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Appunti storia moderna, Appunti di Storia Moderna

Appunti di storia moderna presi a lezione della Professoressa Pavone. Gli appunti partono dal primo cinquecento con la scoperta dell'America ed arrivano fino a Napoleone. All'inizio si ha una panoramica generale sul significato di moderno e su quali sono stati i caratteri generali di questa epoca. Gli appunti sono integrati con immagini.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 24/01/2023

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vanessa-rosi-2 🇮🇹

4.5

(14)

11 documenti

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Scarica Appunti storia moderna e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! 1° lezione 27-09-2022 Cosa si intente con moderno? Per noi il moderno inteso come storia moderna è qualcosa di lontano dalla nostra prospettiva, perché siamo soliti indicare con il moderno qualcosa che ci è molto vicino. Sono gli storici ad attribuire una periodizzazione delle epoche storiche, una periodizzazione che però rimane convenzionale in quanto non vi un giorno preciso in cui inizia l’età moderna e un giorno in cui finisce. Questa periodizzazione dell’eta moderna è attribuita attraverso una serie di parametri e di processi storici. Trovandoci nel 21° secolo molte di queste periodizzazioni vacillano, perché secondo quella che era una periodizazione convenzionale passata, l’ottocento è legato come secolo all’età contemporanea e non moderna, che convenzionalmente si conclude con l’età napoleonica. Sempre di più però ad oggi l’Ottocento ci pare avere caratteristiche in comune con l’età moderna piuttosto che con l’età contemporanea, quindi mentre il ’900è un secolo che possiamo attribuire all’età contemporanea, l’800 è un secolo che sempre di più attribuiamo all’età moderna. Nel mondo anglosassone questa differenziazione è usata già da tempo, infatti quanti si parla di modern history si tratta di storia contemporanea, mentre la early modern history riguarda la storia moderna che va dalla scoperta dell’America alla rivoluzione francese. La terminologia è importante, ed una terminologia che cambia ed evolve con il tempo. Per la prima volta si assume la consapevolezza che “esiste” un moderno che si distacca dall’epoca precedente tra la fine del ‘600 e l’inizio ‘700. È un processo che avviene per gradi. La storia avviene per processi, che sono molto spesso di lunga o lunghissima durata Il moderno è un concetto che si sviluppa tra il ‘600 e il ‘700, soprattutto nel ‘700, che assume la consapevolezza di vivere e di muoversi in un periodo, in un contesto che ha assunto caratteristiche diverse da tutto quello che era accaduto fino a quel momento. Uno degli autori che più riesce a mettere in risalto questo concetto di moderno è Voltaire. Volterre scrive: “ A me sembra che chi volesse mettere a profitto il presente non dovrebbe perdere le sue ore a infatuarsi delle antiche favole, a un giovane consiglierei di avere una tinta di quelle già passate, ma vorrei che uno studio serio della storia lo si cominciasse dal tempo in cui essa diventa veramente interessante per noi, ossia mi pare, verso la fine del 15° sec, nello spirito umano come nel nostro mondo avvenne una rivoluzione che cambiò ogni cosa.” Quindi Voltaire è il primo a mettere a fuoco che con il rinascimento si verificano in Europa, una serie di processi che portano la società a distaccarsi ed ad avere un orizzonte di riferimento diverso da tutto quello che era accaduto nelle epoche precedenti. In questa concezione di Voltaire i momenti fondamentali sono quelli dell’umanesimo e del rinascimento, l’umanesimo si associa a quella che una rivoluzione culturale del pensiero mentre il rinascimento da una parte lo associamo a un movimento artistico e a quella che è la nascita dello stato moderno, in quanto le corti del rinascimento sono un modello e un laboratorio di esso. Per Voltaire la fine del 15° secolo è un momento di rottura rispetto all’epoca precedente, e in questa rottura viene coinvolto con un’accezione negativa il medioevo, che viene rappresentato come un epoca di secoli bui, nella quale si era persa la tradizione della cultura classica e antica. Quello che è importante nel pensiero di Voltaire e in generale nel pensiero illuminista è la concezione lineare della storia, che si basa sull’idea dai progresso; una sorta di ottimismo nella volontà, nella capacità e nella considerazione che l’uomo attraverso la ragione non possa che andare via via progredendo. La civiltà europea è quella che meglio ha saputo rappresentare questo modello. Quest’idea di progresso e di linearità della storia si distingue dalla concezione classica cristiana della storia che era fondata sull’idea della storia come provvidenza. La storia dell’umanità non era importante di per sé ma era importante in previsione di una vita nell’aldilà. L’uomo viveva sulla terra ma l’obiettivo reale era quello di ottenere la vita eterna; era quindi la provvidenza che influenzava e che indirizzava la vita terrena dell’uomo. Questa era una previsione che prevedeva un’idea di continuo nella storia. Questo concetto di continuo si distaccava pensiero di Voltaire in quanto per lui la storia procedeva in maniera lineare ma allo stesso tempo è anche composta da fratture, cioè dei momenti chiave in cui la storia ha un balzo e si distacca da quella che era la visione precedente. La scoperta dell’America rappresenta una vera e propria crisi della coscienza cristiana europea, in quanto quesite nuove popolazioni non conoscevano Dio e il cristianesimo, e quindi sfuggono a quella che era la visione europea della storia e della vita in generale. Questo genera una vera e propria crisi in tutta la teologia europea che deve cercare di riorganizzarsi intorno a queste nuove scoperte. La scoperta dell’uovo mondo si somma ad un altro elemento tipico della visione provvidenzialistica cristiana, cioè il millenarismo. Il millenarismo quella concezione per cui la storia ha comunque una fine (giorno del giudizio). Queste idee erano particolarmente diffuse in torno all’anno 1000, ma sono sempre presenti per buona parte dell’età moderna. Voltaire individua nell’umanesimo e nella fine del 15° secolo il momento in cui si possono rintracciare alcuni elementi di rottura della continuità e quindi possono far pensare alla nascita di qualcosa di nuovo. C’è però una differenza profonda nella concezione del tempo tra quello che pensavano gli umanisti e quello che pensavano Voltaire e in generale i Filosofe, cioè gli umanisti avevano ripreso la loro concezione di tempo dell’epoca classica e quindi ragionava in termini di ciclicità: le ere si succedevano l’un l’altra ma sostanzialmente al passaggio di ogni era si recuperavano elementi di ciò che era già accaduto, nella concezione umanistica si parlava quindi di Magistra Vitae, cioè la storia doveva essere presa in considerazione come un’insegnante, l’uomo quindi doveva imparare dalla storia e non commettere di nuovo gli stessi errori. La concezione degli umanisti era che l'età classica era considerata un'epoca d'oro, il medioevo era considerato l'epoca buia in cui si era persa la concezione di cosa fosse la civiltà, mentre l’umanesimo rappresentava una nuova era che doveva recuperare tutto quello che era stato il patrimonio dell’età classica. L’umanesimo è il momento di partenza di questa idea di moderno. Ma per Voltaire e in generale anche per gli studiosi più moderni sono anche altri elementi che fanno si che in quel tornante di tempo tra la fine del 15° secolo e i primi anni del 16° secolo si possa davvero parlare di una frattura e di sviluppo di una nuova epoca. Il secondo elemento importante è quello delle esplorazioni geografiche: la circumnavigazione dell’Africa, il passaggio attraverso le colonne d’Ercole, la scoperta del nuovo mondo ecc. L’apertura dell’immaginario degli europei oltre l’Europa è un altro elemento che ci fa parlare in qualche modo di moderno. L’uomo ha una nuova idea, un nuovo senso dell’avventura, cerca di passare sopra a quelli che sono i suoi limiti. Ci troviamo da una parte davanti a una rivoluzione in ambito culturale con l’umanesimo, dall’altra abbiamo un cambiamento anche nel campo economico in quanto la scoperta del nuovo mondo e delle rotte transoceaniche segnerà un nuovo modo di vedere i commerci e l’economia, dall’altra parte ancora abbiamo una rivoluzione tecnologica, in quanto abbiamo assistito alla modifica del modo di costruire le navi, per adattarle a viaggi molto più lunghi, integrando anche strumenti utili per viaggiare e per esplorare importati dalla mondo orientale. Un altro aspetto segna un punto di rottura è la riforma del protestantesimo, il pensiero di Martin Lutero è un altro di quegli elementi che provoca una rottura molto forte nell’immaginario degli uomini del ‘500. Questa riforma non ha risonanza solo religiosa ma anche politica perché porterà poi a quella che è la crisi dell’impero; queste due grandi categorie che erano state i pilastri dell’epoca crollano alla luce di questo nuovo pensiero. Il papa non è più il papa di tutto l’orde cristiano e il suo ruolo viene messo in discussione, e così anche la possibilità di ricostruire un grande impero cristiano sotto Carlo V. Svantaggi Chiaramente i mercati oceanici presentavano sfide mai affrontate prima di allora e pericoli comuni a qualsiasi mare: - I pirati: è bene specificare che nell’oceano Atlantico (specie nel’500) la pirateria aveva una forma alternativa a quella a cui siamo abituati a pensare oggi. Potremmo definirla un’alternativa “commerciale” (pirateria ufficiosa) operata da quegli stati che non ebbero potuto acquisire territori nel nuovo continente, o non avevano riconoscimenti ufficiali (Inghilterra e Francia in special modo). Una delle figure più importanti in questo campo è Francis Drake (Sea Dogs), inglese vissuto nella seconda metà del ‘500. Figlio di contadini, Drake fu famoso per la sua grande capacità di navigazione che lo portò ad essere capitano di una nave a soli 22 anni. Insieme a suo cugino negli anni successivi fu attivo nel trasporto illecito di schiavi dall’Africa, ma in una spedizione la sua flotta fu braccata da quella spagnola che fece strage dei suoi uomini. Covante odio per la corona spagnola, la regina Elisabetta I nel 1572 gli affida un incarico da corsaro diretto soprattutto al boicottaggio delle navi di Ferdinando II di Spagna. Nello stesso anno si dirige a Panama, sul quale porto salpavano le navi degli spagnoli ricolme d’oro, e riesce ad accumulare un grande bottino. Visto il successo dell’operazione, la regina gli affida l’incarico di sbaragliare le coste americane affacciate sul Pacifico. La sua flotta condotta dalla nave Pelican subirà una serie di peripezie prima nell’Atlantico e poi nello stretto di Magellano costringendo al ritiro di diverse navi, finché Drake non rimase da solo con la sua rinominata nave Golden Hind (in onore del finanziatore della missione la cui casata aveva in stemma una cerva dorata). Alla fine, non riuscendo a trovare lo stretto che dal confine col Canada riportava all’atlantico, Drake decide di tornare indietro e circumnavigare il globo, diventando il primo inglese a farlo e garantendosi il titolo di Ser. - Naufragi ed acque ostili: le correnti e i venti dell’oceano, molto più impervi ed imprevedibili, misero a dura prova le prime spedizioni oltreoceano nelle quali diverse navi naufragavano disperdendosi per sempre. Questo problema si cercò di arginarlo attraverso le spedizioni di “carovane”, ovvero gruppi molto numerosi di navi in grado di soccorrere gli eventuali malcapitati; - Comunicazioni lente: i viaggi nel nuovo continente oltre ad essere ostili erano anche molto lunghi, attesa che colpiva anche le comunicazioni non efficaci a quel tipo di distanze. Anche per questo si cominciò progressivamente a introdurre avamposti politici e militari nelle terre di dominazione nazionale. Il successo delle esplorazioni fu condensato in un’unica frase dall’economista Carlo Maria Cipolla che disse: Questo perché anche la dimensione della ricchezza, del denaro, nell’età medievale era vista in malo modo a causa della forte moralità imposta dalla fede cristiana. Nell’epoca moderna questo viene meno e i mercanti divengono sempre di più figure ricche e di spicco; attenzione però perché il vincolo religioso non scompare definitivamente, la conquista e l’evangelizzazione vanno di pari passo, si radica l’idea di una missione evangelica nelle genti. La visione di colui in grado di far fruttare denaro dalla propria attività è vista in positivo come ci spiega anche Leon Battista Alberti che scrive un trattato sulla famiglia. ≪ I conquistadores r iuscirono dove i mercant i medievali fallirono non r iuscendo a liberarsi del vincoli religios ≫ Comunità mercantili Minoranze etniche e religiose del tempo: - Ebrei sefarditi: gli ebrei detti del sud (da “sefar” in arabo) che si stanziano in Spagna durante la dominazione islamica durevole dal X al XV secolo, nel 1492, anno in cui cade l’ultimo possedimento saraceno presente a Granada. Questi ebrei si spostano in Italia nelle grandi città portuali (Venezia, Ancona, Livorno) dopo il ‘500 con l’avvento dell’inquisizione spagnola; - Armeni: una minoranza perseguitata che si spingerà fino a Isfahan nella Persia, mentre nell’occidente approderà in abbondanza a Venezia; - Greci; Tutte queste minoranze hanno contribuito allo sviluppo culturale operando una contaminazione che ha mutato anche la prospettiva sugli scambi e il commercio, caratteristica che è valsa l’attribuzione degli storici come commercio interculturale. Scoperta o Conquista? Quando si parla di “scoperta” dell’America sarebbe meglio utilizzare il termine conquista per tre ragioni in particolare: 1. La prima che mette in evidenza la violenza dei fatti accaduti durante la colonizzazione, che determina quindi una condizione di conquista con metodi spregiudicati e quanto più lontani da una scoperta; 2. La seconda invece riguarda più la questione della consapevolezza. Nei suoi viaggi Colombo non fu mai consapevole di aver trovato una terra del tutto nuova, credette solo di essere approdato nella parte più a oriente del mondo. Fu Amerigo Vespucci in una sua lettera indirizzata Lorenzo Di Pier Francesco De Medici, duca di Toscana, a definirlo “nuovo mondo”. Da lì Martin Waldseemüller, cartografo e umanista tedesco, ridisegna il globo e vi aggiunge il nuovo continente denominandolo America in onore di Vespucci; 3. La terza banalmente fa leva sul fatto che effettivamente quei territori non erano disabitati, ma furono abitati per millenni prima dell’arrivo degli europei, facendo crollare il castello di carte eurocentrico; Cristoforo Colombo apre alla visione di una terra sferica, la quale poteva essere circumnavigata per arrivare alle Indie orientali. Nelle sue idee il pianeta assumeva dimensioni sensibilmente più piccole rispetto a quelle reali, pregiudicando dunque la buona riuscita dei calcoli realizzati dal matematico Torricelli. Colombo si rivolse prima ai portoghesi per chiedere finanziamento della sua impresa. Perché proprio i portoghesi? Il motivo va ricercato nel fatto che egli era genovese. I mercanti più influenti del ‘300 e del ‘400 erano proprio i genovesi, che negli anni poi affinarono le loro dosi finanziarie divenendo, dunque, i primi banchieri della storia insieme ai fiorentini. In diverse spedizioni, i portoghesi, chiesero finanziamenti proprio alla città di Genova e Colombo essendone a conoscenza sperava da questa situazione di potervi ricavare dei vantaggi. Così non fu. I portoghesi avevano già inaugurato, grazie a Bartolomeo Dias, una nuova rotta per le indie che circumnavigava l’Africa; rinunciarono così ad appoggiare un progetto che era in balia di così tanti eventi stocastici. Colombo si dirige dalla corona spagnola allora ed ottiene i suoi finanziamenti. Il perché di questa scelta è spiegato col perché della scelta dei portoghesi. Questi ultimi disponevano del monopolio nei commerci via mare con le indie e per cercare di spezzarlo la Spagna acconsentì alla ricerca di una rotta navale alternativa. Dall’altra parte la vocazione cristiana di Isabella di Castiglia le imponeva l’obbligo morale di evangelizzazione verso i popoli non cristiani. Colombo parte e scopre l’America inconsapevolmente, venendo acclamato come eroe dalla folla. Le cose non andranno sempre così, nei successivi viaggi della sua flotta i suoi uomini arriveranno ad ammutinarsi fino ad incatenarlo, costretto a giustificarsi col re in persona per essere liberato. Nel 1494 viene emanato il “Trattato di Tordesillas” che, legittimato da Papa Alessandro IV dei Borgia (famiglia spagnola), traccia un meridiano che suddivide in due parti il globo e determina spagnoli i territori ad occidente della linea e neutri (quindi conquistabili anche dai portoghesi) i nuovi territori che sarebbero stati eventualmente scoperti, il tutto ovviamente avvantaggiando di gran lunga gli spagnoli. Nel 1500 i portoghesi scoprono però il Brasile e, dopo essere stati impensieriti dai tentativi di altri stati nella sua conquista, decidono di usare il pugno duro con la popolazione e fanno propri i territori. L’approccio degli europei al nuovo mondo rispecchia l’approccio di chiunque si interfacci per la prima volta con una nuova realtà; - Da una parte si tende ad utilizzare l’assonanza come strumento per avvicinare il nuovo a qualcosa che si conosce, eventualmente anche dandosi un’auto sollievo; - Dall’altra con alterità si guarda al diverso, in questo caso alle popolazioni indigene che risultavano certamente meno sviluppate di quelle europee; In particolare, gli esploratori erano affascinati soprattutto dalle Mirabilia e dalle così dette Wunderkammer (camere della meraviglia) praticamente dei musei in miniatura. (Albert Durer: rinoceronte ad incisione solo con le descrizioni letterarie). I conquistadores e il mito di El Dorado I primi conquistadores è bene collocarli nel loro reale contesto sociale, un contesto del tutto differente da quello a cui si è soliti pensare. Nella stragrande maggioranza dei casi questi appartenevano al gruppo dei cadetti, figli minori non primogeniti, spesso costretti in attività ecclesiastiche e non ereditieri del patrimonio familiare. Con l’avvento di un clima di scoperta e avventura, anche grazie a miti come quello di El Dorado, collocato inizialmente in oriente e dopo la scoperta di Colombo in America per via del rinvenimento di oro negli alvei dei fiumi; i cadetti furono spinti a cercare la fortuna oltreoceano cercando di redimersi ed allo stesso tempo spinti da uno spirito di genuina curiosità e azione. Per quanto riguarda la “politica” applicata dai conquistadores, ed il perché di un uso così spregiudicato della violenza, ci è utile la lettera che Hernan Cortes invierà all’imperatore Carlo V per giustificare i suoi massacri. In quella lettera, ex post allo sterminio della comunità Incas, Cortes riporta un discorso del loro capo Montezuma probabilmente mai avvenuto o mistificato fino ad autocompiacimento. Il discorso verteva sulla fede azteca e sulla sua visione ciclica del tempo, questa avrebbe predetto una conquista imminente di divinità azteche, che poi a detta di Cortes, furono individuate in lui, nei suoi uomini e nel re stesso, che da come descritto doveva assomigliare certamente ad un dio. Quando gli europei arrivano procedono in una prima fase con quelli che sono definiti i battesimi di massa, cioè si arrivava in un villaggio, si raccoglieva la popolazione nella piazza maggiore del villaggio, gli si ripetevano una serie di preghiere cristiane e poi gli si impartiva il battesimo. Gli indigeni venivano battezzati ma non concepivano effettivamente cosa gli stessero facendo, quindi anche se la popolazione apparentemente era stata battezzata in massa, nella loro vita quotidiana continuavano con i loro riti, che spesso si esprimevano con la devozione alle immagini sacre della propria divinità, quindi con le immagini si raccontava la storia di quelle particolari civiltà, soprattutto in quanto non utilizzavano la forma scritta. Per questo motivo i coloni, come una delle prime misure prese nei confronti degli indigeni, procedettero confla distruzione delle immagini. Gli storici hanno avuto molta difficoltà a ripercorre e ricostruire la storia di questi imperi in quanto mancavano le fonti per poterlo fare, per certi verso hanno aiutato le prime storie composte dai missionari, che si recavano nel nuovo mondo, non per mantenere memoriali quelle culture ma per entrare più facilmente nella vita degli Indios, cercarono di mantenere una memoria di quelle storie, in parte trasportarono la memoria orale in una memoria scritta. La questione dell’Encomienda L’istituto fondamentale su cui si regge la colonizzazione spagnola è l’encomienda, che sostanzialmente era una sorta di relazione istituzionale che si stabiliva tra il sovrano spagnolo e i conquistadores, era il sovrano a concedere gli Indios ad essi, e quindi in qualche modo questo possesso degli indigeni era riconosciuto legalmente in Spagna. Vi era però difficolta di comunicazione tra le due sponde. Il re risiedeva in Spagna, e il popolo inizialmente la società americana non era organizzata in maniera formale e gerarchica per cui si fa sempre capo al sovrano ma non c’è in loco sul territorio una figura istituzionale di mediazione tra il singolo conquistador e il sovrano, quindi la società americana è un po allo stato brado, abbandonata al miglior offerente. Quello che accade nella prima metà del cinquecento è un vero e proprio modo di approfittarsi da parte dei conquistadores di quella che era stato questo istituto dell’encomienda, rendendolo molto più estensivo rispetto a quelle che erano state le intenzioni del sovrano. Quindi mentre a ancora all’inizio del 1500 Ferdinando d’Aragona con le leggi di Purgos aveva riconosciuto il valore dell’encomienda ma ribadiva che la dipendenza degli Indios era al sovrano e non agli encomenderos, di fatto questa legge di Purgos arrivata in America era una legge morta, perché non vi era nessuno a controllare, per cui negli anni ’40 il nuovo sovrano Carlo V, istituisce delle nuove leggi che in qualche modo definiscono che gli encomenderos non possono approfittarsene di questa autonomia che si erano auto attribuire nel possesso degli indigeni, ma devono mostrare al sovrano quelle che sono le carte originarie dal quale egli può effettivamente riconoscere che loro posseggono quella parte di popolazione in maniera legale. Il popolo e lo stesso sovrano si rendono conto che gli encomenderos si approfittarono della situazione in quanto di trovavano nella terra di nessuno. Perché si salvi completamente questa situazione ci vorrà ancora qualche decennio. Carlo V inizio a voler mettere un freno e a intervenire su questa situazione, perché un padre domenicano, Bartolomeo de las casas, di seconda generazione, cioè che il padre era un encomenderos, conosceva dall’ interno quella che era la situazione delle società americana, e vedendo la situazione di sfruttamento a cui è sottoposta la popolazione indigena decide di abbandonare la casa paterna e di entrare nell’ordine religioso dei domenicani. Bartolomeo de laa casas scrive un importante trattato, dal titolo “La brevissima relazione delle distruzione delle Indie”, scritto intorno al 1540. Bartolomeo già negli anni ’40 ha una consapevolezza molto forte del fatto che la decimazione della popolazione indigena sta avvenendo a ritmi forzati, e che non si può continuare su questa strada, decide quindici indirizzare questa sua relazione al sovrano spagnolo, convinto che il sovrano non essendo presente nel luogo non conosca effettivamente la situazione americana. Estratto della relazione: “Dopo finite le guerre, et con esse l’uccisioni, divisero fra di loro tutti gli huomini, restando per ordinario li giovanetti, le donne et i fanciulli, dandone ad uno trenta, ad un altro quaranta, ad un altro cento e duecento secondo che ciascuno era in gratia al tiranno maggiore, che chiamavano governatore. Et così havendogli compartiti, gli davano a ciascun christiano sotto questo pretesto, che dovesse ammaestrargli nella fede cattolica; ed essendo essi tutti communemente idioti et homini crudeli, avarissimi e vitiosi, gli facevano parochiani dell’anime.” Successivamente vennero organizzati due vice remai, il vice reame del Messico e il vice reame del Peru nella parte centra e e nella parte sud del continente. La creazione del vice reame significa creare un sistema burocratico e di amministrazione dello stato di molto più pervaso sul territorio, che in parte riuscirà a tenere sotto controllo gli encomenderos, rallentando il fenomeno di decimazione della popolazione, nonostante il grosso dei danni sia già stato fatto. Colonizzazione ed evangelizzazione viaggiano di pari passo ed anche per questo iniziano ad avere luogo le prime suddivisioni per distretti ecclesiastici sulla falsa riga del sistema diocesano applicato in Europa. In ambito religioso uno dei fenomeni più rilevanti è quello dell’avvento dei missionari già dall’inizio del ‘500, in funzione dell’idea di missione dell’evangelizzazione radicata già dai tempi del medioevo nel senso comune. I primi missionari, come accennato in precedenza, adottarono un sistema veemente ed aggressivo, basato sul battesimo di massa sugli indigeni e attraverso la distruzione delle immagini sacre e della cultura religiosa autoctona favorendo così una repulsione della stessa. In un secondo momento però l’affermarsi dell’ordinamento gesuita (compagnia di Gesù) intorno alla fine degli anni ’30 predilige un approccio diverso, definito come conversione del cuore, prediligendo il dialogo con i singoli piuttosto che con le masse e avvalorando l’idea di un’istruzione religiosa, nonché base per una maggiore consapevolezza da parte degli indios. Ai gesuiti si deve il merito della trascrizione delle lingue dell’epoca (tribù Guaranì) e non soltanto, si impegnarono anche a ricostruirvi una vera e propria grammatica. Il più importante emissario del messaggio evangelico fu Francesco Saverio, uno dei fondatori dell’ordine tra i più vicini al fondatore vero e proprio Ignazio Loyola, che lascia Lisbona ancor prima che l’ordine venga riconosciuto in modo ufficiale da Papa Paolo III nel 1540 con la bolla Regimini militantis ecclesiae che limitava il numero di membri a 60. Egli si dirige in India cominciando a predicare sulle coste sbarcando a Goa e convertendo la cosiddetta “comunità di pescatori di perle”. Negli anni successivi si spinge fino a Taiwan per poi approdare a Malacca, un’isola malese dove incontrerà dei giapponesi che gli promisero di estendere il culto fino nel loro paese; fu così che si spinse verso Kagoshima in Giappone, sull’isola Kyushu, evangelizzando parte della popolazione dell’arcipelago. Saverio inizialmente non fu bendisposto nei confronti degli evangelizzati, la sua politica fu molto vicina a quella adottata dagli spagnoli in America, caratterizzata da aggressività e favoreggiamento dell’iconoclastia in un primo momento. Sulla gestione religiosa le politiche coloniali portoghesi e spagnole, in un primo momento molto diverse dal punto di vista dell’approccio politico, viaggiarono su binari paralleli. Saverio dopo il Giappone