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Il Neorealismo Nelle Opere Di Alberto Moravia: Gli Indifferenti E La Ciociara, Appunti di Letteratura Italiana

Gli IndifferentiNeorealismoStoria della letteratura italianaAlberto Moravia

Alberto Moravia, autore borghese, nel romanzo 'Gli Indifferenti' unisce sperimentalismo, psicanalisi e surrealismo, anticipando il neorealismo degli anni '30. In 'Gli Indifferenti', i fratelli Carla e Michele, privi di emozioni, sono oppressi dalla noia e dall'indifferenza di fronte al declino della loro famiglia. 'La Ciociara', ispirato a una storia autobiografica, racconta di Cesira, una contadina onesta ma attaccata ai beni materiali, e di sua figlia Rosetta, che cambia a causa della violenza della guerra. Michele, l'unico personaggio idealista, si sacrifica per gli altri e viene portato via dai tedeschi in ritirata.

Cosa imparerai

  • Quali sono le caratteristiche del neorealismo nel romanzo?
  • Quali sono i temi principali del romanzo Gli Indifferenti?
  • Come si può interpretare il titolo Gli Indifferenti?

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 07/02/2018

valearm
valearm 🇮🇹

4.6

(8)

9 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il Neorealismo Nelle Opere Di Alberto Moravia: Gli Indifferenti E La Ciociara e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Alberto Moravia CONTESTO LETTERARIO Accanto alla rinascita del romanzo, che negli anni 20 sembrava ormai finito, ma che riprende negli anni 30, si sentiva la necessità di rappresentare la realtà, ovvero di un romanzo realista; romanzo che però non sarà più quello dell’Ottocento, oppure il romanzo naturalistico francese o il verismo italiano. Il romanzo, pur prendendo come oggetto della narrazione la realtà (quindi parlando di classi contadine, operaie ecc), utilizza uno stile ed una tecnica moderna avvalendosi delle innovazioni del grande romanzo europeo. Avremo dunque l’impiego della psicanalisi, oppure di certe forme simboliche, una ricerca di tipo sperimentale ecc. È così che nasce il nuovo romanzo realista. Questo neorealismo non nasce, come si può pensare, nel secondo dopoguerra, ma agli inizi degli anni ’30: alcuni critici notarono che c’era una rinascita del romanzo, come già detto, soprattutto realistico, ma che a questo venivano affiancati elementi particolari, come lo sperimentalismo, le nozioni di psicanalisi, il surrealismo ecc. Così nacque il romanzo realistico nuovo, il “neorealismo”, per l’appunto. Il neorealismo degli anni ’30 (differente da quello poi nato nel ’43), non era una tendenza di gruppo, bensì un atteggiamento, un’esigenza, una scelta poetica di molti autori con caratteristiche differenti. Moravia, ad esempio, rappresenta nei suoi romanzi il nuovo realismo borghese. BIOGRAFIA Il primo a scrivere un romanzo di tipo realistico è Alberto Moravia nel 1929 con Gli indifferenti (la professoressa ritiene sia il più bel romanzo di Moravia!). Moravia proveniva da una famiglia alto-borghese romana, ricca, ma aveva alle spalle un’infanzia e un’adolescenza difficili a causa di una grave malattia, la tubercolosi ossea, che lo costrinse a passare molti mesi in sanatorio. Riuscì infine a guarire dalla malattia, ma questa lo lasciò storpio. INTERNET Alberto Pincherle, vero cognome di Moravia, nasce nella capitale il 28 Novembre 1907 dall’unione tra Carlo Pincherle, un benestante ebreo veneziano, e Teresa Iginia De Marsanich, cattolica, anconetana e di estrazione sociale decisamente più umile. All’età di soli nove anni, nel 1916, il piccolo Alberto si ammala gravemente di tubercolosi ossea, da cui riuscirà a guarire definitivamente solo verso la maggiore età, e non senza strascichi. La malattia lo costringe a letto per cinque lunghi anni, due dei quali trascorsi nel sanatorio dell’Istituto Codivilla di Cortina