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Appunti Storia della danza e del mimo, Appunti di Storia

Appunti Storia della danza e del mimo Prof Caterina Pagnini 2019/2020

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Caricato il 17/06/2020

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silvia-taiuti 🇮🇹

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Scarica Appunti Storia della danza e del mimo e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Storia della danza e del mimo 1. La danza primitiva Dov’è l’idea di un gesto che abbia finalità? Già in epoca primitiva si pongono le basi per un linguaggio gestuale. Danza come primo metodo complesso di linguaggio non universale ovviamente. La danza ha ed è un linguaggio specifico: ogni tribù aveva il suo linguaggio. Danza come linguaggio di una specifica società. La storia della danza fino agli anni ’30 era appannaggio degli antropologi e non una disciplina studiata a sé. Le prime fonti sono le pitture rupestri. CURT SACHS (1881-1959) Eine Weltgeschichte des Tanzes (storia universale della danza) Berlin, Reimer- Vohsen, 1933 storia universale della danza trattata in maniera monografica e che si discosta dagli studi antropologici. Sachs viene tradotto a New York nel 1947 diventando un caso mondiale. I edizione italiana: Curt Sachs, Storia della danza, traduzione di Tullio de Mauro, Milano, Il Saggiatore, 1966 Eine Weltgeschichte des Tanzes è ancora oggi ritenuto un fondamento per lo studio della coreutica, data l’ampia trattazione storica e filologica che Sachs dedica alla ricerca sulle origini della danza e per molti versi quest’opera, con le sue attente classificazioni tipiche del musicologo, rimane ancora insuperata. Composta da sette capitoli: cinque dedicati alla danza preistorica, primitiva e prettamente folklorica; uno alla danza orientale; l’ultimo comprendente un arco di tempo che va dal periodo greco-romano fino a l'età del tango. L’opera è un tentativo di storicizzare la danza per stabilire un equilibrio tra prospettiva culturale e descrizione tecnica: Sachs fu un grande sostenitore della danza come parte della storia delle culture (idea che parte dalle riflessioni della nouvelle Histoire e dalla rivoluzione di Le Goff documento/monumento) Dove vuole arrivare con questo testo? In un articolo pubblicato nel 1939 nel Bulletin of the American Musicological Society, Sachs definisce la danza come un ramo trascurato dalla musicologia, un elemento indissolubilmente legato alla musica e agli uomini. È un elemento indissolubile alla musica ma è legato anche alla storia dell’uomo. È un’arte autonoma e specifica. Inizia con lui la storia della disciplina della danza. Il gesto come azione finalizzata e non come istinto è visibile già nei primi uomini dice Sachs. La danza non può essere istintiva perché diversa tra tutti gli uomini e serve a conoscerli. Rappresenta un legame tra cultura/società e la sua esternazione corporea immediata. Le prime danze sono nel paleolitico: pitture su roccia testimoniano il modo di esprimersi degli ominidi. (In Australia a Kakadu soggetti danzano collettivamente e lo stesso in India e Brasile. Vedi slides). L’uomo primitivo danza ad ogni occorrenza. Cerimonie, guerre, feste… I temi sono limitati perché il fine è rappresentare la prosperità degli individui: le tipologie sono dunque molto simili; la coreutica non varia anche se si possono individuare 2 tipologie di danza 1. Estatica (astratta) → è così definita perché non ha fine imitativo: astratta perché non imita la realtà ma è parte del culto. Movimenti vorticosi e disarmonici che straniano il performer e il pubblico che comunque partecipa al culto; La necessità di avere rapporti con la divinità deriva dalla non conoscenza del principio di causa/effetto; l’invasamento è possibile solo in uno stato di ebrezza che scioglie il corpo. Ogni danza è e produce estasi. Il gesto è necessariamente disarmonico perché dato dall’ebrezza. Il concetto di straniamento sarà alla base delle critiche che l’istrione e il danzatore riceveranno dall’ epoca romana fino all’800. 2. Rappresentativa (imitativa) → cerca un rapporto con lo spettatore e chi la agisce ha la necessità di rappresentare qualcosa: rapporto tra esecutore e tribù. Sachs riflette sul fatto che lo straniamento del corpo ed il suo distorcimento per indicare contatti al di sopra con la realtà è tipica del giullare: la follia sacra dà vita anche a danze burlesche e ci porta ad individuare elementi fondamentali per il professionismo. Nella cultura occidentale il danzatore posseduto da spirito è molto raro ma la sua controparte è il buffone (Puk o Jester, Gigantone di Siviglia o re dei folli francese). La follia sacra delle menadi dionisiache si è estinta ma è rimasta nel carnevale. Le figure inferiche danno il senso di straniamento e distorsione. Danza nel mondo antico Terminologia: Coreico: dal termine greco choros (danza), aggettivo che riguarda la danza Coreuta: indica il danzatore Coreologia: lo studio della danza Cinetico/cinesico: dal greco cinè (movimento), riferito al movimento e al gesto Cinetografia: analisi e trascrizione del movimento (la cosiddetta notazione coreutica, la più celebre di tutte la cinetografia Laban o Labanotation) Coreografia: per molti secoli indica la ‘scrittura della danza’ (da choros e graphe), poi solo in tempi più moderni indica il lavoro del creatore della danza: il coreografo, appunto, che fino all’Ottocento era denominato «compositore dei balli». Problematica delle fonti: il silenzio della memoria La danza si è sviluppata oralmente attraverso apprendimento diretto: memorizzazione del repertorio. Ciò avviene ancora oggi per la creazione di coreografie mentre ausili audiovisivi per la memoria. In ambito colto fin dall’antichità vi è un corpus di pochi documenti che si affiancano alla tradizione orale. Sembra vi sia un disinteresse nella trasmissione della danza ma vi sono motivi contingenti: analfabetismo o desiderio di non rivelare i segreti del mestiere. Le fonti sono dunque, dagli inizi del 900:  Fonti dirette non volte alla descrizione del movimento ma dell’evento teatrale. (Trattati e manifesti, memorie e lettere, critiche etc). Anche se soggettive e non specifiche  Fonti indirette (documenti notarili, relazioni, cronache etc) informazioni specifiche sulla funzione sociale della danza Fonti dirette letterarie: manuali di danza dal 400 di produzione lacunosa ma precisa (notazioni coreografiche) Fonti figurative dirette: illustrazioni di trattati con informazione su postura e modo di esecuzione Fonti fotografiche dall’ 800, cinematografiche e audiovisive: sono fonti soggettive Notazione coreutica: registrazione grafica del movimento attraverso planimetrie e descrizioni vicine a disegni. Francia e Spagna nel 400 lettere e simboli corrispondenti a passi poi evolutisi. Nell’ 800 stenocoreografie o Stephanov (riforma balletto romantico). In Italia vi sono le disposizioni spaziali. Tali sistemi caddero in disuso perché necessariamente imprecisi (la componente umana di per sé è imprecisa). Ogni replica è diversa anche per il rapporto con lo spettatore. (Nizinskji) con una bella voce, che strepitano più di noi, non pensate che vi lasceremo parlare da demagoghi ai bambini, alle donne, e a tutta la folla di persone, lasciando che voi diciate, riguardo agli stessi costumi, cose diverse dalle nostre, ed anzi, per lo più e nella maggior parte dei casi, contrarie. Saremmo, per così dire, completamente pazzi, noi e tutto lo stato, se vi lasciassimo fare ciò che abbiamo appena detto, prima che i magistrati abbiano giudicato se le vostre composizioni possono essere rese pubbliche oppure no. Ora dunque, figli delle tenere Muse, mostrate prima di tutto i vostri canti ai magistrati confrontandoli con i nostri, e se risulterà evidente che voi dite le stesse cose che diciamo noi, e in maniera anche migliore, noi vi daremo un coro, altrimenti, amici, non potremo affatto». Queste dunque siano le norme, stabilite per legge, riguardanti il complesso della danza corale e l'insegnamento di queste materie, e una parte, se vi sembra opportuno, riguarderà gli schiavi ed un'altra i padroni.” 1. Nobili: Guerresche: pirrica Pacifiche: emmeleia 2. Ignobili: manifestazioni di comportamenti sgradevoli. (Baccanti o satiri) Kordax, Sikinnis Platone non esprime riflessioni sulla danza ma sulla politica ed essa ne è l’emblema. La danza dionisiaca non è da coltivare ma può essere liberatoria: la danza astratta a livello religioso può essere negativa ma terapeutica (solo le sacerdotesse). Nietzsche nella “nascita della tragedia” (1871): danze apollinee (doriche o cortesi) e dionisiache (orgiastiche). Le danze guerresche sono molteplici: Pirrica è un ballo armato che prende il nome dal figlio di Achille Pirro Neottolemo che avrebbe danzato sul cadavere del nemico Euripilo o dal rosso delle tuniche dei danzatori. Era fondamentale nell’educazione ateniese e spartana e nei riti di transizione legati ad Artemide che gli accoglie nel mondo adulto; è legata inoltre al culto di Dioniso poiché nelle pitture vascolari vi sono satiri armati o danzatori di pirrica con tirsi. Poi divenne una pantomima per rappresentare l’arte della guerra o come forma di addestramento (veritiera rappresentazione dell’oplita secondo Platone). Schema Pirrica simile a quello della Moresca. Simulazione di combattimento al suono dell’aulos. Tra le danze festive: Epitalami e Hymenei erano accompagnati da danze come il Komos, (in greco κῶμος) ) indica, nell'antica Grecia, un corteo rituale, a piedi o talvolta su carri, durante il quale i partecipanti si abbandonavano a un'atmosfera di ebbrezza, a espressioni di sfrenatezza e baldoria, sottolineate da canti, accompagnate dalla musica dell'aulos, della lira e della cetra e condite da disinibite e giocose manifestazioni di oscenità e allusività a sfondo sessuale; o l’Oklasma (danza persiana acrobatica solo per professionisti con piedistallo: postura di danzatrice con le ali molto snodata) l’uso estremo del corpo in acrobazia è appannaggio o delle sacerdotesse o dei professionisti (poi istrioni e giullari) L’uso del corpo in modo atletico è sconveniente per il semplice cittadino. Il Kordax era di origine Lidia; gesti sguaiati che simulano l’ebrezza: pitture vascolari con uomini con posture distorte. Danza religiosa e cerimoniale: si esprime in modo astratto. Nelle Panatenee le giovani procedevano verso il tempio per mano coperte da un velo; vesti leggere per lasciar intravedere le carni (riferimento iconografico sulle vesti Isadora Duncan); eseguivano danze delle ore con braccia intrecciate. Il Kalathiskos per la fertilità dove nobili donne portavano copricapo sulla testa. La coreutica era presente nei rituali iniziatici o apotropaici e per il contatto con il dio (disarmonica). Le danze sopracitate erano anche le dionisiache. Gli adepti (satiri e menadi) eseguivano oribasìe vagando per i boschi; tramite il sacrificio animale e il vino vi era l’esaltazione divina. (Raffigurazioni in bassorilievo con testa rivolta all’indietro” menade danzante di Skopas”: vesti leggerissime e movimenti scomposti nacchere, sonagli o tamburi). I satiri erano vestiti da capri con gamba sollevata (avevano il tirso). Simili a questi i misteri orfici: più statici, gli adepti erano riuniti in un Thiasos. Le danze teatrali: elemento fondamentale ci dice Aristotele nel V e nel VI della “Poetica”. Tragedia: origine nel Ditirambo in cui il coro cantava in cerchio intorno all’altare. Struttura teatro greco: orchestra da orcheomai = danzare; danza fondamentale. Le danze della composizione drammatica nella classificazione aristossenica venivano distinte in tragiche, satiriche e comiche, e di esse vicendevolmente erano tipi l'emmeleia, la sikinnis e il kordax L'emmeleia constava di figure severe e mosse lente e possiamo ritenerla elaborazione seriore d'una danza frenetica, poiché i nuclei commatici delle tragedie si riducono in fondo a schietti threni drammatizzati, ed essa nella tragedia era regina. Ciò non toglie tuttavia che la tragedia si avvalesse talvolta anche di danze molto vive, bacchiche ed iporchematiche (cfr. Sofocle, Aiax, 693 sgg.). La sikinnis era la danza dei satiri e propria quindi dei drammi satireschi. Figure principali di essa erano: a) lancio delle braccia in alto, tenendole un po' piegate ai gomiti (χεὶρ σιμή); b) lancio delle braccia indietro, ); b) lancio delle braccia indietro, stendendole rigidamente (χεὶρ καταπρηνή); b) lancio delle braccia indietro, ς) ); c) accenno, con gesto sconcio, alle pudende (κονίσαλος) ; cfr. il lessicografo Esichio s. v.); d) spinta della gamba destra avanti. Tra queste mosse principali ve ne erano altre secondarie, e variabili a piacere. "In origine la sikinnis era una danza erotico-apotropaica delle antichissime tribù ioniche, con lo scopo di promuovere ritualmente e simpaticamente la fecondazione dei campi" (v. Festa, Sikinnis, p. 58). Con l'attrazione dei demoni fallici nella sfera dionisiaca, anche la sikinnis passò al nuovo culto. Il kordax, solito nella commedia, era anche allegro e vivace, ma non quanto la danza precedente. Informato a ritmi giambici puri (battute di 6/8), nel passo era molto simile alla tarantella. Dei balli greci fu il più popolare, e rimase radicato nelle abitudini festive delle plebi greco-romane. Il kordax poteva essere danzato da una o più persone, ma nell'uso popolare più spesso veniva ballato da una coppia e la donna, per poter meglio ritmare i tempi forti, aveva tra le mani o un tamburo o le nacchere. L’ideale della danza astratta rituale è ripresa da Isadora Duncan (rottura con gli accademici) che non è rigida. 