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Appunti Storia ed Estetica del Cinema Magistrale - Simonigh, Appunti di Estetica del Cinema

Appunti completi del corso di Storia ed Estetica del cinema Magistrale

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 06/07/2019

TabathaBasagni
TabathaBasagni 🇮🇹

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Scarica Appunti Storia ed Estetica del Cinema Magistrale - Simonigh e più Appunti in PDF di Estetica del Cinema solo su Docsity! STORIA ED ESTETICA DEL CINEMA Prof. Chiara Simonigh Anno accademico 2017/2018 28 dicembre 1895 data convenzionale della nascita del cinema, con la prima proiezione di un film a cura dei fratelli Lumière. I film erano composti da immagini statiche fatte scorrere in modo da creare l’illusione del movimento. 24 immagini per secondo. L’illusione del movimento ha una forte impressione di realtà, di realismo, si riesce quasi a fare una copia della realtà. Questo forte realismo fa si che il cinema sia usato per rappresentare scene di vita quotidiana; il treno che arriva in stazione, pasto di un neonato, operaie che escono dalle fabbriche Lumière. Non interessa fare spettacolo bensì documentare la realtà, concepiscono il cinema come strumento scientifico. I fratelli Lumière sono ingegneri ottici, come il padre che intravide dei limiti e disse che il cinematografo non avrebbe avuto futuro. Il rapporto dell’uomo con la realtà cambia, si viene a conoscenza di fatti, di cose che fino a quel momento non erano conosciuti. 1916 Berson si rende conto dell’importanza della documentazione storica e dell’ampliamento di conoscenza che si può avere grazie al cinema. La novità non è soltanto questa, si aggiungono quelle possibilità che l’immagine dinamica e audiovisiva hanno introdotto con il loro sviluppo e diffusione ossia il passaggio da una cultura logocentrica/verbocentrica incentrata sulla trasmissione orale e poi scritta del sapere (si pensi ai monaci amanuensi e poi Gutenberg) a una cultura visuale/visiva incentrata sui media visivi. Nascita della televisione negli anni 30 del 900, la diffusione negli anni 50 e poi internet. La nascita di media visuali, diffusione e incremento hanno avuto una funzione fondamentale quella di diffondere un immenso numero di immagini (non ci sono precedenti nella storia dell’umanità) cultura dell’immagine, dello spettacolo. Una cultura è un insieme di conoscenze, idee, principi, regole che oggi vengono per lo più trasmessi attraverso l’immagine. Invece il sistema educativo difficilmente ci prepara per rapportarci a questa cultura. In Italia si parla di analfabetismo mediatico e iconico benché ci siano generazioni nate con le immagini. • 7 ore e mezzo al giorno davanti a degli schermi in Europa. Contenuti iconici per la maggior parte. Abbiamo un rapporto diverso con la realtà, non percepiamo più il mondo come diretto questa è la vera grande novità. Non è più senza mediazione, c’è uno strumento che si interpone tra me e la realtà. Il rapporto che si ha con la realtà è MEDIATO. Disposizione ad avere il corpo in un luogo e la mente sullo schermo che conduce altrove. • 4 ore davanti alla TV in Italia Lo schermo della TV ci mostra per lo più immagini, le parole sono poche. La diffusione di altri schermi non ha soppiantato un medium antecedente come la tv. Orkleimer e Adorno concetto di cultura industriale, poiché la cultura è diventata oggetto di marketing, statistica. • 400 mila immagini ogni giorno, nel medioevo 40 immagini in tutta la vita CAMBIAMENTO RADICALE NEL MODO DI RAPPORTARCI ALLA REALTÀ Il fatto che si abbia familiarità e rapidità di comprensione dell’audiovisivo non significa che: 1. non sia culturalmente appreso 2. sia un medium più semplice di altri – si apprende come le lingue, è complesso, è la nostra familiarità che ce lo fa apparire semplice; siamo però inconsapevoli dell’utilizzo delle immagini. Ci impedisce di avere la conoscenza di discernere cosa è dannoso e cosa non lo è, siamo noi spettatori che orientiamo il mercato, siamo costantemente monitorati da chi produce. 3. vi sia consapevolezza della sua complessità 4. si sia in grado di gestire quella complessità (limiti e potenzialità) Il ritardo nello studio della cultura visuale in Europa lo dobbiamo anche a Platone che ha etichettato la cultura visuale come fallace. C’è poi un ritardo dell’Italia rispetto ad altri paesi europei a causa di pregiudizi. Il linguaggio visivo, come le lingue di Esopo può darci sia il meglio che il peggio, dipende da come usiamo questi mezzi e ciò dipende anche da quanto li conosciamo; più li conosciamo e più ci daranno il meglio. Dipende da noi che li usiamo sia come spettatori che come PRODUTTORI questa è la novità! Dunque la nostra responsabilità raddoppia UK, Francia, Spagna, Olanda, Norvegia, Svezia hanno materie umanistiche ed educazione civica che comprendono insegnamenti sulla cultura mediatica e sull’alfabetizzazione iconica. Lazlo Moholy Nagy e Bela Balazs ungheresi, Epstein francese studiosi. 36 I contenuti che circolano nei nostri smartphone sono gli stessi che circolano in tv. Si distinguono format di carattere formativo e di carattere evasivo; i primi sono telegiornali, informazione e i secondi sono fiction, serie, cartoon. I diversi format circolano indifferentemente sia su internet che in tv, questa circolazione determina delle relazioni tra questi media. Sulla categoria delle informazioni, molte ci arrivano dalla rete e non da fonti ufficiali e queste informazioni entrano nei notiziari televisivi. Le info circolano prima su internet e poi sui telegiornali e sulla carta stampata. Questo passaggio determina la transmedialità, cioè il passaggio di uno stesso contenuto attraverso diversi media. Multimedialità significa avere a disposizioni diversi media, per esempio in uno smartphone posso avere immagini, parole, audio; è una definizione generica. Transmedialità evidenzia un fenomeno di circolazione di contenuti da un medium all’altro (da un libro poi film, serie tv) Intermedialità si sofferma sui confini tra un medium e l’altro, nel passaggio da un medium all’altro uno stesso contenuto si trasforma; se da un libro si fa un film il tema rimane lo stesso ma il modo in cui se ne parla cambia. Ogni medium non è mai un elemento neutro, ognuno ha delle caratteristiche peculiari che determinano la necessità di trasformare uno stesso contenuto, in modo che sia espresso nelle forme più opportune tipiche di quel medium. LE NOZIONI DI CIVILTÀ E CULTURA • CIVILTÀ: tecniche, oggetti, abilità, pratiche, modi e generi di vita (i costumi sociali, le abitudini, ecc.) fondati sull’uso di strumenti. La nozione di civiltà tradizionalmente indica tutto ciò che è universalizzabile. Pensando ai vari strumenti di cui l’umanità si è dotata es forchetta, non sono peculiari di una civiltà ma si possono diffondere perché si può apprendere l’uso di quello strumento. Questa diffusione ha delle conseguenze diversa a seconda se ci si riferisca ad uno strumento come la forchetta o come il cinema, la televisione; cambia il grado di complessità, cambiano le conseguenze sulle civiltà che fanno uso di quello strumento perché non è più un oggetto inerte ma un medium che contiene altri media culturali sono conseguenze di enorme portata. • CULTURA: sistema strutturato di: saperi, credenze, idee, principi, valori, paradigmi, miti, simboli, regole, norme, divieti, strategie. Conoscenza non-razionale (MYTHOS) e conoscenza razionale (LOGOS). La nozione di cultura tradizionalmente indica tutto ciò che NON è universalizzabile e che è perciò singolare e originale, ossia specifico di un determinato gruppo sociale (popolo, nazione, etnia, ecc.). La prima differenza che notiamo è tra ciò che è concreto e tangibile che fa parte della civiltà, rispetto a ciò che è astratto facente parte della cultura. La dimensione del pensiero è divisibile tra conoscenza non razionale e conoscenza razionale. 7 febbraio 2018 I media che hanno un contenuto culturale mettono in discussione le nozioni tradizionali di civiltà e cultura. Con l’avvento della modernità storica (non modernità estetica), la scoperta delle Americhe, viaggi di esplorazioni, nascita delle banche e del commercio. Il seguente processo di colonizzazione che ne segue favoriscono delle interazioni tra popoli, civiltà e etnie diverse; queste interazioni assumono le forme dell’incontro e dello scontro ma comportano anche degli scambi di oggetti, di tecniche e conseguentemente anche delle contaminazioni tra culture e talvolta dei veri e propri sincretismi culturali (europeizzazione). Qualcosa di analogo alla contaminazione e di europeizzazione prima e occidentalizzazione poi (quando intervengono anche gli USA) si è avuto con la diffusione di massa dei media, ciò determina un processo culturale attraverso cui si diffondono saperi, credenze, idee, principi, ecc… che erano peculiari della cultura europea in primis e poi della cultura statunitense e che iniziano a diffondersi in tutto il mondo che diventerà globalizzazione del mondo. Non è solo la diffusione della cultura dominante, ma ci sono anche elementi di apporto delle altre culture a quella dominante, si pensi alla tradizione musicale dell’africa. Si determinano anche nell’ambito dei media delle ibridazioni, dei sincretismi e i media hanno un carattere che sin dalle origini è un carattere internazionale, transnazionale; questa è una delle novità più importanti tra quelle introdotte. La cultura non