si era arrivati nel corso degli anni 20 (spirito di Locarno) grazie alla Conferenza di Ginevra del ‘32 (che cercò, con la riduzione degli armamenti, di evitare altre guerre in Europa) venne minata con la corsa agli armamenti attuata soprattutto da Germania e URSS. Un riarmo generale portò instabilità politica e sociale con l'aumento delle tasse e la riduzione dei salari. La popolazione era allarmata perché era chiaro che questa nuova guerra sarebbe stata peggiore anche a causa delle minaccia aerea (Guernica). Tra il 1930 e il 1939 nessuno era pronto ad una guerra viste le difficoltà economiche in cui versavano gli stati. Dopo aver invaso la Renania nel '35, nel ‘38, su richiesta del cancelliere austriaco, le truppe tedesche invasero l’Austria che venne incorporata alla Germania (Anschluss) venendo così a formare il Grande Impero Tedesco. Nell'estate dello stesso anno Hitler lanciò un ultimatum alla Cecoslovacchia dove si trovavano molti tedeschi (regione dei Sudeti). Poco prima che la Germania attaccasse ci fu l'assemblea di Monaco (con Hitler, Mussolini, Chamberlain e Daladier) dove fu firmato il Patto di Monaco con il quale la regione dei Sudeti fu annessa al Reich. Con questa politica dell'Appeasement, si era riusciti ad evitare la guerra. Francia e Inghilterra avevano concesso molto alle politiche belliciste naziste e fasciste (attacco franchista, ingresso in Renania dei tedeschi, guerra d'Etiopia, etc). L'Appeasement, però, veniva visto da Mussolini e Hitler come una prova di debolezza dei suoi avversari e ciò li invitava ad osare sempre di più. Ricordiamo che a Monaco non era stato invitato l'URSS che probabilmente si sarebbe opposto allo smembramento della Cecoslovacchia, dunque il patto di Monaco era un patto antisovietico. Ottenuti i Sudeti, Hitler divise la Cecoslovacchia in Boemia-Moravia sotto il protettorato tedesco e Slovacchia solo formalmente indipendente. Nel '39 Hitler firmò con l'URSS il patto Molotov-Ribbentrop perché temeva che dopo un attacco ad occidente si sarebbe potuta creare un'alleanza dell'occidente con l'URSS che l'avrebbe schiacciato. Questo patto lasciò sbalorditi i comunisti di tutta Europa. Esso avviava anche ad una serie di scambi economici tra i due paesi e permise all'URSS di recuperare i territori perduti con il trattato Brest Litovsk. Il 1 settembre del ‘39 le due potenze aggredirono la Polonia, l'aviazione polacca fu annientata in pochissimi giorni, l'esercito polacco incontrò l'armata rossa a este in due settimane la Polonia fu conquistata e spartita fra Germania e URSS. Furono arrestati funzionari polacchi e fiumi di persone furono deportate ne gulag. Si pensò di fare della Polonia un contenitore degli ebrei: nacquero i ghetti (Varsavia, Cracovia) accanto i quali vi erano i campi di concentramento (Auschwitz e Bikernau) dove i deportati inizialmente venivano sterminati tramite il lavoro forzato e i ghetti vennero a mano a mano svuotati perché gli ebrei venivano deportati nei campi di morte. Gran Bretagna e Francia abbandonarono la politica dell'Appeasement e dichiararono guerra alla Germania. Nel 1939 l'URSS venne espulsa dalla Società delle Nazioni e l'esercito tedesco si rivolse ai paesi scandinavi: la Danimarca cadde subito, la Norvegia resistette più a lungo, tuttavia il re fuggì a Londra e il governo fu preso da un esponente fascista (governo fantoccio e collaborazionista). A questo punto Hitler si rivolge alla Francia che dopo la prima guerra mondiale aveva costruito la linea di Maginot per scopo difensivo, i tedeschi sfondano questa linea e a nord travolgono Olanda, Belgio e Parigi. Il crollo della Francia fu particolare e anche essa fu divisa in due zone: una comprendente Parigi sotto i tedeschi e una a Vichy con a capo Petain che collaborava con i nazisti. Il governo di Petain ebbe il consenso della popolazione soprattutto di quella parte che voleva sostituire la triade storica liberté, egalité e fraternité con travaille, famille e patrie. Anche a Vichy iniziò la persecuzione ebrea. Tra le alleanze fondamentali della seconda guerra mondiale troviamo: da una parte l'asse Roma-Berlino-Tokyo, dall'altra Francia, Inghilterra, URSS (dopo la rottura del patto con Molotov-Ribbentrop) e USA (dopo l'attacco di Pearl Harbour). Altri stati invece si schierarono dall'una o dall'altra parte e altri ancora dichiararono la loro neutralità. reagirono fucilando 10 italiani per ogni nazista ucciso. Nel '44 gli alleati arrivarono a Roma, ma l'Italia dovette aspettare perché nel frattempo si era aperto un altro fronte in Normandia. Nel giugno del ‘44 iniziò l'operazione Overlord (nome in codice dello sbarco in Normandia) che doveva ingannare i tedeschi con lo scopo di aprire un varco fino a Parigi, far avanzare l'esercito alleato a ovest per liberare l'Europa e poi giungere insieme all'armata rossa fino a Berlino per far cadere il terzo reich, tutto ciò per liberare la Francia e togliere Parigi ai tedeschi. La resistenza nazista fu molto forte e Hitler, dopo aver scampato un attentato a luglio, rimosse tutti gli ufficiali che promuovevano strategie più morbide: Rommel che aveva avuto l'incarico da Hitler di organizzare e comandare la difesa della Francia del nord fu costretto al suicidio per non affrontare il processo che lo attendeva per aver partecipato all'attentato a Hitler. Una settimana dopo lo sbarco Londra fu bombardata. Intanto si preparava un secondo sbarco nel sud della Francia tra Tolone e Cannes: gli alleati subirono una dura resistenza e furono respinti, ma nelle Ardenne i tedeschi persero la loro ultima offensiva. Roma era stata liberata a giugno del ‘44 e il governo era stato spostato da Bari a Salerno dove l'URSS riconobbe il governo di Badoglio e qui sbarcò Togliatti, dirigente del Comintern, che inaugurò la svolta di Salerno: la rinuncia del partito comunista alla rivoluzione e l'accettazione che l'Italia appartenesse al campo occidentale, quindi il PC e tutti i Paesi antifascisti formarono il CLN con presidente Bonomi. Nel ‘44 gli alleati entrarono a Firenze e i nazisti disegnarono la cosiddetta linea gotica (da Massa Carrara fino a Rimini e Pesaro). Per fare terra bruciata attorno ai partigiani, i nazisti ad ogni insidia rispondevano con una strage (strage di Marzabotto). Nella primavera del '45 gli alleati liberarono Milano ponendo fine alle repubblica di Salò, Mussolini cercò di scappare, ma fu riconosciuto e ucciso dal CLN. Tra novembre e dicembre del ‘43 Churchill, Roosevelt e Stalin si incontrarono a Teheran per stabilire le sorti del conflitto, ma la conferenza decisiva fu quella di Yalta quando la vittoria era quasi vicina. Qui l'URSS dichiarò che sarebbe entrato in guerra contro il Giappone e Stalin acconsentì alla nascita dell'ONU, in questa conferenza si discusse anche delle sorti della Germania, smembrata poi nella conferenza di Potsdam del ‘45. Da questo momento in poi si capì che il mondo sarebbe stato diviso in due blocchi. Fu la Polonia a subire le conseguenze più dure della contrapposizione fra le potenze: a Yalta non si stabilirono quali sarebbero state le frontiere del paese con la Germania, mentre per le frontiere con l'URSS ci si riferì alla linea Curzon. Nel ‘43 ci fu una rivolta del ghetto di Varsavia domata dai tedeschi, ma violenze e attentati continuarono fino all'agosto del '44. Molte furono le crudeltà dell'ultima fase della guerra, nel ‘41 Churchill dichiarò che soltanto una serie di attacchi di sterminio contro la madrepatria nazista avrebbero fatto cadere Hitler. | sovietici diventarono spietati nei confronti delle popolazioni dei territori conquistati e la parte peggiore toccò alla Germania (nel ‘45 gli inglesi distrussero Dresda, i sovietici arrivarono a Berlino e la Germania firmò la resa, Hitler morì nel suo bunker). Tre mesi più tardi anche l'imperatore del Giappone firmò la capitolazione: nel gennaio del ‘45 gli americani sferrarono l'attacco decisivo ai giapponesi provocando un vero e proprio disastro. Da qualche tempo si stava preparando l'arma definitiva che avrebbe messo fine alla guerra e nel ‘45 fu fatta esplodere una bomba nel deserto del New Mexico (progetto Manhattan). In quel momento si stava combattendo ancora in Giappone: Truman, volendo concludere in fretta la guerra, diede ordine di sganciare la bomba che nel ‘45 polverizzò la città di Hiroshima, ma sembrava che il Giappone ancora non volesse cedere, dunque fu sganciata una nuova bomba atomica su Nagasaki che costrinse il Giappone a firmare la resa. Così si concluse la seconda guerra mondiale. CAPITOLO 8: TACE IL CANNONE, IL MONDO RINASCE DIVISO L'attacco sferrato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale aveva distrutto tutti i valori che si erano consolidati in Europa e, solo dopo la sconfitta tedesca, questi sarebbero rinati con la firma della Carta delle Nazioni Unite sottoscritta a San Francisco da 50 Paesi (ottobre '45). Ci si impegnava a risolvere pacificamente le controversie, a sviluppare relazioni amichevoli fra le nazioni sulla base del rispetto del principio di uguaglianza e di autodeterminazione fra gli stati. Nacque così l'ONU che aveva un'assemblea generale di tutti gli stati membri e il consiglio di sicurezza formato da 11 membri, 5 dei quali permanenti e gli altri a rotazione. Il destino della Germania fu deciso durante la conferenza di Potsdam: essa venne divisa in 4 zone, ognuna sotto l'influenza di inglesi, americani, francesi e sovietici. La parte degli occidentali fu presto unificata e nel '49 fu proclamata una Repubblica federale di Germania con capitale Bonn, mentre la parte orientale si staccò sempre di più fino ad isolarsi, nel giugno del '48 i sovietici bloccarono gli accessi agli altri settori di Berlino, la città rimase priva di ogni rifornimento e gli alleati riuscirono a rifornirla tramite uno spettacolare ponte aereo, dunque i sovietici alla fine cedettero e tolsero il blocco. Ovunque i