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Appunti Storia del Teatro Bellavia e DOMANDE ESAME, Appunti di Storia del Teatro e dello Spettacolo

Sono presenti: teatro italiano, teatro francese, teatro spagnolo, teatro inglese e le opere lette a lezione (Fedra, Mandragola e Amleto). Sono presenti anche alcune delle domande che potrebbero capitare all'esame

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 27/07/2022

giuatta
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Scarica Appunti Storia del Teatro Bellavia e DOMANDE ESAME e più Appunti in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! TEATRO ITALIANO IL DRAMMA RINASCIMENTALE. Le forme drammatiche pronte a sostituire i modelli medioevali si sviluppano nel 1300 in italia promuovendo lo studio degli ideali classici. Tra il 1200 e il 1400 l’Italia si trova in un punto strategico dal punto di geopolitico. Si trova tra l’impero bizantino e l’islam e quindi ha la possibilità di conoscere una trasformazione radicale dal punto di vista culturale e politico. Nell’Italia meridionale il governo degli Svevi viene sostituito dal regno angioino con l’approvazione del papa mentre nell’Italia centrale e settentrionale il sistema politico delle città stato comunali viene sostituito dalle signorie (i Gonzaga a Mantova, i visconti a milano e successivamente i medici a Firenze) Rinnovamento culturale: pittura Giotto, poesia Dante, rime Petrarca, narrativa Boccaccio. Campo teatrale cambiamento dato dallo studio e riscoperta dei classici e nel quattordicesimo secolo si inizia l’imitazione delle opere classiche. Prima opera di argomento contemporaneo ma con stile senechiano è L’Ecerenis di Mussato, ma la vera e propria opera ad imitazione dei classici è l’Achilles di Antonio Loschi che riporta sia l’argomento e il soggetto che lo stile senechiano. Successivamente vediamo come altri autori umanisti come Piccolomini e Leon Battista Alberti continuano nel tentativo di riprendere i modelli classici e grazie ad una serie di avvenimenti come il ritrovo delle dodici commedie plautine, la caduta di costantinopoli dopo la quale gli studiosi bizantini sono venuti a rifugiarsi in italia e portarono con se le loro opere classiche ma sopratutto dopo l’introduzione della stampa già nel 1518 tutte le opere classiche conosciute vennero stampate e diffuse. L’esigenza di rendere le opere più accessibili fa in modo che inizino a nascere opere in italiano o in volgare ed infatti la prima commedia ad imitazione dei modelli classici in italiano è la Cassaria di Ludovico Ariosto, rappresentata a Ferrara per la prima volta nel 1508. Svincolata dai contenuti della commedia classica ma imitata nella forma nasce la Mandragola di Machiavelli. Come prima tragedia invece in italiano è la Sofonisba di Trissino, all’interno della quale troviamo un coro e non c’è la divisione in atti. La sensibilità per le rappresentazioni teatrali viene sviluppata da Giraldi Cinzio che scrive l’Orbecche e che apporta delle innovazioni alla rappresentazione come l’introduzione del lieto fine e la sostituzione di soggetti fondati su fatti storici o personaggi illustri con personaggi immaginari e intrecci favolosi. A Giraldi Cinzio si devono anche riflessioni improntanti sulla sua esperienza di tragediografo che esercitano influenza sulla produzione teatrale. Nasce oltre alla commedia e tragedia il dramma pastorale che si sviluppa in italia. La sua nascita viene dall’imitazione del dramma satiresco ma senza il mondo violento dei satiri greci e con uno sfondo di società leggiadra composta da pastorelli e ninfe. Il vero e proprio dramma pastorale appare con Beccari ed è il Sacrifizio nel quale si ritorna sempre a vicende amorose tra ninfe, pastori e satiri. I due drammi pastorali più famosi sono “Pastor Fido” Guarini e “L’Aminta” di Torquato Tasso. Si sviluppano composizioni più rozze dirette da un pubblico popolare. Tra queste le farse cavaiole, in dialetto campano e chiamate così perchè vengono dalla cava dei tirreni a Napoli. LE TEORIE TEATRALI, LA VEROSIMIGLIANZA E IL PRINCIPIO DELLE 3 UNITA’ Nella seconda metà del 500’ arriva l’indice dei libri proibiti (che sono libri dei quali era vietata la stampa e la diffusione) proprio perchè la chiesa inizia a prendere il sopravvento e imporre il proprio potere quindi basa la società sul concetto di autorità. Infatti si inizia ad utilizzare l’espediente delle opere classiche come tramite di diffusione del concetto di autorità. Nascono così degli schemi fissi, in nome dell’autorità dei classici, come normative estetiche sotto le quali dovevano stare tutte le forme di attività artistica. Il testo che contribuisce a questo è la poetica di Aristotele che accende un dibattito teorico durante la seconda metà del 500’. Dall’insieme dei commenti sulla poetica nascono delle linee fondamentali di interpretazione che impongono un schema estetico fisso. Prima esigenza: concetto di verosimiglianza, l’opera non doveva essere surreale o inimmaginabile, poteva anche non essere una storia vera ma doveva necessariamente essere reale, dovevano essere avvenimenti possibili, e gli unici generi che esulavano da questo erano storie prese dalla bibbia o dalla mitologia. Così vengono eliminati i soliloqui proprio perché non poteva essere reale un uomo che parla da solo per un tot di tempo così viene inserita la figura del confidente. Scene di folla, guerra e morte venivano svolte fuori dalla scena perché era ritenuto molto difficile se non impossibile riprodurre quelle scene sul palco rendendole vere al 100%. Seconda esigenza: il dramma doveva imporre un insegnamento morale. Non erano ammesse lunghe storie nelle quali la giustizia divina sembra non arrivare per via di un lungimirante piano divino, ma di un finale nel quale la giustizia avrebbe sicuramente trionfato. Descrizione della verità ultima e immediata. Le forme teatrali vengono ridotte a due: tragedia e commedia. Commedia: trarre i personaggi dalla classe medio-bassa e fondare le trame su vicende private e domestiche; Tragedia: trarre i personaggi dalla storia e dalla borghesia, basare la trama sulla mitologia o sulla storia, finale infelice e stile poetico elevato. Nel corso del 500’ viene formulato anche il principio delle 3 unità: azione, tempo e spazio. Unità d’azione: spiegata nella Poetica di Aristotele, ogni opera doveva comprendere un’unica azione nella quale sia tutto compiuto e coerente. Unità di tempo: proposta da Giraòldi Cinzio in un suo scritto. Gli spettatori non potevano pensare di essere seduti in teatro da 2 ore ma che sulla scena siano passati giorni così si impone ill limite di 24h della durata dell’opera. Unità di luogo: la troviamo nei libri di poesia di Scaligero. Gli spettatori consapevoli di essere nello stesso luogo non accettavano di trasportarsi in un altro posto. Questa regola è la più facile da seguire perchè erano ammessi spostamenti in luoghi raggiungibili entro le 24h della rappresentazione. Colui che le unisce: nel 1570 Castelvetro stabilì che tutte e tre le unità dovevano essere delle regole fondamentali. LE FESTE, GLI INTERMEZZI E L’OPERA La maggior parte dei documenti che abbiamo degli spettacoli sono grazie agli scritti, incisioni e stampe rappresentanti le feste di corte poichè gli spettacoli occupavano una fetta molto importante delle feste di corte. Gli spettacoli erano posti in relazione con il tema del festeggiamento e con una vicenda tratta dalla mitologia. Queste feste riprendevano molto le forme spettacolari dell’epoca romana. Parate trionfali romane diventano i trionfi rinascimentali. Ogni festa veniva affidata ad un direttore che era l’architetto di corte Leone de Sommi uno di questi direttori scrive anche un’opera nella quale ritroviamo consigli e processuali sulla drammaturgia, sui costumi e messa in scena. Dalle mascherate e i cortei che avvenivano durante il periodo di carnevale presero i loro caratteri gli intermezzi utilizzati tra un atto e l’altro delle commedie. Erano spettacoli vivaci con costumi e scenografie sfarzose e il dialogo veniva utilizzato solamente per chiarire la trama o degli intrecci. L’inserimento di questi intermezzi divenne una pratica comune e incontrarono parecchio successo. Inizialmente non avevano niente in comune tra loro e con la commedia rappresentata. Successivamente iniziano a collegarsi al tema e diventano delle vere e proprie opere drammatiche in 4 atti che potevano essere anche 6 uno prima e uno dopo la commedia. Gli intermezzi venivano anche usati negli intervalli delle opere liriche L’opera lirica nasce dagli esperimenti della Camerata Fiorentina, una delle accademie fiorenti italiane che studiavano la musica greca e il suo rapporto con il dramma e che cercano di ricreare le opere teatrali per come