D’Ampezzo. L’infanzia di Moravia è dunque molto diversa da quella degli altri coetanei; la sua condizione di salute lo impedisce anche negli studi (dalla seconda media alla quinta ginnasio viene seguito privatamente a casa) e il diploma del ginnasio rimane l’unico attestato scolastico ottenuto dallo scrittore. Il riposo e l’immobilità forzata creano però l’occasione per il giovane Moravia di potersi dedicare molto a lungo alla lettura, e trova particolare ispirazione in Dostoevskij. Durante il ricovero all’Istituto Codivilla Moravia amplia la sua conoscenza delle lingue, aggiungendo alla padronanza del francese quella dell’inglese e del tedesco. Le cure hanno l’effetto sperato e il giovane viene dimesso nel 1925 e trascorre un periodo di convalescenza a Bressanone, durante il quale inizia la stesura de Gli indifferenti, e torna poi finalmente nella città natia. Qui comincia a frequentare gli ambienti intellettuali romani, dove conosce, tra gli altri, Corrado Alvaro, ai tempi segretario di redazione della rivista «900», di cui erano direttori Curzio Malaparte e Massimo Bontempelli. Su questa rivista pubblica nel 1927 una novella dal titolo Cortigiana stanca. Nel 1928 conclude la stesura de Gli indifferenti, e lo pubblica l’anno seguente con la casa editrice Alpes, ma pagando di tasca sua, grazie all’intervento paterno. Il romanzo riscuote immediatamente un successo clamoroso, e Moravia s’impegna subito in un altro progetto letterario, Le ambizioni sbagliate. Dopo un’intensa ma sfortunata storia d’amore con una certa France, rampolla di una ricca famiglia d’industriali, Moravia scrive la novella Inverno di malato, ispirata alla sua esperienza in sanatorio. Nel 1930, ormai divenuto un habitué dei salotti romani, inizia a collaborare con «La Stampa», quotidiano diretto all’epoca da Malaparte, e si reca come inviato in Inghilterra, dove soggiorna fino all’inverno dell’anno seguente. Nel 1935 viene finalmente pubblicato da Mondadori, dopo anni di revisioni da parte dell’autore, Le ambizioni sbagliate, che non ha lo stesso riscontro di pubblico suscitato da Gli indifferenti. Sempre nel 1935, in cerca di una via di fuga dalla frustrazione della censura e dal flop dell’ultimo romanzo, decide di recarsi in America, invitato da Giuseppe Prezzolini a parlare alla Casa Italiana della Columbia University di New York, dove si ferma per cinque mesi. Continua la collaborazione con varie testate italiane, cui venderà molti articoli sull’esperienza americana. Nel frattempo continua a scrivere novelle e racconti lunghi che confluiscono ne L’imbroglio, e nel 1936 conosce Elsa Morante. Nel 1939 va a vivere con lei a Capri dove, per cercare di sfuggire alla censura fascista, scrive racconti fortemente allegorici, tra cui I sogni del pigro e L’epidemia. La stretta del regime si abbatte intanto sempre più violenta su di lui, in quanto scrittore di origine ebraica. Nel 1940 inizia a concentrarsi su un nuovo romanzo, La mascherata, che non supera però i controlli della censura e viene ritirata dalla stampa, e l’anno successivo sposa la Morante a Roma con rito cattolico. Inoltre viene proibito allo scrittore di firmarsi sui giornali e gli viene imposto di adottare uno pseudonimo: la scelta di Moravia cade su “Pseudo”. Nell’estate del 1942, mentre si trova nuovamente a Capri, scrive Agostino, anch’esso bloccato però dall’azione di regime. Dopo l’armistizio la situazione per Moravia diventa molto pericolosa, e scappa con la Morante verso il Sud Italia. Nel 1944 Bompiani pubblica L’epidemia e Agostino. Nel 1945 inizia a lavorare a La romana, che ha un successo pari solo a quello de Gli indifferenti. Nel 1947 conclude il romanzo La disubbidienza. Nel 1948 viene pubblicato dell’«Europeo» il romanzo breve L’amore coniugale. Nel 1951 viene pubblicato Il conformista, che riceve però