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appunti storia dell'arte, Schemi e mappe concettuali di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

appunti professoressa chiara colombo liceo scientifico

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 22/10/2023

rebeccaaafarrisss
rebeccaaafarrisss 🇮🇹

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Scarica appunti storia dell'arte e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! APPUNTI ARTE DONATELLO: Nacque a Firenze nel 1386, figlio di Niccolò di Betto Bardi, cardatore di lana, da una famiglia modesta: il padre, irrequieto, condusse una vita tumultuosa, avendo partecipato prima alla rivolta dei Ciompi del 1378 e poi ad altre azioni contro Firenze, che lo portarono a essere condannato a morte e poi perdonato con il condono della pena; un carattere molto diverso da quel suo figliolo così minuto, signorile, elegante e delicato tanto da essere vezzeggiato con il nome di Donatello. Dal 1402, fino al 1404, fu a Roma con Brunelleschi, più anziano di lui di circa dieci anni, per studiare "l'antico". Tra i due si andava instaurando un intenso rapporto di amicizia ed il soggiorno romano fu cruciale per le vicende artistiche di entrambi. SAN GIORGIO Il rilievo (stiacciato) di San Giorgio libera la principessa è un'opera di Donatello su marmo apuano (129x39 cm) proveniente dalla base della nicchia dell'Arte dei Corazzai e Spadai di Orsanmichele ed oggi conservata nel Museo del Bargello (all'esterno si trova una copia). Risale al 1416-1417. La scena presenta quell'essenzialità tipica dello stile rinascimentale, con i personaggi ridotti ai soli protagonisti e coerentemente collocati nello spazio, in modo da rendere immediatamente leggibile il nodo narrativo dello scontro, evidenziato anche dalle linee convergenti e dalle variazioni di chiaroscuro. Il graduale passaggio dal bassorilievo dei personaggi principali allo stiacciato degli sfondi non ubbidisce solo alle regole della prospettiva, ma crea dei suggestivi effetti di chiaroscuro in tutto simili a quelli che si possono ottenere nella pittura. La linea d’orizzonte è posta all’altezza della testa della principessa e il punto di fuga centrale sulla mediana minore in corrispondenza del cavaliere, che sta trafiggendo il drago, simbolo del peccato, mentre il suo mantello si agita al vento. Alle sue spalle vi è un portico rinascimentale in prospettiva, emblema di classicità e razionalità, in contrapposizione con il con l’antro del mostro, simbolo di rozzezza e primitività. San Giorgio presenta ancora qualche traccia di gotico. Presenta L’orgogliosa postura e la tranquilla gravità sul volto tipica di Donatello. Egli ci appare solido e ben piantato al suolo, con gambe leggermente divaricate e lo scudo a forma di rombo che funge da ulteriore punto di appoggio. Parallela alla fermezza fisica abbiamo la fermezza morale, con un volto sereno e consapevole. La statua presenta dei tratti pensierosi, con le sopracciglia contratte e la fronte aggrottata. Paolo Uccello è un’artista appartenente al primo Rinascimento, ma il suo stile a differenza di altri artisti è caratterizzato da un accenno tardogotico e di rimandi surreali. Paolo Uccello è riuscito a differenziarsi dagli altri artisti rinascimentali grazie all’utilizzo dell’irrazionalità degli spazi e dei corpi rendendo al meglio la battaglia tra il drago e San Giorgio. Il dipinto è caratterizzato da una dimensione quasi surreale, legata ancora al gusto gotico cortese; l’atmosfera fiabesca è resa grazie ad alcuni dettagli che invece di rendere la scena cruenta, la alleggeriscono, come la gestualità pacata e serena della principessa Silene, che ha la pelle bianchissima e rappresenta la bellezza e l’amore che, secondo i valori di quel tempo, la donna incarnava. A rendere ancora più irrazionale la composizione concorre il fatto che la principessa non mostri nessuna emozione di spavento o terrore ma anzi, piuttosto di essere prigioniera, tiene lei stessa al guinzaglio il drago. Il quadro ritrae il cavaliere San Giorgio che arriva sul suo cavallo bianco e dall’alto trafigge lo spaventoso drago. La figura