3. Popolazioni italiche e Roma A Roma la danza è definita Saltatio e non è un fattore culturale agli inizi. Etruschi Gli Etruschi invece furono influenzati dai greci; la musica infatti accompagnava la vita culturale e civile. Per questi la danza era variegata e raffinata: la gestualità e la varietà erano fondamentali. Molti mimi etruschi erano chiamati a Roma come danzatori. Gli Etruschi, profondamente influenzati dalla cultura greca, ebbero molto interesse per lo sport, i giochi, le rappresentazioni teatrali, la danza e la musica, come dimostra l’iconografia a noi pervenuta. Presso gli Etruschi la musica accompagnava ogni atto della vita privata e di quella sociale: matrimoni, funerali, banchetti, semina, raccolta, vendemmia. Tipologie: 1. Guerresche eseguite dai sacerdoti Salii (battevano gli scudi e o le lance) 2. Conviviali eseguite durante i banchetti (matrimoni o funerali) 3. Cultuali simil dionisiache. Le tombe etrusche ci forniscono testimonianze: banchetti con danze e acrobazie o danze dionisiache o guerrieri che si fronteggiano frontalmente (danza a coppia stile pirrica) o donne con vesti eleganti o cortei di menadi. Romani La danza è considerata un lusso barbaro indegno di un uomo libero. Cicerone affermava:” Nessun uomo sobrio danza, a meno che non sia impazzito, né in solitudine, né in banchetto moderato e onesto “(Orazio pro Murena). Successivamente viene accettata come pratica sociale, presumibilmente dopo la conquista della Grecia; mimo e pantomima divennero genere preferito in età imperiale. a. Roma antica: (V- III a.C) danze collettive di uomini appartenenti a gruppi sociali: Bellicrepa = danza d’armi collettiva e Salii danza dei guerrieri e sacerdoti di Marte. Come è naturale presso un popolo guerriero, in un primo momento danza armata e danza sacra furono una sola cosa. Seguendo la tradizione che si faceva rimontare a Numa, nel mese di marzo, i sacerdoti Salii uscivano per la città vestiti di tuniche rosse, con cintura ed elmi di rame, armati di aste e reggendo gli scudi ancili; e danzando battevano le aste sugli scudi: qualche cosa di simile quindi all'uso cretese dei Coribanti. La danza dei Salii comportava però anche mosse svelte, giravolte e movenze in tempo, sì da mostrare leggerezza e forza (cfr. Plutarco, Numa, c. 13). Probabilmente in questo costume, come in tanti altri della prima civiltà romana, bisogna vedere un'influenza etrusca" Ma i monumenti seriori di danze religiose mostrano pienamente l'influsso greco. b. Roma repubblicana (264 a.C. -146 a.C) danze greche ed etrusche; la danza assume ruolo sociale. c. Roma imperiale (I a.C – V d.C) danza imitativa, pantomima o fabula saltica (da saltatio = danza arcaica rurale ma anche il canovaccio della pantomima: ne furono autori anche Lucano e Cecilio Stazio, Pilade di Cilicia e Batillo d’ Alessandria e Paride maestro di Nerone). Danze guerresche Danze propiziatorie Bellicrepa = Romolo la inventò per commemorare il ratto delle Sabine Lupercalia = feste etrusche fatte in febbraio Saltatio Salica = da “salio” ovvero ballare e Salii sacerdoti Arvalia = feste di Maggio; gli arvales facevano sacrifici a dei rurali poi confluiti in Cerere Lusus Troiae (gioco di Troia) = danza a schieramenti (3 nobili giovani armati) fatta nel campo di Marte Ambarvalia = purificazione dei campi a carattere propiziatorio Allontanare spiriti Ringraziamento per la prosperità Forme teatrali più preistoriche: a. Satura: buffonerie danze e dialoghi e canti b. Fabula Atellana: improvvisazione di attori dilettanti con tipi fissi c. Fescennini: lascivi basati su battute veloci e grossolane con ruolo preminente della danza d. Spettacoli mimi etruschi: gestualità e danza al centro. Fonte di Tito Livio “Ab Urbe condita” per i primi mimi da qua si sviluppa uno spettacolo dove gli istrioni si dedicano a spettacoli gestuali con e. f. g. inserti di narrazione esterna (scene imitative grazie a gesti). II sec a.C con la conquista della Grecia vi fu una commistione di culture “Grecia capta ferum victorem cepit” Orazio); molti mimi greci e orientali si esibirono a Roma e altri educarono i fanciulli nobili con strumenti a percussione. Scipione l’Emiliano sosteneva che i giovani venissero traviati dalla danza sconveniente. Egli ci mostra il dubbio sulla commistione delle culture a partire della danza oramai però diffusa in tutta la repubblica. Le matrone romane e i politici spinsero il dilettantismo fino al virtuosismo estremo. «Ricevono insegnamenti indecenti degni di ciarlatani, vanno a scuola tra gli attori di teatro, tra giovinetti lascivi con arpa e salterio, imparano a cantare, tutte cose che i nostri antenati reputavano infamanti per persone libere. Fanciulle di famiglia libere e vergini vanno a scuola di danza tra giovani depravati. Quando qualcuno mi raccontava queste cose, non potevo credere che uomini nobili insegnassero simili cose ai propri figli; ma, condotto in una scuola di danza, vidi più di cinquanta ragazzi e ragazze e tra loro uno(…) figlio di La condanna morale dell’attore (istrione) c’è già in epoca romana poiché egli disattende le caratteristiche del teatro di parola. L’ actor era simile all’ orator e dunque accettato, alcuni oratori si servivano degli actores. Le invettive contro il teatro con l’avvento del cristianesimo sono molto aspre soprattutto alle pratiche corporali come la danza. (Tertulliano De Spectaculis) la critica è sull’oggetto e sulla visività. Sant’Agostino: è avverso al teatro ma non marcatamente quanto Tertulliano. Parla della danza. Si fa riferimento al fatto che la cultura medievale riscopre i culti pagani ancestrali in alcuni momenti dell’anno e che la Chiesa prende questi momenti e li mutua nella propria liturgia (che anche i giorni festivi siano trascorsi in onore dei santi martiri): innesto della cultura cristiana nei riti pagani. Criticato l’uso del corpo come mestiere. L’aspra invettiva diventa comprensibile se si pensa che dal V sec non vi è più il teatro in senso stretto ma trionfa il genere erotico e prettamente performativo con protagoniste le donne. Nel medioevo i performers si riplasmano in una serie di abilità (istrione polimorfico e polifunzionale): gestualità narrativa, danza, acrobatica etc… la specializzazione era una limitazione di repertorio→ rimanere più tempo in città. Diventerà necessaria quando entrerà nella corte. Agostino: invettiva contro la pantomima incorretta perché i più abili erano molto eloquenti (Tacito) e la presenza del narratore era solo di contestualizzazione. Questo fattore viene ripreso dai riformatori del 700 che si rifanno alla pantomima alta e non a quella bassa a cui si riferisce Agostino. “Se quei segni che fanno danzando gli istrioni avessero senso per natura e non per regole e accordo fra gli uomini” la riflessione sul gesto naturale è centrata per il 700 Ugo da San Vittore: cerca di spiegare ai novizi come usare il gesto per semplificare i passi dei testi dogmatici: dice che non si deve fare ciò che fanno i performers che usano il corpo deformandolo e nel farlo ci descrive che scuotono il capo e scompigliano i capelli, fanno smorfie bestiali, alzano le sopracciglia e roteano gli occhi. Il canto e la danza (choros) erano presenti nelle veglie dei primi cristiani sulle tombe dei martiri; Nelle catacombe cristiane del II e III sec; balli nel coro e nel chiostro e in alcuni casi (Francia) rituali con uomini in corteo con balli a figure sinusoidali. Tali danze che avvicinavano a Dio (gioia dell’incontro con la divinità) erano ammesse. Nell’iconografia gli angeli danzano e cantano. Tale pratica fu poi ostracizzata perché praticata in modo non armonico e facendo un uso del corpo improprio. Scacciata dalla chiesa la danza si rifugia sul sagrato ma viene comunque contestata perché distraeva i fedeli dai misteri divini che andavano ad ascoltare. Le critiche sono soprattutto contro le donne. Il repertorio dei performers: smorfie, capelli scompigliati, roteazione dell’occhio etc sono elementi di una pratica cinesica per mutare i tratti del viso per far ridere (riso come catarsi ed esorcismo del timore ad esempio nella morte). Il mestiere del performer ha ruolo antropologico ed è per questo pericoloso oltre al fatto che non passa per il filtro della mente. Topografia corporea= ogni elemento ha una sua funzione e dà vita a un codice visivo naturale. Il capovolgimento è alla base della dissacrazione come il distorcimento del corpo (capriole e acrobazie). Rovesciamento del corpo =rovesciamento sociale. Le figure più disdicevoli erano: 1. Il ponte 2. La verticale Il giullare è accompagnato dalla musica e perciò egli è legato alla danza (Danzatore). I balli con cui intrattiene il pubblico sono: 1. Solistici: acrobazie su musica 2. Guida di danze con coinvolgimento del pubblico: circolare o in processione Fu inserita una micro drammaturgia nelle esibizioni; accompagnando la narrazione con gestualità specifica in base al ruolo interpretato; si sviluppo in ambito francese con il “Jeux de la filles” e “Jeux de Robert de Marion” che sono antenati del dramma liturgico.  Fra le tante forme ci sono le ballate eseguite con danza pantomimica.  I rondò (monodici) o rotondelli prevedevano dei ritornelli oltre a strofe semplici; dal punto di vista coreico erano eseguiti in coro e presumibilmente in cerchio (richiamo alle danze ancestrali anche se codificata in età medievale): Ritornello sempre uguale anche se prima con uno e poi con più interpreti. Le danze isteriche Si riallacciano al mondo primitivo e sono a carattere propiziatorio astratto recuperate nel medioevo in larga scala; il movimento continuo e accentuato deve portare ad uno straniamento. È anche espressione di fervore mistico in un’epoca che ha un’inquietudine sociale molto profonde. Le cronache ci descrivono baldoir e cortei di donne e uomini coinvolti in balli vorticosi e ripetitivi sui sagrati e nei cimiteri coinvolgendo il pubblico: danze di isteria religiosa (Ballo di san Vito, Ballo di san Giovanni) tipologie che costringevano chi le praticava a danzare fino allo sfinimento. Il tarantismo: per guarire dal morso della taranta si doveva ballare (ruolo purificatore della società primitiva); la danza come purga è tipicamente primitiva. La taranta era indicato come Tarantella, stesso nome della danza di coppia che individua nell’esorcismo la sua finalità. Le fonti la descrivono come una danza di carattere ossessivo. La testimonianza di Giraldo Cambrense (Itinerarium cambiae XII sec) descrive danze isteriche dicendo che danzavano in cerchio per poi gettarsi a terra come in preda all’estasi per rimanere immobili, poi si mettono su come presi da furore rappresentano lavori proibiti nei giorni festivi e dall’interno della chiesa condotte all’ altare tornare in sé. Le persone impossessate fanno cose fuori dal normale. Il fatto che si risveglino in chiesa è significativo (la catarsi avviene attraverso il corpo per purificare l’anima). L’estasi è implicata in ogni tipo di danza ed è un superamento del mondo materiale; condurre l’animo a raggiungere un livello diverso. Nell’ XI e nel XII sec vi sono testimonianze di persone che danzano in cimiteri o chiese in uno stato di incoscienza. La danza macabra: non ha movimenti strutturati ma appartiene alla coreutica isterica. Entra a far parte del carnevale in questo periodo. L’idea che la morte arrivi per tutti è il messaggio e il fatto che la si esorcizzi è consolatorio in una società non democratica. Era eseguita in modo processionale con alternanza fra giullari scheletri (atteggiamento corporeo disarmonico) e paesani travestiti (più armonici e stabili) La danza medievale: il repertorio Nei documenti trecenteschi sono riportati alcuni tipi di danza tipici, quali il saltarello, il virelai, la carola, la farandola, l’estampida o estampie. Le danze medievali erano semplici, basate su passi ritmici e figure ripetute, eseguite in girotondo o in fila: sono le carole eseguite in cerchio (o catena chiusa) e le farandole, eseguite in fila (o catena aperta). • Carola: danza citata già nella Divina Commedia di Dante (cerchi degli angeli cantanti e danzanti) è molto presente anche nel Decameron di Giovanni Boccaccio (Carolar). Le danze in cerchio medievali alternano liberamente le forme del circolo e della catena: l’uno si può aprire e trasformare nell’altra, che si intreccia e prima o poi si richiude. “Perché la reina con le altre donne insieme coi due giovani presa una carola con lento passo mandati i familiari a mangiare a carolar cominciarono…” (G.B) • Farandola: danza con un unico passo base (per lo più saltellato), in cui il capo fila sceglie i cambi di direzione determinando le serpentine e gli intrecci. La farandola è probabilmente la danza più antica legata ai riti agrari propiziatori. • Virelai (Virelè): danza diffusa in terra francese, italiana e spagnola, nella forma di canto monodico sia d’ambito sacro che profano. Il virelai è la poesia dei trovieri del Nord Francese (d’Oil) come l’estampida è la poesia dei trobadori delle regioni della lingua d’Oc, ma è anche la poesia delle laudi italiane e dei canti di pellegrinaggio. Si può riferire più generalmente a una danza di corteggiamento ballata a coppia; ma come canto sacro e come forma di ballo per il tripudio dei fedeli è più probabile una configurazione in cerchio. • Estampie/Estampida: danza lenta e strisciata, in cui si “batte il piede” sugli accenti ritmici (o così verrebbe da supporre dal nome). Rispetto alla carola, la estampida si caratterizza tuttavia per essere più propriamente una forma musicale strumentale. • Saltarello: danza di carattere vivace di origine remota si è conservato come intavolatura musicale in alcune trascrizioni del 1300. Nel secolo successivo, Antonio Cornazano lo indica come “ballo da villa” molto frequente fra gli italiani, passa di moda come ballo di corte alla fine del 1500 risorgendo poi come danza popolare nel 1700. È eseguito a coppie accompagnato dal ritmo deciso del tamburello e dalla viella, antico strumento musicale ad arco, usato soprattutto da trovadori e menestrelli (ma anche dalla cornamusa). Le fonti