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Appunti Storia sociale dei media + riassunto "Storia sociale dei media", Briggs, Burke, Dispense di Storia Dei Media

Appunti interamente presi in aula durante le lezioni della prof. Sabato con integrazione degli argomenti del libro "Storia sociale dei media", Briggs e Burke (PRIMI 3 CAPITOLI!) Quali argomenti troverai: - Introduzione alla modernità - Definizione di Storia Sociale - I mass media - Nascita della stampa - La comunicazione e le sue vie fisiche - Le comunicazioni transatlantiche - La comunicazione orale - La comunicazione scritta - La comunicazione visiva - Le immagini stampate - La comunicazione multimediale - Interazione tra media - La censura - La comunicazione clandestina - L'avvento del mercato - La storia della lettura - Istruzione e intrattenimento - Nascita dell'opinione pubblica - La riforma protestante - Le guerre (mediatiche) di religione - La Gloriosa Rivoluzione - Tipologie di sfera pubblica - Illuminismo in Europa - La rivoluzione industriale

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 16/11/2023

syriaa3
syriaa3 🇮🇹

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Scarica Appunti Storia sociale dei media + riassunto "Storia sociale dei media", Briggs, Burke e più Dispense in PDF di Storia Dei Media solo su Docsity! APPUNTI: STORIA SOCIALE DEI MEDIA 1 INTRODUZIONE COS’E’ LA STORIA MODERNA? Il concetto di “storia moderna” non è stato introdotto dagli storici, ma dagli stessi uomini del Rinascimento: si sentivano moderni rispetto alla generazione che li avevano preceduti, utilizzato in contrapposizione all’antico, il medievale (rispetto al cambiamento). ➢ Jacques Le Gof (storico medievalista francese) non era d’accordo sull’interpretazione di moderno. Secondo lui questi cambiamenti che gli uomini del rinascimento avvertivano, non era che una delle tante fasi di rinascita che il medioevo aveva vissuto → conosciuto per colui che ha ideato il concetto di “lungo medioevo” (il medioevo non finisce nel 400, ma continua). ➢ Al contrario, Giuseppe Galasso (elaborò la legge Galasso che vieta la costruzione degli immobili lungo le coste) è d’accordo con gli uomini del rinascimento: è iniziata una nuova fase nella storia quando questi hanno avvertito un cambiamento → l’età moderna, secondo Galasso, è iniziata nel Rinascimento e continua fino ai nostri giorni (“lunga età moderna”): la storia contemporanea è la più recente storia moderna (è una branca della “storia moderna”). COSA SIGNIFICA MODERNO? Quello che noi consideriamo moderno in Italia non ha lo stesso significato di quello in Inghilterra → secondo la storiografia più tradizionale, l’età moderna inizia con la scoperta dell’America (1492), anche se si dovrebbe parlare di “sbarco di Cristoforo Colombo nelle Americhe” (poiché è stato invaso un territorio che apparteneva ad altri, con il termine “scoperta” viene censurato l’aspetto violento). Il 12 ottobre c’è stato il Columbus Day in America e alcune regioni hanno sostituito la festa con delle feste legate alle tradizioni aborigene moderne. INIZIO DELLA MODERNITA’ Ogni corrente storiografica ha le sue idee: • Caduta di Costantinopoli (1453) → segna fine dell’Impero bizantino per opera dei turchi ottomani. È data spartiacque tra il medioevo e l’età moderna: con la caduta di Costantinopoli , i bizantini fuggono e si rifugiano in tutta Europa, determinando l’affermazione dell’Umanesimo (ex: attraverso la diffusione della lingua greca → crollando l’Impero c’era la necessità di cercare nuove rotte commerciali per l’Oriente; • Fine della Guerra dei Cent’anni tra Francia e Inghilterra (1453) → ha segnato l’inizio del concetto di monarchie-stato, si avvia la formazione delle prime grandi monarchie; • Movimento dell’Umanesimo e del Rinascimento: quadro letterario e artistico; • Invenzione della stampa a caratteri mobili (1450) → (caratteri mobili con degli elementi metallici per poter riprodurre testi su carta) portato da Gutenberg in Europa (in Cina, intorno all’anno 1000 esisteva, venivano utilizzati in resina, bronzo, legno ecc. Già c’era, si dice che lui sia venuto a conoscenza di segreti dal mondo orientale) → ha segnato la nascita di un mezzo di comunicazione fondamentale per l’età moderna; • Riforma di Martin Lutero (Riforma luterana, pubblica le 95 tesi contro la Chiesa, in cui elencava i suoi mali): prima di Lutero si parlava del mondo cristiano unito (si riteneva che la cristianità fosse compatta), ma Lutero rompe questa concezione e fa nascere il concetto di Europa e il Protestantesimo (e le varie branche); • La pubblicazione da parte di Copernico della teoria eliocentrica (1593): ipotizzava che il sole fosse al centro del sistema solare, momento importante sul piano della religione e sociale. FINE DELLA MODERNITA’ La storia moderna potrebbe per convenzione finire, per la maggior parte degli storici, a causa di: • La Rivoluzione francese (1789); l’anno in cui si verificano i primi avvenimenti della rivoluzione e le prime innovazioni; • Secondo altri finisce nel 1815 che è l’anno del Congresso di Vienna (le potenze volevano restaurare le condizioni politiche di prima della Rivoluzione francese e l’Ancien Regime, prima dell’epoca napoleonica); • Moti del 1848, movimento che porta all’affermazione delle varie repubbliche (in Germania, Francia, Svizzera ecc.). COS’E’ LA STORIA SOCIALE? La storia sociale è una piccola branca della ricerca storica e si dedica allo studio delle evoluzioni di una società nel corso del tempo (in linea generale) → la sua definizione varia a seconda del tempo, dello storico e del ricercatore. È nata durante il neopositivismo (primi del 900) e il suo fondatore è un sociologo francese Emile Durkheim: ha offerto una lettura sociologica della storia e quindi sono fondamentali i suoi studi perché si è lasciato alle spalle lo studio del fatto politico e ha intrapreso lo studio di tutto ciò che è sociale (usi, tradizioni, pensiero. costumi…) → ha contrapposto il fatto politico al concetto di mentalità, cioè non le cose imposte dalla politica, ma è andato a studiare il sociale; Les Annales (1929) → sono il più importante gruppo di storici francesi del XX secolo. Hanno introdotto diverse innovazioni metodologiche nella storiografia: 1. hanno allargato il campo della documentazione storica, prima si utilizzavano determinate fonti istituzionali o politiche (documenti politici), mentre loro usano altre fonti storiche (public history), non sono solo documenti scritti, ma anche figurativi (arte), reperti archeologici, documenti orali (interviste, raccolta di testimonianze), fotografie, oggetti di ogni tipo. È per questo che si parla di inizio di una nuova storia. 2. spostamento dell’attenzione dallo studio degli eventi allo studio delle strutture: psicologie collettive, sensibilità delle persone, la mentalità, la religione, vita quotidiana di uomini e donne ecc. (non erano considerati fino ad allora degni di far parte della documentazione storica: le donne, i contadini, i poveri, che secondo gli altri storici non avevano fatto la storia, diventano protagonisti alla pari degli uomini storici- i marginali). La storia sociale è stata anche criticata da Benedetto Croce nella sua opera del 1917 Teoria e storia della storiografia la considera ridotta ad una “meccanica sociale”, perché porta a una sintesi della storia, consente soltanto di delineare e tutti gli eventi vengono riassunti in una sorta di tabella (la considera molto riduttiva). I campi di ricerca della storia sociale appartengono a: ➢ la microstoria (si contrappone alla macrostoria di avvenimenti politici) si occupa della cultura regionale, si occupa di aree delimitate della geografia (culture regionali e locali), tendenza da fare delle sintesi mondiali, europee o nazionali. prima stamperia armena) grazie a un ungherese convertito all’islam che informò il sultano dell’importanza della stampa. Si potevano stampare libri non religiosi, ma durò poco, perché continuamente osteggiata dalle autorità religiose e dagli amanuensi. La gazzetta ufficiale ottomana nacque nel 1831, mentre il primo quotidiano ufficiale non turco nel 1840. Secondo il filosofo inglese F. Bacon furono tre le invenzioni a “cambiare la faccia del mondo”: polvere da sparo, bussola e stampa → la stampa garantisce l’alfabetizzazione e dunque l’impossibilità da parte di un popolo di lasciarsi governare dall’oppressione (S. Hartlib, 1641) Molti furono pro all’avvento della stampa, ma tanti altri vi si opposero: • Gli amanuensi, il cui mestiere venne minacciato • Il clero, perché la stampa avrebbe permesso agli uomini appartenenti agli ultimi livelli della gerarchia sociale di studiare da sé i testi religiosi, senza affidarsi alle autorità • Il governo, un popolo alfabetizzato era complicato da sottomettere Con l’avvento dei giornali d’informazione nel Seicento vennero messi ancora più in risalto gli effetti della stampa = “esplosione d’informazione” (analogia con la polvere da sparo) ci furono più difficoltà nella raccolta di informazioni e nel loro utilizzo (come accadde per Internet nel Novecento) → sovrabbondanza di informazioni e di libri: