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L'Esperienza del Realismo: Lezioni di Courbet e la Scuola di Barbizon, Appunti di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

Una profonda esplorazione dell'esperienza del realismo in arte, attraverso la vita e l'opera di gustave courbet e la scuola di barbizon. Courbet, considerato il padre del realismo, viene descritto dalla sua vita, le sue idee e il suo impegno sociale, che lo portarono a fondare una scuola di pittura in polemica con le accademie. La sezione successiva introduce la scuola di barbizon, un gruppo di pittori che si riunirono intorno agli anni 30, contemporaneamente al romanticismo, per riportare la natura alla sua dimensione più semplice. La loro tecnica, che consisteva in macchie di colore, e i loro soggetti, spesso ambientati in natura e dipinti a plein air. Le opere di courbet e dei pittori di barbizon vengono descritte in dettaglio, con una attenzione particolare per il loro significato e l'impatto sulla storia dell'arte.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 28/11/2021

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Scarica L'Esperienza del Realismo: Lezioni di Courbet e la Scuola di Barbizon e più Appunti in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! Il Realismo lunedì 1 novembre 2021 3:24 PM Cos'è: L'esperienza del realismo racchiude: 1. La scuola di Barbizon 2. Lalezione di Courbet 3. 1Macchiaioli METÀ XIX SECOLO © 1848 PUBBLICAZIONE DEL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA DI MARX ED ENGLES - ANNO DI SANGUINOSE RIVOLTE POPOLARI IN TUTTA EUROPA FEBBRAIO = RIVOLUZIONE IN FRANCIA CHE PORTERÀ ALLA SECONDA (CADUTA DELLA MONARCHIA DI LUIGI FILIPPO D’ORLEANS, ELEZIONI DI NAPOLEONE BONAPARTE) 18-22 MARZO = CINQUE GIORNATE DI MILANO DI INSURREZIONE GOVERNO AUSTRIACO ©> ANCHE GLI ARTISTI ATTRAVERSANO UN CRISI DI IDENTITÀ — NON POSSONO PIÙ ISPIRARSI ALLA MITOLOGIA O ALLO STORICISMO ROMANTICO © IL REALISMO NASCE — COME RISPOSTA ALLA DOMANDA DELLA GENTE DI VERO E QUOTIDIANO — PER DOCUMENTARE LA CONTRASTATA REALTÀ CONTEMPORANEA — PER ANALIZZARE LA REALTÀ CON DISTACCO E RIPROPORLA IN MODO IMPARZIALE © IL REALISMO SI CARATTERIZZA PER — PRESENTAZIONE ANALITICA DELLA REALTÀ — ASSENZA DI TRASPORTO EMOTIVO — ASSENZA DI GIUDIZIO CON IL REALISMO L'ARTISTA ENTRA A CONTATTO CON LA CONTEMPORANEITÀ, LA ANALIZZA E LA RIPROPONE La Lezione di Courbet Vita &/ Nasce ad Ornans (Francia orientale), muore in Svizzera / 1839 GIUNGE A PARIGI = FREQUENTA SCRITTORI, MILITANTI SOCIALISTI E BOHEMIEN RIUNITI NELLA BRASSERIE ANDLER, DEFINITA IN SEGUITO TEMPIO DEL REALISMO x/ INIZIATORE DEL MOVIMENTO ARTISTICO DEL REALISMO +/ PRIMA DEL 1848 = RITRATTI DI GUSTO ROMANTICO + CAMBIO DI STILE GIÀ NEL 1849 = 1849 SOGGETTI DI CONTENUTO SOCIALE E POPOLARE, DIFFICILI CONDIZIONI DEI CONTADINI E DEI POVERI - Autodidatta - Narcisista SOSTIENE CHE “LA PITTURA PUÒ CONSISTERE SOLTANTO NELLA RAPPRESENTAZIONE DI OGGETTI VISIBILI E TANGIBILI”, È L’ESATTO OPPOSTO DEL ROMANTICISMO SOSTINE UN IMPEGNO SOCIALE DELL'ARTISTA = RICERCA DELLA VERITÀ APRE UNA SUA SCUOLA DI PITTURA IN POLEMICA CON LE ACCADEMIE IL TERMINE REALISMO LO PRENDE DALLE RECENSIONI DEI CRITICI Ritratti Si ritrae circa 40 volte come un dandy. Nel Ritratto con cane, ha un alteggiamento altezzoso e provocatorio. Questo atteggiamento di Courbet non è particolarmentte amato, era spesso ridicolizzato e sbeffeggiato. Amava farsi vedere per suscitare l'attenzione del pubblico. Nel suo primo autoritratto Courbet si raffigura come un giovane viaggiatore di gentileaspetto, dall'aria un po' canzonatoria, che squadra l'osservatore dall'alto, seduto in controluce su un ciglio erboso, in compagnia del suo fedele spaniel nero, con il bastone da passeggio e il quaderno degli schizzi. Gli spaccapietre In entrambi i dipinti l'artista rappresenta un manovale intento a frantumare dei sassi per ricavarne ciottoli di pezzatura inferiore, mentre in quello perduto di Dresda appare anche un giovane garzone, sulla sinistra, in atto di trasportare una pesante cesta colma di pietre già lavorate. Ma le diversità non sono