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Appunti storia moderna età della riforma e controriforma, Appunti di Storia Moderna

500. età della riforma e controriforma

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 26/12/2020

mm.chiaraa
mm.chiaraa 🇮🇹

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Scarica Appunti storia moderna età della riforma e controriforma e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! TEORIA 1. 1° aspetto rivoluzionario del 500 sono le scoperte dei nuovi mondi 2. Umanesimo (400) --) riscoperta del mondo classico (greco, romano). I classici antichi (Erode, Tacito, Virgilio, Platone) diventano dei modelli di riferimento per riflettere sulla propria esperienza contemporanea, sono concepiti come un elemento di mediazione, cercando di mettere insieme tradizione e cultura contemporanea. Si tratta di una riflessione non solo politica, religiosa o geografica ma che riguarda tutti gli aspetti principali del periodo storico. Il centro della civiltà umanistica- rinascimentale è l’Italia, in particolare Firenze. 3. Riforma protestante  500 secolo dei grandi conflitti: Francia e Inghilterra lacerate dai conflitti  Scoperta dei nuovi mondi pone una sfida perché hanno delle religioni completamente ignote quindi con l’evangelizzazione si ha l’obiettivo di arrivare ad un mondo completamente e integralmente cristiano.  Ruolo importante della città: è il fenomeno fondamentale della vita moderna del Rinascimento.  Lorenzo Valla scopre che la donazione di Costantino era un falso e che quindi il potere della chiesa si basava su una falsità --) ciò dimostra che la filologia in quel periodo fa vacillare le coscienze di tutti i cattolici.  La nuova cultura dell’umanesimo è uno dei motori della trasformazione. Questa lettura dei libri così come erano stati scritti fa emergere una visione di Cristo di cui si potevano sottolineare i lati umani, ad esempio l’esperienza della morte era qualcosa che lo accumunava agli esseri umani e quindi l’imitazione di Cristo si basava su questa esperienza del martirio.  IL PENSIERO RINASCIMENTALE : periodo dalla fine del 400 al 1545: inizia il concilio di Trento. L’età della riforma (1317-1660/80) e della controriforma (dalla seconda metà 500) coincide, almeno nella sua parte iniziale con il Rinascimento ed è quindi molto importante questo contesto. È un’età dove il sentimento individualista è molto forte, le ragioni e le passioni dell’individuo sono molto forti e riconosciute. Una figura molto importante è quella di GALILEI (1564-1642). Fu il padre della scienza moderna, introducendo il metodo scientifico grazie al quale per la prima volta la scienza abbandona quella posizione metafisica per acquisire una nuova prospettiva autonoma, realistica ed empiristica per elaborare una descrizione razionale oggettiva. Il suo metodo ha l’obiettivo di raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Per questo, sospettato di eresia e accusato di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le sacre scritture, fu costretto all’abiura. Galilei infatti, affermava che per fare la scienza non bisognava leggere il libro sacro ma quello della natura. Il libro sacro infatti serviva per la vita religiosa e morale, mentre quello della natura, scritto con i caratteri numerici (a differenza di quello sacro con i caratteri delle lingue), per la scienza. Abbiamo quindi due linguaggi, quello sacro per la vita religiosa e quello matematico per la legge scientifica e di conseguenza due leggi, una eteronoma che ci viene da Dio e una che nasce dal mondo della natura e che noi possiamo scoprire lentamente attraverso il metodo scientifico. Secondo Galilei era vero che il creatore della natura era Dio ma affermava che le leggi della natura sono autonome. Questo tema dell’autonomia della legge scientifica chiaramente era un tema pericoloso perché metteva un limite all’AZIONE di Dio, non alla sua volontà perché lui le aveva volute. Con l’illuminazione quindi si aveva la rivelazione della divinità mentre con l’esperimento secondo Galilei si trovano le leggi della natura che nascono dalla realtà stessa. Quindi, uno dei caratteri del rinascimento è la volontà di comprendere il mondo secondo le sue leggi, in modo autonomo. 