Sono soprattutto fonti musicali • Codice italiano conservato a Londra (British Library, MS Additional 29987) Una delle più importanti fonti manoscritte della musica italiana del Trecento, contiene numerosi brani dei compositori dell'ars nova italiana (tra i quali spiccano Francesco Landini, Jacopo da Bologna, Giovanni da Cascia, Gherardello da Firenze, Niccolò da Perugia, ecc.). Tra i 123 pezzi riportati 15 di essi sono sicuramente finalizzati alla danza: - 8 Istampite: Ghaetta, Cominciamento di gioia, Isabella, Tre fontane, Belicha, Parlamentio, In Pro e Principio di virtù; - 4 Saltarelli; - un Trotto (ballo in voga nel ‘400); - il Lamento di Tristano e la Rotta (variazioni sul ballo); - la Manfredina e la Rotta. È possibile formulare alcune ipotesi sulle origini dei nomi: Ghaetta potrebbe riferirsi alla città laziale di Gaeta; Tre Fontane al monastero cistercense romano; Isabella è un nome comune tipico della aristocrazia del XIV secolo; Parlamentio suggerisce l'idea di un insieme di persone riunite insieme. Altri pezzi prendono il nome degli stati d'animo, come la gioia (Cominciamento di gioia), l'aggressività (Belicha, ossia "bellicosa"), il coraggio (In Pro) e la virtù (Principio di virtù). Sicuramente destinati al ballo sono i saltarelli (privi di titolo), il Trotto (un ballo in voga all'inizio del XV secolo), e le due composizioni il Lamento di Tristano e la Manfredina con le rispettive Rotte, ossia vivaci variazioni ritmico-melodiche del ballo. • "Robertsbridge Codex" (British Library, MS Additional 28550) Codice manoscritto risalente alla metà del 1300, contiene il testo delle Cronache della abbazia di Robertsbridge, luogo in cui è stato redatto. Salomè danza davanti a Erode descritta da Benozzo Gozzoli. È la rappresentazione teatrale di intromesso di un banchetto. Abbiamo tre momenti della rappresentazione: danza dei sette veli, uccisione del battista e testa sul vassoio. La veste di Salomè lascia intravedere il corpo e la postura è quella di un professionista. È un personaggio che ispira l’iconografia medievale che la rappresenta sempre in posture sconvenienti con le mani in alto simile alle baccanti. (sempre iconografie di spettacoli) Giovanni di Bartolo Matteo Elemento cinesico di Salomè rappresentato dalla chioma scompigliata. Le testimonianze iconografiche medievali di Salomè sono legate alla diffusione della micro drammaturgia nelle corti. Vasari la rappresenta in un movimento ampio delle gambe e delle braccia. Filippo Lippi (duomo di Prato) Movimento dei veli e delle gambe con atteggiamento ad arco. Non abbiamo riferimenti evangelici. Principali rappresentazioni: 1. Oscar Wilde: Salomè è un dramma in un atto unico del drammaturgo irlandese Oscar Wilde scritto in lingua francese nel 1891 e rappresentato nella stessa lingua per la prima volta l'12 ottobre 1893 al Théâtre de Oeuvre di Parigi. Nonostante una rappresentazione clandestina del 1905, solo dal 1931 l'opera poté essere rappresentata nel Regno Unito senza censure. (Salomè carnefice) 2. Richard Strauss: Salomè (1905) è un'opera in un atto e un balletto di Richard Strauss, su libretto dello stesso compositore, basato sulla traduzione in tedesco di Hedwig Lachmann dell'omonimo dramma in francese di Oscar Wilde. 3. 1964 spettacolo teatrale e 1972 versione scenica e filmica di Carmelo Bene che la rielabora. La danza nel 400 L’evoluzione del concetto di danza si evolve di pari passo con quello di corte. La danza nel 400/500 scandisce il tempo del principe: spettacolo di corte e della corte. Elementi fondanti: 1. Balli spettacolari nella festa 2. Maestro di danza sono in anaciclosi 3. Primi trattati sulla danza Il ballo è il momento di celebrazione della potenza del principe e degli eventi dinastici: la potenza del principe è manifestata all’esterno per un’elite. Il maestro di danza si è specializzato nella pratica coreutica e diventa portatore di valori attribuiti alla danza (elitaria). Viene anche codificata perché va riconosciuto formalmente il ruolo del maestro e legittimare la sua arte. Nell’ Europa di metà 400 fiorisce la società cortese: termine che designa il gruppo familiare (alla latina) oltreché la residenza (“La società di corte” di Norbert Elias); la codificazione della corte in senso umanistico ebbe luogo nelle corti del nord Italia. Dimostrazione di eccellenza attraverso lettere musica e danza che è fondamentale per atteggiarsi in modo corretto agli occhi della società (corpo non fisico ma che racchiude la spiritualità →si riallaccia al neoplatonismo che riallaccia l’idea del materiale come emanazione della spiritualità: la danza non è solo ludica ma unione di realtà materiale e l’interiorità che si riallaccia alle sfere dell’iperuranio. Maestri di danza e trattati: Nel 400 sono prodotti i primi trattati: fonti letterarie dirette che intendono la danza come arte liberale al pari di musica e poesia così da essere legittimati. Di fronte al silenzio medievale colpisce il fiorire della danza nel 400 grazie al recupero in chiave filosofica dei classici. Le arti liberali vengono scritte e riscritte. Si scrive in modo che possa esserci una legittimazione di una pratica invisa dalla chiesa; essendo autorappresentazione della corte è necessario legittimarla. 1. Domenico da Piacenza: De arte saltandi et choreas ducendi (1455 c.a) Dell’arte di balare e danzare è scritto in lingua volgare (lingua della scienza). È in forma manoscritta come quelli che seguono che circolano in ambienti elitari; sono dedicati ai membri della corte e hanno ragione di essere per questo. Domenico da Piacenza o da Ferrara visse e operò a Ferrara; tra il 1441 e il 1455 scrisse il trattato. Il titolo in latino è sintomo di una cultura alta come quella latina e riprendere la terminologia antica. Si presenta come una speculazione filosofica e non come una descrizione. Fu esperto danzatore e maestro: nel 1455 fu a Milano dove danzò con l’allievo per il fidanzamento di Ippolita Sforza con Alfonso di Calabria (figlio di Ferdinanado D’Aragona). Successivamente fu nominato cavaliere (ruolo elevato per un non nobile) 2. Guglielmo Ebreo da Pesaro: De pratica seu arte tripudii (1463) punto di riferimento per la pratica successiva. Convertito al cristianesimo con lo pseudonimo di Giovanni Ambrosio (1420-1484 lettera a Lorenzo de Medici poi più notizie); fu allievo di Domenichino (Domenico da Piacenza); pratica della danza è un’arte che viene supportata da un pensiero filosofico, il tripudium era un termine riferito alla danza. Unico esempio di iconografia della danza. cavaliere nella posa della riverenza e musico (ribadisce la fondamentalità della musica per la danza) 3. Antonio Cornazano: Libero dell’arte del danzare (1465) non è un maestro di danza ma un funzionario Sforza, infatti dedica a Ercole I d’Este il trattato sull’arte militare dopo esser stato al servizio di Bartolomeo Colleoni. È un punto di riferimento alla corte. Nel 1455/65 fa un compendio dei trattati precedenti per educare Ippolita Maria Sforza (figlia di Francesco). Il trattato è fondamentale per molti motivi: - Conferma dell’importanza della danza per i nobili - Come funzionario risulta curiosa la stesura del trattato e il fatto che fosse così abile pur non essendo un maestro. - Il fatto che tiri le somme dei due trattati sopracitati per renderli immediati alla comprensione Trattati Analogie Differenze Domenico da Piacenza: saltandi et choreas ducendi  Tentativo di esaltare la danza non solo come qualcosa di materiale (contro il pensiero della chiesa)  Trattano la danza dal punto di vista teorico alla maniera umanistica  Ribadire il ruolo fondamentale nella corte: maestro di danza = educatore  Concepiti in due parti: 1) si sviluppa l’idea della danza come arte che colleghi il materiale e lo spirituale. 2) descrizione della pratica di alcuni balli; non c’è una spiegazione pratica perché la descrizione è discorsiva (periodo in cui la figura si sta collocando e non ha funzione indispensabile: necessità di mantenere il segreto su ciò che si insegna)  Si presenta come una bozza (mancano anche i capilettera) rinvenuto a Milano perché aveva contattato degli amanuensi per portarlo a termine ma ciò non avvenne mai.  Ci sono correzioni a lato Guglielmo Ebreo da Pesaro: De pratica seu arte tripudii  È in forma definitiva e abbellita da iconografie Neoplatonismo e coreutica nel 400 Oltre alle teorie di Marsilio Ficino e la poetica di Poliziano, Botticelli s'ispirò anche alla letteratura classica (Ovidio e Lucrezio), soprattutto per quanto riguarda la metamorfosi di Cloris in Flora; tuttavia, il centro focale della composizione è Venere, che secondo l'ideologia neoplatonica sarebbe la rappresentazione figurata del suo mondo secondo il seguente schema: Venere = Humanitas, ovvero le attività spirituali dell'uomo Tre Grazie = fase operativa dell'Humanitas' Mercurio = la Ragione, che guida le azioni dell'uomo allontanando le nubi della passione e dell'intemperanza Zefiro-Cloris-Flora = la Primavera, simbolo della natura non tanto intesa come stagione dell'anno quanto forza universale ciclica e dal potere rigenerativo. La Venere della Primavera sarebbe la Venere celeste, vestita, simbolo dell'amore spirituale che spinge l'uomo verso l'ascesi mistica, mentre la Nascita raffigurerebbe la Venere terrena, nuda, simbolo dell'istintualità e della passione che ricacciano gli individui verso il basso. Coreutica neoplatonica Armonia del corpo = armonia interna. La geometria è alla base dell’armonia e quindi delle danze redatte in termini matematici (passa dall’intelletto). Si basa su uno scheletro matematico come la prospettiva in pittura, le proporzioni in architettura etc… Danza delle donzelle nel giardino d'amore' di Andrea di Bonaiuto, Cappella degli Spagnoli, Santa Maria Novella, Firenze. Danza circolare di dame restituzione terrena della circolarità delle sfere. La presenza della musica fondamentale Beato Angelico carola angelica da dettaglio del giudizio universale. Danza circolare degli angeli. L’episodio si riallaccia alla Repubblica di Platone (9 libro). La danza armonica è specchio della legge divina e il nobile eleva lo spirito. Guglielmo Ebreo da Pesaro: De pratica seu arte tripudii L’inizio dell’opuscolo è in volgare perché deve essere adattato alla corte nonostante il titolo classico lo legittimi come un trattato alto. Esprime l’ispirazione neoplatonica per legittimare la danza: danza come esternazione dello spirito e se armonica esprime uno spirito puro (c 3). Dichiara di essere allievo di Domenico da Ferrara e depositario della sua dottrina (c 4). Nella carta 5 vi è il primo capitolo ed enuncia le 6 regole del danzare che tratterà (misura, memoria, partir di terreno, aere, maniera e movimento corporeo). 1. Capitolo di Misura: è la necessità di danzare a tempo (la danza è inscindibile dall’armonia della musica che ha un ruolo centrale come partner che concorre all’armonia della danza [recuperato nel 700 dai riformatori della pantomima]) 2. Capitoli di memoria: danza come arte liberale (dell’intelletto) perché è esercizio mnemonico. I maestri si concentrano sull’intelletto “avendo i sentimenti a sé tutti raccolti e ben attenti”; la danza ludica è quella che si basa sull’improvvisazione e non prevede la memoria (non degna di un nobile) 3. Capitolo del partire di terreno: si riferisce al contesto spaziale che è fondamentale (richiami all’intelletto) armonia dei movimenti nella stanza in cui ci troviamo. 4. Capitolo dell’aere: concetto ripreso dai romantici nell’800. Il movimento deve essere leggero e non troppo marcato (salti appena accennati). Con l’uso del piede si ottiene un movimento che risulta sollevato ma leggero. L’aeroso (modo di muoversi leggero) è fondamentale per un concetto legittimo di danza. 5. Capitolo di maniera: è collegato con quello dell’aere, modo di danzare consono che si rapporta al modo armonioso; parla dell’esecuzione; passare da un passo all’altro con un giusto portamento. 6. Capitolo di movimento corporeo: sunto dei capitoli precedenti; tutti i movimenti sono legati alla musica e tutte le regole sopra citate danno vita ad una danza armoniosa. Dopo aver illustrato le 6 regole intraprende un discorso in forma dialogica (tipica forma platonica). Dialogo fra maestro di danza e discepolo. Ci sono experimenta ovvero esempi pratici delle regole. La struttura dialogica che conclude la prima parte scioglie i dubbi. Risponde alle obiezioni di chi credeva che la danza non fosse un’arte liberale. Alla carta 21 verso abbiamo l’illustrazione che enfatizza la fine del trattato ed è sintesi delle regole: musico, postura del trio etc. Nella seconda parte è illustrata la pratica: balli più importanti. L’indice dei balli: codifica la bassadanza e i balli. Per esempio spiega a parole con discorsi generali e oscuri le bassedanze sue e del maestro. Segue una canzone composta da Mario Fidelfo. Le intavolature concludono il trattato, importante per la considerazione che aveva per la musica composta appositamente per il ballo (ripreso nel 700 da Angiolini). La danza nel 400: il repertorio coreutico Trattiamo di danze medievali e del 400 perché i trattati considerano la tradizione. 1. Danza di genere = repertorio d’intrattenimento di corte (astratte) 2. Danza da ballo = le danze di genere sono trasposte nel ballo con un pubblico (diventano rappresentative pur avendo gli stessi passi e stesso ritmo) Alcune danze rimangono solo di genere e alcuni balli solo rappresentativi. Principali danze di genere:  Bassa danza/ Basse danse → unica a non avere origine popolare inventata per la corte; nei trattati troviamo molte basse danze spiegate meticolosamente mentre le altre sono date per scontate.  