solo formali. L'occhio indagatore di Courbet scava impietosamente nella realtà mettendone a nudo ogni risvolto. Ecco allora le toppe sulla camicia e sui calzoni del lavoratore in ginocchio, così come il panciotto strappato e i calzini bucati al tallone, mentre anche il garzone ha la camicia e i pantaloni strappati. A destra, sotto un cespuglio, vi sono una pentola, un cucchiaio e mezzo filone di pane, evidente accenno a quello che sarà il povero pasto degli spaccapietre. Anche l'arida natura circostante, infine, è tratteggiata in modo assai scarno ed essenziale, con tonalità brunastre, quasi come se riflettesse la stessa miseria dei lavoratori. Il Funerale ad Ornans A ZA La tela, di dimensioni provocatoriamente colossali (3,15x6,68 metri), del tipo di quelle riservate ai grandi dipinti accademici e soprattutto ai soggetti storici o eroici, rappresenta, invece, un semplice e umile funerale di campagna, nel semisconosciuto borgo natio di Ornans. La scala della rappresentazione e il tema trattato, dunque, sono in conflitto, al pari delle due parti che compongono l'esatto titolo dell'opera. AI centro del dipinto si apre la fossa, malamente scavata, con ai bordi un macabro teschio umano, simbolo della caducità delle cose terrene. Tutto intorno si raccoglie il mesto corteo dei dolenti, uomini e donne del paese - dal curato con i chierichetti ai rappresentanti del comune, ai quali l'artista ha dato le reali fattezze di molti suoi parenti e amici, fino al cane in primo piano - rappresentati ciascuno nei più ricorrenti atteggiamenti quotidiani. I volti ordinari (che la critica del tempo non ha esitato a definire «rozzi» e «grotteschi»), così come l'assoluto anonimato del defunto, del quale appena si intravede la bara, sulla sinistra, coperta solo in parte da un drappo bianco e portata da quattro necrofori, rimandano a uno spaccato di semplice e ordinaria vita di provincia, abissalmente lontana dai clamori parigini e dai retorici soggetti sentimentali dei dipinti romantici ancora di attualità. Il ritratto collettivo, in cui quasi tutti i personaggi vestono di un nero che li accomuna e li rende uguali, diventava dunque - e in piena consapevolezza - un inneggiare all'egualitarismo, qui applicato anche alla sepoltura: un rito che tutti attende e accomuna. La grande storia si tramuta qui in evento senza storia, che vive della sola forza della quotidianità, diventando il punto di partenza della trasgressione realista rispetto alla tradizionale pittura storica. Organizzando la scena in orizzontale, come in un antico fregio, Courbet intende volutamente monumentalizzarla, ma al tempo stesso ne interrompe bruscamente lo svolgimento, a destra e a sinistra, come in una ripresa fotografica che coglie una parte non intera del tutto. Al duro profilo dell'immaginaria linea spezzata che disegna le falesie all'orizzonte si contrappone la dolce linea ondulata che delinea il margine superiore dell'insieme delle figure, dando alla narrazione un ritmo pacato e rassicurante. Anche nel tratteggiare il paesaggio, però, Courbet adotta - come già nei personaggi - colori terrosi e quasi lividi, tanto che uno dei suoi molti critici scrisse per dileggio che «deve essere disgustoso essere sepolti ad Ornans». L'atelier dell'artista G d Nell' Atelier del pittore, che l'artista stesso definisce un «allegoria reale», egli espone compiutamente tutti i propri ideali artistici e umani: «È la storia del mio atelier, ciò che vi accade moralmente e fisicamente. È abbastanza misterioso, capirà chi potrà». Le enormi dimensioni della tela, rifiutata all'Esposizione Universale del 1855, ma esposta in una personale organizzata in contemporanea con l'esposizione ufficiale con il titolo Atelier del pittore, allegoria reale determinante una fase di sette anni della mia vita artistica, alludono provocatoriamente, come nel precedente Funerale a Ornans, al ricorrente gigantismo di molti dipinti accademici sempre affollati di personaggi storici o mitologici collocati all'interno di ricche ambientazioni classicheggianti. AI centro della sua composizione, invece, realizzata fra il 1854 e il 