1 In questo mondo autonomo secondo Lutero, anche se dipende da Dio, l’uomo è anche autonomo. Egli, riprende una visione super arcaica dei primi secoli del cristianesimo, del mondo romano della fine della repubblica e dell’impero secondo cui gli individui sentivano la paura della morte e avevano bisogno di una religione di salvezza perché la propria vita non era sufficiente per considerarla compiuta. Lutero quindi, si riaggancia a questa visione dell’individuo così fragile, debole e inadeguato da costruire una religione dalla quale far dipendere la propria vita e la propria salvezza dopo la morte ma, l’elemento di novità consiste nel fatto che questa salvezza l’individuo la può raggiungere attraverso le proprie azioni e la propria fede. Quindi, il fatto che l’individuo abbia tra le mani il proprio destino e che possa prendere la propria vita tra le proprie mani ed essere responsabile di sé stesso, è un’idea rivoluzionaria che caratterizza tutto il 500. Il rinascimento per tanto, è contraddistinto da questa idea di trovare la verità, di non avere paura della verità nella sua autonomia e l’individuo è considerato come un essere con una forza ed energia in grado di conquistare la verità, assume un ruolo centrale nel mondo della realtà. Non solo quindi si cerca di conoscere nelle sue leggi il mondo terreno ma l’individuo stesso cerca di conoscere sé stesso, i propri mezzi, la propria energia. La filologia ha un ruolo centrale in questo, cioè insegna a non aver paura di ciò che si legge. Questa cesura, questa rivoluzione, avviene nella vita politica (Machiavelli, Tommaso Moro, Savonarola) in cui si sviluppa sia una nuova visione della politica sia una nuova pratica, nella geografia con le scoperte geografiche, nella riproduzione dei testi con l’invenzione della stampa, nella religione con la comparsa di Lutero, nella filologia con la riscoperta dei testi sacri. LUTERO Secondo Lutero il mondo attuale viveva nella corruzione, secondo lui era necessario tornare a vivere secondo l’insegnamento di Gesù, quindi era necessaria una maggiore povertà. In particolare, la chiesa era indenne, i monaci non conducevano una vita religiosa ed erano corrotti quanto il mondo laico. Secondo Lutero il papa era indegno del suo titolo e si doveva rivalutare quindi la sua figura, non serviva. Ciò suppone un’enorme rivoluzione compresa da tutti, poiché se non c’è bisogno della chiesa, non si pagano più le tasse, tra le quali vi erano le indulgenze, cioè pagando la chiesa ci si riservava un posto in paradiso, attraverso una riduzione della pena. Lutero nega la veridicità di questo meccanismo. Ciò suppone una rivoluzione in Germania e comporta un enorme sviluppo culturale. A partire da quel momento ci si chiede perché non esiste una chiesa nazionale, vicina religiosamente e socialmente al popolo. Questo perché si capisce che le tasse che venivano pagate alla chiesa non appartenevano all’ordine universale ma al potere temporale della chiesa. (potere temporale e spirituale erano separati) Lutero ha una visione della teologia e della dottrina cristiana profondamente tradizionale, per lui è importante anche la DIMENSIONE INDIVIDUALE, nonostante ciò è un rivoluzionario. La sua idea non è quella di modernizzare il sistema proposto da Cristo, anzi accusa il papa di aver fatto delle trasformazioni e di aver reso la religione irriconoscibile, lui vuole ritornare alle origini e recuperare la dimensione primitiva e originaria della dottrina cristiana. Lutero affronta il punto centrale della religione, ovvero la paura della morte. Cioè, a partire del medioevo la Chiesa si presentava come elemento di mediazione tra il mondo terreno e l’aldilà, garantendo così la salvezza dell’individuo. Lutero non crede a questa salvezza. Inizia a non fidarsi più dell’autorità della chiesa ma si fida della propria coscienza, della propria capacità critica, deve capire a chi obbedire e perché, nasce quindi la volontà di scoprire la vera religione e introduce il concetto di coscienza individuale, libera. Nel 1517 pubblica le sue tesi in cui evidenzia i suoi dubbi non sulla dottrina, ma sui riti (es. confessarsi, andare a 2 e vuole riconquistare le coscienze. Per questo sceglie la centralizzazione con varie congregazioni che rappresentano varie braccia ma con un’unica testa che era il papa. Al contrario, il protestantesimo sceglie la frammentazione, quindi anche se è vero che a Ginevra con Calvino abbiamo la massima espressione del protestantesimo, c’è comunque una gestione della religione molto più autonoma. Un altro elemento di differenza è che il mondo protestante cerca di imporsi con uno sforzo di evangelizzazione molto ridotto e casuale, non c’è un tentativo di propaganda molto compatto mentre il cattolicesimo si cerca di imporre con insistenza nella colonizzazione del nuovo mondo, i gesuiti partivano per il Brasile