un'accoglienza fredda da parte del pubblico. L’anno successivo viene pubblicato un volume dal titolo Racconti che, messo all’Indice dalla Chiesa perché scandaloso, vince per protesta il Premio Strega. Nel 1954 vedono la luce i Racconti romani, e nello stesso anno al "Piccolo Teatro" di Milano viene rappresentata La mascherata, sotto la direzione di Strehler. Nel 1957 esce La ciociara. Nel 1960 pubblica La noia, mentre Edoardo Sanguineti compone la prima monografia critica dedicata a Moravia. Nel frattempo nel 1962 Moravia si separa dalla Morante ed inzia una relazione con Dacia Maraini. Nel 1965 pubblica L’attenzione. Nel 1978, dalla penna di un Moravia profondamente colpito dagli avvenimenti italiani di quegli anni, nasce La vita interiore. All’inizio degli anni Ottanta pubblica La cosa, dedicato alla sua nuova compagna, Carmen Llera. Gli ultimi anni vedono lo scrittore impegnato nell'attività giornalistica e nella campagna per l'abolizione degli armamenti atomici. Nel 1990 Moravia si spegne nella sua città, Roma. GLI INDIFFERENTI Dopo le esperienze passate in infanzia e adolescenza, crebbe in Moravia una grande voglia di vivere e soprattutto di lavorare, di scrivere. I suoi studi furono perlopiù privati e da autodidatta, ma nonostante questo, nel corso degli anni 20, mentre è in sanatorio, Moravia lesse moltissimo (vedi in biografia) e da qui iniziò a progettare una sua opera. Scrisse anche dei racconti, ma soprattutto desiderava diventare un autore teatrale. Gli indifferenti infatti nacque, nel progetto di Moravia, come un dramma teatrale, ma invece fu destinato a diventare un romanzo; è dunque un romanzo realistico, ma con una struttura ispirata al teatro. Il romanzo era piuttosto scabroso (NB: in quell’anno si arriva al concordato tra la Santa Sede e lo Stato italiano) e raccontava di una “buona” famiglia borghese. TRAMA WIKIPEDIA I fratelli Carla e Michele Ardengo sono due giovani incapaci di provare veri sentimenti, in balia della noia e dell'indifferenza di fronte al declino sociale ed economico della loro famiglia. Mariagrazia, la Le tematiche estive e delle prime esperienze che si fanno durante le vacanze (ad esempio quelle sessuali) si ritrovano anche in altre opere di Moravia e sono interessanti poiché segnano il passaggio dell’infanzia all’adolescenza, età in cui si perde l’innocenza. LA CIOCIARA Con La ciociara siamo nel clima del neorealismo del secondo dopoguerra. Moravia per questo romanzo si ispirò ad una vicenda autobiografica: con la moglie Elsa Morante, infatti, fu costretto a fuggire dopo che i tedeschi occuparono Roma (era ricercato perché ritenuto antifascista); i due desideravano arrivare a Napoli che era stata liberata, ma il viaggio si interruppe a Fondi, dove trovarono rifugio presso una famiglia di contadini. Dopo qualche tempo si stabilirono in montagna, dove abitarono una sorta di spelonca per alcuni mesi, in condizioni di vita al limite del primitivo; Moravia affermò che quel periodo fu il più felice della sua vita. Dunque questa esperienza dettò tutta l’ambientazione de La ciociara, anche se non si può definire un romanzo autobiografico. TRAMA INTERNET Cesira è una contadina originaria della Ciociaria trasferitasi a Roma, dopo il matrimonio, con un pizzicagnolo molto più anziano di lei, onesta nel fondo del cuore al modo sano dei contadini, anche se tenacemente attaccata alla roba. Ha allevato la figlia Rosetta – adolescente che nel suo riserbo e nella sua timidezza rispecchia ciò che la madre avrebbe voluto essere – ad una trepida confidenza. La sopraggiunta vedovanza induce la giovane donna ad assumersi tutte le responsabilità nella gestione del negozio di alimentari lasciatole dal marito, e, poiché i beni scarseggiano, ella non disdegna un po’ di borsa nera, che le fa guadagnare una discreta somma di denaro. La