tedeschi furono trattati come i colpevoli de dramma mondiale. Nel '47 Truman tenne un discorso dove riprendeva la dottrina del contenimento elaborata da Kennan (contenimento delle tendenze espansionistiche russe) e rimarcò anche la differenza fra occidente capitalistico ed est comunista: fu l'inizio della guerra fredda. La guerra fredda sembrò quasi essere anticipata da Churchill quando parlò di cortina di ferro. Il conflitto fu caratterizzato da scontri ideologici, propagande, accuse, che spesso spinsero al limite della vera e propria guerra, ma in rari casi si arrivò alle armi. Questa cortina di ferro era evidente soprattutto all'est dell'Europa: Paesi Baltici, Polonia, Cecoslovacchia, etc, che erano tutti sotto l'influenza sovietica ed ebbero lo stesso destino. In Polonia, il partito comunista locale non aveva la maggioranza rappresentata invece da un movimento anti-nazista non comunista, dunque al pc locale era necessario ottenere una buona affermazione elettorale. Solo nel '47 si svolsero le elezioni e i partiti comunisti ottennero la maggioranza. Avvenimenti simili fecero prevalere i comunisti anche in Ungheria e Cecoslovacchia: in Ungheria si creò un'effettiva collaborazione con i comunisti volta a favorire gli interessi sovietici. Molto più solida era la democrazia in Cecoslovacchia dove ci fu una collaborazione con i comunisti non del tutto subordinata agli interessi sovietici. Nel ‘47 quando gli USA vararono il Piano Marshall, Stalin impose ai paesi satelliti di rifiutare ogni aiuto affermando che questo fosse solo un mezzo che gli USA usavano per intromettersi in Europa: la Cecoslovacchia aveva già accettato gli aiuti e fu costretta a respingere il Piano Marshall cosicché i comunisti presero il controllo del Paese. Nello stesso periodo nacque anche il Cominform (aiuto ai paesi comunisti nazionali) e nel ‘49 nacque il Comecon (consiglio mutua assistenza economica) che doveva coordinare le varie economie. Così le economie dei paesi satelliti divennero totalmente rivolte verso l'URSS che forniva loro materie prime per riaverle poi in forma di prodotti finiti. Vennero imposte la collettivizzazione delle terre e l'industrializzazione forzata. Oltre che sul piano economico lo scontro fra i due blocchi fu innanzitutto militare: nel '49 nacque un'alleanza fra i paesi occidentali detta NATO e nel '55 l'URSS firmò con i paesi satelliti il Patto di Varsavia. Venne concessa la ripresa non solo in campo economico, ma anche politico: il Giappone si alleò con gli USA e alla Germania fu concesso di riarmare un esercito, il riarmo fu concesso solo a scopo difensivo anche se si arrivò a cifre immense soprattutto per ciò che riguardava gli armamenti nucleari. Nonostante la corsa nucleare, nessun'arma nucleare fu usata nei conflitti perché ne era ben nota la pericolosità. Negli USA, McCarthy lanciò una campagna durissima nei confronti dei comunisti le cui inflitrazioni nei sistema capitalistico erano molto temute, molti furono deportati, accusati e processati (caso Rosenberg, 1953). il Maccartismo divenne sinonimo di anticomunismo ossessivo ed ebbe lunga vita. Con la nascita del Cominform i legami fra gli Stati dell'Est e l'Unione Sovietica si erano fatti sempre più soffocante ed ogni atteggiamento autonomo era punito. Così accadde nel caso della lugoslavia, l'unico dei paesi europei a non volersi sottomettere a Mosca, soprattutto dopo che era salito al potere Tito che abolì la monarchia e proclamò la nascita della vittime. L'eccesso di mano d'opera e gli investimenti nel settore dell'industria pesante per superare l'Inghilterra avevano paralizzato anche l'economia. Mao si ritirò dalla scena nel ‘61. Uno spettacolo teatrale con evidenti riferimenti a Mao diede inizio alle ostilità: un gruppo di studenti venne riconosciuto come movimento rivoluzionario e cominciò a chiedere maggiore libertà agitando il Libretto Rosso di Mao che in questo periodo fu sacralizzato. Tra il '66 e il '69 la Cina piombò nel caos più totale: le guardie rosse distruggevano tutto ciò che trovavano fino a quando Mao non fermò la rivoluzione con l'esercito. Tutto coloro che furono ritenuti responsabile della rivoluzione furono processati e condannati. Mao morì nel settembre del ‘76. CAPITOLO 9: DEMOCRAZIA A OCCIDENTE L'ONU fissò i principi del liberalismo e della democrazia: la pace, eguaglianza fra uomini e fra nazioni, etc. Tutti quei principi che erano stati in crisi già nei primi del 900 e poi negli anni '30. Inoltre sancì una certa collaborazione economica dato che lo smantellamento degli apparati bellici e la riconversione delle economie implicavano una riduzione dello stato e un ritorno al mercato. Anche su questa restaurazione del marcato influì il bipolarismo: a est lo statalismo era ribadito e accentuato. Già nella Carta Atlantica del '41 si dichiarava l'intenzione di attuare fra tutti i popoli la collaborazione economica. A partire dall'800 nel mondo occidentale era stato introdotto il go/dstandard, esso era stato abbandonato durante la prima guerra mondiale, reintrodotto negli anni ‘20 e sospeso di nuovo con la crisi del ‘29, bisognava dunque studiare un nuovo sistema che regolasse i sistemi internazionali. Nel luglio del '44 i delegati di 44 nazioni alleate si riunirono a Bretton Woods dove ci furono 2 proposte: la prima, sostenuta da Keynes, prevedeva un sistema di cambi fissi e regolabili con una moneta unica mondiale, la seconda, che prevalse, fu chiamata gold exchange standard che prevedeva un sistema di scambi fissi intorno al dollaro, l'unica moneta convertibile in oro. Furono istituiti il fondo monetario internazionale e la banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo. Il primo concedeva finanziamenti ai paesi in difficoltà e il secondo, con i suoi prestiti, aiutò i paesi più arretrati. Tra il '45 e il '47 Truman decise di uscire dall'isolazionismo, viste le gravi condizioni in cui versavano le economie europee, dunque proprio allora fu varato il Piano Marshall che nel giro di 5 anni riversò in Europa diversi dollari sotto forma di merci e prestiti, contribuendo alla forte ripresa economica europea. La dichiarazione dei diritti del 1948 tracciava diritti economici e sociali (non presenti nei principi del 1889): la proprietà privata o collettiva, i doveri dell'individuo verso la comunità, la libertà di culto, di movimento e di pensiero menzionavano per la prima volta la dignità delle persone. Roosevelt nel '41 aveva sancito 4 libertà: di parola, di culto, dalla paura e dal bisogno. Con questo spirito nel '42 il governo britannico affidò all'economista Beveridge il compito di fare un'inchiesta sul sistema di assicurazioni sociali. Ne uscì che Beveridge approntò un piano complessivo di tutela del cittadino tale da fornire assistenza in caso di disoccupazione, pensionamento, morte, etc. Il concetto di Welfare State (vita dignitosa) sostituì il concetto di Warfare State (spirito militare che guidava le politiche sociali totalitarie). Questo piano raccoglieva dunque l'energia, lo spirito di lotta etc, che aveva diffuso Churchill in Inghilterra e fra gli inglesi durante i giorni dei bombardamenti tedeschi. Churchill era l'eroe del momento, però quando nel ‘45 si tennero le elezioni, il partito conservatore fu sconfitto dai laburisti guidati da Attlee che fece suo il piano di Beveridge. Quei principi entrarono a far parte della costituzione del mondo contemporaneo e si ritrovarono nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del ‘48. Alla fine della guerra furono palesi i massacri avvenuti durante il suo corso: il razzismo aveva lasciato una piega pazzesca che non era stata contrastata come sarebbe dovuto essere, anche la chiesa può essere ricordata tra quei molti che rimasero in silenzio. Anche i grandi massacri nei lager tedeschi e gulag sovietici furono messi a tacere, basti pensare a Se questo è un uomo di Primo Levi che venne scartato e pubblicato solo da un editore minori. Lo sterminio degli ebrei fu chiamato olocausto e fu un vero e proprio genocidio (come quello degli ucraini, armeni e kulaki). Per punire i crimini del razzismo, nel ‘45 venne creata una commissione per il crimini di guerra e venne istituito un apposito tribunale per l'incriminazione dei maggiori capi nazisti che vennero incriminati, oltre che per la guerra, anche per crimini contro l'umanità e contro la pace. Nel novembre del ‘45 si aprì il processo di Norimberga per 21 nazisti che si chiuse con condanne, assoluzioni e sentenze di morte. In Italia non ci furono processi simili, ma ci si limitò a liberare la pubblica amministrazione da persone compromesse con il fascismo. Molto importanti furono le vicende avvenute nella fase finale della guerra sul confine orientale italiano: in quel periodo Tito aveva avviato una politica di denazionalizzazione contro gli italiani e il culmine di quella vicenda si ebbe quando la polizia politica iugoslava fucilò e fece precipitare nelle foibe migliaia di italiani fascisti, antifascisti, civili, etc. Una pagina di storia che inizialmente fu messa a tacere perché i comunisti avevano appoggiato il regime di Tito. Nel '41 il regime fascista aveva mandato a Ventotene molti intellettuali antifascisti e 3 di loro (Spinelli, Rossi e Colorni) scrissero il Documento di Ventotene dove indicarono, tra i compiti del dopoguerra, la costruzione dell'Unità Europea sotto forma di federazione, riprendendo le concezioni kantiane sulla pace mondiale e ragionando sull'esperienza degli intellettuali degli anni 20 e 30 che avevano alimentato i sogni di una Europa unita. Fu allora che nacque il discorso del multiculturalismo, dell'affermazione dei diritti universali, etc. Così sorse il Movimento europeo, il Consiglio d'Europa, e anche i GATT (organizzazione per la cooperazione economica europea) con lo scopo di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale. L'Italia era divisa in due: nel