sono nella tragedia antica. Dalla prima opera lirica Dafne (1594) fino al successo del genere in italia. Inizialmente i passaggi corali e i dialoghi erano recitati, la musica serviva soltanto ad intensificare il significato dei concetti. Successivamente l’opera lirica che era intrattenimento nelle accademie e a corte si trovò per la prima volta a Venezia in un teatro inaugurato nel 1637 e da quel teatro fino al 1700 ben 4 teatri vennero aperti a Venezia. Primo compositore importante è Claudio Monteverdi che amplia la parte strumentale delle opere, aumentano il numero di canti e arie e il recitativo diminuiva sempre di più ma solo nel 1675 iniziò a prevalere la figura del compositore su quella dell’autore. I divi dell’opera sono i cantanti che richiedevano delle arie appositamente scritte per loro e i loro virtuosismi. Queste arie però venivano inserite all’interno delle opere che poi piene di cambiamenti e aggiunte divennero così confusionarie da richiedere l’utilizzo di un libretto (usato tutt’ora). LO SVILUPPO DELLE NUOVE PRATICHE SCENICA Benchè già nel 1300 si fosse svelato l’interesse per il teatro classico le prime rappresentazioni dei testi avvennero intorno al 1470. Le accademie entrarono in competizione per le rappresentazioni e le tragedie e commedie divennero adatte ad ogni tipo di celebrazione a corte. Questa nuova produzione di drammi classici avviene con il ritrovamento del “De Architettura” di Vitruvio. Ritrovato nel 1414 ma tradotto per la prima volta in italiano nel 1521. Assunse dal punto di vista architettonico la stessa importanza della Poetica di La maggior parte di questi copioni era comica, alcuni di carattere serio. La popolarità delle compagnie stava nelle commedie che rappresentavano storie d’amore, intrighi ed equivoci. Ogni compagnia aveva i propri personaggi fissi, che si distinguevano per nome e caratteristiche da personaggi fissi di altre compagnie. Tuttavia nelle diverse compagnie tendevano ad esserci gli stessi tipi nonostante avessero varianti numerosissime, i tratti fondamentali erano costanti. I caratteri fissi: - Gli innamorati: Ogni compagnia aveva una coppia o due di innamorati, normalmente arguti, di bell’aspetto e colti ma talvolta anche ingenui e non troppo brillanti. Indossavano abiti alla moda e non portavano la maschera. Il giovane innamorato era spesso ostacolato nel suo amore da uno più anziano (spesso suo padre) e l’innamorata era spesso corteggiata da due uomini uno più giovane e uno più vecchio. Personaggio molto diffuso era quello del capitano: inizialmente uno dei due innamorati si trasforma in uno spaccone codardo che si vanta delle sue prodezze in battaglia e in amore ma che viene smentito, indossa una cappa, una spada e un cappello piumato, a questo personaggio vengono dati anche altri nomi (Coccodrillo, Fracassa). Il Capitano era il pretendente non gradito dalle giovani fanciulle e la sua sconfitta è il momento culminante dell’opera. Al contrario degli innamorati il capitano indossava la maschera, prima copriva tutto il viso poi solo la parte superiore. - I vecchi: i vecchi per antonomasia sono Pantalone e il Dottore. Pantalone è un mercante di mezza età avaro e conservatore, parlava il dialetto veneziano e spesso si atteggia a giovane e corteggia una delle donzelle della commedia. Portava dei pantaloni rossi e una zimarra prima rossa e poi nera, alla cintura aveva una borsa e ai piedi un paio di babbucce, barbetta a punta e lungo naso adunco. Il Dottore invece era amico o rivale di Pantalone e faceva o l’avvocato o il medico era pedante e parlava il dialetto bolognese, indossa l’abito dottorale nero e una zimarra nera, colletto bianco ed è spesso un marito gelosissimo e cornuto. - I servi o zanni: la maggior parte degli scenari si apre con il primo zanni e il secondo zanni. Il primo zanni, furbo, con i suoi intrighi manda avanti l’azione, il secondo zanni invece rozzo e sempliciotto, interrompe l’azione con scherzi e burle. La maggior parte dei servi erano uomini ma c’erano anche una o due servette o fantesche a servizio dell’innamorata. Talvolta se erano più anziane erano l’ostessa di una taverna, la moglie di un servo o l’oggetto di desiderio di un vecchio. Tra gli zanni troviamo Arlecchino, maschera più popolare della seconda metà del 1600. Inizialmente secondo zanni, si trasforma in primo zanni con un misto di furberia e stupidità. Originariamente era vestito di cenci e toppe e questo diede forma poi alle toppe colorate che riempiono il suo abito. Sulla testa calva portava un cappello in feltro una maschera nera e al posto della spada una spatola di legno. Variazione del suo personaggio erano Truffaldino e Trivellino. Il compagno più frequente di Arlecchino era un servo crudele, libidinoso e arguto di nome Brighella, indossava una livrea bianca. Varianti del nome erano Buffetto, Scapino ecc. Pulcinella, maschera napoletana, poteva assumere diversi ruoli, servo ma anche oste o mercante. Era un insieme di scempiaggine e astuzia, buoni sentimenti e ottusità. Naso ad uncino e costume bianco, ampio cappello a cono e maschera nera. LE COMPAGNIE Oltre a questi tipi fissi ogni compagnia aveva le sue varianti tradizionali. Le compagnie erano formate solitamente da dieci o dodici membri sette o otto uomini e tre o quattro donne. Una compagnia aveva in genere: - due coppie d’innamorati - una fantesca - Un capitano - Due zanni - Due vecchi (Pantaleone e il Dottore) Le compagnie più importanti: - Prima compagnia di rilievo fu quella di Naselli, eclissata però dal successo della compagnia dei gelosi. Naselli si diffuse anche in Spagna e la sua figura influenzò autori come Lope De Vega. - La compagnia dei gelosi di Andreini e di sua moglie Isabella. La compagnia si sciolse con la morte di Isabella nel 1604. - La compagnia dei confidenti. - La compagnia degli Accesi dove ci fu Martinelli (il primo arlecchino) - La compagnia dei Fedeli che fu attiva dall’inizio del 1600 fino al 1652. Gli attori principali furono il figlio della coppia della compagnia dei gelosi, e sua moglie Virginia. A questa compagnia si unì anche Martinelli. TEATRO INGLESE Sotto i Tudor, che riportarono la stabilità dopo la guerda dei cent’anni fra Inghilterra e Francia (1337- 1453) e la guerra delle Due Rose tra la casa di York e quella dei Lancaster, la cultura rinascimentale si diffuse anche in Inghilterra. L’umanesimo esercitò la propria influenza soprattutto nelle scuole e nelle università, una figura chiave fu quella di Jolehn Colet che fondò la St. Paul’s School. Le prime rappresentazioni furono allestite all’Università di Cambridge, intorno al 1520, che presto diventarono comuni anche in altre scuole. Le convenzioni del dramma medievale influenzarono la produzione teatrale inglese per quasi tutto il XVI secolo, molti interludes (produzione scenica piu ampia) di corte e molti dei lavori teatrali furono attuati da professionisti. Sullo sviluppo del dramma inglese nell’ultima parte del cinquecento influirono profondamente le controversie politiche e religiose che infuriarono quando Enrico VIII ruppe i rapporti con la chiesa di Roma. Grazie al trionfo sulla flotta spagnola, grazie ad Elisabetta I, il protestantesimo venne reso relativamente sicuro ma non mise fine alle controversie religiose, i puritani si opposero all’elemento cattolico del culto come anche allo sviluppo del teatro professionale. Anche se non riuscirono a sopprimere del tutto il teatro, furono tuttavia i portavoce di condizionamenti per lungo tempo. La prima tragedie inglese, Gorboduc, fu scritta da due studenti (Sackville e Norton), il dramma è diviso in cinque atti e descrive la gelosia tra Ferrex e Porrex quando il loro padre Gorboduc decide di dividere il suo regno tra di loro (lezione morale per l’Inghilterra e all’incertezza della successione al trono). Durante il regno di Elisabetta, l’interesse delle università si spostò sui drammi classici che diffusero una forte conoscenza e portarono un’epoca di autentica grandezza per il teatro inglese. Intorno al 1580 apparvero le prime opere di gruppo di autori colti e letterati, chiamati Universitu Wits, i più importanti scrittori furono: Thomas Kyd (The spanish tragedy), Christopher Marlowe (Doctor Faust, utilizzo di eventi storici e vicenda coerente ad essi), John Lyly (compagnie per ragazzi e drammi pastorali), Robert Greene (commedie pastorali piu varie, che combinano tra di loro numerosi materiali). William Shakespeare probabilmente frequentò la King’s New school di Stratford, a diciotto anni sposò Anne Hathaway e nel 1592 doveva essere già un attore e autore affermato a Londra. Diventò azionista della compagnia dei Lord Chamberlain’s Men (diventata poi la King’s Men), quando nel 1599 costruirono il proprio teatro (Globe) ne divenne