guerra che preme su Roma e poi l’occupazione tedesca nel settembre del ’43 costringono Cesira ad abbandonare la capitale e, con la figlia e due valigie di fibra, a cercare rifugio verso Fondi, nella casa paterna. Prima le rotaie del treno interrotte, poi i bombardamenti impediscono che il progetto sia portato a termine e, con sacrifici notevoli, dopo quasi un mese di soggiorno presso una famiglia di contadini resa avida dalle privazioni e dalla miseria, le due donne trascorrono circa un anno a Sant’Eufemia, di fronte alla valle di Fondi e, quando il cielo è limpido, all’isola di Ponza. Il tempo passa attendendo gli inglesi, in quel frangente sinonimo di libertà; ma a causa delle cattive condizioni climatiche gli Alleati sono fermi al fiume Garigliano, mentre i tedeschi rastrellano la zona portando via tutto. Quando Cesira e Rosetta con l’arrivo degli angloamericani lasciano quest’angolo di mondo che le ha viste spogliate di tutto, ma arricchite di una nuova e significativa esperienza, proprio allora la vicenda si scioglie nel dramma più cruento: in una chiesa abbandonata, davanti all’altare e ad un’immagine rovesciata della Madonna, un gruppo di soldati marocchini usa violenza alle due donne. Questa violenza, unita alla violenza collettiva della guerra, muta radicalmente il carattere remissivo e conciliante di Rosetta, che sfugge al controllo della madre e si chiude in un mutismo che esaspera Cesira. Rassegnata, la «ciociara» osserva nella figlia innocente le conseguenze della guerra, così com’è per i luoghi devastati e distrutti del paesaggio che fa da cornice al dramma umano. Nella sua dolente rassegnazione, nell’impotenza della sua sorte, Cesira vede la figlia cambiare sotto i propri occhi e darsi agli uomini con amara determinazione «come se nel rapporto fisico cercasse una vita che per essere completa dovesse essere riconquistata con la cancellazione di ogni residuo d’innocenza.» Ma prima di questo drammatico episodio, nell’ultimo atto di resistenza ai tedeschi tocca ad uno studente, Michele, il solo personaggio idealistico del romanzo, sacrificarsi per i suoi parenti, i contadini e gli altri sfollati, lasciandosi portar via da un gruppo tedeschi in ritirata. Da allora del giovane non resta che il ricordo. Alla fine del romanzo si saprà che egli è stato fucilato. Michele è l’«eroe positivo», l’opposto dell’omonimo amletico personaggio de Gli indifferenti, di cui rappresenta l’ideale prosecuzione e conclusione. È un Michele più maturo e consapevole, disposto a morire per un ideale in cui crede fino in fondo. Aspira ad un mondo più vero e più giusto e reagisce alla violenza della guerra con la sottomissione, immolando se stesso. Ciò d’altronde era nelle intenzioni dell’autore, il quale, facendo riferimento al turbamento intellettuale e politico derivante dalla situazione mondiale, ha dichiarato: «Con La ciociara si chiude idealmente la mia fase di apertura e di fede nel comunismo», «Si consumava in me l’identificazione tra comunista e intellettuale. In altri termini, il personaggio di Michele, il Michele de Gli indifferenti, si conclude là, ne La ciociara. Non a caso, il protagonista maschile del romanzo l’ho chiamato appunto Michele». Il ritorno a Roma segna molti cambiamenti per Cesira e Rosetta, che dall’esperienza della guerra, dal pericolo di morte sempre incombente hanno appreso, attraverso il sacrificio personale e la spietata violenza subita, tutta la brutalità del mondo scosso da una sorta di apocalittico sconvolgimento. Nonostante tutto, viva è la speranza di riprendere la vecchia vita nella normalità del quotidiano, mentre la guerra continua in tutta la sua empietà e follia. (La trama che ho trovato su internet fa anche numerosi commenti che anche la prof aveva osservato) Moravia dichiarò che tutto ciò che lui scrisse nel romanzo