secondo Calvino questa sovrabbondanza avrebbe condotto i lettori allo smarrimento e alla necessità di ampliare il campo divulgativo e letterario: 1. Fu necessario ingrandire le biblioteche e creare dei cataloghi per la ricerca dei libri (divisi per soggetto o per autore o in ordine alfabetico) 2. Bisognava tenere costantemente aggiornati i cataloghi in base alle nuove pubblicazioni (non bastava più informarsi sulle riviste dotte) 3. I lettori, a partire dal tardo Seicento, dovevano basare le loro letture su bibliografie selettive o recensioni Lo storico vittoriano Lord Acton nella sua opera Sullo studio della storia (1895) divise gli effetti della stampa in: - Effetti orizzontali (l’accesso del pubblico alle conoscenze) - Effetti verticali o cumulativi (la possibilità per ogni generazione di ampliare il lavoro intellettuale della generazione precedente) = la stampa si assicurava che la conoscenza fosse accessibile a tutti e non occulta, come nel Medioevo. Tuttavia, con il sovraccarico di informazioni acquisibili prevalentemente attraverso la lettura si va sempre più a ignorare la tradizione orale → ex: i tipografi ormai avevano costituito una classe sociale a parte = un lavoro artigianale in cui l’alfabetizzazione era essenziale. M. McLuhan riflette su questo passaggio dall’estensione uditiva a quella visiva, individuando addirittura una “scissione tra la testa e il cuore causata dalla stampa” = “cultura della stampa” → ex: con la comparsa dei diagrammi, delle tavole astronomiche o logaritmiche vi è uno scarso coinvolgimento plurisensoriale (si leggono e basta, non si possono leggere o divulgare ad alta voce; “dicono tutto all’occhio e nulla all’orecchio”) → la principale caratteristica della stampa consiste nell’essere una dichiarazione pittorica che può venire ripetuta con precisione e all’infinito. La ripetibilità è infatti il presupposto indispensabile del principio meccanico che ha dominato il nostro mondo soprattutto a partire dalla tecnologia di Gutenberg Libri di questo genere erano troppo costosi e poco interessanti per la maggioranza della popolazione e dunque si ricercavano delle forme più brevi ed economiche (viene considerata anche l’importanza del materiale di stampa) = chapbooks: opuscoli spesso illustrati venduti da venditori ambulanti per conto della Bibliotheque Bleue, chiamata così perché le pubblicazioni venivano avvolte con una carta azzurrina che si usava per avvolgere lo zucchero → il centro di produzione principale era Troyes e il genere preferito erano le vite dei santi o i romanzi cavallereschi = “letteratura di evasione/sedativa” in grado di diffondere nei ceti inferiori dei modelli culturali tipici del clero e della nobiltà: - I libretti non venivano letti solo dalla gente comune (anche da nobildonne) - Non erano rappresentativi dell’intera cultura dei lettori, nella quale prevaleva ancora la trasmissione orale Nel 1979 E. Eisenstein affermò che la stampa è stata una “rivoluzione inavvertita”, sottovalutata dalla storiografia tradizionale del Rinascimento, della Riforma e della rivoluzione scientifica: essa avrebbe avuto delle conseguenze a lungo termine 1. Standardizzando e conservando un sapere che sarebbe stato molto più fluido nella sua diffusione orale o manoscritta 2. Concedendo la critica delle autorità e rendendo più accessibili visioni contrarie su uno stesso argomento RICONSIDERARE LA RIVOLUZIONE DELLA STAMPA Nonostante il libro della Eisenstein rappresenti una buona sintesi del processo rivoluzionario della stampa, presenta delle considerazioni esagerate: 1. I mutamenti da lei analizzati sono avvenuti nel corso di tre secoli (dalla Bibbia all’Enciclopedie) perciò premette un adattamento graduale del nuovo medium → se è graduale, può essere sempre considerato una rivoluzione? Alcuni storici la considerano una “rivoluzione lunga” (R. Williams) 2. La stampa viene considerata “agente del mutamento”, escludendo a priori l’azione degli autori, degli stampatori e dei lettori → la stampa (come gli altri media successivi) deve essere visto come una forma di “canalizzatore” delle intenzioni di chi c’è dietro il medium, non come l’autore. 3. L’autrice considera la stampa a sé, mentre per poter valutare le conseguenze socioculturali, è necessario analizzarle nel complesso (come un sistema, un “regime”), in relazione agli altri media e agli altri sviluppi (ex: cambiamenti nel sistema dei trasporti, dello spostamento delle merci ecc.) → sistema = considerazione della divisione del lavoro tra i diversi media in un dato tempo e spazio LA COMUNICAZIONE E LE VIE DI COMUNICAZIONE L’informazione viaggiava di pari passo con l’informazione commerciale (i mercanti portavano merci e notizie) → ci si pone il problema della considerazione di vie di comunicazione fisiche (ex: ai tempi di Roma, le strade romane erano ben organizzate per poter permettere la comunicazione efficace). Vengono pubblicate guide stradali come Guide des chemins de France (1553) di Estienne o Britannia (1675) di Ogilby, il primo atlante stradale inglese (le strade vengono chiamate “rotoli immaginari”) di cui nel 1785 venne pubblicata la ventiduesima edizione. Di conseguenza anche i governi iniziano a preoccuparsi di più per le strade: in Francia viene istituito il Grand Voyer, ossia un controllore del sistema viario → si sentì la necessità di trasmettere più rapidamente gli ordini dalla capitale alle province proprio a causa della centralizzazione degli Stati (ex: espansione del servizio postale → le lettere si trasportavano via terra, ma nel Seicento in Olanda si sviluppò un sistema di trasporto attraverso i canali con le chiatte che, anche se lente, offrivano un servizio regolare, frequente ed economico, in grado di unire non solo i paesini alla capitale, ma anche i paesini tra di loro). Con l’avvento del telegrafo elettrico si concluse il legame fra il trasporto e la comunicazione dei messaggi. IMPERO E COMUNICAZIONE Lo studioso di scienze politiche K. Deutsch definisce le comunicazioni “i nervi del governo” per sottolinearne l’importanza. ➢ Carlo V, imperatore di Spagna, Paesi Bassi, Germania, parte dell’Italia e Messico e Perù per risolvere il problema della comunicazione viaggiava costantemente per tutti i suoi domini. Ma con l’arrivo dell’”era di carta” si instituì un sistema postale (chiamato così perché vennero create delle stazioni di posta di cavalieri e cavalli lungo i tragitti). ➢ Nel Cinquecento a dominare il sistema postale era la famiglia dei Taxis (da cui deriva il termine taxi), i quali elaborarono una rete di corrieri ordinari che lavoravano secondo una tabella fissa a partire da Bruxelles, la sede del sistema: questi cambiavano cavallo frequentemente e riuscivano ad attraversare anche 200km al giorno, soprattutto quando si trattava di eventi importanti → ex: nel 1572 la notizia del massacro dei protestanti a Parigi arrivò a Madrid in tre giorni. Venne inoltre coniato il termine post-haste, cioè “viaggiare con la fretta della posta” ➢ Durante l’impero di Filippo II, figlio ed erede di Carlo V, egli seguì una strategia opposta a quella del padre (trattata in Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II di F. Braudel, 1949): rimaneva per quanto possibile in una città e sedeva alla scrivania per molte ore al giorno, leggendo i documenti che provenivano dai suoi domini → il problema principale era il tempo che ci impiegavano gli ordini per raggiungere il re e il tempo per spedire i documenti che arrivassero in tempo ai destinatari (Braudel sottolinea quanto i funzionari fossero ossessionati dalla posta). Difatti i ritardi erano causati da ostacoli nella comunicazione a causa dell’estensione dell’impero (dalla Spagna, alla Sicilia, attraversando tutto il Pacifico fino alle Filippine, chiamate così perché diventate possedimento spagnolo sotto il suo regno) ➢ Le comunicazioni via mare erano più rapide (ex: in Messico gli spagnoli costruirono le “vie regie” tra cui la famosa “via dell’argento” che collegava le miniere di Zacatecas con Città del Messico), mentre le comunicazioni via terra molto più lente soprattutto in condizioni difficili (ex: in Russia, tra San Pietroburgo e la Siberia ci volevano 18 mesi) → ciò spiega perché gli imperi europei dell’epoca (ad eccezione della Russia) fossero interessati ai possedimenti marittimi. LE COMUNICAZIONI TRANSATLANTICHE Per comunicare con i viceré del Messico e del Perù, Filippo II e i suoi successori dovevano attendere le partenze delle navi annuali che trasportavano l’argento dal Nuovo Mondo fino al porto di Siviglia: - Le lettere dalla Spagna al Messico ci mettevano anche quattro mesi - Per Lima ci mettevano sei/otto mesi - Per le Filippine potevano metterci anche due anni Le comunicazioni fra l’Inghilterra e la Nuova Inghilterra erano molto più rapide, tuttavia molte lettere venivano fermate o andavano disperse (ecco perché era consigliato fare più copie per ogni lettera). Nel Settecento vi furono dei miglioramenti delle comunicazioni per quanto riguarda l’Atlantico da parte dell’impero britannico → nel 1702 venne creato un servizio navale di navi postali che • Nasce la burocrazia (Weber): amministrazione