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La Crisi e la Letteratura: Moravia e Morante negli Anni 20 e 30, Appunti di Letteratura Italiana

La condizione di crisi posta sotto etichetta negli anni 20 e 30 e come essa influenzò la scrittura di Moravia e Morante. della loro unione sentimentale, la loro generazione, e i loro romanzi significativi come 'Gli indifferenti' e 'La ciociara'. Moravia e Morante, entrambi ebrei, furono costretti a lasciare Roma dopo l'avvento del fascismo. Il documento illustra come la crisi era diventata una condizione costitutiva della realtà per i scrittori e come essa si riflettesse nelle loro opere.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 24/11/2022

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Scarica La Crisi e la Letteratura: Moravia e Morante negli Anni 20 e 30 e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! INTRODUZIONE AL REALISMO CRITICO E NEOREALISMO Il comune denominatore che lega le varie esperienze dell’epoca è la coscienza crisi. Questa condizione viene indicata da Ferroni Realismo critico (borghese da Luperini). Negli anni 20 e 30 la condizione di crisi viene posta sotto questa etichetta. Ferroni parlerà per gli anni 20 e 30 di realismo critico ma non solo per metterne in risalto quello che è già nelle cose ma c’è una sfumatura in più nella nozione di realismo critico. Cioè egli pone in risalto una nozione della realtà di cui la crisi che era maturata anni prima era diventata la condizione costitutiva della realtà. L’accezione di realismo critico non riguarda solo scrittori che criticano le storture della società ma è una nozione per la quale la realtà stessa ha la crisi come condizione costitutiva con cui gli scrittori devono confrontarsi. È una nozione attuale che non ha confini cronologici. Le scelte di chi scrive: quasi sempre al centro di chi sceglie di scrivere con questa istanza c’è il porre in risalto le urgenze più critiche della realtà. Affianco alla nozione di realismo critico ferroni accosta l’altra importante cioè il neorealismo. Il neorealismo è un orientamento che interessa la cinematografia, l’arte, la letteratura e si lega all’immediato dopoguerra. Al centro della narrativa, della cinematografia, c’è il tema della resistenza soprattutto. Il termine neorealismo connota forme artistiche che s’ispirano alla resistenza, il secondo dopoguerra, il protagonismo popolare della resistenza. Espressioni significative ne sono romanzi come L’Agnese va a morire di Renata Viganò; dal punto di vista cinematografico film come La ciociara, ispirata al romanzo di Alberto Moravia. ALBERTO MORAVIA Egli ci prepara all’incontro con Morante, poiché hanno condiviso un unione sentimentale, sono stati sposati per 20 anni. Il loro fu un sodalizio intellettuale, affettivo, molto tempestoso, però segnato da una forte intesa artistica e affettiva. La loro unione si chiuderà con l’abbandono di Moravia della loro abitazione in cui vivevano e di lì a poco Moravia avrà poi un rapporto con Dacia Maraini. Moravia e Morante avevano nella famiglia una componente ebraica forte, per cui entrambi dopo il ’43, saranno esortati a lasciare Roma. In particolare Moravia, che rispetto alla Morante, aveva ritagliato per sé un ruolo pubblico molto più forte (la Morante fu sempre più ritrosa rispetto alle occasioni di modalità letteraria, aveva un carattere più spigoloso): egli teneva moltissimo alla ribalta pubblica. Nel 43 a Moravia viene consigliato di allontanarsi da Roma. Inizia un lungo pellegrinaggio (di cui la morante non racconta quasi nulla), che conosciamo attraverso i racconti di Moravia, emblematici nei dettagli della diversità enorme del loro vivere. Moravia racconta uno degli aneddoti, cioè il racconto della clandestinità che li portò a stare spesso rifugiati nelle stalle dei contadini. Moravia racconta come in una di queste permanenze un contadino portasse loro, la mattina, un secchio d’acqua gelata e lui commenta di non aver mai avuto il coraggio nemmeno di intingere un dito, in quell’acqua gelida e di come invece Elsa lo prendesse con due mani e se lo rovesciasse tutto addosso. Un aneddoto che sembra una sciocchezza ma non lo è perché pone l’accento sulla diversità sostanziale tra egli e morante. Moravia appartiene alla generazione di caproni e morante, stesso contesto. Egli ha una vita lunghissima muore negli anni 2000 attraversando le fasi più diverse della storia del nostro paese. Nell’ultima fase della sua vita fece parte del parlamento europeo. Fu un grande viaggiatore, un vorace predatore della vita e teneva molto ad affermare la sua presenza anche nella vita pubblica, al contrario di morante. L’assolutezza delle sue battaglie la combatteva soprattutto con se stessa, nel vivo della sua scrittura, anche scontrandosi duramente con la contemporaneità ma in un modo diverso: il protagonismo non le apparteneva mai. 1° Momento importante a cui si lega il romanzo Gli indifferenti: che è l’insegna del realismo critico degli anni 20 e 30, ne è l’espressione esemplare. Pubblicato nel 1929. 