universalizzabile viene superata con l’avvento di una cultura che si estende oltre i confini territoriali e si incentra sull’immagine che di per se è un elemento più facilmente universalizzabile rispetto alla parola dunque si presta maggiormente ad una diffusione che travalica i tradizionali confini. Si presta di più alle contaminazioni e non è un caso che i media, la fotografia, il cinema (che nelle origini era muto, la parola che appariva nelle didascalie era secondaria rispetto alle immagini e tutt’oggi è sempre secondaria) hanno determinato la messa in discussione la nozione tradizionale di cultura nonché il sorgere di una cultura che definiamo oggi globale. La cultura globale è un tipo di cultura in gran parte mediatica o mediale. L’influenza reciproca fra i 3 termini dell’anello ricorsivo determina: 1. Tradizione e rinnovamento 2. Vincoli e possibilità 3. Libertà e responsabilità Baumann dice “globalizzazione, mai l’umanità si è trovata prima in una situazione come quella odierna” dove si corrono molti rischi perché siamo tutti interdipendenti gli uni dagli altri. Siamo immessi nella medesima comunità di destino, non nel senso fatalistico ma nel senso che il corso concreto delle cose su questa terra ci è comune, è qualcosa che condividiamo. Ma allo stesso tempo mai si è trovata dinanzi ad una cosi grande serie di possibilità, è una nuova condizione umana quella che si è determinata con la globalizzazione; abbiamo delle possibilità immense di cui non ci rendiamo conto perché non siamo attrezzati e abituati a ragionare sulle qualità di questa nuova condizione, la conosciamo troppo poco in ogni caso ci sono rischi e potenzialità immensi allo stesso modo la cui dimensione è commisurata all’intera umanità, sta a noi rispondere in maniera adeguata a questa sfida. Qui entra in gioco il rapporto che si istituisce tra individuo, la cultura e la società, i 3 elementi si influenzano reciprocamente. L’individuo non subisce l’influenza del sistema ma concorre con la sua azione quotidiana, per quando piccola, ha modificare la cultura e la società. C’è un anello ricorsivo, l’individuo riceve un imprinting culturale, entra in relazione con la società e anche in questo caso subisce delle influenze però senz’altro a sua volta può intervenire sulla culta e sulla società. Con la fine della 2GM con la bomba atomica ha influenzato moltissimo la cultura, il sapere, subisce un cambiamento profondo. L’influenza reciproca dei 3 termini fa si che ci siano tradizione e rinnovamento, momenti di stasi e accelerazioni. Si sono visti i limiti e i vincoli imposti dalle ideologie nel passato, oggi abbiamo consapevolezza che le idee in cui crediamo ci danno delle possibilità ma determinano anche dei vincoli. INDIVIDUO CULTURA E SOCIETÀ 36 INDIVIDUOCULTURASOCIETÀ Le novità introdotte dai media 1. I media influenzano sia la civiltà sia la cultura e le uniscono in un tutt’uno: globalizzazione dei modi di pensiero e di vita (es. denaro, carriera, successo o un certo tipo di lusso e benessere si sono diffuse in tutto il mondo, prima avevano una caratura occidentale) 2. I media si rivolgono allo spettatore “medio”: un’astrazione fondata su principi occidentali che ha ripercussioni su individuo, società, umanità. In primis il cinema ha tentato di rivolgersi a uno spettatore media, è un’idea lo spettatore media che costituisce un’astrazione che partiva dalla concezione occidentale di che cosa fosse l’uomo medio. Ognuno ha un’idea diversa dell’uomo medio, dipende dalla civiltà che lo concepisce e dal background culturale. Negli stessi anni l‘uomo medio avrà delle caratteristiche molto diverse se pensato da un cinese, africano o da un occidentale. La nascita di Hollywood è la nascita di un’INDUSTRIA CULTURALE, cioè a metà tra cultura e economia, lo spettatore medio nasce da un’idea di tipo economico cosi da piacere e farmi apprezzare dal massimo numero possibile di spettatori faccio una media di che cosa può piacere a tutti, escludo gli eccessi e viene fuori quello che è stato determinato dell’industria culturale. Applicando il pensiero critico di Horkheimer e Adorno all’industria culturale, ci accorgiamo che l’astrazione dell’uomo medio è un’astrazione dovuta da un’esigenza economico, trarre il massimo profitto rivolgendomi al massimo numero di spettatori possibili (considerato come qualsiasi altro consumatori), trattandosi però di un prodotto culturale ragiono nei termini dei codici creati ad hoc per la produzione di film che avessero più chance possibili di avere successo. Questo ha fatto si che i film dovessero essere semplici da comprendere nella trama e lineari, che non andassero contro i divieti, le norme, le regole sociali e culturali che avessero un’idea semplice alla base da sviluppare, tanto semplice da essere compresa da tutti indipendentemente dal loro grado di istruzione e cultura. Oltre a questo si è cercato di andare in contro al gusto e al modo di pensare di questo ipotetico consumatore medio ossia quello occidentale; le conseguenze di questo sono state conseguenze a lungo termine, se guardiamo nell’insieme della storia Hollywoodiana di produzione di film vediamo un unico immenso spot pubblicitario a favore della cultura occidentale e nella fattispecie statunitense; non in maniera coercitiva ma perché esercita un certo fascino. È una regola aurea in tutti i processi dalla creazione di Hollywood, dall’elaborazione della sceneggiatura, alla scelta degli attori, alla creazione starsystem. Risiede quindi l’idea di occidentalizzazione del mondo, l’idea di una diffusione in tutto il mondo di modi di pensiero di vita improntati al paradigma occidentale questo è valido ancora oggi. Su 10 film un italiano ne vede 8 hollywoodiani, uno europeo e uno italiano; dagli anni ’20 ci sono quindi generazioni e generazioni di spettatori che si sono susseguite per un secolo. Ci sono aspetti positivi e negativi, l’idea di democrazia si è diffusa anche a partire dai media. Nel momento in cui si svolge un’attività di tipo evasivo, piacevole apparentemente innocua, in quel momento stanno succedendo delle cose dal punto di vista culturale che siamo molto più propensi a sottovalutare e ignorare. È proprio in quel momento di relativa debolezza, di distrazione, che avviene il processo di tipo culturale. I MEDIA E LA TRASFORMAZIONE DELL’UMANITÀ Marshall Mc Luhan, Gli strumenti del comunicare, 1964 È uno degli intellettuali che per primi si sono occupati della cultura dei media negli anni ’60, in un momento in cui era esplicita la svalutazione dei media specialmente da parte delle élite. L’esperienza diretta riguarda fenomeni con cui oi entriamo in contato senza mediazione, impossibilità di ripetere quella stessa esperienza più e più volte come invece accade con l’immagine tecnologica. Una volta che un film, video, pubblicità, viene prodotto è cristallizzato non muta nel tempo. Immortalare significa bloccare, fissare ciò che invece è in divenire. L’esperienza diretta o mediata che sia, è sempre in divenire. Siamo dislocati in due dimensioni dell’esperienza contemporaneamente, siamo allo stesso tempo presenti e assenti nell’una e nell’altra dimensione; allo stesso modo però anche l’esperienza dell’immagine è molto molto meno intensa. Benjamin nel 36 scriveva sulla perdita dell’esperienza diretta, notava che la percezione dell’immagine avviene nella distrazione. Siamo distratti rispetto all’esperienza diretta ma anche rispetto a quella mediata. Nel passato al cospetto di un’immagine c’è uno spirito di osservazione particolarmente attento, questa è un’esperienza diretta; ci si sofferma sull’immagine diversi minuti. Adesso l’osservazione dell’immagine non è più di tipo contemplativo, diamo un’occhiata e basta. Questo tipo di percezione non è dovuta alla fotografia ma particolarmente al cinema perché l’immagine di un film dura pochi secondi e subito se ne vede un’altra che ci porta in un altro contesto. Nel 36 il pubblico era abbastanza abituato alla contemplazione e Benjamin dice che non si ha il tempo di osservare un’immagine che subito entra quella successiva, lo spettatore è investito di immagini, lo colpiscono come dei proiettili ed ognuno richiede una sua limitata attenzione. I film del passato si soffermavano comunque di più rispetto ad oggi, infatti ci sembrano lenti. Abbiamo cambiato la nostra sensibilità, il modo di sentire, ci piace quello che è tipico della nostra epoca storica; scatta un’equazione, ciò che non è tipico della mia epoca è negativo, questo giudizio negativo si avvale anche del pensiero “non erano arrivati dove siamo noi oggi, siamo dentro all’industria culturale siamo consumatori prima ancora che spettatori È curioso come questo giudizio sommario non sia dato per le immagini non tecnologicamente prodotte; quelle tecnologiche di 30 anni fa ci sembrano superate ma i dipinti per esempio no. All’inizio degli anni 80 con la diffusione del telecomando che ci fa immediatamente capire quali siano le percezioni delle immagini; nell’arco di pochi secondi, abbiamo acquisito la capacità di capire quale tipo di immagine si tratta, fiction; documentario, film, spot. LO SPIRITO DEL TEMPO E DELLO SPAZIO Edgar Morin, Lo spirito del tempo, 1962 • La cultura dei media introduce un’esperienza indiretta e condivisa del mondo • Inedito rapporto con lo spazio e con il tempo (Qui/Altrove; Io/Altro). Immaginario e concreto. (Hic et nunc interiore. “Aura” Benjamin). In pochi istanti ci immergiamo in una dimensione che ci trasmette l’immagine che non è il contesto tangibile in cui si trova il corpo fisico dello spettatore. Questo altrove che è lo spazio/tempo contenuto dentro l’immagine è uno spazio/ tempo immaginaria, non tangibile, ne faccio esperienza solo mentalmente, con l’immaginario non concretamente. Tutto si svolge a livello di immaginario. Le immagini sono diventate così reali che per noi quasi sostituiscono il concreto, l’immagine è diventata un simulacro della realtà. L’immagine della Gioconda non tecnologicamente prodotta, si presenta a noi in maniera esplicita come rappresentazione della realtà c’è la cornice che ha la funzione di delimitare e distinguere la realtà cioè il muro, dalla sua rappresentazione cioè il quadro. 