e divisione del lavoro di tipo impersonale basata sull’imposizione di regole uguali per tutte, sulle sfere di responsabilità e sulla gerarchia • Per i monarchi come Filippo di Spagna o, nel Seicento, Luigi XIV di Francia fu utile per la lettura e visione dei vari documenti in campo amministrativo (molti funzionari falsificavano la firma del re per far sì che venissero eseguiti degli ordini) • Le rivolte vennero accompagnate da documentazioni scritti (ex: cahiers della Rivoluzione francese) o petizioni che raccoglievano firme (Root and Branch Petition, 1640, prima della guerra civile inglese) • Anche all’inizio dell’età moderna e dell’alfabetizzazione, erano importanti anche le iscrizioni (dipinte o incise) sulle tombe (prima del Settecento erano scritte anche in latino) I LINGUAGGI DELLA COMUNICAZIONE L’avvento della stampa porta all’affermarsi delle lingue volgari nazionali (al contrario del Medioevo che per le documentazioni ufficiali veniva usato il latino e nel contesto quotidiano i vari dialetti). Le lingue volgari vengono definitivamente standardizzate per scopi anche letterari → ex: traduzione della Bibbia dal latino al tedesco da parte di Lutero diventa modello per le altre traduzioni letterarie (ex: Dante scrive in italiano come Petrarca, Chaucer in inglese..) In campo politico la data emblematica per la standardizzazione della lingua volgare in Francia è il 1539, anno in cui Francesco I ordina che tutti i documenti legali vengano trascritti in francese (diventa lingua istituzionale). Anche il medico tedesco T. von Hohenheim (noto anche come Paracelso) tratta la sua lezione in tedesco e non più in latino. L’apice delle traduzioni avvenne nel Seicento, anno in cui vennero tradotti molti testi: il Chimico scettico di Boyle, le opere di Locke, l’Ottica di Newton o Il paradiso perduto di Milton. LA COMUNICAZIONE VISIVA Il linguaggio del gesto veniva insegnato nelle scuole al fianco della disciplina della retorica e fu anche oggetto di trattati (ex: L’arte del gesto di G. Bonifacio, 1616) = veniva definita con il termine “retorica manuale”, ossia linguaggio naturale delle mani. Gli umanisti del Rinascimento parlano della “retorica dell’immagine” → quelle che vengono chiamate “opere d’arte” sono in realtà delle immagini o addirittura eventi comunicativi → ex: La punizione di Cora di S. Botticelli, che raffigura la terra che si apre e inghiottisce tutti coloro che non hanno seguito l’ordine di Mosè o Il giudizio universale di Michelangelo → dipinti efficaci sul piano comunicativo. Intorno al 1500 si iniziano a dipingere soggetti profani che comunicavano messaggi ad un pubblico più ristretto → la Primavera di Botticelli adesso è un’opera di cui in molti possono beneficiare, ma prima era situata in una villa privata → le opere (sia religiose che profane) erano commissionate da esterni, che pagavano. Nel corso dell’età moderna gli artisti e gli scrittori iniziano a lavorare per il mercato, producendo prima e vendendo poi, non viceversa. LE IMMAGINI STAMPATE Con l’avvento del mercato nacque l’immagine riprodotta con mezzi meccanici → “stampe” che modificano la comunicazione visiva, aumentando la disponibilità di immagini = immagini stampate attraverso un blocco di legno o una lastra di rame o di acciaio o un’immagine incisa sulla lastra (o per corrosione con l’acido, chiamato acquaforte: sviluppatasi tra Cinquecento e Seicento, veniva utilizzata una lastra metallica coperta di cera su cui venivano tracciate delle linee e poi immerse nell’acido. Questa tecnica garantiva la gradazione dei toni immergendo le lastre più volte e aggiungendo altre linee, rendendo così più scure quelle vecchie) La prima xilografia risale alla fine del Trecento ed era ispirata alle stampe decorative sulle stoffe e rappresentavano già immagini religiose. Nel Settecento venne inventata la mezzatinta = sulle linee sulla lastra vengono praticate piccole incisioni di profondità ottenendo così sfumature più precise, per realizzare riproduzioni fedeli di quadri in bianco e nero. Nel 1796 A. Senefelder inventò la litografia = procedimento di riproduzione a stampa diretta di scritti e disegni, che si effettua generalmente con una macchina piana, la cui matrice è costituita da una lastra di pietra calcarea, compatta e porosa; sulla lastra viene eseguito direttamente o trasportato lo scritto o il disegno da riprodurre, così che, bagnando la matrice con una soluzione di gomma arabica e acido nitrico e spalmandola poi d’inchiostro, risultano nella stampa solo le parti che formano lo scritto o il disegno, mentre le altre non vengono inchiostrate perché rese repellenti ai grassi e ricettive all’acqua → produzione di immagini economiche a colori Ex: Botticelli produsse una serie di incisioni per illustrare la Divina Commedia di Dante La produzione e il trasporto delle immagini era rapido ed economico, perciò accessibile a molti → ex: le immagini più memorabili del Nuovo Mondo non furono le parole di Colombo, ma le incisioni in cui si vedevano gli indiani che cuocevano e mangiavano carne umana. Le immagini più diffuse erano le incisioni dei santi nei giorni della loro festa o anche immagini di Lutero che diffondevano le idee della riforma. Anche i dipinti dei grandi autori (Leonardo, Raffaello, Michelangelo ecc.) vennero riprodotti sotto forma di incisione e acqueforti. Dal Seicento in Russia circolano le stampe, utilizzate come modello dai pittori di immagini sacre, influenzando ulteriormente gli stili della rappresentazione figurativa di pesi lontani come la Persia, l’India, la Cina, il Messico e il Perù. Le stampe aiutarono anche lo sviluppo di una coscienza politica popolare in Inghilterra e in Francia nel Seicento e nel Settecento, soprattutto le immagini satiriche. Nel corso dell’età moderna prende piede la stampa allegorica e la caricatura. Si aprì il dibattito sull’importanza dell’immagine stampata come mezzo di comunicazione di pari passo all’analisi dei testi stampati: venne dedicata molta attenzione sull’aspetto della riproduzione di copie e della loro circolazione → W. Benjamin afferma che con la rivoluzione industriale aumenta la riproducibilità dell’opera d’arte ma viene meno la sua “aura” = l’opera passa dall’avere un “valore culturale” a un “valore espositivo”. Egli sostiene che la riproduzione dell’opera d’arte ci risulta familiare ma non in grado di soddisfare il nostro desiderio di vedere l’originale → si riferisce ai media ottocenteschi, come la litografia e la fotografia. D’altro canto, Ivins afferma che la stampa può essere definita un’espressione pittorica ripetibile con esattezza, uno strumento estremamente importante per la modernità ex: se gli antichi greci avevano abbandonato la tendenza a illustrare i trattati botanici perché impossibile ottenere immagini identiche della stessa pianta nelle diverse copie, a partire dal tardo Quattrocento gli erbari vennero illustrati tramite xilografia. Le carte geografiche cominciarono ad essere stampate nel 1472 = comunicazione di informazioni per mezzo di immagini → facilitata dalla ripetibilità → migliorarono il controllo militare, politico, economico o ideologico della Terra. Dalla carta si passò poi al mappamondo (dona tridimensionalità, il primo fu creato da Martin Behaim nel 1492) e rese la concezione di unità della Terra → nasce il cosmopolitismo (l’idea risale dagli anni della Roma antica, ma con la creazione dei mappamondi viene messa in atto). Un’altra creazione stampata fu la sequenza narrativa (o racconto) per immagini= antenato del fumetto → il lettore legge gli episodi (da sinistra a destra e dall’alto al basso) → ex: per eventi come processioni o cortei venivano prodotte xilografie su strisce lunghe → definiti “quadri in movimento”. LA COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE Le forme di comunicazione più efficaci sono quelle che coinvolgono vista e udito insieme (combinazione di messaggi verbali o non verbali, musicali e visivi) → nell’Europa moderna erano diffusi i riti, gli spettacoli, il teatro e i balletti = i riti sono un modo di comunicare (di trasmettere dei messaggi) in grado di creare solidarietà (ex: fra prete e fedeli o fra sovrano e sudditi), anche se non compresi da tutta la popolazione, poiché era difficile assimilare il messaggio codificato nelle azioni insieme alle varie analogie alla storia antica o alla mitologia. Venivano considerati inoltre profetizzanti (permettevano che un determinato evento accadesse ex: consacrazione dell’ostia che trasforma il pane e il vino in corpo e sangue di Cristo o la cerimonia dell’incoronazione del re che conferiva poteri divini). Nel Seicento i riti erano veri e propri spettacoli → le forme più diffusa di spettacolo pubblico erano • la processione (religiosa o laica) • l’esecuzione (come dimostrazione al pubblico della forza delle autorità e del rispetto delle leggi) • il “teatro” della vita quotidiana dei sovrani (ex: Luigi XIV consumava i pasti in pubblico e talvolta mostrava la sua routine diurna o notturna o la regina Elisabetta I si trasformava in una “dea” o in un “mito”) → R.G. Schwarzenberg considera lo “stato spettacolo” un’anticipazione dello “star system” televisivo a metà novecento (“società dello spettacolo” G. Debord = la televisione è una riconsiderazione del teatro politico ma modernizzato) Un esempio considerevole può essere la festa di San Giovanni Battista a Firenze nel tardo Quattrocento: festeggiato il 24 giugno, era il patrono della città (che dominava l’intera Toscana) e si celebrava la sua potenza e quella del suo governo. Veniva svolta una processione dal Duomo all’Arno e ritorno in cui partecipava la comunità religiosa e i cantori lungo vie ornate di stoffe e piene di spettatori, i quali recavano offerte e reliquie seguiti da carri di processione che rappresentavano scene religiose (ex: nascita del santo o il battesimo di Cristo) → espressione dell’identità collettiva fiorentina. Le celebrazioni laiche comprendevano anche l’esposizione di beni di lusso artigianali (ex: stoffe, gioielli, oggetti vari) e un palio con costumi colorati per cavalli e fantini. Nel Cinquecento e nel Seicento avvengono dei mutamenti: i riti vengono ispirati all’antica Roma e si sviluppa il teatro → viene classicizzato il rito (ex: “battaglia navale” a Palazzo Pitti a Firenze → come nell’antica Roma, il principe avanzava a bordo di una biga, passando sotto archi trionfali e affiancato dalle personificazioni della Fama, della Vittoria e della Giustizia) → ispira le altre nazioni (ex: Lord Mayor’s Show a Londra) Per aiutare gli spettatori a comprendere le rappresentazioni veniva ingaggiato un interprete, si attaccavano scritte (spesso satiriche) sui personaggi oppure esistevano dei libretti illustrati disponibili che descrivevano le rappresentazioni allo spettatore e gli suggerivano come interpretarle. Durante la visita di stato in una città ciò che avveniva non era solo uno spettacolo, ma una forma di dialogo tra sudditi (che promettevano fedeltà) e principe (che mostrava benevolenza) → talvolta la sua organizzazione poteva determinare non un panegirico, ma una petizione (ex: il ritorno di Carlo V a Bruges nel 1515 era incentrato sul declino economico e commerciale della città, che chiedeva la prosperità perduta) D’altro canto, la censura protestante era meno efficace di quella cattolica per via delle differenti chiese che la componevano (calvinista, luterana…) Ex: a Ginevra era praticata attraverso la richiesta di un’autorizzazione scritta da parte di esperti di teologia, giurisprudenza, medicina ecc., mentre in Inghilterra secondo il rispetto del Licensing Act del 1662 LA COMUNICAZIONE CLANDESTINA Come reazione alla censura vi era l’organizzazione della comunicazione clandestina = si comunicavano di nascosto molti generi di messaggi, dai segreti del governo a quelli commerciali , alle idee religiose e la pornografia (si intendono i testi che suscitano lussuria e che vengono venduti principalmente per quella ragione ex: Centoventi giornate di Sodoma del marchese de Sade o La venere del chiostro). Era difficile stabilire una netta differenza tra la comunicazione pubblica e quella privata, poiché erano molto spesso intercettate → a Venezia dei commercianti praticarono un foro nel tetto del Palazzo dei Dogi per scoprire delle notizie da Istanbul → spesso per questo motivo si ricorreva a linguaggi privati Le opere eretiche o sovversive venivano diffuse sotto forma di manoscritti; altre volte venivano trascritte lettere o relazioni segrete → quando venivano scoperte, erano effettuate delle irruzioni poliziesche alle stamperie (che molto spesso camuffavano la propria identità assieme agli autori delle pubblicazioni: Pascal firmò “Louis de Montalte” le sue accuse ai gesuiti, mentre le stamperie cambiavano luogo di produzione o ne mettevano uno falso - il più gettonato era “Città libera”) I governi si servivano di molti codici segreti resi incomprensibili grazie all’aiuto di matematici , codificatori e decodificatori → anche i privati (ex: il diarista S. Pepys usava lingue straniere) Era possibile anche pubblicare dall’estero (ex: testo antipapale Istoria del Concilio Tridentino di P. Sarpi pubblicato a Londra e giunto a Venezia clandestinamente in parti separate sotto il nome di “canzoni”). I libri stampati venivano spesso contrabbandati alle frontiere (ex: i libri eretici viaggiavano dalla Svizzera a Venezia, mentre i libri proibiti entravano clandestinamente in Spagna, non rilegati) In seguito si poteva pubblicare normalmente ma a livello manifesto e a livello latente: ➢ Veniva utilizzato il “metodo di Esopo” (anche nella Polonia comunista) secondo cui le favole sugli animali si potevano applicare direttamente agli uomini ex: Favole di Lafontaine che rappresentava il tanto odiato Luigi XIV con le sembianze di un leone tirannico, apparivano come favole per bambini. ➢ Ci si poteva anche riferire ad eventi del presente per mezzo di altri eventi simili accaduti nel passato ➢ Veniva utilizzato un “metodo allegorico” → ex: nel Novecento A. Miller in Crogiolo si riferisce alla caccia alle streghe del Seicento per descrivere la caccia ai comunisti del senatori McCarthy L’AVVENTO DEL MERCATO La stampa poteva anche essere redditizia: alcuni stampatori erano mercenari come, ad esempio, durante le guerre di religione dalla parte sia dei cattolici che dai protestanti. Al processo di diffusione della conoscenza vi era il contributo di imprenditori → nel Cinquecento nascono i bestseller ex: nel 1500 L’imitazione di Cristo di T. Kempis Anche le Scritture erano molto vendute, soprattutto nel Nuovo Testamento e i Salmi ma a partire dal Cinquecento le Bibbie in volgare furono vietate perché considerate eretiche. Per vendere più libri gli stampatori pubblicavano cataloghi e ricorrevano alle pubblicità: il primo catalogo con i prezzi in Italia risale al 1541. Nel Cinquecento nella Fiera dei libri di Francoforte si dava notorietà internazionale a certi libri → all’inizio o alla fine dei libri venivano riportate altre opere pubblicate dallo stesso stampatore o libraio (figure distinte). La pubblicità effettiva si sviluppa nel Seicento = nel 1650 a Londra si potevano trovare circa sei annunci a giornale, cento anni dopo arrivavano a cinquanta (ex: commedie, corse di cavalli, medici ciarlatani e la “Polvere d’inchiostro Holman”, il primo prodotto di marca, brevettata nel 1688) → anche le notizie erano una merce (commedia The Staple of News di B. Jonson, in cui immagina un tentativo di monopolizzare il commercio). Secondo il sociologo C. Campbell i romanzi del Settecento offrivano la possibilità al lettore di godere, attraverso il personaggio, di determinati beni di consumo, incoraggiandolo anche a comprare → “nascita della società dei consumi” Nasce l’idea della proprietà intellettuale: già nel Quattrocento gli umanisti si accusavano a vicenda di plagio o di furto (che si distingueva dall’imitazione creativa) ex: la seconda parte di Don Chisciotte non venne scritta da Cervantes ma da un certo “Avellaneda”; si tratta di una forma di plagio particolare perché viene rubato solo un personaggio (che avrebbe permesso allo scrittore di incassare di più). Cervantes per poter espellere dal mercato il suo concorrente dovette pubblicare una seconda parte. → per combattere per la proprietà intellettuale, si cominciò a stampare il ritratto dell’autore sul frontespizio o la sua biografia. Ex: nel 1711 esce il primo numero dello “Spectator” in cui veniva presentata una burla al lettore, accusato di essere incapace di godersi un libro se non conosceva l’identità dell’autore. Nel 1709 in Gran Bretagna venne promulgato il Copyright Act che dava agli autori o ai loro assegnatari il diritto di possesso ufficiale delle opere. Ma nel 1735 W. Hogarth, che fu danneggiato nella serie della sua popolare incisione The Harlot’s Progress, chiese una modifica alla legge sul copyright in modo che poteste agevolare anche gli artisti grafici. Tra i maggiori centri del commercio di libri dell’età moderna c’erano la Venezia del Cinquecento, l’Amsterdam del Seicento e la Londra del Settecento: ➢ Nel Cinquecento l’industria del libro veneziana aveva un’organizzazione capitalistica, controllata da un piccolo gruppo e sostenuta finanziariamente da mercanti con interessi. Lo stampatore più celebre era Aldo Manuzio, che divenne famoso per la stampa dei classici latini e greci in piccolo formato (“maneggevoli”). Tra gli stampatori si creò una forte concorrenza: molti ignoravano le leggi e pubblicavano gli stessi libri, definendo il proprio di migliore qualità (anche quando non era vero). Alcuni letterati si riunirono nel gruppo dei “poligrafi” = chiamati così perché scrivevano molto e su una grande varietà di argomenti (in Inghilterra erano chiamati “hacks” = “scrittori a nolo”). Scrivevano versi e prose, ma anche traduzioni, adattamenti e plagi di altri autori. Si specializzavano in particolare nel genere delle opere pratiche ex: libri di buone maniere. Alcuni di questi lavoravano al servizio di stampatori come autori, ma anche come redattori e correttori di bozze → erano compilatori che lavoravano secondo la tradizione medievali riciclando le opere degli altri ma, poiché erano nell’era della stampa, venivano trattati come veri e propri autori (per questo venivano accusati di