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Lo Yi Jing: Origini e Contenuti del Classico dei Mutamenti, Appunti di Storia Cinese

Filosofia cineseCultura cinese anticaStoria della letteratura cinese

Lo Yi Jing, o Classico dei Mutamenti, è un testo antico della cultura cinese, precedente a Confucio e considerato un classico confuciano. Scritto in un periodo compreso tra l'inizio del I millennio a.C. e la metà dell'VIII secolo a.C., il testo è composto da 64 esagerammo e commentari. informazioni sulla storia, l'autenticità e i contenuti di questo testo, che ha avuto un ruolo importante nella cultura cinese. Il testo include poesie, commentari e documenti storici, e ha influenzato la filosofia, la letteratura e la politica cinese.

Cosa imparerai

  • Che ruolo ha avuto il Lo Yi Jing nella filosofia cinese?
  • Come il Lo Yi Jing ha influenzato la cultura cinese?
  • Quali sono i contenuti del Lo Yi Jing?
  • Chi sono gli autori possibili del Lo Yi Jing?
  • In che periodo storico si colloca il Lo Yi Jing?

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 15/02/2022

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noemi-terranova-2 🇮🇹

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Scarica Lo Yi Jing: Origini e Contenuti del Classico dei Mutamenti e più Appunti in PDF di Storia Cinese solo su Docsity! C. & L. Cinese I I Classici confuciani hanno tratti ideologici, politici e filosofici, nonché anche poetici e storici. 1. Yi Jing 易经 (Classico dei Mutamenti) = 易 semplice, mutevole, invariabile 经 libro canonico, classico. In un’ottica ciclica del tempo e in una visione del mondo strettamente connessa con la natura, la natura stessa insegna che il principio cardine della natura è il divenire, il cambiamento in quanto ciclico, non esiste mobilità ma tutto è soggetto a perenne trasformazione. La mutevolezza è invariabile: non ci muoviamo ma sappiamo che la terra si muove, sappiamo che i nostri organi interni si muovono anche se noi siamo fermi. L’esistenza è connessa alla mutevolezza, perché invariabile. Il classico dei Mutamenti è un testo precedente a Confucio e appartiene al pensiero ancestrale cinese. È un trattato sull’arte della divinazione, intesa come capacità di saper interpretare, attraverso la lettura di segni/simboli. È diviso in due parti: la prima è in cui vi è il testo vero e proprio, nella seconda vi sono i commenti. Lo Yi Jing è considerato un classico confuciano perché scelto personalmente da Confucio; va aldilà del confucianesimo stesso, perché appartiene alla tradizione ancestrale; venne risparmiato durate il rogo dei libri del 213 a.C. Lo Yi Jing è il più antico testo strutturato cinese, e si può datate tra l’inizio del I millennio a.C. e la metà dell’VIII secolo a.C. Possibili autori: Fuxi (imperatore mitico), re Wen (mitico fondatore dinastia Zhou) che avrebbe raccolto i 64 esagerammo e li avrebbe commentati, Due di Zhou, esempio di grandissima virtù che avrebbe commentato il classico, Confucio, che avrebbe redatto alcuni commenti. - La divinazione veniva fatta con dei rametti di achillea o esponendo al fuoco delle ossa di animali, che portava al riconoscimento di due segni: linea continua (yangyao) e linea spezzata (yinyao). - Trigrammi: le linee prese a gruppi di tre formavano otto combinazioni. - Esagrammi: esistono 64 possibili combinazioni dei trigrammi. - Il trigramma Kun (terra) e Qiano (cielo) corrispondo alla modalità Yin e Yang. Secondo la tradizione gli otto trigrammi furono inventati da: 1. Tradizione = inventati da Fuxi 2. Origine molto più tarda Commentari dello Yi Jing: - Il Zhouyi (Mutamenti di Zhou) = nucleo centrale dello Yi Jing cui sono stati aggiunti altri commenti. Il complesso dei commentari del Zhouyi è chiamato “Dieci Ali” - I commentari interpretano tutta l’opera in senso filosofico per darle un più profondo significato cosmologico. 