o per il Sud America con l’obiettivo di evangelizzare, mentre i calvinisti no, il loro tentativo di evangelizzazione era casuale, accadeva solamente perché loro ad esempio si trovavano in quelle terre. Infine, nella chiesa protestante non c’è mai stato un concilio. Inoltre, nella chiesa cattolica nascono i seminari in cui i giovani vengono formati e si argina così il problema dell’alfabetizzazione dei preti. La chiesa quindi pone molta attenzione alla sua struttura per contestare le affermazioni di Lutero e dei protestanti che affermavano che la chiesa era corrotta e analfabeta. Per questo motivo vengono istituiti i seminari. Due aspetti molto importanti della controriforma cattolica sono la congregazione degli indici e la congregazione dell’inquisizione. Queste congregazioni erano nominate direttamente dal papa e rispondevano unicamente alla sua figura e al suo potere. Per quanto riguarda la congregazione dell’inquisizione, essa nasce nel 1540 dalla scissione con l’indice (che ha quindi una storia precedente), non agisce in piena autonomia poiché ha un interlocutore che sono i tribunali della coscienza mentre, la congregazione dell’indice è più autonoma perché non ha un interlocutore diretto ma analizza qualcosa che non ha voce diretta, cioè i libri. I libri messi all’indice venivano scelti in modo preciso e secondo procedure accurate. Questa congregazione si riuniva molto spesso e secondo rituali meticolosi. Il papa generalmente era assente e vi era una delegazione di cardinali a cui veniva affidata la lettura dei libri e successivamente ne veniva fatta una scheda riassuntiva per tutti coloro che non avevano letto il libro da esaminare. Tuttavia, queste schede spesso erano scritte in modo frettoloso e poco veritiero, volte a demonizzare i libri sotto esame. L’archivio è ancora esistente. Una volta che il libro veniva messo all’indice veniva bruciato e si chiedeva all’inquisito di presentarsi in tribunale dinanzi all’inquisizione poiché le idee che esprimeva nel proprio libro erano considerate pericolose. La censura ecclesiastica interveniva sia in modo repressivo sia punitivo e questo portava spesso ad una sorta di prevenzione. Due casi di prevenzione sono quelli di Cartesio e Cesare Beccaria. Il primo, nonostante avesse avuto idee brillanti non diede alla luce le proprie scoperte per paura di essere inquisito, mentre il secondo, quando scrisse “dei delitti e delle pene” nel 1764, in cui affermava l’importanza dell’abolizione della pena di morte, sapeva ancora da prima che il libro uscisse che aveva l’attenzione della congregazione dell’indice, quindi avendo paura per se stesso chiese all’editore prima che il libro venisse pubblicato di pubblicarlo come anonimo in modo da non finire nell’indice. Un altro caso particolare di messa all’indice è la messa al rogo della bibbia, non per i contenuti ma perché era stata tradotta in lingua italiana, il testo sacro doveva rimanere in latino ma il paradosso era che la maggior parte del clero non sapeva leggere in latino quindi la bibbia era a molti ecclesiastici incomprensibile e tale doveva essere per il popolo civile. La spiegazione di fondo è che così facendo il testo sacro era inattingibile. I libri messi all’indice non dovevano essere venduti perché avrebbero costituito un fallimento editoriale ma questi libri allo stesso tempo suscitavano una sorta di curiosità e mistero proprio perché proibiti. Quindi, ad un certo punto della storia alcune case editrici audaci e all’avanguardia capiscono che questi libri possono costituire un successo editoriale e iniziano a 5 produrli e a venderli. Di conseguenza, l’essere messi all’indice non rappresenta più un segno di rovina. La congregazione dell’inquisizione invece si occupava di perseguire persone e si basava sul modello spagnolo. Tutto veniva programmato con cura dall’interrogatorio al rogo. Le differenze principali tra le varie inquisizioni riguardano la loro importanza e temibilità. Quella spagnola era la più temibile perché in Spagna era riconosciuta la sovrapposizione di potere civile ed ecclesiastico, di conseguenza una persona condannata per un reato contro la chiesa di rimando commetteva anche un reato contro lo Stato, diventando una minaccia per lo Stato e veniva messa a morte. Tra gli anni 20 e 40 a Napoli si cercò di creare un’inquisizione sul modello spagnolo ma non ebbe successo perché l’aristocrazia e il popolo civile si schierarono compattamente contro questa inquisizione che dava troppo potere allo stato di governare le menti. Mentre, quella più