mezzogiorno il fascismo era stato abbattuto grazie agli alleati e non vi era stata particolare mobilitazione antifascista a parte qualche episodio come le quattro giornate di Napoli. Quando il paese era rimasto diviso, il governo italiano aveva sede a Brindisi, ma realmente l'Italia era sotto il controllo degli alleati, quindi si rafforzarono i fenomeni di illegalità (borsa nera e mafia in Sicilia). Guerra e occupazione in realtà avevano accentuato ancora di più il difetto di unità nazionale. Questo possiamo notarlo anche dal successo che ebbe un periodico e dal movimento politico che nacque da questo: il fronte dell'uomo qualunque fondato dal napoletano Giannini. La ridicolarizzazione dei grandi scontri ideologici non apparteneva solo al sud d'Italia, ma era dilagante: basti pensare al partito della bistecca e alla saga di Don Camillo e Peppone. Diversa era la situazione delle regioni centrosettentrionali dove vi era una società più attiva politicamente anche se comunque non nascevano partiti regionali. Comunque i partiti nati allora nelle varie regioni furono nazionali e svolsero funzione unificante tipica dei partiti moderni. Nell'aprile del '45 fu costituita una consulta nazionale i cui membri erano nominati dai partiti antifascisti e dovevano rappresentare categorie professionali e culturali. Nel giugno del '46 si svolsero un referendum per la scelta fra monarchia e repubblica e le elezioni di un'assemblea costituente: vinse la democrazia cristiana e il partito d'azione scomparve dalla scena. Dopo la liberazione di Roma del '44, a Vittorio Emanuele Ill successe il figlio Umberto e al governo Badoglio fu sostituito da Bonomi. Si trattava di una specie di unità nazionale antifascista retto da forze politiche di orientamento diverso. Il PC retto da Togliatti vi occupava un posto importante. Come ben sappiamo, però, l'Italia era rimasta al di qua della cortina di ferro e dunque, la presenza dei comunisti nelle istituzione, non prese né la via rivoluzionaria, né del colpo di stato e nel '46 non era più un elite leninista, ma un partito di massa che voleva conquistare il potere secondo la formula studiata da Gramsci. | governi di unità nazionale operarono per due anni (dal '45 al '47): all'inizio governò l'antifascista democratico Parri, poi gli subentrò il democristiano De Gasperi che, con la stessa composizione del governo, seppe rafforzare l'autorità dello stato e avviò una politica di risanamento economica. Egli nel ‘47 formò il suo quarto ministero escludendo comunisti e socialisti che si allinearono all'URSS di Stalin. il 1 gennaio del ‘48 entrò in vigore la costituzione che, insieme a quella di Weimar, può essere considerato uno dei testi più significativo del costituzionalismo democratico del 900: vennero enunciati i principi di uguaglianza, diritto di libertà, ripudio della guerra e ai patti lateranensi fu dato rilievo costituzionale di modo che non potessero più essere modificati. inevitabile la scissione di quest'ultima in due stati indipendenti: uno indù (India) e uno islamico (Pakistan). La frontiera era stata tracciata in fretta ed attraversò antichi stati come il Punjab e il Bengala distruggendo le loro economie: il primo andò al Pakistan, il secondo all'India. Iniziò un grande esodo di indù e sikh verso l'India e musulmani verso il Pakistan. Questo esodo fu accompagnato da violenza e massacri. | due stati nascevano nel disordine più totale. L'unificazione dell'India fu un'impresa molto difficile, dato che era divisa in tantissimi piccoli stati dove convivevano etnie e gruppi linguistici e religiosi diversi. L'unificazione fu il capolavoro di Nehru detto Pandit. Per tre anni un'assemblea lavorò per dare una costituzione al paese, essa entrò in vigore nel 1950 e in questo modo si affermarono i diritti individuali e il carattere laico della repubblica. Essa ebbe la forma federale dove nessuno stato, religione o lingua poteva prevalere sugli altri. Per lunghi anni si succedettero alla guida del paese i membri della medesima famiglia. Nehru adottò una politica di pianificazione quinquennale con un sistema di economia mista: incoraggiava gli investimenti privati, ma allo stesso tempo riservava il controllo statale alle industrie strategiche. Per quanto riguarda la politica estera aveva rapporti sia con gli USA che con la Cina, con la quale firmò un accordo di coesistenza pacifica nel '65, anche se nel ‘62 ci fu una breve guerra di frontiera fra i due: fu allora che l'India chiese l'aiuto degli USA, ma non ottenendolo si rivolse all'URSS con la quale nel '71 firmò un trattato di amicizia. Molto diversa era la situazione del Pakistan, uno stato costruito artificialmente che non aveva grandi centri o città importanti ed era caratterizzato da una forte varietà culturale nonostante la stessa appartenenza religiosa. La questione religiosa era alquanto spinosa: l'islamismo era la religione principale del nuovo stato, ma nel paese arrivarono gli appartenenti a scuole e pensieri diversi che si differenziavano proprio per ciò che riguardava la natura dei rapporti fra fede e potere. La maggior parte della popolazione era sunnita ma c'era anche una piccola minoranza sciita. Jinnah aveva affermato che il Pakistan sarebbe dovuto essere uno stato religioso, ma non teocratico. All'idea di uno stato teocratico erano favorevoli altri pensatori che avevano una visione totalitaria del potere. Solo nel '56 fu varata una costituzione che definiva il Pakistan una repubblica islamica e dunque assumeva la funzione di guida dei musulmani. Questa funzione però era solo potenziale perché il nuovo stato era molto fragile. La formazione del Pakistan coincise con la nascita dello stato di Israele ed esso annunciò già allora il suo sostegno ai palestinesi. Jjinnah e Khan avrebbero voluto per il paese una costituzione classica basata sull'uguaglianza e sulla divisione dei poteri, ma entrambi morirono. Nel '65 il Pakistan attaccò l'India, ma fu sconfitto e nel ‘71 l'esercito pakistano represse una sua reazione nel nord facendo molte vittime. L'India mosse guerra al Pakistan e vinse portando all'indipendenza le province orientali. Seguì il governo di Bhutto che poi fu condannato e impiccato. In tutto ciò il Pakistan rimase sempre vicino agli USA e l'India all'URSS. L'Indocina visse una situazione più complessa a causa della sua vicinanza con la Cina e della guerra fredda. Nel 1929 nacque il PC indocinese sotto Minh che nel ‘41 fondò il Vietminh e nel ‘45 proclamò la repubblica democratica del Vietnam. De Gaulle voleva riappropriarsi del paese cosicché venne proposto un accordo che riconosceva la repubblica solo se questa avesse fatto parte dell'unione francese: l'accordo non fu accettato e si passò alle armi. Nel '54 fu decisa la divisione in due stati con la conferenza di Ginevra: la repubblica vietnamita a nord con l'influenza sovietica e a sud un regno dall'influenza americana. L'instabilità dei governi del sud e la formazione di un fronte di liberazione nazionale del Vietnam (Vietcong formato da comunisti) convinsero Kennedy ad istituire un comando americano sul posto. Nel '64 il Vietnam del nord fu sottoposto a pesanti bombardamenti ma resistette, nel '75 Nixon mise fine a questa guerra. Le forze del Nord conquistarono il Sud e unificarono il paese sotto un regime comunista. La Birmania venne dichiarata indipendente nel ‘48, ma l'opposizione dei comunisti causò disordini fino al '57 quando si formò una monarchia federale di religione islamica e lingua malese. L'indonesia fu proclamata repubblica nel '45 dai capi dei vari movimenti di opposizione, tra cui Sukarno che annunciò i 5 principi su cui si sarebbe fondata la repubblica: nazionalismo, democrazia, giustizia sociale, fede in Dio, internazionalismo. L'indipendenza non fu riconosciuta né dai britannici né dagli olandesi. Nel ‘48 il partito comunista fallì un colpo di stato e il paese fu finalmente dichiarato indipendente con Sukarno come presidente a vita. Nel '65 però fu spodestato da un colpo militare guidato da un generale che, con l'appoggio americano, eliminò la presenza comunista causando un bagno di sangue. Nel luglio del ‘54, il primo ministro francese Mendes dichiarò l'indipendenza della Tunisia e del Marocco, ma era impossibile che i francesi lasciassero l'Algeria: scoppiò una guerra di 8 anni che vide da una parte l'esercito francese e dall'altra le forze clandestine dell'FLN. La repressione attuata dai francesi fu durissima e suscitò anche lo sdegno del mondo. Unione Sovietica e USA riconobbero il governo algerino ancora prima che fosse dichiarato indipendente e furono loro a spingere la Francia a giungere agli accordi di Evian che misero fine alla guerra nel ‘62. Nel corso delle due guerre mondiali ci fu un'emigrazione fortissima verso la palestina: tra il 1924 e il 1938 la comunità ebraica crebbe moltissimo e tutto ciò era destinato a creare molte tensioni. Durante gli anni della depressione ci furono scioperi e proteste e tra il ‘35 e il ‘38 scoppiò una grande rivolta prima nelle città e poi nelle campagne da parte dei mujahidin. Essa fu sedata dai britannici e dai gruppi ebrei che però uccisero il 10% della popolazione maschile danneggiando ulteriormente l'economia. Dopo la rivolta, come avevano proposto gli inglesi, l'ONU sancì la divisione della palestina in uno stato arabo e in uno stato israeliano e nel ‘48 gli ebrei proclamarono l'indipendenza ottenendo il riconoscimento degli USA e dell'URSS, ma non degli arabi. Già il giorno dopo gli stati della Lega araba (Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Iraq, Libano e Siria) mossero guerra ad Israele e fu sempre l'ONU a far arrivare ad un armistizio Israele ed Egitto. A guidare Israele per 15 anni ci fu Gurion e nel ‘50 fu varata la legge del ritorno per la quale ogni ebreo sarebbe potuto tornare a Israele e stabilirsi lì. Nel 1952, Nasser e Sadat (secondo e terzo presidente