2° Momento importante, legato agli anni del neorealismo: con romanzi come La ciociara e La romana degli anni 40 (fase neorealista) caratterizzati da un certo protagonismo popolare con delle donne che lottano per la difesa della dignità umana nella 2° guerra mondiale 3° Momento importante: anni 60 romanzo La noia. Al centro del romanzo c’era la crisi di una ricostruzione che dopo aver vantato il progresso dimenticava gli individui. È un romanzo centrato sulla difficoltà di instaurare rapporti autentici. Il protagonista del romanzo non riesce ad instaurare rapporti con la donna che pensa di amare, in realtà il loro si riduce ad un rapporto fisico, talvolta segnato dalla mercificazione. Vi è anche un piccolo romanzo del 43: è un romanzo di formazione, tema forte degli anni. GLI INDIFFERENTI ROMANZO Il titolo eloquente: al centro di tutto il romanzo c’è uno stato di estraneità rispetto alle pulsioni della vita che ruoto solo intorno ad una quotidianità grigia, opaca, segnata dalle stesse abitudini e governata solo da logiche economiche, per cui i rapporti umani ruotano tutti intorno a una specie di grande recita e finzione. Tutto ciò ricorda svevo. L’indifferenza e Moraviana è come se si iscrivesse nel solco dell’inettitudine Sveviana, dei suoi primi personaggi. In questo romanzo c’è moltissimo di Emilio Brentani: sospetta e comprende la situazione di squallore in cui vive ma non ha le armi per poterla modificare. Il romanzo ci ricorda senilità e sembra riproporre lo stesso impianto del romanzo senilità: di fatto non ha un intreccio, una grande storia e tanti personaggi ma è tutto centrato su una famiglia piccolo borghese. È il ’29, siamo in piena ascesa del fascismo e deriva totalitaria. Il romanzo di Moravia, come dice Salvatore Battaglia, “affonda con il suo trapano freddo”, sottolineando la capacità di penetrazione degli aspetti più crudi di quella realtà ma anche fredda per dire controllata. Moravia rappresenta una condizione desolante dei tratti peggiori della borghesia fascista del tempo tra cui proprio l’assenza assoluta di dibattito vitale: è come se fossero narcotizzati questi personaggi. E anche chi tra loro ne ha accortezza, soffre perché impotente. I personaggi principali sono Mariagrazia (vedova appartenente a questa borghesia), i suoi due figli Michele e Carla e il personaggio più squallido di tutti Leo Meuneci, un’arrivista senza scrupoli che circuisce Mariagrazia perché ne coglie tutta la fragilità. È una donna che sta invecchiando, ci ricorda molto la vecchia signora imbellettata che cerca in ogni modo di mostrarsi giovane. Non contento Leo, insidia la figlia Carla. Vi è uno squallore etico che governa questa figura. Michele è l’altro figlio, un personaggio impotente e rivoltato. Impotente lo è senz’altro, i suoi gesti sono tutti mancati, più li progetta più essi non si concretizzano (in piena linea con gli atti mancati dei personaggi sveviani). Ma egli siccome è consapevole dello squallore, dell’indifferenza in cui versa, è in una costante ribellione: ma è un tumulto che non approda mai ad esiti decisivi. Persino quando carica la pistola vuole uccidere Leo ma si accorge che la pistola è scarica. Attraverso i passi che Moravia costruisce su Michele abbiamo la percezione dell’indifferenza. GENESI DEL ROMANZO DALLA VOCE DI MORAVIA (INTERVISTE) In una delle tante volte in cui gli si chiedeva di raccontare quest’esordio pone l’accento su uno degli argomenti a cuore di de Roberto cioè il tempo dello scontento universale. Negli anni 20\30 ratifica la stessa situazione: il rapporto tra gli uomini basato sull’etica si era interrotto. L’uomo si era trovato incapace di stabilire un rapporto qualsiasi con il proprio mondo, diventato oscuro e inesistente. È un passo che spiega il realismo critico. PASSO ROMANZO Il personaggio si vede vivere= riferimento a Svevo. Il personaggio è come se fosse sempre strano. Egli si guarda intorno e la attorno a lui gli propone negozi, donne, traffico, la pubblicità: l’affiorare di una società consumistica quella borghese degli anni del fascismo. Ma lui per quanto guardasse, non si interessava. Tutto rimane distante. È importante il passo che è da sottolineare perché è la fenomenologia delle indifferenze. È questa l’indifferenza. Un lessema ripetuto sin