36 Trompe d’oeil è una forma di inganno dell’occhio, per un attimo abbiamo l’illusione di trovarci davanti ad una finestra che si apre su un bellissimo giardino ma in realtà è un dipinto Simulacro. Confonde il qui e l’altrove. È la prima forma di simulacro, un’immagine che non dichiara esplicitamente di essere rappresentazione della realtà, confonde lo spazio reale e quello immaginario Rappresenta l’avvento della MODERNITÀ. Le immagini fin dall’avvento della fotografia e del cinema hanno avuto questa caratteristica di confondere il qui e l’altrove e si sono proposte come simulacri della realtà, si sostituiscono alla realtà. • La cultura dei media ci immette in un rapporto spaesato, mobile, errante con lo spazio e col tempo Ipertopia di Casetti. • Percezione del tempo: esperienza di una successione non strutturata di istanti presenti (modum): tempo acrono (M. Castells sui new media) Quando facciamo zapping, nell’arco di 5 secondi passiamo da un’immagine, all’altra da un contesto all’altro, ci stiamo immergendo in contesti che non hanno niente a che fare gli uni con gli altri. Sono degli istanti e ogni volta che ne facciamo esperienza e condividiamo il tempo di quel contesto, siamo presenti in quella situazione/atmosfera e per noi quel tempo è il presente; nella nostra mente non creiamo nessuna relazione tra i vari contesti perché sappiamo che ogni canale trasmette una cosa diversa, non creiamo relazioni di tipo temporale. Ogni passaggio viviamo il suo presente, ci ritiriamo cambiamo canale e ci immergiamo in un altro contesto poi ci ritiriamo e così via, alla fine si delinea una successione (dal canale 1 al 10) di istanti presenti di cui io ho fatto esperienza, che è un’esperienza singolare autonoma, privi di legami con il contesto precedente e/o quello successivo (i canali). Lo zapping è proprio l’esempio di come noi ci rapportiamo oggi al tempo, questo stesso meccanismo è quello di un qualsiasi notiziario, è una sorta di zapping che i giornalisti fanno per noi sul mondo passaggio continuo da un contesto all’altro . Ci immergiamo e ne usciamo. È un’esperienza non strutturata di una successione di istanti presenti. Tutto ciò che è attuale è interessante e ciò che non lo è non è interessante, ciò che è presente merita la nostra attenzione; equazione sotterranea sul nostro senso del tempo, quest’attenzione all’attualità, al presente è tipica della modernità i media l’hanno esacerbata. La parola modernità deriva dala ltino modum che significa ora, adesso. 14 febbraio 2018 Morin crea un nesso tra il modo di concepire il tempo che è tipico della cultura e della società dei media ed è uno degli elementi sintomatici con cui si può definirla. • Partecipazione allo Zeitgeist (Hegel, Heidegger, Morin: spirito del tempo): mass media communication. Ne “l’opera d’arte interessante nella sua riproducibilità”, Benjamin parla della sensibilità e del modo di pensare, concetti che ci aiutano a capire come e perché siamo diversi dalle generazioni precedenti e che questa diversità si deva alla cultura dei media, disse “ e poi venne il cinema che non la dinamite dei decimi di secondo fece saltare………”. Si tratta di una metafora con cui B vuole esprimere la cristallizzazione della cultura e della società verso la metà dell’800, perché il modo di pensare era chiuso, autoreferenziale. Il cinema introduce nuove modalità della percezione del mondo, dell’esperienza e della convinzione. Attraverso questi decimi di secondo, che sono gli istanti presenti, che si susseguono senza una struttura forte; sono più importanti gli istanti presenti in quanto già di per se dinamite. La velocità, l’accelerazione sono l’elemento importante di questa citazione, ci siamo abituati così tanto alla velocità che ne abbiamo bisogno se non la ritroviamo (per esempio nei film) subentra l’assenza di piacere estetico, non ci piace. Oggi non siamo così consapevoli di questo bisogno. Questa dinamite è stata definita anche da un altro autore, Ejzenštein parla del tamburo ottico. È un po’ più preciso di Benjamin perchè lui rileva l’introduzione di questo cambiamento cioè la velocità, invece E ha tra le mani questa dinamite dei decimi di secondo e parla di tamburo ottico. Questa espressione contiene in sé un senso del tempo più preciso, il tamburo è qualcosa che da il ritmo, una cadenza dello sguardo della nostra capacità di percepire e interpretare le immagini. Il ritmo a cui si riferisce ha a che fare…………… si abituata alla velocità cadenzata, il ritmo è un fattore chiave. Il ritmo delle immagini, tanto quanto quello sonoro contribuisce a creare una certa emozione/stato d’animo nello spettatore; più è lento più ci trasmetterà senso di pacatezza, tranquillità, o anche noia. Tutto ciò che partecipa alla velocità ci investe e determina in noi una condizione di ipersollecitazione, dal punto di vista visivo ma anche emotivo e della capacità cognitiva. Questa ipersollecitazione costituiva una saturazione delle loro capacità percettive, emotive e cognitive, richiedeva uno sforzo massimo per i primi spettatori; per noi oggi questo è diventato la normalità è diventato un canone estetico che definisce l’estetica moderna. Questo shock è diventato un’abitudine. L’accelerazione riguarda molti ambiti dell’esistenza non solo nel cinema futuristi negli anni 10 esaltavano la velocità, era un elemento distintivo di quegli anni. Oggi siamo abituati allo shock e questo definisce la sensibilità e l’estetica moderna. L’estetica come si intende oggi si riferisce alla capacità di sentire, percepire alla quale si lega il pensiero. Percezione - Sensazione - Emozione – Sentimento – Pensiero L’ESTETICA si occupa di questo. Il SENSORIUM parola latina che corrisponde ad estetica in quanto racchiude in se tutte quelle dimensioni sopracitate. Per la sua assonanza con alcune parole italiane ci è forse più chiara. Queste nostre facoltà non sono sempre uguali nel corso della storia ma sono storicamente e culturalmente determinate, variano anche a seconda delle tecnologie che le influenzano. Oggi siamo abituati allo shock ed è questo che definisce l’estetica della nostra epoca. La nozione di shock su cui Benjamin riflette riguarda sia la percezione visiva sia il sentimento; lo shock del sentimento riguarda la sfera emotiva. Fin dalle origini del cinema c’è stato un passaggio verso l’industria culturale cioè il fatto che la cultura abbia iniziato ad essere soggetta alle leggi economiche del mercato. Una delle prime scoperte ha riguardato la possibilità di garantirsi un guadagno rivolgendosi ad un pubblico più vasto possibile, non solo però a livello quantitativo (il numero di spettatori) ma anche di una questione qualitativa cioè in quali modi posso garantire un ampio numero di spettatori. Uno dei modi principali è stato quello di promettere al pubblico una forte sollecitazione emotiva, mente lo shock percettivo crea all’inizio disagio quello emotivo non ne crea. Già i greci parlavano di eros e thanatos poi Freud individua i fattori che muovono la psiche umane ossia l’istinto di vita e quello di morte; lo shock emotivo si crea toccando questi due elementi che accomunano tutto il mondo. Si è verificato un ampliamento della sfera del visibile che ha incluso ciò che prima non era visibile inseguendo il guadagno, cambia quindi anche il concetto di osceno 36 • Democrazia, laicità, realismo, tecnica, scienza, economia, materialismo, individualismo. Fondamenti del modo di pensare occidentale che sono stati diffusi, esportati grazie alla cultura dei media in tutto il mondo, e sono considerati senza distinzione come dei valori, elementi indice della modernità POTERE NORMATIVO, ciò che diventa normale viene considerato come giusto, ciò che non si conforma a quello che consideriamo normale non va bene. È un meccanismo che ci impedisce di mettere in discussione gli elementi sopracitati • Presente (moderno, attualità, moda, trend, ecc.) • Modello WASP e sua evoluzione: White Anglo Saxon Protestant Questo modello ha come suoi correlati democrazia, laicità, individualismo… È il corrispettivo visivo, la concretizzazione di tutta questa serie di valori, principi e ideali della cultura dominante*; è una cultura che oggi si espande in tutto il mondo occidentalizzazione del mondo che ha trovato nella cultura dei media il veicolo. È stata possibile grazie alla pervasività di azione data dai media, questi sono un fattore primario della globalizzazione culturale ma prima ancora storicamente come occidentalizzazione del mondo. L’occidentalizzazione è la diffusione di una cultura occidentale in tutto il mondo che storicamente coincide con l’avvento della modernità (fine del ‘400 / inizio del ‘500 espansionismo e colonizzazione da parte europea), questo processo vive un’esplosione con l’avvento