decise di recarsi in Cina, ma durante il viaggio si ammalò e morì nel 1552. Una testimonianza eclatante del fenomeno di cristianizzazione delle indie ci è data dalla, ormai fatiscente, facciata della chiesa di S. Paolo a Macao (sud Cina) in chiaro stile barocco. Molte di queste conversioni furono comunque di natura politica, si sperava che così facendo si potesse entrare sotto l’ala protettiva dei coloni. Ciclo dell’argento Viene definito così il ciclo mercantile che si sviluppò intorno a quello che inaspettatamente, visti i racconti di Colombo sulla facilità nel rinvenire oro nelle indie e il mito di El dorado, si rivelò il metallo più prezioso e allo stesso tempo abbondante presente in America. Questa risorsa in realtà ebbe poi dei risvolti controversi se pensiamo che da una parte la ricchezza potenziale toccava picchi inimmaginabili e dall’altra la sua gestione non fu affatto facile, ed anzi porterà alla crisi seicentesca la Spagna di Filippo II, figlio di Carlo V, a cui seguiranno poi due bancarotte. L’argento era principalmente utilizzato per gli scambi nell’oriente sul pacifico, soprattutto al fine di acquistarvi spezie e sale. D’altra parte, in quegli anni si venne a creare un vero e proprio commercio triangolare che si componeva di due tipologie di scambi differenti: - Scambio Colombiano: comprendeva quegli scambi tra Americhe ed Europa, ed in particolare l’importazione di patate, pomodori, granturco, vaniglia, cacao, zucchero (Brasile), peperoncini; tutti questi prodotti avranno un impatto importante sulla cultura europea; - Scambio Magellano: comprendeva quegli scambi tra oriente ed Europa, ed in particolare l’importazione di caffè dall’Africa, cotone, the, spezie ed erbe officinali; Mentre le principali rotte che venivano seguite erano: - Carrera de Indies: partente dal porto di Veracruz, città portuale del Messico che affaccia sulla baia de Campeche del golfo del Messico e fondata da Hernan Cortes nel 1517; - Cartagena: tratta di grande importanza perché in essa erano operati anche i traffici di schiavi che furono deportati dall’Africa alle Americhe per sopperire ai lavoratori indigeni inadatti e al crollo demografico. A differenza di quanto si può pensare, gli schiavi non erano presi con la forza, ma venduti dai sovrani dei regni anche per risorse apparentemente obsolete per gli europei, si può dire quindi a basso prezzo. In Africa ciò che aveva valore era il possesso degli uomini, più uno possedeva uomini e più assumeva importanza, questo a causa della vastità del continente e delle sue caratteristiche geologiche che ancora oggi lo qualificano come molto arido, ambiente impervio per l’agricoltura o altre attività di sostentamento; - Nombre de Dios Lo scalo intermedio si svolgeva sovente nei porti di Havana e Cuba, mentre la meta finale era Siviglia in cui viene istituita la casa de contrtation, ovvero un centro di accumulo e smistamento di merci. È soprattutto nel ‘500 che il commercio ampiamente controllato e manipolato dallo stato assumerà le caratteristiche peculiari del mercantilismo. Questa politica economica stabiliva la ricchezza di uno stato sulla base del surplus economico, ovvero un bilancio tra importazioni ed esportazioni positivo e quindi la superiorità in termini numerici di queste sulle prime. In Europa, specie in alcuni stati quali la Spagna, la dottrina mutò radicalmente nel bullionismo, che in sostanza prevedeva la destinazione delle monete d’argento ai tributi dell’importazione, mentre la retribuzione delle esportazioni doveva avvenire attraverso il pagamento di monete d’oro. Si attribuiva, a parità di valore di scambio, un maggiore valore intrinseco all’oro cercando di destinare le monete in leghe meno nobili all’uscita dallo stato a favore dell’entrata di monete considerate in grado di aumentarvi la ricchezza di stato. In Inghilterra Enrico VIII riesce a convincere i nobili ad accettare l’anglicanesimo nazionalizzando la proprietà ecclesiastica, cioè la chiesa aveva un patrimonio ecclesiastico un po’ sparso ovunque, nel momento in cui i paesi passavano alla riforma, i cattolici perdono quei territori. Queste terre passano alla corona e il re li dona ai nobili, convincendoli ad accettare la nuova confessione. Modificare la religione nel cinquecento significava modificare tutta la propria vita, perché l’uomo dell’età medievale e moderna è un uomo profondamente impegnato da una visione provvidenzialistica della storia in cui la vita terrena è qualcosa che in qualche modo serve solo per guadagnarsi la vita in paradiso, e sopratutto la vita quotidiana è segnata da una serie di pratiche e rituali voltati alla visione dei sacramenti come il battesimo, il matrimonio, l’eucarestia, la cresima ecc, sono tutte tappe che scandiscono la vita dell’uomo. Quindi diventare protestante nel cinquecento significava cambiare il proprio approccio alla messa, significava rinnegare le immagini e i santi. La riforma è uno dei primi momenti che è caratterizzato dell’iconoclastia, cioè di distruzione delle immagini. La religione non era una piccola parte della vita dell’uomo che scorreva parallelamente ad essa, ma aveva un ruolo di primo piano. Il quattrocento aveva visto modificare profondamente quello che era il ruolo della corte di Roma, la chiesa era diventata sempre di più una chiesa temporale, il che vuol dire che anche all’intento di un ambiente di persone colte sempre di più si tendeva a guardare al pontefice come un principe, alla stregua degli altri principi che regnavano in quel periodo in Italia, e questo immaginario era favorito dal fatto che nel cinquecento la corte romana era diventata una corte di mecenati. Oltretutto a Roma risiedevano i vescovi. A livello territoriale c’era stato un forte sganciamento tra quella che era la politica del centro e quella che era la condizione della periferia. Questo sganciamento dalla fede e sopratutto dalla conoscenza dei dogmi della fede cristiana viene percepita fortemente all’interno della società dalla colta dell’epoca, e una delle figure più importanti è quella di Erasmo da Rotterdam. Erasmo scrive nel 1509, quindi otto anni prima di quella che sarà l’inizio della riforma. Erasmo è il primo che propone di ritornare a seguire quelli che sono i testi sacri della bibbia. Erasmo è una dei primi che nel cinquecento incarna la figura del viaggiatore in Europa, si muove per tantissime città, da Rotterdam dove nasce si sposterà a Londra, poi a Parigi, verrà in Italia toccando un po’ tutte le principali città italiane, finendo poi la sua vita in Svizzera a Basilea. Erasmo è una di quelle figure che fa da tramite tra l’universo cristiano cosi come era noto prima della riforma e poi quella che sarà la riforma protestante, questo perché lui non aderirà mai al luteranesimo però è il primo a prendere una condizione critica verso la chiesa cattolica. Due altre figure importanti sono due monaci che fanno parte dell’ordine religioso dei camaldolesi, e sono Paolo Giustiniani e Pietro Querini. I due nel 1513, soli quattro anni prima della riforma protestante scrivono un libello (“Libellus ad Leonem X”), e lo indirizzano a papa Leone X. Leone X era uno dei due papi appartenente alla famiglia De Medici. Scrivono questo libello per far passare il messaggio al pontefice che vi era bisogno di una riforma della chiesa, di una chiesa che sta assumendo sempre più tratti secolari e che si sta staccando da quello che è il suo compito, i due quindi fanno una serie di proposte su come si può migliorare la situazione. La prima cosa che propongono è quella che si può ridurre il numero delle famiglie degli ordini religiosi, un altro obiettivo che propongono è quello di costringere i vescovi a risiedere nelle proprie diocesi, riacquistando un contatto diretto con quelle che erano le proprie comunità. Ci sono anche degli elementi di questo libello che ci fanno intravedere l’antisemitismo della società dell’epoca. Nel libello si propone ricreare dei ghetti, mettendo in luce la pericolosità della famiglia ebraica in Italia. Il loro obiettivo non è quello di creare una nuova chiesa, ma quello di mettere in luce i problemi di essa. Questo è un precedente impernate perché nel corso del novecento si è sviluppato un grande dibattito tra gli storici, se la chiesa che nasce dal concilio di Trento dovesse essere indicata come una riforma cattolica oppure come una contro riforma. Coloro che mettevano in risalto l’aspetto della riforma si richiamavano a tutti questi precedenti, cioè al fatto che Lutero aveva provocato una rottura dell’unita confessionale, però la chiesa aveva già cominciato ad auto riformarsi. Invece chi insiste sul termine controriforma vuole sottolineare che il concilio di Trento è solo una reazione alla riforma protestante, e quindi la chiesa senza la riforma protestante non avrebbe messo in moto nessun meccanismo di riforma. Martin Lutero e la nascita della riforma protestante Martin Lutero è un monaco agostiniano. Agostino nei suoi scritti aveva da sempre sottolineato l’importanza della grazia in relazione alla salvezza. Lutero insisterà proprio su questo punto. Il pensiero di Lutero si colloca all’interno di una società tedesca che in quel particolare momento storico era critica nei confronti della società di Roma, e lo era soprattutto perché individuava nella chiesa una sorta di controllo anche economico nei confronti dei territori tedeschi. In Germania esistevano principati che avevano un ruolo importante nell’elezione dell’imperatore, e in quel periodo la figura di vescovo e di principe era accoppiata, vi erano i principi vescovi che esercitavano una pressione sociale economica e anche politica molto forte sulla società circostante. Molto forte in quel periodo in Germania era anche la pratica delle indulgenze, le indulgenze consistevano nell’ottenere la salvezza, in cambio di una somma di denaro. L’indulgenza plenaria dei propri peccati si può ottenere durante il Giubileo, che è quell’occasione in cui il credente facendo un percorso di pellegrinaggio in una serie di basiliche romane otteneva l’indulgenza plenaria. Nel 1500 l’indulgenza plenaria si poteva acquistare. Secondo la chiesa cattolica erano necessarie due cose le opere e la grazia, la grazia dipendeva da dio, le opere dal singolo. Le indulgenze vengono fatte passare per delle opere, chi acquista le indulgenza sta facendo un’opera buona nei confronti della chiesa, perché l’indulgenza vengono considerate un contributo dei fedeli alla costruzione della fabbrica di San Pietro. Questa pratica si diffonde nel quadro del Sacro romano impero, più che il altre parti d’Europa, questo perché in Germania ci sono appunto molti principi - vescovi. La un certo punto comincia a vedere sempre con maggiore fastidio questo ingerenza, nella vita delle fedele e sopratutto considera questa pratica che in realtà aveva un. Resoconto esclusivamente economico. Questo è il contesto tedesco nella quale si colloca Lutero, il che non vuol dire che non partisse da una propria visione dogmatica di quella che era la teologia della chiesa. Un conto è il contesto e un conto è Lutero, perché la riforma si diffonde in Germania è necessario che le due cose vadano parallelamente, però Lutero non è un politico che un giorno decide di schierarsi contro le indulgenze, ma parte da un’esperienza personale. Questo pensiero si fonde intorno alla giustizia di dio, Lutero si interroga su cosa sia la giustizia di dio a partire dalla lettera ai romani di San Paolo, una delle figure principali della nascita del cristianesimo. San Paolo insiste su quest’idea della giustizia di dio, e Lutero in un primo momento interpreta su un piano che lo avvicina alla tradizione biblica dell’antico testamento, cioè dio è colui che giudica gli uomini e che quindi esprime la sua serenità nei confronti di essi. Successivamente Lutero modifica il suo pensiero di giustizia e avvicinarla non tanto a un dio giudice ma un dio giusto. All’uomo basta la fede, non necessario che ci siano anche le opere, perché e proprio partire dalla sola fede, è proprio affidandosi totalmente a dio con tutto se stessi che dio ci ricompensa con la salvezza. Avviene quindi un rovesciamento, partendo da una visione pessimistica di dio e dell’uomo secondo la quale l’uomo non è mai abbastanza per dio, per arrivare ad un’idea per cui se l’uomo si affida dio allora sarà salvato. Quest’idea è molto importante perché ne scaturiranno tutta una serie di conseguenze fondamentali, che poi saranno importanti per la riforma, perché se l’uomo deve affidarsi veramente solo a dio l’uomo deve avere libero accesso ai testi sacri e alla bibbia, ma fino a quel momento i testi sacri erano stati interpretati dai sacerdoti. Da quest’idea di Lutero ne discende una rivoluzione per quello che riguarda il ruolo dei sacerdoti all’interno della comunità dei fedeli. A questo punto si rivolta tutta quella che è la visone dei sacramenti della chiesa cattolica. Tutti sacramenti che vedono la centralità del ruolo del sacerdote vengono eliminati, e rimangono solo l’eucarestia e la cresima. L’eucarestia viene mantenuta perché è un diretto accesso al corpo e al sangue di cristo. Per i cattolici durante l’eucarestia il pane e il vino diventano corpo e sangue di cristo (transustanziazione), mentre per i protestanti il pane e vino diventano si corpo e sangue di cristo ma rimangono comunque pane e vino (consustanziazione). Con Calvino addirittura la comunione diventa la rappresentazione simbolica dell’ultima cena, quindi non vi è più corpo e sangue di cristo. Il passaggio da un’elaborazione del pensiero da parte di Lutero all’interno dell’ordine agostiniano, quindi in un complesso ancora molto ristretto, alla pubblicazione delle 95 tesi che vengono considerate l’atto fondativo della riforma. Queste tesi cominciarono a circolare da una parte intervenendo nella condanna di quella pratica delle indulgenze, quindi Luterò cerca una sponda nel contesto di disagio e insofferenza che si era creato, dall’altra insistendo su questi due principi della “sola fide” e della “sola Scriptura”. Da questo ne poteva discendere solamente una condanna da parte della chiesa di Roma. Leone X quando viene a conoscenza del contenuto delle tesi non può fare altro che condannare Lutero, nel 1520 con la bolla “Exsurge Domine”. Vediamo però che dall’affissione delle tesi al provvedimento di Leone X passano all’incirca tre anni, questo perché all’interno dell’Europa le comunicazioni sono lente, ed è lenta soprattutto la chiesa di Roma nel reagire alle tesi di Lutero. Leone X si rende conto che bisogna agire nei confronti di Lutero, perché si rende conto che nel contesto tedesco Lutero ebbe una grande influenza. In questi tre anni Roma comincia a capire che queste tesi hanno una diffusione tale che bisogna ricorrere hai ripari. Roma quindi si rivolge all’imperatore, che è l’altra figura capo saldo della società dell’epoca. L’imperatore nel 1521 era Carlo V, ed egli convoca la dieta di Worms, e convoca Lutero, nella speranza di fargli adunare le tesi. Lutero però non intende desistere e quindi l’imperatore cerca di imprigionarlo, ma riesce a salvarsi perché il principe di Sassonia sposa le idee luterane, e quindi riesce far fuggire Lutero e a trasferirlo all’interno del suo principato. La situazione si complica ancora di più, perché il sacro romano impero, che possiamo definire un impero federale, era composto da tanti stati e staterelli; sicuramente l’imperatore aveva poteri molto ampi, pero all’interno dei singoli principati, i principi avevano la loro autonomia e l’imperatore non poteva entrare all’interno dei confini della Sassonia se il principe non voleva, e di fatto questa grande autonomia dei singoli stati “tedeschi” consente a Lutero di salvarsi. Il principe di Sassonia acconti il passaggio al luteranesimo, perché vedeva in esso la possibilità di numerose acquisizioni dal punto di vista territoriale. Questo fu un grandissimo problema per tutto il corso del cinquecento, sostanzialmente la chiesa a più riprese cercherà attraverso l’intervento dell’imperatore di riprendersi questi suoi grande proprietà ecclesiastiche. Se la riforma si diffonde e riesce ad avere un impatto cosi grande è perché riesce a intervenire sul versante sociale ed economico, e quindi di conseguenza anche politico, la religione è fondamentale perché da essa si può intervenire su tutta un altra serie di ambiti che non sono solo quelli spirituali. Lutero nel 1520 scrive tre testi che hanno degli obiettivi diversi. La grande capacità di Lutero è quella di essere nel contesto storico all’interno del quale si muove, un grande comunicatore. Con Lutero vediamo un cambiamento importante nella comunicazione, in parte legato all’invenzione della stampa, perché con questa sua strategia Lutero scrive cose diverse che ovviamente riprendono tutti e tre i punti fondamentali del suo pensiero, però si rivolgono a un pubblico differente. Il primo testo si intitola “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca”, possiamo definirlo come un appello politico, in quanto si rivolge alle figure dei principi e cerca di convincerli a passare dalla parte della riforma, e ovviamente utilizzerà quegli elementi legati agli aspetti più secolari del suo pensiero. Enrico VIII e l’anglicanesimo Enrico VIII Tudor, sposa Caterina d’Aragona, figlia di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona. Il re inglese in una prima fase della riforma protestante si schiera decisamente dalla parte del pontefice, al punto di scrivere un trattato in difesa della chiesa di Roma, quindi da un punto di vista teologico il sovrano non aderisce minimamente alla riforma, ma poi innamorati di Anna Bolena, il re chiede al pontefice di concedergli l’annullamento del matrimonio da Caterina, ma questo non viene accettato, in quanto Caterina era spagnola, e la Spagna era molto alleata con il pontefice, e annullando il matrimonio il pontefice si sarebbe messo contro Carlo V. Nel 1535 mettersi contro la Spagna e quindi contro Carlo V significava creare un’ulteriore problema. A questo punto per questioni politiche Enrico VIII promulga l’atto di supremazia, quell’atto che stabilisce l’indipendenza della chiesa d’Inghilterra dalla chiesa di Roma, e la supremazia del monarca come capo della chiesa d’Inghilterra, anche se poi ufficiosamente sarà l’arcivescovo di Canterbury a tenere il titolo di capo della chiesa anglicana. Con quest’atto di supremazia Enrico VII porta l’Inghilterra nell’albero delle chiese riformate. L’atto di supremazia verrà poi ribadito anche da Elisabetta I, che si porta sulla stessa linea paterna, suscitando però anche una serie di sottri della società inglese. Una parte dell’aristocrazia rimarrà, sopratutto nella prima fase a Roma, cercando di lasciare inalterate le proprie proprietà, anche se poi sarà costretta a cederle e sopratutto sarà costretta anche a professare la propria fede clandestinamente. Giovanni Calvino Ritratto eseguito da Tiziano. Calvino è di origine francese e in un primo momento aderisce alla riforma di Lutero, è un suo seguace. In una prima fase di diffusione del luteranesimo in Francia, aderisce alle idee riformate, ma viene poi costretto a prendere la via della fuga quando il re di Francia comincia a vedere con sospetto questi circoli luterani, attuando anche una serie di arresti. Calvino comincia una serie di peregrinazioni, e si può associare alla figura di Erasmo da Rotterdam, che peregrina per le diverse città maggiori europee. Calvino si muove maggiormente tale città dell’impero, dove viene invitato anche da riformatori. Calvino ben presto si distacca dalle idee luterane portandole ad una specie di radicalizzazione, che prende forma nella sua opera più importante che è “L’istituzione della religione cristiana”. Il concerto chiave del pensiero di Calvino è l’idea della predestinazione, cioè ognuno di noi quando nasce sa già se sarà salvo e se sarà dannato, perché dio lo decide preventivamente. Dalla teorizzazione della predestinazione per l’uomo ne può derivare una sorta di pessimismo e di passività. Per quale motivo l’uomo non deve abbandonarsi alla passività nella sua vita terrena?per in qualche modo l’uomo attraverso il proprio successo terreno può avere una testimonianza della sua salvezza. Quindi tutt’altro che passivo l’uomo deve essere attivo per dimostrare se stesso agli altri di essere salvato. 5° lezione 24-10-2022 Giovanni calvino e il Calvinismo Calvino nel corso delle sue peregrinazioni decide di stabilirsi a Ginevra, che sarà poi nota come la città di dio, perché all’interno di essa Calvino mettere in piedi un sistema di governo in cui l’aspetto politico sociale e l’aspetto religioso sono sovrapposti, una città in cui il ruolo di governo viene assunto dalle stesse figure che sono a capo della comunità religiosa, cioè i pastori. All’interno di Ginevra c’è una sorta di sovrapposizione tra quello che è il governo spirituale e quello temporale della città, per questo viene definita come la città di dio per sottolineare questa forte matrice spirituale della città. La predestinazione parte dal presupposto che gli uomini sono stati già predestinati da dio e quindi la salvezza non dipende né dalle opere né dalla fede come prevedeva oli cattolicesimo, né dalla sola fide secondo quella che era la dottrina luterana. La predestinazione non significa che l’uomo debba abbandonarsi all’ignara inattività, perché può avere dei segni di essere tra i prescelti di dio attraverso il successo che si può ottenere nella propria vita terrena. Questo è un altro elemento che mette insieme gli aspetti temporali e spirituali, in qualche modo il temporale è la vita quotidiana. L’altro grande concezione del potere politico da parte di Giovanni Calvino è quella legata al tema del tirannicidio. Si può capire il pensiero di Calvino su questo argomento leggendo un estratto del suo scritto “L’istituzione della religione cristiana”. Si insiste molto sul tema del tirannicidio perché Calvino in un certo senso giustifica il tirannicidio, cioè sostiene che ci sono determinate occasioni, situazioni e contingenze politiche nelle quali la comunità dei fedeli ha tutto il diritto di rivoltosi contro il proprio principe. Estratto: “La concezione del potere politico e del tirannicidio” “ Il Signore non solo ha attestato che la magistratura aveva la sua approvazione e gli era grata, ma ce l’ha pure grandemente raccomandata, avendo onorato tale dignità con titoli molto onorevoli. Infatti egli afferma che è opera della sua sapienza il fatto che i re regnino, che i consiglieri ordinino cose giuste e che i grandi della terra siano giudici. [...] Perciò i principi e i magistrati devono pensare a chi servono nel loro ufficio e a non far nulla d’indegno di ministri e luogotenenti di Dio. […] Ma dall’obbedienza ai superiori bisogna sempre escludere una cosa: che ci distolga dall’obbedienza a Colui, agli editti del quale devono cedere i comandi di tutti i re [...] Se comandano qualcosa contro a Lui, non si deve fare nulla, né tener conto di tal ordine, ma si dia luogo piuttosto alla sentenza, che è meglio obbedire a Dio che agli uomini. ” Si accetta il fatto che talvolta possono essere i sovrani a dover essere ligi a quelle ce sono le indicazione divine, e quindi i sudditi, dovesse venir meno questo dovere, si possono ribellare. La posizione di Calvino molto diversa rispetto a quella di Lutero. Se si considera la guerra dei contadini ad esempio Lutero aveva preso la posizione dei principi tedeschi, contro una qualsiasi commistione del potere temporale spirituale. Invece da questo punto di vista c’è una maggiore attenzione verso la comunità die fedeli, quindi per certi versi, pur mantenendo l’idea di fondo che il sovrano sia un’emanazione del potere divino, si comincia a ragionare vedendo quello che è il senso della comunità, che nasce dal basso e non per forza dell’alto. Dalle idee di Calvino sul tirannicidio, in alcuni contesti dove si affermerà il calvinismo, quindi paesi bassi poi Inghilterra, verrano utilizzate in una chiave strettamente politica e giustificheranno quella che sarà la battaglia per l’indipendenza delle provincie unite, e quello che sarà il primo assassinio di un sovrano, non da parte di un singolo, ma da parte di un’istituzione politica, ovvero di quando il parlamento inglese condannerà a morte Carlo I. In Inghilterra con la riforma si viene a formare l’anglicanesimo, una corrente della riforma che ha un’origine politica più che teologica. Sostanzialmente l’anglicanesimo per tutto il corso dell’età moderna si muoverà in maniera oscillante, in alcuni periodi si orienterà verso una relazione più stretta con il cattolicesimo, in altri più a favore del calvinismo. Negli anni che precedono la rivoluzione inglese in Inghilterra monta il partito calvinista, e quindi si crea una situazione religiosa ancora più complessa perché l’Inghilterra aveva come religione di stato l’anglicanesimo, ma poi all’interno delle società oltre alle famiglie aristocratiche che avevano mantenuto il cattolicesimo in maniera più o meno ufficiale, nascono una serie di sette che vengono definite non conformiste. Queste sette venivano chiamate così perché non erano conformi a quelle che erano ormai le tre gradi confessioni, cioè cattolicesimo, anglicanesimo e calvinismo. Nascono tutte quelle sette legate all’anabattismo, cioè quei protestanti che portano all’estreme conseguenze quelle che sono le idee di Lutero, e uno delle loro idee principali era che il battesimo è un sacramento che viene imposto ai bambini quando ancora consono ingrato di intendere e di volere. Per gli anabattisti il battesimo sta significare l’ingresso consapevole alla comunità dei fedeli, e perché ci sia consapevolezza il battesimo deve essere impartito in età adulta quando il soggetto è capace di intendere e di volere, per questo eseguono il rituale del battesimo due volte. Oltre all’anabattismo in Inghilterra si fondano altre sette, come ad esempio quaccheri ed altre. Tutte queste andranno ad alimentare l’emigrazione versore colonie americane, perché laddove queste persone avranno difficoltà ad essere riconosciute anche ufficialmente in madre patria, nel nuovo mondo sperano di trovare vita migliore. In Inghilterra nel corso del 1600 i calvinisti diventano più forti e assumono la direzione del movimento anti monarchico, che porterà infine alla condanna a morte del sovrano da parte dl parlamento. È importante quest’idea del tirannicidio perché nel dibatto teologico della meta del 1500, Calvino fa un discorso che soprattuto a livello teorico, però proprio per questa strettissima commistione che c’è tra spiritualità e politica all’interno del calvinismo, di fatto poi le di Calvino verranno riprese e utilizzati in una chiave strettamente politica. In buona sostanza è importante sottolineare questo passaggio della riforma, perché in effetti la riforma non dica solo un momento di passaggio da un puto di vista strettamente religioso e spirituale, ma indica un momento in cui quella che era l’universo riferimento, anche politico che rappresentava la posizione maggioritaria nella società medievale e poi della brevissima età moderna venne ribaltata, e soprattutto tutte queste idee che si muovono a livello religioso avranno un’influenza su tutta quella che sarà poi la storia politica dell’età moderna. Il viaggio