2. Shi Jing 诗经 (C lassico delle Poesie) = si tratta di una raccolta di 305 poesie divise in tre parti: 1. Le arie principali (Guofeng): 105 odi - amore, nostalgia dei soldati in guerra, asprezza della vita contadina, satirica politica; le poesie sono divise in gruppi con il nome di Stati diversi: le prime due sezione rappresentano la virtù morale dei primi Zhou. 2. Le odi (Ya): 105 odi divise in Xiaoya (Canti di corte minori) e Daya (Canti di corte maggiori) - elegie sacrificali, panegirici, inni dinastici in cui si loda la fondazione e l’ascesa della dinastia Zhou. 3. Gli inni (Song): 40 poesie: elegie sacrificali, panegirici, inni dinastici etc La metrica è prevalentemente tetrasillabica e si presuppone che le poesie fossero tradizionalmente accompagnate dalla musica. Si sostiene che lo Shi Jing sia una selezione di poesie fatta ad opera di Confucio, ma la storiografia moderna è scettica su questo punto. 诗 viene tradotto in ode perché si vuole mettere in evidenza l’intenzionalità compositiva del componimento: siamo di fronte ad una concezione in cui la lirica serve a dare voce a concezioni ideologiche e politiche. Dai commentari si deduce che lo Shijing sembra essere stato interpretato come un testo che conteneva dichiarazioni di natura politica: modo di comunicare aulico con valenza di carattere politico. Sembra che l’anno della morte di Confucio sembra sia la data ultima di compilazione, ma molte odi sono di epoca successiva. Le poesie più antiche sono state scritte non prima del 1000 a.C. Il classico delle poesie rappresenta il corpus più comprensivo e rappresentativo della poesia arcaica cinese. L’io lirico riguarda il rapporto tra il sovrano e la gente comune. Le tematiche sono esistenzialiste ma anche legate alla ritualistica e politica. È un testo fondato della cultura cinese perché racconta la storia fondata della civilizzazione Zhou. Nessuna poesia è attribuita ad un particolare autore, anche se si possono rintracciare parti riconducibili ai Documenti o che riflettono eventi storici del periodo. La lettura storica e interpretativa prodotta in epoca Han va tenuta in considerazione. Poesie tradizionalmente datate tra il 1000 e il 600 a.C. Lo Shijing ha una doppia chiave di lettura, sia positiva (panegirici) sia negativa (malcontento, censura). La versione odierna nello Shijing si basa sulla scuola di Mao (dinastia Han). La struttura di questa versione è composta da: 1. Il testo originale dello Shijing 2. La prefazione maggiore scritta (Daxu) dal maestro Xia (uno dei discepoli più vicini a Confucio) 3. Le prefazioni minori (Xiaoyu) che si trovano prima di ogni componimento poetico, formate da tre/quattro caratteri 4. La scuola di Mao cercava di utilizzare un linguaggio più moderno e semplice rispetto alle scuole precedenti e minori. È uno dei testi fondativi della Cina arcaica perché racconta (e legittima) la nascita della dinastia Zhou. - Guofeng “Arie degli Stati”: 160 arie di ispirazione popolare provenienti dalla zona attorno all’antica capitale Zhou e 13 stati vassalli. Sono tra i componimenti più recenti, scritti intorno al VIII e VII sec a.C. Generalmente composti da due/quattro stanze, le quali a loro volta sono formate da quattro/sei versi a base tetrasillabica variamente articolati scuole non sono cento).  “Il Sud non ha limite eppure ha un limite” (Zhuangzi, 33) “Il sole che sorge e raggiunge lo zenit già declina; un essere appena  nato sta già morendo” => crescere e morire sono termini convenzionali  puramente umani. L’infinito ha un numero infinito di centri e nessun centro => impossibile  trovare il centro di uno spazio infinito TAOISMO I Classici della scuola taoista sono: 1. Daode jing → il classico della via e della virtù, conosciuto anche come Laozi  2. Zhuangzi 3. Liezi → porta avanti una evoluzione gnoseologica, esoterica e  filosofica del taoismo  1.1. Laozi Laozi è una figura mitica, considerato tradizionalmente come il fondatore del Taoismo, secondo la tradizione sarebbe nato intorno al 571 a.C. e  morto nel 471 a.C. originario dello stato di Chu, le informazioni sulla sua  vita sono di carattere leggendario. Secondo la leggenda, Laozi nasce  dall’ascella di sua madre, dopo una gestazione durata ottantuno anni  (come il numero dei capitoli del Daode jing). Dopo aver ricoperto una  carica pubblica alla corte dei Zhou, Laozi si dirige verso Occidente a  cavallo di un bufalo; si allontanò per non prestare più servizio presso la  corte.  