del cinema e della TV, si trasforma grazie all’influenza di altre culture e più aumentano i sincretismi più si parla di globalizzazione (fine ‘900). La globalizzazione prima di tutto è l’apporto delle altre culture al modello occidentale, anche se le influenze delle altre culture sono ancora residuali, di gran lunga inferiori. * I protagonisti, sia nell’ambito dell’informazione e dell’intrattenimento, appartengono per la maggior parte a persone corrispondenti al modello WASP; certamente c’è stata anche una trasformazione storica a partire dagli anni ’60 del ‘900 ha questo modello hanno iniziato ad affiancarsi coloro che non vi appartenevano. Questa dimensione molto concreta dei protagonisti che incarnano nel loro modo di essere di agire, di parlare il modello WASP è molto importante quando si ha a che fare con una cultura come quella dei media che ha a che fare con le immagini, perché mostrano la fisicità, un modo di comportarsi dietro ai quali c’è tutto un portato di tipo culturale. Questi principi, valori, ideali che ci sembrano molto astratti trovano una loro concreta manifestazione visiva attraverso l’incarnazione che ne danno i protagonisti della scena mediatica. • “Violenza simbolica” (P. Bourdieu, Meditazioni pascaliane): CONCETTO CHIAVE violenza esercitata non tramite l’azione fisica, ma attraverso l’imposizione o la proposta – più o meno manifesta e consapevole – di categorie cognitive, paradigmi culturali, principi, ideali, valori, ecc. (ad es: arbitrio culturale posto come naturale; tassonomie non riconosciute come interpretazioni del mondo) La proposta dei media può essere considerata violenza perché si fanno delle scelte per individuare chi rappresenta i valori che vogliamo trasmettere, è una proposta non un’imposizione ma è proprio questo il punto. 20 febbraio 2018 Il modello WASP si riferisce al modello dominante (White Anglo-Saxon Protestant). Ci riferiamo in particolare all’Europa ed ancor di più agli Stati Uniti. Questo modello ha correlate tutte le altre caratteristiche. È il corrispettivo visivo, cioè la concretizzazione di tutta questa serie di questioni che corrispondono ad altrettanti valori e principi della cultura dominante, che oggi si espande in tutto il mondo. La globalizzazione è in primis un’occidentalizzazione del mondo, che ha trovato nei media il veicolo preferenziale. È stata possibile dalla pervasività dell’azione data dai media che sono un fattore primario della globalizzazione culturale. Occidentalizzazione: esportazione della cultura occidentale che coincide con la modernità stessa. Modernità in senso storico, difatti coincide con le scoperte colombiane. Questo processo vive un’intensa accelerazione nel momento in cui vi è l’avvento dei media. Nessuno rimane escluso da questo processo, del quale ci interessa la qualità, non la velocità. Questa cultura esportata si trasforma grazie alla contaminazione di altre culture, si formano sincretismi tra culture. Maggiori sono i sincretismi, maggiore è la globalizzazione. Purtroppo i sincretismi sono ancora meno importanti rispetto alla cultura dominante. La globalizzazione storicamente si colloca alla fine del Novecento. La predominanza sia nell’ambito dell’informazione, sia nell’ambito dell’intrattenimento di persone attinenti al modello occidentale (WASP) è del tutto evidente a livello mondiale. Sono i protagonisti in stragrande maggioranza. È difficile che i protagonisti siano personaggi che non incarnano il modello WASP. Questi protagonisti si fanno portatori di questi principi. C’è stata una trasformazione storica del modello WASP. Soprattutto negli anni Sessanta hanno iniziato ad affiancarsi altri che non appartenevano a questo modello. Gli anni Sessanta sono anni di forti cambiamenti sociali. A questa crisi del modello WASP corrisponde un’evoluzione di tale modello. La parte concreta del modello (i protagonisti, il modo di comportarsi, di parlare…) è molto importante in una cultura fatta di immagini. Questi principi astratti trovano una loro concreta incarnazione visiva nei personaggi reali della scena mediatica. “Violenza simbolica” (P. Bordieu, Meditazioni pascaliane): violenza esercitata non tramite l’azione fisica, ma attraverso l’imposizione o la proposta – più o meno manifesta e consapevole – di categorie cognitive, paradigmi culturali, principi, ideali, valori, ecc. (ad es: arbitrio culturale posto come naturale; tassonomie non riconosciute come interpretazione del mondo). Il modello WASP è uno dei modelli possibili, nessuno impone nulla a nessuno. Si propongono dei personaggi che sono incarnazione e latori di quei valori. Non lo si fa per far propaganda ai valori culturali, ma chi detiene il potere produttivo in ambito culturale è occidentale, ed è spontaneo scegliere come protagonisti persone che incarnano il modello WASP. Lo star system è stato creato già negli anni Venti a Hollywood per seguire strategie produttive e di marketing per incarnare un certo modello che potesse soddisfare lo spettatore medio. Lo spettatore medio è un concetto nato in ambienti hollywoodiani, che in realtà aveva la loro stessa cultura. Questa astrazione di spettatore medio è un arbitrio culturale: qualcuno in un determinato momento storico e con un determinato background culturale decide chi è lo spettatore medio e crea un mondo, valori principi ideali, in maniera così sofisticata dal punto di vista economico e di marketing, ma anche così affascinante e piacevole dal punto di vista della forma. Questo modello si espande così all’inverosimile. Non con intenzioni di dominio, ma con una prassi molto naturale dal punto di vista culturale, sofisticato dal punto di vista economico. Non sempre chi agisce lo fa in maniera consapevole. Si crea, quindi, un’attitudine che vede come normale questo modello e conseguentemente ciò che esula da questo viene visto come sbagliato, anormale. “Habitus” (M. Mauss, Le tecniche del corpo): condivisione di pratiche sociali e diffusione di modelli dominanti. Introiezione. Conformismo. Il concetto di Habitus è per noi un concetto chiave. Nella concezione di Marcel Mauss questo Habitus è inteso come i comportamenti che indossiamo. Noi indossiamo 36 comportamenti così come indossiamo degli abiti, che nient’altro è che la manifestazione visibile di un modo di pensare, della nostra cultura, dei nostri valori, in generale della noosfera. Queste pratiche sociali ormai sono simili in tutto il mondo. Certi comportamenti che indossiamo o attuiamo sono appresi, non sono innati: sono culturalmente appresi e oggi l’apprendimento di questi comportamenti avviene principalmente attraverso l’esposizione di ciascuno di noi alle immagini, cioè è legato alla cultura dei media. Mauss se ne accorge molto presto, durante la Prima Guerra Mondiale, ricollegando il modo di camminare di un’infermiera ad un modo di camminare visto al cinema. Da qui nasce la sua idea di tecniche del corpo. L’apprendimento non viene oggi solo attraverso l’interazione faccia a faccia, ma anche attraverso l’esposizione ad immagini che mostrano persone o personaggi che agiscono in un certo modo. Questi determinano l’habitus sociale che si diffonde in tutto il mondo. C’è un’introiezione, ciascuno assorbe in sé questi modelli di comportamento e si conforma alla società. È in questa maniera che ci appare superficiale, che si diffondono le idee culturali. Abbiamo l’idea che nel mondo tutti si atteggino nello stesso modo, ma fino a cinquant’anni fa non era così. Siamo di fronte ad un immenso cambiamento antropologico. L’habitus è uno dei fattori, degli strumenti attraverso i quali si esplica la violenza simbolica. Non è un fattore secondario, come siamo abituati a pensare. È straordinario che Mauss se ne sia accorto all’inizio del secolo scorso, ed è altrettanto incredibile che noi non ce ne accorgiamo ancora oggi. Il mimetismo sociale è la tendenza inconscia a imitare i modelli dominanti. Inclusione sociale: se non rispetti quel modello sei escluso socialmente, sei in qualche modo emarginato. Storicamente sta diventando sempre più rilevante. Man mano il problema del mimetismo sociale è un problema sempre più rilevante. È un fattore importante soprattutto nell’età evolutiva, quando la personalità è in formazione. L’habitus è importante per l’esclusione o inclusione nel gruppo dei pari. Si innescano meccanismi di esclusione sociale molto crudeli, con tutto il portato di conseguenze psicologiche che vengono rilevate nella biografia di ognuno. Gli adolescenti rappresentavano lo spettatore medio perfetto per l’industria culturale, la possibilità di penetrazione è più facile, si fanno influenzare più facilmente. Ciò è stato compreso già negli anni Cinquanta. Nasce una nuova classe sociale: quella dei giovani e dei bambini. Le esigenze sono principalmente di mercato: sono i più propensi a spendere e sono maggiormente coinvolti nelle dinamiche di inclusione ed esclusione sociale. “Incorporazione”, “microfisica del potere”, “corpi docili” (Michel Foucault, Sorvegliare e punire) (Divismo) I testi qui citati non sono studi sui media. Questo di Foucault ha implicazioni in studi di diversi campi. Il concetto di incorporazione pone l’accento sul corpo. È nel corpo prima ancora che nella psiche che vengono introiettati i concetti più importanti. Foucault parla di corpi docili, cioè quelli dell’età evolutiva. Docili perché sono più facilmente influenzabili. I loro corpi agiscono come previsto, come voluto, è facile ‘addomesticarli’, plasmarli. Il