di San Giorgio è marginale o quasi insignificante: il santo è una figura quasi senza volto, nascosto dall’armatura e dall’imponente cavallo che si impenna. Secondo la leggenda, San Giorgio dopo aver trafitto il drago, invita la principessa a legarlo con la sua cintura affinché la segua in città, dove verrà poi ucciso dal Santo, in modo tale da convertire la popolazione al Cristianesimo. dalla scena è quasi assente ogni genere di drammaticità. Nel quadro si riscontra la prospettiva nelle siepi sul terreno, scorciate attraverso una prospettiva centrale che non è scientifica ma intuitiva. I personaggi però, sembrano semplicemente giustapposti, talmente surreali da non proiettare nessuna ombra a terra; la prospettiva di Paolo Uccello produce quindi immagini caratterizzate da un forte senso di astrazione dove i personaggi sembrano più manichini che vere figure umane. Andy Warhol, PaoloUccello, St. George and the Dragon, from the series Details of Renaissance Paintings, 1984, MoMA , New York Nel 1984 Andy Warhol dedica una serie di serigrafie alle opere più famose del rinascimento italiano. Attratto da capolavori da cui si sentiva ”piccolo come una formica”, come la Madonna Sistina e l’Annunciazione di Raffaello, la Primavera del Botticelli o San Giorgio e il Drago di Paolo Uccello, Warhol rivela una particolare attenzione a quanto c’e’di immortale nelle opere d’arte dei grandi maestri. STIACCIATO: Lo stiacciato è una tecnica scultorea che permette di realizzare un rilievo con variazioni minime (talvolta si parla di millimetri) rispetto al fondo. IL BANCHETTO DI ERODE: Il Banchetto di Erode è un affresco di Masolino da Panicale nel Battistero di Castiglione Olona. Fa parte delle Storie di san Giovanni Battista, dipinte nel 1435 La scena è ambientata in una sontuosa architettura rinascimentale, composta su un vertiginoso scorcio centrale con una pseudo-prospettiva. A sinistra, sotto una loggetta architravata aperta, una sorta di architettura ideale umanistica, si svolge il banchetto vero e proprio, con Erode a capotavola e tre ospiti, tra i quali quello accanto a lui potrebbe essere un ritratto del cardinale Branda Castiglioni, committente del ciclo. Questa loggia rinascimentale va immaginata nel contesto del piccolo paese della provincia lombarda dove venne affrescata, caratterizzato da un'architettura prevalentemente gotica e in mattoni, completamente diversa da quella dipinta. Sullo sfondo si vede un paesaggio montuoso, dove è dipinta, piccola e lontana, la sepoltura del Battista. Le indicazioni spaziali appaiono qui iperbolicamente sottolineate per evidenziare la novità quattrocentesca della raffiguranti “l’Incoronazione della Vergine”. Sia il programma civico che le iconografie sacre ruotano intorno al significato comune della dignità umana e dell’elevazione che gli viene accordata da Dio. L’antica sede della cattedrale di Firenze fu la Basilica di S. Reparata, sulle cui fondamenta fu costruito l’attuale duomo della città da Arnolfo di Cambio, nel 1296, che nel 1412 venne dedicato alla Madonna con il nome di “Santa Maria del Fiore”. La base del tamburo della cupola fu pronta già nel 1314-1315; tuttavia all'inizio del '400 ancora nessuno si era posto seriamente il problema di trovare una soluzione per la copertura. Nel 1418 l'Opera del Duomo bandì un concorso pubblico per la costruzione della cupola. In seguito al concorso, che pure ufficialmente non ebbe vincitori, Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti furono nominati capomastri. Il 7 agosto 1420 ebbe inizio la costruzione della cupola, che fu completata fino alla base della lanterna nel 1436. Nel 1425 Ghiberti venne estromesso dai lavori, che passarono interamente in mano a Brunelleschi. Il tamburo ottagonale su cui avrebbe dovuto poggiare la cupola misurava circa 45 m. e si trovava a 54 m. di altezza. Il tamburo venne forato per dar vita a 8 grandi finestre circolari che danno luce all’interno. Superando quelle della cupola del Pantheon, fino allora la più grande cupola del mondo (volontà di primato di Firenze?). Costruire una copertura di quelle dimensioni era un’impresa non da poco, e