Saltarello/ Pas de brabant → italiano o tedesco passi doppi seguiti da saltello (ballo alto) (idea della nazionalizzazione delle danze poi esasperata nel 500); la nomenclatura è diversa in base all’area geografica di adozione, la danza entrando a corte diventa più strascicata  Quaternaria/ Nachtanz → ritmo binario, due passi semplici poi battuta e ripresa  Piva → danza veloce in ritmo ternario o binario (accompagnamento cornamusa)  Carola/ Carole → di origine medievale permane nel 400 come schema circolare base  Ballata /Balade → In voga nel basso medioevo  Rondò/ Rondeau → lo stesso delle precedenti  Brando/Branle → Nel 500 sarà la più usata come danza teatrale 1. Se della bassa danza ci sono molte notazioni delle altre solo notizie fumose perché sono già in uso nel medioevo e vengono solo ricodificate per la corte; 2. O queste danze erano talmente semplici da poter essere eseguite senza troppa difficoltà seguendo le 6 regole di Guglielmo Ebreo; 3. O già cadute in disuso in questo periodo (notizia disattesa dal fatto che in Germania erano eseguite) Domenico da Piacenza denomina la Piva “la più trista tra le misure di corte” perché adoperata dai villani; egli si dedica alla messa in tradizione della bassa danza (legittimare e storicizzare il maestro di danza e ciò che ha inventato a corte; necessità di questo visti i passi complessi). Domenico ci fa conoscere una prassi in uso di definire danze con stessi pasi in diversi modi (la danza popolare non ha specificità); esclusa la bassa danza infatti c’è commistione fra i passi delle varie danze, Domenico dice che “quando la Piva è danzata alla Quaternaria, ponendo due motti de tempo di Quaternaria diventava assai veloce”; nel 400 le danze di derivazione popolare non sono rigide ma fluide. Il Saltarello è una delle danze più citate nei trattati, Cornazano lo definisce “il più allegro danzare di tutti”, in Spagna è chiamato altadanza (alta perché a livello popolare prevede una danza atletica con altezze di gambe e braccia poi più strascicata a corte), nelle Fiandre Pas de brabant (ballo dei contadini), eseguito sempre dopo la bassa danza a contrasto. Bassa danza e Saltarello sono i due più ricorrenti in Spagna e Francia perché si contrappongono per ritmo e postura. Dell’accoppiata ci danno notizia i trattati di Domenico e Guglielmo nella seconda parte: dopo la bassa danza e le variazioni di essa ripetute si esegue il saltarello elegantemente. Nonostante la testimonianza scritta del saltarello come contrasto formale della bassa danza di questi non abbiamo le partiture perché i musici usavano la stessa melodia per vari balli (adeguati alla bisogna). La Bassa danza è bassa perché di carattere processionale eseguita a coppie in fila e strascicata. Fu eseguita fino alla fine del 500. A differenza di alcuni balli che sono originali dei maestri italiani, questa è francese e codificata già intorno al 1330. Era in uso alla corte borgognona la cui moda era rappresentata da copricapi ingombranti, strascichi e scarpe con punte lunghissime. Diventa la danza indicativa della coreutica nobiliare. È la veste materiale della concezione neoplatonica. È una danza rappresentativa perché presenta la corte, è la prima che viene eseguita perché presenti il corteo agli ospiti o al popolo. Antonio Cornazano nel suo trattato: “ Vegnirò mo’ a quelli balli e quelle basse dançe che son fora dal vulgo fabricati per sale signorile, e da esser sol dançati per dignissime madonne et non plebaie” . Il maestro di danza è esclusivo della corte e così la sua produzione. La struttura della bassa danza francese era rigida: Divisa in 3 momenti: 1. La grande mesure (grande misura), o entrée de basse danse (entrata della bassadanza): R b ss ddddd ss rrr b (5 doppi) 2. La moyenne mesure (media misura): ss ddd ss rrr b (3 doppi) 3. La petite mesure (piccola misura): ss d ss rrr b (1 doppio) Ogni misura può essere:  (Molto) perfetta: ss doppi ss rrr b  Più che perfetta: ss doppi ss r b  Imperfetta: ss doppi rrr b  Molto imperfetta: ss doppi r b Movimenti statici: o La révérence, contrassegnata dalla lettera R: è il saluto al partner con cui si inizia la bassadanza il cui spasimante fugge (comportamento sbagliato di cavalieri e dame). La Mercanzia e la Sobria rivelano un’intezione drammatica inversa. La mercanzia è l’amore mercenario, fisico, che non va praticato (ce lo rispiega Cornazano): 1 donna danza con tre uomini per volta “la mercanzia di amanti”. Nella Sobria la donna dà attenzione ad un solo cavaliere su 5 che cercano di interagire. Nella descrizione di questi balli si tramandano le espressioni del corpo e del viso: “donna come desdignosa si tiri un poco indietro e volti le spalle…” L’efficacia rappresentativa è fondamentale. La danza dà un messaggio chiaro e subitaneo Principali eventi dinastici: - Banchetto per il cardinale Riario a Roma 1473 per festeggiare Eleonora d’Aragona che andava a sposa a Ercole I: canti, musica ed entrate danzate - Beatrice d’Este per Ludovico il Moro a Venezia nel 1473: minerva e Saturno per l’attica con ballo su barca simil carro del trionfo. - Festa del Paradiso 1490 per le nozze di Giangaleazzo con Isabella d’ Aragona. Spettacolo di Leonardo con mezzo uovo con stelle e pianeti. Oltre ai nobili eseguivano professionisti soprattutto in danze armate come La Moresca: danza collettiva armata rappresentativa con scontri frontali. Le moresche hanno origine nei riti della fertilità (lotta fra bene e male, chiaro/scuro), poi lotta fra bene e male nel Medioevo per poi rimutare il soggetto negli scontri fra mori e cristiani. Schieramenti opposti che si scontrano in più tempi. Attrezzi di scena e musicali che servono a stabilire il ritmo (spade o scimmitarre o bastoni); i movimenti di scontro si esprimono nell’avvicinamento delle schiere o individualmente, al centro vi è il direttore dello scontro (corago)che dà le indicazioni. L’abbigliamento era emblematico: cristiani più tendenti ai colori chiari, mori talvolta dipinti di scuro in volto e abiti orientaleggianti e sonagli alle caviglie o sotto il ginocchio utili anche per dare il ritmo (spesso anche musici). Scontro fisico e ideologico. Era spesso seguita da un torneo dove si metteva in pratica la rappresentazione coreutica. L’elemento esotico diventerà preponderante dal 500 poi ripreso nel 700 da Angiolini (riformatore della pantomima) La danza nel 500: trattatistica e repertorio Danza ed etichetta del corpo nelle corti del rinascimento: il corpo parlante Il 500 è il momento in cui prendono corpo le riflessioni quattrocentesche. Nelle corti rinascimentali la danza viene ufficialmente definita come “etichetta” della corte e non più solo come un divertimento; diventa una questione di appartenenza sociale fondamentale per comunicare attraverso il corpo: chi sei e di quale classe sociale (con Luigi XIV diverrà fondamentale). Nell’ Europa di metà 400 fiorisce la società di corte (termine che designa la residenza e il gruppo familiare); fin dal medioevo si erano seguite le regole di cortesia (comportamento) tipiche degli aristocratici per distinguersi dal popolo. Tale processo arriverà fino al 700 e non lascerà posto alla spontaneità ma verrà dettato da comportamenti precisi e ben codificati che sono insegnati dai maestri di danza per quanto concerne l’uso del corpo. Nelle corti del 400 si sviluppa la figura del maestro di danza che si diffonderà presto in tutt’Europa. Nel 500 la danza diventa un evento pubblico e instrumentum regni alla massima potenza (prestanza fisica per i cavalieri). Anche quando è praticata per divertimento è autorappresentativa e legittimante del fatto di essere riuniti in un certo consesso ed essa si affianca a quella teatrale. Il ballo è l‘emblema del cortigiano e ce lo testimoniano nel 1527/28 1. Baldassarre Castiglione “il cortigiano”, alimentato alla corte di Urbino nel 1507 e destinato a “formar con parole un perfetto cortigiano”: secondo l’autore egli deve evitare di partecipare alle feste popolari per non mischiarsi al popolo “ il cortegiano deve considerare molto in presenza di chi si mostra e quale compagni perché non saria conveniente che un gentiluomo andasse ad onorare con la persona sua una festa di contado dove gli spettatori e i compagni fossero gente ignobile” (non nobili), il modo di agire si deve basare sulla grazia temperata dalla sprezzatura (modo di comportarsi naturale): la grazia deve risultare naturale e innata nonostante gli anni di apprendimento dell’etichetta. 2. Rinaldo Corso “Dialogo del ballo“ 1555 stampato a Venezia. È un’opera che si concentra sull’apologia della danza come disciplina nobiliare. Si riallaccia alla struttura del “De Saltatione” di Luciano. La danza è da lodare anche perché permette di mostrare la splendidezza del singolo attraverso lo sfoggio di abiti e livree soprattutto quando è per il popolo e per gli stranieri; la bassa danza è emblema di questo (quando viene mostrata al popolo crea un distacco incolmabile). È un’arma politica in quanto permette di “tenere allegri e uniti i popoli”, è un ritorno alla concezione latina della spettacolarità che passa attraverso gli occhi in modi ludici (è un potere che si accetta volentieri perché non è imposto ma mostrato). I trattatisti sono consci di tutte le questioni politiche sopracitate: i maestri di danza nei trattati parlano nello specifico delle caratteristiche. Nel passaggio dal 400 al 500 1. Apertura alle corti europee per quanto riguarda la moda e lo stile delle danze; Caratterizzazione territoriale e nazionale dell’abbigliamento; 2. Più ampio bacino di utenza, classe mediana (classe produttiva che sarà poi la borghesia): scuole di ballo pubbliche e figura del maestro di danza pubblico (per il contatto sociale) vista l’esigenza di equipararsi alla nobiltà; 3. I trattati dei maestri rivolti alla nobiltà ma anche ai professionisti e agli autodidatti (per piacere personale); 4. L’invenzione della stampa a caratteri mobili permette la diffusione dei trattati per un pubblico più variegato. I trattati:  Fabrizio Caroso da Sermoneta: il Ballarino (Venezia 1581); Nobiltà di dame (riedizione Venezia 1600) maestro di danza  Cesare Nigri detto “il Trombone”: Le Gratie d’amore (Milano 1602) gratie è un riferimento alla danza; Nuove inventioni di balli (riedizione 1604)  Antonio Arena: Ad suos compagnones studiantes (Lione 1528) Sono trattati a stampa e dunque in più esemplari; i primi due sono divisi in due parti ricalcando la tradizione dei maestri del 400;0 sono scritti in volgare. Il repertorio è pensato per un pubblico ristretto ma ciò non toglie che nella loro intenzione esso sia destinato anche ai professionisti e alla classe mediana: lo vediamo nella forma redazionale. Emerge la nuova idea di danza come pratica artificiosa e complessa con tecnicismi stringenti. L’abbandono del movimento naturale per dedicarsi ad una tecnica che la rende esclusiva. Troviamo creazioni originali utili per esporre l’arte di ciascun maestro e legittimarlo. Fabrizio Caroso da Sermoneta (1526-1605) operò a Roma sotto le famiglie più potenti del territorio. Il Ballarino è diviso in due trattati: 1. Nel primo dei quali si dimostra la diversità dei nomi che si danno agli atti e movimenti che intervengono nei balli, e con molte regole si dichiara come debbano farsi. 2. Nel secondo s’insegnano diversi balli e balletti sì all’uso d’Italia come a quello di Francia e Spagna. (autorialità del ballo) Ornato di molte figure →stampate e fondamentali per comprendere al meglio Con l’intavolatura di liuto nella sonata di ciascun ballo e il soprano della musica alla maggior parte di essi. Dedicato a Bianca Cappello De’ Medici → la sua concezione ha senso solo all’interno della corte e la dedica è un vanto ed è seguita da un sonetto che la arricchisce. Segue una dedica ai lettori che specula sulla necessità di codificare la danza. Un sonetto in lode dell’autore composto dal poeta Quintilio Romoli (per accentuare il proprio prestigio; i trattati sono scritti a fine della carriera e dunque tutti lo conoscono 47 anni) Nella seconda edizione ne troviamo uno composto da Torquato Tasso. <<Come ogni rio l'onor del corso rende Al mar, così del ballo ogni dotta arte A costui fa, che col bel piè comparte Quanto il suo ingegno in carta ben distende. Più d'ogni spirto ei vede e comprende Se miri come dolce a parte a parte Di toglier l'armi e la fierezza a Marte Rinnova l'arte, e i cor ferisce e incende. O fortunato, che sì altera guida Amor ti mostra, onde tu poi le ingegni Or col spron, or col fren, mover natura. E come l'arte a dar la vita ancida Mille anime in un punto oggi tu insegni, O nato in miglior anni in tal ventura. » Può essere definito un manuale di danza; il fatto che sul frontespizio sia già descritto ne è indicatore poiché il maestro di danza è una figura irrinunciabile e non ha timore che i suoi segreti siano svelati. Troviamo dunque dettagli tecnici e danze spiegate meticolosamente perché esso risulta un mezzo di propaganda. La redazione ci fa capire che il trattato non è riferito solo ai cortigiani ma anche agli altri perché chiaro. Nel primo trattato: riguardo alle regole: il cavaliere deve togliersi il copricapo per invitare la dama e come debba tenerlo in mano. L’ultima regola che si riferisce alle dame è una sintesi della creanza delle donne che non si devono mischiare al popolo. Nel secondo trattato: i maestri di ballo di danno conferma del fatto che ogni danza può essere eseguita in modo diverso. Le ultime pagine di questi trattati prevedono un indice (come in Guglielmo Ebreo ma più strutturato) che è sintomo del fatto che fossero strumenti di consultazione immediati. L’uso specifico dei trattati era dunque Ballet de Court: spettacolo ibrido di recitazione prevalente, musica e danza. Caterina De Medici è la figura fondamentale. Ballet de cour: Espressione francese (propr., balletto di corte) indicante il balletto fiorito in Francia alla fine del Cinquecento, anche se il genere è nato storicamente in Italia, dove lo troviamo già in pieno sviluppo nel Quattrocento, contemporaneamente presso le corti dei Visconti, dei Savoia e dei Medici. Fu il coreografo piemontese Baltazarini col celeberrimo Balet comique de la Royne (1581) a fissare le caratteristiche fondamentali del nuovo genere che realizzava la fusione tra le forme coreiche rinascimentali italiane e quella che sarà l'eleganza tutta francese della danse noble. Articolato in tre parti, il ballet de cour fu all'inizio comique, basato cioè su un'azione drammatica unitaria, generalmente d'argomento mitologico, ed eseguito esclusivamente dal re e dalla sua corte. 