riferimento ai bambini e ai giovani rende più visibile un processo di influenza rispetto al quale nessuno può dirsi immune. Parliamo di cultura dominante perché tende a dominare, non perché quantitativamente maggioritaria. Il suo dominio è ormai diffuso a livello sociale. Si può parlare di cultura egemone. Foucault nel suo studio introduce il concetto di microfisica del potere. È un’espressione attraverso la quale ci porta a porre attenzione a caratteristiche non particolarmente evidenti. La grande novità è che l’esercizio del potere è microscopico, piccolo, poco evidente perché avviene in maniera implicita, inconsapevole. È un paradosso poiché e il corpo che lo manifesta nell’habitus. L’esercizio del potere culturale che ha le sue ricadute. Microfisica è una parola che mette insieme la pervasività, la capillarità, qualcosa che avviene a livello del corpo. È poco evidente, ma allo stesso tempo lo è molto perché avviene sul corpo. Foucault fa passato. Cerchiamo di trovare analogie tra esperienze attuali ed esperienze vissute in passato. È un’operazione di cui non siamo consapevoli, ma è l’operazione fondamentale attraverso cui viene attuata la conoscenza come comprensione. Cerchiamo quindi delle similarità con un’esperienza nostra, soggettiva. Le acquisizioni che sono proprie della comprensione sono globali. Le mie sensazioni ricevono stimoli differenti, tuttavia noi siamo portati non a distinguere, ma siamo portati a fonderli insieme. È un’acquisizione globale. Quando facciamo esperienza di un film siamo giunti da stimoli diversi. Proprio per questa ragione domina la congiunzione. In una stessa scena noi ricaviamo una serie di stimoli, informazioni, significati, un senso, dei contenuti, ma non lo ricaviamo distinguendo delle categorie. Fondiamo insieme livelli diversi. A partire dalla fine del Novecento iniziamo ad essere consapevoli del funzionamento della comprensione. La predominanza della congiunzione è un aspetto che tende a mettere insieme più livelli, più categorie. Il mostrare come attraverso la disposizione nello spazio e nel tempo di elementi diversi sorga il senso, questo è l’estetica. Riferendosi al cinema, nell’ambito di un film noi ci troviamo a vivere un’esperienza percettiva, sensoriale, emotiva ed epistemica ci troviamo a vivere un’esperienza in cui siamo sollecitati da una massa di stimoli percettivi che ci investono. Tutto questo può avere un significato se disposto in una certa maniera da un autore per sollecitare una certa comprensione. Mentre il pensiero logico si fonda sulle dimostrazioni, il pensiero analogico si fonda sul questo complesso denominato come proiezioni e identificazioni. Sono processi che chiamano in causa i sistemi mirror, i neuroni specchio e la simulazione incarnata. È importante qui il pensiero mimetico. Il processo di identificazione è il processo attraverso il quale la mia identità e l’identità di un altro entrano in uno scambio che viene definito, dalla psicoanalisi in avanti, come transfert. Qui non a caso si fa riferimento alle implicazioni del soggetto e al pieno impiego della soggettività. Non si può prescindere dalla soggettività nella comprensione. Tutto ciò che fa parte dell’acquisizione globale fa sì che la condivisione tra chi percepisce e chi è percepito riguardi più in generale l’identità, quindi per esempio l’habitus, che ha una valenza sociale. L’acquisizione globale non riguarda solo il modo di comportarsi, ma anche il modo di pensare che c’è dietro quel comportamento. Questo è stato già intuito negli anni Venti da Ejzeinštejn, che ha applicato al cinema un paradosso: ‘lo spettatore al cinema non piange perché è triste, ma è triste perché piange’. Significa che imitando lo stato che vede nel corpo di un personaggio con i sistemi mirror il pianto di un personaggio, lo incarna, lo introietta e lo incorpora, così quel pianto diventa il sentimento della tristezza. L’identificazione può investire contemporaneamente più soggetti. Quando l’identificazione investe i protagonisti si parla di identificazione primaria che è un tipo di identificazione di cui siamo consapevoli. Si chiama identificazione primaria ed è quella di cui siamo consapevoli. Investono tutti gli altri personaggi umani o non umani. Tutti i personaggi secondari, o comparse, possono suscitare identificazione. Ancor più interessante è l’identificazione con i cosiddetti ‘cattivi’. L’identificazione può svolgere un ruolo che è quello di dar sfogo nella dimensione chiusa rispetto al mondo che è ad esempio dar sfogo ai nostri impulsi ai nostri sentimenti socialmente inaccettabili. Qui entra in gioco il processo della proiezione, processo al quale diamo ai personaggi la nostra identità. Il perdurare del processo di identificazione è ad esempio esplicitata dal bambino che vuole rivedere un film. C’è una difficoltà da parte del bambino di ritornare al reale. Questo processo di suggestione è un processo che si protrae nel tempo e mette in moto quelle tracce amnestiche che i neuroni specchi hanno lasciato come impulso reale. L’effetto di suggestione riguarda più quella fascia di pubblico ‘debole’ che non ha ancora determinato il principio di realtà in maniera forte ed è più soggetta anche ai fenomeni di mimetismo sociale. La catarsi è un effetto contrario alla suggestione. È ciò che permette di liberarsi di impulsi socialmente inaccettabili lasciandoli confinati nella 36 scena dell’immaginario e non dandovi sfogo nella vita quotidiana e si esplica in virtù della proiezione. Ogni film è un test proiettivo, ce ne rendiamo conto quando in un film noi vediamo un personaggio che compie un’azione e non sappiamo comprendere il significato di quell’azione. Nel tentativo di comprendere noi avevamo messo in campo il nostro background culturale, emozionale. Ciò rende lo spettatore attivo, non passivo ed è una cosa utilizzata dai grandi autori. Uno dei modi in cui questo sforzo viene chiesto è proprio quello che consiste nel sollecitare la sua proiezione e di lì costruire un processo sempre più complesso di pensiero. Ogni audiovisivo è un test proiettivo. La comprensione viene definita come un procedimento empatico ed epistemico, dove l’empatia diventa un elemento epistemico, cioè della conoscenza. 26 febbraio 2018 Nella lettura il lettore non vede, deve immaginare ciò che viene evocato dalle parole. La parola non ha una funzione primaria di tipo evocativo, sollecita l’immaginazione e i suoi correlati; la memoria di esperienze vissute realmente da chi evoca. A partire dalla sollecitazione evocativa dell’imaginario si ricostruisce un mondo tutto mentale, interiore. Con l’attenzione che vediamo effettivamente attraverso la vista e ascoltiamo attraverso l’udito ci troviamo in una dimensione diversa in cui domina il percepire e il sentire e l’immagine, non evoca come la parola, ma rappresenta, ci rappresenta delle azioni secondo una serie di convenzioni rappresentative e drammaturgiche. In un romanzo l’autore ci descrive gli stati interiori del personaggio, i suoi stati emotivi vengono descritti dalle parole; solo in questo modo il lettore viene a conoscenza delle emozioni del personaggio attraverso parole e descrizioni del suo stato d’animo che attivano un processo di identificazione. Dall’800 in poi c’è stato un processo per avvicinare la letteratura all’esperienza visiva dello spettacolo. La focalizzazione nella letteratura si avvale della descrizione interiore ed esteriore per sollecitare la nostra immaginazione. Nella letteratura le immagini per quanto particolarizzate non potranno sortire mai la certezza che a tutti i lettori sia evocata la stessa immagine, rimangono vaghe e indeterminate. Nell’ambito dell’immagine audiovisiva con la focalizzazione ci si concentra su un personaggio, a quel punto non entrano in gioco le descrizioni, ma la rappresentazione e la drammatizzazione. Entrambe servono a rendere visibile o percepibile dalla vista e dall’udito un’esperienza che è quella del pers. Principale. La questione di focalizzazione nel cinema si avvale di altri procedimenti rispetto al teatro, vedi il monologo che sarebbe poco credibile. Nel cinema il punto di osservazione dello spettatore non è fisso e stabile, ma si muove dentro la scena, si avvicina e si allontana dagli elementi della scena. La focalizzazione è talmente precisa che può coincidere con lo sguardo del personaggio, ni osserviamo tutto ciò che appare intorno al personaggio coni suoi occhi gli occhi dello spettatore coincidono con quelli del personaggio. È il caso dell’ inquadratura detta in soggettiva, ci mettiamo nei suoi panni. Hollywood 1946-47 “La donna del lago” - Philip Marlow è il protagonista e il nostro punto di vista coincide con quello di Marlow, questo significa che vediamo la realtà con i suoi occhi ma addirittura che sappiamo solo ciò che sa lui. C’è un solo punto nel film in cui si vede il volto di Marlow e ci viene mostrato attraverso uno specchio. “The big sleep” il personaggio ci viene presentato sin dall’inizio attraverso un immagine che ci mostra il suo aspetto e ‘aspetto è oggetto di attenzione esplicita, anche le parole sottolineano questa attenzione esplicita. L’aspetto con corrisponde ai canoni di bellezza dei divi di hollywood di allora, l’aspetto è volutamente portatore di elementi che sono da un lato di debolezza e dall’altro di anticonformismo, ad esempio il fatto che p basso, che suda qualificano un certo modo di essere che si discosta dalla norma dello star system. Attraverso i primi scambi di battute ci viene già qualificato il personaggio come anticonformista, non è l’ero dei film dell’epoca, un uomo co dei difetti sui quali lui ironizza. I dialoghi che seguono servono a far attivare i processi di identificazione, per suscitare empatia verso questo personaggio che è più simile all’uomo medio, con i suoi difetti e limiti ma che tuttavia ha un’arguzia capace di sollecitare ancora di più l’empatia. La focalizzazione per il momento è incentrata sul personaggio e noi sappiamo le stesse cose che sa lui, e scopriamo elementi aggiuntivi insieme a lui. Il modo in cui si scoprono nuove info è interessante, nei primi incontri avvengono secodo modalità che attirano paticolarmente la nostra attenzione. Lo scambio di batture pieno di impliciti, dobbiamo cogliere le dinamiche psicologiche che si instaurano nelle relazioni intersoggettive, dobbiamo stare molto attenti per capire chi è lui e chi sono gli altri personaggi; l’identità dei personaggi in questa parte ci viene rivelata non solo tramite forme visive ma a anche attaverso forme verbali. L’inquadratura di spalle, pone contemporaneamente la soggettiva, ma include anche il protagonista stesso nell’inquadratura e quindi è anche in qualche modo oggettiva. 