fosse vero: solamente due personaggi erano di fantasia, Cesira e Michele. Il romanzo originariamente aveva come titolo Lo stupro: Moravia con questa scena terribile voleva indicare lo stupro simbolico che il popolo aveva subito da ogni parte coinvolta nella guerra. Il romanzo non va confuso con un romanzo neorealista, poiché presenta delle affermazioni e alcuni elementi idealisti: ad esempio, Cesira manifesta più volte il suo pensiero, ovvero che fascisti, americani, tedeschi, francesi fossero tutti uguali, tutti la stessa “razza”; celebre è la frase da lei pronunciata “ammazza, ammazza, è tutta una razza”. La parte finale del romanzo è sicuramente la più drammatica poiché Rosetta, da ragazzina ingenua e innocente (veniva chiamata dalla madre “figlia d’oro”) dopo la violenza perde la ragione. Il rapporto d’amore profondo che che la legava alla madre si rovescia in rancore, come se la madre fosse colpevole di ciò che le è accaduto; reagendo contro la madre, ma anche contro se stessa, Rosetta comincia a darsi a chiunque lei incontri. Cesira tenta di salvare Rosetta da se stessa ma invano. La scena finale però restituirà qualche speranza per queste due donne: nel viaggio di ritorno a Roma salgono sul camion di un amante di Rosetta, ma lungo il percorso il camion viene fermato da alcuni banditi che uccidono il conducente per rubarne i soldi. Il romanzo si conclude con Rosetta che finalmente ha una reazione psicologica sana, ossia piange e canta (sappiamo che Rosetta cantava benissimo, ma che aveva smesso di farlo). Perciò matura la speranza che forse potrà affrontare la vita con una maggiore consapevolezza di quello che è il mondo, che potrà elaborare ciò che le è accaduto e che riuscirà ad affrontare la vita con disincanto, ma comunque in una maniera sana. La fine però dimostra anche un’amara realtà: Cesira, che si era presentata come rappresentante della sanità del popolo, invece in quel momento, vedendo il corpo del ragazzo per terra, l’unico suo pensiero è di prendergli i soldi: i soldi, dunque, sono la sicurezza. Come abbiamo già detto, il messaggio che voleva comunicare l’Autore è di guerra come stupro del popolo: la guerra è sempre voluta dai potenti e certamente non dal popolo. Il romanzo è scritto in prima persona (dal punto di vista di Cesira), ma è frequente il punto di vista altrui, attraverso soprattutto i dialoghi. La lingua del romanzo è mista: ha un registro colloquiale-familiare, per cui saranno numerose le frasi dialettali e le scorrettezze sintattiche, sintomo della voce popolana. In generale gli altri romanzi di Moravia sono scritti con un linguaggio medio; proprio per questo però alcuni critici accusarono l’Autore di utilizzare un linguaggio grigio, piatto. L’intento di Moravia, però, era quello di essere immediatamente comunicativo, senza troppi giri di parole, senza troppi abbellimenti. L’Autore iniziò a pensare a questo romanzo intorno al ’46, alla fine della guerra, e abbozzò qualcosa nel ’47, per poi decidere di abbandonare il progetto (per il momento), poiché l’esperienza della guerra è ancora troppo forte e vicina, per cui non riusciva a trovare il distacco necessario per scriverne. La ciociara uscì infine 10 anni dopo, nel ’57. LA ROMANA La romana, nonostante possa sembrare in un primo approccio vicino a La ciociara per la tematica popolana, è in realtà un romanzo diverso: la protagonista è sempre una donna del popolo, più in particolare una prostituta, però è riproposta nell’opera la dialettica sesso- denaro, poiché i clienti de La romana sono tutti alto borghesi, persino politici. Dal romanzo emerge uno spaccato della corruzione della borghesia. LA NOIA Il romanzo La noia (’60) richiama una certa filosofia esistenzialista che si diffuse in Italia nel secondo dopoguerra.
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