1. Il tono aulico del ballet comique (connotazione drammaturgica), lo sfarzo dei suoi costumi, il dispendioso apparato di cui necessitava favorirono la nascita di un nuovo tipo di ballet de cour, 2. il ballet-mascarade dalla trama esile e dal numero ridotto di entrées, più agevole quindi a essere rappresentato. Appartengono a questo tipo La mascarade de la Foire Saint-Germain (1606), il Ballet des Échecs (1607). 3. Un terzo tipo di ballet de cour, che si differenzia dai precedenti per un più alto livello poetico (presenza del testo in versi) fu il ballet mélodramatique – a imitazione di quello creato a Mantova (Il ballo delle ingrate, 1608) da Monteverdi e Rinuccini – di cui abbiamo validi esempi in Le triomphe de Minerve (1615) interpretato dalla regina, La délivrance de Renault (1617), L'adventure de Tancrède en la forest enchantée (1619), ecc. 4. Ultimo tipo di ballet de cour è il cosiddetto ballet à entrée con maggiore autonomia delle varie scene e intonazione satirica e burlesca dei suoi soggetti (Ballet des Bacchanales, 1623, ecc.). Fin dall'inizio ma soprattutto nella terza fase del ballet de cour, dominata dall'arte del Francini, la scenografia, in massima parte italiana o d'origine italiana, ebbe gran parte nello spettacolo e nel suo successo. Il ballet de cour registrò una battuta d'arresto alla morte di Luigi XIII (1643) e all'avvento di Mazarino, riacquistando nuovo vigore dopo il 1650 grazie agli ispirati testi poetici di Benserade e all'arte di Lulli, che trionfò come ballerino nei più celebri ballet de cour di questo periodo: Ballet de la nuit (1653), Ballet de Psyché (1656), Alcidiane (1658), Ballet des ballets (1671) con cui il genere si esaurisce. L’elemento esotico pre\sente dalla metà del 500, nel 600 sarà ancor più ricercato. La magnificenza è delegata all’apparato estetico e alle macchine con poco spazio per la narrazione. Lulli era specializzato nelle interpretazioni grottesche perché molto espressivo. Ballet Comique de la Royne (1581): è considerato il primo esempio di ballet de cour sul modello fiorentino, anche se non vero perché già dalla metà del 500 (tendenza della storiografia francese di oscurare l’origine italiana della pratica del ballet de cour: lo stesso succede per l’opera in musica: espulsa l’italianità dalla corte francese inventando la tragedie lyrique), fu il primo ad avere un impianto più omogeneo e preciso. Fu rappresentato per le nozze del favorito di Enrico III, figlio di Caterina, duca di Joieux. L’allestimento, e tutte le parti furono ideate da una mente unica: Baltazarini (Balthasar de Beaujoyeaux). Coreografia: Balthazar de Beaujoyeulx (Baltazarini da Belgioioso) Musica:Lambert de Beaulieu, Thibaut de Courville, Balthazar de Beaujoyeulx Prima rappresentazione: Parigi, Palais du Petit Bourbon (Louvre), 15 ottobre 1581 Scene e costumi: Jacques de Patin Lo spettacolo fu messo in scena in occasione delle nozze del duca de Joyeuse con Marguerite de Vaudemont, sorella della regina Louise de Lorraine, che era tra gli spettatori insieme al suo consorte, il re Enrico III, figlio di Caterina de’ Medici. La scenografia è costituita dal boschetto di Pan con sullo sfondo, a destra, il giardino e il palazzo di Circe. Un cavaliere in fuga spiega trafelato, aiutandosi con la mimica e declamando versi, il terrore da lui nutrito nei confronti della maga che lo tiene prigioniero. Appaiono quindi, con il carro d’oro sul quale sono sedute la regina, la principessa di Lorraine, e le dame del seguito, una folla di sirene, tritoni e naiadi danzanti. La rappresentazione si protrae per sei ore sin verso le quattro del mattino e prosegue col racconto della storia di Circe in danze, canti, versi e un grand ballet finale (lo spettacolo era così suddiviso: ouverture, entrées, grand ballet) con distribuzione di medaglie d’oro al re e ai gentiluomini presenti da parte della regina e delle sue dame. Questo sontuoso spettacolo cortigiano (o ballet de cour), è comunemente inteso come il primo balletto teatrale della storia. Il termine comique è da intendersi come balletto apparentato a una drammaturgia, in questo caso ad una commedia (Caterina de’ Medici aveva in antipatia i drammi: diceva infatti che portavano male a corte e che nel corso del suo regno aveva già sopportato fin troppe situazioni drammatiche!). La musica era di scarso interesse. La danza vi interveniva con le sue entrées nella forma più originale ed era, in sostanza, la novità dello spettacolo, concepito a scena centrale: azione e danze si svolgevano, infatti, nel mezzo della sala, tre lati della quale erano occupati dal pubblico e dall’altro dalla scena, sullo sfondo. In una piccola galleria in alto, detta “volta dorata”, erano collocati i musici. Il masque inglese Si codifica definitivamente sotto gli Stuart. Cenni storici: 15 Luglio 1603 incoronazione di Giacomo I di Gran Bretagna, VI di Scozia e d’Irlanda. 20 Agosto 1589 Anna di Danimarca sposa Giacomo (regina di Scozia 17 maggio 1590) Anna di Danimarca ebbe un ruolo fondamentale nel riassetto del paese, la vediamo ritratta con i suoi palazzi sullo sfondo. Allo spettacolo di corte va demandata l’idea di potere; anche per cercare contatti con le altri corti europee. The Queen’s masque (1604-1611): spettacolo nella notte dell’epifania (Twelfth Night) curato dalla regina dal punto di vista economico e d’ allestimento. Simile all’intermezzo fiorentino, ha una struttura ibrida: se i regnanti erano presenti sulla scena essi non interagivano verbalmente. La scenografia e i costumi sono ricchi (Anna per il suo primo masque dette ordine di usare i vestiti di Elisabetta I come vestiti di scena) Il secondo masque (1605) The masque of Blackness era una maschera dell'epoca giacobina, eseguita per la prima volta alla Corte Stuart nella Sala dei banchetti di Whitehall Palace nella dodicesima notte, il 6 gennaio 1605. Fu scritta da Ben Jonson su richiesta di Anna di Danimarca, la regina consorte di re Giacomo I, che desiderava che i mascheratori fossero travestiti da africani. Anne è stata una delle interprete della maschera insieme alle sue donne di corte, che sono apparse tutte truccate in nero. La trama della maschera segue le donne che arrivano alla corte inglese parlando tra loro di come le carnagioni nere fossero belle ", tanto che nel loro nero cresce la bellezza perfetta. " Riflettendo il contesto storico della maschera, le donne vanno per discutere di come la pelle nera sia ora considerata la meno attraente, " ora nera, con la disperazione nera " a favore di una pelle che è stata " blanch [ed]" che significa sbiancata o schiarita. Sono anche d'accordo sul fatto che mentre la pelle nera è esotica, le persone dalla pelle chiara sono in definitiva le migliori. Durante l'era giacobina, la pelle scura era associata alla corruzione, mentre la pelle bianca o più chiara era associata alla purezza. Mentre gli etiopi (allora un termine generale per gli africani neri) erano considerati impazienti e irascibili a causa del clima caldo e secco nel loro paese natale, gli inglesi dalla pelle chiara erano visti come più capaci di controllare se stessi perché il loro clima era freddo e bagnato. Come risultato di questa tendenza, The Masque of Beauty è stato scritto come un sequel di The Masque of Blackness per trasmettere un maggiore disprezzo per le tonalità della pelle più scure. La Masque of Beauty, originariamente prevista per le festività natalizie successive, fu sostituita da Hymenaei, la maschera per il matrimonio del Conte di Essex e Frances Howard. La bellezza fu infine eseguita nel 1608. Nello schizzo di Ben Jonson la vediamo dipinta di nero (inammissibile perché nero = tenebre/infedele stessa scelta della moresca) la avversarono Jonson e Jones; tale scelta manifesta un messaggio di propaganda chiaro: poco dopo l’insediamento degli Stuart essi diventarono fondamentali per le corti europee rappresentando la corte con la luce. Il messaggio per le corti estere è quello della luminosità della corte Stuart che dà nuova vita all’Inghilterra a livello europeo. Il regno inglese finalmente riunita è un faro a cui bisogna riferirsi. Le figlie del Niger che si sono sempre sentite belle si rendono conto di non essere consone e vogliono andare alla corte di Giacomo per essere sbiancate. La vicenda continua nel masque of Beauty. L’escamotage scenico è efficace e sintomo dell’intelligenza della regina che ricerca una comunicazione con le corti europee (ruolo dello spettacolo in senso europeo). Ser Dundley Carton, delegato vissuto a cavallo fra i due regni ci parla del masque che non gli è piaciuto: ci testimnia la ricchezza dei costumi, l’esecuzione della regina e delle sue dame, “le loro mani e facce dipinte mise di malumore solo a vederle” ed erano talmente ben mascherate che non le si riconoscevano nemmeno. Anche Ser Ralph Winwood ci dice che” invece di essere luminose le loro facce e braccia erano dipinte di nero tanto da non capire chi fossero, non si può immaginare una visione più triste, nemmeno ci fosse un esercito di mori panciuti”. Con il Masque of Beauty si comprese il messaggio e fu apprezzato anche il masque of blackness. Giacomo I fu amante dei masque, la consorte era anche appassionata anche del teatro di prosa e fu protettrice delle compagnie dei teatri pubblici insieme al figlio (Shakespeare rappresenta la tempesta a corte per la prima volta). Gli Stuart recepiscono perfettamente la tipologia spettacolare rinascimentale italiana. Il portatore di torce (Torch bear) portava la luce in scena con caratteristica registica per focalizzare l’attenzione. La codificazione della danza nel Seicento: l'ideologia politica di Luigi XIV Nella Francia del 600 la danza si codifica quasi definitivamente. In Italia la danza era stata recepita come autorappresentazione ed etichetta; nel 600 tale concezione, esportata in tutt’Europa, ha una spinta ulteriore alla corte di Luigi XIV che la codifica come disciplina autonoma dal punto di vista istituzionale e disciplinare. Luigi XIV (1638-1715) fu uno dei primi monarchi illuminati anacronisticamente parlando poiché ebbe un impatto notevole sulla Francia. Fu lui a decretare l’istituzionalizzazione della danza come pratica accademica. Nei ritratti le gambe del re sono sempre esposte perché fin da piccolo viene educato alla pratica della danza. Si era tenuto attivo praticando la danza giornalmente. Luigi rende la danza istituzionale perché ha bisogno di una pratica a cui demandare il messaggio politico (stessa concezione degli italiani per l’opera in musica) Progettando il programma politico sceglie la danza come vessillo e lo manifesta fin dal 1653 quando rappresenta il ballet royal de la nuict alla fine del quale si presenta vestito da sole [re sole da qui] (ruolo Tre spagnoli cantano Quarto ingresso Italiani Dopo questa canzone entrano in scena Scaramuccia, due Trivellino e un Arlecchino, che recitano in cadenza il “lazzo” della notte, secondo lo schema della Commedia dell'Arte. Poi un cantante italiano si aggiunge alla cantante. Dopo tale duetto, le Maschere concludono l'intermezzo italiano con una danza gioiosa. Quinto ingresso Quinto ingresso con primo & secondo minuetto francese. Entrano altri tre ballerini maschi e tre ballerini femmine, che vestiti con eleganza, alla foggia del Poitou, e accompagnati da otto flauti e oboe, danzano i minuetti. Sesto ingresso La scena si conclude con l'unione delle Tre Nazioni e con gli applausi a ritmo di danza di tutti i partecipanti, che insieme cantano. Finissima denuncia sociale contro nobili e borghesi Le malade immaginaire: Il malato immaginario (Le Malade imaginaire), è una Comédie-ballet in III atti, del drammaturgo francese Molière. Da ricordare che nel XVII secolo, in Francia, il termine "immaginario" significava pazzo. Tutti e tre gli atti sono seguiti da altrettanti intermezzi. La pièce venne rappresentata per la prima volta al Palais-Royal il 10 febbraio 1673, dalla "Troupe du Roy", con le musiche di Marc-Antoine Charpentier, e coreografie di Pierre Beauchamp. L'opera è quasi una biografia del drammaturgo. Intesa dal suo autore come una farsa, è inframmezzata da intermezzi musicali e balletti giustapposti alla commedia, inseriti all'unico scopo di compiacere i gusti di Luigi XIV, lasciando però intatta la struttura dell'opera. Scritta nell'ultimo anno di vita di Molière, la commedia è intrisa di realismo. Lo stesso protagonista, che si presenta come un classico personaggio farsesco, pronuncia a tratti affermazioni lucide e ragionevoli, mostrando un cinismo e una disillusione che tradiscono le amare riflessioni dello stesso autore, il quale approfitta delle occasioni comiche offerte dalla trama per introdurre in modo inaspettato un'aspra denuncia della società a lui contemporanea. Il 17 febbraio del 1673 Molière, che interpretava Argante, portò a termine la rappresentazione di questa commedia nonostante il suo grave stato di salute, morendo infine poche ore dopo a casa. Primo intermezzo Balletto Il primo intermezzo viene rappresentato da Pulcinella che è disperato perché sa che il suo grande amore per Tonina non è corrisposto. Decide quindi di farle una serenata. I violini però disturbano la sua scena d'amore, e c'è un duetto tra Pulcinella e i violini. Intervengono poi gli arcieri. Pulcinella li allontana con violenza. Gli arcieri, risentiti, lo vogliono imprigionare. Pulcinella