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Appunti Storia Dell'Arte Medievale, Appunti di Storia dell'arte medievale

Appunti Storia dell'Arte Medievale 2021

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 28/12/2022

anna-plazzotta
anna-plazzotta 🇮🇹

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Scarica Appunti Storia Dell'Arte Medievale e più Appunti in PDF di Storia dell'arte medievale solo su Docsity! STORIA DELL’ARTE MEDIEVALE Il Medioevo è un periodo di rottura con i canoni classici. Il termine di Medioevo deriva da Medium aevum, cioè età di mezzo. L’espressione nacque nel 400 ad opera degli umanisti con l’intenzione di indicare quel periodo che si estendeva tra il mondo e la sia rinascita, cioè il Rinascimento. Con Enwin Panosky nasce poi il concetto di rinascenza medievale. Questo è un periodo di grandi cambiamenti. È un periodo di lunga durata dato da una nostra convenzione. La data di inizio viene fissata nel 476: caduta dell’impero latino d’occidente. Mentre la fine viene fissata nel 1453: caduta dell’impero latino d’oriente, è un periodo di grande cambiamento (perfino in una cronaca di Gemona si racconta questo cambiamento). Ma c’è anche un’altra data che viene usata per la fine, il 1492. La suddivisione interna nata su basi convenzionali è: -periodo tardo-antico o paleocristiano: dall’età costantiniana (313) alla discesa dei longobardi in Italia (568). -Alto Medioevo: dal VI sec all’anno mille -Medioevo centrale: XI e XIII sec -Basso o Tardo Medioevo: dal XIII sec all’inizio dell’era moderna (XV sec). Periodo tardo-antico Nel periodo prima dell’imperatore Costantino (governa dal 312 al 337), governava Diocleziano, che aveva basato il suo impero sulla tetrarchia, cioè il potere in mano a 4 persone (2 augusti e 2 cesari). Cosi divide il territorio in 4 parti governate da Diocleziano e Massimiano (augusti) + Galerio e Costanzo Cloro (cesari). Un’opera rappresentativa della tetrarchia è: “I tetrarchi” del 300 circa. Si trova murata sulla facciata di San Marco a Venezia. Questa però non è la collocazione originaria e questo si può notare dai materiali diversi. Il gruppo proviene da Costantinopoli, fu poi portato a Venezia nel 1204 (con la quarta crociata). I tetrarchi sono vestiti con i medesimi abiti; indossano dei copricapi canonici dei soldati. Essi infatti sono rappresentati in vesti militari. Gli augusti abbracciano i rispettivi cesari, indicando l’unione, l’uguaglianza e la protezione. In parte la rigidità delle figure sta nel materiale difficile da scolpire (porfido rosso), ma era anche data da una convenzione del periodo che prediligeva la semplificazione. Sotto l’imperatore Diocleziano nel 302-305 ci fu una forte persecuzione dei cristiani. Nel 306 alla morte del padre Costantino viene nominato imperatore a York. Nel 312 con la battaglia di Ponte Milvio Costantino sconfigge Massenzio e diventa unico imperatore d’Occidente. Nel 313 ci fu l’editto di Milano, con il riconoscimento del cristianesimo. Nel 330 Costantino lascia Roma, trasferendosi a Costantinopoli. Nel 337 muore Costantino e solo sul letto di morte verrà battezzato così abbracciando il cristianesimo. Ci sono molte fonti importanti su questo periodo: tra cui “Sulla morte dei persecutori” di Lattanzio (314), “Vita di Costantino” (biografia/panegirico del 337) e “Storia ecclesiastica” in 10 volumi di Eusebio di Cesarea. Queste fonti celebrano la figura di Costantino. Durante il suo governo Costantino, come ogni imperatore romano, realizza una serie di monumenti pubblici. Il più famoso è: L’arco di Costantino (offerto dal senato e dal popolo di Roma). È molto importante per il rimpiego o spoglio (elementi architettonici che vengono rimossi dal loro contesto originario e riusati in una nuova opera). Questo fenomeno caratterizza tutto il Medioevo. L’Arco di Costantino è un arco di trionfo a 3 fornici con un’iscrizione sulla parte superiore. Si caratterizza per essere una composizione di opere provenienti da epoche diverse: età traianea, età adrianea, dell’epoca di Marco Aurelio e infine del periodo di Costantino. Per esempio, si possono vedere in alto a sinistra i rilievi adrianei della caccia al cinghiale e il sacrificio di Apollo e sotto dei rilievi costantiniani con scene nel foro romano. E proprio si può notare la differenza stilistica: la semplificazione delle forme, la frontalità e l’appiattimento dei rilievi di Costantino a confronto dei rilievi di Adriano, i quali sono più tridimensionali. Per quanto riguarda il rimpiego ci possono essere 3 motivi: -rimpiego antiquario: la selezione e il riuso delle sculture antiche avvengono nell’ottica di un apprezzamento estetico -rimpiego ideologico: recupero all’interno di un quadro ideologico-celebrativo -rimpiego economico: motivato da un’esigenza di risparmio sui costi di reperimento e lavorazione del materiale Una cosa particolare dell’arco di Costantino sono i rilievi dell’epoca di Marco Aurelio (“l’arrivo dell’imperatore” e “la partenza dell’imperatore”) dove si può notare che la testa di Marco Aurelio è stata rilavorata a somiglianza della testa di Costantino. Questo ha fatto pensare che Costantino voleva porsi nell’alveo di una tradizione di grandi e buoni imperatori e quindi voleva dimostrare di essere l’ultimo degli imperatori buoni e generosi. GLI INIZI DELL’ARCHITETTURA CRISTIANA Un evento importante ci fu nel 313: l’Editto di Milano= Costantino concede libertà di culto, cosi il Cristianesimo viene riconosciuto. Ma questa fu una scelta politica o religiosa? Delle probabili ragioni che spinsero l’imperatore a fare questo editto sono: -Costantino era cresciuto in una famiglia di simpatie cristiane; -il cristianesimo era divenuto oramai grande forza sociale di massa; -L’unità dell’impero non si poteva più raggiungere con la vecchia religione pagana e quindi continuare a perseguitare divideva ancor di più il popolo. Nella Roma di Costantino 2 basiliche furono molto importanti: la Chiesa di San Giovanni in Laterano e la Basilica di San Pietro. Esse si trovavano sul confine. La chiesa di San Giovanni in Laterano è appena dentro le mura, ma sul margine mentre la basilica si trova fuori le mura. Questo ci dice che le basiliche non erano ancora nel cuore di Roma, in quanto ancora prevalentemente pagana. Basilica cattedrale di San Giovanni in Laterano è una basilica monumentale con 1 navata centrale e 2 navate laterali per lato; l’ingresso è sul lato breve e un’abside al termine della grande navata. Essa viene concepita un luogo per cui entrando le colonne accompagnano il fedele verso l’abside. All’interno non era vuota ma conteneva arredamenti liturgici (per esempio candelabri o altari minori). Questi arredi poi verranno rimossi dalle chiese con la Controriforma (metà 1500). La navata originaria era composta da delle colonne che sostenevano l’architrave, mentre oggi si possono vedere delle arcate. Questa pianta, a quel tempo era nuova, in quanto il luogo di culto della religione pagana aveva una cella privata e delle colonne all’esterno. Mentre la basilica cristiana è un luogo che accoglie i fedeli. Questa pianta era stata concepita prendendo spunto dalle basiliche civili. La basilica non è stata rifatta ma nel tempo è stata modificata. Il rifacimento si colloca nel XVII sec ad opera di Borromini. Egli rimpiegò alcune statue medievali, ma dell’aspetto originario poco è rimasto. Basilica di San Pietro sorge sul luogo in cui si pensa sia morto Pietro. La basilica ha la pianta simile a quella di San Giovanni in Laterano, ma questa ha un grande atrio, chiamato paradisus, che accoglieva i fedeli e i pellegrini. È una basilica cimiteriale, in quanto sorge sopra la sepoltura del martire, ed è concepita come una teca per la reliquia. Grazie a degli schiavi si sa che prima della costruzione della basilica c’era un piccolo edificio sopra la tomba di Pietro. L’atrio era preceduto da un ingresso monumentale con delle scalinate. Il transetto era molto grande per dare importanza alla tomba, che si trovava al di sotto dell’altare maggiore. Qui si fece grande uso di materiale di spoglio (colonne di vario colore). La basilica viene demolita alla fine del 500/inizio del 600. Per vedere com’era la basilica di san Pietro in origine si può andare a Roma nella chiesa di San Paolo (costruita per conferire a Paolo lo stesso status di Pietro), fuori le mura, la quale dopo un incendio nel 1823 fu ricostruita restando fedeli al progetto originale; cosi per quanto riguarda la spazialità la basilica di San Paolo è quella che ci dà meglio l’idea di una basilica costantiniana. Nella basilica cristiana era molta importante la luce. Essa filtrava dalle finestre e co l’uso di transenne la luce era molto calda. L’illuminazione interna era data da candele o lampade ad olio. L’effetto che un’illuminazione di questo tipo poteva avere sulle superfici era molto suggestivo. Alcune zone erano maggiormente illuminate delle altre. Come per esempio per la basilica di San Pietro era stato commissionato un lampadario che doveva contenere più di 1000 candele, da posizionare sopra l’altare. L’ICONOGRAFIA CRISTIANA I cristiani si riunivano nelle case private e nelle catacombe, grandi cimiteri dove inizia a comparire l’iconografia cristiana. Le catacombe erano articolate in gallerie e cubicoli. Ci è pervenuta una descrizione di San Gerolamo della sua esperienza di visitare le catacombe, che erano sia luogo di sepoltura di privati, sia, nel caso dei cristiani, un caso di riunione e venerazione dei martiri. Senza la luce artificiale passare in mezzo a questi cubicoli doveva essere un’esperienza suggestiva. Le prime raffigurazioni nelle catacombe erano solitamente a sfondo bianco, e lo spazio veniva scandito con delle linee rosse e immagini molto semplici. Le prime immagini cristiane avevano una forte componente simbolica e questo si deve alla matrice giudaico- orientale del cristianesimo, che era caratterizzata da un forte aniconismo (cioè divieto biblico) per le rappresentazioni tramite immagini. Nelle prime basiliche cristiane probabilmente nelle absidi non c’era una decorazione monumentale, ma una decorazione a mosaico semplice a sfondo oro. Un esempio di queste rappresentazioni simboliche sono le immagini dei pesci: questo perché a ogni lettera della parola greca che indica “pesce” corrispondeva “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore”. In questo caso stiamo parlando del periodo del III sec quando la religione cristiana era perseguitata, e quindi clandestina. E quindi queste immagini servivano per segnalare le tombe cristiane. Queste immagini non venivano solo dipinte ma anche graffite, come si può vedere per esempio nella catacomba di Domitilla: sono stati raffigurarti 2 pesci e tra di esse un’ anfora (della salvezza), che funge anche da croce = qui emerge una simbologia cristiana più esplicita. Le forme espressive dell’arte cristiana sono il simbolismo e poi la narrazione. Il simbolo è atto a cogliere una realtà metafisica che rimanda a un oggetto diverso da sé. Per esempio, l’agnello non interessa nella sua identità animale ma nel suo significato traslato: come agnello sacrificale, alludendo al sacrificio di Cristo. Tra il III e il IV sec con l’Editto di Milano c’è una maggior tolleranza per le immagini. Un esempio di immagine si trova nella catacomba di Priscilla: quella del pastore (tema già diffuso nel mondo antico con la connotazione di serenità); l’arte cristiana, poi addotta l’immagine del buon pastore. Spesso troviamo l’immagine del buon pastore, vestito con una tunica corta che porta sulle spalle un agnellino: da una parte si richiama la parabola della pecorella smarrita e le parole che Giovanni attribuisce a Cristo, cioè allude a Gesù come un pastore di anime. La figura del pastore si poteva trovare in pittura, ma anche in scultura. Un’altra iconografia molto diffusa nella prima arte cristiana è la raffigurazione di Cristo tra gli apostoli, come nell’esempio della catacomba di Domitilla: emerge la figura, da una parte, di uomo che si prende cura dei discepoli, e dall’altra, di un docente che insegna la catechesi. Spesso viene raffigurato al centro degli apostoli su un trono, mentre fa un gesto di comunicazione (di ad locutio). Le lunette solitamente venivano adoperate per questa raffigurazione, come in questo caso La più antica rappresentazione (390) monumentale conservata in un’abside a Roma è quella che si trova chiesa di S. Pudenziana. Il committente fu un prete (quindi non ancora committenza papale). Il mosaico è stato resecato nei bordi quindi sono andati perduti degli apostoli. Cristo è seduto su un grande trono monumentale e gemmato; è vestito con una toga d’oro e presiede ad un consesso di apostoli. Egli si trova al centro della composizione in asse con una croce gemmata al di sopra. L’artista è riuscito a dare l’impressione di una forma semi-circolare. Dietro questa esedra monumentale c’è una città con una serie di edifici. La città a cui si riferisce è probabilmente la Gerusalemme celeste (alcuni pensano sia Roma attraverso una lettura più locale). Ci sono delle figure alate che compaiono su uno sfondo di nuvole: sono i 4 evangelisti (Leone=Marco, L’angelo=Matteo, Toro=Luca e L’aquila=Giovanni). Nell’abside una cosa importante da tenere presente è che sotto il mosaico c’era una cattedra monumentale, su cui sedeva il sacerdote, che fungeva da rappresentante di Cristo in terra. Una cosa importante del mosaico è la presenza di 2 figure femminili che incoronano S. Pietro e S. Paolo: esse potrebbero essere personificazioni delle 2 chiese (Ecclesia e circumcisione ed Ecclesia e gentibus), cioè la chiesa dei Giudei (ebrei) e la chiesa dei Gentili (pagani). Il motivo per cui questa ipotesi sembri la più plausibile è un’scrizione in oro su fondo blu della chiesa di S. Sabina dove si possono veder raffigurate queste 2 personificazioni. Inoltre, Pietro fu colui che convertì gli ebrei, mentre Paolo i pagani. Soffermandosi sull’immagine centrale di Cristo il modello probabilmente fu Giove, quindi Zeus; una delle altre ipotesi fatte sosteneva che il modello era l’imperatore. Cristo nella mano destra tiene un messaggio: “il signore conservatore della chiesa di Pudenziana”. In un sarcofago del IV sec, conosciuto come il sarcofago del Laterano (340d.C), che si trova ai Musei vaticani sulla facciata viene raffigurata la resurrezione di lazzaro. Nella piccola edicola si può vedere il luogo di sepoltura di Lazzaro, rappresentato come una piccola figura bendata. Quindi la figura di giovane con una toga che opera il miracolo con una specie di bacchetta è Cristo. Non è contraddistinto da nessun elemento nei confronti degli alti uomini. In questo caso il modello è quello dei taumaturgi, che guarivano la gente con delle bacchette attraverso il loro potere. Le immagini nei sarcofaghi sono piuttosto bidimensionali e semplificate. Un altro esempio di sarcofago è quello di Giunio Basso. L’iscrizione ci dà la data precisa: 359 d.C. Ha una partizione su 2 registri con diversi tipi di colonnine. Nel registro inferiore c’è un’alternanza di archi e timpani cuspidati. Alcune parti sono simboliche altre narrative: per esempio c’è il sacrificio di Isacco, la cattura di San Pietro e San Paolo, la lavanda delle mani di Pilato, Adamo ed Eva, Daniele nella fossa dei leoni e la cattura di Cristo. Quindi ci sono motivi di Nuovo e Antico testamento che si fondono. In tutto le colonnine sono 12 e questo potrebbe richiamare i 12 apostoli, che vengono spesso descritti come le 12 colonne della chiesa (ed è per questo che la maggior parte delle chiese cristiane erano composte da 12 colonne). mentre la parte centrale era luminosissima. L’edificio è anche importante per gli scavi che si stanno facendo sotto la struttura. Per quanto riguarda le fonti, una delle più importanti per Roma è il Liber pontificalis, cioè il libro dei papi che contiene una serie di informazioni relative alle fondazioni dei pontefici e delle donazioni. E proprio qui leggiamo che il pontefice Simplicio dedicò la basilica di S. Stefano nella città di Roma. Il termine “dedicavit” ha fatto pensare ad una fondazione imperiale e non papale. La basilica dei Santi Cosma e Damiano era una sala per le udienze del prefetto (quindi edificio civile). L’ingresso una volta dava sulla Via Sacra, direttamente sui Fori; oggi è dalla parte opposta. E’ un edificio nel cuore di Roma una volta pagano, trasformato in una chiesa ad opera da papa Felice IV (526-30). In quel periodo il regnante era Teodorico (regno di pace). E’ probabile che Teodorico abbia dato il permesso per la