plagio, inesistente nell’epoca medievale). Venezia era avvantaggiata anche dalla sua posizione economica e politica: grazie alle conoscenze dei vari immigrati, pubblicavano libri in tutte le lingue, europee e oltreoceano (inglese, spagnolo, ebraico, arabo…) → fu la prima città per la pubblicazione di libri sulle Americhe (ex: le lettere di Cristoforo Colombo). La tradizione veneziana era molto tollerante verso le altre culture e religioni, per questo fu compromessa dalla diffusione della Controriforma → 1547 = Inquisizione; 1548 = vengono bruciati dei libri proibiti in Piazza San Marco e presso il Ponte di Rialto; 1549 = venne istituito l’Indice dei libri proibiti veneziano; 1554 = divieto di stampare libri in ebraico. Alcuni stampatori emigrarono in altre città come Torino, Roma e Napoli. ➢ Nel Seicento l’egemonia di stampa veneziana venne rimpiazzata da quella olandese (per la maggiore tolleranza religiosa) che diventò un grande centro di mercato di informazione. La famiglia Elzevir divenne il maggior stampatore sulla base dell’esempio di Manuzio (pubblicarono anche loro classici in formato tascabile) → lanciarono la prima collana di libri curata da uno studente universitario, Caspar Barlaeus (= poligrafo veneziano → molti uomini colti si misero a scrivere per vivere). Il centro dell’editoria olandese era Amsterdam, soprattutto per i giornali (emblema della commercializzazione dell’informazione). Uscivano giornali una, due o tre volte a settimana in latino, francese (“Courant d’Italie), inglese (Corrant out of Italy, Germany etc.”) e olandese dal 1620. Nel 1662 nasce la prima “Gazzetta d’Amsterdam”) → pubblicava notizie di cronaca europea, critiche alla chiesa cattolica e alla politica francese. Anche le carte geografiche occupavano un ruolo importante: la stamperia più importante era quella di Joan Blaeu che possedeva nove torchi per la stampa tipografica e altri sei per le incisioni → nel 1634 annunciò sul giornale la pubblicazione di un atlante mondiale in quattro lingue (latino, olandese, francese e tedesco) che uscì l’anno dopo in due tomi, contenenti in totale 207 carte geografiche. Come a Venezia, grazie alle immigrazioni, anche ad Amsterdam si iniziò a stampare libri in svariate lingue (tra cui russo, armeno, georgiano e yiddish) ex: un viaggiatore inglese si complimentò per la stampa di una Bibbia in inglese venduta a poco prezzo. ➢ Nel Settecento fu il turno di Londra: gli stampatori inglesi si erano fatti riconoscere per il furto della proprietà intellettuale a Venezia e ad Amsterdam (nota come “contraffazione” o “pirateria”) → per proteggersi diversi stampatori si associarono, dividendosi le spese e i profitti = potevano finanziare grandi opere (come atlanti o enciclopedie) che venivano pubblicate con sottoscrizioni e spesso un elenco dei sottoscrittori; nel corso del secolo però bastò semplicemente mettersi d’accordo privatamente, avendo così la possibilità di condividere costi e rischi di produzione → gli autori cominciarono ad avere cospicue somme di denaro dai loro editori (ex: dottor Johnson ricevette 1500 sterline per il suo Dizionario, Hume 1400 sterline per il terzo volume della sua Storia d’Inghilterra e W. Robertson 3400 sterline per la sua Storia di Carlo V). In questi anni si creò un gruppo di scrittori chiamati “Grub Street” che lottava per guadagnare con lo scopo di vivere una vita decorosa: era composto da emigrati protestanti francesi attivi nel campo del giornalismo → avevano maggiore indipendenza rispetto ai poligrafi veneziani. La “società dei consumi” si fece sentire nel Settecento, soprattutto in Inghilterra = commercializzazione delle attività del tempo libero (ex: corse di cavalli, concerti e opere teatrali, conferenze scientifiche nei caffè, balli, feste in maschera ecc.) LA STORIA DELLA LETTURA La lettura è stata influenzata dalla commercializzazione del tempo libero. Tra il 1500 e il 1800 si può notare un’evoluzione della lettura, che viene distinta in cinque tipi: • Lettura critica = viene vista come un’occasione per confrontare varie opinioni sullo stesso tema in libri diversi (primo effetto dell’avvento della stampa). Ex: gli autori satirici prendevano in giro chi credeva a tutto ciò che veniva stampato. Dall’altro lato, molti libri erano oggetto di riverenza, come la Bibbia (prima di essere criticata da Spinoza): si diceva che l’arcivescovo Borromeo di Milano la leggesse in ginocchio, o che venisse usata come medicina (messa sotto il cuscino di un malato) Grazie alla diffusione dei libri, delle riviste e dei pamphlet nasceranno nell’Ottocento e Novecento due nuovi generi: il manifesto e il modulo prestampato (usati giù nell’era moderna per i contratti d’affitto, le dichiarazioni fiscali o i censimenti nella Venezia del Cinquecento, ma anche dalla chiesa ex: nell’occasione dell’elezione del nuovo papa). Dal Settecento si diffuse l’uso di scrivere sui muri i nomi delle strade → per gli abitanti delle grandi città, l’analfabetismo divenne sempre di più uno svantaggio. Nel Settecento la stampa divenne parte della vita di tutti i giorni grazie all’introduzione del quotidiano: nel 1972 solo in Inghilterra vengono vendute 15milioni di copie di quotidiani. Esistevano anche il settimanale, il bisettimanale, il mensile e il trimestrale (che verrà poi chiamato “periodico”). Esempi di rivista sono: • Le “Transactions of the Royal Society of London” (1665) • Le “Nouvelles de la République des Lettres” (1684) = notizie sulle nuove scoperte, sulla morte di dotti e sulle novità letterarie • Il periodico francese “Mercure Galant” (1672) → si rivolgeva a un pubblico di basso rango, soprattutto femminile, assumendo la forma di una lettera scritta da una signora di Parigi a una donna che viveva in campagna. I temi trattati erano notizie sulla corte e sulla vita cittadina (anche in fatto di gusti di arredamento e abbigliamento) e il tema dell’amore. I lettori e lettrici potevano spedire lettere, poesie e risolvere enigmi. Venivano pubblicati anche resoconti di sudditanza nei confronti di Luigi XIV o le vittorie delle sue armate (forma di propaganda retribuite dal governo) • Il giornale inglese “The Spectator” (1711) vantava di una certa indipendenza, lontano dalle politiche. Lo scopo era di portare le filosofie fuori dagli ambiti accademici: trattava di molteplici temi, dai più alti ai più quotidiani. Anche questo persuadeva i lettori a partecipare alla rivista. = mezzi di comunicazione interattivi Solo nel tardo Seicento viene inventata la recensione, attraverso cui le pubblicazioni si pubblicizzavano a vicenda. I giornali di informazione o i periodici vennero spesso criticati: alcuni consideravano certe tematiche necessariamente da tenere segrete o altre accusate di essere futili ex: la rivista milanese “Il Caffè” sosteneva di voler aprire la mente e di voler trasformare i rimani e i fiorentini in europei. → con la comparsa di altri libri di consultazione (ex: il dizionario dei giornali o quello geografico) abbiamo un’estensione della conoscenza, anche nei confronti di tematiche forti come il suicidio. Ex: in Sleepless Soul (1990) M. MacDonald e T. Murphy sostengono che i giornali sono capaci di normalizzare il fenomeno del suicidio, riportandone il resoconto giornaliero. Stampavano i messaggi rilasciati dai suicidi, permettendo ai lettori di mettersi nei suoi panni. Allo stesso tempo i giornali aumentarono lo scetticismo e il giudizio critico a causa del resoconto e del confronto tra diversi giornali che generavano sfiducia nella parola stampata → alla fine del Seicento nel trattare l’attendibilità delle opere storiche si citavano spesso giornali o gazzette come esempi della narrazione inattendibile dei fatti, poiché i resoconti venivano considerati non veritieri, soprattutto nei dettagli. I giornali contribuirono alla nascita dell’opinione pubblica → negli ultimi decenni viene definita “sfera pubblica” grazie all’influenza del filosofo J. Habermas → l’espressione nasce dalla traduzione del termine inglese Offentlichkeit (trad. “pubblicità”, let. “rendere pubblico”). Habermas considera l’opinione pubblica un’arena in cui ci si può dibattere su una tematica, confrontando opinioni diverse → il Settecento è un periodo fondamentale = coincide con la creazione della sfera pubblica borghese, che poi si estenderà. I media vengono presentati come un sistema (giornali, club, salotti, caffè…) che coopera; inoltre enfatizza la trasformazione strutturale della sfera pubblica nell’Inghilterra e nella Francia settecentesca, priva di manipolazione e influente nell’affermazione di un dissenso razionale nei confronti dell’”antico regime” → l’autore viene accusato di aver presentato un’immagine utopica del Settecento (perché all’epoca i media manipolavano già il pubblico); inoltre nell’età moderna troviamo la presenza di numerose sfere pubbliche (ex: quella borghese, quella della corte ecc.) CAPITOLO DUE Dalla metà del Quattrocento fino alla fine del Settecento si presentano degli eventi importanti in campo comunicativo: ▪ Guerra civile inglese (1642-1651) ▪ Gloriosa rivoluzione del 1688 ▪ Rivoluzione francese = determinano la nascita di una sfera