della Repubblica egiziana), con un colpo di Stato destituirono e mandarono in esilio il re d'Egitto Faruk. Dopo il colpo di Stato però affidarono la presidenza a Naguib che fu allontanato molto presto e una volta sciolti i partiti venne promossa una nuova costituzione che proclamava la lotta all'imperialismo. Nasser, prima di liberare la Palestina dagli israeliani, si propose di costruire una diga sul Nilo. Inglesi e israeliani ostili e Nasser prepararono in segreto un piano d'attacco e nel ‘56 gli israeliano attaccano il Sinai e inglesi e francesi attaccano Suez travolgendo gli egiziani. L'intervento degli USA costrinse i nemici dell'Egitto a ritirarsi. L'attacco al canale fu l'ultima spedizione coloniale della storia e Nasser continuò a consolidare sempre di più la sua immagine, tanto che nel '58 la Siria scelse di fondersi con l'Egitto in una Repubblica araba unita. L'unione fu sciolta tre anni dopo in seguito a un colpo di stato a Damasco, ma il prestigio di Nasser non ne fu attaccato e l'Egitto mantenne il nome di repubblica araba unita. In Iran, Resa Pahlavi era riuscito a proteggere il suo stato dall'URSS, ma la questione più spinosa riguardava la ricchezza petrolifera controllata dai britannici. Le correnti ostili agli inglesi si fecero sentire sempre di più. In particolare Mossadeq divenne primo ministro nel ‘51 e fece votare la nazionalizzazione dei giacimenti petroliferi. Gli inglesi risposero a tutto ciò invocando l'intervento dell'Aia e dell'ONU che boicottarono il mercato ritirando i propri tecnici. Seguì una grave crisi che portò Mossadegq a fuggire a Roma e poi a tornare in Iran dove fu arrestato. Le riforme democratiche furono abbandonate e la politica prese una piega autoritaria. Nel secondo dopoguerra il Medioriente fu l'epicentro delle tensioni geopolitiche ed economiche internazionali: nel ‘67 l'URSS informò Nasser che Israele stava ammassando soldati lungo il confine siriano ed ordinò la chiusura dello stretto di Tiran (unica via d'accesso per l'Israele al mar rosso). Israele lo considerò un atto di guerra, attaccò per prima e vinse la guerra in soli sei giorni (guerra dei sei giorni), dopo già iniziò ad essere considerato una potenza militare. | profughi palestinesi aumentarono sempre di più e nel '59 dei giovani palestinesi formarono un movimento con Arafat appoggiato da Nasser che nel frattempo aveva formato l'OLP. Cominciò così una nuova Vietnam del sud. Il Vietnam del Nord era alleato dei cambogiani comunisti, però successivamente ne prese le distanze per la crudeltà del loro regime ed entrò a Phnom Phen sotto la guida di Pol Pot attuano un vero e proprio genocidio della popolazione cambogiana. CAPITOLO 11: NUOVE ENERGIE Nel 1961 Kennedy fu eletto presidente e per la prima volta nella storia risultò decisivo il duello televisivo fra i candidati e la loro immagine. Nel discorso di insediamento, Kennedy indicò una nuova frontiera chiedendo alle nazioni del mondo di unirsi nella lotta contro i nemici comuni dell'umanità: la tirannia, la povertà, la guerra, etc. La nuova frontiera kennedyana univa il rilancio dell'economia alla lotta alla povertà e alla battaglia per i diritti civili (in particolare dei cittadini di colore). Si fece promotore di una campagna per i diritti impegnando il Congresso a votare il Civil Rights Act: una serie di leggi sui diritti civili che dovevano mettere fine alle discriminazioni basate sulla razza, sul genere e sulle discriminazioni. Il 22 novembre del '63 Kennedy fu ucciso a Dallas da un ex marine comunista e non fu mai chiarito il motivo. Gli subentrò Johnson che rilanciò i temi della nuova frontiera con una campagna per una Great Society che garantisse abbondanza e libertà per tutti. Gli studenti avevano cominciato a combattere contro le discriminazioni con gesti simbolici. Nel 1955 avvenne l'episodio di Rosa Parks e nel novembre dell’anno seguente il Congresso vietò la segregazione sui mezzi di trasporto. Nell'agosto del ‘63 una grande marcia guidata da Martin Luther King mobilitò alla non violenza: nacquero in questo modo il sit-in, l’autogestione, gli hippy, nel '69 ci fu il grande concerto di Woodstock, è il momento in cui ci si avvicinò a culture diverse, soprattutto africane e asiatiche, in cui le droghe diventano di uso comune, etc. Nel '68 furono uccisi Martin Luther King e Robert Kennedy. Vari movimenti si diffusero in tutta Europa: in Francia il movimento di protesta prese il nome di 22 marzo (giorno in cui fu occupata l'università di Nanterre), si manifestava non solo per i diritti civili ma anche per la società dei consumi e soprattutto per la Guerra del Vietnam. Quando nel maggio dello stesso anno venne chiusa la Sorbona, la protesta dilagò in tutta Parigi: fabbriche e trasporti erano stati occupati e furono indette nuove elezioni nelle quali fu riconfermato De Gaulle. Nell'estate di quell’anno, in Cecoslovacchia le crescenti critiche al regime portarono alla sostituzione del capo del Partito e venne eletto un comunista moderato (Dubéek) che concesse diverse libertà e suscitò consensi negli altri paesi del Patto di Varsavia. | sovietici non lo tollerarono e attaccarono il Paese, sei mesi più tardi un gruppo di studenti decise di fare un gesto estremo e di estrarre a sorte uno tra loro che si diede fuoco per protesta sulla piazza San Venceslao. Forti tensioni ci furono anche in Irlanda: i movimenti indipendentisti riuniti nell’IRA, con una doppia anima (una marxista rivoluzionaria e una nazionalista repubblicana), decisero di lanciare una campagna di attentati diretti contro l’esercito per colpire anche la popolazione civile nel cuore della stessa Londra. Il 1969 fu l’anno dei troubles che spinse gli inglesi a rispondere militarmente sul territorio e a varare una legislazione di emergenza che sospendeva i più elementari diritti civili. II 30 gennaio del ’72, passato alla storia come bloody sunday, vide le truppe britanniche sparare sulla folla a Derry uccidendo 13 persone. Solo più tardi questi eventi furono oggetto di un'indagine politico giudiziaria. In Italia, invece, già nel 1950 era stata stabilita la parità dei sessi e il divieto di licenziare le lavoratrici a causa della gestazione. Tutte queste riforme misero in allarme gli ambienti più conservatori e già nel '64 il comandante dell'arma dei carabinieri era pronto ad agire e vari colpi di stato si susseguirono negli anni seguenti, come quello del ‘70 ideato da gruppi di estrema destra e reparti militari. Tutto ciò spinse il movimento studentesco a muoversi contro il fascismo, oltre che a dar luogo a una serie di scioperi, occupazioni di fabbriche e scontri con la polizia concentrati soprattutto nell'autunno del '69. Il percorso culminò nel ‘70 con uno statuto dei lavoratori che ne garantiva i diritti. Le conquiste del mondo del lavoro e dell'università per certi versi aggravarono la tensione politica: nel dicembre del '69 nella sede della banca nazionale dell'agricoltura a Piazza Fontana a Milano scoppiò una bomba che uccise 27 persone, i responsabili furono subito cercati a sinistra e furono fermati alcuni esponenti dell’anarchismo (Giuseppe Pinelli). Ci furono poi altre stragi come quelle ad opera delle brigate rosse, responsabili anche del rapimento di Moro, tenuto prigioniero ed ucciso nel maggio del '78. Il Paese visse a lungo in uno stato d'assedio a causa di quegli stessi rivoluzionari che volevano contribuire alla costruzione di un futuro migliore. Anche le chiese furono coinvolte nei cambiamenti del secondo dopoguerra: la chiesa era comunque ostile alla Dichiarazione dei Diritti del 1948 perché venne vista come il culmine di quella francese del 1789 responsabile di molti mali della modernità. Se Pio XI aveva condannato il nazismo, anche se con un atteggiamento poco deciso, Pio XII appoggiò i governi più conservatori: ma era il processo di laicizzazione che minava l'opera ecclesiastica. Il Welfare fu infatti complice delle diminuzioni e delle vocazioni di sacerdozio, del calare dei battesimi, dell'aumento dei matrimoni civili, dei divorzi e di una morale sessuale libera: la chiesa ribadì la sua opposizione ai nuovi costumi, ad esempio condannando la pillola anticoncezionale e negando la comunione ai divorziati. Molti furono spinti a cercare un rinnovo spirituale avvicinandosi all’ebraismo, al cristianesimo originario, all’induismo, al buddhismo e per questo nacquero nuove sette (il rastafarianesimo) che promuovevano il ritorno alla purezza delle origini, uno stile di vita lontano dal consumismo e preannunciavano la fine del mondo. Quando venne eletto al soglio pontificio Papa Giovanni XXIII tutto il mondo fu conquistato dalla sua umanità. Giovanni XXIII, 90 giorni dopo la sua elezione, annunciò di voler convocare un concilio generale per la chiesa universale (riunione di vescovi di tutto il mondo), essa cominciò l’11 ottobre del ‘62 e vide la partecipazione di più di mille vescovi. La novità di questo concilio era davvero profonda: storicamente i concili erano stati motivati dall'esigenza di rispondere a deviazioni dall’ortodossia o da emergenze che portavano ad un irrigidimento dottrinario. Quello convocato da Pio IX aveva sancito il primato e l’infallibilità del pontefice quando egli definiva un dogma, il nuovo concilio invece era l'iniziativa di un uomo verso il mondo, cosa a cui la chiesa non era abituata. Il Concilio Vaticano Il volle accogliere il principio della libertà religiosa come diritto della persona, dunque furono riconosciute tutte le religioni; con l'enciclica Pacem in terris dell'aprile del ‘63 Giovanni XXIII chiese che i diritti politici economici e sociali fossero ricondotti alla spiritualità, non cancellati da essa. Fu stabilito che la celebrazione della messa avvenisse nelle lingue nazionali, non più in latino. Nello stesso anno Giovanni XXIII morì. Il suo successore Paolo VI portò a compimento il concilio, si recò in terra santa e