trasformazione dell’edificio in una chiesa (ipotesi basata sulla decorazione interna). All’interno si conserva il mosaico absidale orinario e il mosaico dell’arco trionfale. Entrambi sono alterati dal ristringimento delle pareti. I mosaici vengono più volte replicati. Il mosaico nell’arco presenta un cliteo centrale con un trono vuoto con la croce (il trono rappresenta l’attesa di Cristo), in questo caso c’è anche l’agnello e il rotolo dei 7 sigilli. E poi ci sono 7 candelabri (i 7 doni di Dio o i 7 spiriti di Dio). Poi ci sono 4 angeli, 2 per lato e le nuvole della seconda venuta di Cristo. Inoltre ci sono 2 delle 4 creature simbolo degli evangelisti. In basso nell’arco si intravedono delle braccia velate che sostengono delle corone: sono 24 vegliardi dell’apocalisse, che sollevano le corone che alludono alla vita eterna. Il tema iconografico è quello della Parousia (seconda venuta di Cristo; apocalisse 1.7). nel mosaico si può vedere anche l’immagine del pontefice donatore. Poi ci sono le figure dei Santi Pietro e Paolo che presentano i 2 santi titolari della chiesa. L’immagine del pontefice è stata pesantemente restaurata, ma abbiamo dei disegni che ci mostrano che la figura era la stessa: cioè il pontefice che sorregge un modellino della chiesa che ha restaurato. Poi ci sono le palme, il fiume Giordano. Le palme sono simbolo di resurrezione come lo è un piccolo uccello, dalla cui testa si emanano dei raggi che si può vedere in alto: la fenice (colei che muore e rinasce dalle sue ceneri; l’unico animale che non mangiò il frutto proibito nell’Eden). Spesso la fenice è posizionata sopra l’immagine del donatore, per destinarlo alla resurrezione. Queste figure sono togate e si scagliano solide sullo spazio. La fisionomia di Pietro e Paolo è quella canonica: Pietro capelli bianchi e barba colta e Paolo con la barba più lunga e scura. Sotto il catino absidale c’è una fila di pecore che escono dalle 2 città celesti. Il cristo indossa una tunica dorata; lo sfondo dà un effetto quasi cangiante. La scelta del mosaico aggiunge un significato ulteriore: i mosaici sono realizzati da tessere prevalentemente di vetro; le caratteristiche fondamentali che lo rendono media privilegiato: per quanto riguarda la policromia il mosaico è strutturale, cioè fa parte del materiale, mentre la policromia dell’affresco è applicata, cioè viene aggiunta. Quella strutturale si mantiene di più, conferendo l’idea di eternità. Per lo sfondo sono usate tessere di vari colori, in quanto si sfrutta il principio del “pointillisme” (accostando 2 colori la nostra retina ne crea un terzo); inoltre viene anche usata la tecnica a scacchiera, cioè l’alternarsi di tessere chiare e scure. La materialità è molto importante in questo periodo poiché aggiunge significato all’immagine. (da fonti emerge il fatto che i mosaicisti venivano pagati dalle 3 alle 6 volte di più dei normali pittori). Un’altra caratteristica del mosaico è che riflette la luce sia esterna che interna (delle candele). La curvatura dell’abside risalta ancora di più le proprietà dei materiali. Per completare l’iconografia: si può notare infine la presenza di San Teodoro, che è molto ben definito con un modellato classicheggiante; la presenza di questo personaggio si spiega per il richiamo a Teodorico (un omaggio), e questo si collega all’ipotesi che è stata fatta: cioè che per trasformare l’edificio in chiesa era stato necessario l’approvazione dell’imperatore. RAVENNA SITUAZIONE IMPERO Nel 335 muore Teodosio, quando l’impero è ancora diviso tra Oriente e Occidente. La situazione storica è caratterizzata da: -nel 401 i visigoti penetrano in Italia e dilagano nella pianura padana -nel 402 Onorio sposta la capitale da Milano a Ravenna, la quale tra il V e il VI sec divien molto importante. La scelta è strategica perché Ravenna è posizionata sull’Adriatico, favorendo così un collegamento con Costantinopoli; -nel 410 Alarico saccheggia Roma: fu un evento traumatico, che i contemporanei valutano come il segno della fine di un’epoca Gradualmente sono i pontefici ad occuparsi della città di Roma e a tutelarla. Ravenna diviene così il luogo dove risiedono varie figure, tra le quali una molto importante quella di Galla Placidia, figlia di Teodosio e sorella di Arcadio e Onorio. Ella fu fatta prigioniera di Alarico e data in sposa ad un goto; alla morte del marito viene data in sposa da Onorio al generale Costanzo (il quale diventerà poi imperatore con il nome di Costanzo III). Ma la prematura morte di Costanzo III e la giovane età del figlio Valentiniano III portano Galla Placidia a essere sovrana dal 423 al 450. Fu una straordinaria committente. Sappiamo che presso la chiesa di San Giovanni ci doveva essere una decorazione (andata perduta) di una tempesta, dalla quale Galla Placidia e i figli si salvarono. Una delle committenze più importanti è il suo mausoleo; è un edificio a pianta centrale, ma cruciforme. L’esterno è molto semplice: l’apparato murario è in laterizio con archeggiature cieche su lesene. Le parti aggettanti della croce hanno delle terminazioni triangolari a cuspide. Le porte originarie sono andate perdute. L’esterno contrasta con la ricchezza dell’interno. Questo edificio era originariamente collegato alla basilica di Santa Croce tramite un portico (oggi appare isolato). L’edificio forse nasce come cappella dedicata a San Lorenzo, i quanto il santo è la prima figura che vediamo entrando. L’interno è decorato nella parte bassa delle pareti da lastre marmoree e il resto da un tripudio di mosaici. In 1° luogo vediamo nelle lunette ci sono le figure degli apostoli che volgono la mano verso le finestre. Si possono poi notare le cornici che inquadrano tutte le parti dell’edificio (le lunette, le volte); sono dei motivi antichi con foglie e frutti, che però vengono cristianizzati dal motivo della croce. Nella lunetta di fronte all’ingresso, sotto agli apostoli c’è l’immagine di San Lorenzo (in parte restaurata). Lorenzo con la croce cammina verso una grande graticola (simbolo del suo martirio). C’è anche un piccolo armadietto dove si possono leggere delle iscrizioni dei 4 vangeli. Al di sopra si può vedere un motivo astratto (come dei fiocchi di neve stellati). Costantinopoli, oltre che molti altri edifici; in un’altra fonte Santa Sofia vine presentata come archittettura della luce. -la chiesa dei santi Sergio e Bacco: all’esterno era quadrata. Nell’abside il mosaico che ricopre il catino ha uno sfondo dorato con le nuvole apocalittiche. Cristo è sul globo, a rappresentare il mondo. Indossa una toga scusa, un’aureola crucisegnata. Poi ci sono 2 angeli che introducono da un lato il santo titolare: Vitale, con vesti tipicamente bizantini, il quale riceve la corona da Cristo. Dall’altro viene presentato il vescovo Ecclesio, sotto al quale si comincia la costruzione della basilica; egli tiene in mano il modellino della chiesa. Cristo (rappresentato giovane, imberbe) tiene in mano il rotolo dei 7 sigilli. Il paradiso è contrassegnato da rocce spigolose, e in 1° si possono vedere i 4 fiumi descritti dalla genesi. Nella lunetta al di sopra ci sono 2 angeli che sorreggono un medaglione con una croce gemmata. Qui vengono rappresentati 2 episodi: il sacrificio di Isacco e il momento precedente. Vediamo Sara, la moglie di Abramo, il quale offre ospitalità (prepara focaccie, un agnello) a Dio, rappresentato sotto forma di 3 angeli. Dopo la fine di questo pasto Dio annuncerà che Sara tra un anno avrà un figlio, Isacco. Nella seconda scena infatti si può vedere Abramo, mentre sta per sacrificare Isacco ma viene fermato da un angelo (rappresentato attraverso una mano divina). Nella zona presbiteriale vengono raffigurati tutti i sacrifici che alludono al sarificio di Cristo. Più in basso nella zona del presbiterio ci sono scene di tutt’altro tipo: per esempio vediamo Giustiniano con la sua corte. Al centro si staglia l’imperatore contrassegnato da una fibula. Le vesti sono tipiche dell’epoca. C’è anche la componente dell’esercito con degli scudi da parata. Al centro dello scudo si può vedere il crismon, cioè il nome di Cristo e la croce combinati. Dietro la testa di Giustiniano c’è l’aureola, perché spesso gli imperatori venivano deificati. Si può vedere anche una componente di religiosi, primo tra tutti Massimiano. Abbiamo degli esempi di oggetti che venivano portati nelle processioni: la croce gemmata, il vangelo con una coperta di evangelario in oro e gemme e l’incensario. Le figure quasi si calpestano i piedi. La scena di fronte ritrae la moglie di Giustiniano, Teodora, che indossa il camaleuco, copricapo fatto da gemme e una doppia banda di perle. Si tratta di un corte statico, dove Teodora è la protagonista. Si trova al centro di un arco trionfale con motivo a conchiglia. Essa porta un calice tempestato di gemme. Sulla sua veste vengono rappresentati i 3 Magi. Le altre figure fanno parte del corteo dell’imperatrice. Il tutto è incorniciato da lesene con motivi ad ovuli. L’ambientazione è un ingresso: infatti si può vedere una porta dove una tenda viene spostata per lasciare il passaggio. La fontanella lascia pensare che siano all’esterno, forse in un atrio di una chiesa. C’è una resa attenta delle figure. I capitelli di San Vitale trovano i loro modelli in ambito bizantino. Essi sono a piramide tronca rovesciata con dei pulvini sovrastanti che fanno da raccordo con le arcate sopra.ci sono figure di pecore o agnelli che circondano una croce; poi ci sono dei motivi decorativi a marletti: con racemi vegetali. La basilica di Sant’Apollinare in Classe viene consacrata da Massimiano nel 549. Si trova presso il porto. Fa un grande uso di marmi di rimpiego, provenienti dall’Asia Minore. Si conserva il mosaico absidale, dove si combina elementi dogmatici e elementi più contemporanei. L’arco absidale ha motivi che alludono al regno celeste, con le palme, le nuvole della seconda venuta e gli agnelli che escono dalle città celesti. Nel catino abbiamo il paradiso celeste, rappresentato molto simile all’Eden, quindi con alberi e fiori; il motivo delle pecore ritornano, che in questo caso affiancano il santo titolare: Santo Apollinare (vescovo di Ravenna). Un motivo di difficile lettura è la parte sovrastante: non è difficile la lettura della croce gemmata con l’alfa e l’omega (cioè l’inizio e la fine) che campeggia su sfondo blu, ma è difficile comprendere il messaggio complessivo; possiamo vedere la mano di Dio, per sottolineare la duplice natura di Cristo. In alto si possono vedere i busti di Mosè ed Elia, contraddistinti da delle iscrizioni. Poi ci sono 3 pecorelle. Ci si pone l’interrogativo sul significato di queste pecorelle, vicine a Mosè, Elia e alla croce gemmata. Il significato delle 3 pecore è: rappresentano i 3 apostoli che testimoniano alla trasformazione divina di Cristo. Quindi si è voluta rappresentare la trasfigurazione di Cristo (è un unicum). A Massimiano si lega un oggetto di altissima qualità: una cattedra eburnea (con pannelli di avorio). Reca il monogramma del vescovo Massimiano, che incorpora anche il nome di Cristo. Non sappiamo se fu una sua committenza oppure un regalo da parte di Giustiniano. Sulla fronte abbiamo il Battista tra gli evangelisti che hanno ben in mostra i libri del vangelo. Sullo schienale ci sono scene cristologiche tratte dai vangeli apocrifi. Sui fianchi ci sono storie di Giuseppe l’ebreo, il patriarca dell’antico Testamento. Un edificio di VI secolo a Roma è la Basilica di S. Lorenzo. Si trova fuori le mura, creata sul corpo del martire Lorenzo da Costantino nel 390. Questa chiesa non ebbe però fortuna in quanto venne danneggiata da una frana nel VI secolo.Fu così che papa Pelagio II, nel 580, procedette alla costruzione di un nuovo edificio sacro il cui abside era ricoperto di mosaici (perduti) come anche l’arco absidale nel cui caso i mosaici sono invece ancora in sito. Il mosaico dell’arco trionfale è molto interessante: c’è un iscrizione che celebra l’aula; poi ci sono le città celesti, Betlemme e Gerusalemme gemmate e delle finestre, da dove probabilmente filtrava la luce. Troviamo il Cristo sul globo, il quale tiene una croce gemmata. Inoltre ci sono dei santi locali, tra cui Lorenzo, che protegge il pontefice Pelagio (motivo molto ricorrente: il santo che protegge il pontefice) Una chiesa molto importante per del periodo bizantino è quella di Santa Maria Antiqua nel foro romano. In origine non era una chiesa ma una sala di rappresentanza del palazzo imperiale che si trovava sul Palatino. Diventa una chiesa solo in seguito. A metà del IX sec viene interrata (probabilmente a seguito di un evento sismico) e per questo sono stati riscoperte molte pitture e arredi liturgici di quel periodo senza alterazioni, poi scoperta all’inizio del 700. Ne abbiamo testimonianza grazie ai disegni del Diario del Valesio, il quale ci mostra la parete absidale con una enorme crocefissione circondata da angeli e un’iscrizione. Comunque, nel 1702 l’edificio non viene mantenuto a vista, perché si fanno una serie di valori per la costruzione di una chiesa barocca (santa Maria liberatrice). Poi all’inizio del nostro secolo quando cominciarono gli scavi ai fori imperiali si decise di demolire la chiesa di Santa Maria liberatrice per riscoprire Santa Maria Antiqua. La pianta presenta un grande atrio, una basilica a 3 navate e una zona presbiterale con un’abside semicircolare. Poi ci sono 2 ambienti che fiancheggiano l’abside che nell’architettura bizantina erano i pastopori, che venivano usati per riporre vesti e oggetti liturgici; in questo caso questi 2 ambienti non avevano questa funzione. In particolare, si possono notare aspetti interessanti: come la parete palinsesto (il palinsesto in antichità erano quelle pergamene su cui si scriveva più volte), cioè quella che affianca l’abside: è chiamata così perché ha diversi strati di affreschi, ben 7. Nella parte superiore della parete il 3° strato comprende un’immagine della Vergine in trono gemmato (con cuscino e schienale curvilineo), lei indossa una veste ricoperta da gemme, sulla testa porta una corona e tiene in braccio frontalmente il bambino (è una delle più antiche immagini raffigurante Maria regina, incoronata dal signore per il servizio reso); poi in questo strato si può vedere una testa, un angelo, che si protende verso la vergine: ciò ha fatto pensare che l’abside sia posteriore portano delle corone sormontate da croci. Poi ci sono due figure alate che sorreggono un rettangolo su asta, cioè delle insegne e delle cornucopie (potrebbero essere delle vittorie). A lati del sovrano ci sono 2 soldati. E poi ci sono 2 figure che non hanno attributi particolari per potreli identificare, ma spesso venivano inserite delle figure che acclmano la figura centrale. Questo oggetto quindi richiama il corteo romano anche se poi ha una serie di partcolari di ambito longobardo. Un altro oggetto del periodo longobardo proviene da Monza. E’ un oggetto che è legato alla regina Teodolinda, quindi siamo nel VII sec: coperta dell’evangelario di Teodolinda. Realizzata in oro e argento sbalzato, con alveoli dove venica colata la pasta vitrea. Si può notare una simmetria (componente classica): c’è una cornice ad alveoli con motivi geometrici, che ritornano nelle L e nelle L rovesciate delle anse; incorpora anche 4 cammei antichi e nella croce centrale ci sono gemme più o meno preziose. Poi c’è un’iscrizione che ci ricorda la committenza. Queste coperte erano molto importanti, soprattutto durante le processioni: ricordavano un reliquiario; molto spesso c’era il motivo della croce che richiamava la città celeste e una grande presenza di gemme. Un altro esempio di orificeria sono le crocette. Si tratta di lamelle dorate lavorate a sbalzo con delle testine che sono immagini di Cristo. A volte erano molto stilizzate. Sono state trovate sulle vesti nei corredi funebri. Una delle più famose si trova al Museo di Cividale: detta di Gisulfo, anche se non abbiamo nessun riferimento. Gisulfo era il nipote del re Alboino e il 1° duca del Friuli. Si tratta di una croce greca, probabilmente ritagliata da una lastra. Al centro c’è una pietra (granata), poi ci sono delle teste di Cristo (stilizzate). Poi ci sono 4 lapislazzuli triangolari e 4 acquamarine (oggetto preziosissimo). La capitale dell’impero longobardo è stata Pavia dal 625 al 774. Di questo periodo dal punto di vista architettonico rimane molto poco; ci sono rimasti dei frammenti scultorei. L’edificio più importante era la Chiesa di Sant’Eusebio, che fu costruita come cattedrale ariana e poi fu usata da re