capillare ma anche meno temibile era quella romana. L’eresia veniva scoperta sia se la persona che predicava cose poco ortodosse lo faceva pubblicamente o tramite scritti, sia tramite le confessioni. A differenza di oggi infatti, dove l’assoluzione dei peccati è quasi scontata, a quel tempo la confessione diventava una sorta di interrogatorio volto a scoprire eventuali eresie. Altre volte veniva scoperta perché gli stessi eretici non sopportavano il peso dell’eresia e confessavano. Un altro modo era attraverso la denuncia di terzi per gelosia o cattiveria, questa pratica però era mal vista dalla chiesa, la quale a sua volta poteva indagare sul denunciatore per capire se si stava prendendo gioco dell’inquisizione. Il secondo passaggio dell’inquisizione era interrogare gli inquisiti minuziosamente nelle diocesi vescovili. Gli interrogati venivano presi e portati all’interrogazione senza sapere per quali capi erano imputati e senza sapere chi li aveva additati come colpevoli, senza avere una minima tutela legale. Alla fine degli interrogatori, venivano redatti dei resoconti che venivano inviati a Roma. L’inquisito poteva subire condanne che andavano dall’abiura, pratica umiliante che prevedeva che il condannato si pentisse e chiedesse scusa per i suoi reati in modi umilianti, ai lavori forzati e alla messa a morte. La chiesa però non potendosi macchiare le mani di sangue, rigirava le condanne allo Stato, dunque era lo stato che poi effettivamente emanava la condanna. Una pratica utilizzata per prolungare il processo o evitare o sospendere la pena di morte era “lo sgravo di coscienza”. Questa pratica veniva messa in atto durante il processo oppure il giorno prima della condanna a morte. Cioè, il condannato rivelava delle informazioni importanti su altre persone o reti eretiche. Se i giudici ritenevano le informazioni molto rilevanti e di aiuto il condannato riceveva una riduzione della pena. La persona quindi doveva riiniziare il processo e veniva rispedito a Roma per essere interrogato. A volte questa pratica era utile perché il giudice poteva ridurre la pena, per esempio con il carcere perpetuo ma comunque a condizioni dure. Fino al 1565/1570 gli inquisiti erano in larga parte puniti per reati di fede, cioè per eresia. La chiesa quindi creava una sorte di protezione contro l’infezione del protestantesimo. Ma, dopo il 1570, non vi erano più protestanti quindi si controllavano libri, discorsi, c’era una rete di spionaggio molto complessa in ogni ambito e strato sociale. Quindi l’inquisizione cambiò obiettivi e si concentrò su reati minori. Si iniziò ad inquisire chi non rispettava ad hoc i dogmi: chi mangiava carne il venerdì, chi bestemmiava, chi non andava a messa. In sostanza il ruolo dell’inquisizione passò da repressione a prevenzione. Un altro problema importante in Europa, fu quello della Stregoneria. Si tratta di un fenomeno che si differenzia nella chiesa cattolica e in quella protestante. Infatti, mentre il fenomeno della persecuzione per stregoneria nella chiesa cattolica va man mano decrescendo verso la fine del 500 rendendosi conto che era un reato insensato, nel mondo protestante prese piede invece proprio in quegli anni. 6 ERASMO DA ROTTERDAM È il più grande filologo del 500. Sente un bisogno di verità che ricerca nei testi sacri, motivo per cui realizza edizioni critiche sia di testi del mondo classico sia del Vangelo e di altri testi religiosi. Attraverso la filologia (grande patrimonio che ci ha lasciato il 500), non solo si riesce a ritrovare la composizione del testo originale così come l’aveva voluta l’autore ma si sviluppa la volontà di sapere cosa pensava l’autore e quindi l’altro. Dunque, si ha un rispetto dell’alterità. Inoltre, Erasmo tramite la sua attività filologica ci dà la possibilità di ritrovare il testo vero, motivo per cui viene ringraziato ed elogiato da Lutero anche se lo accusa di essere un pessimo cristiano perché l’attività filologica lo allontanò dal mondo cattolico (era sacerdote). Erasmo scrive “Elogio della follia”, testo in cui mette in luce tutte le manchevolezze del mondo ecclesiastico che si dedicava alla vita terrena. È una satira sulla chiesa del suo tempo, fa dire ad un pazzo ciò che lui stesso vorrebbe dire. Nell’opera elogia invece la follia di Cristo e ritrova quindi questa verità nella sua follia. Lui sente questo bisogno di riforma ma rimane nella chiesa cattolica, può essere considerato quindi come il simbolo della riforma cattolica dei primi decenni del 500. In vari scritti inizia a parlare dell’ imitatio