proprietario. Compose trentasei drammi per il teatro, durante la sua vita ne furono pubblicati solamente sedici, solamente nel 1623 venne pubblicata la sua raccolta integrale. Tra le opere piu importanti ricordiamo Enrico IV\V, Riccardo III\II, La bisbetica domata, I due gentiluomini di Verona, Sogno di una notte di mezza estate, Molto rumore per nulla, Il mercante di Venezia, Come vi piace, La notte dell’Epifania, Tutto è bene quel che finisce bene, Romeo e Giulietta, Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra, Coriolano, Timone di Atene, Amleto, La tempesta. Le sue fonti vanno dalla mitologia alla leggenda narrativa e drammatica, non sono suddivisi in atti ma in episodi, i diversi personaggi sono tutti estremamente ben caratterizzati. Dopo Shakespeare, Ben Jonson è considerato il maggior drammaturgo elisabettiano. Si rivolse ai precetti del classicismo nel tentativo di temperare gli “eccessi” degli scrittori drammatici internazionali. Ottenne un titolo onorario (poet laureate) direttamente scelto dal sovrano, a cui veniva concessa una pensione a vita. Dei 28 drammi scritti le commedie sono senz’altro le opere oggi più conosciute: Ognuno nel suo umore, L’alchimista, Volpone, La fiera di San Bartolomeo. Sono opere realistiche e correttive perche i personaggi sembrano nascere dalla diretta osservazione della realtà ma finiscono sempre con l’essere puniti. Jonson rese inoltre popolare quella che è stata definita come la “commedia degli umori”, la dottrina medica antica distingueva quattro umori fondamentali (sangue, flemma, bile gialla e bile nera) dal cui equilibro dipendeva la salute dell’individuo. Jonson attribuiva all’alterazione degli umori l’eccentricità e la stranezza e seguendo questo principiò creò una vasta gamma di personaggi. I tratti comuni tra Shakespeare e Jonson sono di stampo tecnico, dalla successione cronologia delle scene alla presenza di più luoghi che non vengono resi scenograficamente. Entrambi nutrono una forte fiducia dell’epoca nell’esistenza di un sistema morale in cui l’uomo è essenzialmente libero di compiere ciò che preferisce (libero arbitrio). La richiesta del teatro pubblico era talmente alta da richiedere molti drammi, quando Elisabetta I salì al trono ogni nobile poteva mantener una compagnia di attori, questo comportò molte compagnie illegali che fingevano protezioni nobiliari per rappresentare drammi di parte ed accendere cosi gli animi e le controversie. E’ per questo che nel 1559 la regina decise di proibire la presentazione di testi teatrali senza la licenza, interdì i drammi a sfondo politico o religioso. Le norme continuarono ad essere più restrittive, perché poco efficaci, cosi che alcuni drammi vennero sistematicamente soppressi. Queste norme vennero ufficialmente specificate con un decreto promulgato da Sir Edmund Tinley, master of Revels fino al 1610. La compagnia che riceveva la licenza del funzionario aveva il diritto legale di rappresentare in tutto il paese. Gli Stuart, che successero ai Tudor, ribadirono la loro autorità sul teatro e le licenze vennero convalidate anche per esibirsi dentro Londra (fino al 1608 i teatri erano situati fuori ai confini cittadini). I proventi annuali erano pari a 4.000 sterline, dalle sterline per la licenza a quelli per ogni testo presentato, una cifra ingente per l’epoca. Le compagnie che si contesero la supremazia furono diverse, ma ricordiamo i Lord Admiral’s Men ed i Lord Chamberlain’s Men (che presero il nome King’s Men quando salì al trono Giacomo I). Ogni attore azionista di una compagnia reale riceveva un compenso annuale e un’indennità per vitto e alloggio, per compensare al mantenimento della compagnia gli attori partecipavano a rappresentazioni private. In Inghilterra non si scisse l’idea di teatro di corte e teatro pubblico, spesso le compagnie rappresentavano gli stessi drammi il pomeriggio per il pubblico e la sera per le corti. Non tutti gli attori erano azionisti e non tutti possedevano quote, ma questo metodo permetteva di assicurarsi i migliori attori, che iniziavano ad assumere una certa importanza. Gli azionisti si dividevano quanto rimaneva dell’incasso totale, gli attori della compagnia Lord’s King ricevevano il doppio dello stipendio di un insegnante scolastico. I salariati (attori non azionisti), essendo dipendenti da quest’ultimi, non godevano di privilegi e a loro spettavano le parti minori (macchinisti, musicisti, guardarobieri). Gli apprendisti vivevano con i loro maestri, i quali si occupavano della loro educazione e del loro sostentamento, per queste prestazioni extra la compagnia pagava dai tre ai sette scellini alla settimana ma solo pochi di questi apprendisti diventavano attori professionisti. La maggior parte delle compagnie puntava ad acquisire una sede stabile, dato che nei lunghi periodi di chiusura forzata dei teatri molte compagnie fallivano o erano costrette a vendere tutti i loro testi. In alcuni viaggi delle compagnie gli attori venivano accolti bene, in altri venivano pagati per non recitare ed andarsene velocemente. Le compagnie cambiavano programma ogni giorno quindi erano costrette ad un repertorio vastissimo, è qui che la figura del drammaturgo iniziò ad essere necessaria e retribuita. Una volta effettuato il pagamento del drammaturgo il testo era proprietà della compagnia, ma non essendoci il diritto d’autore avevano difficoltà nel mantenere l’esclusività del testo. L’attore riceveva un'unica copia del testo con le proprie battute, il suggeritore era incaricato di ricopiare le battute degli attori e di censire tutti gli oggetti in scena. Ogni compagnia aveva un proprio regolamento che prevedeva una serie di multe per i ritardi, l’ubriachezza, chi rubava o non si presentava. Oltre alle compagnie di adulti ce ne furono diverse dei ragazzi, la migliore fu la compagnia dei Chapel Boys. I teatri pubblici o teatri all’aperto erano spesso i cortili delle locande o le arene, i primi avevano il palcoscenico simile ad un capannone mentre le seconde venivano utilizzate per i combattimenti o per la lotta. La prima struttura fissa si pensa sia stata il The Theatre di Burbage, in realtà era stato preceduto dal Red Lion (1567) di Brayne. Il successo di queste imprese portò alla realizzazioni di altre strutture teatrali permanenti, tutti costruiti ai confini della città, nei sobborghi o sulla riva meridionale del Tamigi. La maggior parte contava tre piani di gallerie coperte, che giravano intorno al cortile e le gallerie circondavano un’area scoperta abbastanza ampia (yard). Alcuni sostengono che il palcoscenico si estendesse nel cortile e visibile da tre lati, altri sostengono che l’azione fosse visibile da quattro lati. La piattaforma era spesso coperta da un tetto (shadow) che serviva a proteggere il • La sala ha una forma rettangolare (tale era la struttura del jeux de paume). • Il pubblico si ripartisce su tutti e tre i lati di questo rettangolo, in più livelli: il parterre situato al di sotto della scena; due o tre livelli di loges o gallerie, disposti parallelamente sui muri di fondo laterali e in posizione perpendicolare rispetto alla scena; un amphithéâtre, costituito da una serie di gradini posizionati nel fondo della sala e di fronte alla scena, al di sopra del parterre. • La scena, sopraelevata e in pendenza, ha una superficie ristretta e occupa, generalmente, un terzo della superficie della sala; non costituisce un quadro autonomo, piuttosto è delimitata dalle loges, i cui pilastri fungono da limite ottico. • Il rapporto tra sala e scena non è costruito per consentire una visione centrale, non è organizzato in funzione della verosimiglianza della scenografia prospettica, né, dunque, definito in funzione di un punto focale unico (più di due terzi degli spettatori sono seduti perpendicolarmente al quadro scenico, nelle gallerie laterali) La compagnia dell’Hôtel de Bourgogne • 1611 Tra le troupes che rappresentano più frequentemente all’Hotel de Bourgogne, una ottiene l’appellativo di Troupe Royale des Comédiens du Roi, guidata dall’attore Valleran le Conte, sotto la tutela di Luigi XIII. Inizia un periodo di lotta per l’ottenimento del privilegio dell’Hôtel de Bourgogne: i membri della nuova troupe chiedono a più riprese a Luigi XIII di sopprimere il privilegio alla Confraternita della Passione e di concederlo agli attori stessi. • 1629 La troupe des Comédiens du Roi ottengono il privilegio esclusivo dell’Hôtel de Bourgogne (Novembre 1629). La Troupe royale è diretta a quest’epoca dall’attore Bellerose, allievo di Valleran le Conte, insieme a Robert Guérin (Gros Guillaume nella farsa e La Fleur nella commedia), Floridor e Hauteroche (autore). La troupe contava tra gli attori più celebri dell’epoca: Valleran le Conte, e tre grandi attori