Rotari; essa fu il centro della conversione al cattolicesimo, che parte da Teodolinda. Si conservano nella cripta (rimaneggiata in età romana) i capitelli: a foglie alveolati. Sono state trovate tracce che gli alveoli fossero riempiti di paste vitree colorate. Da Pavia provengono anche delle lastre marmoree (plutei) usate per diverse funzioni. Esse provengono dal Monastero di San Michele alla Pusterla (VIII sec). Sono un esempio chiaro della integrazione tra romani e longobardi. Hanno una cornice a tralci di vite molto stilizzata: ai tralci si alternano delle girali con dei fiori e al centro c’è un fiore completamente stilizzato che crea un effetto di simmetria. In una lastra si può vedere un stilizzato albero della vita con delle figure fantastiche (teste di uccelli con dei grappoli e dei leoni alati). Nell’altra lastra (probabilmente proveninte dalla stessa bottega in quanto i motivi sono molto simili). Al centro di essa ci sono 2 pavoni (simbolo di vita eterna) che si abbeverano al cantaro con la croce (arredo liturgico cristiano) Brescia era un altro centro importante da cui proviene una lastra con pavone da San Salvatore (VIII sec). Questo pavone è reso con una finezza di dettagli molto raffinata. L’incorniciatura è realizzata con queste girali di tralci vitigne e foglie. La funzione che poteva avere questa lastra a giudicare dalla forma era quella di ricoprire i lati della scaletta che portava al pulpito. C’è una compresa di antico con una più moderna. Cividale era un centro importantissimo in età longobarda. Anticamente si chiamava Forum Iulii. Nel 568 diventa la sede di uno dei più importanti dicati della Longobardia maior con Gisulfo. Il nome passa da Forum Iulii a Cividale, tramite la parola civitas (città per eccellenza). Nel 737 divenne anche sede patriarcale, quindi è un centro importante anche dal punto di vista religioso. L’opera più famosa di Cividale è l’altare del Duca Ratchis, dove è presente un’iscrizione che ci permette di sapere informazioni sull’opra. Fu costruito grazie alle elargizioni del conte Pennone e dato in dono ad una chiesa cividalese dedicata a S. Giovanni. E’ un parallelepipedo lavorata su tutti e 4 i lati. Ci sono alcune tracce di colore che si conservano. Nell’iscrizione si parla di un “tegurio” sotto il quale era stato collocato l’altare. La facciata principale rappresenta “Maiestas Domini”: Cristo in trono all’interno di una mandorla che sembra una corona vegetale che accentua la celebrazione. Cristo è marcato da un’aureola crusignata; esso è colto mentre fa un gesto benedicente alla greca: il pollice e l’anulare congiunti con una mano, mentre con l’altra regge il rotolo delle leggi. Sia sull’aureola che sulla veste ci sono degli incavi, che probabilmente erano riempiti da paste vitree. In alto, in cima alla mandorla, c’è la mano di Dio, incorniciata dalla cornice (simboleggia che viene dal regno celeste). Ai lati di Cristo cherubini, che celebrano Cristo. E poi a reggere la mandorla ci sono 4 angeli. Negli spazi di risulta ci sono motivi astratti, che sulla testa degli angeli diventano delle piccole croci che richiamano l’aureola di Cristo. Nei 2 lati corti vediamo: 1)la scena della visitazione, dove le figure sono contrassegnate, per esempio Maria è contrassegnata da una croce sulla fronte. Le 2 figure si stanno abbracciando; esse si trovano sotto degli archi e al lato c’è un elemento vegetale. Tutta la scena circondata da una cornice con un motico ad intreccio. 2)la scena dell’adorazione dei Magi, dove grande rilievo è stato dato alla Vergine (posta sotto un arco). Essa tiene in braccio il bambino. Importante è anche la figura dell’angelo, in alto. C’è una piccola figurina di lato, probabilmente Giuseppe. In tutti gli spazi vuoti ci sono piccole figure geometriche. Alla base della composizione ci sono motivi vegetali astratti. Il retro dell’altare ci sono 2 croci espanse, che sono molto geometrizzanti. Al di sotto della finestrella c’è una duplice cornice 1 ad interccio e 1 ad ovuli e fuseruole. Il centro non sappiamo com’era chiuso (forse con una piccola porta metallica). La finestrella serviva per le reliquie. Tutto l’altare era interamente colorato (come anche l’Ara Pacis). Un’altra opera di Cividale è la fonte battesimale del patriarca Callisto (lo associamo grazie ad un’iscrizione). Ha una pianta ottagonale con colonnine che sorreggono archeggiature. Parte dell’epigrafe fa riferimento alla funzione dell’opera, quindi alla rinascita tramite l’acqua e lo spirito santo, mentre un’altra parte fa riferimento a Callisto e invita il lettore a osservare tutta l’opera. Le archeggiature hanno motivi di animali fantastici, come grifoni. L’archivolto è decorato con un motivo ad ovuli e fuseruole che si alternano a motivi a tralci composti da una foglia, un fiore e un grappolo stilizzati. Il rilievo è bidimensionale. Nella fonte battesimale si trova anche il pluteo del patriarca Sigualdo, che probabilmente faceva parte di un’altare. In questa parte ci sono i simboli dei 4 evangelisti uniti da un cordone. Anche qui gli spazi di risulta sono riempiti da forme geometriche. Il centro è segnato da una croce ad intreccio con intorno motivi vegetali. Poi ci sono 2 candelabri e il motivo dell’albero della vita con animali come grifoni e uccelli che reggono grappoli d’uva. Un’altra opera cividalese è il tempietto longobardo del manstero di Santa Maria in valle. Abbiamo un alta aula di circa 10 m e un presbiterio con volte a botte più basse. Nella zona del presbiterio è andata perduta parte della decorazione. Ma nella zona della contro-facciata si conserva la teoria di sante in stucco, che rivolgono l’attenzione verso l’archivolto su colonnine decorato a rilievo. Alcune sante sono velate, mentre altre reggono corone o piccole croce. Sono vestite riccamente. Sono rese con’estrema finezza di dettagli. Esse erano colorate. Nell’archivolto abbiamo una decorazione racemi totalmente a traforo. Un altro tempietto è quello del Clitunno a Spoleto. È un’opera enigmatica. È un edificio che oggi si trova isolato. Ha la pianta rettangolare che poggia su un podio con un fronte realizzato con materiali di spoglio, un architrave con un’iscrizione, un timpano classicheggiante con motivi vegetali e una croce centrale. L’interno ha decorazioni in marmo e in stucco. Si pensa che questo era un tempio pagano. Di fatto però questa croce ha destato tanti dibattiti. La funzione di questo edificio era un tempietto sepolcrale, in quanto sul davanti in basso c’è una piccola apertura di una cripta. Per datarlo è stato fatto l’esame del C14: probabilmente VIII sec, quindi durante il ducato di Spoleto longobardo. Un altro edificio di Spoleto è la Chiesa di San salvatore (700). E’ realizzato interamente con materiali di spoglio (colonne, architravi…). La facciata e molto semplice diviso a metà da un architrave rettilineo. Nella parte superiori c’è una finestra ad arco Aquisgrana era la sede principale del regno di Carlo Magno, dove si trova la famosa cappella Palatina, che fa parte di un più ampio progetto di età carolingia. Per quanto riguarda l’architettura c’è da una parte un richiamo a quella romana per la presenza di ambienti chiusi (il palazzo di Diocleziano a Spalato per la struttura chiusa, le terme romane, la basilica di Treviri, il patriarchio lateranense), e dall’altra parte un richiamo a quella barbarica: costruzioni in legno. La cappella è una struttura monumentale; ha una pianta centrale (lievemente ottagonale) con un ambulacro anch’esso centrale con 2 torri scalari che conducevano al matroneo, il quale era monumentale costituito da grandi archeggiature che sorreggono un tamburo ottagonale. La cupola una volta era interamente decorata a mosaico, oggi completamente rifatta anche se l’iconografia è in buona parte rimasta la stessa. La presenza di grandi finestre nel matroneo permette giochi di luci. All’interno ci sono delle parti di manifattura locale che si spirano al mondo classico, in particolar modo i parapetti bronzei, presentano dei motivi geometrici marcati agli angoli da colonnine scanalate (i motivi potevano essere astratti ma anche più reali come palmette). Questa cappella aveva una duplice funzione: 1) esaltare la figura di Carlo, come sovrano 2) conservare le reliquie del martire San Martino. Carlo fece realizzare anche una pigna bronzea, che richiamava la famosa pigna dei Musei vaticani, che faceva parte, insieme a 2 pavoni, di una fontana che si trovava nell’atrio dellla Basilica di San Pietro (per quanto riguarda la facciata di San Pietro, abbiamo un disegno, che la riproduce nel suo aspetto prima di quella duecentesca, dove si vedono i 2 pavoni in cima alla facciata). Nella cappella ci sono 4 porte bronzee monumentali, molto semplici con delle protomi leonine con cornici a a palmette che reggevano i battenti. In passato si è chiamata in causa la lupa capitolina come possibile modello per queste protomi (anche se poi da studi recenti la lupa risulterebbe di età carolingia). Il trono del sovrano era posizionato in modo tale da consentirgli una posizione privilegiata durante le cerimonie liturgiche e permetteva alle persone di lato di osservare l’imperatore. La decorazione a mosaico della cappella è costituita da Cristo in trono tra angeli e i seniores, i 24 vegliardi dell’apocalisse che porgono corone verso Cristo. Cristo è benedicente con un manto quasi regale. Si staglia su uno sfondo stellato. Per quanto riguarda i mosaici carolingi vi sono tracce in altre aree dell’impero: in particolar modo nell’oratorio commissionato da Teodulfo, vescovo di Orleans (806). Questo aveva una decorazione di stucco e mosaico, di cui l’iconografia si conserva, anche se di restauro. Il tema è quello di angeli che sorreggono l’arca dell’alleanza. L’angelo quindi diventa la figura domaninante. Si vede la mano di Dio che emerge dalla volta celeste, per benedire l’arca. A Roma dei mosaici di Leone III non si conserva nulla, ma si conservano opere di Pasquale I; interessante è soprattutto la basilica di Santa Prassede, che è una ripresa più piccola della basilica si S. Pietro. Non ha 5 navate ma 3, però aveva un atrio, un transetto come la basilica di San Pietro. La decorazione absidale si è conservata abbastanza bene. Qui il modello è quello dell’abside dei SS, Cosmi e Damiano. Le figure sono molto più bidimensionale, ma ci sono gli stessi elementi: il Cristo centrale che scende da un scala di nuvole, Pietro e Paolo che introduno la titolare dalla basilica Prassede e la sorella Pudenziana; poi c’è la figura di diacono con un evangelario con una coperta decoratissima, il pontefice che sorregge il modellino della chiesa. La mano doi Dio pone la corona sulla testa di Cristo. ci sono, anche 2 palme: su quella a sinistra c’è la fenice. In alto c’è un medaglione con l’agnello e il rotolo dei sigilli; inoltre ci sono i 4 evangelisti con i loro simboli e le nuvole della seconda venuta. Il tutto è incorniciato da gemme rettangolari alternate da perle bianche su sfondo rosso. Poi ci sono le città celesti, verso cui vanno delle pecore. Ci si è posti la domanda sul motivo per cui si recupera proprio l’iconografia della chiesa di SS Cosmi e Damiano: nei primi decenni del VIII (periodo dell’iconoclastia) si riprendono motivi antichi, e in questo caso era molto chiaro e diretto alla lettura; inoltre un’altra ragione potrebbe essere perchè la chiesa di SS Cosmi e Damiano era una chiesa “speciale” (era stata trasformato un edificio cristiano partendo da un edificio civile). Un’altra opera interessante è una statuetta bronzea, che raffigura Carlo Magno, proveniente dalla cattedrale di Metz., dove si trovava su un leggio. La cosa particolare è che la statuetta è di età carolingia, menter il cavallo di età imperiale. Essa viene confrontata con la statuia di Marco Aurelio (Musei capitolini). Un altro edificio di età carolingia che si trova nel complesso abbaziale di Lorsh (Germania). La funzione di questa struttura non è chiarissima: si tratta di un nartece per l’ingresso all’interno complesso. L’architettura è caratterizzata da un’archeggiatura a 3 fornici, separati da colonnine. Poi c’è il parato bicromo: color terracotta e bianco che richiama i parati laterizi di età romana. La parte superiore è caratterizzata da lesene. L’interno è caratterizzato da una decorazione di colonne che sorreggono l’architrave, che però è completamente di restauro. Alcuni hanno pensato che l’edificio richiami il nartece della Basilica di San Pietro (solo ipotesi). Per quanto riguarda la triplice apertura si è pensato ad un richiamo agli archi trionfali. Nel periodo di Carlo Magno nascono diverse schole, con gli scriptoria. Uno dei più importanti era quello della cappella Palatina di Aquisgrana, da cui proviene un manoscritto: “I vangeli dell’incoronazione”, che si racconta siano statoi trovati nella tomba di Carlo Magno. Nell’immagine si vede la figura di un evangelista, con una toga antica e una grande aureola; di fronte a lui c’è un leggio monumentale. La figura poggia i piedi su 2 spazi diversi. Il disegno gioca su 3 colori: rosso, oro e bianco. Più o meno coeva è un’altra opera completamente diversa dal punto di vista stilistico: “I vangeli di Ebbone ”. La figura è quella di un evangelista con uno sfondo di un monte ed elementi vegetali e una cornice a motivi intrecciati, che si discosta molto dall’altra molto più lineare (tripartita). In questo disegno di nota una pennellata veloce, che rende la figura più impressionistica. Un'altra immagine degli stessi vangeli mostra la realizzazione a pennellate, rese come filamenti Un'altra espressione di queste scuole è il Salterio (che si trova nella biblioteca universale di Utrecht). È un vero e proprio disegno: una narrazione continua di episodi, dove si dà importanza all’architettura, alla natura e agli spazi. La resa è veloce. I disegni si trovano al centro della pagina, con il testo scritto che è scritto a 3 colonne. Un esempio di arte carolingia in Valle d’Aosta, precisamente a Naturno, è la chiesa di San Procolo, santo veronese (800). È una chiesetta a navata unica, che presenta un ciclo di affreschi, riguardanti la vita del santo. La scena più famosa: la fuga di San Procolo da Verona, dove Verona è rappresentata attraverso torri e mura semplificate, mentre rilievo viene dato a 3 figure che assistono all’evento. Procolo fugge su una corda, che sembra un’altalena, dove il senso di movimento viene dato dall’ondeggiare della corda, dallo sguardo del santo, e dalla forma delle gambe. C’è un uso continuo della linea curva nelle pieghe delle vesti; le forme sono semplici. L’articolazione dello spazio attraverso cornici importanti ci fa capire che gli artisti erano in grado da una parte di usare un linguaggio aulico, dall’altra uno più semplificato. Una delle opere più famose dell’alto Medioevo è l’altare d’oro di Sant’Ambrogio a Milano, il cosiddetto altare di Vuolvino. L’altare si trova sotto un ciborio. La realizzazione dell’altare si inserisce in una serie di interventi architettonici sulla chiesa, che consistono nella realizzazione di un’abside decorata con mosaici e una volta a botte nella zona absidale (interventi di IX sec); questi interventi sono legati al vescovo carolingio Angilberto, che opera una riorganizzazione di Milano in rapporto al nuovo impero carolingio. Egli promuove il culto di A Castelseprio importante è la chiesa di Santa Maria fuori porta. La chiesina è un triconco con un nartece di accesso. In questo edificio nell’abside principale interessanti sono glia affreschi, che continuano nelle pareti interne (quelle che guardano verso l’altare). Gli affreschi sono abbastanza danneggiati. Presentano un ciclo cristologico. Al centro sopra alla finestra principale c’è un grande medaglione con Cristo, con una monumentale aureola cruci segnata; il Cristo è benedicente. Gli affreschi si snodano su 3 registri, anche se il registro inferiore mostra solo dei tessuti dipinti. Qui sono state trovate tracce di un pavimento ad intralci marmorei. Alcune delle scene sono tratte dai vangeli apocrifi, sulla storia dell’infanzia di Cristo. Troviamo l’Annunciazione, la visitazione (di cui si conserva solo una parte), la prova delle acque amare, il clipeo di Cristo (sopra alla finestra), una scena del sogno di Giuseppe: il viaggio a Betlemme e poi inizia la scena dell’arco. Nel secondo registro troviamo la scena dell’annuncio ai pastori, una scena della natività e una scena dell’adorazione dei Magi (che prosegue poi sull’arco). Al centro c’è la presentazione di Gesù al tempio. Infine, nel terzo registro troviamo i