christi. Cristo come tale è inimitabile, solo i suoi comportamenti lo sono attraverso la lettura dei testi sacri (secondo la devotio moderna, che è un movimento di rinnovamento spirituale del 300 e 500 che auspicava ad una religiosità intima e soggettiva tramite la lettura personale della Bibbia e l’imitazione di Cristo, sottolineando quindi la preghiera del cuore e della mente rispetto a quella vocale e liturgica). Tuttavia, nelle sue opere l’imitazione di cristo viene molto umanizzata, Cristo assume sembianze umane, quindi secondo Erasmo se togliamo l’elemento divino e accentuiamo quello umano, Cristo in un certo senso diventa imitabile, seguendo le sue norme di vita etica, morale e religiosa. Quindi, rispetto alla Devotio Moderna, l’imitazione di cristo deve essere imitazione della sua umanità. ERASMO VS LUTERO Lutero credeva nella trinità e affermava che Cristo è Dio, mentre per Erasmo tutto si può discutere, per lui Cristo non è necessariamente Dio. La dottrina di Erasmo mescolata a quella di Lutero fa nascere le nuove eresie dell’età moderna. In particolare, è da sottolineare l’attività della setta dei SOCINIANI, formata da un gruppo di italiani del centro-nord e fondata dalla famiglia Socini o Sozzini (zio e nipote). I capisaldi di questa dottrina erano l’antitrinitarismo, cioè la negazione della trinità e la negazione della sacralità di Cristo: cioè Cristo era un uomo, un essere umano che Dio ha potenziato fino a farlo diventare ciò che è, ma non c’è stato sacrificio. In questo mondo di eresie e scontri quindi non c’è più una sola verità ma ognuno ha la sua. Nel mondo protestante si crearono molte sette. infatti, visto che Lutero esigeva la libertà di coscienza, era necessaria una pluralità di interpretazioni, mentre per la chiesa cattolica la parola di Dio era solo una, infatti all’interno della chiesa cattolica non vi furono delle sette. Per i protestanti il fatto di essere diversi e molteplici non era un problema, mentre la chiesa cattolica rivendica la propria unità come prova della propria divinità. LUTERANI VS CALVINISTI (sempre protestanti) 7 profezia sull’arrivo di Cristo), ma cominciò a farsi profeta del mondo storico. In particolare, profetizzò sciagure per Firenze e tutta l’Italia: con la sua visione apocalittica aveva profetizzato gli eventi, come la venuta di Carlo VIII in Italia, inimicandosi così con il papato. Savonarola per essere andato contro il papa Alessandro VI fu scomunicato come eretico e bruciato. Nel 1498 a Firenze si assiste di fronte al Palazzo della Signoria al “Giudizio di Dio”. I protagonisti sono due frati, un francescano e un domenicano che doveva difendere Savonarola. Fu allestito un percorso con il fuoco e chi riusciva a percorrerlo senza bruciarsi e morire era colui che era nel giusto. Tuttavia, ci fu un acquazzone che spense il fuoco e alla fine Savonarola viene ucciso. Quindi già all’inizio del Rinascimento si assiste a questo nesso tra religione e politica. Lutero apprezzò molto Savonarola perché aveva smentito il potere del papa e quindi acquisisce questo elemento nella sua visione. Ciò più tardi, nel 600, viene fatto anche a Venezia, durante la guerra dell’interdetto scoppiata nel 1606 tra la repubblica di Venezia e lo stato pontificio per l’adozione da parte della serenissima di una serie di leggi volte al contenimento della proprietà ecclesiastica. In questa occasione, Sarpi, che era un frate, difende i poteri civili e politici di Venezia, dicendo che il potere discendeva dalla divinità. BODIN Bodin è importante per capire Botero, nell’accostarsi alla questione cristianesimo/politica è fondamentale la lettura della sua opera “Sei libri della Repubblica”. Bodin è un filosofo e giurista francese. Egli vive durante il periodo delle guerre di religione in Francia che sono caratterizzate da una serie di spaventosi conflitti sia per quanto riguarda la quantità di perdite di vite umane sia per quanto riguarda gli sconvolgimenti storici che producono. Comincia a riflettere su come trovare una via d’uscita a questa situazione. La sua opera “Sei libri della Repubblica” del 1576 è dedicata alla riflessione politica ma chiaramente viene vissuta con l’esperienza di questo conflitto. L’opera è scritta in volgare e ha un carattere d’urgenza. Afferma che parla in quest’opera di qualcosa di cui nessuno ha mai parlato, cioè della sovranità. Su questo concetto si fonda la gestione unificata del potere (p. assoluto) che garantisce la coesione della società. Giustifica la nascita di una suprema autorità che si ponga al di sopra