1855, Courbet rappresenta semplicemente se stesso intento a dipingere un paesaggio della cittadina natale di Ornans, con un cielo estremamente realistico, identitario, e anticonvenzionale. Ma attorno a lui si affollano, nella fosca penombra dell'atelier, che in realtà altro non è che un vecchio granaio concessogli in uso dal padre, una trentina di personaggi tra i più vari e improbabili, simbolo di quello che l'artista definiva «il mondo che viene a farsi dipingere da me», simboli, dunque, artistici e sociali. A sinistra è rappresentato «l'altro mondo dell'esistenza banale, il popolo, la miseria, la povertà, la ricchezza, gli sfruttati, gli sfruttatori, le persone che vivono della morte», intendendo con ciò quanti, per varie ragioni sociali e culturali, vivono senza avere piena consapevolezza della propria condizione umana. Nei loro volti senza sorriso si legge il pesante fardello della vita e dei suoi dolori, mentre gli oggetti disseminati per terra e nella penombra dello sfondo alludono a loro volta all'inconsistenza delle mode e delle passioni, come nel caso del manichino appeso dietro la tela, simbolo delle pratiche accademiche dismesse. La tecnica pittorica non venne meno criticata del soggetto. Essa, in effetti, non presenta alcuna omogeneità e alterna stesure veloci e apparentemente superficiali, forse addirittura a spatola (come nell'indistinta profondità dello sfondo con ac- cenni ai suoi dipinti di periodi precedenti), a parti rifinitissime (ad esempio la mantilla della conoscitrice d'arte all'estrema destra), quasi a voler restituire pittoricamente la complessa varietà del reale. Fanciulle sulla riva della Senna 1857 Per la prima volta la scena non è ambientata in una dimensione fantastica ma lungo le rive riconoscibili della Senna Le due ragazze sdraiate indossano abiti moderni e mostrano volti assonnati e un po’ volgari: sono perciò amiche o sorelle colte in un momento di riposo di un caldo pomeriggio dopo una passeggiata Le posizioni goffe e quasi sgraziate ci dicono come l'artista le abbia colte di sorpresa: una appena assopita e l’altra placidamente immersa nei suoi pensieri La scuola di Barbizon Cos'è: Sono considerati dei precursori del realismo, si sviluppa intorno gli anni 30 per cui è contemporanea al romanticismo. Durante gli anni di affermazione del Romanticismo, in pittura convivono le esperienze di una natura idealizzata e pittoresca in Constable, violenta, fortemente espressiva e sublime in Turner, evocativa e spirituale in Friedrich, ma anche un tentativo di rappresentazione in senso più vero, più naturale e spontaneo con la scuola di Barbizion. La Scuola di Barbizon si forma attorno al 1830 con Camille Corot (1796-1875), Francois Daubigny (1817-1878),Theodore Rosseau (1812-1867), Jean-Francois Millet, Constant Troyon(1810-1865) quando iniziano a riunirsi nelle campagne di Barbizon (Francia del sud), presso la foresta di Fontainebleau. | pittori di Barbizon fanno i quadri a diretto contatto con la natura, EN PLEIN AIR e non più in studio. Per questo motivo vengono considerati antesignani o pionieri dell’impressionismo. L'esecuzione dell’opera, quindi, avviene direttamente sul posto o comunque viene realizzata all'aria aperta tutta l'impostazione iniziale del quadro, per poi rifinirlo/ultimarlo in studio. Il soggetto iconografico Il tema predominante è la natura/il paesaggio, visti al loro livello più semplice, più naturale. Il paesaggio romantico risente del “Sublime”, del sentimento eroico e tempestoso che il Romanticismo aveva recuperato. Per la Scuola di Barbizon, invece, il fine era quello di riportare la natura alla sua dimensione più semplice, non eroicizzata, del paesaggio campestre. Quindi i pittori scelgono scorci intimi , quieti, familiari, per indurre nell’osservatore emozioni altrettanto pacate. In queste immagini compaiono cieli luminosi, prati, acquitrini, scorci di fiumi, non più la natura sublime o minacciosa, ma quella più pacata e spontanea. Risentono delle ricerche pittoriche di Constable. La tecnica | pittori di Barbizon usano macchie di colore, cioè colori accostati con pennellate più