velari. Tutte le scene sono continue La scena delle acque amare fa parte delle scene tratte dai vangeli apocrifi; è un momento in cui si mette alla prova Maria: essa poteva essere accusata di adulterio per aver concepito un figlio al di fuori del matrimonio e quindi il sacerdote del tempio le fa bere dell’acqua benedetta che si sarebbe rivelata amara se colpevole. Questo episodio viene qui rappresentato in un contesto particolare: si tratta di un contesto che richiama il tempio; si vede il sacerdote riccamente vestito e la vergine che beve da un calice decorato. Le figure rese con eleganza con una grande resa dei dettagli Nel clipeo centrale Cristo è stato raffigurato con dei tratti veloci, ma lavorati. Si nota un sapiente uso di chiaro scuro. La scena del viaggio a Betlemme ci mostra una grande resa dettagliata delle figure affusolate e degli animali. I colori usati sono pochi, ma usati sapientemente è dato L’immagine più nota è l’immagine della natività: è stata raffigurata la grotta dove la Vergine si distende sul giaciglio; lo sfondo è dato da una doppia linea di monti, su cui si stagliano degli animali. Poi c’è la figura di Giuseppe, pensieroso; inoltre ci sono le ancelle, e una di queste ha una mano paralizzata in quanto non credeva che la Vergine avesse dato alla luce il bambino. La vergine è resa stanca dopo il parto: ciò si vede dalla posizione delle ginocchia, del gomito e della mano pendula. Sullo sfondo ci sono angeli eleganti. La parete dell’arco absidale mostra degli angeli con una scena di etimasia: vediamo un trono vuoto pronto per la seconda venuta di Cristo. gli angeli portano il globo, simbolo del trionfo di Cristo. Alcuni dati tecnici ci aiutano con la datazione: VII-VIII (c’è un vago parallelo con Santa Maria Antiqua). Si pensa che gli artisti in questo caso siano bizantini. Il mosaico absidale della chiesa di Santa Sofia è stato citato come possibile confronto per la datazione, dove si possono vedere figure affusolate e un sapiente uso di chiaro-scuro. Questo mosaico è stato datato nel IX sec. questo mosaico si deve ad un artista Costantinopolitano. Ad artista costantinopolitano si deve anche il Rotolo di Giosuè , del X sec che ha delle scene narrative, non separate da cornici. C’è una grande naturalezza nella resa delle figure. ICONOCLASTIA Etimologicamente vuol dire distruzione delle immagini. Per l’iconoclastia di VIII e IX sec ci riferiamo al bando imposto dagli imperatori bizantini, che portò alla distruzione delle immagini. L’iconoclastia ebbe 2 fasi legate imperatori iconoclasti, con un’interruzione dovuta ad un’imperatrice iconodula (a sostegno delle immagini); il primo dal 726 al 787 e il secondo periodo dal 814-843. Aderiscono all’iconoclastia anche dei vescovi in Occidente. Questo fenomeno si spiega con diverse ragioni, legate da una serie di rapporti tra stato e chiesa. Dall’imperatore non sosteneva la venerazione delle immagini perché diminuiva il suo potere. Un’altra causa era la lotta per il primato tra la chiesa di Roma e la chiesa di Bisanzio: la chiesa di Roma sosteneva l’uso delle immagini. Anche i califfi, che stavano prendendo sempre più piede, erano contro le immagini. Nel 723 il califfo Yazid II decretò la distruzione delle immagini, che scatenò una reazione a catena dell’imperatore bizantino che pochi anni dopo fece lo stesso. Con distruzione si intende in alcuni casi la scomparsa delle icone, in altri la trasformazione di queste in immagini accettate (croce). Nel IX secolo c’è il trionfo dell’iconodulia. IL TRATTATO DI VERDUN Con il trattato di Verdun dell’843 i 3 figli di Ludovico il Pio si accordarono e suddivisero l’impero carolingio in 3 regni: 1)Lotario =l’Italia settentrionale, Provenza, Francia est e Paesi Bassi 2)Ludovico II (il germanico) = Germania e parte della Svizzera 3)Carlo il calvo= Francia ovest Quindi dalla disgregazione dell'impero carolingio nascono alcuni regni corrispondenti parzialmente all'attuale Francia, Germania-Svizzera e Italia settentrionale. Nel X sec sull’area tedesca si impone la dinastia sassone (poi degli ottoni) con Liudolfo di Sassonia e soprattutto con il figlio Ottone I. Ottone I dal 936 è re di Germania e dal 951 è re d'Italia; nel 962 si fa incoronare imperatore del sacro romano impero in San Pietro a Roma da Papa Giovanni XII. Ottoni II sposa la principessa bizantina Teofane (quindi rapporti molto buoni con i bizantini) e Ottone III nel 996 si fa incoronare imperatore in Italia. Un esempio di produzione artistica legata agli imperatori di Sassonia: è un avorio con un’iscrizione “otto imperator”; al centro c’è un Cristo in trono con il vangelo tra la Vergine e Santo Maurizio (martire che diviene santo protettore degli Ottoni). Qui ci sono dei personaggi della famiglia imperiale: Ottone II con la moglie Teofane con il figlio, futuro imperatore, Ottone III. Intorno all’immagine di Cristo ci sono angeli con l’aureola cruci segnata. Ottone si fa rappresentare come gli imperatori bizantini che reggevano con la mano il piede di Cristo e rendevano omaggio. L’iconografia quindi è bizantina, con la presenza di Marie e Maurizio come intercessori. (In questo periodo inizia a comparire a San Pietro un altare dedicato a S. Maurizio, che diventerà il luogo dove gli imperatori venivano incoronati e unti). Considerata un capolavoro di età Ottoniana, la Chiesa di San Michele a Hildesheim (1010-1033), si lega a un grande committente: il vescovo Bernuard, che fu tutore di Ottone III; Essa presenta 2 transetti (scanditi da 3 campate) e delle torri sui due lati dei transetti. L’edificio tremina a est con 3 absidi. L’ingresso ha un’abside allungata che sovrasta una cripta. L’articolazione interna vede l’alternarsi di pilastri e colonne. L’opera più famosa della committenza di Bernuard per la Chiesa di San Michele è il candelabro bronzeo per il cero pasquale. È un’opera monumentale (h 4 m). Il modello per questo candelabro è la colona traiana. Sulla colonna di Bernuard le scene sono relative alla vita di Cristo, culminanti con la crocifissione: sono 24 scene sulla vita e miracoli di Cristo. La base è realizzata secondo le norme per la realizzazione delle basi classiche. Il capitello è un incrocio tra la forma cubica e sferica, dove sono stati collocati degli angoli. Una delle scene rappresentate è quella della lavanda dei piedi= le figurine sono ricavate dal bronzo (non applicate). Spicca la centralità del Cristo, leggermente più grande delle altre figure. I rilievi sono resi tramite livelli. Un’altra sua committenza importante per la Chiesa di San Michele è la porta in bronzo (h 5 m) con scene di vecchio e nuovo testamento. I battenti sono a protomi leonine, che richiamano la chiesa di Aquisgrana (gli ottoni hanno una sorta di venerazione per Carlo Magno). Gli episodi sono di vecchio testamento nel battente di sinistra, a partire dal momento della creazione fino al momento della caduta con l’uccisione di Abele; sul battente di destra è raffigurata la vita di Cristo, dall’annunciazione fino al trionfo di Cristo sulla morte. La realizzazione è avvenuta grazie a diversi artisti, che però lavorano sotto un progetto comune. Guardando la porta nel suo insieme possiamo vedere come gli artisti hanno reso architetture e paesaggi usando un bassissimo rilievo, che crea una base ma rimane nello sfondo, mentre le figure emergono. Il dividere la porta in piccole valve richiamano le porte della chiesa di S. Ambrogio a Milano, o porte antiche (lignee). Un esempio di pannello della parte destra è quello dell’annunciazione: le architetture sono rese in modo molto dettagliato e raffinato; la Vergine è sorpresa dall’annuncio. Nella chiesa di Sant’Ambrogio a Milano abbiamo un intervento del X secolo: il ciborio, che in questo periodo viene rivestito di stucco. Vengono aggiunti anche in stucco i 4 simboli degli evangelisti. Sulla fronte principale abbiamo Cristo tra Pietro e Paolo: viene raffigurato il momento della consegna delle leggi e delle chiavi. Paolo e Pietro ricevono sulle mani velate: il 1° le leggi e il 2° le chiavi. Sui lati sono stati aggiunti anche motivi a racemi e palme intrecciate. Le forme emergono dalle pieghe delle vesti. L’altro lato mostra al centro S. Ambrogio patrocinato dall’angelo, che lo chiama a sé. Esso è assiso in trono, ma sembra quasi stante. Egli è affiancato dai santi Gervasio e Protasio. Questi presentano ad Ambrogio 2 religiosi, uno dei quali ha in mano il modellino del ciborio (essi sono i donatori del ciborio). Rilievo viene dato all’angelo sopra al santo= massaggio di accentuazione della santità voluta dal cielo. In generale il colore si è conservato poco. nella parte superiore, mentre sotto viene rappresentata la nascita di Cristo dentro la grotta. Il battistero è stato realizzato nel 1152 da Diotisalvi. L’edificio ha un loggiato inferiore ad archeggiature ceche, all’interno delle quali si aprono delle piccole monofore. Il paramento è bicromo. Il loggiato superiore è stato arricchito nel 200 con capitelli scolpiti, archeggiature, cuspidi e busti di profeti scolpiti a tutto tondo. Questo edificio richiama un edificio della Terra Santa del santo sepolcro: la rotonda della resurrezione di Cristo. all’interno ci sono delle colonne che si alternano a delle colonne-pilastro di marmo. E’ un edificio che vuole evocare quindi il trasferimento della Terra Santa in occidente. L’edificio più famoso del campo dei miracoli è la Torre: è un campanile monumentale. I primi 4 ordini furono costruiti nel 1173-78, poi ci fu un’interruzione poiché inizia ad inclinarsi per poi essere conclusa tra il 1360-70 cercando di raddrizzarla. Ma a causa del terreno argilloso non riuscirono nell’intento. Soltanto in tempi più recenti si è riusciti ad intervenire per stabilizzarla. L’esterno richiama la cattedrale con le archeggiature e le decorazioni a losanghe. L’architetto della torre fu sempre Bonanno (colui che creò le porte bronzee). Le campane sono bronzee (esse scandivano i suoni più importanti nelle città). In Toscana vediamo che viene ripreso il modello della cattedrale di Pisa, anche se in forme semplificate. Per esempio, la facciata del Duomo di Lucca presenta archeggiature decorate a merletto. Anche in Sardegna troviamo una serie di edifici in stile romanico-pisano. Troviamo facciate a parato bicromo con un nartece cuspidato su 3 archeggiature o con decorazioni a losanghe come nel duomo di Pisa. A Firenze troviamo il Battistero di san Giovanni che viene consacrato nel 1059. Ha una pianta ottagonale, con un’aggiunta di un’abside a pianta rettangolare. I materiali qui utilizzati sono il serpentino verde di Prato e il marmo bianco di Carrara. L’articolazione delle pareti è quasi completamente bidimensionale: abbiamo solo delle paraste angolari, su cui appoggiano le archeggiature del 2° registro. La partizione totale è in 3 registri. C’è una triplice archeggiatura circolare su colonne con capitellini. Lo spazio inferiore è articolato in scompartimenti in marmo bianco con cornici verdi, che sono doppi nella zona inferiore, mentre sono triplici nella parte superiore. Il registro mediano ha un’articolazione con finestre nei pennacchi delle volte abbiamo dei triangoli. Tutto l’edificio gioca sulla bicromia. Secondo una leggenda l’edificio è antico, in quanto in passato era un edificio pagano, dedicato a Marte. L’interno richiama un po’ la struttura del pantheon. E’ stato decorato più tardi, verso il 600, da mosaici sulla cupola. Il Battistero gioca molto sulla scansione ternaria: nella zona del matroneo si ripetono le bifore; poi ci sono pannelli che articolano lo spazio e lo stesso vale per la zona inferiore. Si notano dei modelli classici, come le lesene che hanno dei cilindri nelle scanalature o i capitelli. Quello che rende un unicum l’edificio è il pavimento (realizzato tra XII-XIII) voluto dalla corporazione del mercato di stoffe, che in quel periodo era divenuta molto importante. Il pavimento rompe il richiamo classicheggiante; esso è formato da una serie di lastre con schemi decorativi di vario tipo. Nella zona della porta principale c’è il pannello più interessante: si tratta del riquadro dello zodiaco= i segni zodiacali sono raffigurati in medaglioni. Si tratta di un rosone con colonnine che reggono archeggiature duplici e un altro rosone più piccolo con archeggiature singole. Il tutto è decorato da merletti in marmo intarsiato. Al centro c’è un piccolo sole, intorno a cui corre un’iscrizione con un verso palindromo A Firenze abbiamo una serie di edifici che si modellano sul battistero (diventa un modello): per esempio la Chiesa di San Miniato al Monte. La facciata gioca sulla bicromia del battistero e un’articolazione bidimensionale. In questo caso l’edificio ha una facciata a salienti con una decorazione in parte completata nel XII sec. l’unico motivo tridimensionale è i capitellini delle archeggiature. L’interno presenta delle capriate lignee, quindi non c’è l’adozione delle volte a crociera. Qui c’è una ripresa delle aule paleocristiane, ma la scansione rispetto a quelle sta negli archi (chiamati a diaframma). Questo edificio presenta una cripta molto importante, sopraelevata. A Empoli troviamo un altro esempio di edificio modellato sul battistero di Firenze: la collegiata di Sant’Andrea. La facciata è a capanna, quindi più semplice, però sempre con una scansione ad archeggiature nella parte inferiore. Troviamo inoltre la bicromia e lo schema ternario. A Roma, in quel periodo, sta per terminare la lotta per le investiture dei vescovi (papa vs imperatore); essa finirà negli anni 40 del XII sec. in questo periodo Roma vede l’aggiunta nelle chiese, di importanti campanili (simbolo del potere sempre più crescente della chiesa). Ma si costruiscono anche chiese per intero: un esempio di ciò è ila chiesa di S. Maria in Trastevere. I lavori vengono iniziati dal predecessore di Innocenzo II, che però era antipapa, perciò poi viene demolito da Innocenzo II. I mosaici sono più tardi. Il campanile presenta un orologio più tardo. L’interno si è conservato abbastanza bene. E’ caratterizzato da colonne monumentali, l’architrave con mensoline una diversa dall’altra= è tutto materiale di spoglio proveniente dalle terme di Caracalla. La chiesa sorge sul sito della miracolosa fons olei, che sarebbe sgorgata prima della nascita di Cristo all’epoca di Augusto (secondo Paolo Diacono). Il mosaico absidale presenta degli agnelli che escono dalle città celesti che convergono verso Cristo. c’è un titulus che celebra la costruzione dell’edificio in onore alla Vergine Maria. Troviamo la mano di dio che incorona Cristo, il quale è in trono. Cristo sta abbracciando la Vergine Regina: entrambi tengono in mano un cartiglio con scritte che fanno riferimento al cantico dei cantici e alla liturgia per l’assunzione della Vergine. Ci sono poi una serie di santi, come San Pietro o San Lorenzo (vestito da Diacono) e il committente Innocenzo II, il quale tiene in mano il modellino della chiesa. Tutti i santi sostengono un libro con una coperta gemmata. Inoltre, possiamo vedere grande fascio di fiori, frutta e colombe. All’apice della composizione c’è il monogramma di Cristo. Un'altra chiesa di Roma è quella di San Clemente (1120). Essa presenta una grande stratificazione archeologica che va dall’impero romano fino al Medioevo. La chiesa inferiore in parte venne abbattuta, ma in parte mantenuta per le fondazioni della chiesa di XII sec. L’interno presenta dei pilastri alternati a colonne di reimpiego, un’abside con il mosaico absidale e una recinsione liturgica (la divisione era tra religiosi dai laici). La facciata è di età moderna ma ci mostra un grande atrio che denuncia il riferimento alla basilica di San Pietro (+ semplice. paleografiche sul manoscritto, di cui se ne conserva solo una copia in un Collage di Cambridge. È scritto in forma di lettera agli amici in patria. Egli non era interessata della Roma cristiana. Egli commenta la statua di uno spinario (ragazzino che si toglie la spina dal piede), in modo tale da discostarsi dalla rappresentazione nuda del giovane (non erano abituati alla rappresentazione del corpo nudo in questa posizione non trionfante). Diverso l’approccio della statuaria femminile, in particolare di un’immagine di Venere: dice che era talmente bella, come se fosse un incantesimo la andò a vedere 3 volte anche se era lontano. Commenta anche i Dioscuri e dalla loro posizione li definisce matematici perché dalla posizione delle mani sembrano contare o filosofi manifesto del programma culturale A Siena troviamo l’abbazia di Sant’Antimo. Essa ha una pianta abbastanza