dei sudditi. Ha un’idea di assoluta autonomia, lo stato sovrano deve essere autonomo, mentre Botero non parla di sovranità, parla di amministrare lo stato. Per Bodin la monarchia assoluta è lo stato più sicuro e migliore di tutti. La sovranità è la forza coesiva, unificatrice della comunità politica, lo stato non esiste se non c’è un potere sovrano: cioè appunto la sovranità. Essa non è limitata nella durata. In quanto alla monarchia, è vista come la forma di stato in cui la sovranità assoluta risiede in un solo principe, è solo qui che quest’ultima con le sue prerogative invisibili trova una garanzia di durata e un appoggio vigoroso. La monarchia di Bodin non è però un sistema tirannico, al di sopra delle leggi del sovrano si trovano le leggi della natura, riflesso della ragione divina. Il sovrano deve quindi rispettare la libertà naturale dei sudditi e le loro proprietà. Bodin si difende dall’accusa di assolutismo. Evidenzia i limiti del potere sovrano. Non si tratta di una sovranità illimitata senza leggi morali, è una monarchia assoluta ma non arbitraria. Secondo Prosperi la vera ragione per cui Botero ha scritto la ragion di stato non è stata la contrapposizione a Machiavelli ma la volontà di misurarsi con Bodin. Mentre Benedetto Croce al contrario credeva che l’idea di Botero fosse stata la risposta a Machiavelli. POLITICA: MACHIAVELLI E MORO 10 Abbiamo detto che anche nella politica si assiste ad una rivoluzione. Due opere molto importanti furono Il Principe di Machiavelli del 1513 e Utopia di Tommaso Moro del 1516. Si tratta di due opere che descrivono il mondo attuale, un modo nuovo, fatto di nuove leggi e dalla comparsa della città che ha significato una cesura, una rivoluzione rispetto al mondo medievale. In entrambe le opere il punto di riferimento diventa l’antichità, la Roma repubblicana. Roma infatti era una città che si era ingrandita, che si poteva prendere come modello. Per tanto, i pensatori umanisti e primo rinascimentali studiarono il passato di Roma cercando di trarne delle lezioni per il loro presente. Tommaso Moro in Utopia, esprime il sogno rinascimentale di una società pacifica dove è la cultura a dominare e a regolare la vita degli uomini. Viene descritto un viaggio immaginario in una fittizia isola-repubblica abitata da una società ideale. Si divide in due libri, il primo si chiama città reale e il secondo città perfetta. Nel primo libro viene fatta un’analisi sulla situazione politica ed economica dell’Inghilterra del tempo e descrive cosa stava diventando il paese con la chiusura delle terre. Moro dice “In Inghilterra le pecore mangiano gli uomini”. Ciò significava che siccome erano stati aperti nuovi traffici commerciali che consentivano l’arricchimento, uno degli elementi che l’Inghilterra produceva e con cui si poteva arricchire era la lana, sia grezza che lavorata. Infatti, coloro che avevano terre iniziarono a creare grandi allevamenti di pecore che venivano recintante. In questo modo, quelli che un tempo erano i campi comuni dove si poteva prendere quello che restava (dopo aver tagliato il grano la seconda passata era libera per tutti i contadini poveri o per gli abitanti di quel comune), pratica che quindi durante l’epoca medievale garantiva la sopravvivenza delle civiltà rurali, ora non era più possibile. Per questo motivo, i contadini iniziarono a lasciare le proprie terre per andare nelle città, sopravvivendo co furti seguiti da processi, punizioni, messe a morte. Moro ritiene assurda la sanzione di pena capitale per il furto (erano aumentati con l’introduzione del sistema delle enclesures, cioè con le recinsioni delle terre comuni che danneggiavano i contadini e favorivano i proprietari terrieri) e afferma che la proprietà privata è il male, proponendone l’abolizione e la ripartizione dei beni materiali in maniera uguale. Quest’opera è importante perché immette nella riflessione politica un genere che era scomparso, cioè il romanzo fantascientifico di avventura e inaugura un genere fortunatissimo che è quello del genere letterario e politico. Una caratteristica che salta all’occhio è che uno dei 3 protagonisti è un marinaio che ha viaggiato con Vespucci, infatti questo genere si codifica come un genere la cui pensabilità è legata alle scoperte geografiche. Un’opera scritta su questo genere nel 1606 è “La città del sole” di Tommaso Campanella. Anche qui il protagonista è un marinaio che è stato al seguito di Cristoforo Colombo. Ciò che unisce queste due opere è il fatto che entrambe raccontano di marinai che vanno in