come esilio Un altro aspetto che è importante sottolineare è che anche da un punto di vista di quello che potremmo definire la storia del viaggio dell’epoca moderna, la riforma da la stura a una grandissima mobilità che riguarda soprattutto tutte quelle figure, quei personaggi ereticali che vedono non riconosciuta la propria identità religiosa nei propri paesi e quindi decidono di spostarsi da una parte all’altra dell’Europa. Questo accade anche in Italia, in quanto l’Italia del 1500 rimane cattolica, in quanto vi è il papa, e anche nei territori in cui il papa non governa temporalmente, l’influenza spirituale e temporale su questi paesi è molto più forte che non in altri paesi. Non è vero che la riforma non si diffonde affatto in Italia, inizialmente anche qui nascono tanti movimenti ereticali che riguardano tante città italiane, una importante è Siena, dove si svilupperà la confessione dei che sociniani che si diffonderà molto nell’Europa dell’est, i cui più importanti promotori sono i fratelli Sozzini Fausto e Lelio. Carlo V sosteneva che la chiesa di Roma aveva riconosciuto che vi erano dei problemi al suo interno, quindi invece che affrontare questioni che dividevano cattolici e protestanti come la linea dei sacramenti e la linea della salvezza, ma conveniva trovare degli elementi di contatto tra le due parti, come stabilire una maggior e cura delle comunità dei credenti, una maggiore cura dell’istruzione religiosa del popolo ecc. Questa posizione però viene sconfessata dalla maggior parte dei presenti al concilio e quindi si decide di approvare immediatamente i decreti sui sacramenti e sul tema della giustificazione verso la fede. Approvando il decreto sulla giustificazione si impedisce ogni possibile mediazione tra i due mondi, perché si sconfessa quella che è la principale dottrina su cui si basa la riforma protestante. Anche quei pochi protestanti che valeva deciso di partecipare il concilio se ne, e quindi rimangono solo i cattolici. Un momento fondamentale è quello del 1555, cioè il momento in cui viene eletto Paolo IV (Gian Pietro Carafa), pontefice molto importante non solo della storia del concilio, ma anche nella storia di questa accentuazione degli aspetti repressivi della chiesa cattolica perché Carafa è il prefetto dell’inquisizione, cioè una di quelle figure assolutamente contrari a quel mondo degli spirituali che avevamo visto prima. L’elezione di Carafa è davvero un momenti di scontro tra due visioni perché il partito degli spirituali porta come proprio candidato Reginal Pole, mentre il partito degli intransigenti vota Carafa, che vince per davvero pochissimi voti. Se avesse vinto Reginal la storia della chiesa sarebbe stata completamente diversa. Un aspetto importante stabilito dal concilio è quello dell’obbligo di residenza dei vescovi nelle proprie diocesi, e questo l’aspetto che va nella direzione di un maggiore accoglimento di quelli che erano i desideri di riforma. L’idea di legare i vescovi alla propria diocesi significava costringerli a occuparsi delle proprie comunità, ogni anni dovevano fare le visite diocesianiche. In questo periodo nascono i registri dei battesimi, in cui il parroco doveva registrare rutti i sacramenti legati a quella comunità. Un altro aspetto importante è quello legato alle immagini. Il mondo protestante aveva assunto una politica di tipo iconoclasta, quindi sconfessata le immagini sacre, invece il concilio di Trento ribadisce il ruolo delle immagini e la venerazione alle immagini viene definita da un decreto. Un altro punto è quello della creazione di seminari per il clero, in quanto questo negli ultimi anni era diventato sempre meno istruito, quindi ci si pone il problema che invece i sacerdoti debbano avere un’istruzione e che debbano essere educati all’intento di seminari. Per certi versi il concilio pur rifiutando il mondo protestante intercetta alcuni bisogni di riforma. Quella che invece è l’espressione di una completa repressione e negazione di qualunque rapporto con il protestantesimo è l’inquisizione romana, non che non ne esistesse una medievale, solo che nel corso del medioevo questo potere era stato rimandato soprattutto ai vescovi, che nel corso del tempo si erano dedicati a tutt’altro quindi il controllo sociale era diventato molto più labile. Nel metà del 1500 si decide, in contemporanea con lai convocazione del concilio, di fondare una nuova congregazione, che dovesse vigilare sull’ortodossia della fede cattolica. L’inquisizione condanna in primo luogo gli eretici, poi i luterani e la stregoneria, mane corso del tempo amplierà il suo ambitosi interesse andando a colpire tutti quegli ambiti che sono considerati potenzialmente eterodossi, cioè non esprimo immediatamente posizioni ereticali ma tali posizioni possono mettere in discussione i dogmi della fede. Un esempio ne é Galileo Galilei. La formalizzazione del tribunale dell’inquisizione nel 1542 fu un passaggio cruciale che sancì una totale avversione nei confronti dei protestanti. Per formalizzazione si intende una vera e propria istituzione, presieduta dal papa e dai cardinali gerarchici, che attivamente vigilava sul rispetto dell’ortodossia e progredendo nel tempo divenne sempre più ostile a qualsiasi forma di confessione che potesse essere tacciata di eresia. Da un lato però potremmo dire che l’inquisizione ebbe un impatto funzionale nel lungo periodo. Infatti, risalgono a quegli anni i primi processi “moderni” svolti secondo criteri e metodologie ancora in parte vigenti oggi, come: regole di garanzia per l’imputato, la testimonianza e i testimoni probatori, il diritto ad ottenere un avvocato. Nel dipinto “Il tribunale dell’inquisizione” di Francisco Goya gli imputati ci appaiono coperti da una mantella gialla, il colore associato alla stella ebraica e che rimanda il tradimento, e ci fa capire che tipo di processi erano questi: dei processi dove sicuramente non si rispettavano sempre le regole, anzi, gli imputati venivano umiliati, ma tuttavia le metodologie fondanti avevano un che di “innovativo”. Addirittura il tribunale fini per classificare i recidivi come relapsi: eretici che dopo aver ottenuto la grazia per via dell’esternazione del loro pentimento, venivano colti in flagrante reiterare quel comportamento condannato, finendo così uccisi o incarcerati; e capiamo bene che queste dinamiche erano anche facilmente strumentalizzabili. Nel 1559 fu anche istituito l’indice dei libri proibiti, una misura che colpì in modo prepotente la cultura che si era generata proprio dall’umanesimo stesso, andando a mettere al bando numerosi testi non solo presenti, ma anche passati, con effetto dunque retroattivo. Nello stesso periodo nascono anche i Ghetti, il libello di Guerii e Giustiniani il primo a individuare nella comunità ebraica una comunità pericolosa per la società del tempo. Nel 1555 gli ebrei vengono relegati all’intento dei ghetti, quartieri diurna zona della città circondata da mura candele porte, che venivano chiuse. Si trattava di vera propria emarginazione ed esclusione degli ebrei dalla vita civile. Questo ci fa capire che una parte della società italiana cattolica ha un forte antisemitismo. Alcuni decreti del concilio di Trento Sulla giustificazione (1547): Se qualcuno dirà che l’empio viene giustificato attraverso la sola fede, volendo con ciò dire che per conseguire la grazia della giustificazione non c’è bisogno di nient’altro e non c’è nessun bisogno che [l’empio] si prepari e si disponga con la propria volontà, sia anatema. Sull’eucarestia (1551): Se qualcuno negherà che nel sacramento dell’eucarestia sono contenuti veramente, realmente e sostanzialmente il corpo e il sangue, insieme all’anima e alla divinità di Gesù Cristo nostro signore, e perciò Cristo tutto intero, e dirà invece che Cristo vi è contenuto soltanto in segno, in figura, o virtualmente, sia anatema. Sul matrimonio (1563): Il matrimonio contratto in modo diverso da quello legittimo che richiede la presenza del parroco o del vescovo, nonché di due o tre testimoni [...] viene considerato nullo e invalido e questa santa assemblea attraverso il presente decreto lo annulla o lo invalida. 6° lezione 25-10-2022 La compagnia di Gesù Tra gli ordini religiosi che più si legano alla controriforma vi è la compagnia di Gesù. La compagnia di Gesù è stata fondata da Ignazio di Loyola, un cavaliere basco che ferito durante una battaglia è stato costretto per molto tempo all’immobilità. Questa sua immobilità lo aveva fatto concentrare sulla lettura di testi sacri che lo portarono a una vera e propria conversione, tanto è vero che una volta guarito decide di dedicarsi alla vita religiosa, cominciando a girare per la Spagna predicando il messaggio evangelico. In questa sua predicazione Ignazio finisce per essere posto sotto l’attenzione dell’inquisizione spagnola, perché in qualche modo ius suo messaggio si riallacciava al quello di Carlos Brados e Juan de Valdes, cioè all’idea che il rapporto tra dio e l’uomo dovesse essere diretto, senza la mediazione del clero, il che era anche un messaggio luterano. In questo operino non c’è solo Lutero, ma ci sono diverse figure che hanno un approccio diverso alla religione, anche se provengono da contesti molto diversi l’uno dall’altro. Ignazio di Loyola è riuscito però a dimostrare all’inquisizione che il suo pensiero e la sua predicazione non hanno nulla di ereticale perché dal punto di vista dogmatico lui continua a rimanere all’interno della chiesa e il suo percorso spirituale non è in opposizione a quella che è la gerarchia ecclesiastica. Propone però una approccio individuale alla perfezione cristiana. In questa sua opera Ignazio subisce ben cinque processi, quindi che il convincimento dell’inquisizione ci mette un bel po’ per essere tale. Ignazio viene anche imprigionato nel mentre, ma ha l’appoggio di nobel donne facente parte dell’aristocrazia spagnola. Ignazio capisce che se lui vuole proporre un messaggio, creando un ordine religioso, ponendosi all’intento della chiesa, è necessario che approfondisca propria formazione teologica e filosofica, decidendo quindi di andare a Parigi. Qui Ignazio incontra una serie di compagni, tra cui il più importante è Francesco Saverio, primo missionario della compagnia di Gesù nelle indie, con cui fonderanno il primo nucleo della compagnia di Gesù nel 1534. Quando questi ragazzi decidono di fondare una nuova congregazione religiosa, non hanno alcun riconoscimento da parte della chiesa, e la loro grande spunta è quella di pensare di poter partire per la terra santa e poterla riconquistare. Ignazio compie effettivamente un viaggio in terra santa, ma una volta arrivato apprende che a proteggere i territori sacri vi sono già i francescani, e capisce che non è quello il contesto in cui può pensare di agire, a meno che non vuole mettersi contro in altro ordine religioso. Ignazio torna quindi in Italia e nel 1540 decide di presentarsi al pontefice, che è Paolo III Farnese, e gli chiede il riconoscimento di questa nuova congregazione. Il papa esamina un primo nucleo delle costituzioni dell’ordine, che non sono ancora quelle definitive, e egli le approva. Il carattere distintivo di questo nuovo ordine religioso si trova già nei primi due punti della loro costituzione. Tutti coloro che decidevano di entrare in un ordine religioso facevano tre classici voti, cioè il voto di obbedienza, di povertà e di castità, ma i gesuiti decidono i aggiungere un nuovo voto specifico del loro ordine che è il voto di obbedienza al papa circa missiones. Il che vuol dire che laddove il papa decida di mandare i membri di questo ordine religioso in giro per il mondo, questi non devono obbedienza a quella che è la gerarchia delle diocesi o dei luoghi in cui si recano ad evangelizzare, ma sono direttamente dipendenti dl pontefice. Questo è molto importante, perché attraverso il quarto voto di obbedienza diretta al papa i gesuiti sono un ordine molto più libero, svincolati da quelle che sono le logiche del clero ecclesiastico nelle diverse parti del mondo, e questo gli consentirà di attuare una strategia di evangelizzazione molto più aperta e disponibile a trovare elementi di contato con le civiltà con cui vanno a inserirsi, come ad esempio il confucianesimo in Cina o l’induismo in India. Questo aspetto non verrà visto molto bene da Roma, e con il passare del tempo, soprattutto nel momento in cui altri movimenti religiosi approderanno in India Cina Giappone ecc, denunceranno queste pratiche di ibridazione della compagnia di Gesù. Eta dei martiri L’aspetto del martirio è molto importante, ed è strettamente legato al tema religioso, in quanto nasce in quell’ambito, anche se poi nel corso degli anni è stato utilizzato anche in altri contesti. Il Giappone è uno di quei territori in cui i gesuiti arrivano alla fine del ‘500 e riescono a convertire una serie di signori della guerra. Alcuni di questi signori della guerra individuano nella conversione al cristianesimo, una possibile opportunità di legarsi ai portoghesi, cioè agli europei che sono arrivati fino alle coste del Giappone. In una prima fase questa conversione viene propagandata in Europa in maniera particolarmente vivace. Dopo la morte di Francesco Saverio arriva un altro gesuita Alessandro Valignano, che è la figura che più promuove questa politica di adattamento cioè di forme di ibridazione tra il buddismo giapponese e il cristianesimo. Alessandro Valignano capisce che la società giapponese è una superiore, rispetto a quella degli indigeni americani. Scrive anche un testo chiamato “il cerimoniale del Giappone”, in cui propone un modo di contortamente ai gesuiti. Attraverso questa strategia di adattamento i gesuiti riescono a ottenere un certo successo, cosi grande che Valignano organizza l’ambasceria dei principi del Giappone in Europa. I figli di questi signori della guerra convertiti, partono per l’Europa e affrontano un viaggio che li porta a girare le più grandi capitali europee. Emblematico è il ritratto di un principe giapponese attribuito a Jacopo Tintoretto in cui l’effigiato indossa la gorgiera tipica della moda Europea del primo Seicento. Grazie alla radiografia si è scoperto che in origine fu rappresentato in abiti della cultura giapponese e che solo successivamente il committente del dipinto chiese questa modifica. Tutto questo cambia poi quando in Giappone si rapporta la famiglia dei Tokugawa Ieyasu. Nello scontro tra i signori della guerra emerge questa famiglia, che riesce a ottenere la carica di shogun nel 1603, e il loro shogunato terminerà nel 1868. Nel momento in cui salgono al poter, i Tokugawa adottano una politica sempre più isolazionista rispetto all’Europa, in quanto temono che questi vogliano occupare il Giappone, prima solo da un punto di vista commerciale e poi da un punto di vista politico. A questo punto i missionari, che fino a quel momento erano stati visti come un’opportunità, diventano una minaccia, perché sono una sorta di ponte per gli europei in Giappone. Si avvia quindi un periodo di forte scristianizzazione, in cui i missionari vengono perseguitati e uccisi in massa. Questa situazione di scontro viene favorita anche dal fatto che quando i gesuiti arrivano in Giappone utilizzano questa politica dell’adattamento che li rende più accettabili alla società giapponese, ma quando poi nel ‘600 arrivano i francescani adottano un tipo di strategia missionaria completamente diversa da quella dei gesuiti, che non viene accettata dai giapponesi. Lo scontro tra questi due ordini religiosi porterà all’epoca del martirio che andrà avanti per molti decenni e protrerà alla morte di molti missionari e di convertiti giapponesi. Curiosa è l’adesione di diverse donne al movimento cristiano, arrivate addirittura a ricoprire ruoli importanti come quello di catechista o di mediatrice. Questo si spiega proprio a fronte di una società ancor più maschilista di quella europea, assoggettante le donne in modo asfissiante e rigido; questo fece si che probabilmente l’affacciarsi a una nuova cultura potesse essere una sorta di via di fuga. Il martirio è un grandissimo strumento di propaganda, in quanto i martiri sono le figure più vicine a quella di cristo, in quanto come lui hanno sacrificato la propria in nome della fede, e questa glorificazione del martirio nel corso del seicento si associa anche a una nuova visione della santità, in quanto la maggior parte dei santi che saranno nominati in epoca moderna sono proprio dei martiri. 7° lezione 7-11-2022 I caratteri dello stato moderno - Accentramento: sovrano - burocrazia, svuotamento del potere dei corpi intermedi. Il primo carattere che dobbiamo prendere in considerazione, è quello dell’accentramento, volendo sottolineare il fatto che lo stato moderno si distingue dall’epoca precedente perché si assiste a un rafforzamento del potere nelle mani del sovrano. Nel corso del medioevo e della primissima età moderna i nobili, l’aristocrazia, la chiesa e le corporazioni svolgevano un ruolo importante all’interno della vita cittadina. Le corporazioni ad esempio avevano ruolo importante in quelle che potevano essere le politiche economiche dello stato, l’aristocrazia svolgeva un ruolo di primo piano nell’organizzare l’esercito o nel raccogliere le tasse. Nel corso dell’eta moderna assistiamo a uno svuotamento di quello che è il potere di tutti questi corpi intermedi, che stanno tra il popolo (base della società) e il monarca, principi o sovrano a seconda dei contesti. Tutti questi corpi intermedi nel corso dell’età moderna vengono svuotati di quelli che sono stati i loro compirti tradizionali. Questo avviene perché il sovrano vuole riassumere tutto il potere nelle proprie mani, avendo un ruolo di controllo sul territorio maggiore rispetto a quello che poteva esercitare attraverso queste altre figure e istituzioni. Il sovrano però non era effettivamente in grado di esercitare tutto questo controllo da solo, quindi questo ruolo di controllo viene delegato a quell’apparato di funzionari che noi oggi conosciamo come burocrazia. Il vantaggio dell’esistenza di questa funzione era che i funzionari erano degli impiegati al servizio dello stato, ed erano pagati dal monarca, per questo rispondevano a lui. Attraverso questa dipendenza economica dal monarca stesso, i funzionari gli erano molto più fedeli rispetto a un’aristocrazia che aveva un potere locale e che in qualche modo sfuggiva al controllo del sovrano. Questo rapporto si viene a creare a partire dalla seconda meta del cinquecento, e si perfezionerà nel corso dei secoli successivi. Una volta che questo meccanismo si sarà perfezionato del tutto, porterà poi alle rivoluzioni della fine del settecento Nel cinquecento ci si trova in una fase ancora embrionale in cui si viene a modificare quella che è la struttura dello stato e che passa in primo luogo dall’accentramento e dalla limitazione del potere dei corpi intermedi, e poi anche da una serie di aspetti specifici che vengono gestiti a livello centrale. I tre più importanti sono la giustizia, le tasse e l’esercito. - La giustizia. La ristrutturazione del comparto della giustizia sotto il monarca oli principe provoca una sorta di contrapposizione tra quella che è la giustizia secolare, cioè la giustizia dello stato, e quella che è la giustizia ecclesiastica. Per tutto il corso dell’età moderna le chiese continuano a esercitare un ruolo importante, e parlare di chiesa no vuol dire parlare in astratto di un’istituzione, ma significa parlare di persone, di ecclesiastici, quindi se un sacerdote o un religioso compiva un reato, questo da chi doveva essere giudicato? Era la giustizia dello stato all’interno della quale era stato effettuato questo reato che si doveva assumere il compito di giudicare il colpevole, o visto che questo era sacerdote e quindi un ecclesiastico allora era il tribunale ecclesiastico a doversi occupare della giustizia? Per tutto il corso dell’eta moderna questo fu uno scontro continuo, perché le chiese sostenevano che la giustizia nei confronti degli ecclesiastici e dei religiosi dovesse essere esercitata solo dai tribunali ecclesiastici, mentre gli stati sostenevano che in quanto cittadini di un determinato stato quella giustizia dovesse essere anche secolare. Nel ‘600 avvenne un assassinio nello stato di Venezia, per opera di due sacerdoti che si rifugiarono in una chiesa. l papa chiese di stradarli verso Roma ma la Serenissima si proclamò laica e contraria a questa pratica. La chiesa se la legò al dito e usò l’arma dell’interdizione sull’intero stato di Venezia interrompendo tutte le relazioni con essa. La giustizia ecclesiastica mise in piedi dei processi che da un punto di vista formale erano più garantisti di quelli secolari, perché si prevedeva che ci fossero dei testimoni, che ci fosse un giudice della difesa e uno dell’accusa, quindi tutta una serie di procedure allegate all’esercizio della giustizia vennero affinate più all’interno di tribunali ecclesiastici che non all’interno dei tribunali secolari. - Le tasse. Nel corso dell’età moderna il discorso delle tasse è stato molto importante per due motivi in particolare. Il primo è da legarsi ai ceti sociali, i quali pagavano le tasse in maniera differente, infatti possiamo dire che i cittadini comuni, la popolazione pagava le tasse, mentre la chiesa e l’aristocrazia molto spesso non pagavano. Quindi c’era questa forte discriminante di una società che era divisa dall’interno in quanto alcun ceti erano privilegiati mente altri no, e questo creava tensioni, che cresceva sempre di più nel corso del tempo. Un altro motivo è che secondo quello che era il principio della società feudale, cioè di una società gerarchizzata per la quale rapporto tra il singolo contadino e il sovrano era mediato da un’altra serie di figure, di fatto il ruolo esercitato a livello locale dall’aristocrazia era tale che molto spesso di questo prelievo fiscale, al centro del potere arrivava molto poco. La prima esigenza del sovrano fu quindi quella di razionalizzare questo sistema, attraverso la creazione di un corpo di funzionari che direttamente raccoglieva il denaro alla fonte, che finiva poi tutto nelle mani del sovrano. Quest’aspetto è fortemente legato a quello dell’esercito, perché l’età moderna è un susseguirsi di guerre. Sostanzialmente non c’è un periodo nell’età moderna che non sia caratterizzato dal conflitto. Per fare una guerra dal punto di vista finanziario è necessario essere ben equipaggiati, altrimenti non riesci a soldare le truppe, ne poi a equipaggiare a dovere l’esercito. Era quindi necessario per i sovrani continuare ad aumentare costantemente le tasse, che si moltiplicarono durante questo periodo. In primo luogo le tasse servono per sovvenzionare l’esercito, ma in secondo luogo l’esercito cambia la sua tipologia. - L’esercito. Se pensiamo alle guerre del primo cinquecento ma soprattutto a quelle del medioevo, gli eserciti erano organizzati dall’aristocrazia ed erano composti da mercenari, quindi sostanzialmente non esistevano degli eserciti nazionali, ma esistevano degli esserci mercenari che erano al soldo del miglior offerente. Questo significava che molte battaglie si risolvessero conio passaggio delle truppe da uno schieramento all’altro, perché i mercenari andavano da chi pagava di più, risultando quindi eserciti poco sicuri, in quanto non vi era fedeltà in essi. Un altro carattere dello stato moderno fu la riorganizzazione dell’esercito, che introdusse una coscrizione, che non può ancora definire obbligatoria ma che va comunque il quella direzione, per il quale tutti i ragazzi di una determinata età di un determinato paese dovevano prestare servizio militare allo stato. Questa novità non fu accolta benevolmente dalla società, in quanto questa era in buona misura una società rurale contadina, quindi portare via delle braccia-lavoro dai campi significava per e famiglie il riso io di un vero e proprio impoverimento, e di finire sotto la soglia della sussistenza in senso stretto. Molti giovani che in teoria dovevano partire per le campagne militari, preferivano entrare in clandestinità, nascondendosi e sperando di riuscire a sfuggire a questo reclutamento coercitivo. A questo meccanismo di reclutamento con il tempo se ne venne ad associare anche un altro, che era quello della creazione di un esercito professionale, cioè il soldato divenne una vera e propria professione, ma una professione non più per cui il reclutamento avveniva sul campo, ma vi era una vera e prorogai formazione che puntava a creare i ranghi più alti dell’esercito. L’impero di Carlo V sarà l’ultimo tentativo di impero “mondiale”, l’ultima scommessa di poter gestire e guidare uno spazio cosi ampio dal punto di vista territoriale. Questo grande impero si interrompe nel momenti in cui Carlo V abdicherà, rendendosi conto che gestire un territorio così ampio non è fattibile e decide di dividere l’impero in due parti. Da una parte la Spagna, i Paesi Bassi e tutti i territori americani andranno Filippo II, figlio di Carlo V, mentre il titolo di imperatore e tutti i territori della confederazione imperiale più la Boemia e l’Ungheria andranno al fratello Ferdinando I. L’Italia verrà assorbita dalla parte spagnola. Carlo V accetta che nel sacro romano impero ci siano principati cattolici e principati protestanti sotto il principio di “cuius regius, esius religio”, ovvero in base all’orientamento confessionale della regione i sudditi dovevano conformarsi; questo principio stabilisce la gerarchizzazione della religione rafforzando ancor di più l’autorità del sovrano che imponeva la propria volontà. Impero russo Per l’impero russo possiamo prendere in considerazione come data di fondazione quella del 1493, anno in cui Ivan III granduca di Moscovia, che è il principato da cui prende le mosse l’ampliamento di quello che sarà poi l’impero russo, si autoproclama con il titolo di zar. Dopo la caduta dell’impero romano d’occidente il titolo di imperatore romane rimane comunque a Costantinopoli, e con la presa da parte dell’impero ottomano di Costantinopoli sostanzialmente il titolo di imperatore romano rimane vacante. Per questo motivo la Russia in qualche modo si pone come terza Roma, si fa interprete di una continuità imperiale che vede in la Roma antica come prima Roma, Costantinopoli come seconda Roma e Mosca appunto come terza. Questo perché in primo luogo la Russia è comunque cristiana, anche se ortodossa, vi è quindi una continuità in relazione al cristianesimo, soprattutto in relazione a quello che è un mondo di infedeli che diviso tra il mondo ottomano che preme da sud e il mondo orientale che preme da est. Autoproclamandosi zar Ivan III cerca di porsi in congiunzione con una tradizione europea, con la differenza che il dispotismo sarà caratterizzato dalla considerazione del contadino come servo della gleba. La servitù della gleba si protrarrà fino alla metà dell’Ottocento e sarà uno di quei caratteri che impedirà uno sviluppo industriale della Russia sul modello occidentale. Il carattere principale del servo della gleba era l’essere dipendenti dal nobile o dall’aristocratico che era il possidente di quelle terre, e questo faceva si che il servo della gleba non potesse allontanarsi da un determinato territorio. Anche la Russia cercherà poi nel corso del seicento di incamminarsi