inconsueta: ha un’abside circondato da un deambulatorio più basso con absidiole. E’ una soluzione romanica transalpina (in particolare francese). Tramite epigrafi abbiamo notizie sulla costruzione di quest’abbazia, la quale era una tappa durante la via francigena. L’ingresso laterale e il deambulatorio permettevano ai pellegrini di visitare la basilica senza disturbare le liturgie. L’interno è scandito da colonne che si alternano a pilastri, ed è articolato da un matroneo con bifore (tipico del romanico lombardo). L’altare ha i gradini interamente incisi con un’iscrizione: epigrafe che descrive un atto notarile del 1118, che ci dice che il conte Bernardo degli Ardengheschi ha donato il proprio patrimonio all’abbazia. Un’ altra iscrizione sul portale principale ci dice che il monaco Azzo dei Porcari (nobile famiglia lucchese) fu l’amministratore e il promotore del cantiere. L’edificio ha una serie di capitelli scolpiti. Uno dei capitelli più famosi per esempio raffigura il profeta Daniele nella fossa dei leoni: un dettaglio che si può vedere è un angelo che porta del cibo in aiuto a Daniele. Il profeta guarda l’angelo mentre è in una posizione di preghiera con le mani aperte. Si può notare l’uso del trapano. Gli studiosi identificano l’artista come “Maestro di Cabestany” (originario dei Pirenei), il quale ha lavorato in diversi posti (spostando la sua bottega) soprattutto per monaci benedettini: ciò si sa perché sono state attribuite a lui diverse opere provenienti da luoghi lontani tra loro. Desiderio fu una figura molto importante perché oltre a diventare papa, è uno dei protagonisti della riforma della chiesa dell’XI e XII sec. Egli commissiona un monastero benedettino molto importante a Montecassino (uno dei più importanti centri monastici del Medioevo). Il monastero è stato molto danneggiato dai bombardamenti del 1944, perciò si conserva poco di originario, anche se poco dopo l’accaduto fu ricostruito rimanendo fedeli al progetto originario. Su un manoscritto si può vedere una miniatura che si può considerare il dell’abbate. Qui vengono raffigurati Desiderio e San Benedetto. Desiderio in cambio della benedizione del santo, porge molti manoscritti con legature pregiate. San Benedetto è in trono in un ambiente che sembra una navata di una chiesa, ma nella parte superiore vediamo l’esterno di questa chiesa: quindi c’è un mix di interno ed esterno. In basso sono raffigurate tutte le proprietà dell’abbazia, anch’esse donate al santo ad indicare la ricchezza fondiaria. Possediamo molte informazioni sulla costruzione del monastero tramite un testo. La cronaca fu realizzata da Leone Ostiense dai tempi della sua fondazione (VI sec) all’epoca di San Benedetto. Egli ci dice che Desiderio spese moltissimo per acquistare a Roma capitelli, basi, marmi e li portò a Ostia e poi fino a Montecassino. Il monastero prima del rifacimento in età moderna era una chiesa ad impianto basilicale con una zona presbiteriale molto ampia, con un transetto non sporgente. Poi aveva un’abside centrale e 2 absidi più piccole. Sappiamo inoltre che Desiderio chiamò una serie di maestranze dia artisti da Bisanzio per realizzare i mosaici pavimentali (quelli in opus sectile). Una ricostruzione ci mostra i pavimenti realizzati interamente da marmi in opus sectile che creavano motivi geometrici. Un altro testimone della costruzione della basilica è Alfano (monaco) che ne parla nei suoi scritti, riportandoci la convocazione degli artisti bizantini. Anche la porta fu commissionata ai bizantini. Un’altra chiesa in provincia di Capua di Sant’Angelo in Formis si lega a Desiderio. La volle costruire su il sito di un antico tempio di Diana Tifatina. La chiesa era dedicata a San Michele (santo caro ai longobardi). Ha una pianta basilicale, che ricorda le antiche basiliche paleocristiane. È interamente decorata ad affreschi (con scene di antico e nuovo testamento). Sorge impiegando interamente il basamento del tempio, così anche il pavimento. L’affresco dell’abside mostra su uno sfondo azzurro un Cristo su un trono gemmato, con un suppedaneo; egli è benedicente e tiene un libro aperto sulle ginocchia; ha l’aureola crucisegnata ed indossa una toga purpurea. Ci sono i 4 simboli degli evangelisti che ricordano l’importanza della conversione e della parola di Cristo. nella parte inferiore c’è il santo titolare secondo un’iconografia bizantina con il globo e la veste riccamente decorata. Ci sono poi altre figure di santi, i quali reggono tutti il globo in mano. Sulla sinistra c’è Desiderio, con un’aureola quadrata che tiene tra le mani il modellino della chiesa. Si nota nella pittura l’uso molto netto delle linee per definire le sopracciglia, la cannula nasale e gli occhi. La scena della crocifissione (come nella basilica di san Pietro) è più grande delle altre scene narrative. La controfacciata mostra la rappresentazione del giudizio finale = c’è una monumentale raffigurazione in più registri: nel registro superiore ci sono angeli che suonano la tromba annunciando il giudizio; poi c’è un enorme Cristo in una mandorla in trono gemmato; nel registro inferiore c’è il consesso degli apostoli, creando una sorta di tribunale celeste. Nella zona inferiore ci sono angeli che spartiscono la decorazione, poi da un lato ci sono gli eletti (alla sinistra di chi guarda) e dall’altra i dannati. Si può anche vedere la raffigurazione della punizione pe i dannati, mentre altri eletti aspettano di essere ammessi nel regno dei cieli. Le gote rosse sono la cifra distintiva di questi artisti. Il motivo del giudizio nella controfacciata lo troviamo a Roma, nella cappella di S. Silvestro nel monastero dei 4 coronati (metà 200). La tecnica utilizzata è molto simile a quella utilizzata a Sant’Angelo in Formis. Qui c’è una rappresentazione abrevita: Cristo co gli strumenti della passione si trova tra la Vergine e il Battista. Gli angeli con le trombe sono sopra a Cristo. Poi c’è il consesso degli apostoli capeggiato da Pietro e Paolo. Nella parte inferiore ci sono una serie di scene legate a Silvestro. In questo affresco si è notato l’uso di patroni, cioè sagome per realizzare più velocemente gli affreshi (come in Sant’Angelo in Formis). passione: una croce di legno, la corona di spine, la lancia e i chiodi. La lunetta più enigmatica si trova sopra al portale meridionale che non presenta un tema biblico. L’archivolto è classicheggiante con racemi. Nella lunetta stessa si possono vedere delle personificazioni su carri i il giorno e la notte nei lati, mentre al centro troviamo un albero su cui si trova seduto un giovane, che prende del miele da un’arnia; nella parte inferiore ci sono degli animali che stanno mangiando le radici dell’albero e poi si può vedere un drago, simbolo del male. La fonte che in questo caso ci spiega la scena è il romanzo di Barlaam (che dà il nome alla lunetta), che parla di un principe indiano che viene convertito al cristianesimo: questo giovane simboleggia l’uomo che si gode la vita senza pensare ai pericoli. Questa figura però è molto dibattuta: secondo alcuni il miele rappresenta l’acqua del battesimo attraverso la quale ci sarà la purificazione e quindi il perdono, mentre per altri rappresenta un peccato che non permetterà al giovane la redenzione. All’interno troviamo diversi rilievi rappresentanti i mesi e le stagioni (tutte opere di Antelami). Non è chiara l’originale destinazione: alcuni hanno pensato che dovessero decorare la cattedrale o un portale della cattedrale. I rilievi sono quasi sculture a tutto tondo, figure sobrie e forme arrotondate (recupero dell’antico). Ai vari mesi sono associati i vari simboli dei segni zodiacali. Questi rilievi ci riportano i vari costumi di quel tempo o gli strumenti che si usavano per il lavoro. Per esempio, nel mese di agosto vediamo che un uomo con 2 differenti attrezzi sta costruendo una botte per il vino, dandoci idea di come doveva essere il lavoro a quell’epoca. All’interno troviamo inoltre un notevole programma pittorico, che viene aggiunto alla metà del XIII sec, realizzato probabilmente da artisti bizantini. La cupola è articolata dai costoloni, che candiscono lo spazio. La cupola conta 5 registri: il 1° mostra stelle e losanghe, il 2° mostra apostoli e evangelisti, nel 3° abbiamo un Cristo in trono tra la Vergine e san Giovanni e intorno a loro una serie di profeti, nella 4° fascia ci sono episodi della vita del Battista ; infine nell’ultimo registro ci sono episodi della vita di Abramo disposti negli spazi dove non ci sono le finestre, mentre dove ci sono ci sono vari elementi naturali e le stagioni. ARCHITETTURA GOTICA Il termine gotico, termine con cui si usa indicare principalmente l’arte del XIII e XIV sec, è privo di qualsiasi, significato storico o di qualche riferimento reale alla popolazione nordica dei Goti. Si tratta di una parola coniata nel Rinascimento che vuole significare “barbaro” o “selvaggio”, ovvero distruttore della tradizione classica. Quindi è una definizione che nasce in senso dispregiativo, con cui il Rinascimento contrappone se stesso (restauratore dell’antichità). Il principale sviluppo avviene a nord delle Alpi, dove rimane tipica di quei territori anche nella più tarda cultura ottocentesca. I contemporanei del 200 usavano il termine Opus Francigenum (opera nata in Francia). Le caratteristiche principali dell’architettura gotica: -facciata tra 2 torri = eredità del west-werk nordico -rosone in facciata -portali strombate e riccamente scolpiti -vetrate: ruolo della luce -verticalismo degli edifici: uso arco a sesto acuto -volte a crociera -contrafforti esterni -coro a cappelle radiali: spazio più dinamico e vibrante Tutte queste caratteristiche le ritroviamo in Notre-Dame di Parigi. Troviamo le 2 torri in facciata e il grande rosone. I portali sono profondamente strombati e scolpiti. C’è poi l’uso dell’arco acuto. Quindi sono ripresi anche motivi di tradizione locale, caratteristica riscontrabile in modo evidente in un altro edificio: la cattedrale di Saint-Etienne in Normandia. Il portale (1160) ci mostra il tema dell’incoronazione dormizione della Vergine e il tema delle statue-colonna (statue fuse con le colonnine). In questo edificio non troviamo solamente i contrafforti che servivano a sostenere le spinte delle volte a crociera dell’interno, ma anche degli archi rampanti. L’edificio forse più interessante per quanto riguarda l’architettura gotica è la chiesa abbaziale di Saint-Denis nel sobborgo di Parigi, destinata da essere il mausoleo del re di Francia. Era un edificio preesistente che viene modificato al tempo dell’abate Suger (al tempo del re di Francia tra il 1140 e il 1144). La facciata e il coro sono l’evidente modifica al gotico. In uno scritto di Suger emerge l’importanza data ai materiali, che danno luce. La pianta dopo la ricostruzione vedeva un coro che consta di un’abside e un duplice deambulatorio con cappelle radiali, che sono una consecutiva all’altra. Il coro viene descritto da Suger dando molta importanza alle finestre. Si parla di “lux mirabilis et continua”, secondo un’estetica di base neoplatonica, ispirata allo Pseudo-Dionigi, la luce è la manifestazione di Dio e un mezzo per elevarsi al cielo (luce intesa come ascesa spirituale). Nelle cattedrali gotiche all’interno il programma figurativo viene raffigurato o nelle finestre o in scultura (non in pittura). Le finestre erano spesso utilizzate per episodi di nuovo e antico testamento, ottenuti attraverso una tecnica che prevedeva tagliare le lastre secondo disegni prestabiliti, unite poi da piombo. Suger nei suoi scritti oltre a parlare delle sue idee, riporta i vari cambiamenti di questa chiesa. Famosa è l’aquila di Suger, che è un’antica anfora di porfido a cui però vengono aggiunte la testa, le ali e un supporto di base di cui ne parla proprio Suger. Quindi c’è un reimpiego di un’opera antica, trasformata in qualcosa di ancora più prezioso attraverso l’oro. Nella cattedrale di Reims troviamo la lastra tombale dell’architetto di un’altra chiesa di Reims (St. Nicaise). Questa lastra ci raffigura l’architetto così come veniva percepito negli anni 60 del 1200. Egli viene appresentato all’interno di una nicchia timpanata. All’interno di questa nicchia con angeli che rendono omaggio, è rappresentato Hugues Libergier con il modellino dell’edificio e gli strumenti del su lavoro (bastone, squadra e compasso). A Chartres troviamo la cattedrale di Notre-Dame (iniziata nel 1194). È un edificio tutto giocato sullo sviluppo in altezza: troviamo per esempio il motivo delle crociere articolate da semplici costoloni. All’interno troviamo dei pilastri che aiutano a sostenere il peso delle modanature delle volte. Abbiamo un’elaborazione delle pareti tramite delle grandi bifore sormontate da rosoncini nella parte superiore e un loggiato. montati insiemi a creare motivi a stella che vanno a creare piccole cavità, con una decorazione dipinta con scene non religiose (scene di caccia, diletto del sovrano). La cappella è interamente decorata a mosaico con l’uso di colonne e capitelli di spoglio. La cappella è scandita da archeggiature alte che ricadono su colonne con capitelli dorati (l’oro è ovunque). L’abside ci mostra nel catino l’immagine del pantocratore (Cristo signore di tutto) reso a mosaico, con un’adozione di tessere argentee (uso bizantino). Cristo è monumentale, a mezzo busto; è benedicente alla greca (pollice e anulare congiunti). La cupola ci mostra Cristo a mezzo busto nell’oculo . Egli ha un libro chiuso, un’aureola crocesegnata e un’iscrizione che è in greco; c’è poi una serie di angeli che gli fanno da corona. Cristo è all’interno di un medaglione, che richiama gli oculi aperti degli edifici. Nei pennacchi ci sono i simboli degli evangelisti. L’iscrizione ci dice “il cielo è il mio trono, la terra o sgabello dei miei piedi, dice il Signore Onnipotente”. Una delle tante scene delle pareti mostra: ingresso di Cristo a Gerusalemme in groppa su un asinello. Cristo è benedicente affiancato da San Pietro e seguito dai discepoli. Il contesto è montuoso, ma sempre su sfondo oro. Gerusalemme è preceduta dalla palma, simbolo della resurrezione. Ci sono poi dei giovani che si spogliano delle loro vesti e le gettano a terra perché Cristo possa passare su questo tappeto di tessuti. Le figure sono definite sotto le vesti. Il Duomo di Cefalù fu fondato nel 1131 per volontà di re Ruggero II. All’esterno l’uso della doppia torre ricorda le architetture normanne e all’interno la scansione in navate ricorda le chiese bizantine. La decorazione rimasta è solo nell’abside, dove troviamo il Cristo pancratico. È analogo a quello della cappella palatina di Palermo. Il duomo di Monreale fu fondato da Guglielmo II nell’ultimo quarto del XII sec come mausoleo dinastico. È un edificio monumentale. All’esterno le absidi sono articolate da un triplice registro ad archeggiature intrecciate. C’è una spartizione geometrica che ci ricorda il romanico toscano, ma le grandi rote e le archeggiature ci rimandano al mondo arabo (come i colori). L’interno è decorato a mosaici. Dove nell’abside trionfa un Cristo pancratico. Il committente ordina le porte non solo ad un artista pugliese, ma anche a Bonanno Pisano. La porta di quest’ultimo è riconoscibile: tornano i motivi dei fiori che vanno a coprire i chiodi; ha diverse scene tra cui quella della visitazione. Ci sono anche altri motivi decorativi che combinano la tradizione antica e forme geometriche, che vanno a coprire tutti gli spazi vuoti. La porta non è quadrata ma segue la forma acuta del portale. Anesso al duomo c’era il chiostro benedittino: formato a colonnine binate, diverse tra loro (alcune lisce, altre decorate a mosaico) con capitelli straordinari, decorati con rilievi di nuovo e antico testamento, ma anche il ciclo dei mesi, scene di caccia o mitologiche. Poi hanno anche motivi decorativi di tralci di vite e a racemi. BENEDETTO ANTELAMI È tra i più importanti scultori italiani della seconda metà del XII sec. Da lui si diffonde una cultura artistica che, insieme al linguaggio espresso nei cantieri di Federico II, costituirà la fondamentale premessa per la scultura della seconda metà del 200. La prima informazione precisa che abbiamo su di lui è un’iscrizione sulla Deposizione della cattedrale di Parma: “nell’anno 1178 nel mese secondo (aprile) lo scultore compì, questo scultore fu Benedetto detto Antelami”. Il termine Antelami forse perché era originario della valle di Antelamo, presso Como. La Deposizione è un bassorilievo che si trova nel muro del transetto di destra nella cattedrale di