nel ‘65 parlò anche all'assemblea dell'ONU. Lo scenario così aperto del concilio fu animato ancora di più dal pontefice eletto nel ‘78: Giovanni Paolo II, Papa molto amato dai giovani, il cui pontificato durò fino al 2005. Nel 2000 fu indetto un giubileo: Ratzinger, futuro pontefice, scrisse un documento in cui venivano affermati molti errori della chiesta tra cui le crociate, l’attività inquisitoria e vennero ribaditi anche alcuni aspetti conservatori come il celibato dei preti, il rifiuto del sacerdozio femminile, condanna all'aborto, etc. Giovanni Paolo Il fu il primo ad entrare in una sinagoga e in una moschea. A lui succedette Papa Benedetto XVI, il quale abdicò e fu sostituito da Papa Francesco. CAPITOLO 12: LO SPARTIACQUE DEGLI ANNI 70 Nel corso degli anni '70 c'era ancora il clima di guerra fredda. Nonostante le due potenze ritenessero i propri valori inconciliabili e contrapposti, concordavano sull'obiettivo di impedire una catastrofe nucleare e dunque iniziarono una serie di incontri: nel '68 fu stipulato un contratto di non proliferazione nucleare che si impegnava a non trasferire armi atomiche a chi non ne possedeva. Questo trattato fu ampiamente contestato perché stabiliva l'egemonia delle grandi potenze nucleari. Francia e Cina non firmarono, i sovietici invece firmarono e parteciparono ai colloqui per la limitazione degli armamenti strategici proposti nel ‘77 da Johnson (Salt). Questi accordi furono ulteriormente precisati nei Salt 2. Nel ‘68 divenne presidente USA Nixon che resse il titolo fino al ‘74 quando fu costretto alle dimissioni perché implicato in azioni disoneste: lo scandalo del Wateragate. Gli succedette Ford, l'unico presidente non eletto nella storia degli USA. Nixon sapeva che la fase espansiva del dopoguerra stesse terminando e dunque annunciò che gli USA non avrebbero più convertito i dollari in oro. Infatti i costanti investimenti all'estero e il costo della guerra in Vietnam fecero sì che entrasse meno denaro di quanto ne uscisse. Era avessero diritto a guidare la comunità fossero i discendenti del cugino e genero di Maometto e di sua moglie Fatima, i discendenti conosciuti dal profeta erano 12, l'ultimo dei quali era detto l’/Imam nascosto. Tra gli sciiti prevaleva il cosiddetto quietismo politico per il quale, in attesa dell'imam nascosto, era lecito collaborare con qualsiasi tipo di regime. Diverse correnti musulmane predicavano l'abbandono del quietismo politico e il portavoce fu l'Ayatollah sciita Khomeini. Agli inizi del '79 moltissimi reclamavano la caduta dello shah e invocavano il ritorno di Khomeini dall'esilio. Alla fine del '79 un referendum approvò la creazione di una repubblica islamica con un presidente e un parlamento che erano dominati da un sistema di organismi religiosi e dall'Ayatollah che, fino alla morte di Khomeini, fu l'unico despota della repubblica. Tutto ciò fece ritrovare l'Iran isolato a causa di questo governo teocratico. Nello stesso anno un gruppo di studenti seguace dell'imam, irruppe nell'’ambasciata americana di Teheran prendendo 74 ostaggi e solo un anno più tardi la situazione si sbloccò. Nel settembre dell'80, l'Iraq di Hussein attaccò l'Iran convinto di poter sfruttare la crisi in cui esso si trovava e risolvere con la forza una situazione di confine che si trascinava da anni. La guerra durò otto anni, l'Iraq fu aiutato finanziariamente da alcuni paesi arabi tra cui il Kuwait, ma stremò le sue finanze. Hussein tentò di rinegoziare il suo debito con il Kuwait e poi volle impadronirsi del paese, lo invase e lo annientò in 4 giorni annettendolo all'Iraq e negoziando la pace con l'Iran. N.B.: Iraq e Kuwait avevano fatto entrambi parte dell'impero ottomano e quando fu creato l'Iraq, l'emirato del Kuwait non era stato compreso. Dopo la guerra del Kippur del ‘78 e gli accordi di Camp David, non vi furono più guerre frontali fra Israele e gli stati confinanti, l'esistenza dello stato di Israele era ormai una realtà. L'OLP di Arafat divenne un punto di riferimento arabo e nel '74 venne riconosciuto dai paesi arabi come unico rappresentante legittimo del popolo palestinese. Arafat aveva presentato all'ONU la causa palestinese facendo capire che l'unica soluzione possibile era quella di creare 2 stati: uno israeliano e uno palestinese. Nel '70 l'’OLP aveva appoggiato la rivolta del settembre nero in Giordania e dunque Arafat fu costretto a trasferire il centro dell'OLP dalla Giordania al Libano e dunque le ribellioni aumentarono (nel '72 un gruppo chiamato settembre nero uccise 11 atleti israeliani partecipanti alle olimpiadi di Monaco). Nel frattempo il Libano era diviso fra falangisti cristiani e musulmani appoggiati dalla Siria e, tra il '75 e il ‘76, i falangisti, attaccando i campi profughi palestinesi, danno vita ad una guerra civile che coinvolse anche Israele e l'’OLP. L'anno seguente Israele occupò la parte meridionale del Libano e i falangisti entrarono nei campi profughi e massacrarono molte persone, si fermarono solo dopo l'imposizione degli americani. Ad Israele i palestinesi potevano muoversi per cercare lavoro, ma negli anni ‘70 vi fu una crisi economica seguita da una politica di chiusura e la forza lavoro fu sostituita da immigrati asiatici nei confronti dei quali fu attuata una politica violenta. La situazione esplose nell'87 quando un autocarro militare si scontro con un carro di operai nel campo profughi e ne uccise 4. A questo punto ci fu la rivolta che durò 5 anni. Nel corso degli anni '70 ci fu un brusco aumento del prezzo del petrolio che colpì l'Inghilterra. A questa crisi non seppero far fronte né i governi laburisti di Wilson e Callagan né i conservatori. La svolta si ebbe con l'elezione a primo ministro di Margaret Tatcher che si propose di liberare il settore privato dall'intervento statale, ridurre l'inflazione e le tasse. All'inizio queste politiche aumentarono disoccupazioni e crisi e a ridare ossigeno al governo fu la guerra combattuta sulla isole Falkland: gli argentini, che rivendicavano la sovranità su quelle isole, le occuparono nell'82 e nel giugno dello stesso anno gli inglesi riconquistarono l'arcipelago. Fu in quel periodo che la Tatcher potè riprendere il suo programma e durante il suo governo ci fu un'ondata di privatizzazione di beni pubblici. A sostituire la Tatcher nel ‘90 fu il suo seguace Mayor. Nell'80 divenne presidente USA Reagan, il quale si adoperò per una redistribuzione fiscale molto precisa, accentuò le politiche antitrust e di deregulation avviate già da Carter e dunque l'economia riprese a correre. Dato che non poteva avere un terzo mandato, il nuovo presidente fu il suo vicepresidente Bush che ne proseguì l'opera e che nell'82 fu sconfitto da Clinton, il quale proseguì la strada della deregulation. In Francia invece De Gaulle fu sostituito da Pompidou, il quale accettò l'entrata della Gran Bretagna nella CEE, ridusse l'intervento statale nel siderurgico e nel minerario e fece diverse riforme. Nell'81 gli successe Mitterrand che, da giovane attivista di destra, seppe trasformarsi in un esponente di sinistra e riporto i comunisti al governo. Egli promosse un programma anticapitalista e garantì un reddito minimo ai giovani e nazionalizzò industrie e banche. Tutto ciò rischiò di isolare la Francia dall'Europa e dai mercati mondiali. La svolta ci fu nell'82 quando fu tagliata la spesa pubblica e si intraprese la lotta all'inflazione. Nell'84 Mitterrand rimosse i comunisti dal governo abbandonando il disegno rivoluzionario, nominò primo ministro Fabius che adottò misure economiche rigidissime. Nel '95 si ritirò lasciando la presidenza a Chirac e, dopo il presidente moderato Sarkozy, dal 2012 al potere vi è il socialista Holland. In Spagna le elezioni dell'82 furono vinte dal socialista Gonzalez che avviò un programma anticapitalista garantendo l'occupazione, i salari e l'uscita della Spagna dalla NATO. Una volta al governo, però, avviò una politica di austerità e si impegnò in un referendum per far tornare la Spagna nella NATO. Anche qui, dopo un governo conservatore, tornarono i socialisti con Zapatero al quale si devono provvedimenti molto avanzate. Negli anni 60 in Italia si era calmata la contrapposizione fra destra e sinistra. La democrazia cristiana dopo De Gasperi non aveva avuto una guida solida anche se era stata guidata dai cosiddetti cavalli di razza tra cui Aldo Moro. Il cui assassinio, nel ‘78 capitò in un momento in cui cattolici e sinistre cercavano un accordo, contrastato però tanto dalla destra quanto dalla sinistra. In Italia, diversamente dalle altre democrazie europee, grazie alla legge elettorale proporzionale, il sistema politico era basato su un blocco governativo incentrato sulla democrazia cristiana che tendeva ad isolare le aree estreme sia a destra che a sinistra, però più che di centrismo, dobbiamo parlare di bipartismo imperfetto perché in realtà erano le destre ad essere isolate in quanto con i comunisti vi era una tacita spartizione del potere: questi erano al potere in molti comuni e province. Lentamente il baricentro politico si spostò a sinistra quando fu eletto presidente della repubblica il socialdemocratico Saragat, il capo partigiano antifascista Pertini, etc. In Italia furono varate varie riforme (introduzione del divorzio, obbligo di istruzione fino a 14 anni, etc). Nel ‘91 il PC italiano assunse il nome di Partito democratico della sinistra e il Movimento sociale nel ‘95 divenne alleanza nazionale. Negli anni ‘90 vennero modificate le leggi elettorali: furono aboliti i voti di preferenza perché ritenuti fonte di corruzione, venne cambiato il sistema elettorale del senato con un referendum e fu introdotto il sistema misto e venne introdotta anche l'elezione diretta per i sindaci. Nacque la lega nord, Berlusconi fondò il movimento chiamato Forza Italia e si susseguirono vari governi di destra e sinistra. La politiche della Tatcher