della farsa francese, Gros Guillaume, Turlupin e Gaultier-Gaurguille, Bellerose, Mademoiselle Bellerose, Charles Le Noir, Jodelet, Floridor, Montfleury, Raymond Poisson, Baron e la Champmeslé (molti dei quali passeranno nella compagnia di Molière). Dal 1665, la troupe dei Comédiens du Roi divide il privilegio degli spettacoli dell’Hôtel de Bourgogne con la compagnia degli Italiani e con la troupe di Molière. Dal 1680 al 1783 Théâtre de la Comédie Italienne (interruzione tra il 1697 e 1716, in cui il teatro resta chiuso) La concorrenza tra l’Hôtel de Bourgogne e il Théâtre del Marais Dal 1622 una nuova troupe operava a Parigi, facendo concorrenza all’Hotel de Bourgogne, quella di Charles Le Noir e del celebre attore Montdory, tornato dopo una tourné in provincia (a Rouen). LA TROUPE DEL MARAIS • 1622-1625 La troupe, sotto la protezione del Principe di Orange, mette in scena i suoi spettacoli in diverse sale (jeu de paume) di Parigi. Alla morte del principe di Orange, la troupe si installa stabilmente a Parigi, sotto la protezione di Richelieu, facendo concorrenza alla troupe dell’Hotel de Bourgogne. • 1629 Montdory incontra a Rouen il giovane Corneille e lo fa debuttare a Parigi, con Mélite., sulla scena del jeu de paume de Berthault, in cui resta con la sua compagnia fino al 1631. • 1632 La compagnia di Montdory s’installa al jeu de paume de la Fontaine, e mette in scena una nuova opera di Corneille, La Veuve, e una commedia di Georges Scudery. • 1634-1643 Dopo la distruzione del Jeu de Paume de la Fontaine per un incendio, la compagnia si installa definitivamente nel jeu de paume del Marais, in rue Vieille du Temple. • 1638 Villiers ottiene la direzione della compagnia, nella quale si era introdotto Floridor • 1642 Floridor assume la direzione del teatro, dopo che Villiers e altri 5 attori furonmo costretti a passare, per ingiunzione reale, alla troupe dell’Hotel de Borgougne, sotto la direzione di Bellerose. Saranno gli anni del successo di Scudery, Tristan l’Hermite e Pierre Corneille che scrivono incessantemente opere nuove per la troupe del Marais (Le Cid 1637, Horace 1640, Cinna 1641, Polyeucte 1642). Tra gli attori del Marais, vi erano Jodelet e Matamore per la commedia, e la Villiers (prima attrice a interpretare Chimène nel Cid) e Le Noir, celebre nei ruoli di innamorato del genere della pastorale. Inoltre Montdory (1594-1653), primo grande attore del teatro francese. • 1644 Incendio del jeu de paume del Marais, che riapre nell’ottobre dello stesso anno. GLI SPETTACOLI E I GENERI TEATRALI Lo spettacolo rappresentato dalla Troupe Royale si compone come segue: • Prologo • Pièce principale (Tragedia, tragicommedia o pastorale) • Farsa LA FARSA FRANCESE • Gros-Guillaume (nome d’arte di Robert Guérin), direttore della Troupe Royale, che sarà rilevata dopo la sua morte nel 1634 dall’attore Bellerose. Il personaggio indossa una casacca bianca e un copricapo rosso. Di fisico enorme e panciuto, infarinato (incipriato) in volto. Silenzioso, ricopriva il ruolo del servo o dell'ubriaco sciocco, che spesso veniva beffato dal furbo e astuto Turlupin. • Gaultier-Garguille. Magro e allampanato, vestiva di nero, con maniche rosse e scarpette nere. In testa portava una calotta piatta e aveva una lunga barba a punta. Il viso era coperto da una maschera. Era in grado di controllare i movimenti del corpo alla perfezione, tanto da sembrare una marionetta. Impersonava la figura del marito geloso oppure quella del vecchio borghese avaro, nella tragedia quella del Re. • Turlupin Il suo personaggio era quello del servo astuto e scroccone. Per il costume di scena a bande verticali, è quello che più si avvicina alle maschere italiane, in particolar modo a Brighella. I CARATTERI • 1 atto (concentrazione dell’azione) • contrasto tra due situazioni (intrigo semplice) • personaggi fissi caratterizzati, non dal carattere ma dalla situazione (mestiere, tradimento coniugale, etc.) • satira e riferimento a persone reali • alcune particolari forme linguistiche (le ripetizioni, l’uso di linguaggio popolare) e teatrali (gesti fissi come i colpi di bastone, oppure la consuetudine di rivolgere la battuta o la parola direttamente il pubblico) ALTRI GENERI • La tragedia modello tragico che afferma un gusto per le emozioni violente, per l’orrore spettacolare e per le azioni terribili (battaglie, uccisioni, vendette, stupri, tradimenti, esili, lacrime, grida, menzogne etc.) Scenario sanglant e crudeltà (centralità nell’esposizione del corpo). Modello senecano. • La pastorale Sul modello della pastorale drammatica italiana. L’Aminta del Tasso (per i festeggiamenti alla Corte di Ferrara nel 1573) e il Pastor fido di Giambattista Guarini,, del 1590. Da queste fonti nascono in Francia alla fine del XVI secolo dei componimenti chiamati “pastourelles”, rappresentate all’interno delle feste di corte. Esemplare è Le Beau Berger di Jacques de Fonteny (1587), membro della Confrèrie de la Passion, controllore delle finanze dell’Hôtel de Bourgogne. Caratterizzato dal punto di vista drammatico come “poema dialogato” • La tragicommedia In Francia, il termine compare per la prima volta in Robert Garnier nella sua opera Bradamante (1582), ispirato alle avventure dell’Orlando furioso di Ariosto. • Soggetto “storico” (principalmente ispirato alla storia romana) • L’azione “spettacolare” lascia progressivamente il posto alla “drammaturgia della parola” (ma, nel 1630 troviamo ancora la rappresentazione della morte sulla scena nella Crisante di Rotrou) • Conformità alle regole e ai precetti derivati dall’estetica e poetica classica (Aristotele e Orazio) Pierre Corneille (1606-1684) e la Querelle del Cid Il Cid è una tragi-commedia che ha come argomento principale il conflitto che nasce da un amore “colpevole” tra Rodrigo e Chimène. Argomento Rodrigo, figlio di Don Diego, è costretto a vendicare l’affronto cui è stato vittima suo padre, per aver subito uno schiaffo da Don Gomès, padre di Chimène, la donna di cui è innamorato e a cui è promesso. Per fare fede al suo dovere, Rodrigo uccide Don Gomès in duello. Chimène è anch’ella in preda al conflitto: continua ad amare Rodrigo, ma è costretta a chiedere vendetta per l’uomo che è l’assassino di suo padre. Gli argomenti della querelle • 1637 Inizia la querelle qualche settimana dopo la prima rappresentazione della tragicommedia al Théâtre del Marais, con la pubblicazione ad opera di Georges de Scudery delle sue Observation sur le Cid, in cui accusa Corneille e il suo testo di non rispettare le regole aristoteliche, chiedendo l’intervento della dell’Académie Française perché esamini la pièce con Richelieu come arbitro e giudice. Il 20 dicembre viene pubblicato il testo Sentiments de l’Académie française sur la tragi-comédie du Cid, in cui si confermano le critiche di Scudery sulla questione delle regole (unità di azione, unità di tempo, unirà di luogo). Le critiche estetiche di Scudery • Sul concetto di vraisemblance: Secondo Scudery se lo storico racconta il vero, il poeta racconta il verosimile. Nel caso del Cid, Corneille ha raccontato il vero, ossia una “verità scioccante e scandalosa” (il matrimonio di Chimene con l’uomo che ha ucciso suo padre). Lo scopo della tragedia è dunque il racconto di un’azione verosimile e non vera. Nel concetto di verosimiglianza, secondo Scudery, è implicata innanzitutto la relazione tra autore e spettatore nei confronti di una percezione comune delle cose: della natura, del mondo, delle referenze, dei modelli. La verosimiglianza è, nell’estetica classica, la rappresentazione di una verità conforme a colui che vede la rappresentazione, che implica un aggiustamento della verità al mondo di credenze e di idee dello spettatore al quale la rappresentazione stessa si rivolge. Nel Cid, afferma Scudery lo spettatore percepisce che vi è qualcosa di extraordinaire (cioè non conforme alla natura comune, inverosimile) nella scelta di Chimene di sposare l’uccisore di suo padre. Inoltre, in questa azione non vi è niente di nobile. “È vero che Chimene sposa il Cid, ma non è affatto verosimile che una giovane donna d’onore sposi l’assassino di suo padre. Questa azione è adatta per uno storico, ma non vale per il poeta” “Il poema teatrale fu inventato per istruire divertendo: esso non manca di mostrare sulla scena la virtù ricompensata e il vizio punito. La pièce del Cid è un cattivo esempio: vediamo una giovane donna snaturata non parlare che di follie (d’amore), mentre dovrebbe parlare solo della sua sfortuna; dolersi per la perdita di un amante quando dovrebbe piangere quella di suo padre; amare ciò che dovrebbe odiare, e infine unire il suo destino a colui che ancora gronda del sangue di suo padre (…) Jean Racine (1639-1699) e la tragedia classica francese Nel