Parma, ma non è la collocazione originaria. Essa è in marmo rosa di Verona, molto ampia. Si ispira alla tradizione del romanico padano: vi si collega con elementi però con elementi più innovativi. La cornice è a rosette e a racemi realizzata con una tecnica bidimensionale. Questa tecnica la usa anche per alcuni dettagli. Al di sotto della cornice ci sono ghirlande con medaglioni e poi ancor più sotto ci sono le personificazioni del sole e della luna (alludono al giorno e alla notte). Quello che colpisce è il rilievo dato alla croce, che è centrale su cui si possono notare i nodi del legno. La figura di Cristo si curva, formando come un’altra croce. Sulla sinistra ci sono una serie di figure femminili virtuose, tra cui Maria che piange sulle ferite del figlio. La figura di Giuseppe di Arimatea, che sostenendo il corpo di Cristo sembra baciare la ferita al costato. Nell’altro lato c’è una totale indifferenza: sono raffigurati i soldati impassibili che giocano a dadi la veste di Cristo. Abbiamo poi 2 figure simboliche, identificate tramite le iscrizioni: da un lato l’Ecclesia che porta un vessillo con la croce e un calice nel quale si versa il sangue di Cristo, dall’altro viene rappresentata la sinagoga, al quale un angelo abbassa ola testa, facendole cadere. Dietro Maria c’è San Giovanni dolente. Le figure sporgono e sono molto più intense di quelle di Wiligelmo. L’ordine cistercense è un ramo riformato dai benedettini, nato nell’XI secolo in Borgogna, nel villaggio di Citeaux con il fine di riportare la regola di San Benedetto all’austerità delle origini. Roberto di Molesme è il fondatore del monastero di Citeaux. Questo tipo di gotico è molto semplice, senza tante decorazioni. Negli scritti di Bernardo di Chiaravalle possiamo leggere i motivi delle scelte per quanto riguarda l’architettura. L’idea è che nelle abbazie o monasteri si tendesse troppo a rivestire le pareti di immagini a discapito della riflessione spirituale. Egli si scaglia in particolare contro le sculture dei chiostri perché i monaci dovrebbero passare il loro tempo sui libri e non a cercare di leggere le varie sculture. Un esempio di abbazia cistercense è quella di Fontenay, fondata nel 1118 da Bernardo di Chiaravalle. Troviamo una chiesa a 3 navate, un transetto sporgente e una grande cappella quadrangolare affiancata da 2 cappelle minori. C’è poi un chiostro, la sala capitolare e ambienti comuni (come la cucina). L’interno è caratterizzato da volte alte, con pilastri che ricadono sui costoloni. Abbiamo poi le finestre che permettono il filtraggio della luce. Un aspetto interessante è che la pianta diventa un modello che si ripete in tutte le chiese dell’ordine (anche in Italia come nell’abbazia di Fossanova a Frosinone). I Cosmati (oltre 60 artisti) sono attivi prevalentemente attivi a Roma e nel Lazio tra XII e XIII sec. sono noti come Cosmati perché una di loro di nome Cosmas firma tante opere. Con loro emerge l’identità dell’artista. Essi realizzano arredi chiesastici decorati con intarsi di mosaico (pavimenti, pulpiti…). Un esempio è un pulpito della chiesa di S. Maria di Aracoeli (dal 200 francescana, prima benedettina) dove si può vedere un’iscrizione dove vengono riportati i nomi degli artisti. In questa chiesa, possiamo inoltre vedere, il reimpiego di una mensa marmorea di IV sec con storie di Achille inserendo marmi colorati, usata poi in un pulpito. Inoltre, l’altare di S. Maria in Aracoeli era un grande sarcofago di porfido riadoperato; al di sotto dell’altare c’era una struttura che ha l’aspetto di una fronte di un altare con una finestrella: qui abbiamo una grande lavorazione. La finestrella è sormontata dall’agnello sacrificale. E poi c’è una serie di cornici raffinate. I capitelli delle colonnine sono caratterizzati da teste di fauno. Inoltre nei pennacchi di risulta ci sono: la figura di un sovrano e la figura della Vergine con il bambino in una mandorla= questo rappresenta la leggenda dell’altare di augusto I Cosmati lavorano spesso per committenti appartenenti della curia papale o abati. I pavimenti erano in opus sectile, come quello della chiesa di Montecassino, (che in parte è andato distrutto) decorati con marmi che formavano diversi motivi come delle rote. Un esempio di pavimento di XII sec realizzato dai Cosmati è quello della chiesa dei SS 4 coronati, dove il motivo principale sono quadrati e triangoli utilizzando motivi di spoglio antichi e marmi privilegiati (come il porfido). Nella chiesa di S Lorenzo fuori le mura si trovava un ambone (ora modificato) con una doppia scala. Qui c’erano motivi circolari e marmi preziosi, ma importante è il basamento che proveniva dal Tempio di Nettuno. In questa chiesa i capitelli sono stati realizzati ex novo, anche se uno di essi per molto tempo è stato considerato antico perché nelle volute del capitello ionico ci sono una rana e una lucertola in quanto Plinio ci parla di 2 scultori antichi che si firmavano mettendo una lucertola e una rana, ma poi attraverso degli studi si è capito che è un capitello medievale. inflessi che poggiano su candelabri con figurine di putti che giocano nelle zone di risulta. Nella volta sovrastante ci sono le varie età dell’uomo associate a stagioni, i venti, una zona nilotica, costellazioni e segni zodiacali. La rappresentazione della primavera presenta una figura a cavallo che regge un mazzo di fiori; intorno si vedono degli alberi (flessuosi che fanno da cornice ulteriore alle figure) fioriti da cui alcuni uomini colgono dei frutti. Il tutto è incorniciato da una cornice con motivi vegetali e un cupido. Mentre la rappresentazione dell’estate mostra la battitura del grano: ci sono 2 servitori che lavorano e un controllore; qui c’è una grande resa dell’azione. Si nota molto bene la marcatura dei muscoli. Grande importanza è data al mese di Marzo, dove si può vedere una figura sofferente: si riprende l’episodio dello spinario con un giovane a cui si toglie una spina dal piede. In una lunetta si vede un toro che viene attaccato da un uomo = rappresenta Mitra (grande culto misterico). Questa raffigurazione riprende l’antichità come una personificazione dell’abbondanza, del giorno e della notte. Nel registro sotto la lunetta delle rappresentazioni dell’abbondanza vediamo una serie di virtù (rappresentate come dei crociati) che calpestano delle figurette rappresentanti i vizi; sulle spalle delle virtù ci sono dei santi. La figura centrale mostra Salomone, che con un dito punta verso l’alto. La funzione di quest’aula probabilmente era un’aula di tribunale. ARTE FEDERICIANA Quest’arte richiama quella classica, antica. Federico II era figlio di Costanza di Altavilla ed Enrico VI. Fu incoronato imperatore del Sacro romano Impero nel 1220 da San Pietro. 5 anni dopo si assunse la corona del regno crociato di Gerusalemme grazie alle seconde nozze. Fu più volte scomunicato dalla chiesa a causa di contrasti. Egli partecipa alla sesta crociata. Ma soprattutto fu una figura che diede via ad un’intensa stagione culturale: Costituzioni di Melfi (prima vera raccolta di leggi dell’Europa Medievale), promuove studi di filosofia e scienze naturali, fece tradurre in latino Aristotele e scritti arabi, fece coltivare la poesia d’amore in lingua volgare. Per quanto riguarda il campo dell’arte fu promotore del rinnovato interesse per il gusto classico (le opere erano vicinissime nella resa, tant’è che si confondevano). Fu un grande collezionista di gemme antiche e medievali (un inventario conta un migliaio di oggetti antichi, usati anche per arredare la sua dimora). Federico promuove un’arte di stampo imperiale (riferimento ad Augusto, infatti, le monete che fa coniare prendono il nome di augustale). La sua arte si può definire di corte perché gravita per la maggior parte intorno al sovrano. Rispetto alla ripresa del mondo antico di età carolingia e ottoniana, l’arte di Federico è circoscritta al Mezzogiorno d’Italia ed ha un intento laico (i carolingi religioso). Con Federico, inoltre sorgerà la prima università statale a Napoli (voleva stimolare la cultura a tutti i livelli). Ci sono poche opere che possiamo collegare alla sua figura in edifici religiosi. Un esempio di oggetto antico è un ariete bronzeo (opera ellenistica del III sec a.C), che proviene da uno dei castelli di Federico II (Castel Maniace) dove era esposto all’ingresso. Mentre a Lagopesole c’era una figura di un leone che azzanna un capretto, che è un frammento di un sarcofago antico. Questo suo gusto all’antico si proietta sull’architettura di molti edifici che lui commissiona. Un esempio di come Federico concepiva il suo regno e il suo ruolo si può vedere nella moneta (augustale): da un lato imita la rappresentazione degli imperatori antichi (profilo, aureola, manto sulla toga) e dall’altro l’aquila, che diviene simbolo dell’aquila sveva. Un’altra aerea di produzione sotto Federico II è quella dei manoscritti miniati. Oltre a commissionare molti manoscritti egli stesso aveva un grande interesse per la natura: infatti scrisse un libro sulla natura e sulla cura degli uccelli (“Arte Venandi cum Avibus” = che ci sopravvive attraverso una copia del figlio). Dalla copia ci dà l’idea del contenuto dell’opera: l’uccisione di uccelli comprendeva per la maggior parte falconi che venivano addomesticati per aiutare il sovrano nella caccia. Conta circa 500 immagini di volatili. I castelli federiciani sono il cardine del suo assetto politico. Un censimento di quel tempo ne contava circa 225 (non tutti ex novo). La tipologia di queste costruzioni si ispirava ai castra dell’Oriente bizantino e islamici (che aveva visto durante la crociata), ma anche alle costruzioni anglonormanne, caratterizzate da una torre difensiva (donjons) e basate su criteri geometrici e simmetrici, con cortile interno, con torrioni quadrati o circolari negli angoli, e apparecchi murari che talvolta diventano bugnato. Le piante dei suoi castelli infatti erano molto simili, con piccole variazioni (alcuni più complessi perché avevano più ambienti). Avevano spesso un cortile interno. Diverso invece è il Castel del Monte ad Andria = ha una forma ottagonale, con cortile interno. Fu iniziato nel 1240 e concluso nel 1246. È considerato il vertice del processo costruttivo federiciano. L’esatta funzione è stata dibattuta: si è parlato di funzioni militari, astrologica, residenza di caccia. Le torri angolari accolgono le scale a chiocciola che portano ai piani superiori. Gli ambienti sono trapezoidali. È caratterizzata da una perfezione delle forme. L’interno è regolare grazia a cornici marcapiani, colonnine per le volte, volte a crociera ed archi acuti. Molto interessante è il portale che viene associato alle abbazie cistercensi per la presenza dell’arco acuto, di un architrave e un timpano sovrastante con mensoline. Esso è strombato. Ci sono anche esempi straordinari di scultura: troviamo telamoni che sorreggono le volte, chiavi di volta a forma di maschere di satiro. Famosi sono i capitelli provenienti dalla cattedrale di Troia (1240). Il capitello unisce foglie all’antica nella parte bassa e delle taste umane di varie etnie nella parte superiore. La resa dei volti è molto realistica (pelle riarsa, sguardo vivace). Forse questi capitelli erano destinati ad un ciborio. Un ruolo importante per Federico ha il ritratto. Il volto ha un realismo espressivo molto vivo, con la presenza di rughe. E’ una scultura all’antica a mezzo busto: Federico porta in testa una corona. Un’altra opera è una statua a cui manca la testa (abbiamo dei disegni però che ci mostrano la statua originario e un calco). Questa figura inizialmente era stata confusa come antica, poi però si è capito che era di età federiciana Uno degli esempi più alti della ritrattistica di questo periodo è la testa di Lanuvio, che forse rappresentava Federico II. Anche questa era stata ritenuta classica. Il modello sicuramente è una testa di Augusto di I sec (ciocche di capelli) e il ritratto di Costantino di IV sec. il collo è robusto con i tendini in evidenza e la capigliatura scende a ciocche sulla fronte. Molto interessante d’età federiciana è la porta di Capua (chiamata anche porta romana) sul fiume Volturno. È una porta d’ingresso per la città. Oggi è ridota solo a 2 monconi (le basi). Fu costruita tra il 1234 e il 1239 e fu abbattuta nel 1557 dal viceré spagnolo di Napoli. I monconi ci mostrano delle basi poligonali in muratura e delle parti semi circolari. La parte più interessante era la porta vera e propria. In base a dei disegni (il più importante quello di Francesco Giorgio Martini) è stata fatta una ricostruzione: non solo c’era un programma architettonico imponente ma anche scultoreo = colonnine con figure scolpite, figura all’interno di medaglioni che sormontavano la porta. Sopra i medaglioni c’era un primo registro con una serie di colonnine che inquadravano delle nicchie, nella cui centrale c’era il ritratto di Federico II; e poi c’erano una serie di archeggiature superiori. [A Caserta vecchia ci sono dei resti di un castello costruito da un vassallo di Federico II che ci mostrano un basamento poligonale analogo alla porta di Capua]. La statua centrale di Federico II oggi è senza testa ma sono state fatte delle ricostruzioni; essa si trovava nella nicchia centrale, riconosciuto grazie all’iscrizione che richiama l’antico. Una statua che si trovava in un medaglione in asse con quello dell’imperatore, al di sopra del portale è la rappresentazione della Iustizia: busto femminile all’antica con profonde cavità orbitali e labbra Per quanto riguarda il pulpito del duomo di Siena sono pervenuti i contratti dei pagamenti agli artisti, sappiamo che era un’impresa familiare. Nicola lavorava insieme al figlio Giovanni e ad altri artisti come Arnolfo di Cambio. A differenza dle pulpito di Pisa qui troviamo una base che lo innalza. Inoltre mancano le cornici nel registro superiori, quindi la scultura diventa dominante. L’effetto totale che l’artista ottiene è il desiderio di muoversi intorno alla struttura ottagonale (quello di Pisa invece esagonale). In questo caso il pulpito veniva usato come palcoscenico. Le scena dell’adorazione dei Magi vede l’abbandono della composizione in un solo ordine per scene organizzate su più piani con più personaggi. Sullo sfondo ci sono anche monumenti architettonici e paesaggistici. La composizione è caratterizzata da una forte vivacità (sembra esserci persino un dialogo tra gli animali). La scena della crocifissione mostra molti personaggi intorno a Cristo in croce (croce a y) sofferente. Egli è ricurvo su se stesso. La figura di San Giovanni è piangente, mantre la Vergine sviene. La scena della natività è molto più complessa del pulpito di Pisa. C’è una maggior partecipazione affettiva dei persoaggi intorno data dai volti e dalle gestualità. Oltre alla scena vera e propria della natività troviamo una scena di visitazione. Le figure non sono stanti ma in movimento (per es i pastori guardano verso l’alto). Un’opera completamente diversa (pubblica) è la Fontana maggiore di Perugia (1277-1278), realizzata da Nicola e Giovanni Pisano. È costituita da 2 vasche concentriche: quella inferiore a 25 facce gemine (ossia divise in 2 scomparti) scolpite, divise da colonnine, la superiore a 12 specchiature con statuette lungo gli stipiti e a metà di ciascun lato (24 statuette in tutto). C’è un’iscrizione che rivela tutti gli artisti che hanno collaborato (il benedettino Fra Bevignate da Cingoli che fu il direttore dei lavoratori e Boninsegna, il quale era un idraulico esperto). Ha un ricco programma decorativo. Nella vasca inferiore ritroviamo i mesi, le arti liberali, scene di vecchio testamento, raffigurazioni di animali come allegorie morali e storie di Roma (in particolare di Romolo per collegare la fondazione della città di Roma con quella di Perugia). Nella parte superiore abbiamo personificazioni di fiumi e città, figure mitologiche, personaggi biblici, santi e immagini del podestà e del capitano del popolo di Perugia. GOTICO ITALIANO (Giovanni Pisano è forse il più grande rappresentante della scrittura gotica italiana del 2oo). = in confronto a quello transalpino è più semplificato sia nelle piante che negli alzati. Una delle facciate più interessanti per il gotico italiano è quella del Duomo di Orvieto dove si possono notare: portali strombati, archi acuti, ghimberghe, grande rosone, grandi pinnacoli. La facciata era decorata con mosaici (oggi tutti rifatti). Di questo cantiere ci è rimasta tanta documentazione che ci parlano della struttura del duomo, costi, materiali, organizzazione