e di Reagan ebbero molto successo e furono accompagnate da profonde trasformazioni nel sistema produttivo, negli USA si parlò di deindustrializzazione e gli operai diminuirono sempre di più nel settore primario, mentre aumentò il settore terziario. In questo periodo il Giappone si era imposto come grande potenza e si svilupparono sempre di più anche la Corea del Sud e Singapore. In occidente le fabbriche diminuirono, l'economia capitalista ne risultò danneggiata e ci si rivolse alle economie internazionali: venivano acquistate alcune componenti all'estero e ciò portò alla nascita delle multinazionali, trasferendo interi settori della produzione in vari paesi, tutto ciò fu possibile grazie all'elettronica e all'avvento di internet. CAPITOLO 13: IMPLODE IL COMUNISMO L'11 marzo 1985 Gorbachev fu eletto segretario del Partito comunista dell'Unione Sovietica; convinto comunista e grande ammiratore di Lenin affermò in un discorso che era necessaria una ristrutturazione radicale, chiamata perestroika il sistema rimaneva fragile nonostante il piccolo benessere raggiunto con Breznev. Nel ‘78 in Afghanistan si era instaurato un governo filocomunista, ma di una fazione che non era ben vista a Mosca perché sospettata di intese con gli americani, dunque nel dicembre del 1979 l'esercito sovietico varcò le frontiere ed entrò in Afghanistan. La reazione del presidente americano Carter fu durissima: stabilì un embargo sulle vendite di grano e di tecnologie all'Unione Sovietica e aumentò gli aiuti militari al immediatamente. Le guardie di frontiera aprirono i cancelli e una folla festosa da entrambe le parti prese a distruggere il muro. La caduta del muro di Berlino simboleggiò la fine del comunismo e della guerra fredda. Bush e Gorbachev si incontrarono nei pressi di Malta dichiarando che il mondo stava entrando in una nuova era e che le relazioni tra Est e Ovest sarebbero state da allora ispirate da uno spirito collaborativo. Per fermare la massiccia emigrazione di cittadini dalla parte orientale a quella occidentale, Unione Sovietica, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia sancirono l'unificazione delle due Germanie il 3 ottobre 1990. Caddero presto anche gli altri regimi comunisti. In Romania Ceausescu aveva imposto al paese restrizioni durissime che avevano fatto regredire l'economia: i motori erano stati sostituiti dai carri a trazione animale, i raccolti fatti con falci, le lampadine potevano avere massimo 40 W di potenza. Nel dicembre del 1989 una rivolta dilagò fino a Bucarest: l'esercito non tentò di proteggere il dittatore e quando cercò di fuggire dal paese lo arrestarono, lo sottoposero a processo e fu fucilato insieme alla moglie. Andò in maniera simile anche in Bulgaria dove regnava il più longevo fra i dittatori comunisti: il regime qui aveva svolto una politica di cruda nazionalizzazione della minoranza turca che nell'89 iniziò a fuggire in Turchia, appesantendo ancora di più la crisi economica. Il giorno dopo la caduta del muro, le fazioni comuniste deposero il dittatore e vinsero facilmente le elezioni. Le Repubbliche dell'Unione Sovietica furono contagiate dalle indipendenze dei Paesi dell'Est: nel 1990 Gorbachev fu riconfermato presidente e dichiarò la sua fedeltà alla democrazia, approvando l'abolizione del ruolo guida del partito comunista e il pluralismo politico. Eltsin, sindaco di Mosca, fondò il Partito comunista russo, nel fu eletto presidente del Soviet supremo russo e il Congresso proclamò la sovranità della Russia che si trovò così divisa tra due presidenti, due Parlamenti e due governi (tra Russia e Unione). Gorbachev cercò di avvicinarsi ai comunisti intransigenti, ma Eltsin chiedeva le sue dimissioni: il 4 agosto Gorbachev si recò in vacanza in Crimea e il 18 fu chiamato chiedendo che desse poteri al comitato di emergenza che aveva preso il controllo del governo. | congiurati altro non erano che uomini scialbi e grigi il quale colpo di stato venne disprezzato da Eltsin che mandò a riprendere Gorbachev e lo fece riportare a Mosca: Gorbachev ormai aveva perso tutto il suo potere e anche il partito comunista fu messo al bando. L'Unione Sovietica si era ormai sfaldata. Ungheria, Polonia, Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia e Repubblica Ceca furono ammesse all'Unione europea nel 2004 e tre anni dopo anche Romania e Bulgaria. La Russia di Eltsin nel 1992 adottò la liberalizzazione dei prezzi e la privatizzazione: un'immediata depressione economica colpì il paese, aumentarono le tasse, i prezzi e chiusero molte industrie. Disoccupazione e inflazione causarono una rivolta alla quale Eltsin rispose con una durissima repressione. Una nuova costituzione istituì un regime fortemente presidenziale mentre il parlamento, bicamerale di durata biennale, aveva poteri limitati: il presidente aveva potere di veto sulle leggi approvate con maggioranza semplice, ma il voto negativo su una legge presentata dal presidente non ne impediva l'applicazione provvisoria. Eltsin fu rieletto, ma il suo secondo mandato fu disastroso data la malattia e la dipendenza dall'alcolismo. Nel 1999 annunciò le dimissioni, lasciò il posto a Putin che fu eletto nel 2000 e nel 2004, nel 2008, non potendo avere un terzo mandato consecutivo, fu primo ministro sotto Medvedev e nel 2012 fu rieletto presidente. Grazie alla politica estera e militare messa in atto fece riguadagnare al paese il ruolo di grande potenza. Nella Jugoslavia il comunismo uscì di scena in modo molto violento: questo era un paese molto variegato ed era stato costruito artificialmente nel 1920. Delle sue sei componenti, cinque (Slovenia, Croazia, Serbia, Montenegro e Macedonia) avevano carattere nazionale e una (Bosnia Erzegovina) aveva carattere storico e ospitava serbi croati e musulmani. Minoranze serbe, ad eccezione della Slovenia, vi erano in tutte le repubbliche e in due province serbe abitavano ungheresi e albanesi, quindi qui il nazionalismo non servì a mantenere unito il paese, ma lo disgregò con una logorante guerra civile. Fino ad allora solo la solidità del regime di Tito era riuscita a controllare il paese: dopo la sua morte il Kosovo era in fermento e la situazione fu retta da Milosevic, favorevole al governo di Tito e favorevole a una Jugoslavia forte ed unita sottomessa alla Serbia, della quale divenne presidente riuscendo presto a controllare Kosovo e Montenegro. Nel 1991 la Slovenia ottenne l'indipendenza, mentre la Croazia, che voleva unire tutti i croati della ex Jugoslavia, arrivò ad una violenta guerra con la Serbia. L'ONU intervenne imponendo un cessate il fuoco, fu allora che la Croazia ottenne l'indipendenza staccandosi dalla Jugoslavia. La Bosnia fu invece lo scenario di una violenza inaudita: massacri, deportazioni, stupri. Nel 1995 un'armata serbo-bosniaca attaccò una città bosniaca e le truppe ammazzarono un migliaio di prigionieri al giorno tra il 12 e il 19 luglio. Furono fermati dall'intervento della NATO che intervenne anche per fermare il terrore instaurato in Kosovo da Milosevic: solo dopo vari bombardamenti sulla Serbia cedette. La presidenza di Milosevic non fu riconfermata, le elezioni vennero vinte da Kostunica e il precedente presidente venne processato dal Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia, ma morì per un attacco di cuore nella sua cella. Morto Mao nel 1976, si delinearono due schieramenti: l'ideologismo maoista e un pragmatismo riformista, sotto Deng Xiaoping. Questo era stato seguace di Mao, ma era poi stato mandato in esilio e solo nel 1974, dopo il fallimento del Grande Blazo in Avanti, Mao lo aveva richiamato e nominato viceministro. Nacquero, però, delle proteste che criticavano la dirigenza e di questo fu incolpato Deng, nuovamente rimosso dal suo incarico da Mao. Il successore di Mao fu Goufeng che però fu molto debole e dovette presto reinserire Deng, che lentamente assunse le redini del governo. La memoria di Mao costituì sempre un punto fondamentale per la storia successiva, ma le sue riforme furono comunque cambiate. Nel 1978 una nuova costituzione garantì la libertà di sciopero, il diritto di opinione, di espressione e di affiggere manifesti murali. Queste quattro libertà già nel 1980 furono abolite e gli scrittori richiamati al rispetto del socialismo. Inoltre venne abbandonata l'industrializzazione pesante e fu favorita la piccola proprietà contadina e l'industria leggera. Inizialmente tutto ciò portò a buoni risultati, ma la costante crescita demografica non fu coperta da questi progressi: sorsero nuove differenze tra benessere e povertà, aumentò la criminalità e tornò ad essere diffuso l'infanticidio femminile. Nel corso egli anni Ottanta la Cina fu introdotta nel commercio internazionale, aderì al Fondo monetario Internazionale e alla Banca mondiale. Ma comunque il malcontento per le disuguaglianze sociali tornò a farsi sentire. Nella primavera del 1989 nella piazza Tienanmen una marea di studenti protestò accampandosi lì per gironi e adottando la forma di protesta dello sciopero della fame. La visita di Gorbacev non cambiò la situazione, dunque Deng decise per la repressione. Gli studenti rivendicarono democrazia e libertà: però bisognerà attendere gli anni 2000 prima che delle riforme vere e proprie cambino la Cina, oggi grande potenza nonostante conosca ancora squilibri sociali e problemi ambientali. CAPITOLO 14: AL DI LÀ DEL MONDO. LA CIVILTÀ GLOBALE Negli anni Ottanta si cominciò a parlare di globalizzazione: quel fenomeno che prevede l'integrazione di mercati, l'internazionalizzazione dei consumi e della produzione, l'intensificarsi degli scambi tra i paesi e i popoli del mondo. Ad aver fatto parlare di globalizzazione fu l'estensione mondiale degli scambi mercantili con lo sviluppo dei trasporti, delle comunicazioni e anche dei sistemi di conservazione di determinati prodotti, oltre che la possibilità di trasmettere non più