dall’inizio è Angoscia. Il lessema si ripropone molte volte in più rispetto alla parola indifferenza\indifferente. La condizione fondante e questo senso di pressione è ben descritto. È come se ci fosse un crescendo dentro lui. E tutto culmina in una disperazione furiosa e senza illusioni che ricorda la disperazione calma e senza sgomento di caproni. La disperazione qui è furiosa perché il personaggio è in piena rivolta ma è senza illusioni perché Michele è rivoltato ma resta impotente, non può cambiare la condizione che conosce sino al midollo. Invece nel caproni del ’65 questa disperazione rimane, c’è sempre un accoramento doloroso. Nelle due frasi dei due scrittori c’è anche una stessa sintassi ma la declinazione aggettivale è diversa. Alla fine dell’immagine 3 notiamo un evidente ritmo anaforico, ma anche un climax ascendente. Il movimento è circolare e anche improduttivo ecco perché Moravia diceva che quando ha iniziato a scrivere voleva fare una tragedia ma si è accorto che con questo squallore non poteva…da lì infatti questo simulare movimento tragico che poi mostra tutta la sua impotenza. Troviamo un lessema che ci fa ricorda il romanzo con gli occhi chiusi= paura di guardare e di vedere. se lei riuscisse a farsi certi dolori più amici. Nello sciale andaluso, ultimo di questi racconti ci mostra un Andrea che nella transizione all’età adulta affronterà la disillusione (che passa attraverso il ridimensionamento della figura materna, nel caso dell’isola di Arturo sarà il padre) ma ciò non lo schiaccia ma lo fa vivere più mesto e disincantato però la transizione si compirà. Volutamente lei li dispone in ordine cronologico perché in questo modo vuole dimostrare che certi temi che ha nutrito per tutta la vita e che continua a nutrire, nel tempo hanno avuto una trasposizione diversa nella scrittura dei racconti: all’inizio molto più sofferta, turbata e contaminata da una dimensione surreale onirica; i primi racconti sono tutti stemperati tra la veglia e il sonno ma piano piano la scrittura riesce a farsi certo dolore più amico ma non sparisce. È l’approdo ultimo che dà il titolo a tutto il racconto. Secondo momento del percorso morantiano: comincia a volere fare i conti anche con la società contemporanea, società degli anni ‘60 che inclinava verso un nuovo consumismo, una società contro la quale la Morante si scaglia in modo vigoroso nella conferenza “pro o contro la bomba atomica” del 1965 da qui seguiranno “il mondo salvato dai ragazzini” con l’edizione prima del ’68 poi del ’71, in cui c’è l’invenzione del rapporto tra i felici pochi e gli infelici molti (coloro che non vedono al di la del proprio naso, coloro che vivono solo ed esclusivamente confinati dall’utile, coloro che nelle forme sociali più deviate hanno portato agli orrori). Contro gli infelici molti si muovono i felici pochi che non posseggono nulla, dei li definisce “accidenti fatali dei moti perpetui”. Tra i felici pochi fanno parte Giovanna D’arco, Giordano Bruno, Gesù; tutti coloro che hanno dato la fisicità per un ideale altissimo, persone che sono state schiacciati fisicamente ma i cui ideali riecheggiano ancora. La parabola morantiana si chiude con il romanzo “la storia” pubblicato nel 74 ma si ispira ad al tema della Seconda guerra mondiale. La storia di piccoli uomini, la piccola maestra… L’ultimo romanzo è “Aracoeli” testo in cui si riaccendono i turbamenti più forti. PASSO TRATTO DA IL DIARIO DEL ‘38 Il diario è uno scritto privato e non pubblicato. È un momento in cui la Morante analizza strane analogie tra il mondo del sogno e quella della creazione artistica. Troviamo una riflessione creativa, leggera, già legata all’arte. “che miracolo il sogno, ora capsico da dove è nata la grande rosa cattedrale del muro. Il grande edificio, la cattedrale è l’emblema di ciò che significa per lei creazione artistica. La scrittura è narrativa in sé, torna la suggestione del fiabesco (il sogno). Come diceva Saba un sogno ovviato ma esso spinge verso gli indicibili cammini che esso schiude. “tutto l’inventare è ricordare”, (Svevo le implicazioni creative della memoria). PASSO TRATTO DA IL DIARIO DEL ‘38 Qui troviamo i turbamenti profondi. Questa pagina condensa i turbamenti violenti espressi con una carica espressionista della scrittura, aggettivi ecc. che nel tempo si andrà stemperando. PASSO TRATTO DA LO SCIALLE ANDALUSO La Morante per tutta la vita tenne desto il rapporto con i suoi lettori, come Saba “amo te che mi ascolti e la mia buona carta lasciata al fine del gioco”. Per la morante scrivere pensando a qualcuno che ascolta fu una costante per la vita. Per rendere questa interlocuzione si serviva moltissimo dei paratesti: note introduttive, prefazioni, postfazioni e note biografiche che lei scriveva di suo pugno. Attraverso esse intrattiene un dialogo con il lettore che non si interrompe mai e verso la fine si accentua. “Per quanto creda di inventare, ogni narratore, pure nella massima oggettività, non fa che scrivere sempre la sua autobiografia. Anzi, non sono le cronache esterne della sua vita, ma proprio le sue invenzioni che spiegano il tema reale del suo destino. Lo spiegano, magari, a sua insaputa: e con suo stupore, o negazione, o scandalo”.  