pubblica e della cultura politica (= l’informazione, gli orientamenti e i valori politici condivise dalle società europee e dai gruppi sociali al loro interno) → i media ricoprono un ruolo importante (soprattutto nell’evoluzione del loro sistema in questi secoli) Prima della Riforma, nelle città-stato italiane, soprattutto a Firenze (dal Duecento al Quattrocento) venivano considerati “popolo” = i membri delle corporazioni delle arti e dei mestieri → anche se nella vita politica fiorentina partecipava un’alta percentuale della popolazione: ➢ Le cariche politiche erano ricoperte estraendo i nomi a sorte (mantenute per breve tempo ex: due mesi) ➢ La cultura politica era prevalentemente orale e visiva (= Atene classica) → nelle piazze si creava una sfera pubblica in cui si discuteva ➢ L’eloquenza era fondamentale nella “vita civile” = vita politicamente attiva del cittadino Ciononostante, i cronisti cittadini registravano i manifesti politici affissi e i graffiti scritti sui muri. Anche le relazioni politiche venivano condotte oralmente e per iscritto attraverso lettere ufficiali da parte del governo scritte da umanisti e studiosi dell’antichità in grado di scrivere perfettamente in latino → in seguito anche in altre città europee si sviluppò una cultura civica simile (ex: Paesi Bassi, Svizzera e Germania) LA RIFORMA La Riforma ebbe il suo contesto in città stato (o “città libere”) tedesche (ex: Norimberga o Strasburgo): fu il primo grande conflitto ideologico dove gioca un ruolo fondamentale la stampa. Almeno nei primi decenni, la Riforma fu un movimento sociale (un’impresa collettiva consapevole) il cui scopo iniziale era riformare la vecchia chiesa (non fondarne di nuove!). Martin Lutero ne fu il fondatore → combatteva il dominio italiano della chiesa, la sua “magia” e commercializzazione → per una partecipazione più diretta del laicato alle attività religiose, promosse la lettura della liturgia e della Bibbia in volgare (= traduzioni) → la dottrina del “sacerdozio universale” = ognuno accede direttamente a Dio senza che sia necessaria la mediazione del clero → Habermas lo definisce “privatizzazione della Riforma” = enfasi del mondo interiore cristiano. Nei primi anni del movimento ci furono accesi dibattiti sulle funzioni e i poteri del papa e della chiesa e sulla natura della religione → contributo importante alla nascita del pensiero critico e dell’opinione pubblica. Anche le dispute all’interno delle élite cercavano l’opinione del popolo (gruppo più ampio) attraverso dibattiti pubblici o pamphlet → l’espressione “opinione pubblica” non era ancora utilizzata in questi anni, ma l’opinione del popolo era fondamentale per i governi → fu causa e conseguenza dell’intervento dei media. L’invenzione della stampa = crisi del monopolio dell’informazione della chiesa medievale → come reazione alla Riforma, i papi alla fine crearono l’Indice dei libri proibiti. I protestanti della prima generazione (1520-1540) misero in atto una “offensiva mediatica”, sia per comunicare i propri messaggi, sia per indebolire la chiesa cattolica ridicolizzandola, attingendo al repertorio tradizionale dell’umorismo popolare in modo da distruggere il nemico con l’ironia (ex: Lutero scriveva in volgare perché il suo messaggio potesse essere capito dalla gente comune). Grazie al nuovo mezzo di comunicazione (la stampa), Lutero non poté essere messo a tacere come gli eretici del passato (con il rogo) perché ormai i suoi testi avevano raggiunto popolarità internazionale (ex: Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, 1520 + traduzioni della Bibbia, che diventarono ancora più famose dei pamphlet) → trasformò la Riforma in una rivoluzione permanente → anche dal punto di vista linguistico: perché non esisteva una lingua tedesca nazionale (assenza di uno standard linguistico). Lutero, scrivendo nel dialetto sassone, che accomunava i vari dialetti, riuscì a rendere le sue opere comprensibili in tutta la nazione (= unificazione linguistica e creazione di un tedesco standard → un po’ come Manzoni in Italia) • I pamphlet in volgare rivolti alla gente comune ebbero un’importanza fondamentale per il successo della Riforma (nell’arco di 9 anni escono 296 pamphlet) → considerato un mezzo di comunicazione di massa (esagerazione = in molti non riuscivano a comprarne, né tantomeno a leggerli) • Anche la musica ebbe un ruolo importante: gli inni in volgare permettevano all’uditorio di partecipare al culto religioso in modo più attivo rispetto ai tempi in cui semplicemente si ascoltava la messa. • Il contributo della propaganda orale: dato che solo una minoranza della popolazione sapeva leggere, è logico che la comunicazione orale sia rimasta predominante, assumendo molte forme diverse nei contesti (ex: dalle pratiche in chiesa e dalle lezioni universitarie, alle voci e alle chiacchiere del mercato e della taverna) → nel caso della Riforma fu importante la predicazione. Molti documenti d’archivio accendono i riflettori in particolare sulla taverna = importante centro di scambio di idee e voci o della discussione pubblica delle idee eretiche, sia il ruolo del libro e del pamphlet nel provocarla → ex di comunicazione “a due stadi” (studiata da Katz e Lazarsfeld negli anni ’50) in cui l’idea trasmessa dal media veniva influenzata da discussioni nei rapporti faccia a faccia. • E della propaganda visiva: le immagini a stampa, in quanto forma di comunicazione con gli analfabeti, rappresentavano un mezzo di diffusione delle idee protestanti ancora più importante = immediatezza (ex: anche molti ritratti di Lutero rappresentato come un santo); anche se in alcune dottrine era vietata (ex: calvinisti → organizzarono un’ondata iconoclasta nei confronti dei cattolici, bersagliando principalmente le statue) • Un ruolo importante fu giocato anche dal teatro: mettevano in ridicolo o criticavano la chiesa, esaltando a loro volta i principi protestanti D’altro canto, i cattolici utilizzavano altri mezzi di comunicazione: • Il rito era un mezzo, oltre che un oggetto di dibattito → i cattolici non producevano pamphlet (anche se diedero alle stampe varie Bolle papali e pubblicarono nel 1566 una formulazione ufficiale del catechismo, sulla base delle decisioni assunte nel Concilio di Trento). • Quando usarono il teatro, si rivolsero in genere a un pubblico d’élite invece che popolare • I cattolici continuarono a impegnarsi molto nella produzione di immagini religiose, particolarmente dopo che gli iconoclasti protestanti le avevano distrutte dentro le chiese e fuori, per trasformare l’aspetto dei “luoghi sacri” → davano molta importanza alla retorica dell’immagine, facendo dei quadri e delle statue sacri un mezzo di persuasione più spettacolare. Un fenomeno fondamentale fu la nascita di una stampa periodica non ufficiale, che comprendeva giornali come “The Post Man”, “The Post Boy”, “The Flying Post” e “The Protestant Mercury” → questi giornali avevano più pagine della “London Gazzette”, il giornale governativo, e uscivano con maggiore frequenza, tre volte alla settimana anziché due + fornivano una maggiore quantità di informazioni → furono proprio questi giornali indipendenti a rendere la sfera pubblica temporanea formatasi, permanente, facendo definitivamente entrare la politica nella vita quotidiana di una parte considerevole della popolazione, soprattutto a Londra → anche se in molti erano analfabeti, spesso i giornali venivano letti ad alta voce e discussi nei caffè + la scienza entrò nella sfera pubblica, grazie alle conferenze aperte al pubblico che fornivano notizie sugli esperimenti e le scoperte recenti. Le stampe, quindi, uscivano regolarmente e non più soltanto nei momenti di crisi. Le stampe stimolavano un atteggiamento critico in campo politico colpendo con la satira l’una e l’altra parte (i whigs commissionavano attacchi contro i tories e viceversa + scandali della famiglia reale). TIPOLOGIE DELLA SFERA PUBBLICA In Francia, dopo il 1650, e ancora di più dall’inizio del regno di Luigi XIV, nel 1661, la sfera pubblica francese fu di nuovo ridimensionata. Era un’epoca di grandi letterati, scrittori, drammaturghi e pittori → ciò si deve anche grazie a Jean-Baptiste Colbert (famoso per la sua politica economica ma che svolse anche funzioni sostanzialmente simili a quelle di un odierno ministero della cultura) → costituì e diresse un gruppo di artisti e letterati che dovevano costruire l’immagine pubblica di Luigi XIV: veniva celebrato da arazzi, medaglie, poesie, pitture, sculture, rappresentazioni teatrali ecc. Sui media, in particolare sui libri a stampa, vigilavano gli incaricati della censura = possibilità di una critica pubblica erano ridotte al minimo, anche se le satire contro il re continuavano a circolare clandestinamente (ex: nelle conversazioni personali, nei manoscritti e anche nei testi stampati, introdotti di contrabbando dalla repubblica olandese) → ma a partire dal Settecento, quando i costi, in denaro e vite umane, delle sue interminabili guerre divennero evidenti, cominciarono a farsi sentire le prime voci critiche → nascono due tipi di sfera pubblica: la temporanea (strutturale) e la