si ribella. Allora, che paghi un'ammenda. Pulcinella non ha soldi. Allora, dovrà scegliere fra trenta sberle o dodici bastonate. Pulcinella sceglie le bastonate. Gli arcieri ballerini gli danno delle bastonate in cadenza. Alla fine danzano tutti. Secondo intermezzo Il secondo intermezzo viene rappresentato da Diversi Egiziani che, vestiti da Mori, fanno delle danze intrecciate da canzoni. Alla fine fanno danzare anche delle scimmie che hanno portato con loro. Terzo intermezzo: presa in giro della medicina Il terzo intermezzo viene rappresentato dalla cerimonia burlesca nella quale un uomo viene proclamato medico. Il coro è formato da otto porta clisteri, sei speziali, ventidue dottori. Otto chirurghi ballano e due cantano. I versi sono tutti in latino. Alla fine tutti i chirurghi e speziali vengono a fargli il saluto in cadenza. Poi tutti ballano, al suono degli strumenti e delle voci, delle battute di mano e dei mortai, quelli in genere usati degli speziali. Finale della commedia. La commedie ballet è un altro esempio di quanto importante fosse la danza Tappe:  Ballet royal de la nuit: simile alle corte europee  Academie royale: istituzionalizzazione  Volontà di creare un nuovo modo di intendere la commedia con danza drammaturgicamente inserita (grazie a Moliere che è regista ante litteram)  L’ultimo passo per rendere la danza una disciplina fondante è storicizzarla: per farlo chiede a Beauchamp di razionalizzare un sistema di scrittura della danza (segni con cui scrivere la danza accademica). “Coreograpie ou l’art d’ecrire la danse per caracteres, figures et signes demonstratifs” (Parigi 1700), lo stampatore, Roger Auger Feuillet (1660-1710) se ne appropria. Coreograpie ou l’art d’ecrire la danse per caracteres, figures et signes demonstratifs: Dedicato a Monsieur Pecor tavole che descrivono le posizioni accademiche e poi singoli passi e passi concatenati e partiture. Fu riconosciuta come opera basilare ma impossibile a mettere da mettere in pratica alla lettera per motivi contingenti (ballerino, spazio, tempo etc) La situazione della coreutica e della danza teatrale alla fine del Seicento Il 700 è il secolo illuminato e delle riforme (che mette in discussione e riprende in mano tutte le arti e le scienze). Dalla metà del 600 prendono campo le riflessioni che riformulano la danza, poi codificate nel 700. L’illuminismo ripensa in senso intellettuale l’arte che non deve servire solo esteticamente ma arricchire anche la mente. (riforma Gluck per il melodramma e Goldoni per il teatro). La danza rispetto al teatro e al melodramma non ha nulla di intellettuale e perciò si pensa di eliminarla. Pierre Rameau ci fa capire quanto fosse importante la danza e servisse per la postura "La danza regola tutti i movimenti del corpo e lo fa con sue giuste posizioni. Se non cancella tutti i difetti che abbiamo nell'essere nati, li ammorbidirà o li nasconderà”. Alla fine del 600 si afferma il genere dell’Operà ballet che prende molto dalla struttura del balletto di corte dove danza e musica hanno la meglio sulla parola poetica; Si può considerare una degenerazione della tragedie lyrique o dell’opera italiana perché viene tolta la parte drammaturgica quasi del tutto. Si basa sulle entrate collegate da un fil rouge ma sono a sé stanti. La prima fu “Le temple de la paix” (1685) di Lully con 6 entrate. Ma sarà Andrè Campra a portare a definitiva consacrazione questo genere con la sua “Europe Galante” (1713): intrattenimento leggero, temi bucolici e mitologici (non avevano bisogno di essere sviluppati perché personaggi erano noti), soggetti di indole fantastica ed esotica, scenografie maestose e danzatori virtuosi. L’esempio più significativo è “Les Indes Galantes” (1735) di Rameau con le scnografie di Servandoni (gli illuministi furono più clementi con questo spettacolo perché coerente, congruente narrativamente e a carattere esotico). La danza è l’elemento che rimane più impresso per la fisicità dei danzatori. Spettacoli puramente estetici. Incisione de les indes Galantes: allestimento grandioso, contesto esotico e presenza massiccia di personaggi in scena (ballerini e cantanti si presentavano uno a uno). C’è un allargamento del pubblico: infatti nel 1708 si presenta il primo spettacolo di danza aperta al pubblico e non sono alla corte e ai nobili con grande disgusto degli illuministi che considerano i gusti delle masse informi poco sofisticati (simil spettacolarità romana) Le critiche degli Illuministi L’evento spettacolare è in linea con la società in cui si esterna: vista la mentalità settecentesca è normale che ci sia l’esigenza di riformare la spettacolarità rendendola più intellettuale. A mortificare i valori espressivi della danza contribuivano i costumi, secondo il gusto dell’abbigliamento quotidiano (ballerine icone di stile) che impacciavano il danzatore. Accanto ad un virtuosismo coreutico si riscontrano le difficoltà nell’esecuzione dettate dal vestiario: donne con abiti ampi a paniere e tacchi alti (derivanti dalla danse noble), gli uomini, con il volto nascosto da una maschera, portavano parrucche spesso coperte da cappelli con piume e pantaloncini rigonfi, rigidi e con nastri. Ciò che contava era la ricchezza dell’ornamento che cozza con una pratica corporea quale la danza poiché ne impedisce i movimenti. Trionfa l’accademismo puro, portato al massimo grado di perfezione tecnica da alcuni danzatori: Antoine Bandieri di Laval, Marie Therese Subligny, Marieanne de Camargo e Marie Sallè. Il successo di queste generò enorme entusiasmo che sconfinò in eccessi tra le fazioni opposte (ex: Camargo apprezzata per le doti atletiche vs Sallè per l’intesità drammatica). Il divismo coreutico avrà massima espressione nell’800. Dall’inizio del 700 si praticano corse e salti; la Danse haute (ot): indicava qualsiasi danza in cui i piedi fossero sollevati, in modo distinto dalla bassa danza, in cui venivano tenuti vicino al pavimento. Si diffonde la tendenza a una necessità espressiva più drammatica del balletto. A Londra John Weaver (danza drammaturgica in senso autonomo come Hilrverding) cominciò ad eliminare le parole dagli spettacoli coreutici e dare importanza alla gestualità eloquente della danza. Creò il primo balletto senza parole nel 1717. Pubblicò tre libri, una traduzione della Coregraphie di Beauchamp, sviluppando un proprio sistema di notazione coreutica. Marie Anne de Cupis de Camargo (1710-1770) Il suo debutto con il Balletto dell'Opéra di Parigi risale al 5 maggio 1726, in Les Caracteres de la Danse di Jean Ballon, in cui si esibì, prima fra le donne, in un entrechat quatre (salto nel quale si intrecciano velocemente le gambe due volte in aria prima di atterrare passo maschile), che immediatamente la innalzò a regina delle scene. Ai suoi tempi è apparsa in 78 balletti o opere, sempre per la gioia del pubblico. Si ritirò nel 1751, all’apice della carriera ammirata da Voltaire e Casanova. Usò per prima una gonna più corta, a metà polpaccio e le scarpe senza tacco. Le danzatrici diventano punti di riferimento anche dal punto di vista sociale. Marie Sallè (1707 – Parigi, 27 luglio 1756) Antagonista della Camargo a causa del pubblico. Fu la prima danzatrice coreografa (simil dive nell’800), infranse la tradizione ballando a capelli sciolti e con una tunica simile a quella greca leggera invece degli stretti bustini e dei vestiti contemporanei. (necessità pratiche). Presentò Pygmalion nel 1734 al Drurylane e con Haendel fece Terpsichore. Le sue coreografie erano particolari per l’espressività (movimento specchio della psicologia del personaggio). La Sallè si ritirò nel 1740 ma eseguì 24 balletti realizzati esclusivamente per la corte francese (1745-1752). La riforma della danza nel Settecento Gli illuministi ritenevano che la danza o si riformava o la si cancellava perché non educativa. nel secolo successivo crescerà). Il successo di uno spettacolo suscita lo sdegno dei letterati: Goldoni e Metastasio che li ritiene i balli oggetto principale rispetto all’opera. La satira è una cartina di tornasole del buono stato di salute di un qualcosa: per esempio il “teatro alla moda” di Bnedetto Marcello (1720), musicista veneziano che sfotte il teatro d’opera (cantanti, musici e librettisti); anche ai ballerini viene fatta una critica sferzante (critica al repertorio e all’organizzazione: in un ballo di ragazzi si buttano dentro soggetti anagraficamente eterogenei). Nel 1720 non era ancora scoppiata la moda dei balli teatrali ed è per questo che ne parla poco. Goldoni critica al mondo del ballo teatrale 1738 San Samuele: “momolo cortesan” che esce nel 56’ con il nome di “uomo di mondo”. Contiene pagine di satira sulla danza. Nella trama ci interessano: la lavandaia Smeraldina senza soldi, il fratello Truffaldino e Momolo che propone a S. di diventare ballerina di teatro. Goldoni critica la faciloneria con cui ci si improvvisava ballerini. “Una volta si andava all’opera per sentir cantare, oggi per veder ballare”. Non gli consiglia di fare la cantante perché è oramai grande e non può imparare il mestiere, mentre per fare la ballerina basta avere buone maniere e bune disposizioni e che sia bella. Debutto dopo 3 o 4 mesi corrompendo un impresario. Per cantanti e ballerine si imitano gli abiti alla moda delle gentildonne (cuffia, nastri, nei, mantellina, andrienne con scollature ampie e vita stretta, gonne a crinolina, cornetta etc). Anche sul fratello che vivrà di riflesso viene fatta una satira. Momolo spiega cos’è un pas de deux e il pantomimo “SMER. Un padedù! Cossa xelo sto padedù? MOM. Un ballo figurà col compagno, con tutti i so passi che ghe vol, e col so bel pantomimo. SMER. E el pantomim? cossa vorlo dir? MOM. Le azion mute che se fa in te la introduzion del ballo, e anca in tel ballo istesso: cosse concertae tra l'omo e la donna, che za, per el più, da l'udienza no se capisse una maledetta.” Stessa scenografia ma contesti diversi dei ballerini (marinai, contadini). “In verità dasseno, me par de esser ballarina a st'ora; andarave stassera in teatro.” Caricature di Antonio Maria Zanetti (album 350 disegni fondazione Giorgio Cini a Venezia) La caricatura nasce a Bologna a fine 500 come scherzo nella bottega dei Carracci (fiaba di Andersen Re nudo). Le caricature sono un documento verità: più vere del vero. Nei disegno, Zanetti ritrae i personaggi più in vista del panorama musicale perché pieno di stravaganze. Il primo, per esempio ha a soggetto la cantante d’opera Margherita Saligola. Costumi eccentrici e accessori improbabili. Compaiono anche i ballerini dagli anni 30 del 700: ballerina francese (figure monocrome dunque il rosso sul viso è per accentuare i vezzi di questa), anche il gesto aperto delle braccia è caricaturale (Marie Sallè molto meno ridicola). L’apparenza conta più della sostanza. Un’altra ha come protagonista Giulietta (a confronto con Marie Sallè ). Antonio Campioni viene immortalato in un goffo aplombe che è sgraziato a causa della piuma enorme. La Parmeggiana ballerina, sembra una contadina ridicola. L’incomparabile madame S. George che era una diva del tempo (Padova, Torino e Venezia al San Samuele con gran del pubblico); Carlo Alberto di Baviera la elogia dicendo però che essa salta troppo alla maniera degli italiani (virtuosismo che si discosta dalla danse noble ed è reso nella caricatura dalla gonna a mezza gamba, le spalle scoperte e il tamburo). Verso il balletto romantico: Ciò che si era perso nella rivoluzione scientifica del 700, viene recuperato dai romantici. L’emotività doveva essere frutto di pensiero intellettuale nel 700. Nell’800 viene recuperato il virtuosismo in senso narrativo. Senza il recupero della drammaturgia coreutica la danza non sarebbe stata autonoma (non nella produzione fino a metà 800). Due nuclei: Francia e Russia. Salvatore Viganò si colloca nello sviluppo della riforma del 700, fu valente ballerino per espressività e acrobazie finché non iniziò a dedicarsi alla coreografia. Lo ricordiamo per l’ideazione di un balletto che recupera il corpo di ballo e lo rende protagonista (coreodrama). Inizia a ricucire l’elemento pantomimo al virtuosismo. Crea il “ballo epico” (situazioni epiche) con “I Titani”, dove il corpo di ballo è numeroso e disparato, la preparazione e la coreografia concorrono alla riuscita dello spettacolo. (Antonia Pallerini ballerina del corpo di ballo della scala). Carlo Blasis, ballerino che presto si dedica all’insegnamento, codifica la sua arte in tre trattati, il più importante: Traitè elementaire, theorique et pratique de l’art de la danse (1820) Con lui abbiamo il pieno recupero del virtuosismo. Blasis fu maestro di danza all'Imperial Regia Accademia di Ballo annessa al teatro alla Scala di Milano, istituzione che diresse dal 1837 al 1850. Al suo fianco, in qualità di vice-direttrice e maestra di mimo, la moglie Annunziata Ramaccini. Il suo insegnamento andava oltre la tecnica: egli sensibilizzava gli allievi alla necessità di conoscere le altre arti (pittura, scultura, musica, letteratura), per formare il danzatore soprattutto come uomo e come artista. (Già Angiolini reputa necessario che la musica debba essere creata appositamente per il balletto, anche se a noi sembra scontato non è così, infatti è nel 1841 che la musica viene creata per il balletto, prima si rimescolavano parti già esistenti). A lui si deve l'invenzione della posa del balletto classico chiamata "attitude", ispirata dalla statua del Mercurio del Giambologna (parallelismo tra arti). Blasis ha inoltre fissato le regole delle arabesque, dei tempi dell'adagio e degli enchainements (concatenazioni di passi), ha definito l’en dehors a 180 gradi e ha impostato la struttura della lezione di danza con gli esercizi alla sbarra, gli adagio, le pirouettes e gli allegro. Gli elementi degli esercizi alla sbarra sono stati tutti ideati da lui e la struttura della lezione