del cantiere e artisti (nomi e qualifiche). L’interno è lontano dalle grandi cattedrali gotiche: il modello era la basilica romana di Santa Maria Maggiore Gli esempi più interessanti del gotico italiano sono nelle chiese degli ordini mendicanti (i 2 più grandi ordini sono quello francescano e domenicano). Ne è esempio la Chiesa di Santa Maria Novella di Firenze, che unisce parti di gotico d’oltralpe con consuetudini architettoniche delle strutture monastiche. Un esempio francescano è la Basilica di Santa Croce: ha una grande aula divisa da archi acuti su pilastri con coperture a crociera solo nella cappella. Caratteristica di questi edifici era il tramesso: struttura muraria che divideva la parte dei frati dalla parte dei laici. Essi però non si conservano perché aboliti con la controriforma. Però l’esempio più importante in Italia è la Basilica di San Francesco d’Assisi (lavori iniziano nel 1228), costruita per accogliere il corpo del Santo. Nel 1230 le reliquie del Santo vengono deposte nella chiesa inferiore. SAN FRANCESCO D’ASSISI Morto nel 1226. Francesco viene canonizzato appena due anni dopo (1228) quando inizia la costruzione della basilica. Nel 1230 le reliquie del Santo vengono deposte nella chiesa inferiore. La consacrazione avviene nel 1253. LA BASILICA: La basilica si colloca sul “Collis infernis” per poi diventare “collis paradisis”. La basilica è su due piani, chiesa inferiore e chiesa superiore: c’erano due ingressi una per la chiesa superiore e una per quella inferiore. La basilica inferiore viene decorata sicuramente prima del 1260 (la basilica superiore decorata più tardi, ora la vediamo decorata. All’inizio doveva avere una sola croce dipinta che poi è andata persa e una tavoletta che rappresentava la vita di San Francesco (Vedi paragrafo dopo). Al di fuori la chiesa è solida se sembra appartenere allo stile romanico. All’interno la chiesa risente dell’architettura gotica francese. Essendo i monaci francescani e quindi avendo deciso di spogliarsi di ogni avere, la basilica viene finanziata con bolle papali TAVOLE D’ALTARE CON STORIE DI SAN FRANCESCO La tipologia di decorazione è una tavoletta che rappresenta il santo (questa tavoletta diventa un modello). Il santo è rappresentato con una tunica semplice. Croce nella mano sinistra e libro nella destra. Nei quattro quadranti ai lati si vedono i miracoli. Dettaglio miracoli: liberazione di un’indemoniata presso l’altare del santo: questa tavoletta mostra l’altare del santo, che è il medesimo che troviamo nella basilica inferiore. Altra tavoletta ma CUSPIDATA: San Francesco e sei storie della sua vita: Santo grande al centro con sei storie più piccole attorno. Il santo viene sempre rappresentato con le stimmate: queste vengono portate a lui da un cristo angelo. Ci sono 6 miracoli di cui 2 avvengono dopo la morte del santo. Si dice che questo tipo di tavole si inizi già a fare nel 1228, ma non sappiamo se viene scritto l’anno di realizzazione o di canonizzazione del santo. Queste tavole sono diffuse dagli anni ’30 agli anni ’60. Sono cuspidate o rettangolari. Perché dopo gli anni ’60 non abbiamo più queste rappresentazioni? La funzione delle immagini era quella di promuovere questo Santo, e bisognava far sapere quali fossero i suoi miracoli: per fare ciò si utilizzava un tipo di iconografia bizantina: facendo vedere i suoi miracoli si invitava la gente ad andare a visitare la basilica per chiedere altri miracoli e preghiere. DOPO 30 ANNI, DIVENTA TANTO NOTO CHE QUESTO TIPO DI TAVOLE DIVENTA DESUETO in quanto hanno svolto la loro funzione. In questa chiesa si trovano a lavorare in collaborazione tantissimi artisti, Nella basilica superiore la decorazione è composta da un lato con storie della vita di francesco, dal lato opposto storie della vita di cristo: creando quindi un parallelo tra la Francesco e Cristo ed indentificando il santo come un Alter Cristi Tutte queste tavolette prendono ispirazione dalla tradizione bizantina. GIOVANNI PISANO È il figlio di Nicola pisano: lavorano insieme a molte opere, ma viene pagato meno molto meno del padre. È attivo a Siena e Perugia. Opera tra gli anni ’70 e ’80 del Duecento al Battistero di Pisa. Questo battistero ha delle aggiunte all’esterno: Ghimberghe: cuspidi gattonate con foglie, sono un motivo gotico assiema a pinnacoli. MADONNA CON IL BAMBINO: Madonna col bambino in braccio: statue a tutto tondo: caratterizzanti dell’opera di Giovanni pisano. Ha come modello il gotico francese: rapporto delicato tra madre e figlio dato dal gioco degli sguardi. Inaugura la serie della Madonne id Giovanni con il tema del colloquio di sguardi tra madre e figlio. Le statuine delle madonne con bambino circolavano anche in Italia e questo giustifica la presenza di opere che prendono ispirazione da esse. Comunque si pensa che Giovanni Pisano abbia avuto contatto con artisti francesi. monumenti sepolcrali che parte sono stati incorporati trasformazione rimodellamento del Borromini, ma ha perso anche tante delle decorazioni originarie. Poi l’abside, in particolare, che fu ricostruita alla fine del Duecento su committenza di papà Nicolò IV, viene totalmente distrutta nel tardo Ottocento quando si decide di spostare l’abside originaria tramite una grande macchina che però non riesce in questa impresa tra l'ingegneria e l'architettura; per fortuna si fecero tutta una serie di disegni scala 1:1 del mosaico duecentesco che papa Nicolò IV aveva commissionato a Jacopo Torriti e quindi quello che vediamo oggi nell’abside Giovanni Laterano è una copia ottocentesca della decorazione di Torriti. È però interessante dal punto di vista iconografico. Inoltre è un’importante committenza nella cattedrale di Roma quindi nel centro della cristianità da parte e di un committente, che è il primo Papa dell'ordine Francescano. Papa Nicolò IV è famoso sia per questa abside (una leggenda dice che incorpora un’antica immagine di Cristo apparsa a Costantino quando aveva fondato la basilica, infatti si trova su un supporto diverso). La scena presenta un paesaggio nilotico con i 4 fiumi con dei cervi che si abbeverano. Al centro c’è una croce gemmata; ai lati ci sono: la Vergine, i santi Giovanni il Battista e Giovanni Evangelista, San Pietro e Paolo, un piccolo committente inginocchiato (il pontefice). Ci sono poi 2 figurine più piccole che sono San Francesco e Sant’Antonio (altro membro francescano). L’altra grande committenza che si conserva di Nicolò IV a Roma è l’abside della Basilica di Santa Maria Maggiore: Nicola demolisce l’abside per inserire un transetto che quindi viene crea ulteriore spazio (adoperato per le sepolture di papi come per lo stesso Nicola IV) e poi una nuova abside semicircolare all’esterno e poi un catino decorato con l’incoronazione della Vergine. È un tema caro ai francescani perché la Vergine è la protettrice dell'ordine insieme al santo fondatore Francesco. Negli spazi tra le finestre troviamo storie della vita della Vergine, non proprio in ordine cronologico perché vediamo che la morte della Vergine e l'elevazione della sua animula dovrebbero essere alla fine, vengono invece disposte al centro sotto il grande medaglione tempestato di stelle in cui si inserisce il trono Gemmato con un grande cuscino su cui siedono la Vergine e il Cristo che incorona Maria. Questo è il tema del l'incoronazione della vergine: è il momento in cui la Vergine stessa è salita in cielo a fianco del figlio. Il trono è circondato da schiere di angeli. Sullo sfondo ci sono racemi con tutta la serie di uccelli diversi. Poi abbiamo la raffigurazione di San Pietro e San Paolo; Inoltre, ci sono: il Battista, l’Evangelista, San Francesco e Sant'Antonio. I committenti in questo caso sono due: il pontefice e il cardinale Jacopo Colonna. Il sottarco è a girali con medaglioni che si alternano tra le ghirlande con busti di santi e il Crismon (monogramma) al vertice della composizione. La scelta di inserire la dormitio virginis in asse con l'incoronazione della Vergine la troviamo anche nelle cattedrali francesi. In questo mosaico c’è una grande presenza di oro non solo nello sfondo ma anche nelle vesti, in contrasto con la povertà dell’ordine. Le vesti sono cangianti. Nella dormitio virginis le figure sono fatte in modo da mettere in risalto il centro: le ali degli Angeli sembrano quasi dei raggi che dipartono dalla mandorla cangiante che racchiude all’interno Cristo. questa mandorla oltre ad inquadrare Cristo evoca una finestra (rimanda all’idea di luce). La Vergine mostra i palmi delle mani: gesto della Madonna avvocata (fa da intercessore). Una delle scene della vita della Vergine tra le finestre: la natività dove semplifica molto il numero delle figure; il momento in cui la Vergine prende il braccio il bambino diventa proprio il fuoco della composizione. Cavallini riesce a rendere meglio la grotta ma c’è anche l'eliminazione di tutta una serie di motivi della tradizione Bizantina come, per esempio, la lavanda dei piedi. La vergine di Cavallini ha un’espressione molto dolce mentre prende il bimbo dalla mangiatoia. Gli angeli sembrano intenti in una conversazione. Pietro Cavallini è un altro grande pittore che faceva parte del cantiere di Assisi, considerato da molti, maestro di Giotto. A Cavallini è attribuita la decorazione della controfacciata della basilica di Santa Cecilia La chiesa è oggi legata a un ordine femminile. Il coro ha svelato le tracce di quello che doveva essere un giudizio universale: la parte inferiore è perduta mentre la parte superiore è visibile passando tramite il convento. Il giudizio universale probabilmente è stato commissionato da un cardinale francese Jean Cholet. La scena centrale presenta Cristo su un trono dorato all’interno di una mandorla rossa. Egli presenta la ferita al costato, alle mani e ai piedi. In asse con la mandorla c’è un altare con tutti gli strumenti della passione. A circondare la mandorla ci sono una serie di angeli, che presentano un livello di cangiantismo molto alto. In basso abbiamo il giudizio universale con da una parte i dannati e dall’altra gli eletti. Dopo gli angeli, ai lati della mandorla ci sono la Vergine e il Battista che fanno da intercessori, e poi le figure degli apostoli che fanno da tribunale. Nella composizione gli apostoli hanno espressioni diverse tra loro come le pose. Essi sono colpiti da una luce che proviene da destra per le figure di destra e da sinistra per le figure di sinistra. Ognuno ha in mano un attributo diverso che la caratterizza (cosa che troviamo anche negli Apostoli sui portali delle cattedrali francesi). In queste figure si nota inoltre un richiamo alla statuaria classica (siedono in modo monumentale). Una novità importante è l’uso dei colori: c’è un uso della cromia molto particolare. Si tratta di figure che sono profondamente diverse l'una dall'altra: le cromie sono diverse anche grazie all’uso della luce che rende le vesti non di un unico colore Inoltre, gli apostoli pongono i piedi in modo diverso che danno un leggero movimento in una composizione che comunque è molto monumentale. Una cosa innovativa è la presenza di nuvole atmosferiche (quindi l’artista guarda alla natura) su cui sono poggiati i troni. Nella parete contro la controfacciata abbiamo una scena in parte perduta con un’inquadratura realizzata tramite una colonnina tortile. A Cavallini si devono anche i mosaici con storie della Vergine (1291) sotto il catino absidale di Santa Maria in Trastevere, commissionate dal cardinale Stefaneschi. La natività, rispetto a quella di Jacopo Torriti, mostra una Vergine più rilassata. Inoltre, la composizione è definita attraverso le tessere colorate. La veste sembra avere dei punti luce come sullo sfondo. La cometa non è in asse con la Vergine, rompendo così co la tradizione. L’artista è riuscito a dare anche un senso di profondità inserendo la figura all’interno della grotta, da cui sporgono il bue e l’asinello. Gesù ha laureola crucisegnata anticipando così il suo destino. Un dettaglio curioso è la presenza di una Taberna meritoria, legata alla storia di Santa Maria in Trastevere: la leggenda narra che la chiesa fu fondata dove una fonte di olio che sgorgò prima ancora della nascita; e questa fonte si trovava in una taberna. Quindi l’artista ha reso omaggio alla storia della chiesa rendendola eterna. Le croci dipinte si affermano nel corso del XII sec, ma si diffondono enormemente in ogni chiesa nel XIII sec in connessione con l'affermazione degli ordini mendicanti in particolar modo dei francescani, che avevano una particolare devozione per la sofferenza di Cristo. Un esempio di croce famoso dal punto di vista storico si trova nella chiesa di San Damiano: si considera la croce dinanzi alla quale Francesco mentre pregava ricevette la parola del Signore e quindi fu all'origine della Conversione di Francesco e della sua decisione di dedicarsi completamente a Cristo e alla vita apostolica. I primi tipi di croce mostravano un Cristo con gli occhi aperti ed è un’iconografia nota come Cristus triumphans, quindi un Cristo trionfatore. Queste croci presentavano spesso immagini sui pannelli laterali della Croce (per esempio la Vergine con il Battista da un lato e le pie donne dall'altro). A volte sono scene su livelli tre per lato e sono storie della passione di Cristo. Una evoluzione che si ha nel corso del XIII secolo è quella del passaggio dal Cristo trionfatore sulla morte, al Cristus patiens, ossia Cristo sofferente rappresentato dolente con gli occhi chiusi. Per esempio, in una delle Croci dipinte attribuite a Pisano di San Domenico a Bologna (datata 1234 il 1250-55) vediamo come il bacino dolente si sposta all'infuori con la testa che ricade sul collo. Non ci sono i pannelli laterali così concentrando tutta l’attenzione su Cristo. Da questi modelli si sviluperanno le croci di Cimabue. Cimabue era un artista toscano. Fu una figura importante che viene spesso considerata un maestro per Giotto, l’unica opera firmata da lui è il mosaico del Duomo di Pisa, che però è pesantemente restaurato. Le altre opere non sono firmate ma tramite dei documenti gli studiosi sono riusciti a ricostruire un corpus delle opere di Cimabue. Una delle più famose è la croce dipinta della Basilica di S. Croce a Firenze (1280). Nel 1966 venne danneggiata a causa di un’alluvione. Qui troviamo la veste velata (appropriata per una chiesa francescana). La figura di Cristo è ancora più inarcata in maniera naturalistica. Il volto mostra un’espressione dolente reso attraverso chiaro-scuri. Nella Basilica superiore di Assisi l’ingresso ha un portale dietro con un grandissimo rosone nella parte alta. Verso la cappella absidale le scene si svolgono su 3 registri. Le scene nella parte alta (su 2 registri) sono di Vecchio testamento a sinistra e di Nuovo testamento a destra, mentre la parte inferiore riporta il ciclo con le storie di San Francesco (vita, morte e miracoli che sono inquadrate da una cornice fittizia di colonnine tortili che sorreggono un architrave e tutta una serie di mensoline che danno tridimensionalità). La parte superiore è divisa da quella inferiore da un passaggio. Anche se confluiscono diversi artisti nella decorazione le scene sono omogenee tra di loro, quindi il progetto è unitario. Sulla controfacciata abbiamo 2 scene relative alla vita di San Francesco e poi il grande rosone. Gli studiosi attraverso studi sono riusciti a distinguere le opere dei diversi artisti. Alcune scene del registro superiore: nella terza campata si è per lungo tempo parlato dell’enigma del maestro di Isacco = le scene in questione mostrano la storia di Isacco, Giacobbe ed Esau. Nonostante ci siano lacune vediamo Isacco (a letto, vecchio e ceco sorretto da un’ancella) che viene ingannato dal figlio Giacobbe che si finge Esaù per ricevere i dritti di primogenitura (che in realtà spettavano al fratello). Giacobbe ruota la testa verso il padre. Poi viene raffigurato il momento della fuga di Giacobbe e della madre (complice) e di Esaù che viene respinto dal padre. Interessante è come l’artista ha reso questi 2 momenti, all’interno di un’architettura solida rettangolare. Sembra quasi in prospettiva. A decorare l’edificio architettonico ci sono motivi cosmateschi. Il dibattito fu aperto su chi potesse essere l’artefice di queste scene: molti tendono a leggerle come la prima comparsa di Giotto giovane. Il motivo per cui si scelse di rappresentare proprio questo episodio probabilmente è lo scopo educativo: emerge la contrapposizione con le scelte di San Francesco, di rinunciare a tutti beni paterni. L’aureola è