permanente (congiunturale) Ex: sfera pubblica temporanea o congiunturale = le élite che, in momenti di crisi, chiedevano opinione al popolo, contribuendo alla creazione di una coscienza politica, in un dibattito animato ma breve. Si parla di sfera “semipubblica” = gruppi che, all’inizio dell’epoca moderna come oggi, s’incontravano in case private, club, circoli, salotti culturali o associazioni, allo scopo di discutere, fra gli altri, anche temi di interesse pubblico. → i pamphlet giocano un ruolo fondamentale perché si assicuravano che le rivolte del passato contribuissero a stabilire una tradizione unitaria = anche se dal punto di vista comunicativo non si può parlare di “mondo unitario” (ex: la spinta economica che porta gli europei in Asia e Africa, porta delle conseguenze in Cina e in Giappone → l’editoria e l’industria grafica erano molto più controllate e impedisce la formazione di una sfera pubblica) Nell’Europa occidentale, dai tempi della Riforma in poi, la frammentazione dell’autorità religiosa e politica aveva portato i governi nell’impossibilità di controllare totalmente l’editoria → spinta dagli interessi economici diventa più forte tra Ottocento e Novecento: la stampa diventa una parte di tante tecnologie mediali, verbali e visive, in una cornice più unitaria e globale. ILLUMINISMO IN FRANCIA E IN EUROPA L’Illuminismo francese del Settecento mutò radicalmente gli atteggiamenti verso il passato, il presente e il futuro, e rappresentò la linfa di un movimento europeo di educazione, critica e riforma → i partecipanti prendevano sul serio la metafora della “luce” = luce della Ragione, parola chiave dell’epoca assieme a “critico” e “moderno” → la “battaglia” tra antichi e moderni, i difensori di questi ultimi sostenevano che fosse possibile eguagliare o anche superare le conquiste delle principali figure dell’antica Grecia o della cultura romana, quali Omero, Virgilio e Cicerone. Gli illuministi, fautori delle riforme piuttosto che della rivoluzione, si vedevano come degli educatori (philosophes) e i media per loro sono strumenti indispensabili → si basavano sul pensiero razionale e critico, ma anche sul concetto di “pubblico”. Inizia a nascere il concetto di “mercato”: si stabilisce la distinzione tra librai ed editori, che giunge per la prima volta nel 1755, con la pubblicazione del grande Dizionario di Samuel Johnson → fino a quel momento la parola pubblicare (publish) aveva avuto una connotazione religiosa, evocando soprattutto l’azione di annunciare “liete novelle di grande gioia per tutta l’umanità”. Solo quando la differenziazione tra stampatori e editori cominciò a farsi così netta ed evidente come quella che intercorreva tra i poeti e gli scribacchini che lavoravano a Grub Street, le parole publish e publishing si associarono all’operazione di “far nascere un libro”. In questo movimento ebbero un ruolo fondamentale la pubblicazione de L’Encyclopedie (1751- 1765), fondamentale nella storia della comunicazione, dai pensatori francesi Rousseau, Diderot e D’Alembert → i primi intellettuali senza patroni (gens de lettre = uomini di lettere), o addirittura la prima intellighenzia, in quanto criticavano sistematicamente il regime sotto cui vivevano; cercarono di diffondere ampiamente il proprio messaggio, all’interno della Francia e fuori, tra le donne come tra gli uomini, anche se non tentarono di raggiungere il “popolo” (Voltaire disprezzava la “plebe”) → venivano trattati anche temi sociali ed economici. Questi uomini pensavano e scrivevano all’interno di un sistema in cui la censura funzionava ancora, anche se era più mite di quanto lo fosse stata ai tempi di Luigi XIV. Ex: i periodici non potevano occuparsi di questioni politiche. Alla → si sviluppa la cultura orale dei caffè (o salotti, dove signore aristocratiche organizzavano conversazioni intellettuali) + il teatro (Il matrimonio di Figaro, Beaumarchais), la musica (Fidelio, Mozart), la pittura e gli studi storici erano veicolo di messaggi politici. Alla censura si rispondeva con il contrabbando: i libri venivano sia contrabbandati dall’estero, sia prodotti segretamente in Francia. → per riferirsi a queste pubblicazioni clandestine, i librai francesi usavano la categoria generale “libri filosofici”, in cui rientravano tanto i libri pornografici quanto le opere eretiche e politicamente sovversive. In questi anni in Europa: aumento dei prodotti di stampa = espansione del mercato libraio = crescita dell’alfabetizzazione Ex: in Inghilterra si diffonde la narrativa del romanzo, che portò a un aumento dei lettori e ispirerà anche la produzione cinematografica e televisiva (nel Novecento) Nella prima metà del secolo (1700), nel mondo dell’editoria si verificarono importanti cambiamenti: fece la sua apparizione un periodico importante, il “Gentleman’ s Magazine” (1731), una creazione dello stampatore e libraio Edward Cave che vice molte, e non sempre felici, imitazioni → grazie alla stampa periodica le idee dell’Illuminismo riuscirono a diffondersi con una rapidità e una capillarità superiore a quelle del Rinascimento e della Riforma. Inoltre, ispirerà una gamma di riviste, famose in Germania, con il nome di “settimanali morali” ILLUMINISMO E RIVOLUZIONE Il coinvolgimento del “popolo” nella Rivoluzione Francese fu nello stesso tempo causa e conseguenza del coinvolgimento del media. Sostanzialmente possiamo dire che la stampa fu benefica per la rivoluzione → con la diffusione delle notizie si contribuisce alla formazione di una cultura politica nazionale e alla formazione di una nuova comunità → nel tardo Settecento il governo francese ebbe la necessità di riconoscere un’opinione pubblica a cui rivolgersi, aiutando l’opposizione a rovesciare l’antico regime, estendendo gli ideali illuministi (diritti dell’uomo e ragione) → l’obiettivo era cambiare il sistema, non riformarlo: portò all’invenzione di una nuova cultura politica e alla costruzione di una nuova comunità di cittadini (nasce il “terzo stato”) = ruolo importante dei media in questo processo. → essa però non va sopravvalutata: nel 1789, la maggioranza della popolazione era analfabeta. ➢ Particolarmente importante era invece la comunicazione orale: i dibattiti venivano condotti con una nuova “retorica rivoluzionaria” che faceva appello alle passioni più che alla ragione, affidandosi a ideali e parole come libertà, fraternità, nazione, patria, popolo e cittadino. ➢ La comunicazione visiva (iconoclastia compresa) fu altrettanto importante: la distruzione delle immagini religiose deriva dal fatto che la chiesa era percepita come parte dell’antico regime → si sentì la necessità di trovare un nuovo linguaggio delle immagini che corrispondesse il nuovo sistema (persino i ventagli e i piatti recavano messaggi politici come “Viva il terzo stato”, o le carte da gioco). ➢ La rivoluzione può essere vista come un teatro politico continuo, le cui scene più drammatiche furono le esecuzioni pubbliche di Luigi XVI, di Maria Antonietta e più tardi di rivoluzionari di primo piano come Danton e Robespierre. Venivano anche organizzate feste pubbliche come manifestazione di un processo rivoluzionario. ➢ La mobilitazione consapevole dei media allo scopo di cambiare le idee vigenti può essere definita come propaganda = nata in ambito religioso, per designare la propagazione del cristianesimo, acquisì un significato peggiorativo nel tardo Settecento, quando se ne servirono i protestanti per definire le tecniche della chiesa cattolica. La Rivoluzione francese venne associata all’ideale di “propaganda del patriottismo” → diventa un nuovo fenomeno Secondo Habermas, la rivoluzione in Francia nel giro di poco tempo ciò che in Gran Bretagna aveva richiesto più di un secolo di evoluzione costante = le istituzioni per il dibattito critico pubblico sulle questioni politiche → enfasi dei limiti della “sfera pubblica” francese (in particolare del fatto che le donne ne erano praticamente escluse). I media francesi ebbero un ruolo indispensabile sia nella distruzione delle tradizioni sia nell’invenzione di nuove tradizioni, cioè nel tentativo di creare una nuova cultura politica senza chiesa né re → nasce un nuovo sistema, chiamato “opinione pubblica”. Con l’avvento di Napoleone (1799-1815) si conobbe una sorta di ritorno alla situazione prerivoluzionaria, ma l’impatto dei media diffonde la capacità di riattivare i ricordi del passato rivoluzionario. Inoltre, la rivoluzione diede stimolo alle scienze, compresa quella delle comunicazioni (diventano importanti le figure degli ingegneri, grazie alla promozione della loro formazione professionale). Nello stesso tempo venne proclamata l’universalità (grazie alla dichiarazione dei diritti e l’introduzione del sistema metrico-decimale) DEMOGRAFIA, ECONOMIA E COMUNICAZIONE Il rapporto tra crescita demografica e crescite economico è da sempre stato oggetto di dibattito, poiché deve essere direttamente proporzionale alla crescita delle risorse (per evitare crisi, guerre, epidemie e carestie) → con l’aumento demografico erano necessari dei rifornimenti alimentari: a rifornire l’Europa contribuì certamente anche l’afflusso di grano proveniente