America ma raccontano utopie ambientante in Asia. Ciò rappresenta un’utopia. La seconda opera molto importante è il Principe di Machiavelli che può essere considerata come l’opera maestra circa la politica del tempo. Si tratta di un saggio critico di dottrina politica che giunge a rivoluzionare per sempre la concezione della politica e del buon governo per un principe. Quando parla del principato nuovo afferma che il principe deve anche essere armato e in grado di esercitare il suo potere, mentre i profeti disarmati sono destinati alla sconfitta. L’esempio classico che fa del profeta disarmato del suo tempo è Savonarola. Fu un profeta disarmato perché non curò la forza pubblica ovvero l’esercito, la polizia, ma ebbe l’idea che bastasse governare con i “padre nostro” per avere il potere. Cioè, dato che il potere discendeva da Dio, lui era un buon cristiano e tutti i cittadini erano cristiani, gli sembrò un’idea sufficiente per avere il potere. Ma Machiavelli afferma che la religione non è una base sufficiente per il 11 potere e fa il confronto con Mosè come esempio di profeta non disarmato. Il fatto che Dio lo avesse appoggiato era irrilevante secondo lui per spiegare il potere di Mosè. Egli non avrebbe potuto fare osservare lungamente le costituzioni se fosse stato disarmato (al contrario di Savonarola che deride perché ha pensato di fare la politica attraverso la preghiera). Egli ha saputo fare la politica, è questo il punto. Tutti i profeti furono tali perché avevano potere e non perché erano appoggiati da Dio. Emerge una visione politica fortemente rinascimentale in cui il conquistatore o sovrano grazie alla propria capacità di fare politica riesce a raggiungere risultati concreti. La religione quindi viene utilizzata da Machiavelli per confermare che non serve per governare, perché non si può governare sulla base della religione. Questa è la svolta che Machiavelli fa fare alla politica. Per parlare di politica bisogna parlare di ciò che esiste davvero, dei materiali della politica ovvero i cittadini, i governanti e le forme dove si incontrano queste due realtà cioè le forme concrete di governo e l’obbedienza dei cittadini al governo. In questo caso la religione non c’entra. Questa idea è considerata rivoluzionaria al pari di Lutero, l’idea di costruire una politica senza religione è rivoluzionaria perché nel mondo europeo la connessione tra politica e religione era fortissima. Machiavelli separa queste due parti. Secondo quest’ultimo, uno Stato ha bisogno della forza militare, della potenza e dell’ideologia intesa come religione civile. Egli, ha meditato profondamente sul mondo classico. Secondo lui bisognava imitare gli antichi e il modello per eccellenza era Roma che aveva riconosciuto il conflitto tra la plebe e l’aristocrazia. Nella parte dei discorsi sopra la prima decada, Machiavelli mostra di essere a favore del popolo perché i suoi desideri sono sempre a tutela della libertà mentre la nobiltà è nemica della civiltà. Secondo lui è sempre meglio cercare l’appoggio del popolo perché è quell’elemento che può garantire maggiormente la civiltà di uno stato, ordinato su leggi tenute in vigore. Durante questo conflitto a Roma la plebe non è stata obbligata a obbedire e nemmeno quest’ultima ha eliminato i senatori perché c’erano delle istituzioni forti. Secondo l’autore Roma attraverso questo conflitto è diventata una grande potenza. Contrappone a questa realtà invece Venezia. Roma si era ingrandita nonostante i conflitti mentre Venezia era rimasta nelle cinte delle proprie mura, si era un po’ allargata ma dal punto di vista politico non aveva fatto nulla. Per questo per Machiavelli se si vuole essere forti bisogna guardare al mondo romano. Egli concepisce la storia romana come storia ideale eterna. I due fondamenti secondo cui ritiene che si fondi il successo romano sono 1. La vivace dinamica sociale, cioè questo scontro tra aristocratici e popolari che fu motivo di progresso per lo stato romano, 2. Il vincolo religioso, cioè usare la religione come strumento di potere. Secondo lui i romani seppero sfruttare la religione infondendo rispetto e timore degli dei, mentre contrappone nella sua epoca la decadenza della dimensione religiosa in Italia, causata dai cattivi esempi della chiesa, considerata come motivo fondamentale della crisi politica italiana. Roma però era pagana, non cristiana. Machiavelli si chiede: la religione cristiana consente una vita politica, civile, religiosa come quella disegnata nel mondo classico? La risposta è no. La religione