su una via di maggiore occidentalizzazione con colui che è considerato il più grande zar russo, cioè Pietro il grande. Impero ottomano L’impero ottomano dal punto di vista formale è un nemico delle potenze europee, in quanto nel 1453 con la presa turca di Costantinopoli in quell’area geo politica si stabilisce un impero che da un punto di sistema di governo è gestito da una minoranza islamica, quindi è un impero musulmano. A partire dalla fine del ‘400 l’impero ottomano attua una fortissima politica espansionistica, che punta principalmente in due direzioni. La prima direzione verso la quale punta sono i Balcani, che fino a quel momento erano occupati da una serie di colonie veneziane, e per questo motivo l’impero ottomano si ritroverò spesso a scontarsi con il sacro romano impero, in quanto cercheranno più volta di conquistare Vienna. Sotto il punto di vista culturale, artistico, librario ecc gli scambi tra il mondo ottomano e il mondo occidentale furono molto più stretti rispetto a quello che si pensa, e furono anche molto fruttuosi. L’altra direzione verso cui cercherà di espandersi l’intero ottomano è l’Africa settentrionale. Il bacino mediterraneo diventa per buona parte, o quanto meno per metà musulmano. Questa quasi totale supremazia dei turchi sul mediterraneo porta con se molta pirateria turca, motivo per cui si vogliono trovare nuove strade per circumnavigare l’africa ed arrivare in oriente. La pirateria turca porta con se anche questo grande fenomeno della schiavitù mediterranea, cioè che soprattutto nelle città costiere mediterranee arrivando molti schiavi turchi, che sono catturati durante gli scontri tra le navi turche e le navi delle diverse potenze europee, ma in realtà questo fenomeno della schiavitù va in entrambi le direzioni, infatti nei porti ottomani arrivano schiavi cristiani. Si verifica un altro fenomeno tipico di questo periodo che è quello dei rinnegati. I rinnegati sono i cristiani che arrivati nell’impero ottomano scelgono di rinnegare la loro fede cristiana e si fanno musulmani, soprattutto con l’obiettivo di farsi ridare la propria libertà. - Monarchia composita (Spagna: Paesi Bassi, Italia, Portogallo e nuovo mondo) La cosiddetta monarchia composita in natura non esiste, infatti se si vanno a consultare le fonti del cinquecento e i trattati sulla monarchia dell’epoca, da nessuna parte si troverà il termine di monarchia composita, in quanto questo è un termine storiografico. Termine storiografico vuol dire che un determinato termine è dato dagli storici, in questo caso coniato da Jhon Elliot, che scrive un articolo in cui propone questa categoria per definire una serie di imperi che vengono retti dal monarca in una maniera che però li rende diversi dal modello stesso di impero. “L’impero spagnolo” si differenzia dagli altri imperi perché in questo caso il sovrano è uno però i territori che vengono governati da questo sovrano non vengono governati tutti seguendo le stesse leggi, ma ogni territorio è governato secondo una propria normativa autonomia giuridica. Per esempio quando Filippo II diviene re di Portogallo, a causa della morte di Sebastiano I (suo cugino) caduto in battaglia nel tentativo di riconquistare il Marocco, ogni territorio del Porotgallo manterrà una sua autonomia amministrativa e normativa nonostante la loro appartenenza alla stessa corona spagnola. La problematica qui sta nella lotta per l’egemonia coloniale tra Spagna e Portogallo, i quali saranno gestiti in modo differente, secondo dei modelli diversi. Quindi di fatto vi è un’autonomia di gestione sia amministrativa che normativa che confluiscono sotto la monarchia spagnola e che fa parlare Jhon Elliot di monarchia composita, cioè di un’unico governo centrale, ma di tanti territori che continuano ad essere amministrati secondo il loro sistema giuridico pretendete. - Monarchie accentrate (Francia e Inghilterra) Quando si parla di monarchia accentrata si parla di un sistema di governo e di un sovrano che regge un determinato territorio che ha un sistema giuridico normativo uniforme, quindi una maggiore uniformità che non è solo giuridica ma è anche di un’uniformità di lingua e confessionale. Nel caso della Francia quest’ultima considerazione può essere riferita soprattutto al regno di Luigi XIV che abolisce l’editto di Nantes e promulga l’editto di Fontainebleau nel 1685, con il quale elimina ogni possibilità di libertà di culto, tant’è vero che molti protestanti si ritroveranno ad emigrare. Il modello della monarchia accentrata mira a un’uniformità che sia confessionale, etnico- linguistica e soprattutto giuridica. Il caso dell’Inghilterra è un po diverso perché questa segue il modello di monarchia accentrata sotto il regno di Elisabetta I, ma questo poi alla sua morte e alla conseguente salita al trono di Giacomo I l’Inghilterra passa ad essere una monarchia composita, questo perché Giacomo Stewart, figlio di Maria Stewart, era scozzese, e quindi questa nuova compagine statuale che si viene a definire assume il carattere di monarchia composita, in quanto la Scozia vantava e vanta ancora oggi di molte autonomie, a partire dalla religione. - Monarchia elettiva (Polonia) Il sovrano polacco, cosi come avvina prima nel sacro romani impero, viene eletto l’intero di una dieta, cioè viene letto dall’aristocrazia polacca che fa parte della dieta. In alcune fasi della sua vita la Polonia viene retta dalla dinastia dei Vasa, ma a differenza di altri stati elegge in alcuni periodi anche monarchi stranieri. All’intento della dieta polacca esiste un’istituzione chiamato Liberum vetu, e prevede che quando un monarca vuole promulgare una legge, basta che un unico nobile sia contrario e quella legge non passa. Questo rispetto tutti gli altri modelli mostra una debolezza dell’istituzione monarchica, che è molto più vincolata a quelle che sono le decisioni dell’aristocrazia. 8° lezione 8-11-2022 La Spagna di Filippo II La Spagna di Filippo II vede all’intento dello stato un vero e proprio programma che potremmo definire religioso dinastico. Parliamo di un programma religioso dinastico perché il regno di Filippo II fu caratterizzato da una strettissima connessione fra la sfera politica e la sfera religiosa. La data dell’abdicazione di Carlo V è il 1556, e con essa il regno viene diviso in due. La parte che lascia a Filippo II viene definita come monarchia composta, cioè una serie di stati e possedimento che non sono governati tutto allo stesso modo, ma dove a seconda del contesto territoriale vigono delle forti autonomie. Molto importate è il biennio 1568-1570, che segna un ulteriore irrigidimento della monarchia nei confronti di quelle che erano le minoranze religiose. In particolar modo nella regione di Granada, cioè in quello che è stato l’ultimo territorio musulmano su terreno iberico, prende piede una vera e propria rivolta dei moriscos. I morisocs erano quei musulmani che avevano deciso di convertirsi al cristianesimo, quasi esclusivamente per motivi politici e non religiosi. Questa minoranza legata al mondo iberico era molto poco rispettata all’interno dell’impero, e questi determino una rivolta da parte di questa comunità, decisa a rivendicare una certa autonomia nei confronti dello stato. Questa rivolta si protrasse per due anni, e una volta repressa nel sangue molto dei moriscos che vennero imprigionati finirono per essere processati dall’inquisizione spagnola, e furono molti i processi che dovettero subire i morisocs, insieme ai conversos (ebrei convertiti). Durante il regno di Filippo II vi furono tutti questi processi perché Filippo II era pressoché ossessionato dal fatto che queste minoranze religiose potessero creare malcontento o addirittura rivolte all’interno del territorio spagnolo. Un altro momento importante per la monarchia di Filippo II fu quello che si verificò subito dopo la fine della rivolta dei moriscos, nel 1571, quando si formò una lega santa, composta dalla Spagna, dalla repubblica di Venezia e dalla Santa sede, presieduta da papa Pio V in quell’anno, contro gli ottomani. L’espansione degli islamici nell’Egeo e sulle coste adriatiche mise in seria difficoltà Venezia a causa della rivendicazione di porti commerciali per la serenissima molto importanti. L’obiettivo della lega santa era quello di recuperare lo spirito della crociata, di recuperare in qualche modo quei territori che erano stati occupati dall’impero ottomano, e che avevano una traduzione cristiana. Pio V che prima di diventare papa era stato un inquisitore, decise di rinnovare questo spirito della crociata proponendo di ingaggiare una vera e propria battaglia contro gli ottomani. La Spagna decise di partecipare alla lega in primo luogo perché si riteneva uno dei primi difensori del cattolicesimo in Europa, considerava la sua missione non solo politica ma anche religiosa. Accanto a questa vocazione spirituale c’era anche un notevole interesse nel recuperare posizione sul mediterraneo. Venezia da un punto di vista strategico sarà fondamentale in quella che sarà la battaglia più importante combattuta dalla lega santa, cioè la battaglia di Lepanto. Questa legenda del re nascosto ha molto a che fare con la teoria del millenarismo. Il 1581 non è solo l’anno in cui il Portogallo diventa parte del regno spagnolo, ma è anche l’anno della pace tra Filippo II e il sultano ottomano. Questo perché se la battaglia di Lepanto aveva segnato la vittoria del fronte cattolico contro il fronte musulmano, Filippo II si rende conto che non è possibile mantenere una situazione di conflitto perenne con l’impero ottomano. L’ultimo atto della politica spagnola di Filippo II è rappresentato da quello che è un vero e proprio fallimento, cioè l’impresa dell’incivile armata, cioè l’impresa di quella spedizione navale che nel 1588 intraprese contro l’Inghilterra di Elisabetta I. Anche in questo caso si intrecciano motivi religiosi e motivi politici commerciali. La Spagna decide di tentare di invadere l’Inghilterra per vendicare quello che era stato il tradimento di Enrico VIII nei confronti della moglie Caterina d’Aragona, sovrana di origine spagnola, e per combattere anche il fatto che l’Inghilterra sotto la corona di Elisabetta I era diventato uno stato anglicano. Dal punto di vista di propaganda la Spagna giustifica l’impresa dell’invincibile armata con un tentativo di riportare l’Inghilterra nell’ambito del cattolicesimo, questa ovviamente era solo una facciata a livello propagandistico, perché le fonti ci dicono che in realtà l’invincibile armata è nata in quanto l’Inghilterra elisabettiana, soprattutto grazie alla pirateria, era entrata in conflitto con l’atlantico con la potenza spagnola. L’invincibile armata era composta sopratutto dai galeoni, che diventano il simbolo della politica coloniale spagnola, che avevano la caratteristica di essere molto grandi, in quanto serviranno sopratutto per scopi commerciali, e quindi erano molto difficili da manovrare. Nel tentativo di invadere l’Inghilterra la Spagna fa l’errore di utilizzare delle imbarcazioni che sono l’opposto di quel veneziane utilizzate durante la battaglia di Lepanto, in quanto sono molto pesanti e che si sono trovate prima impigliate nel canale della manica durante una brutta tempesta, e che poi si trovano a dover combattere contro le navi inglesi molto più leggere e maneggevoli. Questa impresa segnò la più cocente sconfitta della Spagna, a favore della potenza inglese, possiamo dire anche che questa impresa segna l’inizio del declino spagnolo e l’inizio dell’ascesa della potenza inglese anche come potenza marittima. Paesi Bassi al tempo di Filippo II La più convente sconfitta che Filippo II dovette subire nel corso del suo regno fu quella dovuta allo scontro con i paesi bassi. Nel corso del cinquecento tra le diverse confessioni riformate che si erano diffuse all’interno del sacro romano impero, vi era stato anche il calvinismo, che aveva preso piede in diversi territori europei, tra cui in maniera massiccia in alcune province dei paesi bassi, in particolare modo in quelle del nord, e sono quelle provincie che si posero a capo della rivolta contro la monarchia di Filippo II. In realtà le questioni da cui si deve partire sono di più lungo periodo. Come prima data possiamo prendere in considerazione il 1559, anni in cui Filippo II lascia la corte di Bruxelles, che era stata una delle preterite di Carlo V, lasciandovi come reggente la sorella Margherita di Parma, a cui affida il governo dei paesi bassi. A partire dagli anni ’60, approfittando della mancanza di un forte potere centrale, si rafforza la propaganda calvinista, che impensierisce il sovrano, il quale pur trovandosi lontano rimane comunque preoccupato del fatto che in qualche modo l’estensione del calvinismo possa determinare una crisi e un ridimensionamento della chiesa cattolica nei paesi bassi. Il motivo religioso è uno dei primi motivi che vedono uno scontro forte all’intento dei paesi bassi, che Filippo II pensa di reprimere estendo le prerogative dell’inquisizione spagnola anche in quel territorio, suscitando un forte moto di contestazione, non solo da parte dei calvinisti, ma anche da parte degli stessi cattolici in un primo momento. I cattolici si indignarono di questa decisione perché le stesse diocesi cattoliche dei paesi bassi vedono l’instaurazione di un tribunale straniero come un’ingerenza, come un tentativo di gestire i problemi del paese con leggi che pero non gli appartengono. A questo si somma un forte mal contento dell’aristocrazia locale perché vede di malocchio il fatto che Filippo II voglia limitare una serie di privilegi delle autonomie dei paesi bassi che sono in vigore da secoli e secoli, dovendo quindi fare una distinzione tra il diritto e il privilegio. Quando parliamo di rivendicazione di determinati ceti sociali, determinate norme o prerogative giuridiche facciamo riferimento al privilegio, (il privilegio si riferisce a categorie specifiche) che spesso fanno riferimento alla nobiltà oppure alla comunità cittadina, ma comunque sia categorie molto ristrette di persone.
 Il diritto invece indica una norma egualitaria che coinvolge allo stesso modo tutta la popolazione, si applica indiscriminatamente a tutta la comunità e soprattutto discende da una norma giuridica e da una legge che viene quindi definita in un preciso e determinato momento storico. Durante il Regno di Carlo V la strategia politica applicata per governare le terre così lontane fu quella di confermare tutti gli antichi privilegi che la nobiltà, l’aristocrazia e le diverse comunità rivendicavano come un patrimonio politico culturale e intellettuale ormai secolare. Secondo Carlo V questa era la strategia migliore per far mantenere la fedeltà all’impero. Quando Filippo II sale sul torno, non solo si allontana fisicamente da quei terrori e si fissa in Spagna, ma decide di seguire una politica molto diversa da quella del padre, ed è un apolitica che si basa sopratutto sul criterio dell’accentramento del potere. Questo suscita nei paesi absit una serie di proteste, alimentate non solo dai calvinisti, in quanto sono forti anche all’intero del mondo cattolico. Queste politiche del monarca vengono portate avanti da un nuovo governatore che Filippo invia a sostituire la sorella, che considera troppo debole per poter fa fronte alle proteste della nobiltà; il nuovo governatore è il dica d’alba che attua una politica di grande repressione nei confronti delle società dei paesi bassi, suscitando un ulteriore rafforzamento delle posizioni anti monarchiche. Il sovrano capisce che nemmeno la strategia del duca d’alba è inadatta o destituisce, nominando come nuovo governatore Alessandro Farnese. La strategia di Alessandro è quell’avi concedere e rafforzare alcuni degli antichi privilegi della comunità cattolica, cosi da spezzare il fronte della protesta, per cui le provincie del sud di maggioranza cattolica rimangono fedeli alla monarchia iberica. Le province del nord di maggioranza calvinista e capitate da Guglielmo d’Orange, e riescono ad avere la meglio sull’esercito spagnolo, anche sfruttando alcune caratteristiche morfologiche del territorio, come la presenza di grandi territori paludosi e acquitrinosi. Una delle strategie di militare di Guglielmo, fu quella di aprire le dighe inondando le paludi costiere, impedendo all’esercito spagnolo di avere dei rinforzi vi mare. Le province unite Nel 1581 arriviamo alla dichiarazione di indipendenza delle provincie unite, dalla quale otto anni dopo nascerà la repubblica delle province unite. Estratto della dichiarazione di indipendenza delle province unite: “E’ noto a ciascuno che il principe di un paese è stato istituito da Dio come sovrano e capo dei suoi sudditi, per difenderli e proteggerli da ogni insulto, oppressione e violenza, come un pastore è posto alla difesa e alla guardia del suo gregge; e che i sudditi non sono stati creati da Dio per esclusivo vantaggio del principe, cioè per essergli obbedienti in tutto ciò che egli comanda, che comandi una cosa giusta o sbagliata, pia o empia, e per servirlo come degli schiavi; ma è il principe che esiste in funzione dei sudditi, senza i quali non potrebbe esser principe, al fine di governare secondo diritto e ragione, sostentarli e amarli come un padre i suoi figli, o come un pastore il suo gregge, il quale mette il suo corpo e la sua vita in pericolo per difenderlo e proteggerlo. E quando non lo fa, e invece di difendere i suoi sudditi, cerca di schiacciarli, di togliergli i loro privilegi e antiche usanze [...] non deve più esser considerato un principe, ma un tiranno.[…]" Leggendo questo passaggio capiamo che la dichiarazione di indipendenza si ispira alla “Institutio christianae religionis” di Calvino, in cui legittimava in alcuni casi il tirannicidio. “Rendiamo [perciò] noto che [...] dichiariamo [...] il re di Spagna decaduto, ipso jure, dalla sua sovranità, diritto ed eredità di questi Paesi Bassi e che noi non abbiamo più intenzione di riconoscerlo in alcunché che abbia pertinenza col suo principato, la sua sovranità, giurisdizione o dominio di questi Paesi Bassi [...] A seguito di ciò [...] [tutti gli abitanti di questo paese] sono d’ora in avanti sciolti dal giuramento che hanno prestato, in qualsiasi maniera, al re di Spagna in quanto già signore dei Paesi Bassi.” Da questo preambolo più teorico ne deriva una conseguenza assai concreta, e cioè il fatto che sulla base di tale premessa, il re di Spagna è considerato un traditore dei suoi stessi sudditi, e quindi è decaduto dal suo ruolo. Nel caso delle province unite, il re di Spagna è semplicemente decaduto, nel senso che non risiede nelle province unite, e quindi non ci si può macchiare del peccato di tirannicidio. Con la dichiarazione d’indipendenza e poi con la nascita della repubblica delle provincie unite, i paesi bassi del nord si staccano definitivamente dalla Spagna, che a pia riprese cercherà di rimpossessarsi di questi territori, e solo nel 1609 si raggiungerà una tregua, Di fatto il riconoscimento vero e proprio dell’indipendenza delle province unite da parte della Spagna avverrà solo nel 1648, quindi più di mezzo secolo dopo in seguito ai trattati di Westfalia, quindi alla fine della guerra dei trent’anni. Nel momento in cui nascono le province unite, di fatto sia staccano dal modello coloniale spagnolo e sopratutto diventano un nuovo stato, che decide di investire massicciamente sulla politica commerciale. Le provincie unite, vengono chiamate anche con il nome di Olanda, non perché questa occupasse effettivamente l’intero territorio delle provincie, ma perché tra le tutte era la più importante. Questa cartina rappresenta il principale terreno di consista coloniale per l’Olanda. In quest’area geo politica, fino al ‘600 era il Portogallo ad aver tenuto il monopolio di questo territorio, che veniva chiamato anche la via delle spezie. Nel 1581 quando il Portogallo diventa parte della Spagna, pur mantenendo l’autonomia sulle proprie colonie subisce comunque una battuta d’arresto. Anche il teatro ebbe diversi ruoli strategici, in esso si stringevano accordi, si socializzava, si scambiavano idee; al che gli stati nazionali, ma anche ordini religiosi come quello dei gesuiti (che lo istituiscono come parte integrata del loro corso grazie alla possibilità di mettere in atto l’arte della retorica) lo utilizzeranno come strumento di controllo delle masse. Ci furono alcune opere di matrice scientifica che segnarono una svolta: Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo 1632: utilizza una forma retorica dell’epoca simile a quella teatrale (dialogo come il teatro) al fine di far conoscere le sue idee ad un pubblico più vasto. Già nel 1633 Galilei viene condannato dall’inquisizione e costretto ad abiurare, cosa che fece di buon grado probabilmente al fine di salvaguardare il suo lavoro e continuarlo di nascosto una volta ritiratosi a Pisa. Curioso è il fatto che egli fu in strettissimi rapporti con il collegio gesuitico veneto con cui scambiò diversi materiali di studio. Fu considerato pericoloso specie per l’utilizzo del dialogo che metteva nero su bianco la sua tesi e per l’utilizzo dell’italiano nel testo. Il sistema eliocentrico proposto mise in crisi la teoria biblica che vedeva invece un universo geocentrico, il quale giustificava la nascita dell’uomo ad immagine e somiglianza di dio. La controparte di Galilei nell’inquisizione è il cardinale Bellarmino (ritratto dal Bernini) che nella revisione della Vulgata avvenuta in quegli applica un’esegesi che potrebbe essere presa come conferma della teoria eliocentrica. Il conseguente scontro tra Galilei e il cardinale inquisitore sarà oggetto di un’opera teatrale di Brecht, che utilizzerà l’esempio storico per fare una denuncia contro il potere nazista della sua epoca. Tutti questi autori rappresentano l’avanguardia, non esprimono il pensiero prevalente perché erano in pochi a ribellarsi ai potenti tanto che in campo artistico l’epoca sarà caratterizzata dal barocco che si fa portavoce della filosofia controriformista. Baruch Spinoza (famiglia ebraica emigrata in Olanda) nel 1670 scrive una delle opere più importanti della filosofia seicentesca: “Il tractatus theologicus politicus” che sostiene l’equivalenza tra dio e natura e insiste sull’idea della religione come strumento di controllo, asserendo alla democrazia come il migliore sistema politico di governo. Insiste poi sul concetto di tolleranza e di libertà d’espressione, ideologie prettamente illuministe che vengono già anticipate da questo filosofo avanguardista. Isac Newton nel 1687 scrive Principi matematici della filosofia naturale. Pierre Bayle è forse uno dei primi autori di un’enciclopedia, egli scrive il “dizionario storico critico” (le dicionnaire historique et critique) composto da una raccolta di più di 2000 articoli tra il 1695 e il 1702, con lo scopo di criticare la cultura del suo tempo. Egli viene considerato come l’iniziatore del libertinismo, una corrente filosofica che si scaglia contro la visione d’insieme dell’epoca. L’accezione libertino, ad oggi considerata come indicatrice di decadenza morale, deriva proprio da questa sovversione del pensiero dell’epoca tra fine del ‘600 e inizio ‘700 in cui si verificò la messa in crisi della morale, anche dal punto di vista sessuale. Il sacro romano impero La Guerra dei trent’anni vede l’impero come il territorio che viene sconquassato dallo scontro. La disputa nasce dalla Boemia un territorio che apparteneva direttamente all’imperatore, proprio della dinastia degli Asburgo come anche l’Ungheria. Nell’attuale repubblica ceca ci fu la diffusione del calvinismo, grazie all’operato di Jan Hus (bruciato vivo il 6 luglio 1415), che ebbe ricadute anche politiche in quanto spingeva per l’affermazione dell’indipendenza. Nelle ultime battute de l ‘500 e nei primi del ‘600 regna Rodolfo II d’asburgo, una figura sui generis, perché era più interessata all’arte rispetto ai suoi predecessori e fu uno dei primi a creare una Wunderkammer. Era anche meno interessato alla ortodossia cattolica che distinse gli Asburgo per molto tempo, tanto da fissare la sua residenza a Praga. Egli concesse ai calvinisti della Boemia un certo grado di tolleranza nei confronti della professione della confessione attestata da delle lettere di maestà, simili a degli editti. Alla morte di Rodolfo sale sul trono Ferdinando di Stiria II (d’Asburgo) che perpetuerà una politica di ricattolicizzazione della Boemia al fine di utilizzare la religione come istrumentum regni per evitare l’indipendenza boema. Questa posizione suscita opposizione sia dai boemi che da altri stati protestanti interni alla confederazione, i quali temono un ritorno del cattolicesimo e quindi attivano anche militarmente l’Unione evangelica nata già nel 1607 sotto la decisione dell’ex imperatore Rodolfo. La causa dell’esplosione della guerra (casus belli) fu la così detta defenestrazione di Praga: gli emissari dell’imperatore arrivati nella capitale per ritrattare alcune tematiche vengono buttati fuori dalla finestra. Chi prende le redini dello scontro è Federico V principe del Palatinato, stato protestante, il quale nel 1620 affronterà le truppe imperiali nella battaglia della Montagna Bianca combattuta vicino Praga. La guerra sarebbe potuta finire, ma le altre potenze protestanti si sentono minacciate e di conseguenza prima Danimarca (1625) e poi Svezia (1630) entrano nel conflitto (Gustavo II Alfonso di Svezia morirà a Lutzen). Il carattere distintivo della guerra è proprio quello di vedere contrapposti protestanti e cattolici collocandola tra le file delle guerre religiose. Le cause e i motivi del conflitto divengono più complessi a causa dell’entrata in guerra della Francia nel 1635 contro i cattolici e al fianco dei protestanti, trasformando la disputa in una guerra politica per l’egemonia europea. La guerra si concluderà nel 1648 con una serie di trattati detti di Westfalia grazie alla quale avviene il riconoscimento ufficiale delle Province unite. Inoltre, segnano l’indebolimento degli Asburgo nella confederazione e la presa di potere del Brandeburgo che diverrà poi Prussia. Con i trattati di Westfalia del 1648 viene meno il principio di “cuius regius, esius religio” e si stabilisce la libertà di culto rispetto alla religione del principe. Si ampliano le prerogative degli altri stati a scapito dell’imperatore che perde potere. Si assiste ad una sorta di democraticizzazione grazie all’istituzione die un’assemblea di tutti gli stati. Per certi versi l’impero si muove in contro tendenza rispetto alle politiche di accentramento degli altri stati. Un altro aspetto è quello della grande violenza che coinvolse la popolazione civile e che caratterizzò la Guerra dei trent’anni, è la prima volta in cui delle fonti dell’epoca registrano i comportamenti dei militari, come ad esempio l’assoggettamento delle donne. Questo è dovuto soprattutto alla progressiva mutazione del paradigma che vide sempre di più la donna affacciarsi a nuovi orizzonti, come una scrittura autocosciente e la nascita di un genere letterario ad hoc. 9° lezione 14-11-2022 (Appunti di Miriam) Slide 1: la seconda metà del secolo del 600 è un momento in cui gli uomini mettono in discussione tutte le loro certezze da tutti i punti di vista politico e intellettuale e spirituale.