27 Febbraio 2018 nel cinema di genere, di norma, tutto avviene secondo modalità che son o di più facile comprenione per lo spettatore. Il grande sonno e la donna del lago sono stati realizzati nello stesso periodo in cui si sperimentano le modalità della resa cinematografica della soggettività dell’essere umano. Sono stati i primi tentativi, in un contesto come quello hollywoodiano, di largo consumo, che devono semplificare la complessità del reale, lo scopo in questo tipo di cinema quello di intrattenere, di distrarre, non impegnare oltremodo lo spettatore. Renderlo molto partecipe ma facendolo sentire a suo agio, sollecitando processi di identificazione e proiezione in personaggi che abbiano determinate caratteristiche in cui l’uomo medio possa riconoscersi. Qualità che in qualche misura destano l’ammirazione dello spettatore che vorrebbe essere cos’ arguto come Bogard nel grande sonno. L’identificazione, per esempio quando sollecitata nel cinema di largo consumo è stata definita nell’ambito della psicoanalisi del cinema come identificazione di consolazione, lo spettatore si consola dei propri limi identificandosi con i personaggi. Nel grande sonno è la prima volta in cui un divo mette in evidenza i difetti e limiti dal punto di vista fisico. Questa attenzione per la parte ombra dell’essere umano comincia ad essere esplorata nel cinema degli anni ’60 soprattutto in europa. Tra metà anni 50 e 70 Fellini, Visconti e Pasolini – Bergman, trouffaut; Godard (Novelle avgue), Banuel. Nei primi anni 60 questi autori introducono delle novità che saranno destinate a trasformare una svolta nella storia del cinema l’esplorazione della soggettività. Se prendiamo il film 8 e ½ (1963) di Fellini ci troviamo dinanzi ad un opera che mostra, fa esplodere la grande questione della soggettività. 36 Ad esempio, alla fine di 8 ½ l’autore adotta come scelta cromatica il bianco, la dimensione cromatica è stata trasformata in mezzo espressivo. In altri momenti domina invece la recitazione degli attori, sta all’autore attribuire all’uno o all’altro valore espressivo. Eizenštein dice che i mezzi tecnici diventano mezzi di azioni: tutto agisce, tutto recita. Il branco recita nel finale di 8 ½ , agisce, la sua presenza è pervasiva. L’inquadratura in soggettiva è un mezzo tecnico attraverso cui la macchina da presa agisce; una forma che esprime soggettività è l’inquadratura in primo piano. ___________ espresso tramite l’inquadratura e poi esplicitato in poche battute di dialogo, tutte incentrate sul guardare La finestra sul cortile di Hitchcock. La soggettiva viene interrotta dalle inquadrature in primo piano del protagonista; “Scene di vita osservata vengono commentate dalle espressioni del viso del protagonista. Lo schema è molto semplice e non cambia lungo il corso del film: inquadratura in soggettiva volto commento del protagonista. 6 marzo 2018 Continuando ad esplorare questo mondo interiore, c’è la soggettiva come strumento chiave che consiste nell’assumere il punto di vista dell’altro sia a livello dello sguardo, della percezione e sia della sua ottica, visione del mondo. Oltre a questa resa cioè sguardo e pensiero ce n’è anche un'altra, che viene data dalla ripresa ravvicinata del volto che viene definita inquadratura in primo piano, il campo dell’immagine viene suddiviso in più piani a seconda della distanza che un oggetto o un personaggio ha rispetto al piano dello sguardo. La parola piano sta anche per campo visivo. La finestra sul cortile – la sequenza fi inquadrature ci propone il primo piano del protagonista (A) e poi cosa sta guardando ossia l’oggetto della sua attenzione (B), l’alternanza è continua AB AB AB. Che cosa sceglie di osservare e che reazioni suscita in lui, quanto tempo dedica ad osservare una scena, questo film attraverso questo gioco di sguardi del protagonista sul microcosmo del cortile gli ripropone costantemente la grande questione della sua vita ossia la relazione di coppia, tutte le scene di vita che egli osserva nel cortile sono diverse manifestazioni della vita di coppia o delle questioni sentimentali. I due neo sposi, la ballerina con molti corteggiatori, una donna di mezza età sola che sogna di incontrare l’anima gemella definita cuore solitario, la coppia di condomini che dorme sul balcone, l’uomo che uccide la moglie esasperato dell’intrattabilità di questa donna e questo poi diventa l’oggetto di principale attenzione del protagonista e della compagna che vorrebbe il matrimonio ma che va in contro alle resistenze del protagonista. Hitchcock nell’intervista con Truffaut racconta di essersi ispirato ad un esperimento cinematografico fatto nel ’26 all’epoca del cinema muto, esperimento chiave attraverso il quale venne esplorato una peculiarità tipica delle immagini dinamiche, in questo caso il montaggio della sequenza delle inquadrature. Si cercava di esprimere significato attraverso le immagini prima delle parole. Gli anni ’20 erano un’epoca in cui si assisteva ad un fervore per quanto riguarda le peculiarità espressive del cinema. Ci sono anche le ricerche dei formalisti russi che hanno dato i contributi più importante sul montaggio e sui criteri su cui fondare l’accostamento delle immagini per creare un senso e suscitare certe sensazioni nello spettatore. Obbligare lo spettatore dentro percorsi percettivo-interpretativi già delineati, questo nasceva dalla necessità di veicolare un significato in maniera inequivocabile ma anche dal fatto che i formalisti russi erano oltre che teorici del cinema, studiosi di estetica, erano anche registi che volevano impiegare il cinema come strumento di propaganda in un contesto storico-politico nel quale l’ideologia marxista trovava nel cinema uno degli strumenti per essere diffusa; era anche un cinema di propaganda, non era commissionato da nessuno ma era la forte convinzione ideologica e politica degli autori che essi sentissero la spinta di impiagare il cinema come mezzo per diffondere queste idee. Concentrandosi sul montaggio, i formalisti avevano concluso che questo fosse l’elemento principale per la realizzazione di un film anzi fosse il mezzo deputato a veicolare il significato anche indipendentemente dalle singole inquadratore e dal contenuto e significato di queste inquadrature. Vertov sosteneva, con il montaggio creo un uomo più perfetto di Adamo, l’accostamento avviene sul piano temporale delle inquadrature Lev Kulešov – Effetto Kulešov Diceva ricostruisco la geografia del mondo; ha preso due attori un giovane e una giovane che recitavano la parte degli innamorati, li ha fatti passeggiare in un parco vicino alla casa bianca, nel gioco di sguardi tra i due e del rapporto tra figura e sfondo ha incluso altre inquadrature in cui si vedeva il Cremlino e in questo modo ha dato l’impressione di un’unica scena. Ciò voleva dire che aveva effettuato le riprese sia a Mosca sia a Washington ma dal modo in cui erano montate risultava un’impressione di unitarietà dell’ambiente in cui si svolgeva la scena. La percezione va verso una dimensione altra, che non è reale ma immaginaria e illusoria ma che nonostante questo mantiene vero somiglianza, plausibilità e un forte grado di realismo Impressione o illusione di realtà. Nella convinzione piena che il montaggio fosse tutto, l’unico elemento in grado di attribuire significati alle immagini, Kulešov e Pudovkin si convincono che, nel cinema, l’attore non sia importante anche se Pudovkin era egli stesso un attore. Si erano convinti di questo perché: • nonostante compissero questi artifici e manipolazioni della realtà il loro cinema era definito realismo sovietico, non voleva far sognare gli spettatori con la fantasia, piuttosto voleva immergere gli spettatori nei problemi del proletariato quinti fame, sfruttamento, umiliazione, subalternità. • Dal punto di vista contenutistico, forte rivelazione della realtà nei sui aspetti che fino a quel momento il cinema non aveva mostrato • L’attore professionista non ha importanza, ma è la relazione tra le inquadrature ad essere importante. Per queste due ragioni credevano che l’attore non dovesse essere professionista, era meglio prendere veri contadini, proletari per recitare i rispettivi personaggi nel film; un attore