anche l’esempio della cupola del Pantheon a Roma, ancora meravigliosamente intatta, non aiutava: gli antichi romani l’avevano realizzata in calcestruzzo, una tecnica che nessuno conosceva più. La cupola del duomo fiorentino doveva per forza essere costruita in pietra o in mattoni, come le volte delle cattedrali gotiche. Ma la realizzazione di un’armatura in legname (centina) che partisse da terra innalzandosi per 93 metri di altezza (stiamo parlando dell’equivalente di un edificio di 31 piani), era considerata impossibile oltre che troppo costosa. Inoltre, nessuna varietà di legno avrebbe potuto reggere il peso di una copertura così ampia e pesante fino al suo completamento. Il progetto del grande architetto prevedeva la costruzione di una cupola a doppia calotta con camminamenti nell’intercapedine, edificabile con impalcature autoportanti, senza armatura, una soluzione ancora oggi avveniristica che all’epoca. Le due calotte sono collegate da otto grandi costoloni d’angolo. La cupola fu costruita in pietra nella parte inferiore, sino a quando la curva delle pareti lo consentì; poi si usarono i mattoni, disposti non per ricorsi paralleli concentrici, com’era usuale, ma con un sistema di incastro detto a “spina di pesce”, che consisteva nel disporre i ricorsi di mattoni verticalmente, di seguito ad altri collocati di piatto. Lanterna (1438-60) e le quattro edicole semicircolari note come “tribune morte” (1438-70). La Lanterna cuspidata la cui costruzione iniziò nel 1446, fu portata a termine da Andrea del Verrocchio, il quale creò anche la palla dorata con la croce che svetta in cima. È come un vero e proprio tempietto a pianta centrale, conclude magistralmente la struttura della copertura, raccordando le otto creste di marmo bianco con le volute dei propri contrafforti. Il suo valore urbanistico è evidente; le straordinarie dimensioni (la sola sfera bronzea di coronamento ha oltre 2 m di diametro) le consentono di spiccare sul panorama fiorentino. Filippo Brunelleschi migliorò anche le tecnologie per alzare i pesanti blocchi di laterizio, e durante i lunghi lavori fu costretto ad affrontare di petto problemi in cantiere come lo sciopero dei muratori fiorentini che pretendevano condizioni di lavoro migliori. Lui, per tutta risposta, assunse manovali lombardi meno esigenti. Questo indusse i manovali fiorentini a più miti consigli, tanto che alla fine furono riassunti. Brunelleschi quasi non si muoveva dal cantiere e si occupava di tutto, dalla progettazione di macchinari, agli argani, alle carrucole, alla scelta del materiale nelle cave, dal controllo dei mattoni nelle fornaci fino al disegno di imbarcazioni per il trasporto. SPEDALE DEGLI INNOCENTI: Inaugurato nel 1445. La fabbrica è una delle opere più significative della Firenze quattrocentesca, sia per la sua architettura che per essere simbolo alto e tangibile di una civiltà che, nell'ambito della sua attenzione alle opere di pubblica utilità, cercò di rispondere in modo moderno ed efficace al problema del ricovero, della cura e dell'istruzione dei fanciulli abbandonati. È basato su progetto iniziale di Filippo Brunelleschi. Ospita a tutt'oggi due asili nido, una scuola materna, tre case-famiglia destinate all'accoglienza di bambini in affido familiare e madri in difficoltà, nonché alcuni uffici di ricerca dell'UNICEF. Inizialmente i fanciulli abbandonati potevano essere deposti in una pila, una sorta di conca simile a un'acquasantiera, situata sotto il porticato, sostituita successivamente da una "finestra ferrata". Nel 1660 la finestrella attraverso la quale venivano introdotti i piccoli abbandonati venne spostata all'estrema sinistra. Le madri disperate potevano così appoggiare i loro figli (i gittatelli), e suonare la campanella, facendoli entrare al riparo senza essere viste. Spesso lasciavano delle lettere o dei "segnali" di riconoscimento insieme ai neonati. Molto frequentemente si trattava di medaglie spezzate a metà, con le quali si sperava, presentando l'altra metà, di ottenere un ricongiungimento con i figli in tempi migliori. La notte del 3 giugno 1875 la ruota venne definitivamente murata. Il