dalle pianure USA, reso possibile dai miglioramenti della tecnologia dei trasporti e della conservazione dei cibi, che avevano permesso il trasporto transcontinentale di cibi congelati. Gli effetti demografici dell’industrializzazione avevano radicalmente alterato le strutture della vita familiare (ex. fine del sistema di produzione domestico, lavoro in fabbrica anche per donne e bambini) = in questi anni si ha anche un forte ammassamento degli operai nelle fabbriche (oggetto di studio di Marx). Questa situazione, coronata da un tendenziale spostamento degli abitanti dalle campagne alle città (urbanizzazione), creò una situazione di sovraffollamento di queste ultime e di una forte diminuzione del tenore di vita → nelle città comparirono molte malattie legate alla scarsa igiene. Inoltre, nel corso dell’Ottocento, vennero create molte associazioni di volontari, spesso a sfondo religioso → si interessavano delle condizioni abitative, sanitarie e dell’istruzione dei poveri. Il ruolo del volontariato è importante particolarmente in Gran Bretagna, anche durante il welfare state (nel Novecento) e nel corso della Seconda guerra mondiale. CLASSI E MASSE Volendo riassumere i principali punti si potrebbe dire che la Rivoluzione Industriale e la conseguente industrializzazione delle città provocò: 1. aumento demografico molto forte; 2. spostamento dalle campagne alle città; 3. sovraffollamento delle città, con aumento della povertà e delle malattie; 4. nascita di sostenitori e oppositori dell’industrializzazione (negli oppositori vediamo Marx e Durkheim). = Per Marx l’avanzamento dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione vide lo scontro tra la borghesia e il proletariato. Scrive insieme al suo amico Engels Il Manifesto del partito comunista (1848) → il proletariato faceva parte di quelle che venivano definite “masse”; mentre il termine “classe” venne utilizzato come sinonimo di “rango, ordine”: la classe operaia si differenziava molto dalla classe media, così come gli operai specializzati si differenziavano dagli altri → il Manifesto è una storia di lotta di classe, di sfruttamento, di “egemonia” (termine gramsciano = chi detiene il controllo culturale in una società), di privazione di salario, di povertà. LO SVILUPPO DELLA STAMPA Un passo avanti nella cultura venne fatto con l’invenzione dei telegrafi elettrici. Oltre a questi, si ebbe anche il torchio da stampa a vapore in ferro brevettato in Inghilterra da Friedrich Koenig, che permetteva non solo di risparmiare sulla manodopera, ma anche di tirare mille copie all’ora → più rapido, il giornale poteva andare in stampa più tardi, recando le notizie più recenti. Nella storia della stampa si vede una distinzione, inizialmente inesistente, tra: • tipografi • editori • librai = si ritrovarono a dover dipendere dagli impaginatori per sopravvivere, questi infatti avevano abilità e competenze sufficienti per difendere attivamente i propri interessi. Nasce la “Penny Press” (stampa da un penny) a New York, dove il primo giornale di maggiore successo fu il “Sun” (1833), che nacque dall’iniziativa di un ingegnoso tipografo di annunci di lavoro. Attorno a questi anni, a New York ci sono 12 quotidiani (tra cui il “Tribune”) → nell’Ottocento viene fondato il giornale più famoso ad oggi, il “New York Times”. I LIBRI, I GIORNALI E I LORO LETTORI Nell’Ottocento la forma letteraria più creativa nel campo della prosa fu il romanzo (in inglese novel), nati nel tardo Settecento. Esisteva un intenso movimento, attraverso le frontiere nazionali, di prestiti, traduzioni e variazioni. Si comincia ad ampliare anche la distanza tra giornalisti e autori, come quella tra editori e librai. Tipografi e stampatori ebbero, sul commercio librario, un’incidenza assai minore a quella che vi avevano esercitato nel Sei e Settecento → generalmente, i grandi editori di Londra pubblicavano in genere libri la cui tiratura non superava le mille copie (non erano interessati a un mercato di massa). Il numero delle pubblicazioni economiche popolari, anche raccolte in collane, continuava a crescere e nello stesso tempo si ampliava la possibilità di accedere ai libri nelle biblioteche pubbliche → la prima legge britannica sulle biblioteche pubbliche (1850), trascurata da tanti storici cominciò a dare i suoi frutti due anni dopo, con l’apertura della prima biblioteca pubblica gratuita nelle città di Manchester → alle amministrazioni locali era stata concessa la possibilità di imporre una piccola tassa per finanziare le biblioteche, ma molte di loro si mostravano riluttanti, temendo la reazione sia della classe media sia di quella operaia. Un segnale più importante del potere dei libri fu il successo ottenuto dalla biblioteca creata a Londra da Charles Edward Mudie a Bloomsbury nel 1842. Mudie era giunto a un tale grado di autorevolezza e potere da permettersi interventi censori preventivi sui contenuti dei libri di narrativa → si deve in buona misura a lui la strategia di pubblicare ogni opera in tre volumi, protrattasi per gran parte del secolo. Questa strategia subì diverse critiche da parte degli altri editori, che accusavano Mudie di vendere a prezzi troppo bassi e non concorrenziali, svendendo il prodotto → questa pratica di vendita andava contro le convinzioni vittoriane nei confronti del libero commercio (abolita per legge nel 1852) = i profitti cominciarono a calare nel momento in cui iniziò la produzione di edizioni ancora più economiche subito dopo la prima pubblicazione di un romanzo → Mudie dal 1890 decise di passare alla pubblicazione di romanzi in volume unico, sancendo così la fine di uno dei fenomeni più diffusi e radicati della storia dell’editoria. Nel resto d’Europa le biblioteche pubbliche e le sale di lettura resero libri e giornali accessibili anche a chi non poteva permettersi di acquistarli. Prima della sua fine, la vendita in tre volumi era comunque divenuta uno standard (i volumi non erano tutti di uguale lunghezza) e questa offerta era molto di più di quello che un gran numero di potenziali lettori potesse sostenere → ma l’Europa risulta ancora avere dei tassi di alfabetizzazione non molto alti: solitamente le persone istruite leggevano libri a buon mercato, non cimentandosi troppo nella lettura di romanzi o, più in generale, libri troppo complessi. In questo periodo viene anche inventata la narrazione seriale in Inghilterra = identificata con la parola feuilleton, usata proprio per definire i vari episodi di un romanzo pubblicato a puntate in un’apposita sezione del giornale, accanto ad annunci e critiche teatrali, ricette di cucina e articoli di politica camuffati da letteratura. LE GRANDI ESPOSIZIONI La prima esposizione mondiale fu inaugurata nel Crystal Palace in Inghilterra, durante il regno del principe Alberto → celebrazione dei risultati raggiunti dalla scienza e dall’industria in tutto il mondo = occasione per un grande aggiornamento d’inventario → il palazzo venne progettato da Joseph Paxton, figlio di un giardiniere. L’esposizione attirò sei milioni di visitatori, ed era stata pensata per informare e educare, per esempio presentando l’ultimo mezzo di comunicazione: il telegrafo. Altro paese in cui si tennero esposizioni importanti furono gli USA, con il Centenario a Philadelphia nel 1876 e la Columbian di Chicago nel 1893 → nel susseguirsi delle diverse esposizioni si notano connessioni molto significative tra la “grande arte” e il commercio. IL CONSUMO Questa è anche un’epoca di consumo: a metà Ottocento, Parigi è il luogo di nascita dei grandi magazzini (che più tardi furono ovunque un fenomeno tipico della grande città) = luoghi dove spendere il denaro, ma anche dove passare il tempo. Tali grandi magazzini andarono a sostituirsi ai negozi tradizionali, che riuscirono a sopravvivere solo nei paesi, dove la loro collocazione aveva la stessa importanza di quella dei magazzini delle grandi città. DAL VAPORE ALL’ELETTRICITA’ Nell’Ottocento inizia il processo di elettrizzazione: è l’epoca delle invenzioni, con Swan (1878) e Edison (1879) che inventano la lampadina. Ormai era divenuto possibile portare l’elettricità nelle case private e nelle strade, dove le lampade erano già state usate (Parigi). Per diffondere l’illuminazione elettrica si necessitava comunque di strutture grandi e costose → dovevano essere costruite centrali di produzione e smistamento dell’elettricità (ex: In Gran Bretagna, la prima fu la North Eastern Electricity Supply Company, nata a Newcastle, nel 1882) → rese possibile anche la sostituzione delle lampade a gas con quelle elettriche per l’illuminazione stradale e fornì luce elettrica. La Germania introdusse per prima nelle strade di Berlino il suo primo tram elettrico. Prima del 1900 in Gran Bretagna c’erano già 61 città o cittadine che disponevano di un sistema tranviario elettrico. L’elettrificazione della linea metropolitana di Londra fu completata proprio nel 1900. Dal 1890 l’elettricità comincio a essere uno dei temi preferiti di una produzione letteraria sempre crescente, narrativa tecnica e fantasiosa, specialistica e popolare.
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