È una nota introduttiva. Dice che qualunque scrittore comunque narra la sua autobiografia perché vuoi o non vuoi in quello che scrive ci sono gli elementi fondanti del suo destino a volte anche quando non lo sa. “Quando poi si tratta di un autore precoce (nel quale, cioè, è quasi innata l'identificazione della poesia con la realtà) si può scoprire curiosamente che, mentre si credeva ancora ignorante del proprio destino umano, lui, fino dai primi scritti, ne andava già raccontando tutta la storia. Credeva di correre per una regione fantastica; e invece esplorava l'unica e originale realtà: dove il passato e il futuro sono contemporanei e ogni evento è naturale”. Parla in terza persona ma in realtà parla di lei. C’è il prodigio della scrittura che fonde passato, presente ecc. da cui può provenire di tutto. La scrittura è un luogo di libertà. “E forse il solo progresso che gli sarà dato con l'età matura, sarà la coscienza di questa realtà incredibile. È un passaggio difficile, al quale certuni addirittura non sopravvivono. A ogni modo, è il rischio necessario di una grande avventura. Dei moltissimi racconti scritti nella sua vita Elsa Morante presenta qui una scelta disposta in ordine cronologico, sono i successivi capitoli della sua grande avventura.  Lungo questa inquieta vicenda predestinata, i lettori di "Menzogna e sortilegio" e dell'"Isola di Arturo", della "Storia" e di "Aracoeli", potranno seguire, meglio ancora che nei romanzi, il tema drammatico e affascinante che sempre ha accompagnato Elsa Morante”. È chiara: lo fa perché convinta che chi la vuole conoscere veramente, attraverso i racconti capiranno meglio. Lo definisce il tema drammatico e affascinante che sempre la accompagna. “Non per niente la raccolta prende il titolo dal breve romanzo finale "Lo scialle andaluso". Questo, infatti, sta qui a significare, ancora una volta, la leggenda variopinta, barbara e luminosa della vita, che necessariamente incontra il rischio mortale della coscienza". L’infanzia diventa una leggenda variopinta, barbara, selvaggia luminosa. Nessuno può sottrarsi a quest’incontro. C’è un momento in cui devi per forza mediare con le illusioni dell’infanzia. “rischio mortale”, non tutti devono essere schiacciati, anzi c’è chi invece riesce a compiere il percorso, come Saba, e riuscire ad essere ancora leggeri. Piccole note biografiche: “la biografia di Elsa è troppo folta…ella non crede all’età anagrafica (riferimento ai ragazzini) …in tutto il mondo”. immagine di lei a Capri, Procida, zona delle isole importanti nella sua biografia. L’isola di Procida è lo scenario dell’isola di Arturo. Arturo che mitizzava il padre… Spesso faceva comparsa nei film di Pasolini. I gatti sono protagonisti dei suoi racconti, ci sono componimenti dedicati. Aveva una forma di simbiosi con alcuni gatti in particolare. INCIPIT DISCORSO CONTRO LA BOMBA ATOMICA All’inizio del discorso ribadisce che l’arte è il contrario della disintegrazione. Questo vale ancora e soprattutto oggi, semplicemente perché la ragione propria dell’arte, la sua gratificazione, il solo suo motivo di presenza e sopravvivenza o se si preferisce…la realtà è sempre una. COPERTINA IL MONDO SALVATO DAI RAGAZZINI Reca questo titolo quando diventa un’opera nel suo insieme ma all’inizio era la canzone dei felici pochi e felici molti (‘68). Pasolini la recensisce mostra tutta l’innovazione. Uno degli articoli più illuminanti è quello di Cesare Garboli con il titolo di “oppressi e felici”. I felici pochi non sono mai i vincenti, i potenti, coloro che hanno un rilievo dominante negli assetti sociali, ma sono gli oppressi di tutte le violenze e ingiustizie. Questa copertina è di Bill Morrow, un’artista della “bit generation” che diventa uno dei suoi amori viscerali dopo che la Morante si separa definitivamente da Moravia. La sua morte tragica la schiaccia ulteriormente. Una parte si intitola “addio” proprio da questo dolore personale. Le due copertine delle due edizioni, ’68 e ’71, recano un’effigie di Bill Morrow. CONFERENZA CONTRO BOMBA ATOMICA DEL ‘65
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