In epoca Han, Laozi viene divinizzato. Il vero nome di Laozi (vecchio  maestro) forse era Li Er, e i suoi nomi di cortesia come Laodan (vecchio  dalle orecchie senza il bordo) e Bo Yang (nobile sole); egli, al contrario di Confucio, non contemplava l’idea di gerarchia e si mostrava meno  “solenne”. Secondo lo Shiji di Sima Qian, Laozi era l’archivista della  biblioteca alla corte dei sovrani Zhou; incontrò Confucio a Luoyang e da  questo incontro Confucio ne rimase molto colpito, soprattutto dalla sua  saggezza, tanto da considerarlo come un “drago che cavalcando nuvole  e venti s’ innalza fino al cielo”. Taoismo e Confucianesimo non sono  contrapposte: utilizzano metodi diversi per arrivare allo stesso fine,  ovvero quello di diventare saggio: un cinese si dice confuciano fuori e  taoista dentro. 1.2. Daodejing Durante l’epoca Tang, Laozi fu chiamato Shenzu (il sacro antenato)  perché la famiglia regnante aveva lo stesso suo nome e pretendeva di  essere suo discendente.  Il Daode jing viene tradizionalmente riferito a Laozi, si pensa che sia  stato scritto intorno al 300 a.C., ma certi passaggi sembrano essere  precedenti. Ultimamente si tende a pensare che un unico redattore abbia raccolto i pensieri di vari filosofi precedenti. È formato da ottantuno  capitoli, ed è un mosaico di brani di prosa rimata (legata alla musica o al  canto) e di poesia mescolati contenenti aforismi, massime, stanze  rimate, vecchi adagi, formule magiche, motti ed enigmi criptici. Lo stile è  coinciso e oscuro; per la sua difficile interpretazione in Cina esistono più  di duecentoventi commentari. È suddiviso in due sezioni: 1. Daojing → Classico della Via (stanze 1-37) 2. Dejing → Classico della Virtù (stanze 38-81) La sua fama poetica sembra acquisire una forza incantatrice, perché il  metodo utilizzato è quello della ripetizione ritmica di formule,  probabilmente destinato ad essere cantato e memorizzato. Tra il 1972 e  1974 a Mawangdui, in una tomba di famiglia del II secolo a.C., che  comprendeva la cosiddetta marchesa di Zai, il figlio e il marito, è stato  rinvenuto un testo quasi integro del Daodejing, scritto su seta che si è  conservato per un lungo periodo grazie alle tecniche di conversazione  sviluppate in quel periodo. Nel 1993 a Guodian, in una tomba risalente  grosso modo al 300 a.C. situata nell’antica capitale dello stato di Chu, fu  ritrovato un manoscritto su bambù del Laozi: è il più antico ma  comprende solo due quinti del testo. Il problema di fondo che è emerso è che la versione scoperta a Mawangdui è una versione invertita rispetto a quella che utilizziamo oggi (non Daodejing ma Dedaojing).  “Il dao comprensibile, non è il Dao. Il nome nominabile, non è il Nome. Quando non ha nome è all’origine del cielo e della terra; quando ha nome è la madre di tutte le cose. Chi non ha desideri contempla il suo splendore; chi sempre ha desideri contempla i suoi limiti. Questi due hanno la stessa estrazione anche se diverso è il nome ed insieme sono detti mistero, mistero del mistero, porta di tutte le meraviglie”. (Daode Jing, cap 1) Il dao è oltre la sfera della conoscibilità umana. Il dao in quanto dao non  può essere nominabile.  Il de, tradotto come virtù, ha una valenza più tangibile e percepibile del  dao: il dao permette che tutte le cose avvengano e lascia qualcosa di sé  in tutte le cose.  “Il Dao è eterno, senza nome, è marmo non-scolpito” (cap. XXXII) Il Dao è innominabile perché non può essere limitato alle parole, ma per  convenzione lo chiamano Dao.  