professionista avrebbe dato meno verosomiglianza a queste figure perché avevano tutti un background teatrale e quindi una recitazione molto marcata ed enfatica poco realistica. Sarà poi il montaggio a produrre il senso che vuole l’autore. Con l’effetto Kulešov, hanno preso un attore importante dell’epoca, hanno preso un’inquadratura del suo volto in primo piano e l’hanno accostata dapprima ad un piatto con una pietanza, poi ad una donna discinta e poi ad una bambina che gioca. Ci sono varie versioni (tutte mute senza neanche la musica), hanno mostrato questa sequenza ad un pubblico ignaro di essere oggetto di un esperimento, il risultato è stato tremendo perché deriva di entusiasmo per la capacità interpretativa dell’attore mentre invece sappiamo che l’attore non recitava affatto in quanto l’inquadratura era sempre la stessa. La relazione tra le immagini è ciò che conta, se il pubblico delirava per le capacità recitative anche se l’attore non recitava è perché tra e inquadrature si crea una relazione di reciprocità, cioè il senso di un’inquadratura influenza il senso delle altre. Dimostra che il pubblico degli anni ’20 si era già abituato ad una convenzione rappresentativa cinematografica, cioè abbiamo l’abitudine a considerare che quando c’è un volto ripreso in primo piano e poi c’è qualcosa d’altro, questo qualcos’altro si a osservato dalla persona ripresa in primo piano e quindi ci sia questo accostamento tra primo piano e immagine in soggettiva. In questo modo il pubblico ignaro dell’esperimento era portato a vedere nel volto del protagonista un’espressione del volto che invece non 36 c’era (fame, desiderio, tristezza) come se queste diverse situazioni ammantassero il volto del protagonista che gli spettori credevano di vedere ma che in realtà non c’erano perché l’inquadratura era sempre la stessa. Dunque la relazione di reciprocità p ciò che determina l’interpretazione dello spettatore, l’effetto Kulešov crea un’interpretazione fallace. Vista la notorietà dell’attor il pubblico aveva già un pregiudizio positivo sulla bravura dell’attore, è stato anche rinnegato dagli autori per questo motivo. Gli autori definirono il volto neutro ed inespressivo, ma dato che è un volto umano non può essere mai inespressivo. Con l’avvento del cinema sonoro si ricrederanno, e riconosceranno l’importanza dell’attore. Ritornando a La finestra sul cortile vediamo, volto – soggettiva – volto con commento, questa importanza assegnata alle immagini piuttosto che alle parole è ciò a cui Hitchcock tiene moltissimo, ciò che definisce vero cinema è quello che si avvale delle immagini per trasmettere sensazioni e non di parole. Fin dall’inizio il protagonista viene presentato in un modo inconsueto, ma in una sequenza diventata celebre perché il dialogo è completamente assente, la presentazione avviene attraverso le immagini. Il campo, controcampo fonde insieme primo piano e soggettiva, quando osserviamo un volto stiamo contemporaneamente osservano il primo piano per vedere le espressioni e la soggettiva che anche questa sta guardando il primo piano che osserviamo noi. Habemus papam – viene rappresentata la crisi di un papa appena eletto, la rappresentazione della crisi viene messa in scena con ironia, evidenziando tutto l’apparato che sta intorno al papa 12/03 La ripresa ravvicinata Uno dei mezzi che più di tutto ha una forte capacità di presa sullo spettatore nel rendere la soggettività e nel far condividere allo spettatore la soggettività di un personaggio primo piano. I primi telespettatori di fronte alla ripresa in primo piano hanno vissuto una sorta di choc, venivano quasi definite teste mozze. questo choc era proprio di tutti i telespettatori degli ani 20, indipendentemente dal loro grado di cultura none erano abituati a vedere l’essere umano così. Questa forza di fonda su una costrizione, siamo costretti a vedere solo ed esclusivamente ciò che ci appare nel nostro campo visivo, questa costrizione ci impone di focalizzare al nostra attenzione su un elemento particolare, cioè il volto. Bazin riflette sulla dialettica che sussiste sull’immagine cinematografica tradizione, questa non può far altro che mostrare a noi qualcosa che è stato precedentemente ripreso dalla realtà, la grande novità del cinema è quella di rappresentare la realtà non più mediante l’apporto creativo dell’umo ma rappresentare la realtà cristallizzata da una macchina, da una tecnologia. Questa riporoduzion emeccanica della realyà a creato una serie di pregiudizi: ossaipuà solo rappresentare la realtà e non può aggiungere l’astrazione. Invece può raggiungere l’astrazione attraverso l’incarnazione ossia attraverso corpo e quindi nel volto. l’umanità, allo stesso modo nel periodo bellico e anche post bellico la minaccia di morte ha altre cause (Auschwitz e Hiroshima). Il personaggio della morte e il senso di morte (Apocalisse S. Giovanni) nel film: • Nietzsche e la trasvalutazione di tutti i valori: liberazione dalla religione (morte di Dio e sovvertimento della morale), dalle scienze esatte, dalla storia monumentale, dalla morale, dalla verità, dal nihilismo. • Le tre ferite narcisistiche della cultura europea indicate da Sigmund Freud: quella copernicana (non siamo il centro del cosmo), quella darwiniana (non siamo puro spirito), e quella freudiana (non siamo padroni del nostro io). • La disillusione e la tarda modernità tramite la crisi del pensiero europeo: la messa in discussione, da parte di Heidegger, della stessa natura dell’essere. Il neopositivismo e l’assenza dei fondamenti. Il fallibilismo nelle teorie scientifiche secondo Popper. Il teorema di Gödel sull’indecidibilità ideologica. La crisi dell’esistenza nell’esistenzialismo di Heidegger, Sartre e altri. La crisi del soggetto nell’ermeneutica di Gadamer e Ricoeur, nello strutturalismo e nel pensiero di Lacan, Foucault e altri. La “fine della metafisica” in Deleuze, Derrida, ecc. Il postmoderno, il “nuovo nichilismo” e la “liquefazione” (Bauman) di dati stabiliti del pensiero e dell’esistenza. • La razionalità tecnico-scientifica della cultura occidentale: è priva di un fine ultimo. La tecnica non tende a uno scopo, non promuove senso, non svela verità, non apre scenari di salvezza, non redime. La tecnica funziona e, in quanto tale, abolisce lo scenario umano dell’etica e dello spirituale (anche laico) con le sue istanze di senso, causa, finalità. Scena partita a scacchi con la morte, l’incontro del cavaliere con la morte avviene subito all’inizio del film. È sorprendente per il fatto che tra la morte e il cavaliere si innesca un dialogo e un gioco, un dialogo molto realistico. Le parole che vengono pronunciate hanno una certa naturalezza che rimanda un po’ all’esperienza quotidiana, come se fossero due antagonisti che si fronteggiano. Ciò che è più sorprendente è la scelta a priori di Bergman quella di esprimere l’ansia, la disperazione del cavaliere appena tornato da una crociata attraverso una antropomorfizzazione di questi sentimenti, vengono personificati e diventano un personaggio, assumono le sembianze umane in base ad un processo di manifestazione esterna che è un processo primario dell’umano. C’è un processo di antropomorfizzazione, una rappresentazione concreta di elementi astratti; questo è uno dei procedimenti che più si ritrovano nell’ambito dell’estetica e che qui vediamo espresso in un modo arcaico ma estremamente efficacie, la cui efficacia è data dalla naturalezza e spontaneità con cui avviene il dialogo; il cavaliere e la morte dialogano nella più assoluta normalità. Il cavaliere dice alla morte: “ho avvertito da tempo che mi camminavi accanto” questa espressione ci aiuta a mettere insieme il piano concreto e quello astratto. Quello che vediamo concretamente manifestato non è solo quello che vediamo, l’uomo vestito di nero non è solo questo ma rappresenta la morte, il cavaliere non è solo un cavaliere ma rappresenta l’uomo in generale. Transizione continua tra il visibile e l’invisibile; Bergman invita lo spettatore a giocare a questo gioco anche con gli altri personaggi. L’INDIVIDUALITÀ: KIERKEGAARD E I TRE STADI DELL’ESISTENZA Questi personaggi non sono da intendersi nella loro singolarità ma questi 3 personaggi rimandano simbolicamente a qualche cos’altro, il cavaliere è l’umanità tutta o un aspetto dell’umano. 