 Questi cambiamenti di prospettiva hanno delle motivazioni di tipo pratico con una serie di eventi bellici che si verificano nella prima metà del secolo e che modificano la relazione tra diversi stati europea ma che riguardano anche la sfera della coscienza (mentalità degli uomini). La rivoluzione scientifica sarà un tema ricorrente. - Crisi demografica a livello europeo: dovuta alle guerre, epidemie, fenomeni naturali (1631-32: eruzione del Vesuvio): Il 600 è un secolo significativo da un pdv demografico: è quel secolo in cui assistiamo a una crisi demografica (=diminuzione della popolazione). A partire dal 400 c’era stata una ripresa con globalizzazione, urbanizzazione, economia aveva anche coinciso con un lento aumento di età di vita (incremento della natalità)questo fenomeno subisce una battuta d’arresto nel 600 a causa di una serie di motivi:
 - Guerra dei trent’anni: colpisce la maggior parte dei paesi europei e anche con altri territori. Questa guerra è la prima che vede un forte coinvolgimento della popolazione dei civili (fino a questo momento si è sempre parlato di eserciti mercenari ed era un fronte limitato con l’opposizione di due eserciti ma non c’era quel dilagare di eserciti sui territori dei diversi stati che caratterizza questa guerra) - Epidemie: dilaga la peste in Europa (Manzoni) e anche nel 600 questa ha un ruolo significativo nel far aumentare la mortalità della popolazione (difficili condizioni igieniche)
 - Fenomeni naturali (1631-32: eruzione del Vesuvio), anche ad Amatrice c’è stato il terremoto che sconvolse l’assetto urbanistico e la demografia di questo territorio Conclusione: Il 600 è un momento di crisi e con l’inizio del 700 si porrà un freno a questo fenomeno di crisi demografica e ricomincerà a salire. MOMENTO DI CRISI MA ANCHE DI NOVITÀ Ma è anche un momento di novità: si ha la messa in discussione dei parametri che fino ad allora hanno condizionato la vita degli uomini, questo provoca smarrimento ma mette anche in atto un processo che dal pdv culturale, scientifico, artistico, porterà a una serie di innovazioni che si esprimeranno definitivamente soprattutto nel 700. Non potremmo comprendere l’Illuminismo senza tutto quello che è accaduto nel 600 con la Rivoluzione Scientifica. LA RELIGIONE PERCEPITA COME INSTRUMENTUM REGNI Nel corso del XVII secolo si modifica l’idea di religione: abbiamo prima parlato nella prima età moderna di un sentimento religioso che contraddistingue la vita quotidiana degli uomini in cui accompagna tutti i momenti della giornata, ora questo aspetto comincia a mutarela religione viene sempre più considerata che sia stata utilizzata come instrumentum regni (=strumento di potere e per governare). Questo connubio tra religione e politica che ha caratterizzato nei secoli precedenti comincia a essere messo in crisi. Uno dei primi atti è la Riforma che è la prima forma di crisi (mette in crisi il cristianesimo come religione universale: nascono le diverse confessioni come anglicanesimo, anabattismo, calvinismo che fanno perdere definitivamente all’Europa una sua unità religiosa). Quando arriviamo nel 600 la popolazione è in buona parte contadina e significa che si ha un ragionamento che parte dall’élite con intellettuali cioè coloro che hanno risorse economiche più significative, mettono in discussione varie credenze (e non la popolazione). GIORDANO BRUNO: eterodosso, bruciato sul rogo dall’Inquisizione (1600) L’inizio del secolo è segnato al processo di Giordano Bruno. È anche una tipica figura di intellettuale seicentesco che si muove tra le diverse corti e si muove in Europa (ad es. risiede in Inghilterra per tentare di sfuggire ai condizionamenti religiosi della società italiana). Quando ritorna in Italia, viene arrestato a Venezia e nei suoi confronti si comporta con grande intolleranza, lasciandolo poi nelle mani dell’inquisizione romana ->trasferito a Roma, processione inquisizione romana e bruciato sul rogo a Campo dei Fiori per eresia->Simbolo della laicizzazione della capitale. Da questo pdv, questo secolo che nasce con questo atto simbolico avrà poi un suo senso anche per tutto il corso del 700. NOVITA’ DELLA SCIENZA: CONTRO LA PERCEZIONE DEI SENSI, A FAVORE DELL’ASTRAZIONE DEL PENSIERO RAPPRESENTATO DALLA MATEMATICA 
 Da un pdv scientifico, il 600 è in mutamento anche nel modo di intendere la scienza. La scienza diventa sempre più attenta alla disciplina della matematica. Consideriamo a Newton è una figura è alla base del rinnovamento della fisica nel corso del 600 e le sue leggi della gravità quindi non solo l’osservazione e la sperimentazione come base delle nuove discipline, ma si ha anche un aspetto che tende maggiormente all’astrazione del pensiero. Questo però va contro alla percezione dei sensi (scienza fino a quel momento legata alla materialità e pratica. Es. figura del medico -> evolve). La medicina farà dei progressi con la scoperta del funzionamento del sistema sanguigno. Slide 2: La cultura del Seicento 
 Nascita delle accademie 
 Legato alla nascita delle accademie: non si va per apprendere ma è un luogo di intellettuali (figure già formate: filosofi, scienziati...) e propongono le loro ricerche e ragionano sui temi più importanti. È un fenomeno europeo ma noi ci concentriamo in Italia. Nel caso italiano, ripercorre il policentrismo della società italiana in cui in ogni città si crea un’accademia. Tra la fine del 500 inizio 600 sale un imperatore Rodolfo II d’Asburgo (sui generis): imperatore mago (dal pdv intellettuale importante in cui stabilisce la corte a Vienna e mago perché fissazione legata alla scoperta dell’oro). Era una figura poco ortodossa rispetto agli Asburgo officiali. Era appassionato all’arte legata anche ad esotismo. Una delle più importanti è la Camera delle meraviglie: collezioni private raccolte da sovrani, principi composte non tanto di dipinti o sculture ma oggetti e manufatti legati al mondo naturale e vegetale molto strani come ossa di animali, conchiglie, sassi, erbe dall’Oriente -> clima del Barocco
 Questo interesse è legato al colonialismo delle potenze europee. Sono all’origine dei grandi musei -> Museo delle culture (Milano): evoluzione dei musei novecenteschi ha una parte di oggetti che facevano parte della collezione di un ecclesiastico che gravitava nella biblioteca ambrosiana. (vodenkammmel) 1609: Lettera di maestà di Rodolfo II Ci fa capire come Rodolfo II era diverso dagli altri: questa sua originalità lo aveva portato a concedere a calvinisti boemi le lettere di maestàconsentiva ai sudditi di professare la confessione calvinista e avere luoghi di culto non clandestini ma pubblici (tolleranza nei confronti delle minoranze religiose). Queste lettere sono simili all’Editto di Nantes in Francia. Questa situazione complessa dal pdv religioso sotto Rodolfo si era mantenuta in tranquillità: perché si è mostrato tollerante. Questo si rompe quando Rodolfo II muore e Ferdinando II (di Siria) diventa imperatore. Ha un altro atteggiamento come quello di Filippo II di Spagna. Vengono revocate le lettere e viene promossa una ricattolicizzazione della Boemia e propone una ritedeschizzazione ( tentativo di riportare la Boemia sotto il cappello etnico della cultura tedesca). Questa situazione ce la trascineremo fino alla 2 gm che scoppia in una zona della ceco Slovacchia che è la prima che Hitler conquista e occupa nel nome del principio che ha caratterizzato il regno di Ferdinando II. 1608: Unione evangelica (protestantesimo) Questa politica di Ferdinando II provoca la reazione di tutti quei principati protestanti e calvinisti contro l’imperatore: si teme che il sovrano rimette in discussione la divisione confessionale. Quindi si forma un’unione evangelica -> vede un’alleanza tra diversi principati del sacro romano impero (protestante) contro gli stati cattolici. All’interno dell’impero si creano due partiti. LA GUERRA DEI TRENT’ANNI 1618: defenestrazione di Praga (guerra dei 30 anni : 1618-1648)
 Il momento in cui scoppia la guerra dei 30 anni è il 1618 -> invia questi messi (ambasciatori) a Praga per far sì che la Boemia si mostri più ligia alle leggi imposte. Le istituzioni di Praga reagiscono buttando i due messi imperiali (atto simbolico finestra piano terra -> sconfessione dell’autorità del sovrano in Boemia) -> è il momento di origine della guerra. Questa politica imperiale provoca la reazione dell’unione evangelica e quindi inizia la guerra. 1618-1625: fase boemo-palatina
 Nella prima fase della guerra, vede la vittoria delle forze imperiali di Ferdinando II ->1620: battaglia della Montagna Bianca. Nel 1625 potrebbe esaurirsi con questa vittoria ma a quel punto entrano nel conflitto altre potenze protestanti cioè la Danimarca e poi la Svezia ->questi stati temono un rafforzarsi eccessivo dell’impero. 1625-1629: fase danese 1629-1635: fase svedese: si otterranno delle vittorie che si interrompono perché il sovrano di Svezia morirà in battaglia e si ritira dal conflitto.
 Fino al 1635, la guerra ha un’impronta di tipo religioso e confessionale (cattolicesimo vs principati tedeschi con il protestantesimo) -> Nelle prime tre fasi, la guerra è l’ultima delle guerre di religione. 1635-1648: fase francese Questo carattere cambia nel ’35, con la morte di Gustavo Adolfo si viene a verificare una situazione per cui l’Impero degli Asburgo sembra acquisire troppo potere -> interviene quindi la Francia (ha timore di trovarsi schiacciato dall’autorevolezza). Quindi non è più guerra di religione perché la Francia è cattolica -> diventa guerra per l’egemonia in Europa (inaugura una fase successiva dal pdv storico e militare in cui le guerre sono dinastiche e che riguardano un conflitto secolare che non ha nulla a che fare con l’universo religioso. 1648: trattati di Westfalia: La guerra si concluse nel 1648 con trattati di Westfalia.
 Ritorno a slide 3: in lilla, Brandeburgo era un principato tedesco che fino a questa guerra non aveva avuto un ruolo. Con la guerra diventa importante perché acquisendo altri territori (Pomerania sul Mar Baltico -> importante perché oggi è a confine fra Germania e Polonia dove c’è la citta di Danzica porto imp.) si amplia e riesce ad ottenere il titolo regio (diventa il regno di Prussia).
 Si ha il superamento del principio del cuius religio secondo cui nel territorio i sudditi devono seguire la religione del sovrano. Dopo la guerra dei 30 anni non esiste più -> passo in avanti quasi di tolleranza religiosa Slide 5: nell’Avventuoso simplicissimus di Hans Jacob Grimmelshausen (1668) -> parla del coinvolgimento dei civili nella guerra perché la Germania (territorio del Sacro romano impero nel corso della guerra dei 30 anni viene distrutto dalla presenza del passaggio dei diversi eserciti che cominciano ad attuare una serie di pratiche come violenza sessuale a danno delle donne contadine (guerra totale non delle guerre mondiali però alcune caratteristiche degli eserciti negli anni) Slide 6: la Pace di westfalia -> idea della libertà di culto Slide 7: la Pace di Westfalia -> rapporti politici tra gli stati dell’impero: le elencazioni degli elementi nel testo riporta a quegli elementi che erano come prerogative della monarchia durante il processo di accentramento. La monarchia regia sottrae potere alle assemblee si abroga il diritto di promulgare le leggi e di fare la pace e la guerra ecc.. Il fatto di rivendicare queste prerogative per un ‘assemblea di tutti gli stati significa che viene bloccato quel tentativo che gli Asburgo che avevano portato avanti di costruire a loro volta una monarchia centrale. Con a guerra dei 30 anni questa strategia non funziona. 10° lezione 15-11-2022 Le rivolte del seicento Per parlare di rivolte e rivoluzioni bisogna sottolineare una differenza sostanziale tra le due. La differenza è che la rivoluzione porta a un cambiamento nelle forme istituzionali, i cambiamento è radicale dal punto di vista polito istituzionale, la rivolta invece non mette in discussione l’assetto costituzionale di un paese, anche se può portare a un cambiamento che sia importante o meno. Nel ‘600 per la maggio parte di volte si parla di rivolte solo nel caso inglese si parla di rivoluzione. La monarchia composita spagnola durante il seicento vedrà svolgersi al suo interno tre importanti rivolte, una vede protagonista il Portogallo che riconquisterà la sua indipendenza, una si terrà in Catalogna mentre l’ultima sarà una rivolta anti-spagnola che si svolgerà a Napoli. La Spagna negli anni ’40 del seicento è attaccato da tanti fronti, e molte parti del suo grande impero cercano di ribellarsi, in quanto si torva di crisi. La crisi che vede protagonista la Spagna del seicento che è in primo luogo economica, perché le grandi provviste di metalli preziosi che arrivavano dal nuovo mondo non riescono a creare un’economia virtuosa. I sovrani spagnoli utilizzavano questi metalli per acquistare merci soprattutto in oriente, e questo non crea un meccanismo virtuoso, perché non vengono investiti nell’ambito agricolo e della manifattura. Tutto questo fa si che da un punto di vista di politica interna la Spagna sia oggettivamente debole, il che favorisce le rivolte, che hanno un esito diverso. Rivolta del Portogallo: 1640 Dagli anni ’80 del 500 in Portogallo era sopravvenuta ad un’unione dinastica per cui la corna portoghese si era unita a quella spagnola. Questa situazione era stata accolta con malcontento dai portoghesi, tanto è vero che si sviluppa anche il pensiero che il re Sebastiano non fosse effettivamente morto, e inoltre si era anche diffuso il fenomeno del Sebastianesimo, che consisteva nello spacciarsi per il re Sebastiano. Questo perché all’intero del Portogallo si puntava a tornare ad essere separati dalla Spagna. Il movimento del Sebastianesimo si amplia all’invio degli anni 40, momento nel quale una nuova dinastia, che è quella dei Braganza, riuscirà a ottenere l’indipendenza rispetto alla monarchia spagnola. La rivolta del Portogallo è l’unica che ha un esito felice, perché effettivamente nel 1640 riesce a recuperare la sua indipendenza. Questo si comprende a seguito del fatto che le due corone erano state unite sulla testa del re di Spagna, ma le istituzioni avevano mantenuto una certa autonomia, permettondogli di acquisire forza che facilita questo processo di indipendenza. Rivolta della Catalogna: 1640 - 1653 Il caso della catalogna è molto diverso da quello del Portogallo, per certi verso possiamo dire che continua ancora oggi, in quanto anche adesso le richieste di autonomia della catalogna caratterizzano il governo spagnolo. Questa posizione geografica della Catalogna aveva fatto si che fosse da sempre una delle regioni economicamente più intraprendenti della Spagna. Quindi queste rivendicazioni di autonomia da parte di questa regione avevano un forte ancoraggio nella questione economica, infatti questa era una zona in cui vi erano molti mercanti ed era commercialmente florida. Il problema principale era che tutte le ricchezze che arrivavano Catalogna, poi a causa delle tasse che erano dovute al governo centrale, ripartivano verso Madrid. Il ruolo fondamentale del parlamento era rappresentare le istanze dell’aristocrazia che non si vede sufficientemente garantita da quella che era la politica monarchica.
 In buona misura a partire da questo rapporto di conflitto fra monarca e parlamento inizierà la rivolta della fronda che dunque possiamo dire nasce in un contesto aristocratico, al quale rapidamente si assocerà il popolo di Parigi perché è un popolo sempre più pressato dalle tasse e che fa sempre più fatica a sopravvivere. All’ elemento parlamentare e quello popolare si associa nel 1650 un ulteriore elemento che è quello della nobiltà di spada che intravede per altri motivi, che sono quelli di rafforzare il ruolo delle famiglie nobiliari, che prevede nella rivolta della fronda il ridimensionamento del ruolo del monarca. Questa fronda definita dei principi terrà occupato ancora per diversi anni l’esercito dell’aristocrazia. Parliamo di rivolta perché nessuna di queste compagini mette in discussione il ruolo del monarchia in quanto tale, ma vogliono semplicemente ristabilire i privilegi persi nel corso dei secoli precedenti. Anche la fronda in Francia si concluderà con un fallimento. Paesi europei in crisi L’Europa del ‘600 può essere divisa in due categorie: paesi in crisi paesi in ascesa. Spagna Sicuramente uno dei paesi europei più in crisi del seicento è l’impero spagnolo, in crisi per fattori di tipo politico militare, come la guerra dei trent’anni, la rivolta dei paesi passi, la rivolta della catalogna e del territorio di Napoli, e per questo declino delle importazioni dell’oro americano che non solo viene utilizzato come strumento di acquisto, ma comincia anche a diminuire nel corso del seicento. Questo declino porta a una serie di banche rotte, lo stato stesso va in Banca rotta ed è costretto ad assumere una serie di prestiti dai maggiori banchieri europei; è anche per questo il seicento viene definito anche come il secolo dei banchieri. L’altro aspetto è quello di un mutamento della crisi della coscienza europea, che porta a un’insicurezza da parte del governo, che viene compensata dalla spettacolarizzazione dell’inquisizione. Un importante autodafé fu quello del 1632 dei marrani portoghesi che erano i conversos, cioè quegli ebrei che si erano apparentemente convertiti al cristianesimo per sfuggire alla conversione antiebraica spagnola. Il punto di riferimento a cui guarda la Spagna laddove lei non è riuscita sono proprio le province unite, che sono risicate ad emanciparsi e che si sono poste su una visa economicamente di successo. La Spagna in questa prima metà del seicento è un paese in crisi, e quindi al suo interno prende forza un gruppo di funzionari statali e intellettuali che vengono definiti con il termine di arbitrists, perché sono coloro che scrivono gli arbitros che in spagnolo significa ‘consiglio’; quindi, essi sono una serie di figure che fanno parte dell’élite spagnola che di fronte alla crisi del loro paese cercano di comprendere quali possano essere le strategie per riportare la Spagna al successo. Fra questi arbitristas uno dei più importanti è Sancho de Moncada, che indica quelli che potrebbero essere dei modelli positivi a cui la Spagna dovrebbe far riferimento. “Parlando con uomini pratici di affari, essi mi hanno detto che gli stranieri coprono i cinque sesti dei commerci che si fanno in Spagna, e i nove decimi di quelli che si svolgono nelle Indie, le Indie sono insomma cosa loro, e Vostra Maestà ne tocca solo il titolo, perché le flotte intere vengono loro affidate. […]” Secondo questo estratto uno dei motivi principali della crisi della Spagna è che tutti i commerci e le navi che arrivano non sono spagnole, ma sono di altre potenze, e quindi i maggiori proventi di quello che è il commercio delle materie prime in realtà non va nelle casse spagnole, ma arriva a queste compagnie commerciali. 
 “La Spagna fa al rovescio [rispetto agli stranieri]: vende la lana e compra i tessuti fatti, e di conseguenza tutta la sua famiglia sarà presto nuda. Vediamo per esperienza che repubbliche che solevano essere molto povere si sono arricchite grazie ai prodotti finiti, come è il caso della Francia, delle Fiandre, di Genova e di Venezia. Vediamo invece che la Spagna si è impoverita perché non si è data alle attività manifatturiere. E la Spagna si è appunto impoverita perché facendo quegli stati circolare le loro merci, hanno ridotto al lumicino le attività commerciali spagnole.” Sostanzialmente ci sono dei modelli non segue, ma l’elemento ulteriore è che non solo i proventi dei commerci vengono gestiti dalle potenze straniere, ma che la Spagna non fu in grado di investire sulle manifatture, e questo è un aspetto che viene molto sottolineato dalla storiografia. Stati italiani Una altro contesto che possiamo identificare come di crisi è quello degli stati italiani. Parlando di stati italiani parlano soprattutto di quegli stati che sono comunque nell’orbita della Spagna, quindi l’Italia meridionale, ma anche lo stesso stato della chiesa, che con il corso del tempo va a perdere quella sua figura di arbitro superpartes che ha avuto fino all’ora. Anche la repubblica di Venezia vede un periodo crisi nel seicento, anche se riesce a reagire meglio rispetto agli altri. La crisi è rafforzata dal fatto che la penisola italiana non è uno stato unitario, e diventa uno scacchiere il cui territorio viene conteso dai diversi governi europei. Per quanto riguarda lo stato pontifico in particolare ci sono dei determinati passaggi che hanno una certa rilevanza, che apparentemente rappresentano uno sfoggio del papato, ma che proprio in questa insistenza sulla spettacolarizzazione fa apparire la crisi che la coinvolge. Il 1650 rappresenta un anno chiave di questa spettacolarizzazione e questo tentativo da parte del papato di accreditarsi ancora come uno stato potente. Il 1650 è l’anno del Giubileo, che rappresenta una data periodizzante, perché il pellegrinaggio alle chiese romane diventa un vero e proprio fenomeno sociale, e coinvolge un numero di persone molto esteso. Paesi europei in ascesa Province unite Nel 1581 abbiamo la nascita delle province unite, le quali nascono da una dichiarazione di indipendenza che dal punito di vista teorico si poteva associare a Calvino. La Repubblica delle sette province unite che nasce dalla dichiarazione di indipendenza, ha una forte matrice religiosa in quanto il calvinismo è qualcosa che in qualche modo costituisce uno degli elementi identitari di questa Repubblica. Questa Repubblica che ha un’organizzazione di tipo federale, composta quindi un governo centrale che però mantiene una forte autonomia delle singole province. Viene adottato questo tipo di modello perché il modello di riferimento negativo era quello della Spagna che aveva cercato un accentramento forzato delle province; quindi nel momento in cui si fonda un nuovo stato, questo crea un organismo centrale rappresentato dagli stati generali, il quale ruolo più importante lo ha l’Olanda, ma viene comunque mantenuta l’autonomia anche delle altre province in quanto si vuole garantire una certa equità fra tutte. L’idea di creare un modello troppo accentrato avrebbe portato a delle rivolte.
 Il ruolo più importante da un punto dio vista militare è quello svolto dello Staathoulder, il quale primo fu Guglielmo d’Orange, che inaugurerà una sorta di dinastia all’ interno di questo governatorato. Quello che sicuramente segna il secolo d’oro degli olandesi è il ruolo centrale dell’economia. Le province unite e l’Olanda come provincia più rappresentativa svolgeranno, soprattutto nella prima metà del secolo, quel ruolo di intermediazione commerciale che prima veniva sottolineato come essenziale nelle politiche commerciali dell’epoca. Dal 1651 si avrà un periodo crisi, quando Cromwell che diventa lord protettore dell’Inghilterra, emana l’atto di navigazione, una legge che è concepita contro l’Olanda e le province unite. Questo atto di navigazione liftava l’accesso ai porti inglesi, alle navi inglesi e le navi dei paesi produttori. Nel 1602 nasce la Compagnia delle indie orientali: VOC. Una delle caratteristiche principali della VOC era quella di essere la prima compagnia per azioni dell’età moderna, vi erano più investitori che potevano acquistare delle singole azioni o pacchetti di azioni, pur non essendo direttamente coinvolti nella gestione della compagnia. L’altro carattere che contraddistingue la compagnia è che vede differenziarsi la parte del management e il settore dell’investimento, si può infatti investire nella compagnia senza poi occuparsi effettivamente della gestione di essa. Si crea un sistema virtuoso per cui gli investitori delle provincie unite sono incoraggiati ad investire all’interno di queste compagnie, perché anche investendo piccole quantità di capitale, i proventi possono essere molto grandi. Le azioni si possono vendere e acquistare, e perché questo accada è necessario che nasca una nuova istituzione che permetta di fare questi scambi, nasce infatti nel 1613 La Borsa di Amsterdam, la prima che nasce in Europa. La VOC nasce sulla base di un forte desiderio di aumentare il proprio capitale da parte degli imprenditori che hanno tutto l’interesse che la compagnia delle Indie faccia profitto. Questo è un aspetto importante che caratterizzerà sia le indie orientali olandese sia quella sia gli inglesi. Quando Luigi XIV in Francia cercherà di favorire la nascita delle compagnie commerciali, di fatto non convincerà la nobiltà ad acquisire le azioni, ma la costringerà. La nobiltà francese era composta principalmente da proprietario terrieri, che non doveva la sua fortuna agli investimenti delle compagnie delle indie, perciò era molto meno interessata degli inglesi o degli olandesi a fare profitto attraverso di essa. La compagnia delle indie orientali olandesi per tutta la prima m età del secolo ebbe un ruolo monopolista nei commerci dell’oceano indiano, andando a sostituire il Portogallo. La centrale coloniale della VOC fu stabilita nell’odierna Jakarta e all’epoca sto chiamava Batavia. Gli empori commerciali che gli olandesi riuscivano a conquistare appartenevano alla compagnia e non allo stato; quindi, non erano colonie della repubblica delle province, a appartenevano alle colonie delle province orientali.
 Al seguito della compagnia arrivano in oriente, in particolare in Indonesia una serie di mercanti ebrei e protestanti . Le province unite agiscono in quello che era stato fino ad allora uno spazio geopolitico monopolizzato dal Portogallo, e agiscono soprattutto andando a scardinare quello che era il modello impiantato dal trattato di Tordesillas, cioè che il mondo doveva essere diviso tra sfere di influenza che spettavano alla Spagna e al Portogallo; ma soprattutto in quel modello anche il mare era considerato spazio coloniale, cioè non poteva essere solcato da altre navi, ma doveva essere monopolio o della Spagna o Portogallo. Quando questo modello nel 600 entra in crisi, gli olandesi si inseriscono in questo meccanismo e questo diventa anche una teoria giuridico economica, cioè dove ogni atto concreto viene affiancato da una giustificazione teorica. Questo pauperismo si lega alla mobilità della popolazione, e questa mobilità porta a un maggior grado di pericolosità di queste masse popolari, in quanto avviene un assaltamento dei carri con le merci lungo il viaggio, si impossessano dei beni dei più ricchi ecc. Il fenomeno del pauperismo si lega per certi versi a quello del brigantaggio. 
 Elisabetta per cercare di contrastare questo movimento promulga una serie di leggi, che vengono definite “le leggi sui poveri”, che costringono le parrocchie a occuparsi dei propri poveri e vietano legalmente ai poveri di spostarsi per i territori. Questo mantenimento si effettuava rinchiudendo i poverini luoghi coatti e costringendoli a lavorare gratuitamente. In realtà nonostante l’età elisabettiana sia un’età di grande prosperità, al suo interno ha una serie di elementi che saranno poi quelli che faranno esplodere la situazione nel corso del secolo successivo. Il principale motivo fu quello che Elisabetta per rafforzare il ruolo dell’Inghilterra sceglie di non sposarsi, perché di fatto la politica matrimoniale, a quei tempi, era una politica dinastica, cioè tutti i pretendenti erano eredi al trono di qualche altro paese. Facendo questa scelta però nel momento della morte di Elisabetta, il regno non si trova ad avere una discendenza diretta e quindi a dover trovare fuori dai confini dell’Inghilterra il nuovo sovrano. 
 La Gran Bretagna diventerà con il passare del tempo una monarchia composita, in quanto sarà Giacomo Stuart a salire al torno, collegando Scozia e Inghilterra.
 Il primo elemento distintivo di questi tre grandi comparti del regno di gran Bretagna è la religione diversa il ogni regione. La parte rossa cioè l’Inghilterra è anglicana, la parte blu cioè la scozia ha dei sovrani cattolici, ma i realtà ha aderito al calvinismo, perciò la chiesa scozzese viene definita presbiteriana. La parte verde chiara, cioè l’Irlanda è cattolica. Quando gli Stuart saliranno al trono dovranno cercare di mantenere la pace tra questi territori che dal punto di vista confessionale sono divisi. Maria Stuart, madre di Giacomo I, essendo cattolica aveva animato una congiura contro Elisabetta I, e questa congiura era stata scoperta dalla regina, facendo si che Maria venisse imprigionata nella torre di Londra e che poi venisse condannata a morte. Il fatto che la corona inglese passasse a una dinastia, che per quanto parente, aveva animato una congiura contro a sovrana, pose gli Stuart in una certa difficoltà, perché una parte della società, soprattutto la parte anglicana, temeva che l’avvento sul trono di un sovrano originariamente cattolico e che avrebbe potuto dunque modificare la confessione dell’Inghilterra. Tutto questo avviene nei primi anni del ‘600, anni importanti anche da un punto di vista economico, che per quanto riguarda le province unite nel ‘600 nasce una delle prime compagnie delle indie orientali. L’Inghilterra del primo seicento Nel 1603 muore Elisabetta I e sale al trono Giacomo I di Stuart, che porta alla nascita della monarchia composita composta da Scozia, Inghilterra e Irlanda. Un altro aspetto in comune nella politica europea di quest’epoca è quella del governare attraverso una figura che è quella del ministro favorito. Questa figura viene incarnata dal duca di Buckingham, che è una figura altrettanto potente quanto divisa della società inglese, perché viene considerata la figura di colui che vuole rafforzare il potere centrale del monarca, a deperimento di quello che è il potere dell’aristocrazia. Nel 1605 si verifica la “congiura delle polveri” contro Giacomo I. Una parte dell’aristocrazia cattolica che aveva visto con speranza l’elezione del re cattolico, in quanto immaginava che questi avrebbe potuto ristabilire il cattolicesimo in Inghilterra, nel momento in cui si rende conto che questo non fa parte degli obiettivi del re, comincia ad animare una congiura contro di lui. Questa congiura è sostenuta anche da una serie di gesuiti che a partire dal cinquecento sono entrati in Inghilterra, agendo sopratutto in maniera clandestina, travestendosi da mercanti senza manifestarsi per quello che realmente sono. Alcuni di questi verranno accusati di avere sobillato questa congiura. Questa congiura viene chiamata delle polveri perché sotto la sala del parlamento erano state messe delle botti con polveri da sparo che sarebbe dovuto esplodere nel momento in cui il re sarebbe entrato nella sala, ma questa congiura viene scoperta prima. Il re fa arrestare i capi dei gesuiti che erano Edmund Campion e Robert Parsons, li ucciderà, facendo di loro i primi martiri Gesuiti. Questo ci serve a contestualizzare quello che è il regno di Giacomo I che si distingue da Elisabetta I per mettere in risalto una società che è sempre più distante dal sovrano. La società comincia a guardare con un certo distacco quello che è il ruolo della monarchia. La prima strategia adottata da Giacomo I è quella di fare un uso disinvolto del patronage. La società in età moderna, è una società gerarchica che vede una struttura piramidale dove al vertice c’è il sovrano, alla base ci sono i cittadini comuni, e in mezzo si trova l’aristocrazia che si muove all’ interno della corte e che rappresenta una cinghia di trasmissione tra la base della piramide e il vertice, quindi si creano così una serie di relazioni che sono sia verticali, dal singolo aristocratico che ha un rapporto diretto con il sovrano, che orizzontali, le stesse famiglie aristocratiche sono legati fra di loro da rapporti di clientela, quindi legati da una serie di favori economici. Queste reti erano importante perché il sovrano, nel momento in cui non è più sufficientemente forte, ha bisogno dei nobili che lo appoggino, e questo appoggio lo ottiene comprandosi i nobili. Questa politica si rileverà però fallimentare, non tanto durante il suore regno nello specifico, ma quanto durante il regno del figlio Carlo I. La difficoltà di sostenere un tale sperpero di denaro si associa al fatto che Giacomo I non partecipò alla guerra dei 30 anni, in quanto lo stato non ha abbastanza denaro. 