Il Dao è una sorta di punto ontologico, è il primo punto da cui nasce la  conoscenza umana; il Dao ha una valenza culturale e spirituale  complessa e per una natura è inconcepibile; di conseguenza ciò che noi  nominiamo Dao è quel Dao che noi riusciamo a concepire: il Dao non è  un principio primo, non ha valenza creatrice, ma è ciò che l’uomo può  comprendere di una realtà inconoscibile. L’uomo percepisce la presenza  del Dao attraverso il De (=> materializzazione, percezione del Dao).                                         “Il grande Dao scorre ovunque, verso sinistra e verso destra, tutte le cose dipendono da lui per esistere ed esso non le abbandona. Per il suo compimento non impone rivendicazioni. Esso ama e nutre tutte le cose, ma non si comporta da padrone nei fronti di esse.” Laozi Il Dao è composto da Yin e Yang: Yang rappresentato dal bianco,  rappresenta la positività (non in senso morale), la fermezza, la virilità, la  solitidità, la luminosità, il giorno, il calore; Yin rappresentato dal nel nero,  rappresenta la negatività, l’arrendevolezza, la femminilità,  l’inconsistenza, il buio, la notte, il freddo. Yin e Yang sono opposti e non  contrapposti, sono interdipendenti e complementari.  Wen e Wu Caratteri rappresentativi della civiltà cinese. Wen è inteso come tutto ciò che è legato alla cultura, l’aspetto civile della società (letteratura, cultura, SCRITTURA); wu è inteso per l’aspetto militare: wu “marziale” ricalca le più antiche attestazioni del termine, poiché conserva ancora i due elementi costitutivi originari, zhi “bloccare” e ge “asci da combattimento con la lama a forma di becco di corvo”, la temibile arma impiegata per il corpo a corpo. “La via del Cielo riesce a prevalere senza combattere” (Laozi 73)   孫子兵法 Sūnzǐ Bīngfǎ La guerra è intesa come strategia, di come bisogna sapersi comportare ottenendo dei risultati senza sopraffare l’altro, è potare l’altro alla sconfitta senza necessariamente combatterlo.    Il sunzi è un trattato di strategia militare attribuito, a seguito di una tradizione orale lunga almeno due secoli, al generale legato al fatto che l’uomo deve agire e per fare questo deve saper agire,  e quindi essere come l’acqua, che davanti ad un ostacolo non si ferma  ma devia il suo percorso.  “Non agire ma trasformare, lasciare che il potenziale lavori per me  adoperandomi (o non adoperandomi) nel modo giusto, fino alla  maturazione.” Julien     Fermezza mentale tale da riconoscere il proprio potenziale, sapersi  adattare alla situazione. Prima di agire, osservare per sapere come agire ed essere efficaci nell’azione.  Wu Wei: “Il Dao non fa niente eppure non c’è niente che non sia fatto.”  (Laozi cap. XXXVII) => non eccedere, non strafare, non agire  eccessivamente o troppo poco, non bisogna interferire.  “Dal Dao viene l’uno, dal due viene il tre, e dal tre vengono tutte le cose.” => il Dao è ciò che permette che tutte le cose avvengano ma non è un  principio primo.  “Colui che conserva il De nella sua interezza è simile a un bambino.” Il pu 朴 Può essere tradotto come legno greco, inteso come qualità intrinseca,  semplice, che ha a che fare il con il naturale. Geo Hong (283-343 d.C.)  utilizzò pu come suo pseudonimo Baopuzi “Maestro che abbraccia la  semplicità”, da cui deviava il titolo dell’omonimo libro.  Il pu è associato a ziran, che significa che il nostro agire e comportarsi  deve essere spontaneamente regolato da se stesso: il modello sociale di riferimento non è l’uomo funzionario ma l’eremita, colui che sente questa necessità di sentirsi in comunicazione totale con la natura, e quindi si  allontana da quei vincoli che impone la società. Ziran indica l’autonomia, senza doversi perforza relazionarsi agli altri: compiutezza che l’essere  umano deve avere da solo. Sul piano politico, il taoismo invita a rimanere nascosti e a fare in modo che il regno si regoli da solo: ciò non significa  abbandonare il regno, ma fare il minor numero possibile di interventi per  non avere una ritorsione da parte del popolo.  