36 • Il saltimbanco e lo stadio estetico: l’artista che vive pienamente l’immediatezza dell’istante e bandisce dalla vita noia, tristezza e monotonia. È l’opposto dello scudiero e del cavaliere, la riflessione è posta alla periferia della vita. Immediatezza, esteriorità e mutevolezza mettono in luce come nello stadio estetico non sia possibile né la scelta né la libertà. L’artista lascia che le circostanze e il caso decidano per lui. • Lo scudiero e lo stadio etico: l’uomo morale, anziché lasciarsi possedere dal tempo, tenda di possederlo, affermando di continui l’impegno e il sacrificio, non la fuga dalla responsabilità. Egli esprime nella ripetizione la riconferma del “coraggio etico della vita” attraverso il quale costruisce la propria identità. • Il cavaliere e lo stadio religioso: l’angoscia che può cogliete l’uomo etico diviene per l’uomo religioso senso di colpa e pentimento che, tramite il “salto della fede”, sono rivolti a Dio. La fede consiste quindi nel rischio e nell’accettazione della prva che rinnovala fede in una “ripresa” continua, in una rigenerazione della credenza. Solo dinanzi a Dio e nella dimensione religiosa della “scelta assoluta” si afferma l’identità. Ma la scelta è sempre sacrificio, dunque, negazione di se: in ciò il “paradosso” e lo “scandalo” della fede. Cristo è l’incarnazione del paradosso e dello scandalo della fede che si impone sempre come testimonianza e mai come dimostrazione. La fede del cavaliere è tormentata, lui chiede prove ha bisogno di essere alimentata da prove. Ci sarà poi un momento finale in cui il cavaliere non chiederà più a dio delle prove ma sarà lui con la sua azione a voler testimonia la propria fede, compiuta alla fine di questo percorso di uscita dalla crisi. Il cavaliere: “Voglio che Dio mi tenda la mano e scopra il suo volto nascosto […] non si può cogliere dio con i propri sensi.” La dimensione del simbolico investe ogni personaggio e ci invita a riconoscere in loro manifestazioni diverse dell’essere umano e stadi diversi della vita La messa in scena degli attori e la predica, anche qui c’è dell’ironia. Se si osserva con attenzione il modo in cui sono rappresentati i flagellanti si può notare l’ostentazione della sofferenza, corredati da prostrazione, disperazione portati all’eccesso. La predicazione che ascoltiamo è caratterizzata da una retorica molto enfatica, propria dell’epoca ma che si manifesta oggi come eccesso. Il cavaliere osserva tutto ciò con distacco e con una certa perplessità, non reagisce con la disperazione, osserva distaccato sia lui che lo scudiero. 19/03 IL SETTIMO SIGILLO SCENA DELLE FRAGOLE E DEL LATTE I grandi autori spesso con efficacie espressione, nel corso della loro esistenza non fano altro che comporre attraverso le singole opere, una sola grande opera. La ricorrenza di temi e questioni è una costante che definisce appunto la poetica di un autore; con una prospettiva leggermente diversa dalla volta precedente. Vi è anche una riccorrenza di forme della rappresentazione visiva e anche di forme drammaturgiche, quelle forme rappresentative che ricorrono da un’opera all’altra diventando la cifra stilistica di un autore. In bergman le fragole hanno un valore simbolico, sia nel film “il posto delle fragole” sia ne “il settimo sigillo”. È l’unico momento in cui i 3 personaggi principali sono insieme, dal punto di vista simbolico è un momento di conciliazione, un momento di armonia tra questi 3 diversi stadi, che non sono altro che 3 diverse interpretazioni del vivere: • Saltimbanco che prende la vita in maniera lieve, incarna la pulsione di vita • Scudiero: l’uomo morale che ha salvato il saltimbanco e si accinege ad aiutarlo di nuovo • Il cavaliere: è invece l’incarnazione dello stato religioso che in Bergman però non è mai pacifico, non è mai certezza ma piuttosto tormento e dubbio. Questo è il momento nel quale l’itinerario interiore del cavaliere, che forma la microdrammautgia, sceglie il sacrifico, sa che morirà presto e dunque sceglie di sacrificarsi. Questa è quella scelta che in Kirkegaard viene definita come lo scandalo della fede. È il momento in cui compire il salto, momenton che lo dispone a testimoniare egli stesso la fede. Dal punto di vista della valenza simbolica dei personaggi è un momento chiave, tutti e 3 appaiono in piena armonia conciliazione dei 3 modi di vivere l’esistenza. Dal punto di vista della struttura drammaturgia è il moneto cruciale, il momento in cui vi è la grande svolta non solo le 3 storie convergono ma è anche il momento in cui ci rendiamo conto che il cavaliere sta superando la sua crisi. dal punto di vista della microdrammaturgia questo è il momento chiave per il: conflitto interiore principio drammatico. È ciò che da avvio a tutta l’azione, il film è incentrato fin dall’inizio su questo conflitto; ogni opera si fonda su uno o più conflitti che possono essere interiori (8 e ½) o esteriori (Romeo e Giulietta). L’azione è volta a superare il conflitto, l’azione ha la finalità di trovare uno stato di pace di conciliazione tra opposti. Dalla poetica di Aristotele in poi la struttura drammaturgia si delinea cosi: 1. PROTASI • Presentazione dei personaggi: la loro storia di vita e poi • Si entra nel vivo del conflitto - una volta conosciuto il conflitto si individua l’obiettivo per superare il conflitto soluzione che i personaggi hanno individuato ma che non hanno ancora attuato 2. EPISTASI - esposizione del conflitto. Fase molto importate perché a volte si scopre che l’obiettivo individuato non è adatto a risolvere il conflitto, quindi si cerca un secondo obiettivo FASE PAROSSISTICA - Entriamo nel vivo del conflitto:: vediamo come si affrontano, in questa fase si assiste ad un crescendo musicale in cui si aumenta la tensione, un crescendo di tipo emotivo fase con tensione massima. Si sfocia ance nell’acme emotivo, punto più alto dell’esasperazione di disagio e congflitto 4. CATASTROFE Non è per forza qualcosa di drammatico ma è un momento di trasformazione radicale, metamofosi. Momento di conciliazione, sia che l’obiettivo sia stato superato o meno. 20/03 PENSIERO LOGICO, RAZIONALE ED EMPIRICO: Distingue tra immagine e reale. Netta distinzione tra ciò che viene rappresentato e il mondo, rimane viva la consapevolezza che l’immagine è soltanto un rappresentazione della realtà. Questo tipo di pensiero è quello che si risveglia quando vediamo scene di finzione particolarmente impressioannti deriva del pensiero LOGICO PENSIERO ANALOGICO, SIMBOLICO E MITOLOGICO : unifica simbolicamente la realtà e l’immagine. 36 Sequenza che illustra la nascita della vita, dagli organismi più semplici a quelli più complessi; verso la fine di questa sequenza lo sviluppo della vita approda all’essere umano, si vede un feto con il cuore che batte e il sangue che pulsa. Dopodiché si vede la nascita di un bambino. Assistiamo ad una storia evolutiva con tanto di dinosauri che vengono rappresentati nella loro aggressività e violenza. Osservando questa sequenza per intero vediamo come l’uomo sia solo una parte del cosmo, come sia fatto di elementi costituenti del cosmo, il suo corpo contiene tutta la storia; contiene acqua, ferro; sia simile nella sua essenza a ogni altra forma di vita è solo una delle tante. C’è appunto un’analogia tra la vita umana e quella del cosmo transfert tra uomo e cosmo. Riferimento più ampio ad un pensare la vita umana e quella del cosmo insieme, simbolo deriva dal greco porre insieme, quell’uomo e il cosmo vengono posti insieme, l’uomo è un microcosmo contiene in sé tutti gli elementi che ci sono nel cosmo; non soltanto li contiene ma quegli elementi sono organizzati similmente in ogni forma di vita. Si fa riferimento ad un pensiero di Tommaso d’Aquino di natura e grazia. Il simbolo ha la funzione di rappresentare attraverso cose concrete qualcosa di astratto. C’è una certa similarità tra la prepotenza della natura che talvolta si esprime e si evolve come conflitto che si riflette anche nel conflitto del padre. Gli elementi naturali sono importanti tanto quanto le parole e i dialoghi, hanno un valore semantico molto importante. La grazia è quella che viene simbolicamente incarnata dalla madre nel corso del film, la via della natura è incarnata da quella del padre. Li vediamo infatti agli antipodi, spesso in disaccordo in conflitto, opposti che sembrano non poter trovare alcun tipo di conciliazione. TEMI: • Vita umana e vita nel cosmo • Natura e Grazia • Grazia richiama tema religioso • La morte (tutto parte dalla morte del fratello del protagonista). Il confronto con la morte è l’opportunità che fa sorgere una riflessione più ampia, includendo anche la genesi della terra e l’evoluzione. • L’educazione del padre ai figli, l’incoerenza del padre che impone regole anche in modo violento che anche lui non rispetta; porterà il figlio a sperare la morte del padre. • Visione che il padre possiede di una vita fatta di competizione e di conflitti con la società, fatta di strategie tattiche (quando li allena con la box), tutto questo viene messo in discussione. Critica che l’’autore muove ad una serie di principi, valori e cultura che imperniano il sogno americano l’uomo forte che si è fatto da sé, che si fa strada nella società e nella vita attraverso la furbizia e non l’intelligenza. • L’educazione della madre in netto contrasto con quella del padre (lui dice “squalifichi tutto ciò che faccio”. Il dissidio interiore che il protagonista vive in gran parte sorge da questa inconciliabilità, queste due visioni che non trovano un punto di incontro, che si sono radicate dall’infanzia dentro di lui. È interessante perché c’è un discorso che si dispone su almeno 3 livelli: 1. L’individuo (la vita individuale) 2. in relazione alla specie e alla natura 3. Dimensione sociale e culturale Più in generale il film intero è incentrato su due questioni: • La trasformazione in senso evolutivo sia in senso di crescita, della metamorfosi, il cambiamento, la transitorietà, l’impermanenza • Opposizione tra natura/grazia, ma anche passato/presente, vita/morte, compassione/violenza, gioie/sofferenza, poesia(madre)/prosa(padre) protagonista sempre in tensione tra questi due estremi inconciliabili. FINALE: siamo della dimensione dell’immaginario, nel percorso interiore che ha compiuto il nostro protagonista, immagina una conciliazione necessario per una sopravvivenza psicologica, per superare la crisi. è alquanto improbabile che ciò accada, non è verosimile. Vediamo una serie di elementi e gesti d interpretare in modo simbolico, apertura di porte come apertura di possibilità. 36
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