portico esterno fu sicuramente opera di Brunelleschi. Esso è lungo 71 metri e composto da nove campate con volte a vela e archi a tutto sesto poggianti su colonne in pietra serena. Rispetto alla piazza è rialzato da una gradinata (nove gradini). Scelti dei materiali a basso costo come la pietra serena, fino ad allora poco usata in architettura per via della sua fragilità agli agenti atmosferici, e l'intonaco bianco, che crearono quell'equilibrata accoppiata di grigio e bianco che divenne un tratto caratteristico dell'architettura fiorentina e rinascimentale in generale. Inoltre, sempre per risparmiare, venne scelta della manodopera poco esperta, che rese necessaria una semplificazione delle tecniche di misurazione e costruttive. Per esempio, il modulo tra colonna e colonna, che si ripete proporzionalmente in tutto l'edificio (10 braccia fiorentine, circa 5, 84 metri). Si articola attorno a un chiostro centrale, affiancato da due grandi ambienti: la chiesa e il dormitorio per gli orfani. Formato da nove arcate del porticato, nove campate coperte da volte e vela e nove le finestre di forma classica; sormontate da un timpano e poggiano direttamente sulla cornice dell’alta trabeazione. Nei timpani filippo aveva progettato dei tondi concavi, poi sostituiti da ceramiche. S. LORENZO: La basilica reclama il titolo di chiesa più vecchia di Firenze e fu consacrata nel 393 da Sant'Ambrogio da Milano. La chiesa ha mantenuto il titolo di Duomo per circa 300 anni, prima che venisse trasferito a quella di Santa Reparata, l’attuale S. Maria del fiore. La chiesa di San Lorenzo fu ricostruita da Filippo Brunelleschi nel 1419. La facciata della chiesa era rimasta incompiuta: papa Leone X, Medici, dopo un concorso a cui parteciparono grandissimi artisti come Raffaello e Giuliano da Sangallo, diede a Michelangelo il compito di progettarne una nel 1518. L'artista fece un modello ligneo di una facciata classica e proporzionata, ma l'opera non fu ugualmente portata a termine, per problemi tecnici e finanziari. Filippo aveva progettato un edificio a tre navate con cappelle laterali ma vennero realizzate solo in corrispondenza del transetto e ai fianchi dell’abside. L’arco che introduce le cappelle laterali è inquadrato dall’ordine costituito da paraste sulle quali corre una trabeazione che si specchia nel segmento di trabeazione. Sempre Leone X commissionò la Sagrestia Nuova al grande artista, per conservare i sepolcri dei due rampolli di casa Medici, Lorenzo duca d'Urbino e Giuliano Duca di Nemours. FORMELLA DI GHIBERTI: inscrivibile nella figura di un quadrato. Il gruppo dei personaggi di sinistra controbilancia perfettamente quello di destra. La roccia che divide la scena sottolinea con efficacia i due diversi momenti della narrazione. A sinistra i servitori e sul lato opposto Abramo e Isacco, le cui figure sono realizzate con grande tecnica e abbondanza di particolari. Il corpo nudo di Isacco è una citazione classica; cosi come la decorazione dell’altare. L’angelo che si materializza dal nulla inarcandosi costituisce una presenza simbolica; con il suo gesto cerca di fermare la mano omicida. Da una parte c’è l’angelo dall’altra abbiamo uno sperone roccioso e un asino che bruca l’erba, quasi a sottolineare la contrapposizione tra dimensione terrena e divina. FORMELLA DI BRUNELLESCHI: racchiusa in un triangolo isoscele orientato verso l’alto. Isacco al centro cerca di svincolarsi dalla presa del padre che gli si avventa contro; qui interviene l’angelo che è rappresentato nell’atto di bloccare fisicamente il braccio di Abramo. Divino e umano entrano drammaticamente a contatto. Significative sono le figure dei servi nei due lobi inferiori, entrambi intenti nelle loro faccende. Ciò che si percepisce è un senso di vivezza e drammatica. MASACCIO: Rivoluziona l'arte in soli 27 anni di vita. Nasce a San Giovanni Val d'Arno nel 1401. Dopo aver appreso i rudimenti della pittura decide di andare a Firenze. Lì vive le innovazioni di Brunelleschi e Donatello. A 21 anni risulta pittore indipendente e dipinge un quadro per la chiesa di San Giovenale. volta a botte cassettonata (un ricordo dei