teatro classico francese, il “tragico” (Tragique) si caratterizza per la disposizione all’interno di un intrigo di una crisi che determina uno o più “pericoli di morte” ai quali sono sottomessi questi personaggi. In sostanza, la tragedia detta “classica” francese è un genere sostenuto da un codice drammaturgico (le regole), da un codice recitativo (la declamazione), che determina uno specifico effetto (morale). Assistere ad una “tragedia classica” significa aspettarsi di veder rappresentata sulla scena un’azione corrispondente a ciò che si considera conforme alla tragedia, recitata nello stile che ci si attende da una tragedia, da personaggi conformi alle norme che definiscono l’”eroe tragico”. Le regole classiche Le regole hanno per funzione primaria quella di concentrare l’emozione. • Le 3 unità (tempo, luogo, azione) evitano una dispersione di attenzione e lo sforzo di immaginazione da parte dello spettatore • La vraisemblance è la rappresentazione di una verità che crea un piacere di conformità nello spettatore (una verità che si adatta à ciò che lo spettatore crede possa essere vero). • Bienséance: prescrive la rappresentazione di scene scioccanti e contrarie ai bonnes moeurs (all’interno dei principi di vraisemblance) • Utilità morale della rappresentazione delle passioni: “le passioni sono rappresentate al solo scopo di mettere in mostra i disordini di cui sono la causa; il vizio è descritto con tutte le sfumature che ne fanno conoscere e odiare la difformità. Ecco lo scopo che ogni uomo che lavora per un pubblico deve, primariamente, proporsi” (Racine, Phèdre) • La dispositio (sviluppo e organizzazione della fable): la tragedia deve avere un inizio, uno svolgimento e una fine (exposition-noeud-dénoument). • La situazione drammaturgica si basa sul conflitto tra due passioni contrapposte (amore-onore, amore-ambizione ecc.) che definisco i personaggi , la relazione tra loro e con il mondo. A partire da questo conflitto, l’intrigo si apre su una crisi che determina un pericolo di morte (exposition). La crisi può nel corso dell’azione, complicarsi o aggravarsi. Il noeud è “l’incidente che blocca l’azione e che necessita di un altro avvenimento per sbloccarsi”. Pertanto, il dénouement è la risoluzione o l’eliminazione degli ostacoli che costituiscono il nodo. L’EFFETTO DELLA TRAGEDIA Nella drammaturgia classica, la nozione di catharsis (pietà e terrore) viene rielaborata, assumendo delle diverse accezioni. • Dalla pietà all’ammirazione • È Corneille che nell’Examen di Nicomède (1660), critica la definizione aristotelica di catarsi (difficile da comprendere e da realizzare) proponendo di sostituire al principio di “pietà” quello di “ammirazione” che offre allo spettatore la possibilità di una maggiore distanza critica nei confronti del personaggio e dunque aumenta la capacità di elaborare un esame critico del suo carattere, isolare le passioni negative (ira, vendetta, ambizione ecc) dalle Virtù (clemenza, giustizia, prudenza ecc.). Racine parlerà di compassione e non di ammirazione. Per Racine il “tragico” della tragedia consiste nell’eccitazione delle emozioni (dal tragico al “patetico”). FEDRA E IPPOLITO, ANALISI E LETTURA Nel 1677, Saint-Evremond scriveva: “Confesso che sia esistito un tempo in cui bisognava scegliere bei soggetti e trattarli adeguatamente; oggi c’è bisogno solo di Caratteri. Racine è preferito a Corneille e i caratteri trionfano sul soggetto” Phèdre è l’emblema di questo passaggio. Al centro di tutto c’è l’eroina tragica, dilaniata tra la passione e la coscienza dell’errore, straziata dal suo dolore che invoca in forma di lamento sublime. Lo scopo della scrittura di Racine appare quindi quello di fare una peinture della passione, vettore privilegiato dell’analisi psicologica umana. Racine scriverà: “Non sono affatto stupito del fatto che questo carattere abbia avuto un successo continuo dall’epoca di Euripide, poiché esso ha tutte le qualità che Aristotele richiede all’Eroe della Tragedia. Fedra non è né completamente colpevole, né completamente innocente”. Fedra è in effetti l’emblema della ricerca, dell’indagine all’interno della mente umana (quête) Ancora nella Préface di Bérenice, Racine ci offre una precisa definizione di tragedia: “una azione semplice, sostenuta dalla violenza delle passioni, dalla bellezza dei sentimenti e dall’eleganza delle espressioni”. Se si vuole tentare di descrivere il contesto della vita teatrale a Parigi nella prima metà del XVIII secolo è necessario partire da una dato: la libertà teatrale non esiste Solo nel 1791, con la legge Le Chapelier, viene sancita per la prima volta la liberalizzazione del sistema teatrale, l’abolizione dei privilegi e l’apertura di un quadro di libera concorrenza tra i teatri ufficiali e non ufficiali. Le sole due compagnie riconosciute, quella dell’Académie Royale de Musique o Opéra, e quella della Comédie Française, sono gestite direttamente dall’autorità reale; esse sono composte da una troupe ufficiale, ciascuna avente un proprio statuto e regolamento in base ai privilegi loro accordati dal re e che custodiscono gelosamente. La Comédie Française • Il re concesse ai nuovi membri della compagnia il titolo di Comédiens du Roi, assicurò che la troupe riunisse così un privilegio esclusivo "vietando a tutti gli altri attori francesi di stabilirsi nella città e nei sobborghi di Parigi senza ordine espresso da Sua Maestà". • Con un atto successivo, dal 5 febbraio 1681, Luigi XIV istituì la Comédie Francaise “en société”, assicurando a ciascun membro della compagnia la condivisione dei profitti e la partecipazione all'amministrazione generale del teatro, gestita dai Gentilshommes de la Chambre du roi, facenti parte dei Menus-Plaisirs du Roi La Comédie Française le contraddizioni di un teatro di stato • unico teatro a rappresentare in alternanza commedia e tragedia (rigidità del calendario vs sistema commerciale improntato alla varietà) • valorizzazione del repertorio (Racine Corneille Molière vs nuove creazioni) • teatro destinato al divertimento e al piacere del re vs teatro della città (del popolo). 1716-1723 La Reggenza di Philippe d’Orléans In attesa della maggior età di Luigi XV la reggenza è nelle mani del duca Philippe d’Orléans, che trasferisce la corte da Versailles a Parigi. Il periodo della Reggenza si caratterizza per una netta discontinuità con la politica dell’Ancien Régime: “Con il vecchio re muore un ideale d’immobilità sontuosa e di tradizione onnipotente; con il Reggente subentra un nuovo ideale di consumo e di godimento. Sul modello del progresso scientifico e tecnico, ci si immagina una trasformazione della società. Circola il denaro, si fanno e disfano fortune, si sperimenta in politica come in economia. Que la fête commence: la Reggenza dà il via a una brusca liberazione dei desideri, in un’ atmosfera di libertà ritrovata”. Michel Delon, Le principe de délicatesse, Albin Michel 2011, p. 67. La Reggenza si caratterizza per un periodo di liberalizzazione e moltiplicazione delle attività teatrali all’interno dello spazio cittadino: • 1715 Nasce il Teatro dell’Opéra Comique • 1716 Il Reggente chiama a Parigi la Compagnia Italiana di Luigi Riccoboni 1716-1723 La reggenza e la guerra tra i teatri 1715-1728 Questo periodo viene comunemente designato dalla storiografia teatrale recente come la fase della “Guerre des Théâtres”: un particolare regime di concorrenza tra le istituzioni teatrali in contrapposizione al sistema monopolistico che regolava le attività teatrali erede dell’Ancien Régime: • l’Opéra • la Comédie Française • la Comédie Italienne • l’Opéra comique e gli altri teatri della Foire. La nascita dell’Opéra Comique Nel dicembre del 1714, i conuigi Saint-Edme in associazione con la Dame de Baune ottengono, in cambio di una somma annuale da versare all’Opéra, il privilegio di far cantare da quattro attori differenti i vaudevilles e le canzonette che erano, fino ad allora, inseriti sugli écriteaux, e qualche aria italiana accompagnata dai violini e da altri strumenti, di cui il numero non potrà superare gli otto […] e fare rappresentare delle entrées composte da sei danzatori e danzatrici con una scenografia ordinaria. La società istituita dai Saint-Edme e la Dame de Baune prese ufficialmente il nome di Opéra Comique. Opéra Comique La definizione del genere L’opéra-comique est un Drame d’un genre mixte qui tient de la Comédie par le fond, et qui s’approche de l’Opéra par la forme. • Genere Ibrido Gli spettacoli di Opéra-Comique erano generalmente composti da 3 commedie in un atto (Ambigu Comique) caratterizzate dalla commistione di prosa (parti dialogate) e Vaudevilles, con accompagnamento di danza e balletti. Il Vaudeville è una canzone popolare, in cui le parole sono