suoni, ma anche parole e immagini grazie alla comunicazione telefonica senza cavi e a internet. Questo mutò anche la natura degli avvenimenti, che divennero di immediata conoscenza (Neil Armstrong sulla luna o 11 settembre 2001). La produzione e il consumo divennero globali e così l'abbigliamento con i jeans, le bevande con la coca cola o la pepsi, i vari cibi con i ristoranti e i fast food come McDonald's, KFC, ecc. Come è comprensibile la globalizzazione della produzione dei consumi plasmò anche le istituzioni di governo perché l'aumento degli scambi commerciali portò a sempre più numerosi accordi e trattati fra gli Stati: il GATT fu sostituito dall'organizzazione mondiale del commercio che aveva una struttura permanente come quella delle agenzie dell'ONU. Già una parte della carta delle Nazioni Unite prevedeva organizzazioni volte a creare aree Nel 2000 i 191 paesi membri delle Nazioni Unite sottoscrissero una Dichiarazione del millennio con la quale si impegnava in 15 anni a demolire la povertà estrema e la fame, rendere universale l'istruzione primaria, promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, debellare la malaria, l'HIV, l'AIDS e altre malattie. N.B.: numerosi rilevamenti segnalarono che le disuguaglianze di reddito crescevano a ritmo sempre più sostenuto durante gli anni e, per misurare il loro andamento, la Banca Mondiale ha applicato l'indice di Gini per il quale si considera 0 una ipotetica condizione nella quale tutti i cittadini del mondo abbiano uguale reddito e 100 se li avesse una sola persona. A livello mondiale tra l'88 e il 2002 l'indice è salito a 70. Il soggetto primario della modernità era comunque lo Stato, anche se nel mondo contemporaneo sembrava avere un ruolo solo marginale dato che comunque ormai poco influiva sulla vita economica e che, più che altro, serviva a regolare i rapporti sociali e i comportamenti attraverso leggi, regole, corpi di difesa e istituzioni pubbliche, come le scuole. Ovviamente per garantire determinate cose lo Stato investiva, dunque si può dire che c'era un nesso tra Stato e mercato, e questo ha portato in molti casi ad un aumento enorme del debito pubblico: quello di Stati Uniti, Giappone e Canada ha raggiunto cifre da fallimento. Particolare è l'esperienza dell'Europa, teatro dell'impero romano, del cristianesimo e di grandi conflitti: si pensava che il progetto di riunione degli Stati europei in una confederazione basata sul modello statunitense avrebbe minato l'autorità dei singoli Stati, per questo inizialmente le tre comunità (CECA, EURATOM e CEE) rimasero ben distinte. Nel 1966 si raggiunse un compromesso con la Francia di de Gaulle, particolarmente ostile alla creazione di un organismo unitario: si stabilì che l'autorità degli Stati avrebbe prevalso su quella della comunità e che la CEE avrebbe avuto un bilancio proprio, furono inoltre fissate procedure per il raggiungimento di politiche comuni. Con successive convenzioni, atti e trattati (Bruxelles '65, Lussemburgo ‘70 e ‘86, Schengen ‘85, Maastricht ‘92, Amsterdam '97 e Nizza 2001) le istituzioni europee hanno continuato a cambiare fino a quando, nel 1992, a Maastricht la Comunità europea venne rinominata Unione europea, fu adottata la bandiera con le 12 stelle su fondo blu e nel 19985 l'inno, l'Inno alla gioia. | principali organi dell'Unione sono: - Commissione europea, i commissari non rappresentano gli interessi dello Stato di provenienza ma quelli generale dell'Unione; - Consiglio, ha funzioni legislative ed esecutive a seconda dei settori rappresentati (Esteri, Economia e Finanze) e riunisce i capi dei governi nazionali; - Consiglio europeo, riunisce i capi dei governi nazionali insieme al presidente della Commissione; - Parlamento europeo, eletto dai cittadini degli Stati membri, è impiegato in decisioni riguardo la cooperazione, la consulenza e l'informazione insieme al Consiglio; - Corte di giustizia, formata da un giudice per ogni Stato membro, ha sede nel Lussemburgo e ha assunto un ruolo di revisione giudiziaria delle leggi nazionali, essa è diversa dalla Corte Europea di Giustizia a Strasburgo e anche dalla Corte Internazionale di Giustizia con sede all'Aia che è un organo giudiziario dell'ONU Tutti questi organi comunque non operarono da soli, ma insieme e erano basati su due principi: quello di proporzionalità, cioè l'Unione agisce nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri, e quello di sussidiarietà, che regolava la distribuzione di competenze condivise tra Unione e Stati membri e implica che ogni autorità intervenga dove le autorità di livello inferiore non siano in grado di farlo. A differenza di quanto accadeva negli esperimenti di corporativismo della prima metà del ‘900, le nuove forme istituzionali dell'unione si basavano su principi democratici e sull'importanza della tutela dei diritti. Fin dal trattato di Roma del 1957, la Comunità si era proposta di assicurare lo sviluppo riducendo le disparità tra le varie regioni e tra quelle che erano state meno favorite. A questo fine nel 1975 fu costituito un Fondo per lo sviluppo regionale che adoperò sul Meridione d’Italia, sulla Scozia, sul Belgio, ecc. Dunque se erano le nazioni ricche a rivendicare autonomia, spesso quelle più povere chiedevano piuttosto sussistenza. Non c'è dubbio che l'Unione si sia formata in nome di principi democratici e avesse poi sostenuto processi di democratizzazione dei vari paesi via via aderenti: essa inglobò tutta l'Europa storica, ma voti negativi vennero dalla Svizzera e dalla Norvegia e anche la Gran Bretagna oppose molta resistenza. L'Unione comunque fu fondamentale nell'aprire la strada democratica in Grecia, Spagna e Portogallo. Nel 1992 a Maastricht fu stabilita l'unità monetaria sotto l'euro, nel 1990 furono abolite le frontiere decisa dagli accordi di Schengen e così sembrò realizzata l'idea di spazio comune. Alla circolazione della manodopera si aggiunse quella dei capitali e, nel giro di due anni, gli investimenti raddoppiarono. La Germania pretese però che l'euro fosse controllato dalle banche tedesche per mantenere bassa l'inflazione ed evitare un deficit. Nel 1997 il programma Agenda 2000 cominciò a negoziare la nuova ondata di richieste di adesioni che in qualche caso costituì dei problemi, riguardo i Paesi del'Est per esempio che erano ricchi ma non quanto quelli europei, ma anche perché le decisioni erano prese all'unanimità e l'allargamento dei partecipanti avrebbe reso sempre più difficile raggiungerla. Tra il 2002 e il 2003 una Convenzione di 105 membri redasse un progetto di un trattato che istituisse una costituzione per l'Europa, un atto fondato degli stati contemporanei (l'Unione non era uno stato e non intendeva esserlo) che rendeva obbligatoria la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, firmata a Nizza, e stabiliva che la carica di presidente del Consiglio europeo fosse rinnovabile solo una volta. | nuovi Stati furono ammessi nel 2004, si passò da 15 a 25 membri, e la costituzione fu firmata a Roma dai capiti di Stato e di governo. Fu solo nel 2009 però che la Costituzione venne approvata da tutti i membri in seguito a modifiche. CAPITOLO 15: PER IL POPOLO E CON IL POPOLO. LA POSTPOLITICA L'età contemporanea viene spesso fatta iniziare con la Dichiarazione dei diritti del 1789 perché da quel momento in poi si inizia a pensare che ogni individuo sia il titolare della cittadinanza e dell'uguaglianza, il soggetto che muove la storia. Ovviamente le cose sono cambiate e i diritti si sono estesi non solo al singoli, ma anche ai gruppi e alle comunità e hanno toccato l'autodeterminazione, la dignità, ecc. Alla Dichiarazione del 1948 si sono poi susseguite altre dichiarazioni: quali la Convenzione contro la discriminazione della donna del 1979 non firmata però dagli Stati islamici, dagli Stati Uniti e dallo Stato del Vaticano. Molti si sono dichiarati ostili ai diritti indicandoli come prodotto dell'Occidente cristiano, non a caso l'Arabia Saudita si era astenuta dal voto sulla Dichiarazione del 1948, mentre l'Egitto la sottoscrisse solo nel 1969 ribadendo l'inconciliabilità dei valori occidentali con quelli del mondo islamico. Nel 1990 si arrivò infatti a una Dichiarazione sui diritti umani nell'Islam, enunciata a Il Cairo, contraddistinta da un forte richiamo alla religione islamica e ad Allah, nella quale venne affermato che la religione islamica fosse basata sui diritti e che gli uomini fossero tutti uguali senza discriminazione di razza, colore, lingua, sesso, religione, che il fondamento della società fosse la famiglia e che si potesse esprimere liberamente la propria opinione. Venivano affermati il diritto alla proprietà, al guadagno, alla privacy e all'assistenza medica, al lavoro. Il capitolo dei diritti era comunque affiancato da quello dei doveri verso la famiglia, la società e lo Stato. Nel 1990 l'ONU promosse tre conferenze regionali sui diritti umani che si tennero a Bangkok per i paesi asiatici, a Tunisi per quelli africani e a San José per quelli dell'America Latina. Quest'ultima non si discostò molto da quella dell'ONU, mentre gli africani contrapposero ai diritti individuali un'etica dei doveri verso la famiglia, la comunità e lo Stato e similmente argomentarono gli asiatici che diedero più importanza ai valori della famiglia rispetto a quelli individuali. Dopo la Seconda guerra mondiale la politica cambiò: la guerra fredda, il muro di Berlino, il crollo dell'Unione Sovietica e la decolonizzazione furono fattori che influenzarono la diffusione della democrazia in un gran numero di Stati, oltre al fatto che lo sviluppo dei media e le possibilità di informazioni permisero una più estesa opinione pubblica al riguardo. Il mondo viene detto postpolitico e la politica assume tratti nuovi: i partiti spariscono dalla scena sostituiti dalle personalità carismatiche capaci di entrare in diretto rapporto