da lui definita è rimasta la stessa per oltre un secolo e mezzo, arrivando inalterata fino ai giorni nostri. Punto di unione fra riforma del 700 e balletto romantico. Recupera le pose coreutiche dall’arte antica e le sue riproposizioni. La Fille Mal Gardée (J. Dauberval, 1789): analisi del balletto e delle tematiche pre-romantiche 1789 rivoluzione francese. È un antecedente del balletto romantico. Una pittura di Pierre Antoin Baudoin “una giovane fanciulla rimproverata dalla madre” stalla con madre che rimprovera la figlia, un uomo scappa. Il balletto fu presentato per la prima volta al Grand Théâtre di Bordeaux (Francia) il 1º luglio 1789. Balletto pantomimo in due atti e tre quadri “Balletto della paglia, non c’è che un soffio di vento tra bene e male”. J. Dauberval scrisse libretto e coreografia su canzoni e arie popolari di un musicista ignoto. Nel 1791, due anni dopo la prima rappresentazione del balletto, Dauberval andò a Londra per montare il lavoro per il balletto del King's Pantheon Theatre. Per l'occasione, Dauberval cambiò il titolo originale in quello che conosciamo oggi (La Fille mal gardée). (Anni 60 Sir Frederick Ashton Royal Ballet) Balletto pantomimo (danza narrativa) erede di Noverre. La vicenda è però tratta da argomenti contemporanei, non si può vedere sulla scena come protagonisti che i popolani perché siamo in piena rivoluzione. Si incentra su ambienti che riflettono il mondo, la scena è ricca di elementi popolari. Il primo atto si svolge in una stalla con balletto di galli e galline vere e non (rovesciamento dell’estetica finora rappresentante degli stati alti). Questo balletto pantomimico recupera il virtuosismo in senso narrativo anche se la pantomima prevale. Anticipa il recupero della tradizione popolare (tema caro ai romantici), i colori della fille sono sgargianti (popolo idealizzato) come nel primo atto del balletto romantico. L’elemento naturale (Temporale) è fondamentale per la compartecipazione tra uomo e natura. Solo un ricco borghese è presente nella vicenda che la madre vorrebbe sposasse Lise. Matrimonio impedito che alla fine trionfa. Il ruolo di Maman Simon è en travestie ed è un attore dal ruolo mimico più importante. Attrezzi di scena e attività realistiche (lisa fa il burro). Momenti principali: 1. Banza dei galli 2. Pas de ruban ( gli innamorati danzano uniti da un nastro) 3. Variazioni di Lise 4. Fanny Esler introduce variazioni 5. Danza degli zoccoli (Ashton per il Royal Ballet) Verso il balletto espressivo: il virtuosismo e la nuova tecnica della danza sulle punte Il balletto parigino diventerà un modello che favorirà anche la censura e poi un modello da essere superato. Il balletto romantico francese prima di essere codificato passa anche per un’altra tappa: Il Ballet des Nonnes in Robert le Diable di Mayerbeer (1831): il debutto della nuova tecnica sulla scena. Una Grand operà (sezioni coreutiche enormi) in 5 atti, libretto Scribe, scene Cicerì. Operà di Parigi, 21 novembre 1831. Interpreti: Adolphe Nourrit (Robert duca di Normandia) Atto terzo: Balles des Nonnes con coreografia di Filippo Taglioni e interprete Maria Taglioni (il tenore evoca l’uscita delle monache dalle bare). Sconvolse il pubblico. Ambientazione gotica e surreale, monache bianche in contrasto con la scena scura. Maria esegue una danza aerea facilitata dalla veste e dalle punte simil Camargo. Donna con movimento aeroso (Guglielmo Ebreo). Anche Nourrit rimase estasiato alla prima e dice a Filippo di creare un balletto autonomo riferibile a questa tipologia coreutica. Degas ce lo ritrae con un’istantanea. Filippo Taglioni, coreografo e impresario. Maria Taglioni, la prima étoile romantica e il perfezionamento del virtuosismo espressivo Figlia di un coreografo, fu allenata fin da piccola tanto che danza sulle punte (associata a lei), tra le sue rivali Funny Essler che era specializzata in una danza ter a ter. Maria Taglioni fu la prima diva che incarnò il femmineo etereo che si muove con una leggiadria propria del mondo immateriale. La danzatrice diventa il centro della rappresentazione a discapito degli uomini che aiutano sia coreuticamente che drammaturgicamente la protagonista. Nasce dunque un balletto, sul modello del ballet de nonnes per cui Nourrit scrive il libretto, che codifica il genere del balletto romantico La Sylphide Titolo originale: La Sylphide Debutto: 12 Marzo 1832, Operà di Parigi Librettista: A. Mourrit amici, che cercano di distoglierlo e portarlo via. A un tratto i giovani percepiscono intorno a loro una presenza irreale e, spaventati, fuggono. Entrano in scena Myrtha, l'implacabile regina delle Villi, e le sue discepole. Giselle, evocata dalla sua tomba e accolta da Myrtha e dalle creature soprannaturali, danza con esse. Hilarion è intanto inseguito dalle Villi, che lo costringono a danzare fino alla morte. Albrecht arriva disperato alla ricerca della tomba di Giselle; il fantasma della ragazza appare davanti a lui e gli ricorda il funesto presagio della margherita, il fiore cui avevano affidato il destino del loro amore. Egli implora il suo perdono, ma Myrtha raduna a sé tutte le sue discepole costringendo Albrecht a danzare. L'intento è quello di punire il giovane per il suo tradimento d'amore e farlo morire per sfinimento. Giselle supplica inutilmente Myrtha di risparmiarlo. Quindi inizia a proteggerlo, sorreggendolo e danzando con lui per tutta la notte. Alle prime luci dell'alba le Villi sono costrette a svanire, Albrecht è salvo grazie all'amore di Giselle che, non appartenendo più alle Villi, torna per il riposo eterno nella sua tomba. Ai piedi della sepoltura rimane il giovane principe, solo e affranto dal dolore. Chi soffre di più è chi rimane in terrà, Giselle è l’apoteosi del romanticismo. Giselle è alata. La complessità di questo balletto sta nel ruolo della protagonista. Molto sviluppata a livello psicologico e cambia totalmente tra un atto a l’altro. Nel primo è solare e normale (ter a ter) nel secondo è una creatura sofferente e sovrannaturale. Il virtuosismo del secondo atto non deve essere eccessivo ma leggerro trattenuto (sospeso). La scena della pazzia è il momento di trapasso tra il primo personaggio e il secondo. Giselle è il balletto classico per eccellenza, fonte di ispirazione per altri coreografi che si opporranno all’Operà di Parigi prendendo Giselle come esempio. La riforma del balletto romantico Dal 1841 all’opera si susseguono moltissimi balletti con ballerine che emulano lo stile della Taglioni. La struttura del balletto romantico è quella ma molti rilevano dei punti critici tra cui: la predominanza del ruolo femminile. Molti furono i ballerini che si ribellarono. Anni 70 800 fallisce il balletto romantico francese. Uno degli ultimi balletti romantici: Coppelia 1870 ou la Fille aux Yeux d'Email (Coppélia o La ragazza dagli occhi di smalto) è un balletto pantomimico in due atti e tre scene, coreografia originale di Arthur Saint-Léon su musica composta da Léo Delibes. Il libretto di Charles Nuitter e Arthur Saint-Léon è ispirato al primo racconto dei Notturni di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, Der Sandmann (L'uomo della sabbia), pubblicato nel 1815. È l'ultima creazione di Saint-Léon, morto tre mesi dopo la prima rappresentazione. Dopo la prima scomparve dalle scene a causa dell’assetto politico e della morte, causa vaiolo, della protagonista. La struttura nei due atti viene modificata: atto realistico folkloriko, atto soprannaturale ambientato nella casa di un inventore (automi). Rispecchia le caratteristiche ma è innovativo. Auguste Bournonville (1805-1879) Figlio di un coreografo molto importante. Figlio di Antoine Bournonville (danzatore e coreografo francese esiliato a Stoccolma nel 1792 e poi a Copenaghen), August Bournonville studiò al Balletto Reale Danese, sotto la direzione di suo padre. Si unì alla compagnia del Royal Danish Ballet all'età di 15 anni. Vinse una borsa di studio e quindi poté perfezionare la sua formazione a Parigi con Pierre Gardel e Auguste Vestris, dal 1824 al 1830. Nel 1834 vede la Taglioni nella Silphide con la sua compagna, la ballerina danese Lucil Grahm. Tornato in Danimarca vuole riproporre la Silphide in Danimarca ma visto il rifiuto di Parigi la ripropone in una variazione scompaginata.  Contrariamente alla tendenza del balletto romantico dell'epoca, Bournonville non mette in secondo piano la danza maschile ma dà al ballerino la stessa importanza della ballerina. Questa scelta, sia sociale che estetica, è ancor oggi percepibile: la scuola danese ha fama di formare grandi interpreti maschili. Lo stile Bournonville è rimasto pressoché intatto fino ai giorni nostri ed è considerato il vero discendente dello stile francese dell'Ottocento.  Tra le principali caratteristiche di questo stile vi è il veloce lavoro dei piedi e l'elevazione (Lucil Grahm, che rimase con lui finché non andò in Francia, fu conosciuta per il suo stile ter a ter). Questo dovuto al fatto che in Danimarca i palcoscenici erano molto piccoli e il coreografo sviluppò al massimo il salto verso l'alto e i cambi di direzione veloci ed improvvisi.  Molto importante il lavoro sulla mezza punta a volte più importante che quello in punta, contrariamente alle mode del periodo romantico. Colui che più di tutti si allontana dalle caratteristiche del balletto romantico è Marius Petipa (fino a poco fa considerato l’esponente del rinascimento del romanticismo francese in Russia), fu invece un grande innovatore che lascia Parigi per razionalizzare la sua idea di balletto autonomo in Russia. Il tentativo della Russia di eguagliare le corti europee è perfetto per questo cambiare lo stato del balletto francese. Biografia: Coreografo e maitre al ballet al Grand Theatre di Marsiglia La madre Victorine Grasseau è un’attrice drammatica molto in vista ed il padre un coreografo, tanto che Petipa fin da piccolo solcò i palcoscenici. Fu a Madrid, Marsiglia, Parigi dove si scontra con le rigide regole dell’Opera. Nel 1847 va a Pietroburgo al Bolshoi, nel 1849 il maitre de ballet del Bolshoi è Perrot (Giselle Carlotta Grisi), con lui sviluppa la questione dell’espressività della danza e con Saint Leon (Coppelia) dal 1860. Nel 1862 mette in scena la Fille du Pharaon, delegato da assistente di Saint Leon ormai vecchio. Inaugura l’idea della coreutica di Petipa che da quel momento diventa secondo maitre de ballet. Nel 1863 Le Corsaire, si riallaccia alle idee di Viganò che recupera l’idea di corpo di ballo (coreodrama) dall’ambientazione esotica. 1869 diventa primo maitre de ballet. 1877 La Bayadere si concentra sull’ambientazione esotica (4 atti e 7 scene) con Caterina Vazem. Nel 1881 lo Zar Alessandro III nomina come direttore dei teatri imperiali Ivan Vsevolozhsky che sposta il balletto al teatro Marinsky e abolisce il ruolo del maitre de musique fisso per i balletti che produceva dei balletti fotocopia tanto che collaborerà con Čajkovskij. La riforma di Petipa: - Riabilitazione del ruolo del danzatore: il balletto deve avere un coprotagonista che dilati la struttura per far diventare il balletto autonomo. - Rendere il balletto un genere autonomo, dal punto di vista rappresentativo: sviluppare la drammaturgia con l’aumento dei protagonisti e del numero degli atti. Creazione di coprotagonisti che si intreccino con quelle del protagonista. (corpo di ballo). - Sviluppo del pas de deux: per aumentare la capacità drammaturgiche. La figura maschile era di supporto, Petipa la rende un momento di coppia vero e proprio ed entrambi hanno un momento di assolo. Diventa un momento di rivalità coreutica sulla scena. Il passo a due si conclude con i due che si esibiscono insieme. - Importanza del corpo di ballo La Bayadère La Bayadere (La danzatrice del tempio) (in russo Баядерка - Bayaderka) è un balletto in 4 atti e 7 scene con apoteosi, la coreografia è di Marius Petipa, la musica è di Ludwig Minkus. Il libretto è di Serghei Khudekov. (Spesso Petipa scrive anche i libretti) La prima rappresentazione avvenne a San Pietroburgo, Russia, presso il Teatro Imperiale Bolshoi Kamenny il 23 gennaio per il calendario giuliano (o il 5 febbraio per il calendario gregoriano) del 1877. In quell'occasione, la ballerina Ekaterina Vazem danzò nella parte di Nikya Lev Ivanov era il Rajah. Le scene sono delegate a diversi artisti. Ebbe molto successo, fu riproposta agli inizi del 900 e poi in occidente sparì. Fu ripresa nel 1961 ad opera di Rudolf Nureyev a Parigi, ripropose infatti un assolo “ il regno delle ombre” (Ballet Blanch). La ripropose intera nel 1963 per il Royal Ballet. Rivisita e riassesta molti balletti di Petipa tanto che gli allestimenti contemporanei si basano sulle sue riprese. Nel 1992 riprese totalmente la Bayadedere nella versione originale con tanto di partiture di Mincus se non per l’apoteosi finale (4 atti e 7 scene meno che l’apoteosi) a Parigi. Muore l’anno successivo vittima dell’aids. Dopo l’eliminazione del maitre de musique Petipa si rivolge a Čajkovskij, compositore già affermato in patria. La bella addormentata nel bosco Prende vita per iniziativa di Vsevoloskij, tramite tra la Francia e la Russia, che sceglie un’ambientazione fiabesca francese come omaggio a Luigi XIV e a Perrault. Anche se la versione che viene proposta è quella dei fratelli Grimm. Ha la forma canonica del balletto di fate (fiabesco): 1 prologo, 3 atti e un’apoteosi. (spettacolo autonomo). La bella addormentata è il secondo, dei tre balletti di Pëtr Il'ič Čajkovskij. Il libretto fu scritto interamente dal principe e sovrintendente dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo, Ivan Vsevoložskij, la coreografia venne affidata a Marius Petipa. La prima rappresentazione ebbe luogo il 15 gennaio 1890 presso il Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, Russia: il successo fu immediato. Nasce come fiaba di Natale. Avrebbero voluto