adattate su un’ aria conosciuta preesistente, facilemente identificabile attravarso un ritornello (refrain). Nel genere dell’opéra-comique i versi dei vaudevilles (Couplets) venivano di volta in volta adattati al soggetto e all’intrigo della commedia ed erano cantati su arie conosciute, anche tratte dalle arie d’opera più celebri del momento. Le interdizioni • 1718-1721 Soppressione di tutte le attività teatrali alla Foire. Concorrenza e scontro con i teatri ufficiali • 1722-1724 Chiusura definitiva dell’Opéra Comique. Il ritorno degli Italiani a Parigi • Il 1° giugno 1716, i nuovi attori italiani lasciarono la sala del Palais Royal e si stabilirono all'Hôtel de Bourgogne, vecchia dimora dell’Ancienne Comédie. • Il tentativo della tragedia e la difficoltà della lingua. • L'11 maggio 1717, Riccoboni tentò la rappresentazione di una tragedia, la Merope di Scipione Maffei, degna secondo lui del teatro di Racine e di Corneille. Ma l'assenza di Arlecchino aveva indisposto quanti non avevano dimostrato interesse ad ascoltare l'italiano. La pièce fu ritirata dopo sole due rappresentazioni, alla presenza misera di 250 spettatori. • Il confronto con gli spettacoli delle Foire: “usurpatori dello stile italiano” Il processo di francisation • Una svolta arrivò durante l'inverno del 1717, quando Pierre François Biancolelli, detto Dominique, l'Arlecchino forains, decise di lasciare, alla fine della fiera Saint-Laurent, la troupe della Dame de Baune e di unirsi alla compagnia dei Riccoboni. L'11 ottobre 1717, Dominique debuttò all'Hôtel de Bourgogne nella commedia intitolata La Force du Naturel, nel ruolo di Pierrot. • Nel 1718, la troupe di Riccoboni rappresenta la prima commedia in lingua francese del suo repertorio, il Naufrage au Port-à-l’Anglais di Autreau, andata in scena il 25 aprile 1718. • Inizia il processo di “francisation” del teatro italiano che culminerà nell’ingaggio, a partire dagli anni Venti, di uno degli autori comici francesi più celebri del secolo: Marivaux. La Troupe Italienne des Comédiens du Roi • Infine, tutti gli sforzi di Riccoboni miranti a elevare la tradizione del teatro italiano al rango dei privilegiati riuscirono: nel dicembre 1723, poco dopo la morte di Filippo d'Orleans, il re, Luigi XV, conferì agli italiani il titolo di Comédiens ordinaires du Roi e una pensione annua di 15 000 livres. • La Comédie Italienne passò sotto l'amministrazione superiore dei premiers Gentilshommes de la Chambre du Roi e divenne, dopo la Comédie-Française e l’Opéra, il terzo teatro sovvenzionato e protetto dall’autorità reale. • Come comédiens du roi, gli attori italiani seguiranno il Re alla corte di Versailles, una volta alla settimana, e, per quasi due mesi all'anno, a Fontainebleau, dove il re passava il suo tempo in autunno, per rappresentare gli spettacoli del loro repertorio. Fu allora, alla Corte de re, che Riccoboni ottenne per la sua troupe il privilegio di rappresentare eccezionalmente la tragedia. La crisi della Comédie Française • Alla fine degli anni 30, anche la Troupe Italiana si era conformata al nuovo gusto “galante” delle commedie di Marivaux. Nessuna “grivoisérie” (volgarità), nessun costume caricaturale, nessuna gestualità eccessiva. • La troupe italiana cambia i suoi interpreti: quando Silvia recita nel ruolo di Araminte nelle Fausses Confidences, ultimo capolavoro di Marivaux, ha già 37 anni. • Nel 1733, Luigi Riccoboni e la moglie Elena Balletti si ritirano dalle scene • Nel 1739, muore Thomassin, che aveva interpretato tutti i ruoli di Arlecchino nel teatro di Marivaux (dopo la morte di Tommaso Vicentini, Marivaux non scriverà più ruoli di Arlecchino) Opéra-comique Gli autori e la progressiva “istituzionalizzazione”. Alain René Lesage Louis Fuzelier Jacques-Philippe d’Orneval Questi autori contribuiscono a definire le regole del genere (1737 - pubblicazione dei volumi del Teatro della Foire). In questa fase, il testo drammatico ha ancora maggiore importanza rispetto alla parte musicale. • 1724 -1744 La gestione “semi-ufficiale” e il processo di istituzionalizzazione. Dal 1724 la direzione dell’Opéra- Comique è affidata a Honoré (1724-1727), a Ponteau (1728-1732), a Devienne (1733), Ponteau (1734-1742), Monnet (1743-1744) • 1745-1751 Nuova soppressione di tutte le attività teatrali alla Foire. • 1752 Jean Monnet riapre l’Opèra Comique. • 1762 L’Opéra Comique viene annessa, per decreto reale, alla Comédie-Italienne. 1760-1780 La Francia dei Lumi e di Diderot • 1745-1772 : L’impresa editoriale dell’Encyclopédie. Si ridiscutono i termini del teatro in un’ottica di ripensamento e di sistematizzazione concettuale (Marmontel, Diderot e Voltaire partecipano alla stesura delle diverse voci riguardanti i termini teatrali • Nel 1757, Diderot teorizza il dramma borghese • Verso un teatro nazionale e politico: (il genere storico: la tematizzazione dei conflitti del presente. 1765: Le siège de Calais, dramma patriottico di De Belloy). Questo ventennio è infine caratterizzato per un’attenzione crescente rivolta dagli uomini di teatro verso l’aspetto “visivo” della rappresentazione teatrale: dalla proto-regia al lavoro dell’attore: • 1759 : eliminazione delle banquettes dalla scena della Comédie Française produce un cambiamento notevole delle condizioni di rappresentazione in favore di una maggiore illusione della scena teatrale • La recitazione come arte e la diffusione della trattatistica attoriale: Saint-Albine, Le comédien (1747); Francesco Riccoboni, L’art du Théâtre (1750); Diderot, Le Paradoxe sur le comédien (1769-1778). Diderot e il teatro 1757 • Le fils naturel (drame) Entretiens sur le fils naturel • 1758 Le père de famille (drame) Discours sur la poésie dramatique Le fils naturel sarà rappresentato alla Comédie-Française solo nel 1771 e Le père de famille trionferà in provincia (Marsiglia, 1760), poi all'estero e infine alla Comédie-Française il 18 febbraio 1761. Quindi il discorso intorno all’origine del dramma appare inizialmente in seguito alla pubblicazione, e non alla rappresentazione, delle due opere di Diderot. • È negli Entretiens sur le fils naturel che Diderot parla per la prima volta di Dramma Borghese, che egli chiama « le genre sérieux ». • Con il termine “serieux” ci si riferisce a una zona intermedia tra tragedia e commedia. All’interno del genere serio, Diderot stesso distingue la “comédie serieuse” e la “tragédie domestique ou bourgeois”, ma le frontiere non sono nette e il passaggio dall’una all’altra è sempre possibile. La riflessione di Diderot s’inserisce in un clima di crisi dei generi “classici”: cosa rimane del tragico dopo la tragedia? • […] Si dice che non ci siano più grandi passioni tragiche da suscitare; che è impossibile presentare sentimenti elevati in un modo nuovo e vivido. Può essere che sia così nella tragedia come l'hanno composta i Greci, i Romani, i Francesi, gli Italiani, gli Inglesi e tutti i popoli della terra. Ma la tragedia domestica e borghese avrà un'altra azione, un altro tono e un sublime tutto suo (Entretiens sur le Fils Naturel). • Diderot accusa il teatro contemporaneo di “freddezza”. Lo scopo del Dramma è rendere a teatro una “forza” e una “energia” che possa produrre un effetto sullo spettatore, suscitare un “interesse”. Centralità del progetto “filosofico”: • Il teatro è considerato dalla filosofia illuminista come lo strumento più efficace della propria battaglia civilizzatrice nei confronti del genere umano; uno strumento “politico” per l’educazione morale dell’uomo. • Il dramma è un prodotto della filosofia dei Lumi (Diderot drammaturgo=Diderot enciclopedista) “Dorval: Qual è lo scopo di un componimento drammatico? IO: è, io credo, di ispirare agli uomini l’amore per la virtù e l’orrore per il vizio” (Entretiens sur Le Fils Naturel). • Anche la forma del dramma diderotiano è pertanto più assimilabile a una serie di dialoghi filosofici cbe a una successione di azioni. Rousseau la definisce un “espèce de poétique en dialogue”. Diderot immagina un teatro in cui “si discutano gli elementi di morale più importanti” • Ma il teatro non si riduce ad un elenco di precetti. Morale deve essere ciò che si scatena nello spettatore: "Ce n'est pas des mots que je veux remporter du théâtre mais des impressions " scrive in La poésie dramatique. Lo scopo del dramma è dunque quello di suscitare emozioni, giacché la virtù deriva dalla “sensibilità”. La scelta del soggetto • Il valore rivoluzionario del dramma preconizzato da Diderot sta nella scelta del soggetto, che deve essere adeguato al presente e all’attualità dei costumi e delle mentalità del proprio tempo. (Esprit du temps). Il dramma deve incarnare nella finzione i dibattiti contemporanei. • Diderot rifiuta un teatro classico condannato a rappresentare solo favole