 Ma la partecipazione alla guerra dei 30 anni avrebbe potuto portare a un grande rafforzamento al paese che avrebbe permesso di stringere altri legami con altre potenze. La situazione si esaspera in maniera più lampante quando nel 1625 sale al trono Carlo I, figlio di Giacomo I, che si trova ad ereditare questa situazione finanziaria particolarmente grave, ancor più grave perché sostanzialmente l’Inghilterra in questi anni sta investendo da un punto di vista economico finanziario. 
 Questi primi anni del ‘600 sono un periodo in cui questa politica interna così complicata di impoverimento delle finanze statali, era dovuta agli investimenti che l’Inghilterra stava facendo sul versante coloniale, tanto verso l’America quanto verso l’Oriente. Questi investimenti prevedevano l’innalzamento delle tasse, in particolare tassa sulla flotta, e quando Carlo I sale sul trono da lì a pochi anni ingaggia una forte battaglia con il parlamento inglese, composto dalla camera dei comuni e dalla camera dei lord. Questo scontro è legato al tentativo di costringere il parlamento ad approvare questa nuova tassa sulla flotta. Di fronte a questo tentativo da parte del re di avere la meglio sui parlamentari, quest’ultimi promulgano una prima petizione dei diritti che viene pubblicata e fatta uscire fuori dalle aule del parlamento, diventando poi un atto pubblico in quanto viene stampata e diffusa. I due elementi principali di questa petizione sono il suo essere contro le tasse forzose e lo schierarsi contro gli arresti arbitrali. Nel 600 il parlamento inglese è consapevole di come la propria autonomia rispetto al monarca debba essere garantita in qualche modo, ma Carlo I non accetta la pettino of right e chiude il parlamento. Ci si trova quindi in una situazione con un alto tasso di conflittualità che viene esasperata dal fatto che viene assassinato il duca di Buckingham, quindi il re si troverà a governare da solo senza l’appoggi di un ministro favorito. È proprio in questo momento gli storici hanno individuato una vera e propria cesura politica di Carlo I, che il grande storico Trevor ha definito come scollamento tra court e country, cioè tra la corte e il paese, questo vuol dire che quel meccanismo di consenso che aveva funzionato nell’ età elisabettiana, e che aveva visto una prima erosione già durante il regno di Giacomo I, arriva alla fine, non rendendo più possibile continuare a governare con questo metodo. Nell’ aprile del 1640 Carlo I si trova in condizione di convocare nuovamente il parlamento, perché ha bisogno di far approvare nuove tasse, il parlamento reagisce riproponendo al sovrano la petition of rights, il sovrano scioglie quindi nuovamente il parlamento per poi essere obbligato a richiamarlo in quanto in quello stesso anno all’ interno del territorio scozzese scoppia la rivolta. Le convocazioni di questo parlamento prendono il nome di: 
 - Corto parlamento: in quanto dal nome stesso corto possiamo desumere una durata breve che è di un mese - Lungo parlamento: durerà 20 anni, nonostante la rivoluzione l’istituzione parlamentare si manterrà sempre costante. Il 1640 è l’anno che possiamo considerare come l’inizio della rivoluzione inglese. Questo è un anno importante anche per le rivolte dell’Europa. In Inghilterra si usa per la prima volta il termine rivoluzione e non di rivolta, in quanto la rivolta avviene laddove c’è il coinvolgimento di una stessa compagine statale dove però non si hanno risvolti istituzionali, cosa che invece accede con la rivoluzione. La rivolta in scozia del 1640 è una rivolta anti governativa, che si pone sulla scia della rivolta catalana contro il governo di Madrid. La sostanza è sempre la stessa, cioè quella di schierarsi contro una politica di accentramento proposta dalla monarchia, e soprattuto di schierarsi contro il tentativo di limitare i privilegi dell’aristocrazia di un determinato territorio. Nel 1641 alla rivolta scozzese viene ad affiancarsi anche quella Irlandese, questo è un altro elemento particolarmente importante perché ancora oggi questo mal contento irlandese è presente, soprattuto se pensiamo al terrorismo irlandese degli anni ’90. 
 Per quanto riguarda questo caso, è soprattutto una matrice cattolica ad avere un grande potere. Sostanzialmente Carlo I si trova in una situazione di grande difficoltà, perché le diverse parti di questa monarchia composita in qualche modo si ribellano alla sua politica accentratrice . L’Irlanda verrà utilizzata da Londra come laboratorio politico di quello che sarà il governo delle colonie soprattutto in India, cioè una serie di pratiche di governo che l’Inghilterra utilizzerà per conquistare l’Irlanda verranno riutilizzate nel territorio indiano.
 Questo lo capiamo perché da un punto di vista di fonti storiche, il personale di governatore o di altri funzionali statali che verranno inviati da Londra in Irlanda, diventeranno poi importante figure in India, e questo ci fa capire che l’Inghilterra considerava l’Irlanda alla stregua di una colonia, ecco come si spiega questo sentimento di subordinazione per gli irlandesi verso l’Inghilterra. Hobbes è di fondamentale importanza quando parliamo di teoria dello stato perché Hobbes teorizza la necessità di una monarchia assoluta, che non è più discendente da un potere divino, e questo segna un grande passaggio, perché si parla di una monarchia che nasce da un contrattualismo, quindi il rapporto che si viene a creare tra il sovrano e i sudditi è un vero e propor contratto. Hobbes da anche la possibilità che sia non un solo uomo, ma che possa essere anche un’assemblea di persone, quindi il punto non sta tanto nella monarchia, ma nel cedere un po del proprio potere a un’istituzione superiore. Nel 1660 viene restaurata la monarchia degli Stuart con Carlo II. Carlo non avrà un figlio e il più diretto erede sarà Giacomo II Stuart, cioè il fratello, che però è cattolico. Quindi, ancora prima che Giacomo II salga effettivamente al trono, la politica inglese,inglese, e in particolare il parlamento, inizia a tutelarsi attraverso una serie di atti che tendono a escludere i cattolici dalla vita politica del paese. Il più importante fu il test act del 1673, che esclude i cattolici da tutte le politiche e militari cariche per 150. Il parlamento procede con ciò perché vuole tutelarsi da una possibile alleanza tra il parlamento cattolico e Giacomo II Stuart. Il parlamento di fronte alla possibile ascesa di Giacomo II mette dei paletti che non bastano però, perché si verificherà un’ulteriore rivoluzione tra il 1688-1689 che viene definita “Rivoluzione Gloriosa” perché la seconda rivoluzione si caratterizzerà per essere una rivoluzione pacifica, senza uno scontro militare in quanto il parlamento riesce ad agire diplomaticamente convincendo il sovrano a cedere il trono a Guglielmo d’Orange. Pur essendo Guglielmo III D’Orange calvinista e dando una serie di garanzie al parlamento, il parlamento però assume un ruolo di maggiore autorevolezza all’interno della vita del paese, e soprattuto viole un potere maggiore rispetto a quello che aveva avuto sotto la monarchia assoluta. Quindi nel momento in cui sale al trono Guglielmo III è costretto a firmare il Bill of Rights che è l’atto che segna la nascita della monarchia parlamentare in Inghilterra. La monarchia di parlamentare consiste in una divisione di poteri, che fino ad allora erano racchiusi nelle mani del sovrano. Nel corso del tempo si assiste a una serie di cambiamenti e di aggiustamento, ma ancora oggi l’Inghilterra si regge sotto il Bill of rights. 12° lezione 22-11-2022 La Francia di Luigi XIV È fondamentale per Luigi XIV l’esperienza vissuta da bambino della fronda, e soprattutto l’esperienza della fuga da Parigi sotto la reggenza della madre Anna d’Austria. Questo episodio è importante in quanto pone il sovrano di fronte ad un pericolo che lui giudica particolarmente rischioso. La fronda mette Luigi XIV di fronte a una forte resistenza da parte dell’opinione pubblica francese, ma soprattutto da parte dell’aristocrazia verso la figura del ministro favorito, che un po’ in tutta l’Europa perde il ruolo di centralità. Alla morte di Mazzarino, Luigi XIV era già salito al trono, e dichiara di non voler nominare un altro ministro favorito, dichiarando finita l’era, e afferma che concentrerà tutto il potere nelle sue mani. Quando si parla di assolutismo, bisogna tener presente che comunque affianco al sovrano vi è anche un gruppo di corte di ministri che comunque continuano a svolgere un ruolo importante, ma saranno ministri che si dedicheranno ognuno a un particola settore. Quindi esisteranno delle figure che verrano coinvolte nel governo del paese, ma nessuna di loro assumerà un ruolo preponderante rispetto alle altre. È per questo motivo che negli ultimi anni la storiografia più che di assolutismo, preferisce parlare di accentramento, perché al di la di quello che è il significato preciso dei due termini, il termine assolutismo rimanda in qualche modo a una condizione statica, mentre il termine accentramento rimanda a un’idea di un processo storico, di qualcosa che si modifica nel corso del tempo. Quando parliamo di antico regime non dobbiamo parlare di diritti della nobiltà ma di privilegi della nobiltà. È indubbio che la politica di Luigi XIV è quella di andare a ridurre sempre di più il potere dei corpi intermedi, e per fare questo attua una serie di politiche che partono tutte da quello che è il principale obiettivo del monarca, e cioè quello di rafforzare l’egemonia francese in Europa. Un’egemonia francese che in qualche modo aveva cominciato ad essere costruita alla fine della guerra di trent’anni. La Francia è alla fine degli anni quaranta del duecento che si propone una potenza egemone, che vuole dire la propria sullo scacchiere europeo, e per fare questo Luigi XIV inaugurerà quella che viene definita la politica di potenza, cioè una politica che impegna molte delle forma e del paese in una serie di guerre successive che tendono a estenderei territorio della Francia ai danni degli stati confinanti. Per attutare la politica di potenza del piano militare la cosa necessaria è quella di riformare l’esercito, soprattutto formandone uno stabile, che in prima battuta deve essere sottratto al reclutamento nobiliare. Per Luigi questo aspetto è fondamentale, a causa dell’esperienza della fronda. Per il re lasciare nelle mani dell’aristocrazia l’esercito voleva dire in primis rafforzare l’aristocrazia stessa, e poi creare un esercito che potenzialmente poteva anche andare contro quello che era l’istituto monarchico. Luigi nomina un ministro della guerra, Le Tellier e porterà avanti il progetto della creazione di un esercito stabile. Le Tellier è importante anche per la costruzione di una serie di porti, quindi di strutture che il ministro si prodiga a costruire soprattutto nell’aree di confine. Portare avanti una politica militare di potenza vuoi dire dover ammetare la pressione fiscale sul paese, perché fare una guerra significa anche spendere le risorse dello stato, ed aumentare la pressione fiscale poteva essere fatto in diversi modi. Luigi XIV deve ricorrere a degli escamotage, affondando tasse già esistenti aumentando il prelievo fiscale, sopratutto sulla popolazione già minuta. Un altro strumento di miglioramento del sistema fiscale, è quello di dargli un altro strumento di miglioramento fiscale è quello di limitare la dispersione delle tasse, cioè le tasse generalmente erano state raccolte dagli aristocratici, e viene rafforzato il ruolo dei funzionali statali che dipendono direttamente dal monarca; in questo modo saltando quella filiera aristocratica. Quando noi parliamo degli intendenti parliamo della nascita della burocrazia, e il loro potere è solo tecnico, non gli deriva da una loro discendenza. Grande importanza ebbe anche l’amministrazione della giustizia perché fino ad allora ad amministrare la giustizia era l’aristocrazia, ma Luigi XIV non voleva in quanto credeva che girava della corruzione. Tutti questi elementi convergono verso quella che poi viene definita come una vera e propria uniformità legislativa, amministrativa, fiscale e religiosa di tutto il territorio del regno. In questo senso possiamo parlare di una politica volta all’accentramento statale, perché tutta una serie di questioni che fino ad allora erano state gestite a livello locale vengono accentrate tutte nelle mani del monarca. Non si parla di uniformità legislativa perché fino alla fine del ‘600 non tutta la Francia era amministrata dalle stesse leggi, c’erano alcuni territori che seguivano la giurisdizione della Normandia, altri della Provenza; quindi fino al regno di Luigi XIV non possiamo parlare di un unico sistema giuridico. Le guerre di Luigi XIV Le guerre di Luigi XIV rappresentano un momento fondamentale nel rafforzamento del potere del monarca. La prima guerra è una guerra che vede una sorta di contrapposizione tra la Francia e gli Asburgo. È proprio durante il regno di Luigi XIV che va prendendo forma e si consolida questa forte conflittualità tra i Borboni di Francia e gli Asburgo, tanto sul versante del sacro romano impero, tanto quanto sul versante Spagnolo. Al centro della contesa c’è la rivendicazione dei paesi bassi spagnoli, e la Francia contea. Guerra di devoluzione 1667-68: La rivendicazione si basa su un fatto dinastico, che nel ‘600 metteva ancora al centro con difficoltà l’ereditarietà femminile. Maria Teresa moglie di Luigi XIV, era la figlia di Filippo IV, sorella maggior di Carlo II. Da un punto di vista strettamente cronologico, Maria Teresa doveva essere l’ereidte, mentre Carlo II era un figlio cadetto. Luigi XIV rivendica il fatto che pur essendo Maria Teresa una donna, deve essere lei ad avere in eredità questi territori della Spagna, cosa che fino ad allora era ancora impensabile. Questo si risolve a favore di Carlo II, quindi a favore della Spagna, perché alla fine di questa guerra che dura un biennio, viene stipulata una pace, la pace di Aquisgrana, con cui Luigi XIV rinuncerà alle sue pretese sui paesi bassi e sulla Francia contea. Un altro elemento importate durante le guerre. Di Luigi XIV sarà l’uso di spie per ottenere informazioni su quelle che sono i paesi in contrapposizione l’uno con l’altro. Guerra contro le Province Unite 1672-1678: Le province unite sono un altro degli obiettivi della Francia e attraverso la guerra con le province unite, alla fine per una serie di scambi tra le potenze, la franca contea passa nelle mani del sovrano francese. Lega di Augusta in funzione antifrancese 1688-97: Il fatto che questa politica di potenza sia vista con timore dagli altri paesi europei è anche testimoniato dalla nascita di una lega, alla fine degli anni ’80, che durerà circa una decina d’anni, la lega di Augusta, che ha un evidente carattere anti francese. 1701-1714: Guerra di successione spagnola 1701-1714: Quella che sicuramente è la guerra più importante, soprattutto per gli effetti di lungo periodo, affrontata da Luigi XIV, è la guerra di successione spagnola. Il settecento è l’anno delle guerre di successioni, la cui prima è stata proprio quella spagnola. La guerra di successione spagnola è cosi importante perché a seguito di essa la Spagna vedrà nascere la dinastia dei Borboni indipendente e autonoma da quella francese, che è la dinastia che ancora oggi siede sul trono. La chiesa Gallicana è cattolica, ma che si vuole definire sulla base della propria nazione, una chiesa che mira a diventare nazionale, in cui il potere sul versante ecclesiastico del sovrano aumenta rispetto a quelle che sono le prerogative del papa che viene percepito come un sovrano straniero. Fortemente Luigi non si stacca dalla chiesa romana, ma ci sono degli ambiti di intervento in cui il re pretende di dire la sua. In primo luogo vuole mettere bocca su quella che è la nomina dei vescovi, in quanto in una chiave di nazionalismo del regno di Luigi XIV, è rischioso avere dei vescovi che potrebbero non obbedirgli. Questa idea non viene accolta da Roma; quindi, in realtà per tutto il regno di Luigi XIV ci sarà un grande scontro fra la Santa Sede e il regno di Francia. Molto importante è il movimento del Giansenismo, una dottrina teologica che nasce dal vescovo Ypres Cornelis Jansen, che propone un ritorno alla chiesa primitiva, spiritualità al ritorno di una spiritualità interiore più forte. Questo ritorno alla chiesa primitiva si pone sulla scia del modello di Sant’Agostino. L’opera più importante di Ypres Cornelis Jansen si chiama proprio Agustinus e quest’opera arriva a Roma, nelle mani dell’inquisizione romana, che condanna alcune proposizioni di questo libro. Si viene a creare intorno al Giansenismo un vero e proprio movimento di reazione da parte della chiesa di Roma che però in realtà non è del tutto controvi questo. Quello che caratterizza il caso è che il Giansenismo ha anche una forte matrice politica. Una serie di esponenti del parlamento aderiscono al giansenismo, molti intellettuali aderiscono al giansenismo. I giansenisti si riuniscono nel monastero di Port-Royal, è un monastero femminile guidato da Angelique Arnauld e Antoine Arnauld, fratello e sorella, e sono entrambi punti di riferimento dei Giansenisti. Luigi XIV individua nel giansenismo un pericolo, perché più che negare l’istituto monarchico, i giansenisti mettono in discussione il principio gerarchico della società; Luigi XIV adotta una politica di vera e propria violenza nei loro confronti che si esprime simbolicamente nel radere al suolo il monastero di Port-Royal. Tutti questi diversi ambiti della politica francese di accentramento ebbero un momento di sintesi nella politica di auto promozione portata avanti da Luigi XIV. La politica di auto promozione del sovrano che si basò in primo luogo sulla costruzione della Reggia di Versailles, che venne edificata fuori Parigi per motivi di difesa, ed è una reggia che in qualche modo aveva come obbiettivo principale quello di creare un luogo di auto promozione per il sovrano tanto in funzione di politica interna, quanto in funzione di politica estera; quindi essa doveva essere la vetrina di quella che era diventata la grande potenza di Luigi XIV. Luigi XIV durante il suo regno si attribuisce il titolo di re sole, il che voleva dire in una chiave europea porsi al centro di tutto e gli altri paesi giravano per così dire intorno a lui. In questa auto promozione abbiamo un chiaro riferimento alla cancellata della reggia di Versailles, abbiamo la certezza che sia lui rappresentato anche grazie alla presenza del giglio simbolo della famiglia borbonica, e dalla mano che è il simbolo del potere monarchico. Tutta la sua politica fu rivolta a una forma di auto esaltazione che si definì nella creazione di tutta una serie di istituzioni create dalla monarchia come l’accademia francese. L’accademia francese è istituzione nazionale che vuole proporsi come espressione della politica culturale del monarca. La politica culturale del monarca, si esprime in diverse direzioni, ad esempio promuovendo gli artisti e quindi Luigi XIV fa in qualche modo una politica mecenatista promuovendo le arti che poi si indirizza verso i suoi interessi di auto promozione.
 In particolare modo sono due le direzioni verso le quali va l’accademia francese: - Occuparsi di letteratura: da questo punto di vista questi saranno gli anni della controversia degli antichi e dei moderni in cui si scontrano gli intellettuali francesi verso chi ritiene che la letteratura dell’età classica sia quella a cui affidarsi, e chi invece crede che sia giunto il momento di creare un nuovo canone culturale e letterario. 
 
 
 - Nuova cartografia della Francia: l’accademia invita questo importante cartografo Jean Picard, e viene incaricato di fare una nuova carta della Francia. Nel mettere su carta quelle che sono le proporzioni della Francia, la nuova carta risulta molto più piccola rispetto agli antichi confini francesi. Si può facilmente immaginare che ci troviamo in un contesto in cui Luigi XIV ha fatto della Francia una potenza di grandi dimensioni, e i cartografi avevano paura a mostrare questa carta al sovrano, perché temono che questi si arrabbi vedendo che la Francia era più piccola rispetto a quello che si era pensato fino ad allora.
 Prima di pubblicare la carta, i cartografi chiedono udienza al sovrano per essere legittimati da egli stesso a poterla pubblicare. 
 
 L’aspetto legato alla promozione delle arti e della cultura è uno degli aspetti chiave alla base della nascita della reggia di Versailles, ma questo non è l’unico obiettivo del sovrano, ma l’obiettivo poi di fondo è quello di controllare in maniera più vicina l’aristocrazia. Pareggia di Versailles ha delle proporzioni così grandi, perché l’obiettivo di Luigi è quello rifar convergere quanto meno i capi famiglia della nobiltà francese all’interno della reggia. L’obiettivo principale di Luigi è quello di controllare la nobiltà, ma soprattutto è quello di ricreargli un ruolo, perché in questo conflitto tra la nobiltà di toga e la nobiltà di spada, sul territorio la nobiltà di spada era andata perdendo sempre di più il suo ruolo. 