Virginia Zucchi, alla quale fu sostituita Carlotta Brianza, perché non era in Russia. Scene e costumi di Leon Bakst per la ripresa del 1920. Nel prologo si espone la maledizione di Carabosse Enrico Cecchetti en travestie [fondatore del metodo Cecchetti] (A 16 anni muore); la fata del Lillà risolve la situazione alleggerendo la maledizione con il bacio del vero amore. Nel primo atto vediamo il compleanno di Aurora dove si esprime il virtuosismo (Ballo della rosa), la ballerina passa da un contendente all’altro rimanendo sulle punte (Petipa esalta il virtuosismo espressivo), Aurora è corteggiata da 4 contendenti e cerca di scegliere. Nel secondo atto ci si concentra sulla visione del principe Desiree che deve dare il bacio del vero amore ad Aurora. È un atto soprannaturale anche se in tutto il balletto ci sono le fate. La fata del Lillà tanta di convincerlo con delle visioni (passi a due). La fata si presenta nelle vesti di Atena, dea della saggezza. Nel terzo atto, più lussuoso e magnificente anche dal punto di vista delle scene, vede il matrimonio che dovrebbe essere ambientato a Versailles (lo vediamo anche dai costumi). Vsevoloshkij prevede una sfilata dei personaggi delle fiabe che rendono omaggio agli sposi (alla cultura francese). Molte possibilità dal punto di vista musicale. Nell’ Apoteosi intitolata Elios scende dalle nuvole il dio del sole (Ballet Royal de nuict), dunque un omaggio alla Francia patria della danza. Uno dei personaggi più importanti è la fata del Lillà (fiore della saggezza nella tradizione russa) che viene interpretata da Marie Petipa, figlia di Marius. Ebbe molto successo a corte per la realizzazione scenica e la musica. Unioni di tre artisti come nel 700: Petipa, Vsevoloshkij e Čajkovskij [lettere tra Petipa e Cajkovskij: vediamo un Cajkovskij entusiasta del balletto, e un Petipa artista a tutto tondo simil Angiolini che aveva le idee chiare sul da farsi.] c. Codificazione della Genevieve Stebbins che lo americanizza “leggi di corrispondenza”, corpo come entità unitaria al centro della riflessione coreutica “fonte del movimento” da cui viene emanato ogni gesto che è il diaframma (Isadora nel plesso solare, Martha Grahm nell’osso pelvico). Le pioniere della modern dance: Loie Fuller, Isadora Duncan, Ruth St. Denis Le pioniere della modern dance sono tutte americane. Si formano in un clima che pone al centro dell’educazione l’addestramento del corpo in virtù dell’intima relazione con l’anima. Il Delsartismo della Stebbins deriva una rivoluzione anche nell’abbigliamento: si guarda al mondo greco e orientale. Le vesti evanescenti e leggere sono perfetta riproposizione estetica del delsartismo. (suscitano riflessione sull’emancipazione della donna). In America non si riesce ad integrare il balletto classico romantico (solo con Balanchine, allievo di Diaghilev si afferma), e la cultura americana cerca di acquisire la spettacolarità europea né a variarla per renderla autoctona; ciò accadrà per il musical che è di importazione europea. Lo spettacolo autoctono è multiforme (contenitore di attrazione con generi diversi: musical comedy, operetta francese etc): non identità spettacolare. Loie Fuller (1862-1928): fu la prima e la più distaccata dalle altre e modello di queste. Fonda l’idea della performing art. Nasce a Chicago e non si forma in accademia ma da autodidatta. Nel 1892 va a cercar fortuna in Europa. Scritturata dal 1892 alle Folies Bergère, riscosse enorme successo e fu immediatamente ricercata e ritratta dagli artisti dell'epoca. Opera una riflessione sulla veste che deve essere un tutt’uno con il corpo e potenziarne le capacità (usa un’appendice lignea rigida da attaccare alla schiena per ampliare le braccia: ripreso dal circo); Sperimenta molto anche con l’illuminotecnica per quanto riguarda l’incidenza della luce sulla veste. Brevetta la sua tipologia di danza (definita Serpentine Dance), una sua allieva la propone anche ai fratelli Lumiere. Isadora Duncan (1877-1927) Nata a San Francisco si avvicina all’arte e alla danza accademica che però rifiuta formandosi poi da autodidatta. Le sue prime esibizioni si svolsero negli Stati Uniti alla fine dell'Ottocento, ma non furono molto apprezzate. Nel 1898 seguendo le orme della Fuller va in Europa: Londra, Parigi e Berlino (guarda all’arte antica). In Francia e Russia cerca di fondare delle scuole senza riuscirci perché non ha un metodo preciso (movimento libero e liberazione interiore femminismo). Fu artefice di una radicale rottura nei confronti della danza accademica: abolì nei propri spettacoli le scarpette da punta, che considerava innaturali, e gli artificiosi costumi indossati dalle ballerine del XIX secolo, preferendo indossare abiti semplici e leggeri, che ricordavano il peplo dell'antica Grecia, e danzando a piedi nudi. Scelte che si coniugavano con l'esigenza di favorire la libertà e l'espressività dei movimenti. Diventa un’icona di stile. La Duncan desiderava fortemente creare la danza del futuro ispirandosi alla plasticità dell'arte greca, basandosi sul sentimento e sulla passione dettati dalla natura e dalla forza della musica. La sua importanza nella storia della danza è grande, sia per l'interesse che seppe suscitare nelle platee di tutto il mondo, sia perché le sue idee furono rivoluzionarie per la sua epoca e costituirono per i suoi successori l'impulso per la creazione di nuove tecniche diverse da quella accademica e per una nuova concezione della danza teatrale. Mitico stato di armonia naturale da recuperare. I movimenti del corpo devono scaturire dalla presa di coscienza interiore che è possibile eliminando le costrizioni che mortificano il corpo femminile deformandolo; la veste deve favorire il movimento e non costringerlo. Anche il piede deve essere liberato. Corpo nudo, scalzo sulla scena che asseconda l’interiorità (Danza basso medievale e neoplatonismo). Il centro propulsore del movimento è nel plesso solare da cui si dipana un flusso che genera un movimento armonioso. Anche la compagnia dei Balletti Russi di Sergej Djaghilev ne fu influenzata notevolmente. Sergej Djagilev e Mikhail Fokin la videro ballare per la prima volta a Pietroburgo nel 1905 e ne rimasero molto colpiti. In seguito tornò in Russia per aprire una scuola di danza a Mosca su invito di Lenin senza successo. Ruth St. Denis (1879-1968) è colei che permette la trasmissione della modern dance nonostante sembri più antica. La modern dance diventa una scuola con lei. Riesce a distaccarsi in modo consapevole dalla danza perché ha avuto una formazione accademica. Viene educata dalla madre che la educa con principi scientisti: distinzione tra dimensione carnale e spirituale che supererà nella sua creazione artistica: delega alla danza la possibilità di sanare tale divario. Frequenta la scuola di Marietta Bonfanti, allieva di Blasis, ma si avvicina ai principi della Stebbins praticando la ginnastica armonica. Inizia la carriera esibendosi nel music hall (Davi Belasco che la porta a Parigi in tournee nel 900 e viene a contatto con le danze orientali nell’esposizione universale), anche le danze illusionistiche di Loie Fuller la colpiscono molto. Nel 1906 rientra in Usa e crea la coreografia rada (danza dei 5 sensi) con cui fa rivivere una dea indiana. Movimenti continui e vorticosi, una danza terrena intesa come rituale: danza come comunicazione con il divino (corpo esternazione della divinità). Vengono definite danze religiose. Fu accolta bene sia a Parigi che a Berlino. Nel 1913 incontra Ted Shawn con il quale nel 1914 fondò a Los Angeles la scuola Denishawn School il cui nome nacque dalla fusione dei loro cognomi. Qui si formano Matha Grahm e Dores Humpry. È una scuola laboratorio dove si insegna la danza accademica e il suo superamento. È la madre di una nuova scuola coreutica che si affianca a quella classica portata in Usa da Balanchine. La codificazione definitiva della modern dance: Martha Graham (1884-1991) Allieva della St.Denis, è considerata la madre della modern dance. Nel 1911, dopo aver assistito a una rappresentazione teatrale di Ruth St. Denis, Martha decise di scegliere la danza come professione. Ella avvertì che quel momento avrebbe segnato il suo futuro, come ebbe modo di raccontare in seguito. Dal 1913 al 1920 studiò danza e teatro; nel 1916 entrò nella Denishawn. Nel 1923 lasciò la Denishawn School. Si definisce come un’elaboratrice del metodo appreso, rielaborandolo, sviluppa un nuovo linguaggio di liberazione del corpo e del suo rapporto con la veste ispirata da Loei Fuller. La sua danza scaturisce dai ritmi vitali del battito cardiaco, del respiro etc. è una danza anti-descrittiva che rappresenta la pulsione interiore ed elimina ogni forma di pantomima, ogni azione ha una ragione. Debuttò a New York il 18 aprile 1926 con svariate coreografie di propria creazione, su composizioni di Alexander Scriabin, Claude Debussy, Erik Satie, Maurice Ravel, e Louis Horst. Nel 1927 aprì la Martha Graham School of Contemporary Dance. Dapprima molte sue coreografie erano legate a tematiche sociali (Immigrant, Revolt) o di ispirazione orientale. Nel 1930 crea Lamentation con la massima riflessione sulla veste. Esamina il razzismo, la costrizione della donna nella sua arte in linea con i temi contemporanei. È autrice di scritti e memorie. Abbandona le scene negli anni ’60 ma continua a insegnare. La sua autobiografia “Blood memory” del 1991 ha influenzato le generazioni future. La prosecuzione del balletto classico nel Novecento: il neoclassicismo dei Ballets Russes La stagione dei Ballets Russes durò 20 anni. Non vollero mai essere ripresi in video per mantenere un evento unico, abbiamo foto statiche per la propaganda (strategia impresariale) La figura di Sergej Diaghilev Fu un artista eclettico ed impresario che creò una compagnia per esportare la cultura della danza russa (Petipa e Cecchetti) in Europa, un’opera di propaganda e diffusione. Coadiuvato dai pittori Benois e Baxt,con cui fonda la rivista “il mondo dell’arte” nel 1899, inventa questa compagnia autoctona (coreografi e ballerini russi) che non ha peso in Russia ma in Francia diventa un fenomeno enorme. La compagnia manterrà intatti i tratti del romanticismo, facendoli però dialogare con il contesto in cui sono inseriti. Uno degli ultimi coreografi di Diaghilev Balanchine esporterà il balletto classico in Usa, affiancandolo alla modern dance. I principali coreografi della compagnia: Fokine, Nijinskij, Massine, Balanchine. Michail Fokine (1880-1942) Formatosi presso la scuola dei teatri imperiali, fu anche coreografo e crebbe nel clima del “mondo dell’arte”. Fu estimatore di Isadora Duncan e Stanislavskij di cui si percepisce l’influenza fin dai primi balletti: con Aci a Galatea del 1904 propone una riforma del balletto accademico che si consolida con i Ballets russes (innovazione del metodo accademico che dialoga con la modernità = neoclassicismo). Le sue teorie culminarono in una famosa lettera che inviò al quotidiano The Times di Londra nel 1914 in cui enunciava i cinque punti sui quali doveva poggiare il balletto classico del Novecento: 1. Creare nuovi passi che fossero corrispondenti al soggetto trattato e non passi stereotipati. 2. Il mimo e la danza dovevano servire all'azione drammatica e non essere usati come semplice divertissement all'interno di una pantomima. 3. L'uso dei gesti solo quando richiesto espressamente dallo stile del balletto. 4. Il corpo di ballo doveva essere espressivo nella sua interezza e non un semplice ornamento. 5. Unione della danza con le altre arti, a un livello paritario. In questi cinque principi si ritrovano sia quei valori di drammaticità e teatralità raggiunti dal balletto moderno sia le basi per un contatto proficuo tra la tradizione ballettistica russa e l'arte e la letteratura, francese in particolare ed europea in generale. Unitosi ai Balletti russi di Sergej Djagilev nel 1909 come primo ballerino e principale coreografo ci rimase fino al 1912 e costituì con Anna Pavlova una coppia di solisti di fama mondiale. Ritornò in Russia e vi restò per due anni per poi partecipare alla stagione londinese di Diagilev nel 1914. A causa delle preferenze di Djagilev per il ballerino e coreografo Vaclav Nižinskij, Fokine lasciò i Ballets Russes. Tra i suoi successi: Le Pavillon d'Armide, Sylphide e il principe Igor dove sono contenute le danze polovesiane. Il balletto romantico inteso come rivelazione di un mondo esotico è accolto da Fokine che lo porta nella compagnia dando vita a: l’uccello di fuoco che segna l’inizio della collaborazione con Diaghilev e Stravinskij; oltre a questo Sherazade (3 atti sul poema sinfonico di Korsakov) Vaslav Nijinskij (1889-1950) Fu colui che rese indipendente dai teatri imperiali la compagnia nel 1911. Fu protagonista di Petruska, L’apres midi d’ un faune (ripresa da Nurayev che ricalca scenografia e atteggiamenti) e lo Spectre de rose. Aveva capacità espressive fuori dal normale (gesto totale). L'Après-midi d'un faune,con lo stesso Nižinskij nella parte del fauno, ed eseguito per la prima volta a Parigi il 29 maggio 1912. La messa in scena ricorda un dipinto di un antico vaso greco, con i danzatori che spesso attraversano il palcoscenico di profilo, come un bassorilievo: si svolge solamente in un atto. La musica si basa sul Prélude à l'après-midi d'un faune di Claude Debussy e la scenografia originale è di Léon Bakst; lo spartito e il balletto sono entrambi ispirati dalla famosa poesia omonima di Stéphane Mallarmé. (Carica erotica). Jeux (1913) su musica di Claude Debussy che solleva una querelle tra il pubblico perché scardina le posizioni accademiche inserendo le posizioni del tennis (contamina la danza accademica) , e La sagra della primavera su musica di Stravinskij (1913) che segna un punto di svolta non solo per laa danza ma anche per
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