antiche o esotiche. Molto prima della celebre domanda di Beaumarchais: "Come agiscono su di me, suddito pacifico di uno stato monarchico del Settecento, le rivoluzioni di Atene e di Roma?” La sostituzione delle condizioni al carattere ((La Didascalia) • A partire dalla centralità della condizione socio-professionale e delle relazioni familiari, Diderot si spinge a proporre una lista di soggetti del “dramma morale”, “il suicidio, l’onore, il duello, la fortuna, la dignità della persona”. • L’esemplarità dei modelli che indicano una “condizione umana” è tutta esemplificata già nella scelta dei titoli dei drammi: Diderot non vuole descrivere un padre di famiglia, ma Il padre di famiglia. Il realismo e la modifica delle condizioni della scena • Eliminazione delle unità aristoteliche. • La scena simultanea e il cambio di scenografia (dopo il 1759) • Il dialogo e lo stile “halentant” • Critica alla declamazione (rigidità dei movimenti e ampollosità nella dizione) • La teoria del Tableau contro il “coup de theatre” (Entretiens sur le Fils Naturels”. Seguendo il modello pittorico, Diderot afferma che il tableau (“una disposizione dei personaggi sulla scena”) restituisce un maggiore grado di realtà, rispetto al “coup de theatre” che appare un artificio inverosimile. Nel Tableau, a esprimere l’intensità della scena sono i gesti e il corpo dell’attore (Jeu muet) e non le parole (es. Clairville riversata in ginocchio sul petto di Dorval che piange). La presenza di questa “affettività incarnata” è considerata indecente nel teatro classico. La commedia e Molière • 1660-1665 Gli anni del successo e delle “querelles”. La comédie des moeurs e la comédie de caractère • 1666-1673 Gli ultimi anni. La canonizzazione della grande comédie e l’eccezione della comédie-ballet 1643-1658: gli esordi e gli anni in provincia 1643 Utilizzando i soldi dell’eredità materna, dopo il rifiuto di seguire l’attività di famiglia, Molière firma un atto di associazione con altri 9 soci attori e apre L’Illustre Théâtre insieme ai membri della famiglia Béjart (i fratelli Madeleine, Geneviève e Joseph). La sua personalità lo spinge a diventare attore, a calcare le scene, ma non abbandona la via dello studio e delle lettere, affiancando alla sua attività anche quella di autore. La prima sede dell’Illustre Théâtre era sulla rive gauche, in rue de Seine, al Jeu de Paume des Métayers, poi trasferitasi nel novembre 1644 sulla rive droit, nel Jeu de Paume de la Croix-Noire, fino alla chiusura definitiva del teatro nel 1645 e alla partenza della Troupe per la provincia. • 1653 La troupe è a Lyon. Nello stesso anno, la compagnia recita per il Principe di Conti nella residenza di Pézenas. Per tre anni, fino al 1656, la troupe di Molière sarà conosciuta con il titolo di “Comédiens di Prince de Conti”. Prima attività di Molière come autore: L’ètourdi ou le Contretemps (1653), commedia in 5 atti e versi, traduzione dell’Inavvertito di Beltrame e Le Dépit amoureux (1656), in 5 atti e versi. Per il resto la troupe di Molière rappresenta in questo periodo soprattutto farse ispirate al modello italiano della Commedia dell’Arte. 1658-1660: il ritorno a Parigi e il teatro del Petit Bourbon • 1658 Molière ottiene per la sua compagnia la protezione di Monsieur, duca Philippe d’Orléans, fratello del Re, e il titolo di “Comédiens de Monsieur” con una rendita di 300 livres di pensione per ciascuno degli attori. La troupe è così composta: Molière, i membri della famiglia Béjart (Joseph, Louis, Madeleine e Geneviève, detta Mlle Hervé), René Berthélot, in arte Du Parc (nelle farse Gros-René) e sua moglie Marquise, detta Mlle Du Parc, i coniugi De Brie (Edme e Cathérine) e Charles Dufresne. Il 24 ottobre, davanti al giovane Luigi XIV, alla regina madre Anna D’Austria, a Mazzarino alla corte e ai “grand comédiens” dell’Hôtel de Bourgogne, la troupe di Molière mette in scena Nicomède di Corneille e un divertissement scritto da Molière, Le Docteur amoureux (non conservato), in una delle sale del Louvre. A seguito del successo ottenuto, il Re concede l’uso dei “giorni straordinari” (lunedì, mercoledì, giovedì e sabato) della Sala del Petit Boubon al Louvre, in alternanza con la compagnia di comici italiani del celebre Scaramouche, Tiberio Fiorilli, a cui la troupe di Molière fu costretta a versare 1500 livres. • Le Médecin Volant, nella tradizione della Commedia dell’Arte e della farsa francese • Les Précieuses Ridicules, rappresentata il 18 novembre 1658, in un atto e versi, in cui Molière recita nel ruolo di Mascarille • Sganarelle ou Le Cocu imaginaire (1 atto e 23 scene, in versi) rappresentata il 28 maggio 1660, in cui Molière recita nel ruolo di Mascarille L’11 ottobre 1660 viene dato l’ordine di demolizione del Petit Bourbon per la costruzione dell’attuale colonnato del Louvre. Il re offre ai comici e a Molière il teatro del Palais Royal, dimora di Philippe D’Orléans. 1660-1665: gli anni del successo e delle “querelles” • 1661 Il 4 febbraio, la compagnia di Molière mette in scena la commedia eroica Dom Garcie de Navarre. È l’ultimo tentativo di Molière attore nel genere della tragedia, dopo l’insuccesso del Dom Garcie, Molière si consacrerà interamente alla commedia. Il 24 giugno mette in scena L’École des maris che ottiene un tale successo da spingere il sovrintendente generale delle finanze, Fouquet, ad invitare la troupe di Molière a rappresentare nel suo castello di Vaux-le-Vicomte, davanti al re in onore dei festeggiamenti di corte, dal 15 al 20 agosto. Il 17 dello stesso mese, Molière mette in scena Les Fâcheux, una comédie-ballet (genere nuovo) che integra commedia, danza e musica, con l’apporto di Jean-Baptiste Lully (compositore), Pierre Beauchamps (coreografo) e Giacomo Torelli (scenografo) • 1662 Nel gennaio 1662, la compagnia italiana di Domenico Locatelli (Trivelino) torna stabilmente a Parigi e per ordine del re si installa al Palais Royal, recitando in alternanza con la troupe di Molière. Questa volta furono gli italiani, tra cui anche il celebre Tiberio Fiorilli (Scaramouche)e Domenico Biancolelli (Arlecchino), che dovettero recitare nei giorni “straordinari”. • 26 dicembre 1662 Dopo la rappresentazione dell’École des femmes, prima “grand comédie” in 5 atti e in versi, scoppia la querelle intorno alla “moralità” della commedia: sulla “oscenità” a causa della presenza di alcuni elementi da farsa (il tema del’infedeltà femminile e le allusioni volgari) e sulla “irreligiosità” per un riferimento parodico ai sermoni e ai comandamenti divini nelle raccomandazioni che Arnolphe propone ad Agnès nelle Maximes du mariage ou les devoirs de la femme mariée, avec son exercice journalier (I, 2). Il 1 guigno 1663, Molière mette in scena La Critique de l’École des femmes, in cui l’autore espone attraverso i suoi personaggi i motivi a favore o contro la sua precedente commedia, immettendo nella finzione anche un primo accenno ai una “teoria della commedia”: La Critique de l’École des femmes Uranie La tragedia è un qualcosa di molto bello quando è ben fatta, non c’è dubbio; ma anche la commedia ha il suo fascino, e io credo che fare una buona commedia sia altrettanto difficile che scrivere una bella tragedia. Dorante Sicuramente, signora; e se anzi, quanto a difficoltà, metteste un più dalla parte della commedia, non credo che sbagliereste. Perché insomma, io trovo che è molto più facile scatenarsi sulle grandi passioni, sfidare in versi il Fato, accusare gli astri e ingiuriar gli eterni dèi, che penetrare con efficacia nel ridicolo dell’animo umano, e portare sul palcoscenico in modo gradevole i difetti del mondo. • 1664 Dal 30 aprile al 14 maggio, Molière è invitato con la sua troupe a partecipare alla più sontuosa festa di corte che si sia mai tenuta a Versailles, Les Plaisirs de l’Île enchantée, inaugurazione dei lussuosi giardini della Reggia. Il secondo giorno di festeggiamenti, Molière mette in scena La Princesse d’Elide, “comèdie galante” in 5 atti e in prosa, con musica e danza. Il 12 maggio, Molière mette in scena Tartuffe ou l’Hipocrite. Subito dopo la rappresentazione a corte, su istanza dell’arcivescovo di Parigi, Luigi XIV fece interdire le rappresentazioni pubbliche di questa commedia che aveva come argomento la satira “dei devoti”, per non fomentare la crisi del cattolicesimo che in quegli stessi anni vedeva lo scisma tra i devoti dei gesuiti e quelli dei giansenisti. Il 1 agosto, uno noto antigiansenista, curato della chiesa si Saint-Barthélemy di Parigi, Pierre Roullé, pubblica un piccolo opuscolo indirizzato a Luigi XIV in cui dipinge Molière come un “empio”, un “demone vestito di carne e con indosso un abito da uomo”, esprimendo nei confronti del teatro una l’uso a 6 cantanti e 12 strumentisti, ma la tenace opposizione