romana non era una religione di morte a differenza di quella cristiana. Essa puntava a conquistare e a vincere. Nei discorsi sulla prima decada fa un’analisi spietatissima della religione cristiana. La presenta come la religione che rinuncia alla vita terrena, che pensa solo all’aldilà e fa perdere di vista il presente. Il vero cristiano infatti non considera importanti e degni della propria attenzione e del proprio sacrificio i valori terreni. Ma machiavelli si chiede che soldato può mai essere un cristiano? Non si sacrificherà mai per la patria, si sacrificherà per la vita ultraterrena. Per la patria questi cittadini che sono pronti al sacrificio, al martirio, a tutte le pratiche ascetiche che tengono lontane dalla partecipazione alla vita civile e sociale sono inutili. Si creerebbe una repubblica di santi ma ciò per Machiavelli è un controsenso perché non può esserci coordinamento tra le due cose, non può esistere una repubblica di santi. La soluzione di 12 Per Machiavelli gli imperatori romani erano considerati esempi di ragion di stato perché il potere era nelle loro mani e nessuno vi indagava. Parla di Arcana imperii, che significa “i segreti del potere” o “i principi del potere/stato”, norme che non vanno comunicate al popolo ma che vanno usate anche a beneficio dei sudditi e che utilizza il principe per conservare, fondare o ampliare il proprio potere. Queste norme della ragion di stato derivano appunto dal mondo imperiale latino. Machiavelli aveva pensato allo stato senza religione mentre nel corso del 500, durante l’età della riforma e controriforma si cerca un compromesso, ne è un esempio Enrico IV che si convertì al cristianesimo. Botero unendo ragion di stato e ragion di chiesa fa comprendere che la gestione del potere è compatibile con questa nuova idea di politica che si va affermando nel 500, basata sul modello imperiale romano, che l’unione tra sacro (inteso come religione cristiana) e civile è possibile. GUCCIARDINI ha cercato di risolvere quest’antitesi tra religione e politica. Era un grandissimo intellettuale fiorentino amico di Machiavelli che prese atto di queste contraddizioni di Machiavelli. Egli era un uomo politico fedele al papa che ha affrontato la contemporaneità con realismo ma non in modo drastico come Machiavelli. Non immagina l’Europa senza papa e senza cristianesimo come aveva fatto Lutero. Egli riflette sul fatto che il cristianesimo era ormai la radice della nostra cultura, era incancellabile quindi bisognava trovare un compromesso. Egli non nascondeva la corruzione del cattolicesimo infatti il suo realismo è un realismo di fatto a differenza di quello di Machiavelli che era teorico. La repubblica fiorentina era in declino ed egli cerca di capire le ragioni di questo declino. Secondo Gucciardini il compito di coloro che detengono il potere è comprendere le linee dominanti e trovare il proprio spazio nel sistema dominante in Italia che era quello spagnolo, comprendere i sudditi e fare attenzione al mondo civile. Mantenere il potere significa sia porre lo sguardo all’interno, impedire le rivolte, saper gestire l’amministrazione, saper gestire i territori ma allo stesso tempo è importante anche tenere in considerazione la politica estera perché questo potere si intreccia con le relazioni con il sistema politico regionale, internazionale che hanno un grande peso. Da un lato quindi c’è un ripiegamento sulla propria realtà, dall’altro c’è la consapevolezza che il proprio stato appartiene ad un sistema più generale. Inoltre, per lui la politica assume anche un valore morale, cosa che Machiavelli aveva escluso. La politica perde quell’autonomia tracciata da Machiavelli e diventa un modo per fare i conti con la religione, condurre una vita con un contenuto morale. BOTERO: LE RELAZIONI UNIVERSALI È un’opera in due volumi che esce pochi anni dopo la Ragion di Stato. Prima di Lutero la chiesa era stata universale, dopo Lutero si sono create altre chiese ma la chiesa ancora impegnata nel lavoro missionario era quella di Roma che proprio attraverso l’evangelizzazione voleva sottolineare la sua universalità e cattolicità. Botero mostra ed esalta in quest’opera lo stato del cattolicesimo nel mondo alla fine del 500. Nel primo libro del 1589 si parla dell’impero romano al suo apogeo e tratta dei rapporti tra i sudditi e il sovrano ma anche tra sudditi stessi, definiti come rapporti di sudditanza politica e giustizia civile. È considerata l’opera più importante di Botero per Chabod. 15 16
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