fornici degli archi di trionfo di Tito e di Settimio Severo), poggiante su due architravi sostenuti da quattro colonne con capitelli ionici. L’arco frontale è ripetuto nel fondo della cappella che si conclude con un’abside. LA PROSPETTIVA: con prospettiva si indica un insieme di proiezioni di oggetti su un piano, tramite un procedimento grafico è possibili rappresentare qualsiasi oggetto su un foglio. Si dice che la visione è monoculare  un centro di proiezione. In una prospettiva: l’occhio dell’osservatore si chiama punto di vista, la posizione dell’osservatore si dice punto di stazione, tutte le linee perpendicolari al quadro prospettico convergono in un unico punto detto punto di fuga, per questo punto passa la linea di orizzonte, tutte le linee orizzontali parallele al quadro e fra loro equidistanti restano tra loro parallele ma la loro distanza diminuisce (scorciatura), mentre le linee verticali parallele al quadro rimangono parallele e con la stessa distanza; se invece giacciono su un piano perpendicolare o obliquo rispetto al quadro diminuiscono la loro distanza reciproca e si avvicinano con progressione al loro punto di fuga. Fu Brunelleschi a scoprire le regole geometriche della rappresentazione prospettica, realizzò due celebri tavolette prospettiche; nella prima era raffigurato il Battistero in controparte su una tavola di legno contro uno sfondo a foglia d’argento lucida (capace di riflettere il cielo) ed era dotata di un forellino sul davanti che si allargava nello spessore del legno. L’osservatore era invitato a guardare attraverso il forellino stando dietro al legno dipinto e ponendosi poco all’interno della cattedrale; lo specchio poteva cosi traslare sia lungo l’asta e sia trasversalmente. Nel secondo caso Brunelleschi rappresentò gli edifici in prospettiva ed era sagomata lungo il margine superiore. La tavoletta era collocata su un supporto in una posizione fissa e l’osservatore era invitato a muoversi cercando la giusta distanza che gli consentiva di traguardare la sagoma dipinta. La grande novità era che gli artisti potevano disporre di un metodo scientificamente corretto per la realizzazione delle loro opere. La prospettiva, basandosi su leggi matematiche e quindi consentendo una perfetta rappresentazione degli oggetti, costituiva lo strumento tecnico per eccellenza alla portata dell’artista. Le operazioni grafiche e di calcolo di Brunelleschi vennero successivamente semplificate e ridotte di numero da Leon Battista Alberti. Infatti, scrisse un trattato di tre libri: il primo si occupa di prospettiva. Ma fu solamente Piero della Francesca a scrivere un trattato sulla prospettiva interamente illustrato: il De prospectiva pingendi. Comprende tre libri con esercizi; essi passano gradualmente dalla rappresentazione di semplici figure piane a quella dei corpi solidi, fino all’estremo con la prospettiva di una testa umana. Alla fine del 400 Leonardo da Vinci aggiunse alla prospettiva già conosciuta la teorizzazione della prospettiva aerea, riuscendo a tener conto anche delle molteplici variazioni di colore e di forma delle cose vedute causate dalla pressione atmosferica. La prospettiva influenzò molto anche il mondo architettonico. Infatti, gli architetti furono affascinati dalla forza di impatto del disegno prospetto capace di mostrare un’intera fabbrica. Il metodo delle proiezioni ortogonali cedette rapidamente il posto alla nuova scoperta di disegnare scientificamente tipi di rappresentazioni architettoniche in uso almeno dalla seconda metà del 300. L’architettura del 400 farà largo uso della prospettiva sia per evidenziar gli spessori dei veri elementi, sia per mostrare contemporaneamente gli interni e le sezioni dei muri. La prospettiva lineare fa conferire un linguaggio comune unitario fondendo modi di rappresentazione che hanno la loro origine nelle sezioni operate dagli architetti gotici. Lo stratagemma utilizzato da Lorenzetti nel mostrare l’interno dell’abitazione di San Gioacchino e Sant’Anna consente nell’eliminazione della parte anteriore dell’edificio  prospettiva ante litteram.
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