di Lully fece scendere a 2 il numero dei cantanti e a 6 quello dei musicisti. • 1673 Il 10 febbraio 1673, la troupe rappresenta l’ultima comédie-ballet di Molière, Le Malade Imaginaire, con la musica di Charpentier. Pochi giorni dopo aver recitato una finta morte nel ruolo di Argan nel Malade Imaginaire (“N’y a-t-il point quelque danger à contrefaire le mort?” III,11), il 17 febbraio 1673 Molière muore a causa dell’aggravarsi di una malattia polmonare. La compagnia dopo la morte di Molière • Quattro mesi dopo la morte di Molière, la compagnia dell’Illustre Théâtre si era fusa con quella del Théâtre del Marais, dopo aver fittato una nuova sala all’Hotel de Guénégaud. Il nuovo teatro fu inaugurato il 9 luglio con la rappresentazione di Tartuffe, Les Femmes Savantes, L’avare, Le Misanthrope. Era il repertorio di Molière • Alla morte di Molière, due furono gli attori della Compagnia intorno ai quali si stringe l’eredità di Molière: Lagrange e Baron • Lagrange prende il posto di orateur (ruolo che era stato di Molière, e che consisteva nel recitare al pubblico il compliment iniziale). Inoltre si incarica dell’amministrazione e della gestione economica della compagnia (Chef de troupe?) • Baron è l’erede di Molière attore, dello stile naturale nella recitazione. TEATRO SPAGNOLO Pedro Calderòn de la Barca scrisse prevalentemente per il teatro di corte, i suoi drammi profani possono essere suddivisi in due categorie: le commedie di cappa e spada (intrighi amorosi) e le opere serie (gelosia ed onore). Il dramma più famoso è La Vita è Sogno, una favola allegorica sul mistero della vita e dell’uomo (storia di Sigismondo ed il suo “sogno” alla corte). Calderòn è noto soprattutto per i suoi autos sacramentales (genere drammatico che portò alla massima perfezione), dove incarna il dramma cattolico trasfigurandolo in limpide simbologie raccontate in un dialogo lirico. Accanto a questo drammaturgo ricordiamo anche Zorrilla e Moreto. I corrales (teatri pubblici) vennero posti sotto il controllo di confraternite simili alle corporazioni medievali, quando passò nelle mani dell’amministrazione municipale continuarono ad essere affittati a impresari privati. Il primo corral fisso fu aperto nel 1583, il Corral del Prìncipe. Non avevano una struttura uniforme ma erano costruiti in un cortile di forma quadrata o rettangolare, diventarono spazi chiusi con la costruzione dei tetti. Il patio era occupato dagli spettatori in piedi, furono disposti di fronte al palco una fila di sgabelli o panche e ai lati delle file di gradas. In fondo al patio si trovava il banco per i rinfreschi mentre le finestre ai piani superiori erano utilizzati come delle palchetti privati. Il teatro di Madrid presentava due ingressi, rispettivamente controllati per la riscossione, e permetteva alle donne di entrare nella cazuela mentre agli uomini nel patio. La capienza era di circa 2.000 persone. La stagione teatrale iniziava a settembre e continuava fino alla quaresima (marzo), poi dal mercoledì delle ceneri fino a dopo la Pasqua rimanevano chiusi. Avevano inizio alle due pomeridiane e dovevano concludersi almeno un’ora prima del tramonto. Il programma si apriva con musiche, canti e danze e si concludeva con un ballo. I mosqueteros (spettatori in platea) erano i più turbolenti, ma talvolta anche le donne usavano fischietti o tiravano frutta marcia agli attori. Gli attori erano tenuti a procurarsi il proprio abito, furono vietate parrucche o accessori eccessivi. Le città riservavano dei premi speciali agli attori o alle compagnia che si erano particolarmente distinti nella recitazione e nella bellezza dei costumi. Il palcoscenico era sopraelevato, aperto sui tre lati, era delimitato da una facciata a due o tre piani. Le pratiche sceniche erano rudeimentali e semplici, assomigliavano a quelle del teatro elisabettiano. A volte venivano montate delle mansions ai lati della piattaforma, quando lo spazio scenico non bastava veniva descritta l’ambientazione nella recitazione, per stimolare la fantasia del pubblico. Non si cercò di utilizzare scenografie prospettiche, tranne in casi rari. Il teatro di corte, diffuso con Filippo III, raggiunse la sua massima espressione sotto Filippo IV. Numerosissime rappresentazioni ebbero luogo nel giardino del palazzo reale. Una messa in scena di Calderòn prevedeva un palcoscenico galleggiante in acqua accompagnato da tremila lanterne ed il re con il suo seguito assisteva alla scena in gondola. Quando venne costruito il Coliseo (1640, primo teatro permanente) gli spettacoli venivano messe in scena dalla stessa compagnia. Con la ribellione del Portogallo e della Catalogna (1643) il paese subì un forte declino, il Coliseo venne riaperto solo nel 1651. Dopo la morte di Carlo II il teatro subì un altro declino. IL TEATRO ITALIANO NEL SETTECENTO La grandezza e la magnificenza della scenografia trovò la sua piena espressione nell’opera della famiglia Bibiena, lavorarono molto anche in acque internazionali (Parigi, Lisbona, Londra, Stoccolma). Cambiarono la prospettiva scenografica da quella ad asse centrale con un unico punto di fuga, all’utilizzo di piu punti di fuga posti ai lati del disegno scenografico. Mentre la scena poteva essere dipinta da diversi punti di vista, le quinte venivano trattate come fossero la sezione inferiore di un edificio troppo grande. La scena ad angolo riusciva a suscitare un’impressione di ampiezza assai superiore a quella della scena ad asse centrale. Tutte le innovazioni rispondevano al gusto barocco che si era imposto alla fine del ‘500, mentre lo stile rinascimentale prediligeva più linearità. In questo periodo crebbe la popolarità dell’opera buffa, tanto da dividere i grandi teatri in due compagnie (una per le rappresentazioni serie e l’altra per l’opera buffa). La scenografia adottava le “parapettate” e le “plafonate”: scene chiuse da tre pareti continue e il tetto a vista nero. L’innovazione più importante fu l’inserimento delle tonalità psicologiche nella scenografia: enfasi sul chiaro-scuro, scene di prigionia dai toni drammatici, la ricerca dell’atmosfera. Ampia fu la richiesta di testi per l’opera lirica, emersero Handel e Vivaldi, Pietro Metastasio e Apostolo Zeno. Nel campo della tragedia si impose la Merope di Maffei, ma non superò per rinomanza Vittorio Alfieri, le cui opere comprendono Oreste, Antigone, Virginia, Saul, Filippo e Mirra. Alfieri affidava la trama a pochi personaggi per un’azione semplice e lineare. Nel campo della commedia Carlo Goldoni, a Venezia, lavorò come poeta di compagnia al Teatro San Carlo. Restò celebre la su impresa compiuta nel 1750, quando riuscì a scrivere in un anno sedici commedie, tra cui i suoi testi migliori. La riforma di Goldoni guardava alla creazione di un nuovo testo drammaturgico, iniziò la composizione di scenari per i personaggi e procedette integrando una semplice azione scenica con parti interamente scritte e da imparare mnemonicamente. Le sue maschere furono trasformate in personaggi piu sfumati e complessi, perdendo le caratteristiche immediatamente ridicole. Tra le opere più importanti ricordiamo La donna di garbo, I rusteghi, La locandiera, Baruffe chiozzette. Più importanti furono le opere di Carlo Gozzi autore delle Fiabe teatrali. DOMANDE CHE POTRESTI TROVARE ALL’ESAME La scena serliana The Swan Caratteristiche della commedia erudita Caratteristiche del classicismo francese La guerra dei teatri in Francia Il balletto di corte francese Il periodo della reggenza Corrales Indigo Jones e scene da lui progettate LA MANDRAGOLA DI MACHIAVELLI La commedia di Machiavelli è il vero capolavoro della produzione drammaturgica “regolare”. Si tratta di una commedia cittadina che coglie una dimensione di classe: borghesia fiorentina colta nei suoi vizi e nelle sue debolezze. Azione della commedia: semplice e lineare nella caratterizzazione efficacissima dei personaggi. Stile in prosa. Informazioni preliminari. Nelle sue lettere Machiavelli non chiama mai la commedia con il titolo ufficiale, ma la designa come “La commedia di Messer Nicia”. Struttura drammaturgica in 5 atti, 4 canzoni in versi, 1 prologo (indicazioni sui personaggi, sulla scenografia e alla trama). Le informazioni sull’epoca di ambientazione sono contenute in I,1. Il racconto della trama deve essere sintetico. AMLETO Sono presenti tutte le classi sociali (più personaggi= trama più complessa e completa, più piani linguistici). ATTO I,1 Notte= mondo oscuro, magia Giorno= luce della ragione ATTO I,2 Primo monologo di Amleto. I monologhi sono l’espressione di un oensiero profondo. Taglio filosofico/esistenziale. Totale estraneità rispetto all’ambiente che lo circonda. Il dubbio è la base per la conoscenza.
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