Il pu è stato definito anche come stadio primordiale di tutte le cose  (Fowler), oppure come qualità fondamentale del Dao (Slingerland).  Ancora, Girardot lo traduce come spontaneità e creatività.; Kraemer l’ha  inteso come origine naturale prima di subire l’impronta culturale.  Nel concentrare il tuo qi fino alla massima debolezza, saprai essere  come un neonato? (Laozi 10) Il saggio si pone in disparte e osserva; ma in questa sua umiltà e  arrendevolezza non è certo orientato all’isolamento, né alla rinuncia: al  contrario mira all’acquisizione della forza, che si conquista assistendo il  sovrano, non dominando il mondo tramite l’uso delle armi, che sono gli  strumenti del male. Chi segue la Via non usa le armi, se non perché  costretto per difendersi. Chi ammira le armi gioisce dell’uccisione degli  uomini; invece un bravo comandante si affida alla sua saggezza per  trionfare. All’abile comandante basta che i frutti sian colti, mai profitta delle proprie conquiste per imporsi sugli altri. I frutti raccoglie senza arroganza, né  vanto, né vanagloria. Il saggio taoista è colui che agisce senza strafare, che lavora per la  necessità, che sa ritirarsi in tempo e che conosce i segreti dell’universo  ed è saggio.  Zhuangzi 庄子 Figura storicamente esistita e accertata del pensiero taoista. È nato nel  369 e morto nel 286 a. C., era un eremita ma era conosciuto in tutta  Cina, e si sostiene che abbia scritto lui il libro Zhuangzi. Questo è una  raccolta si vari scritto taoisti compilata da Suo Xiang (III d.C.). Secondo il Zhuangzi: - per essere in armonia bisogna seguire la propria Natura - le leggi e i riti sono innaturali e quindi portano infelicità => la migliore  forma di governo è il non-governo - bisogna accettare il divenire del Dao e saper governare le emozioni  con la ragione - i saggio non è turbato dai mutamenti del mondo  - il saggio non distingue soggetto e oggetto - la totale armonia è l’immedesimazione con il Dao  Il Zhuangzi è meno criptico del Daodejing: si trovano più racconti, storie  e paradossi, con uno stile spiccatamente più narrativo.  metafora del sogno della farfalla => si riduca la distinzione fra ciò che  dipende dal’uomo e ciò che dipende dal Cielo (o Dao) circoscrivendo i  rispetti campi d’azione. La realtà è illusoria + domande sulla filosofia  della mente, del linguaggio e sulla gnoseologia. Mentre Zhuangzi  sognava, per la proprietà della condensazione, si vedeva farfalla, ma allo stesso tempo era anche essere umano. Esiste una dimensione dove gli  opposi sembrano non esserci, dove i contorni non sono initidi e un’altra  dove bisogna dare i nomi alle cose affinché non ci si senta perduti. È  una dimensione diversa rispetto a quella umana, in cui gli opposti non  esistono, dove i confini non esistono, è una dimensione diversa, legata al processo della trasformazione, rispetto alla dimensione razionale  (umana) in cui noi siamo costretti a dare dei nomi, a conferire una forma  di classificazione, di comprensione e riconoscimento della cosa in  quanto tale, perché altrimenti saremmo nel caos. Il primo piano è quello  del sogno e il secondo è quello della veglia; il fatto che non esista un  piano di distinzione, riesce a risolvere problemi come quello della paura  della morte (la morte in quanto trasformazione è anche vita).  metafora della morte della moglie di Zhuangzi => dall’energia alla vita e  dalla vita all’energia.  metafora della mano e dello spirito (figura del macellaio) => l’esperienza  del Dao non è qualcosa che si può descrivere o trasmettere a parole.  Apprendimento spontaneo dell’abilità; l’oblio permette di imparare,  perché se no pensa troppo alle regole o al risultato finale, non riesce nel  suo intento. Bisogna arrivare a sapere agire con quella forma di abilità  tale che la nostra azione è sempre in armonia con il Dao. Origine della sofferenza: ognuno sceglie una posizione e rifiuta il vedere  il suo contrario, essendo invece la realtà solo la combinazione di  contrari. Superare ogni personalismo ed utilizzare l’empatia per mettersi  nei panni degli altri sarebbe dunque la sola salvezza dell’uomo  illuminato. Bisogna cogliere la sofferenza come qualcosa di finito, ma  che è in trasformazione: bisogna concepire la nostra vita inserita in un  ciclo di perenne cambiamento. La sofferenza può essere una  opportunità.  