o meno ampie, tali da non definire più un disegno perfettamente rifinito nei contorni e nelle figure. Tale tecnica demanda all’osservatore il compito di unificazione e sintesi finale dell'immagine attraverso la percezione visiva dell’opera, usando prevalente mente la luce quale elemento unificante e caratterizzante l’immagine stessa. Questi artisti ammorbidiscono le sfumature, rendono le ombre più chiare e trasparenti e rifondono le tonalità e i colori. La spinta, però, non è impressionista, ma idealistica e romantica. Una riscoperta dei valori naturali anche nelle loro forme più semplici. Theodore Rousseau Albero di quercia Charles Francois Daubigny, Mietitura Il dipinto Mietitura, sintetizza al meglio la sua particolare vocazione a ricreare at- mosfere agresti e pastorali di calda e intensa luminosità. La grande tela, esposta con il favore della critica già al Salon del 1852, rappresenta un'ariosa scena campestre con vari personaggi intenti alle diverse mansioni della mietitura. La contadina con ilcappello rosso, di spalle al centro, si incammina per uno stretto viottolo fra le bionde spighe ancora da mietere, recandone fra le braccia un fascio di appena falciate. Più all'orizzonte altri contadini, uomini e donne, appaiono variamente affaccendati, chi ad affastellare i covoni già mietuti, chi a caricarli su un carro, a sinistra, in lontananza, chi a condurre un altro carro stracarico, a destra, più prossimo all'osservatore, trainato da tre paia di robusti cavalli. Il senso della prospettiva è restituito grazie all'armonioso succedersi dei vari piani del paesaggio, comunque unificati dal dorato succedersi delle messi ancora da mietere, più chiare, ricche di tocchi di giallo, e di quelle già mietute, più scure, giocate sulle tonalità dei verdi e degli ocra. Il cielo pomeridiano, che occupa più della metà del dipinto, verosimilmente memore degli studi di Constable, è solcatoda tenui cirri rosacei, il che accresce la percezione di freschezza atmosferica e di luminosità dell'insieme Camille Carot, La città di Volterra Nella luminosa Città di Volterra, un dipinto realizzato durante il secondo soggiorno italiano, quando visitò anche Venezia e Firenze, Corot delinea già con estrema nettezza le novità della sua pittura, sempre impostata dal vero e basata su campiture larghe e veloci, con maggior attenzione all'effetto d'insieme, piuttosto che ai singoli dettagli. La veduta, ripresa dalle ultime alture boscose della Val d'Era, rappresenta la città vista da Nord, con le torri medievali e i campanili che si stagliano contro un delicatissimo cielo azzur ro. La scena, immersa nella morbida luce del pomeriggio toscano, appare composta in modo rigoroso, con il cielo che occupa il terzo superiore del dipinto, mentre le mura e i viottoli campestri che si inerpicano diagonalmente sulla collina inducono lo sguardo a percorrerne il tracciato, ricavandone un effetto di suggestivo sfondamento prospettico. L'uso di una tavolozza semplice, con soli ocra delle crete, i verdi della vegetazione e gli azzurri del cielo, appena rosaceo all'orizzonte, restituisce una visione luminosa e profonda, costruita per masse di colore compatte e armoniose. Millet Millet sviluppa una forma personale di Realismo legato al mondo contadino, ma privo di intenti polemici o di denuncia. | suoi dipinti hanno un taglio originale e forme sintetiche fortemente innovative. (Attenta rivisitazione da parte di Van Gogh trent'anni dopo) Le spigolatrici Nelle spigolatrici, tre donne intente a raccogliere le spighe rimaste a terra dopo la mietitura sono disposte lungo una diagonale. Due hanno una posa simile e sono chinate verso il basso, mentre la terza, col busto più sollevato, è posizionata in senso trasversale. La composizione del paesaggio è molto studiato Una luce calda si posa sulle figure, mentre il paesaggio sullo sfondo addolcisce l'atmosfera. Nonostante la serenità della scena, il dipinto fu oggetto di aspre critiche, perché la rappresentazione della povertà appariva alla borghesia come implicito atto d'accusa. | Macchiaioli
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