 Sostanzialmente Luigi XIV nel far convergere la nobiltà a Versailles, ricrea quella che viene definita una società di corte che si basa su una ritualità quotidiana, che viene ridefinita poi etichetta, la quale caratteristica era far ruotare la vita delle persone intorno al monarca. 13° lezione 28-11-2022 Caratteri del settecento Principio di legittimità dinastica Nel settecento il concetto di accentramento si andrà a collegare sempre di più con quello che è il principio di legittimità dinastica. Quando si parla di legittimità dinastica ci si riferisce a tutta quella serie di monarchie che vedono ribadire il ruolo delle dinastie regnanti, quindi il ruolo del sovrano rispetto agli altri corpi intermedi che esistono all’intento di un determinato stato. Il settecento sarà quel secolo nel quale si rafforzerà l’idea di sovranità, a vantaggio di altri corpi come la nobiltà, ma anche nei confronti della chiesa, dividendola in chiesa cattolica, ancora fedele a Roma, e chiesa protestante, che è più limitata da quelle che sono le politiche statali. Questo significa che ancora una volta andiamo nella direzione della secolarizzazione che è un concetto chiave per comprendere quella che è definita la modernità, tutta l’età moderna possiamo considerare come un lungo processo in cui la società, si svincola dalla sua dimensione provvidenziale, sacramentale per incamminarsi verso quello che è lo stato laico. Questa idea del principio di legittimità dinastica vi era già alla fine del seicento, parlando della Francia, e si oppone con quelli che sono i privilegi dei corpi territoriali. Assistiamo a uno sgretolamento di quelli che sono i poteri e le competenze locali, che fino ad allora erano state gestite da un punto di vista amministrativo e giudiziario dalla nobiltà, e che ora vengono riassorbite dal centro. Tra questi nuovi stati che nascono soprattutto dalle conquiste militari, quindi che estendono il proprio territorio in seguito alle conquiste militari, vediamo la riduzione dei poteri dei corpi intermedi. Il principio di legittimità dinastica si lega anche a una serie di guerre, come ad esempio la guerra di successione spagnola, che mettono l’una contro l’altra le diverse dinastie, e in generale nelle guerre di successione il principio di base sarà quello di garantire questa legittimità e perpetuazione delle diverse dinastie nei diversi paesi. Embrioni proto nazionali Il settecento è anche il secolo nel quale vediamo la nascita dei primi embrioni proto nazionali, quando si utilizza questo termine si deve sempre tener conto che ancora fino alla fine del settecento non si parla di nazioni in senso stretto, ma vi sono solo dei riferimenti alla nazione inteso come un’unità di un determinato territorio. Il termine nazione diventerà centrale nella pubblicistica illuministica della seconda metà del settecento, e sarà ancora più centrale nella rivoluzione francese. Sarà quello il momento in cui la nazione come tale, in opposizione allo stato si esprimerà. Lo stato esprime quelle che sono le istituzioni che governano il paese, la nazione si esprime dal basso, è la comunità che si esprime e chiede di partecipare alla vita politica. Nel settecento si definisce quella che è la cartina europea, e si rafforzano anche una serie di potenze che hanno preso forma soprattutto attraverso una serie di conquiste militari. Due di queste potenze sono le più importanti per la loro evoluzione settecentesca, e sono la Russia e la Prussia. Per quanto riguarda la Prussia il rafforzamento di questa è ai danni dell’impero asburgico. All’interno della configurazione tedesca si vanno a formare due diversi poli: da una parte quello degli Asburgo e dall’altra quello della Prussia intorno ai diversi sovrani che riusciranno a formare un vero e proprio regno. Proprio intorno queste due possibilità di modello tedesco che poi nel corso dell’ottocento si andranno a proporre ai tedeschi due doversi modelli di unificazione nazionale: un modello asburgico, federale cui si mantiene l’autonomia dei diversi territori, e un modello che vede come stato attorno al quale si deve stringere la nazione la Prussia. Un modello grande tedesco e piccolo tedesco, rappresentato dalla Prussia che sarà quello vincente, da cui poi nascerà la Germania. Imperi marittimi La novità del settecento è la nascita di imperi marittimi. Per la prima volta si era parlato di imperi marittimi con il Portogallo, che nel settecento è un impero in crisi, nonostante nel 1640 avesse riconquisto l’indipendenza dalla Spagna. Joseph Addison, considerato il fondatore del giornale inglese The spectator, scrive dell’Inghilterra e nel farlo utilizza il termine di impero addizionale, e giustifica questa sua definizione dicendo che il commercio senza allargare i domani glia dato una sorta di impero addizionale. Addison scrive “senza allargare i propri domini” perché l’impero dell’Inghilterra non ha quel carattere territoriale che aveva avuto l’impero spagnolo. Questo perché a governare le colonie non è lo stato stesso, ma è la compagnia a possedere le colonie, quindi le compagnie senza allargare domini dell’Inghilterra, creano comunque per essa un impero addizionale, perché in ultima istanza la compagnia delle indie era un’istituzione legata al governo inglese. In questi anni l’Inghilterra viene definito stato fiscale militare. Da una parte attua una politica di riforma fiscale molto stringente che vede un aumento delle tasse anche nei confronti di quelle colonie che sono sottoposte all’impero britannico ma anche un impero militare perché questo impero addizionale funziona grazie ai commerci portati avanti anche in maniera aggressiva. L’ampliamento della rete commerciale della Gran Bretagna avviene attraverso sconti marittimi tra i quali sarà la guerra dei 7 anni. In concomitanza con la crescita delle compagnie commerciali viene fondata la Banca d’Inghilterra. La banca doveva garantire che le azioni delle compagnie commerciali avessero una loro validità. Questa aggressività coloniale porta ad un netto squilibrio tra il centro e le periferie, in quanto i vantaggi dell’uno sono gli svantaggi delle altre. Le periferie vengono utilizzate solo come luoghi per drenare materie prime, oppure per riversare i prodotti delle manifatture delle aziende inglesi. Questo fenomeno si amplierà nell’800. Le colonie vengono sfruttate economicamente e le potenze europee non fanno nulla per rendere le colonie economiche. Sono dei territori da cui vengono portati in Europa le materie prime e sono tutte politiche che non vedono gli interessi delle stesse colonie. Scienze camerali Durante il settecento si moltiplicano dibatti sull’organizzazione e l’efficenza statale. Ormai lo stato si è incanalato in una direzione che è quella di una sostanziale burocratizzazione, cioè nell’impiego di funzionari che ubbidiscono in ultima istanza al monarca. Si inizia nel settecento con quel dibattito che per certi versi è ancora centrale, cioè quello di come uno stato può in qualche modo essere governato in maniera efficiente, quali sono le strategie per arrivare a questa efficenza. Questi dibattiti nascono sui giornali ma poi vengono portati anche all’interno delle università, e nascono i corsi di scienze camerali. Le scienze camerali, con molte e molte differenze possono essere paragonate al corso di laurea odierno di scienze politiche, cioè quegli studi che mettono insieme una serie di ambiti come l’economia, la giurisprudenza, le relazioni internazionali e in generale quelle materie che sono essenziali e centrali per una migliore organizzazione dello stato. Le prime scienze camerali nascono in Prussia, cioè in uno di quegli stati che nel corso del settecento è attento a una migliore gestione del governo. Gazzette e opinione pubblica Nel settecento nascono anche le gazzette, i primi giornali dell’età moderna. Fino ad allora c’erano state alcune avanguardie di notizie che venivano raccolte in opuscoli, e quali però mancavano di sistematicità, cioè uscivano senza una certa periodicità, che invece rappresenta il carattere principale dei “giornali” dell’epoca moderna. Ogni paese ha nelle diverse corti europee i propri informatori, che si occupano di redigere una serie di informazioni e di notizie che poi vengono mandate in patria e raccolte all’intento di queste gazzette. Le prime gazzette hanno un’organizzazione che possiamo definire territoriale, abbiamo una sorta di geografia dell’Europa del tempo che si rappresenta attraverso questa forma di informazione. Questa forma di informazione diventa sempre più importante perché in una prima fase le notizie sono molto scarne e riguardano solo gli avvenimenti, ma con il passare del tempo queste notizie assumono sempre di più il carattere di un articolo moderno, per esempio accanto alla notizia iniziano ad esserci anche commenti di chi scrive l’articolo. L’informatore lentamente si trasforma nella vera e propria figura del giornalista, cosa che prima non esisteva. Un altra grande caratteristica delle gazzette settecentesche era quella di essere scritte nelle lingue volgari, ma sopratutto venivano scritte in francese, che veniva considerata la lingua colta dell’epoca. Nasce tutto un nuovo sistema di comunicazione che è sottoposto alle stesse regole a cui erano sottoposte le pubblicazioni dell’epoca precedente, quindi in primo luogo la censura. Ogni stato e ogni governo ha un suo uffici di censura attraverso la quale devono passare i giornali e le notizie prima di poter essere pubblicate. Sempre di più queste gazzette rappresentano uno strumento non solo di notizie ma anche di opinioni, per questo il settecento è considerato il secolo della nascita dell’opinione pubblica. Possiamo parlare di opzione pubblica e non di circolazione di notizie, perché quest’ultima vi era anche negli anni precedenti, influenzava e un suo ruolo dal punto di vista della propaganda, però si rimaneva all’intero di un ambito molto circoscritto e sopratutto non vi era quel salto per cui le proprie opinioni si rivendicavano importanti per la gestione della cosa pubblica. Cioè non era solo avere un’opzione, ma era anche desiderare di intervenire in un dibattito e fare si che la propria opinione avesse un risvolto concreto in quella che era la vita di governo di un determinato paese. L’idea di opinione pubblica si lega a quest’idea, e si lega anche a una maggiore alfabetizzazione che caratterizza il diciottesimo secolo. L’alfabetizzazione è un fenomeno che ha una stretta connessine con il contesto sociale ed economico. Coloro che più aderiranno a questa idea di un ruolo pubblico delle gazzette e del proprio pensiero, sono soprattutto quelli che poi in maniera più compiuta verranno definiti come borghesi, cioè quella fascia che si rafforza nel corso del settecento e che ha un ruolo sociale ed economico sempre più importante. Si tratta di quell’ampia categoria che in Francia ritroveremo nella rivoluzione sotto il nome di terzo stato. È importante parlare di terzo stato quando scoppierà la rivoluzione francese, perché tutti coloro che non sono nobili o che non fanno parte del clero, rientrano in questa categoria vasta che non ha più alcuna definizione di tipo sociale od economico, in quanto si trovano diverse categorie sociali come ad esempio i commercianti, i contadini, i vagabondi. La mancanza di una rappresentanza politica è quella che nel corso del settecento fa nascere e poi montare quest’opinione pubblica che nel corso del secolo diventa sempre più richiedente. Intellettuali come consiglieri In questa chiave di lettura assistiamo a un nuovo ruolo degli intellettuali come consiglieri del principe. È un fenomeno che abbiamo visto anche nei secoli precedenti, ma fino ad allora gli intellettuali che consigliavano il principe erano dipendenti dal punto di vista economico e quindi non avevano un’autonomia di giudizio. Questo si inizia a modificare, anche se con molta gradualità, nel corso del settecento, perché anche seguendo l’onda dell’illuminismo, in diversi stati alcuni principi cominciano a tenere in considerazione quelli che sono i consigli degli intellettuali. Anche questo non si fa per nulla, ma mostrarsi amico dei filosofe e degli intellettuali è una forma di auto propaganda per il sovrano. C’è un tentativo di tenere maggiormente in considerazione quelle che sono le opinioni degli intellettuali, soprattutto di considerarli importanti come cartina di tornasole rispetto a quelle che sono le sensibilità popolari, l’intellettuale era visto come un mediatore tra la corte ed il popolo. L’esaltazione della ragione e l’illuminismo L’importanza sempre maggiore attribuita alla stampa e agli intellettuali sono due fattori strettamente connessi con quella che è l’esaltazione della ragione che diventa centrale con la nascita del movimento illuminista. Quando parliamo di illumino le prime figure illuministe che vi vengono in mente sono quelle degli illuminati francesi quali Voltaire, Rousseau e Montesquieu, ma il termine illuminismo è un termine che è stato coniato da Kant, quindi da un filosofo tedesco. Il movimento illuminista diventa sempre più forte nel corso del settecento francese e anima alcune grandi imprese editoriali, la quale più importante è Ecyclopédie, diretta e guidata da due importanti illuministi che sono Diderot e d’Alembert. L’enciclopedia è cosi importante perché, anche se ve ne erano state nei secoli precedenti, per la prima volta si parla di grande impresa editoriale. Diderot e d’Alembert possono essere quelli che noi oggi definiamo come curatori, mentre i diversi articoli dell’enciclopedia vengono assegnati a chi viene ritenuto più competente in quel settore specifico. Il titolo completo è Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, cioè l’enciclopedia delle scienze, delle arti e dei mestieri, e questo nome è importante perché per la prima volta il sapere pratico viene preso in considerazione all’intento di un’opera che si pone come punto di rifermento della cultura del tempo. Usciamo quindi dall’idea dell’umanesimo per cui le materie letterarie erano le uniche ad essere considerate aristocratiche. L’enciclopedia viene tradotta in diversi paesi europei, e in Italia verrà tradotta per la prima volta a Lucca, e venne tradotta proprio qui perché il granducato di Toscana era uno degli Stati italiani più legato al dispotismo illuminato, cioè quei sovrani che pur di mantenere il potere si avvicinavano alle idee illuministe. Questa circolazione della stampa riguarda diversi ambiti francesi, e uno specifico è quello che riguarda le biblioteche circolanti. Nel settecento si comincia a comprendere che se si vuole diffondere la cultura, bisogna andare nelle champagne, in quanto non è che tutti riescono ad arrivare nelle grandi città. Queste biblioteche circolanti erano dei veri e propri carri, con la quale venivano portati questi libri in giro per le campagne. Economia del settecento: Europa a due velocità Quello che muta nel corso del settecento è il rapporto con l’economia, tant’è vero che cosi come da un punto di politico si parla di aree forti e aree deboli, se ci si sofferma dal punto di vista economico si deve parlare di un’Europa a due velocità. Una velocità più rapida e un’economia che rimane ancorata a vecchi sistemi di produzione e che quindi non favorisce lo sviluppo economico. Da questo punto di vista solo alcune zone europee mostrano quest’economia attardata rispetto a un modello precedente, e sono ila Spagna, il sud Italia in quanto ancorata alla Spagna, ma anche la Russia. Le zone che mostrano uno sviluppo economico molto più rapido sono le province unite e l’Italia del nord. Vi sono nuove tecniche che vengono approntate in questo periodo, una di queste è la rotazione delle culture, invece di avere un terreno dove si coltivata la stessa cosa, si divideva l’appezzamento in tre parti per poter coltivare diverse materie prime in contemporanea e allo stesso tempo lasciare una parte di terreno a riposo. È come se lo stato si rendesse conto che deve assumere il controllo di tutta una serie di ambiti che fino al allora gli erano sfuggiti di mano. L’altro grande aspetto che emerge nel corso del settecento è quella dell’emergere di un ceto borghese che fa fatica a riconoscersi in quella che era la tradizionale divisione gerarchica della società di antico regime. L’elemento nuovo di questa borghesia è rappresentato dal prevalere dell’individuo sul ceto. Mentre prima nella scelta d’ appartenenza un determinato ceto e di far emergere la propria individualità, la prima ipotesi per cui l’uomo non era importante per ciò che faceva, ma per il gruppo a cui apparteneva aveva sempre la meglio, a partire dal settecento si fa strada l’idea che l’individuo è artefice del proprio futuro, e che soprattutto l’appartenenza di ceto non deve essere un freno per la propria ascesa sociale. Fra tutti gli elementi che caratterizzano il settecento questo forse è quello più importante, perché davvero sovverte quelli che sono i principi gerarchici dell’antico regime. Anche da un punto di vista individuale, assistiamo a una forma di secolarizzazione, si va nella direzione di una famiglia che diventa sempre più mono nucleare, il quale centro della vita familiare è composto da un numero di persone sempre più ristretto, dove anche il ruolo della donna comincia molto ma molto lentamente ad essere riconosciuto. Paradossalmente nel corso del ‘600 è la direzione spirituale che spinge a una maggiore consapevolezza della donna, perché la direzione spirituale in questi anni comincia ad accompagnarsi alla produzione di diari. Fino al seicento è molto difficile che le donne scrivano dei diari, e paradossalmente proprio da una punto di vista religioso che questo accade perché i padri spirituali iniziano a dire alle proprie devote a mettere per iscritto i loro pensieri. Così facendo danno inizio ad un processo ad una presa di coscienza di quelli che sono i propri limiti che porta le donne ad assumere un ruolo all’ interno della società. Questo emergere di un ceto borghese è un elemento chiave perché quello che a partire dal ‘700 farà la differenza sarà la condizione economica, cioè un contadino francese non avrà nulla in comune con un ricco mercante di Parigi, e quindi è giusto che vengano trattati in modo diverso dallo stato. Dispotismo illuminato La Prussia di Federico II Federico II di Prussia tra i sovrani illuminati è la figura più rappresentativa, che avrà un lunghissimo regno, che va dal 1740 al 1786. La Prussia deve il suo rafforzamento come regno e stato alle conseguenze portate dai trattati di Vestfalia, infatti già dal seicento viene ridimensionato il potere degli Asburgo, viene riconosciuta una maggiore autonomia delle diverse parti di questa confederazione imperiale e la Prussia è quella che anche da un punto di vista territoriale rafforza la propria presenza nell’area centro orientale dell’impero, espandendo i propri territori e riuscendo ad ottenere il titolo di regno. A partire da questi Federico II attua una politica che parte in primo luogo dalla riforma dell’esercito. Federico II sarà un sovrano trasportato da una orte vocazione militare, parteciperà in prima persona alle sue campagne di guerra, e la sua intuizione è quella di legare questa riforma dell’esercito alla partecipazione della piccola nobiltà degli Junker. Gli Junker erano possidenti terrieri in Germania che non facevano parte delle alte famiglie aristocratiche rimanendo quindi un gradino più sotto, avevano però bisogno di una legittimazione. Questo esercito è un esercito che ha sempre di più le caratteristiche di un esercito moderno, si basa su dei tirocini, su una professionalizzazione dei soldati, un nuovo uso dell’artiglieria, quindi anche dal punto di vista tecnologico Federico II investe molto sotto questo punto di vista. L’altro investimento è quello che riguarda l’apparato statale. Federico II si propone come primo servitore dello stato, cioè di fatto non cambia le istituzioni del paese, non crea un’assemblea legislativa che in qualche modo sia rappresentante dei diversi partiti dello stato, però assume questo ruolo di monarca assoluto che agisce e lavora per il bene della comunità. In questa maniera cerca anche di far dimenticare il fatto che è un sovrano assoluto uguale a tutti gli altri. 
 Per tutta la vita intratterrà una corrispondenza con Voltaire, tanto che una volta divenuto re decide di invitarlo a Potsdam nel suo palazzo Sanssouci. Nel campo artistico Federico intratterrà rapporti con Bach, il quale gli dedicherà la sua famosa opera dal titolo “Offerta musicale”. In questo regno si configura la nascita di una proto-identità prussiana alla base dell’origine dello stato tedesco, facendo leva sull’idea di un’etnia comune si rafforza e si pone in opposizione col modello asburgico: coinvolgimento delle masse di cittadini umili. Nel campo economico la sua politica sarà più vicina ad un approccio mercantilista, ormai quasi divenuto per certi versi desueto, egli oltre a scoraggiare le importazioni come quelle trasportanti caffè con una tassa del 250%, punta sul protezionismo (ad esempio vietando le importazioni di lana) e sulla costituzione di un mercato interno. Verso la fine della guerra di successione austriaca egli occuperà la Sassonia e la sua capitale, Dresda, in un periodo durante il quale tenterà di appropriarsi delle tecniche di produzione di porcellana per trasferirle alle industrie prussiane. Nonostante non si riveleranno opifici così fruttuosi, il re troverà comunque il modo di spingere la sua fissazione ammettendo gli ebrei nel regno e tuttavia obbligandoli ad acquistare un valore preciso di quei prodotti. Sempre in ottica di tolleranza religiosa in un periodo in cui i gesuiti vennero temuti da tutte le potenze europee, Federico scelse invece di accoglierli ovviamente col fine di migliorare l’istruzione del paese e far progredire così il suo popolo; asserì inoltre che avrebbe costruito moschee e templi se i turchi o i pagani avessero voluto trasferirsi migliorando il regno, diceva “ognuno deve andare in paradiso alla sua maniera qui”. Federico II sarà uno dei protagonisti della guerra dei sette anni (1756 – 1763) così come sarà protagonista di una politica che tenderà a creare una serie di relazioni con l’Inghilterra [1756 attacca per primo la Sassonia e la sottomette ma senza alcuna dichiarazione di guerra come previsto dal diritto internazionale. Dalla Sassonia ebbe facile accesso ai territori dell’impero e scelse di invadere la Boemia nel 1757, durante la battaglia di Praga sbaraglia l’esercito asburgico guidato da Carlo di Lorena. Tuttavia, nello stesso anno la contro offensiva asburgica fu fondamentale per riaprire i giochi e compromettere il piano di Federico: il maresciallo Daun lo sconfigge per la prima volta nella battaglia di Kolin (Boemia)]. La Russia di Caterina II Caterina II zarina di Russia, regnante dal 1762 e 1796, fu una principessa originaria della Prussia andata in sposa a Pietro III (figlio di Anna Petrovna Romanova) uno dei nipoti di Pietro il grande. Pietro III era uno zar fortemente filoprussiano e venne visto potenzialmente pericoloso dall’aristocrazia interna. Infatti, soltanto un anno dopo la sua salita al trono nel 1761, avvenne un colpo di stato di palazzo: una parte della corte (appartenente all’alta nobiltà russa) offre a Caterina II il trono della Russia. Il popolo non partecipa. Pietro III viene imprigionato accusato come traditore della patria e in un secondo momento ucciso clandestinamente. La scomparsa di Pietro IIInell’ignoranza del popolo genera in un fenomeno simile al sebastianismo, alcune personalità forti spacciandosi per lo zar, si mettono a capo di contingenti per guidare delle rivolte interne. L’episodio più famoso è quello della rivolta cosacca. I cosacchi erano un popolo nomade che nel corso del seicento aveva dichiarato la propria fedeltà allo stato Russo, che però manteneva comunque una propria autonomia. Alla fine del settecento uno di questi cosacchi, Pugacev, anima una rivolta che è soprattuto contadina, in quanto questi sono ancora legati alla servitù della gleba, e quindi erano più facilmente animali contro lo stato.
 Pugacev approfitta dell’uccisone clandestina, e quindi della scomparsa nel nulla di Pietro III, spacciandosi per lui nella conquista ai territori. Il colpo di stato di palazzo emergere la figura di Caterina II, la quale era una figura indubbiamente molto carismatica che si pone sulla strada di una serie di riforme, che riguardano soprattutto la proprietà terriera della chiesa ortodossa. Caterina II apre una serie di chiese parrocchiali, aperte anche ai figli dei contadini, che per la prima volta vedono in questa istruzione pubblica e anche gratuita una prima possibilità di accedere alla cultura, anche se ai suoi aspetti più elementari. Quello che Caterina II non fa è emancipare i contadini, e qui vediamo ancora di più quelle che sono le contraddizioni del dispotismo illuminato, in quanto tutte le altre riforme avrebbero avuto un senso e sarebbero diventate davvero qualcosa che avrebbe potuto cambiarie destino sociale economico della Russia, se si fossero appoggiate a un’emancipazione dei contadini, se i contadini fossero diventati cittadini liberi e non più soggetti ai proprietari terrieri e quindi all’aristocrazia. Non facendo questo il meccanismo non si smuove realmente e anche la società russa rimarrà attardata anche da un punto di vista economico. Un’altra politica di Caterina II che si rivelerà poi un fallimento è quella di convocare un ‘assemblea legislativa che debba rivedere il diritto e la giurisprudenza della stato russo, quindi è un tentativo di riforma giudiziaria e normativa. Quest’assemblea sarà il fiore all’occhiello dii Caterina II, soprattutto in una chiave di auto promozione con gli illuministi, che risulterà comunque poi fallimentare. Un altro aspetto importante è quello che riguarda la politica estera, che si rivolge in particolare in due direzioni. La prima direzione è il progetto greco, cioè quel tentativo di Caterina II di approfittare della debolezza dell’impero ottomano, che nel corso del settecento era diventato sempre più fragile. Nel 1774, a seguito della guerra russo turca iniziata nel 1768, fu firmato il primo trattato con i turchi, quello di “Küciü’k Qainargé”, col quale l’impero russo acquisì la regione di Edisan dal cui porto di Cherson poté per la prima volta accedere al mar Nero e allo stretto dei Dardanelli. Nel 1783 Caterina II annette la Crimea, che fino ad allora un possedimento dell’impero ottomano, negli ultimi anni però lasciato sotto un’autonomia gestionale dal sultano. Tra il 1787 e il 1792 scoppia un secondo conflitto tra i due imperi, che terminò con il trattato di Iasi, l’allora capitale del principato di Moldavia, da cui la Russia uscì di nuovo vittoriosa acquisendo diversi territori sulle foci dei fiumi Dnpro e Dnestr, ma soprattutto riconosceva la fondazione della città fortificata di Sebastianopoli (Crimea). La seconda direzione è quella della Polonia, che riguarda un po tutti e tre questi stati caratterizzati dal dispotismo illuminato. La Polonia nel corso dei secoli era sempre stato uno stato debole dal punto di vista della sovranità, in quanto ritrattava disuna monarchia elettiva. Nel corso del settecento si assiste a una serie di guerre di successioni che alla fine porta sul trono Stanislao Poniatowski, un sovrano molto legato alla Russia, che in qualche modo rafforza questa debolezza della Polonia proprio a causa di questa sua dipendenza allo stato russo. Di fatto la Polonia nella seconda meta del settecento diventa una di quelle aree deboli, sfruttate dagli stati forti per impadronirsene dal punto di vista territoriale. Tra il 1772 e il 1795 la Polonia praticamente scompare dalla cartina europea, perché in seguito a tre diverse spartizioni, Russia Prussia e Austria se ne dividono le spoglie. La maggior parte del territorio polacco finirà sotto lasserà di influenza russa, però di fatto l’indipendenza della Polonia nel 1795 possiamo dirla finita. Per tutto il corso dell’Ottocento si parlerà di un territorio smembrato sotto le altre potenze, facendo nascere un movimento di indipendenza e rivendicazione di un’identità nazionale polacca che gli storici hanno avvicinato ai movimenti di indipendenza Italiana. Caterina II è molto importante da un punto di vista culturale e artistico perché è la fondatrice di quelle che sono le prime collezioni che poi andranno a costituire uno dei musei più importanti del mondo che è l’Hermitage. La storia della nascita delle collezioni dell’Hermitage è interessante perché un primo palazzo d’inverno viene affidato dall’imperatrice Elisabetta I a Bartolomeo Rastrellli, una delle figure più importanti nella costruzione di Pietroburgo. Santo Domingo è molto importante per la produzione dello zucchero, dove la maggior parte della popolazione è schiavizzata e di origine africana; per questi motivi con lo scoppio della rivoluzione francese sarà la prima isola a incamminarsi sulla strada della democratizzazione e anzi sulla strada per l’indipendenza per fondare la prima repubblica nera, la parte francese diverrà Haiti in merito della rivendicazione di un nome indigeno da parte della popolazione. Con la guerra dei sette anni si rafforza il dominio coloniale britannico anche nel sub continente indiano. Eta delle rivoluzioni atlantiche Quando parliamo della guerra dei sette anni parliamo dell’emergere di una nuova fase della storia della politica mondiale che è stata definita come l’eta delle rivoluzioni atlantiche, un’età che ha una periodizzazione molto larga che vada 1776, anno della dichiarazione d’indipendenza americana fino al 1833, anni in cui alcuni paesi latino americani riescono ad ottenere l’indipendenza. Questo concetto di rivoluzione atlantica viene coniato da due storici già alla fine degli anni cinque del novecento, che cercano di connettere quella che è la rivoluzione americana con la rivoluzione francese. Questa idea della rivoluzione atlantica è stata ripresa negli ultimi anni proprio in relazione a quello che è il movimento storiografico della Wall Hisotry, dove si intende l’esistenza di uno spazio atlantico, e quindi il mare come elemento portante di connessione tra contesti anche molto diversi, ma che fanno si che ci siano elmetti affini dalla rivoluzione americana, alla rivoluzione di Haiti fino alla rivoluzione dei paesi latino americani. In questa cartina possiamo vedere in giallo i domini spagnoli, in arancione chiaro i possedimenti britannici e in rosso le tredici colonie che saranno protagoniste delle rivoluzione. Interessante è questa divisione delle colonie di quello che poi diventeranno gli stati uniti, perché le colonie sono tredici, ma ci sarà una differenziazione tra di esse, in quanto non tutte avranno le stesse necessità, non tutte esprimeranno le stesse intenzioni anche rispetto alla madre patria. Molto importante è l’idea l’individualità all’interno della società americana, che rendono meno importanti le distinzioni di ceto, a differenza di quanto accadeva nella società europea. La società delle colonie era una società composta da migranti, che avevano fatto più o meno fortuna, ma a prescinder da questo avevano sicuramente perso in parte i rapporti con la madre patria, sopratutto avevo perso quell’idea dell’aristocrazia che ancora dominava il pensiero europeo. Queso forte individualismo si esprimeva soprattutto nella valorizzazione del lavoro secondo l’etica protestante. Un altra differenza importante è quella trave colonie del nord e le colonie del sud, perché mentre nel nord prevalevano i mercanti, i commercianti e dal punto di vista confessionale i puritani, nelle colonie del sud invece prevaleva un0’economia basata sulle piantagioni di tabacco, che si reggevano sulla schiavizzazione dei neri, prevaleva la chiesa anglicana e questo rendeva anche diversi i rapporto con la madre patria. Mentre le colonie del nord scalpitavano contro il monopolio delle EIC e avrebbero voluto una maggiore autonomia d’indipendenza sul piano commerciale, le colonie del sud che dipendevano dall’acquisto delle materie prime da parte della madre patria, erano molto meno disponibili a mettersi su una strada di rivendicazione di autonomia e indipendenza. Vi erano poi colonie che si potevano considerare atipiche, come il Maryland, una colonia fondata dai cattolici, allontanati dalla madrepatria, in quanto il colonialismo inglese in una prima fase usa e sfrutta le colonie per mandarci gli elementi dissidenti rispetto alla società. Un'altra colonia tipica era al Pennsylvania fondata da un quacchero, e un'altra colonia che aveva un carattere di ex colonia penale era la Georgia. Intorno alla metà del settecento cresce la conflittualità con i governatori delle colonie. Parliamo di governatori perché nonostante il Bill of rights, quindi nonostante la monarchia inglese fosse diventa una monarchia parlamentare, non c’erano dei parlamenti locali nelle colonie che svolgessero la stessa funzione del parlamento inglese. Le colonie erano tratta come se la monarchia fosse ancora assoluta, pecchiò questa conflittualità che cresce nel corso del secolo soprattutto nei confronti dei governatori delle diverse colonie, crea poi una paralisi della. stessa attività di governo, una paralisi e una conflittualità che viene alimentata dal ruolo della propaganda, che a partire dalla metà del secolo diventa sempre più importante e che ha l’obiettivo di sollecitare l’opzione pubblica americana su posizioni anti governative. I caratteri principali della rivoluzione americana sono: 1. Autodeterminazione: lo slogan della rivoluzione americana sarà “No tassa, senza rappresentanza”. Questo perché dopo la guerra dei sette anni, l’Inghilterra era uscita si vincitrice, ma anche con le tasche statali dissanguate dalla guerra, e quindi si rivale sulle colonie aumentando le tasse nei loro confronti, al che le colonie accettano l’aumento delle ma solo in cambio di una rappresentanza parlamentare. 