Zhengren Persona autentica, pura, che ha la stessa valenza del zhunzi del  confucianesimo. La persona autentica è quella persona che è in grado di avere la conoscenza, la sapienza autentica: colui che ha in sé la  conoscenza autentica diventerà l’uomo autentico. Il zhengren diventa  tale attraverso pratiche come il qigong (ginnastica), il digiuno del cuore  (capacità del distaccarsi emotivamente dalle situazioni per non  rimanerne vittime) e lo zouwang (simile al concetto della meditazione  buddhista).  Il Liezi spontaneamente il ren, e il suo comportamento dovrà modellarsi  secondo l’ordine intrinseco della natura.  Xunxi => la natura umana è malvagia, ma può essere corretta solo  attraverso l’educazione morale. Egli credeva che i desideri dovessero  essere incanalati ed eventualmente repressi dai canoni del decoro e che il carattere dovesse essere plasmato da una regolare osservanza dei riti  e della pratica della musica.  C. & L. Cinese 1 (guardare anche documento 11 12 13 04) Rujia: “Esponente di quella tradizione di letterati che aveva posto al  centro del proprio insegnamento i canoni dell’epoca aurea” Tener conto delle linee guida promosse dai classicisti confuciani e il  modo con cui Confucio ed altri hanno rielaborato la tradizione antica  come fondamento del loro insegnamento.  Dall’epoca Han si rafforza la figura del politico intellettuale. CONFUCIO La sua vita si confonde tra storia e leggenda; nasce nel 551 a.C. a Qufu  e proveniva da una famiglia discendente dai sovrani Shang, e i suoi  genitori lo lasciarono orfano in tenera età. Morì nel 479 a. C. Era uno shi  al servizio dell’amministrazione e inizialmente era lo scriba e  amministratore per i nobili di Lu: la sua competenza gli aveva dato lustro  all’interno della sua società. La leggenda vuole che Confucio, recatosi a  Luoyang per delle ricerche sulle tradizioni antiche, abbia incontrato  Laozi. Dal 515 al 501 a.C. si dedicò solo all’insegnamento. Il modello di  riferimento è quello riferito al rispetto della dinastia Zhou, che porta con  se la dinastia Xia e Shang, in quanto anch’essa è riconosciuta come una delle tre dinastie ereditarie.     Il confucianesimo è una dottrina etico-morale che contempla una  particolare concezione del mondo. La società umana deve tener conto  del rapporto di interdipendenza tra l’uomo e il mondo fenomenico: nella  filosofia cinese non vi è una netta distinzione tra oggetto pensante e  oggetto pensato.  Microcosmo e macrocosmo sono strettamente uniti; tutto ciò che sta  attorno all’uomo dipende dall’uomo stesso.  Gli antichi sono depositari di virtù integre e di comportamenti esemplari,  si deve guardare a loro con grande rispetto per creare una società  buona e “armoniosa”.  L’agire umano deve essere compiuto attraverso la consapevolezza del  proprio ruolo sociale (rettificazione dei nomi). Il successo deve essere  raggiunto all’interno del proprio status sociale. Saggio confuciano: trova massima espressione nell’agire attraverso le  virtù. Mandato celeste: l’agire del sovrano (ordinatore, che deve mantenere  l’armonia) deve essere consono, incarnando le virtù confuciane. HANSHU: jia inizia ad avere il significato di scuola.  VIRTÙ CONFUCIANE 1. Ren (senso dell’umanità/benevolenza): pone in essere la sincerità  e la solidarietà tra gli uomini. È intesa anche come senso di reciprocità,  ovvero considerare gli altri come si considera se stessi. Il ren implica  anche una forma di lealtà verso sé stessi attraverso un lavoro per  migliorare sé stessi e diventare mansueti nei confronti del mondo, così  da poter condividere con gli altri la benevolenza. La benevolenza la si  sviluppa e concretizza attraverso l’interazione con l’altro. “Ciò che non  vuoi che sia fatto a te, non farlo agli altri.” 