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Giovanni Giolitti: Il Politico Neutrale Tra Operai e Datori di Lavoro, Appunti di Storia

Giovanni giolitti, figlio di umberto i, succedette al trono in un tragico momento e accettò le elezioni del 1900, affidando il governo al giurista zanardelli. Successivamente, giolitti assunse la direzione del governo nel 1903, dimostrando un atteggiamento liberale verso le classi operaie. La sua politica di neutralità tra operai e datori di lavoro lo rese oggetto di critiche, ma permise anche ai lavoratori di fare politica e portare i loro rappresentanti in parlamento. Giolitti favorì il miglioramento dei salari e la produzione economica, e presentò un nuovo corso nella politica estera, scostandosi dalla politica di crispi. La sua occupazione dei territori dell’impero turco determinò una grave crisi nel socialismo e diede slancio al nazionalismo.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 02/11/2022

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giulia-moro-10 🇮🇹

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Scarica Giovanni Giolitti: Il Politico Neutrale Tra Operai e Datori di Lavoro e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Giovanni Giolitti Ad Umberto I successe il figlio Vittorio Emanuele II. Questi, divenuto re in un tragico momento, si rese conto che non si poteva continuare una politica reazionaria: occorreva ritornare al rispetto delle libertà garantite dalla costituzione. Per questo accettò il risultato delle elezioni stolte nel 1900 affidando l’incarico per un nuovo governo il giurista Zanardelli, esponente della sinistra liberale, progressista favorevole ai miglioramenti della classe lavoratrice. Nel 1903 successe alla direzione del governo Giovanni Giolitti, un altro liberale di sinistra che aveva una lunga esperienza amministrativa e che, esclusi brevi periodi, rimase al potere fino alla vigilia della prima guerra mondiale. Giovanni Giolitti era stato presidente del Consiglio tra il primo e secondo governo Crispi: già in quell’occasione aveva dimostrato un atteggiamento liberale nei confronti delle classi operaie: perciò era stato fulcro di più critiche da parte dei sostenitori di Crispi, dal quale divergeva non essendo dedito all’estremismo nazionalistico. Tornato a capo del governo, Giolitti si dimostrò un uomo politico saggio, capace di saper cogliere le opinioni della società. La sua posizione di neutralità nella lotta tra operai e datori di lavoro lo fece oggetto di dure critiche: fu accusato di essere un conservatore dagli operai, egli in effetti si limitò a far rispettare l’ordine pubblico, tralasciando la soluzione dei contrasti. Era infatti convinto che non si potesse guardare con fiducia al futuro se la maggioranza dei lavoratori del paese era in miseria. Ma in questo atteggiamento c’era anche un calcolo politico: inserire il partito socialista nella responsabilità della vita politica, togliendogli potere rivoluzionario proveniente dalle masse lavoratrici. Egli quindi invitò al governo uno dei capi socialisti, Filippo Turati ,il quale non accettò per il timore di rompere l’unità dei socialisti. I socialisti pur non partecipando al governo, non mancheranno a dare il loro appoggio alla politica giolittiana, la quale consisteva nella promozione di una legislazione sociale nel tentativo di eliminare le rimosse operaie, che i conservatori avrebbero voluto sedare con la forza, alla maniera di Crispi. Nei suoi dieci anni di governo Giolitti permise anche ai lavoratori di poter fare politica e di portare in parlamento i loro rappresentanti, essendo una politica costruita sulla richiesta della collaborazione governativa da parte di tale classe (P. Togliatti, Momenti della storia d’Italia), la sua azione allora passò con l’etichetta di apertura a sinistra. La politica sociale di Giolitti, considerata più importante delle questioni politiche dallo stesso, come ci illustra Mack Smith ne la Storia d’Italia dal 1861 al 1958, favorì il miglioramento dei salari, che determinarono una maggiore possibilità d’acquisto delle classi lavoratrici che poterono indirizzarsi verso nuovi beni di consumo, incrementando la produzione. Il nuovo slancio economico non fu solo merito della politica di Giolitti, per esempio lo sviluppo agricolo incrementò dopo gli anni negativi della battaglia doganale. Come anche sosteneva lo storico Benedetto Croce secondo il quale, nella Storia d’Italia dal 1871 al 1915, tale fioritura economica garantì maggiormente l’opera legislativa e amministrativa giolittiana, il che non era poco viste le condizioni progressive nel resto d’Europa in quel tempo. Anche nella politica estera Giolitti presentò un nuovo corso, scostandosi notevolmente da quello tenuto da Francesco Crispi, che aveva concentrato il suo operato sull’appoggio alla triplice alleanza. La sconfitta in Africa aveva reso necessario il consenso inglese e francese ad ogni iniziativa di politica estera. Un’ azione più libera nei confronti della triplice alleanza permise un accordo con la Francia, ponendo fine alle restrizioni doganali. Fu proprio il buon rapporto con la Francia e l’Inghilterra che permise a Giolitti l’occupazione dei territori dell’impero turco, nonostante sia contrario alle imprese coloniali. Quando però la Francia nel 1911 dette inizio alla conquista del Marocco, il governo dichiarò guerra alla Turchia nella primavera del 1912. Alcuni giorni dopo le truppe italiane forzarono lo stretto dei dardanelli, bombardando alcuni forti turchi. Perciò la
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