con le masse fu un primo attacco ai caschi blu pakistani, poi un'imboscata alle truppe americane che indusse il presidente Clinton a ritirarle e ad annullare la missione: il paese rimase in balia di una guerra civile e i gruppi di profughi che cercavano di scappare diedero inizio al fenomeno della pirateria nell'oceano Indiano. L'ONU inviò una spedizione in Ruanda, ma fu inutile dato che nel 1993 il presidente ruandese e il Ruandese Patriotic Front (RPF) raggiunsero accordi di pace per sedare il conflitto tra popolazione contadina e aristocrazia pastorale. Nel 1994 un missile abbatté l'aereo sul quale viaggiavano il presidente ruandese e il presidente del Burundi: ritenendo responsabili gli aristocratici pastorali, i contadini misero in atto un massacro tragico. Le truppe dell'ONU lasciarono il paese e i ruandesi furono sconfitti dall'RPF, che instaurò un regime autoritario a dominanza di aristocrazia pastorale. Le Nazioni Unite istituirono un tribunale apposito per condannare i maggiori responsabili dei massacri. Non sempre gli interventi dell'ONU erano portatori di pace e non sempre i conflitti, come quello del Golfo, potevano essere definiti giusti: Bush aveva esaltato la guerra del Golfo per contrastare le ambizioni di Hussein, la Lega araba aveva condannato l'invasione del Kuwait e infatti più importanti Paesi musulmani (Egitto, Marocco, Siria, Pakistan) si erano schierati con l'ONU, mentre al fianco di Hussein vi erano l'Iran (appena uscito dalla guerra con l'Iraq), la Libia, lo Yemen e la Tunisia, ma Hussein si fece difensore della religione islamica e dunque presto anche gli altri Stati islamici cambiarono posizione. L'identità islamica era priva di un centro e di una guida e infatti nei vari Paesi gli atteggiamenti verso la religione erano diversi: gli islamisti volevano islamizzare la modernità rinnovando la società, difendendo l'omogeneità sociali, la subordinazione delle donne e la scarsa attenzione ai diritti individuali, tutto questo contro l'Occidente. Il nuovo islamismo che, alimentato dalle ricchezze petrolifere era riuscito ad aumentare i servizi scolastici, sanitari e sociali, attecchiva soprattutto tra gli studenti e il ceto medio in generale. | movimenti islamici spesso si rafforzavano attraverso i processi di democratizzazione, significative furono le vicende attraversate dalla Turchia: nel 1997 un colpo di stato aveva allontanato il primo ministro dal potere (il cui partito propugnava valori islamici), i militari intendevano ristabilire la democrazia rappresentativa ed eliminare i gruppi di opposizione islamici. Nel corso degli anni ci furono delle concessioni che portarono al reinserimento dell’insegnamento religioso nelle scuole e nelle università, alla vendita di libri religiosi, alla costruzione di moschee e alla diffusione televisiva e radiofonica. La Turchia nel 1987 aveva presentato domanda di adesione all'Unione Europa, che venne però rifiutata principalmente per la natura islamica del Paese. Per contrapporsi alle minacce islamiche del Sud, essa si avvicinò alla coalizione occidentale durante la guerra del golfo e dovette poi cercare accordi con popoli islamici antagonisti dell’islamismo iraniano e, con l'aiuto degli Stati Uniti, strinse accordi con Azerbaigian, Turkmenistan, Uzbekistan e Kazakistan. Fra i vari conflitti di questo periodo ricordiamo anche quelli in Cecenia, in Ossezia e in Armenia contro l'Azerbaigian per il controllo di un'importante provincia, ma l'epicentro fu l'Afghanistan. | soldati afghani (mujaheddin) erano armati dagli Stati Uniti, dalla Cina, dal Pakistan e dall'Egitto e godevano delle risorse finanziarie dei sauditi. Le varie fazioni presenti nello Stato non si accordarono per creare uno stato unitario e continuarono combattersi: alla fine ebbe la meglio la fazione dei talebani che nel 1996 si impadronì di Kabul e costituì l'Emirato islamico di Afghanistan riconosciuto solo da Arabia Saudita e Pakistan. Il regime divenne conosciuto per la radicalità con la quale applicava le leggi coraniche, impedì infatti l'istruzione alle donne che dovettero portare il velo lungo e integrale, gli uomini dovevano tenere la barba lunga e cancellava ogni forma di cultura diversa (esplosione 2 statue di Buddha). Fu la base del terrorismo, con l'al-Qaida, formata tra il 1995 e il 1996 da Bin Laden, al quale si unì poi al-Zawahiri, diventato il capo dell'egiziana jihad. Tra il 1996 e il 1998 al-Qaida dichiarò guerra agli americani occupanti l'Arabia Saudita, la terra sacra e autorizzava l'uccisione indiscriminata di americani ed ebrei. Alle pratiche terroristiche si accompagnarono gli attacchi suicidi dei kamikaze, che esprimevano una forma di martirio che attecchì soprattutto tra i giovani. Agli attentati e alle esecuzioni in diretta fu data ampia pubblicità: si ricordano l'attacco a due alberghi di Aden che ospitavano truppe americane nel 1992, nel 1998 due attacchi simultanei in Kenya e Somalia e molti altri fino ad arrivare a quello dell'11 settembre 2001. Diciannove islamici imbarcatisi come passeggeri su quattro aerei di linea americani, li dirottarono sul Congresso, sul Pentagono e sulle Torri gemelle del World Trade Center di New York: il Congresso non fu raggiunto, il Pentagono fu solo danneggiato e le Torri invece implosero in diretta mondiale: ci furono 3mila vittime. Fu il primo attacco su suolo statunitense al quale il governo dovette rispondere proclamando una guerra in nome della difesa dei principi universali dei diritti. La reazione fu drastica ed immediata: venne emanata una legislazione antiterroristica di emergenza di durata di 4 anni, poi rinnovata (Patriot Act o Usa Patriot) che potenziò i servizi di intelligence, di ispezione e di sorveglianza dei confini e ci fu la sospensione dell'Habeas Corpus (principio di inviolabilità personale): era già avvenuto in stato di guerra, ma si trattava ora di una guerra non ufficialmente dichiarata e contro un nemico non completamente identificato. Nel 2002 a Cuba fu aperto uno speciale campo di prigionia dove furono rinchiuse centinaia di persone sospettate di attività terroristica: a questi erano negati i diritti della difesa e venivano spesso sottoposti a tortura in cambio di informazioni. | detenuti erano imprigionati illegalmente e anche la Corte di giustizia dichiarò il campo incompatibile con il sistema americano e, nonostante Obama abbia cercato di chiuderlo più volte, è rimasto attivo poiché sarebbe problematico gestire i detenuti liberati. Il nemico degli Stati Uniti non era un Paese ben definito, ma era il terrorismo. La risposta fu dunque una serie di attacchi alle basi terroristiche e contro campi di addestramento: l'operazione fu chiamata enduring freedom. Le Nazioni Unite autorizzarono la creazione di un corpo militare della NATO che assistesse le forze di sicurezza afghane dopo aver costretto i talebani alla resa. Fu poi la volta dell'Iraq che, dopo la guerra del golfo, aveva più volte ostacolato le ispezioni per appurare o confutare l'esistenza di armi di distruzioni di massa: il segretario di Stato americano convinse l'Assemblea dell'ONU che l'Iraq stesse preparando anche armi chimiche, anche se le prove non erano convincenti. Nel marzo del 2003 Stati Uniti e Gran Bretagna invasero il paese dando inizio alla seconda guerra del golfo: il 1 maggio 2003 Bush annunciò la vittoria militare, a dicembre Hussein fu trovato in un nascondiglio, processato e condannato a morte, fu impiccato il 30 dicembre del 2006. Gli americani smantellarono l'intero apparato militare, statale e politico del paese instaurando un regime che non fece che alimentare l'odio verso di loro dato che spesso ufficializzarono la divisione tra sunniti, sciiti e curdi. La presenza degli americani in Iraq e Afghanistan diede agli jihadisti la possibilità di presentarsi come liberatori e per questo i paesi furono scossi da vari attacchi terroristici ai quali gli americani risposero con brutalità torturando i prigionieri. Gli attentati fecero moltissime vittime. Gli attentati continuarono, ma i capi terroristici furono trovati uno ad uno: al-Zargawi fu localizzato dall'intelligence americana in una città afghana e ucciso, nel 2006 Bin Laden fu individuato in Pakistan dai servizi segreti americani e fu ucciso, poi sepolto in mare con rito islamico. Nel frattempo in Iran a Khomeini erano succeduti diversi Ayatollah e nel 1997 Khatami che fu in grado di garantire continuità politica e un certo pluralismo culturale, apertura alla società civile e democrazia religiosa che gli valse anche il favore degli occidentali. Fu la resistenza dei conservatori a imporre un irrigidimento dei costumi e un severo controllo sociale con punizioni ed esecuzioni pubbliche e restrizioni riguardanti musica, abbigliamento e libertà alle donne, venne anche limitata la libertà di pensiero. Nel 2005 fu Ahmadinejad (non sciita, dittatore laico) ad essere eletto presidente della repubblica: il suo Iran rivendicava il diritto all'arma nucleare, cosa che gli valse pesanti sanzioni economiche e indirizzò tra l'altro la battaglia antioccidentale contro quelli che chiamava il grande e il piccolo satana, ovvero gli Stati Uniti e l'Israele. L'epicentro della guerra fu proprio Israele: nel 1988 Arafat aveva infatti accettato la costituzione di uno Stato di Israele e di uno Stato palestinese, nel 1993 gli stati furono riconosciuti e nel 1994 venne sancita la pace tra i due Stati, che continuava però ad essere minata dagli attentati kamikaze e dai libanesi, dunque il governo israeliano si irrigidì. Nel 1996 il partito di destra vinse le elezioni e interruppe le trattative, nel 1999 le trattative ripresero sotto i laburisti, ma poi si fermarono di nuovo e vennero riprese nel 2000. Nel settembre di quell'anno, il capo del partito fece una visita al monte del tempio a Gerusalemme est, si trattava di una
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