2. Li (spirito rituale): ha significato di ossequio, formalismo, l’agire  secondo le buone maniere, secondo le regole cerimoniali. È una forma  di rispetto nei confronti del rito, di quei codici fondamentali che la  tradizione antica ha riconosciuto come valori della società e che devono  essere sempre rispettate e tramandate. Non si tratto di un’etichetta  artificiosa, ma è la forma (li) che si identifica con l’intenzione (ren). Il rito  è una fase di coesione sociale; rito in quanto espressione di un armonico codice condiviso, quale base collante dei rapporti umani.   -Primo carattere tradizionale: a sinistra radicale che indica l’altare  ancestrale, a destra in alto si indica l’elemento musicale, nella parte  sotto i legumi erano l’oggetto che si usava per presentare un’offerta.  (altare+musica+offerta rituale)   -Secondo carattere semplificato: nella parte destra c’è la figurazione di  un uomo pregante  -Terzo carattere: profitto, guadagno, vantaggio  3.Yi (senso di ciò che è giusto): valenza dell’idea di giustizia attraverso la capacità (grazie al conseguimento delle virtù) di riuscire a cogliere  quando agire in maniera giusta ed adeguata. La capacità di agire  correttamente in ogni circostanza, valutare ciò che è appropriato, contro  l’agire rivolto al proprio benessere e tornaconto (giustizia). Un agire  corretto tale da esternare le altre virtù.  5. Zhong (lealtà): è l’altra faccia di shu. Si parla della lealtà che ogni  uomo deve riservare all’altro; non si tratta di cieca obbedienza, bensì  come dedizione assoluta un superiore, impegno a preservare l’integrità  della sua esistenza, nonché salvaguardare il suo ruolo sociale. Si  designa in teoria quel sentimento di dedizione assoluta, sincerità e  amore incondizionato verso un equilibrio connaturato, identificato con il  Dao. Il carattere è formato da xin e da zhong: punto di perfetto equilibrio  del cuore, centralità del cuore”.  6. Xiao (pietà filiale/obbedienza): “La pietà filiale e il rispetto per i più  anziani costituiscono le fondamenta della virtù dell’umanità”. È l’esempio per eccellenza della relazione di reciprocità, è la chiave di volta di ren.  Se si coltivano ren, shu e zhong, xiao è la conseguenza spontanea. Vi è  un rapporto di diritto/dovere: il figlio deve dimostrare servizio e lealta  devota nei confronti del proprio genitore, e a sua volta il genitore deve  mostrare una sorta di devozione per il figlio. Se non vi è questo senso  del dovere da parte del figlio verso il genitore, vuol dire che il genitore  non è riuscito a cogliere questa partecipazione emozionale del figlio.  Xiao rappresenta anche il paradigma dell’assetto gerarchico: il  microcosmo è la famiglia, il macrocosmo è lo Stato. Tutto deve essere  fatto attraverso un’azione quantomai sincera, priva di malizia, ma fatta  sempre per il bene della famiglia: se il genitore è severo, il figlio deve  capire la sua severità se questa è finalizzata al bene della famiglia. Il  carattere è formato da anziano e sotto zi (bambino).  - Uno dei valori confucuani è l’amicizia: frequentando un amico si  esperisce il senso dei propri limiti e dunque si puô correggere se stessi.  Per il Maestro, il rapporto fra uomini è come un viaggio iniziatico verso la crescita interiore, alimentata dalla percezione dell’altro, dal dialogo e dal  confronto.  - Junzi “uomo di valore”: il carattere prima indicava i signori  (latifondisti) rispetto ai vassalli. L’obiettivo a cui aspirare il  confucianesimo è diventare junzi. L’apprendimento è visto non come un  cammino esistenziale in cui l’uomo è tenuto a impegnarsi, ma ciò che  conta è sapere come fare più di cosa fare: la conoscenza è lo sviluppo di un’attitudine. La grande meta dell’apprendere sta nel divenire un uomo di valore, che è la sintesi delle virtù; di conseguenza, l’uomo diventa nobile  per merito, e non per diritto. 
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