raffigurata anche a colui che inganna (Giacobbe) poiché l’ordine francescano in origine era l’ordine di frate minore (cioè del fratello minore) e quindi il fratello minore veniva esaltato poiché aveva ottenuto un riconoscimento. Quindi la scena non deve essere solo letta in maniera negativa. La fonte principale per le storie di San Francesco è “Legenda Maior” di Bonaventura di Bagnoregio che viene commissionata nel 1260, che diventa l’unica biografia ufficiale del santo. Tra gli episodi della vita di San Francesco interessante è la quinta scena del registro inferiore di destra: rappresenta lo spoglio dagli abiti del Santo nella piazza di Assisi dipinto da Giotto. Vediamo la mano di Dio in alto che sbuca dal cielo, verso la quale volge lo sguardo Francesco. Di fronte a lui c’è il padre naturale che è irato nei confronti del figlio. Alle spalle di Francesco c’è il vescovo di Assisi che copre la nudità del ragazzo quasi abbracciandolo accogliendo la sua scelta. Interessante è anche la scelta dei colori di Giotto: per esempio la veste de padre è gialla, colore simbolo di cupidigia e ricchezza. La prima scena del ciclo è “l’omaggio dell’uomo semplice”: un uomo incontra francesco, e cogliendo il suo essere posa il mantello per terra per farlo camminare sopra. È interessante il contesto come l’edificio al centro della scena: palazzo comunale. L’artista a cui si tende attribuire quest’opera è Giotto, il quale raffigura non un contesto immaginario ma l’Assisi del tempo. Questa da alcuni è stata raffigurata come la pima rappresentazione di una piazza. Altre 2 scene nella controfacciata sono: “il miracolo della fonte” (mentre Francesco e i suoi compagni sono in viaggio miracolosamente sgorga una sorgente) e “la predica agli uccelli”. Interessante è capire la scelta di queste 2 scene: sono le uniche che si svolgono nella natura. In una viene raffigurata la montagna (dove centrale è la figura di Francesco in preghiera, il quale richiama Gesù sul monte degli ulivi) mentre nell’altra si vedono degli alberi. Un’altra scena è quella del presepe di Greccio, la quale ci dà l’idea della liturgia e della celebrazione liturgica. Francesco allestisce un piccolo presepe dove il fantoccio del bambino nelle mani di Francesco diventa vivo. Qui l’artista non ha raffigurato il contesto di Greccio, ma una recinzione presbiteriali dove ci sono molte persone (membri del clero, tra cui dei frati che cantano). Vediamo all’ingresso una serie di donne che si accinge a riunirsi. Troviamo gli elementi liturgici: un altare raggiungibile attraverso gradini, un lanternino, il ciborio. Il fedele era invitato a prendere parte a questo evento. Vediamo come l’artista (Giotto) ha rappresentato il retro del crocifisso (rosso, che richiama la passione di Cristo), il quale guarda verso i fedeli. Alcuni pensano che questa recinzione presbiteriale replichi quella della basilica inferiore, anche se non si è certi poiché ne rimangono pochi frammenti. Quindi il contesto è quello ecclesiastico, in quanto la dottrina francescana era stata accettata dalla chiesa. [Per quanto riguarda il francescanesimo dopo la morte di Francesco nascono 2 correnti: una (gli spirituali) di coloro che volevano seguire più fedelmente i dettami di Francesco quindi per esempio non avere una dimora fissa; e un’altra (i conventuali) di coloro che volevano vivere in modo meno rigido e operare in strutture simili a conventi]. Ci sono poi opere attribuiti ad altri artisti, come la creazione del mondo di Jacopo Torriti, il quale dipinge anche la volta. Tutti gli artisti però operano imparando gli uni dagli altri, infatti, è complicato distinguere le diverse mani. Gli studiosi hanno fatto notare che gli artisti collaboravano anche nella medesima scena. Uno dei tanti lavori realizzati da Giotto è le stimmate (ora al Louvre): era stata commissionata per una chiesa francescana di Pisa. È l’unica opera firmata dall’artista. Alcuni hanno ipotizzato analizzando la realizzazione che la maggior parte del lavoro era stato fatto dalla bottega, anche se il disegno veniva sempre disegnato dal maestro. Qui abbiamo un cambiamento radicale dalle tavole dipinte. Abbiamo una scena narrativa: la scena delle stimmate di San Francesco è centrale ed episodi della vita del santo nella parte bassa (Francesco che sostiene il Laterano in rovina ossia il sogno di Innocenzo III, l’approvazione della regola e la predica agli uccelli). L’immagine centrale vede Cristo serafino che imprime su Francesco le stesse ferite avute sulla croce. Giotto è attivo a Padova nel 300. Lavora nella cappella palatina legata la Palazzo della famiglia degli Scrovegni (il committente è Enrico Scrovegni). Il palazzo è andato perduto, il quale si trovava all’interno dell’anfiteatro di Padova. La cappella è un caso eccezionale di una committenza nobile molto ricca. Sulla controfacciata c’è il giudizio universale, sotto una grande trifora. Abbiamo un grande Cristo in una mandorla arcobaleno sorretto da angeli; egli è monumentale. Nela parte alta ci sono schiere angeliche. La raffigurazione presenta una novità: oltre al grande ruolo dato alla croce, la componente più innovativa è l’immagine di Enrico Scrovegni che offre il modello della cappella alla Vergine (a cui è dedicata la cappella). Il modellino viene sorretto anche da un religioso (probabilmente colui che officiava la cappella). Enrico si trova nel lato degli eletti quindi un’allusione alla sua destinazione futura. Le figure sono solide, volumetriche e ben disposte nello spazio. I volti hanno una grande potenza espressiva. La cappella è a navata unica con un arco absidale che ci fa entrare in un’absidiola. C’è un grande uso di blu, ottenuto macinando i lapislazzuli. L’articolazione dello spazio delle 2 pareti è diversa in quanto una presenta una decorazione totale di affreschi mentre l’altra ha delle finestre. Le sene si svolgono a partire dalla zona del presbiterio. C’è un registro superiore dove ci sono le storie di Gioacchino ed Anna (genitori di Maria). Nel registro inferiore invece troviamo le storie della vita di Cristo partendo dalla natività (prevalentemente dal vangelo di Giovanni). Sull’arco absidale abbiamo il tema dell’annunciazione. Nello zoccolo ci sono specchiature di marmo dipinte che si alternano a personificazione di vizi e virtù con iscrizioni didascaliche (per esempio invece del vizio tradizionale dell’avarizia si è rappresentata l’invidia). I più importanti episodi della vita di Cristo sono la predicazione e la passione. Un episodio importante per Anna e Gioacchino è il loro incontro alla porta aurea a cui associato il concepimento di Maria. I due si baciano: invenzione di Giotto, che mette in risalto i sentimenti. Ci sono poi delle ancelle di Anna. Poi troviamo una figura velata, che è stata interpretata come una vedova, invidiosa. L’artista realizza in un modo molto dettagliato la porta con il bugnato nella parte inferiore. Una delle più potenti scene del ciclo è il bacio di Giuda. Il bacio viene reso centrale: l’attenzione viene richiamata dal mantello oro di Giuda. Si può notare anche la scena di Pietro (unico apostolo presente sulla scena) che taglia l’orecchio a Malco, che si intravede poiché davanti è posta una figura che l’osservatore vede di spalle. A rendere dinamica la scena sono le armi disposte in diagonale e sovrapposte (non statiche). Cristo viene reso di profilo con il nimbo, mentre guarda negli occhi il traditore. Un’altra scena famosa è quella del compianto del Cristo morto. Questo non è un episodio narrato dai vangeli, ma Giotto è libero di usufruire della sua inventiva. Il contesto della roccia diagonale su cui riflette la luce fa si che l’attenzione converga nlla scena drammatica: la Vergina che abbraccia il figlio. Ci sono poi donne che tengono la mano di Cristo. Alcune di queste sono di spalle, facendo entrare l’osservatore nella composizione. San Giovanni apre le bracia all’indietro esperimendo dramma e dolore. Al di sopra ci sono una serie di angeli che partecipano al dramma umano attraverso gesti di dolore e sorpresa. Il loro corpo si dissolve nelle nuvole SIENA Fu un grande centro del medioevo. Qui lavorano per il Duomo i Pisano. Nello stesso anno (1287-8) in cui diventa capomastro Giovanni Pisano, il comune commissiona per l’abside del Duomo un a grande vetrata circolare. È la cosiddetta vetrata della Vergine (protettrice della città). Presenta infatti il tema della dormizione della Vergine e dell’incoronazione. Ai lati ci sono santi protettori di Siena. Nelle 4 estremità ci sono i 4 evangelisti che scrivono i loro vangeli su leggii. Uno degli artisti è Duccio di Buoninsegna. Essa è molto importante sia per la resa tecnica (vetri colorati con dettagli dipinti) sia per la raffigurazione della vergine: è probabilmente la più antica della nostra penisola. Questa scena ci mostra la Vergine e Cristo seduti su un grande trono prezioso: ella abbassa il capo accogliendo il servizio datole da Cristo. le figure hanno espressioni molto intense. Nella dormizione della Vergine vediamo gli apostoli che si chinano sulla donna per vedere se respira ancora. Un’opera molto importante di Duccio è la Maestà. Oggi è smembrata, ma le ricostruzioni ci riportano una facciata dove si trova la Vergine con il bambino tra angeli e santi. La Vergine è seduta in trono, sul quale c’è la firma dell’artista. Lo stile di Duccio richiama la tradizione bizantina. Poi ci sono vari episodi della natività di Cristo. Il retro, invece, presenta ben 24 scene. Uno degli episodi che troviamo è il bacio di Giuda: destra vediamo un gruppo di uomini con il nimbo: gli apostoli che stanno abbandonand Cristo. A sinistra vediamo un altro gruppo di uomini (soldati con delle fiaccole), dove viene rappresentato l’episodio di Pietro che taglia l’orecchio a Malco. Cristo interviene ammonendo pietro (possiamo cogliere il gesto). Il panneggio fa si che la figura sia meno modellata. Negli anni 90 nel duomo di Siena sono emersi una serie di affreschi che ci fanno capire la tradizione figurativa prima di Duccio, molto simile a quella bizantina. L’ambinte ora viene detta “la cripta” anche se non era quella la funzione. Troviamo un ciclo pittorico importante tra cui la passione di Cristo. Troviamo colori molto intensi. Negli affreschi nella scena della deposizione di Cristo. A Siena troviamo la prima opera nota di Simone Martini, di cui non conosciamo gli anni di formazione. Egli ha realizzato il palazzo pubblico (1297-1310), il quale era la sede della magistratura cittadina (9 giudici che dirigevano la città). Ha una facciata un po' curvilinea che segue la forma della piazza. Alla realizzazione hanno partecipato diversi artisti. Una delle sale è nota oggi come sala del Mappamondo (una volta sala del consiglio) presenta una scena di una Madonna in trono con il bambino (sappiamo che si tratta di una maestà grazie ad un documento). Guardando il trono troviamo delle trifore aperte sullo sfondo ai lati mentre lo schianale della Vergine presenta delle bifore riempite da motivi a mosaico (molto dettagliate). Il trono è regale; la vergine sembra inserita in un tabernacolo. L’abito della Madonna è decorato da pietre preziose e paste vitree. Il manto è chiuso da una fibula centrale. Lo sfondo presenta un elemento terreno: una tenda con gli stemmi araldici della città = crea un grande baldacchino mobile che si usava spesso per cerimonie ed eventi importanti nella città a Siena (è questo l’elemento che ci fa capire che la maestà era stata concepita per un edificio pubblico). Il bambino è stante sul ginocchio della vergine. Egli ha in mano un cartiglio di carta vera con un’iscrizione (amate la giustizia voi che siete giudici in terra = riferimento ai 9 giudici) ed è benedicente (gesto perfettamente scorciato). Il bambino indossa una veste ricca. Caratteristica tipica di Martini è il richiamo all’oreficeria, che anche in quest’opera si può vedere molto bene. Intorno alla Vergine abbiamo una serie di santi (agli estremi ci sono Pietro e Paolo) che si distribuiscono in modo irregolare, con un andamento meno schematico (più naturale); si possono vedere genuflessi i santi protettori di Siena, come sant’Ansiano e degli angeli che offrono dei fiori alla Vergine. Martini sviluppa la tradizione senese (che preferiva linee e bidimensionalità) in senso gotico. Sottostante il dipinto troviamo il sigillo della città di Siena (su uno zoccolo con finti marmi) in un medaglione. Il sigillo serviva per autenticare i documenti. Qui troviamo raffigurata la Madonna con bambino affiancata da 2 angeli che reggono candelabri. L’immagine è circondata da un’iscrizione: “la Vergine salvi l’antica Siena che designa come amena” (inteso come luogo felice). Abbiamo la firma dell’artista. Si data al 1315. Nel dipinto troviamo una serie di iscrizioni in lettere gotiche dorate (su sfondo blu e rosso); in una di queste la Vergine parla e ci dice: “i fioretti degli angeli che provengono dal paradiso non mi dilettano di più dei buoni consigli” (quindi mette sullo stesso piano le offerte e i consigli) “a volte vedo chi per proprio stato disprezza me e inganna la mia terra e a volte più sono offensivi e tanto più sono lodati, quindi stia attento colui che condanna questo mio detto”. (è una ammonizione) Abbiamo poi la risposta della Vergine ai santi che le rivolgono parole. Ella dice che accoglie le preghiere di coloro che sono onesti e gli darà soddisfazione, ma per coloro che gravano contro i deboli non sarò mediatrice”. Questo dipinto, quindi, non presenta solo una scena sacra ma ha anche un messaggio fisico. Tutt’intorno alla scena c’è una cornice che presenta dei cerchi all’interno dei quali ci sono figure a mezzo busto di profeti ed evangelisti, Cristo in cima, santi pontefici alternati allo stemma araldico di Siena. Poi c’è una serie di racemi. Abbiamo inoltre la personificazione della sinagoga e della chiesa. Simone Martini ha lavorato anche nella basilica di Assisi: egli è attivo nella cappella di San Martino. Il committente era un francescano: Gentile Partino da Montefiore. La scena più famosa del ciclo è quella dell’investitura a cavaliere di San Martino. Egli viene calzato, cinto e gli viene data una spada. Lo sfondo presenta un doppio loggiato con mensoline, decorazioni cosmatesche e cassettoni. Il santo richiama l’immagine di Francesco che si volge verso il cielo. La resa dei musicanti è molto raffinata. Simone Martini nel 1330 viene chiamato di nuovo a Siena nel palazzo pubblico per realizzare un’opera civica (di fronte a quella della maestà). E’ una raffigurazione originalissima. Un a scena notissima è la presa di Montemassi e la rappresentazione di Guidoriccio da Fogliano. Egli era un cavaliere che operava per Siena che riuscì a conquistare Montemassi. La parte della città di Montemassi è stata restaurata nel 400 ma altre parti sono originari. E’ stato rappresentato il battifolle cioè quella struttura in parte lignea e in parte in muratura che era stata eretta dai senesi e l’accampamento dei senesi (molto realistiche). Il cavaliere è più grande di tutto il resto: si staglia di profilo con un cavallo da parata (simbolo dell’espansione di Siena). Un’altra grande opera di Simone risale al 1317: S. Ludovico di Tolosa incorona Roberto d’Angiò, che fu commissionata dalla famiglia angioina. È un’opera che non è integra, in quanto mancano alcune parti. Ludovico era il destinato a diventare il re del regno di Napoli, che però si fa frate francescano. Infatti, Ludovico viene rappresentato vestito con il saio francescano. Egli avendo abdicato vediamo che consegna la sua corona al fratello Roberto. Colpisce la cornice che è decorata dai gigli, simbolo della casa angioina, alternati allo stemma della famiglia degli Arpadi d’Ungheria, in onore della madre che proveniva da quella dinastia (l’unione degli angioini e degli ungheresi = nuova dinastia a capo del regno di Napoli, di Sicilia e di Gerusalemme). I gigli ritornano in tutta la composizione in quanto l’artista li ha inseriti nella punzonatura della tavola d’oro. Ludovico è rappresentato come santo: viene incoronato da angeli. Egli indossa la mitra vescovile, che in origine aveva delle gemme incastonate (si vedono i fori) e tiene in mano un pastorale. A sua volta incorona il fratello Roberto, il quale indossa una veste con gli stemmi della famiglia (finissima è la cura delle vesti e dei diversi tipi di tessuti). Nella predella abbiamo la firma di Simone, dove troviamo scene della vita di San Ludovico. Il nome di Simone è alternato allo stemma d’Ungheria.
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