2. Assetto liberal democratico: un’idea di governo in cui prevarrà l’istituzione di una repubblica federale, in cui ci sarà un forte scontro soprattutto nei primi decenni dopo la nascita degli stati uniti fra un modello che vuole far prevalere il centro, quindi vuole rafforzare il potere del governo centrale, cioè il modello federalista e un modello che invece vuole lasciare anche autonomie alle diverse colonie che poi andranno a costituire gli stati uniti. Un altro aspetto importante è quello che definisce gli stati uniti come una sorta di terra promessa, un forte aspetto simbolico e mitologico che finisce poi per coinvolgere ad esempio anche una serie di europei che andranno a combattere per l’indipendenza degli stati uniti, ad esempio, La Fayette andò a combattere a favore delle colonie, con aspetto politico favorito dalla Francia per i rapporti aspri con l’Inghilterra stessa. Il momento simbolico più importante è quello del Boston Tea party, momenti in cui a fronte di un aumento della tassa sul te i coloni si travestono da indiani e nella baia di Hudson a Boston gettano nel mare le balle di te per protestare contro la politica della gran Bretagna e soprattutto contro la politica della EIC che non lascia commerciare in proprio i coloni. Un altro momento importante è il congresso di Philadelphia, primo momento nel quale le forze ribelli si riuniscono e nella quale emerge la figura di George Washington. La rivoluzione americana si compie tra il 1776 e il 1783, quando la Gran Bretagna è costretta a riconoscere l’indipendenza delle tredici colonie e il trattato verrà firmato a Versailles, luogo della Francia che si pone come mediatrice tra le due. Sara solo nel 1787 che verrà approvata la costituzione degli stati uniti, che è la costituzione che ancora oggi hanno gli stati uniti. La costituzione degli stati uniti prevede un sistema elettorale molto complesso, per cui non c’è un’elezione diretta, ma all’interno dei diversi stati si eleggono i grandi elettori, che sono coloro che poi andranno ad eleggere il pretendente degli stati uniti. Per arginare il fatto che degli stati fossero più grandi e degli stati più piccoli, si era deciso che tutti gli stati avessero lo stesso numero di elettori. 15° lezione 5-12-2022 Dall’antico regime alla rivoluzione L’ultimo grande evento della storia moderna è l’avvento della rivoluzione francese. La prima delle rivoluzioni atlantiche è la quella americana, ma la rivoluzione francese, soprattutto per quanto riguarda il continente europeo, è quella rivoluzione che segnano sposarti acque fra un prima e un dopo. Se parliamo di sparti acque vuol dire che passiamo da un’epoca storica definita come antico regime a quella che sarà la società contemporanea, una società caratterizzata da una serie di elementi che per certi versi sono ancora fondativi della nostra società. Ci sono alcuni aspetti che distinguono l’epoca precedente da quella nostra attuale, in particolare il passaggio da quella che è una società definita come società di ceti, a una società democratica ed egualitaria. Il concetto di ceti è diverso dal concetto di classe, perché la classe è un concetto che nasce alla fine del settecento e che deve molto a quei fenomeni che si sviluppano a partire dalla rivoluzione industriale, quindi quando parliamo di classe solitamente ci riferiamo a quella società che poi nascerà nell’ottocento e non alla società di antico regime. I ceti più importanti dell’antico regime sono l’aristocrazia, il clero e il terzo stato, dove nel terzo stato vi sono mescolate diverse categorie come i contadini, i mercanti, artigiani ecc. I primi due ceti rimangono sempre all’interno di un contesto in cui ciò che è alla base della società non è il diritto ma il privilegio. Il diritto a partire dalle rivoluzione del settecento non è più fondato sui privilegi, ma sull’uguaglianza di fronte legge. Sostanzialmente i nobili che vivevano alla corte dei sovrani erano ceti che richiamo delle loro prerogative, si chiamavano alla loro autonomia, facendolo in nome di privilegi antichi che molto spesso non erano determinati da una norma chiara e scritta, ma si trasmettevano oralmente quindi non se ne conosceva nemmeno più l’origine. Con la rivoluzione francese il diritto sarà improntato su quest’idea di uguaglianza di fronte alla legge, cioè tutti i cittadini erano sullo stesso piano, il che non vuol dire che non esistesse più l’aristocrazia o il clero, ma vuol dire che la condizione di nobile o di ecclesiastico non da di per se un privilegio, non ha connaturato a se una serie di garanzie rispetto alla società circostante. Si instaura quindi un’idea di società democratica in cui quello che conta non è più la nascita, ma è la capacità dell’individuo di farsi da sé, dal punto di vista politico, economico e sociale. Per fare questo il passaggio necessario per fare si che questo si realizzi è quello di stabilire che tutti i cittadini siano uguali davanti alla legge. Si parla di rivoluzione perché in un mondo come quello dell’antico regime, che è fortemente impregnato dell’idea di distinzione gerarchica all’interno della società, ma accettare questo principio da parte della società privilegiata, che viveva grazie ai propri privilegi una situazione di superiorità non fu affatto semplice. Quindi al di la dell’elemento fondamentale e cioè che la rivoluzione segna un cambiamento istituzionale all’interno dello stato, la rivoluzione francese fa un’ulteriore passo avanti rispetto alla rivoluzione inglese, in quanto mette anche in discussione l’assetto sociale. Da una parte vi è una rivoluzione fondata su un vero e proprio rivolgimento di quelli che sono i principi di base che caratterizzavano la società di antico regime, ma dall’altro abbiamo anche un rivolgimento istituzionale e quindi strettamente politico. Per quatto la rivoluzione francese nella sua prima fase sarà caratterizzata dal mantenimento della monarchia, sul lungo periodo la rivoluzione segna un passaggio dalla sovranità del monarca una sovranità popolare e repubblicana, che muove dal presupposto che gli organi rappresentativi, cioè il parlamento, siano eletti dai cittadini. Vedremo a seconda dei momenti della rivoluzione come, dal momento che stiamo parlando di un vero e proprio cambiamento sociale e politico, da un punto di vista della rappresentatività tutto questo non avverrà da un giorno all’altro, e sopratutto non avremmo l’istituzione del suffragio universale. Anche la rappresentanza sarà fortemente influenzata da un principio di privilegio economico, in quanto non tutti i cittadini avranno le stesse possibilità di essere eletti e non tutti i cittadini avranno stesse possibilità votare. Se l’aristocrazia si divide in due blocchi, una cosa diversa accade per il terzo stato, in quanto tutto il terzo stato, in particolare quella parte più ricca della nascente borghesia non hanno alcun riconoscimento politico e non hanno alcun diritto dal punto di vista della condivisione del governo, però hanno ormai i mezzi per volere in qualche modo contribuire ad esso. Ancora prima dello scoppio vero e proprio della rivoluzione abbiamo una società francese divisa su due posizioni diverse, che già segnano quello che sarà l’arco costituzionale dell’assemblea nazionale. La rivoluzione francese Si arriva al 1788, anno in cui il sovrano si vede obbligato a convocare gli stati generali. Si parla di convocazione e non di riunione perché al livello territoriale, nelle diverse province francesi si devono formare ed eleggere quelli che saranno i rappresentati che andranno a Parigi per riunirsi nell’assemblea. In questo momento si crea un portato ulteriore che è il cahiers de doléances, cioè quaderni delle doglianze, cioè al livello territoriali ogni stato (aristocrazia, clero e terzo stato) viene sollecitato a fare una sorta di lista di quelli che sono i problemi che secondo loro caratterizzano quella determinata regione. La cosa interessante è che cosi come gli stati generali sono composti da stati differenti, anche i cahiers de doléances sono composti sulla base dello stato di appartenenza. Si viene a creare una massa documentaria che rappresenta per gli storici una fonte di primaria. importanza, perché ci fa capire non solo quali fossero le differenze, le esigenze e desideri dei diversi ceti, ma ci fa capire anche quali fossero le differenze di tipo territoriali. Cahier de doléances del Terzo Stato della città di Chivray: Art. 1: I deputati di Chivray lamenteranno che, dovendo le imposte essere approvate dal popolo, e le leggi essere il risultato della loro comune volontà, siano state stabilite varie imposte e fatte parecchie leggi senza il consenso della Nazione. Chiederanno la riforma di questo abuso e che si ordini per l’avvenire che non sia fatta e promulgata nessuna legge, né stabilita nessuna imposta, senza la consultazione e il consenso degli Stati Generali [...]. Art. 3: [...] Chiederanno che le imposte siano ripartite fra tutti i sudditi del re, nobili, ecclesiastici ed altri, senza distinzioni né privilegi, in maniera uniforme, proporzionale, chiara. [...] Art. 4: Lamenteranno che tra le imposte indirette in vigore ve ne sono molte che nuocciono al commercio interno del Regno, altre che si percepiscono in maniera incerta e ingiusta, dando luogo a inquisizioni vessatorie odiose. Art. 9: Chiederanno inoltre la riforma delle leggi civili e criminali e di tutte le altre e la compilazione di un codice penale [...] Art. 11: Chiederanno la soppressione della banalità, delle corvées e di altri diritti che si rifanno alla servitù personale e al regime feudale. [..] Art. 19: Chiederanno che si provveda alla sussistenza dei parroci soltanto con i beni ecclesiastici, e che si affranchino da questa contribuzione le decime feudali e laiche [...]. Tutti questi cahiers de doléances dovevano essere riportati nella sede degli stati generali da i propri rappresentanti, solo che poi quando nel maggio del 1789, si vanno a riunire gli stati generali, si pone un problema legato al modo in cui si sarebbero dovuti votare i provvedimenti. È un problema di votazione che riguarda una perpetuazione di un modello tradizionale secolare, che era quello per cui si votava per stato, cioè un voto era dell’aristocrazia, un voto del clero e uno del terzo stato, alla quale si contrappose il modello di votazione per testa, per cui ogni singolo rappresentante all’interno degli stati generali votata autonomamente. Il terzo stato rivendica questo modello di votazione in quanto solitamente aristocrazia e clero si mettevano sempre d’accordo, non dando modo al terzo stato di poter mai vincere, se invece si fosse votato per testa, il terzo stato avrebbe avito possibilità di vittoria, in quanto a livello numerico erano molto maggiori rispetto al aristocrazia e clero. Inoltre votando individualmente una parte del clero, soprattutto quella più bassa, avrete potuto votare come il terzo stato. Di fronte ala richiesta del terzo stato di votare per testa l’aristocrazia e il clero reagiscono con una netta chiusura, e quindi a quel punto il terzo stato si allontana dagli stati generali e si riunisce nella stanza della Pallacorda dove il 20 giugno farà il “giuramento della Pallacorda”. Innanzitutto si auto convoca come assemblea nazionale costituente, e giura di non sciogliersi finta che non si sarebbe sciolta fino a che non avrete dato una costituzione alla Francia. In questa prima fase la posizione di maggioranza non è una posizione anti monarchica, perché il modello verso cui ci si orienta è il modello costituzionale inglese, e quindi non viene messo in dubbio l’esistenza dell’istituto monarchico. Questo fa si che lo stesso monarca in qualche modo impensierito dalla possibilità di una radicalizzazione del conflitto, inviti l’aristocrazia e il clero a partecipare alla nuova assemblea nazionale. Il 14 luglio 1789 si arriva a quello che è l’atto simbolico più importante della rivoluzione cioè la presa della Bastiglia, una fortezza carcere, simbolo dell’assolutismo e della violenza della monarchia. È importante questo doppio meccanismo che si viene a instaurare perché nel corso dell’estate del 1789 si verifica questa sorta di tripartizione della società francese, tra un’assemblea nazionale, una corte e una piazza. L’assemblea nazionale esprime il portato delle diverse idee, la corte rappresenta il circolo più vicino al sovrano e la piazza rappresenta il luogo dove si rivendica il ruolo dei cittadini. Durante questa estate nel conteso della piazza non si hanno solo le città, cioè questa ribellione non riguarda solo i contesti urbani, ma si allarga e coinvolge anche le campagne tanto è vero che si parla di grande paure, in quanto le masse contadine esercitano atti di violenza nei confronti dell’aristocrazia. Uno degli atti più eclatanti è quello di bruciare gli archivi in quanto questi in qualche modo attestavano la forma di subordinazione del popolo e dei contadini agli aristocratici o al clero, quindi rappresentavano una forma di potere che i ceti alti esercitavano nei confronti di quelli più bassi. Questo fenomeno si collega a quello che poi sarà un atto dell’assemblea nazionale e cioè l’Abolizione del regime feudale, dove l’assemblea nazionale prende atto della radicalizzazione del conflitto a livello popolare e cerca di proporre delle soluzioni legislative che vadano almeno in parte incontro a quelle che sono le richieste dei contadini. Alla fine di questa estate del 1789 che si assiste all’emanazione della dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino da parte dell’assemblea nazionale. Si è sempre e comunque in un contesto profondamente maschilista e patriarcale per cui non si parla di donne. Nel preambolo si legge “i rappresentanti del popolo francese, costituiti in Assemblea nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio e il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le sole cause delle sventure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno deciso di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro continuamente i loro diritti e i loro doveri. […]”. È importante il preambolò perché si parte dal presupposto che esiste un diritto naturale dei cittadini che è precedente al diritto positivo, diritto naturale al quale lo stesso sovrano deve sottostare, ed è da quello cheti deve partire se si vuole ragionare in termini di uguaglianza. Art. 1 - Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune. Non si parla più di privilegi masi parla di veri e propri diritti. Questa specifica è quasi un freno alla frase precedente perché pur nella concezione gli uomini nascono liberi e uguali, si da per inteso che la società sia organizzata secondo una serie di ceti sociali diversi tra loro. Art. 2 - Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione. Questo insistere sulla proprietà ci fa capire come si è ancora in un contesto in cui non si mette in discussione un concetto come quello della proprietà privata. Art. 3 - Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione. Nessun corpo, nessun individuo può esercitare un’autorità che da essa non emani espressamente. Dire questo significava porre un limite al ruolo della monarchia, in quanto sappiamo che la monarchia ancora allora era una monarchia di “origine” divino; quindi, sostenere che l’autorità doveva emanare dalla nazione, significava porre un limite alla sovranità monarchica. Art.6 - La legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno diritto di concorrere personalmente o per mezzo dei loro rappresentanti alla sua formazione. Essa deve essere la medesima per tutti, sia che protegga, sia che punisca [...]. At. 11 - La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge. Art. 17 - La proprietà essendo un diritto inalienabile e sacro , nessuno può esserne privato, salvo quando la pubblica necessità lo esiga in maniera evidente, e a condizione di una giusta e preventiva indennità. Nel luglio del 1790 fa capolino un nuovo elemento di destabilizzazione e cioè “la costituzione civile del clero”, che è forse la rappresentazione più radicale di quella che era stata la politica giurisdizionalista degli stati europei nel corso del settecento. I membri del clero vengono considerati a tutti gli effetti dei funzionari statali, quindi in qualche modo c’è una sorta di secolarizzazione del clero, e sopratutto il clero deve aderire espressamente a quelle che sono le leggi dello stato. Questa politica viene applicata perché fino ad allora si presentava una duplice fedeltà da parte del clero, al papa e al sovrano, e quindi con la costituzione civile del clero, lo stato francese vuole garantirsi rispetto al fatto che il clero non possa tradire gli interessi dello stato, considerando che la loro fedeltà al papa è più importante di quella al sovrano. Nel 1790 si verifica un’ulteriore frattura all’interno della società, fra il cosiddetto clero costituzionalista e il clero refrattario. Una parte del clero giura sulla costituzione civile, e quindi viene assorbito in quello che è l’apparato statale, l’altra parte più tradizionalista e più fedele a Roma decide di non giurare, e quindi si viene a definire una situazione di clandestinità di questo clero refrattario, in quanto viene considerato a tutti gli effetti traditore dello stato. Questo fenomeno andrà radicalizzandosi sempre di più nel corso della rivoluzione, che porterà anche a una forte emigrazione del clero francese. Nel febbraio del 1791, con la legge di Le Chapelier vengono abolite le corporazioni. Si elimina un altro di quegli elementi che era stato tipico e caratteristico di quella società di antico regime. Si assiste a un vero e proprio smantellamento di quelli che sono i cardini di una determinata società. Da un punto di vista politico, il momento che veramente rappresenta una forte rottura è rappresentato dalla fuga del re nel giugno dl 1791. In una prima fase la monarchia aveva spinto aristocrazia e clero a partecipare all’assemblea degli stati nazionali, con l’obiettivo non radicalizzare il conflitto, cercando di condizionare la vita politica dell’assemblea nazionale attraverso questi due stati. Con il montare della vita politica della piazza la posizione del re diventa sempre più traballante, e il re è condizionato dal partito della corte che vede un’importante parte dell’aristocrazia emigrare all’ estero verso gli Asburgo. La nobiltà di spada emigra verso gli l’Asburgo perché la regina Maria Antonietta era la figlia di Maria Teresa d’Austria. I circoli di corte più vicini alla regina spingono e riescono a convincere il re Luigi XVI nel giugno del 1791 a tentare una fuga, quindi a lasciare il paese per poi guidare la resistenza monarchica appoggiandosi alle truppe della potenza asburgica. Il re però viene intercettato, viene accusato di alto tradimento e condannato a morte. Il re passerà un periodo incarcerato insieme a Maria Antonietta e si assisterà di lì a breve alla morte della monarchia e alla nascita della repubblica. Questo termine del terrore è presente negli stessi riferimenti teorici di Robespierre, che interpreta questo termine in un altra maniera rispetto ai cittadini che subivano appunto il terrore. Robespierre era un grande oratore e grazie a queste sue abilità di retorica e di oratoria riesce in un primo moneto a ottenere il consenso da una parte della convenzione nazionale. Robespierre in uno di questi suoi discorsi il termine terrore e scrive: “noi vogliamo sostituire nel nostro paese la morale all’egoismo, la proibita all’onore, i principi agli usi, i doveri alla comodità l’impero della ragione alla tirannia la moda. Che la Francia già illustre tra i paesi schiavi eclissando la gloria di tutti i popoli liberi che sono esistiti, divenga il modello delle Nazioni, il terrore degli oppressori, la consolazione degli oppressi, l’ornamento dell’universo e che suggellando l’opera nostra col nostro sangue possiamo vedere almeno brillare l’aurora della felicità universale ecco la nostra punizione ecco il nostro scopo. Che specie di governo può realizzare questi prodigi solo il governo democratico e repubblicano”. Vi è un uso del termine terrore opposto a quello che ne faceva Menetrà, cioè il terrore nel discorso di Robespierre diventa il terrore degli oppressori, quindi il termine assume una valenza positiva e non negativa. È ius discorso che sembra utopistico e che sostiene quello che è il governo democratico e repubblicano. Nel passo successivo scrive: “Ma per fondare e consolidare tra noi e la democrazia per arrivare al Regno pacifico delle leggi costituzionali occorre terminare la guerra della libertà contro la tirannia attraversare felicemente le tempeste della rivoluzione tale lo scopo del sistema rivoluzionario avete organizzato” Gia in queste parole Robespierre indica quella che possiamo considerare come una sospensione delle garanzie democratiche, in nome del fatto che la Francia è assediata all’esterno e all’intento e quindi prima bisogna definire una situazione di pace e solo dopo si potrà instaurare un vero e proprio governo democratico. È per questo che non si voterà nessuna convezione e nessuna assemblea con il suffragio universale che era stato stabilito dall’atto costituzionale del 1793. In questa fase, soprattutto nel corso dei primi mesi del 1794, la situazione in Francia viene progressivamente peggiorando, perché aumentano in maniera indiscriminata i processi contro tutti coloro che in modo più o meno chiaro si erano espressi contro il regime dittatoriale instaurato da Robespierre. Questo all’interno della convenzione nazionale suscita un desiderio di reagire e di sovvertire quello che è il potere del comitato di salute pubblica, cosi nella notte tra il 26 e il 27 luglio del 1794 assistiamo a un discorso molto duro di Robespierre alla convezione nazionale, in cui questo attacca tutti i suoi nemici e fa l’errore di non indicare nominalmente coloro che all’interno della convezione considera dei traditori dello spirito della rivoluzione. Questo è un errore perché comportandosi in questo modo, alludendo a dei traditori senza nome, tutti coloro che in qualche modo non condividono le sue idee, inclusa una parte che le condivide, si sentono potenzialmente minacciati. In quella notte con il colpo di stato di Termidoro Robespierre viene arrestato, insieme a Saint-Just, uno dei giacobini che aveva un ruolo molto importante all’intento del comitato di salute pubblica. Dopo Termidoro il potere tirano alla convenzione nazionale, viene distrutto il comitato di salute pubblica. La nuova convenzione vedrà un ritorno in prima fila della posizione dei girondini rispetto ai giacobini, e dei foglianti, quei pochi rimasti fedeli alla monarchia. Al terrore rivoluzionario dopo Termidoro si sostituisce quello che viene definito il terrore bianco, terrore animato dai nobili che ancora sono attivi in Francia e a Parigi che portano avanti una politica di aggressione e di violenza soprattutto nei confronti dei giacobini. Per forza di cose una convenzione nazionale che torna a veder prevalente la postine dei girondini ha la necessità di approvare una nuova costituzione. La rivoluzione francese è interessante anche da questo punto di vista perché rappresenta un laboratorio del diritto, visto che in pochi anni si susseguono un numero consistenze di costituzioni che sono poi espressione di una nuova fase politica. In questo senso la costituzione dell’anno terzo, cioè del 1795 è una costituzione nuovamente moderata, che mette al bando il principio del suffragio universale e stabilisce un principio censitario nell’elezione dei rappresentanti. Sempre nel 1795 si definirà una nuova figura istituzionale che dovrà in qualche modo occuparsi del potere esecutivo della nazione. La convezione nazionale svolge il ruolo di potere legislativo, mentre viene eletto un direttorio di 5 membri che svolge il potere esecutivo. È proprio in questa nuova fase che comincia ad emergere la figura di Napoleone Bonaparte. Napoleone Bonaparte Ritratto di Napoleone fatto da Jacques - Louis David, questo è forte il ritratto più importante tra i ritratti napoleonici, in cui è rappresentato nel momento di varcare le Alpi. In basso a destra sulle pietre, il nome di Napoleone Bonaparte affiancato al nome di Annibale. Questo perché David è un pittore della tradizione neoclassica, in cui da un punto di vista stilistico e retorico si riallaccia a quella che è la tradizione dell’antico, e quindi per esaltare la figura di Napoleone, il pittore lo affianca alla figura di quello che era stato uno dei più importanti condottieri dell’età classica e cioè Annibale, che era riuscito ad attraversare le Alpi e a sconfiggere i romani. Napoleone arriva dalla Corsica, e negli anni 90 del settecento si fa strada nell’esercito rivoluzionario. L’esercito rivoluzionario a differenza degli altri eserciti precedenti era veramente un esercito di popolo, che era stato reclutato fra la popolazione francese, popolo che soprattutto nei primi anni novanta si vede rappresentata da questo movimento rivoluzionario. Questo è un esercito che si identifica con la nazione, e tanto più si identifica con la nazione tanto più le leghe anti francesi cercano di contestare l’avanzata della rivoluzione stessa, soprattutto al di fuori dei confini nazionali. Oltretutto l’esercito francese in questo periodo da una grande importanza al merito, il che vuol dire che si procedeva nella gerarchia militare, e quindi si saliva di grado sulla base di quelle che erano state le proprie abilità strategiche sul campo di battaglia. Questo consente di fare carriera soprattutto a quegli esponenti della borghesia, a differenza di prima quando l’esercito era sopratutto di matrice aristocratica. Quello che cambia e muta velocemente durante la rivoluzione è il fatto che anche chi non nobile piò fare carriera all’interno dell’esercito. Questa carriera viene sicuramente fatta da Napoleone, grazie alle sue abilità strategiche. Napoleone in Italia Napoleone affronta le sue prime guerre oltre alpi indirizzandosi propri verso la penisola italiana, perché la configurazione politica del nord Italia e più in generale della penisola, vedeva la presenza di una serie di forze monarchiche ostili alla repubblica francese. Andando da occidente verso oriente il primo regno contro cui si scontra Napoleone è il regno guidati dai Savoia in Piemonte, e quindi le prime vittorie sono proprio contro l’esercito piemontese. Da li gli anni della campagna di Italia sono soprattutto il 1976 e il 1797. In quegli anni Napoleone conquista il ducato di Milano, che era passato agli Asburgo d’Austria, e poi in ultimo Napoleone arriverà anche a Venezia, dove inizialmente verrà accolto come un trionfatore. In questi due anni si rafforza quello che è lo spirito giacobino in Italia, cioè lo spirito rivoluzionario, dove l’elemento che contraddistingue i giacobini italiani è quello di puntare a un’unificazione nazionale. I giacobini italiani si vedono come i rappresentanti di un desiderio, di una rivendicazione di unificazione, e sopratutto di cacciata dello straniero. L’arrivo dell’esercito francese almeno da una parte della popolazione italiana viene accolta in maniera molto positiva. Possiamo vedere questo sostegno all’esercito francese anche attraverso le voci di alcune figure importanti della vita letteraria italiana, e una di queste è sicuramente la voce di Ugo Foscolo, che sarà poi anche uno tra i più delusi da Napoleone nel momento in cui questo baratterà la repubblica di Venezia con il ducato di Milano, lasciandola in balia degli austriaci. Nelle pagine del biografo di Ugo Foscolo, si descrive quello che è lo spirito che caratterizza gli italiani nel momento in cui arriva l’esercito francese guidato da Napoleone e quando viene creata quella che poi sarà la repubblica cis padana che si unirà con la repubblica cis alpina. Passo della “Vita di Foscolo” di Giuseppe Pecchio: “Chiamati gli italiani ad erigere una Repubblica di cui non avevano altra idea che quella di Sparta Roma e Atene che avevano apprese nelle scuole dei frati facevano un misto di antico e di moderni anacronismi di ogni sorta più enormi di quelli che si incontravano in una tragedia di Shakespeare. La nave non poteva avere veleggiare direttamente se i nocchieri per la prima volta esercitavano quell’arte, gli italiani di tante province che non si conoscevano neppur di nome, si trovarono come per arte magica tutti raccolti in questa città (cioè a Milano). Era la resurrezione di un popolo dalla morte politica di tre secoli le voci di patria di libertà di gloria voci persi lungo tempo per secoli sconosciute ferivano l’orecchio il cuore di una nazione sensibile al primo svegliarsi di un lungo sopore”. Pecchio sottolinea il fatto che i milanesi e gli italiani non avessero idea delle istituzioni democratiche e repubblicane, ma gli unici esempi che avevano erano quelli dell’antichità, che potevano servire molto difficilmente da un punto di vista politico nella società settecentesca. “La nave non poteva veleggiare dirittamente, se i nocchieri per la prima volta esercitavano quell’arte. Gli italiani di tante province che non si conoscevano neppur di nome, [...] si trovarono come per arte magica, tutti raccolti in questa città [Milano. [...] Era la resurrezione di un popolo dalla morte politica di tre secoli. [...] Le voci di patria, di libertà, di gloria, voci per sì lungo tempo, per secoli, sconosciute, ferivano l’orecchio ed il cuore d’una nazione sensibile al primo svegliarsi di un lungo sopore. […]” Pecchio ancora sottolinea quella che è la contraddizione di questa nuova fase: da una parte l’impossibilità e l’incapacità di costruire una repubblica politicamente valida, dall’atra questo forte spirito e desiderio di affrancarsi a quella che era stata la vita politica dell’Italia a partire dal cinquecento. “Il giovane esercito francese, tutto pieno di gloria, , di entusiasmi, riempiendo l’aria d’inni patriottici, divideva coll’italiano i banchetti,i balli, e l’invitava a dividere sotto le stesse bandiere i pericoli e il nettare della gloria. Che contrappasso, che differenza tra questi baldanzosi figli del riso, e que’ visi stupidi, quelle ciglia depresse, quell’arcigna taciturnità de’ soldati tedeschi!” Viene contrapposto l’esercito tedesco (asburgico) all’esercito francese, e viene sottolineata questa differenza composizione. L’esercito francese è un esercito che si vuole battere per i propri principi, mentre dall’altra i soldati tedeschi sono al solo dell’impero asburgico e sono degli autonomi che non combattono per i propri valori, ma solo per essere ligi a quelli che sono i voleri dell’impero asburgico. Questo è il clima che accoglie l’esercito francese in Italia. Va sempre specificato come questa apertura degli italiani e questo desiderio di riunificare la nazione fosse il desiderio di un élite, non del popolo.
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