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L'Epoca Vittoriana: Produzione, Società e Letteratura - Prof. Sebellin, Appunti di Letteratura Inglese

Una panoramica dell'epoca vittoriana in inghilterra, con un particolare focus sulla produzione, la società e la letteratura. Vengono esaminate le figure memorabili e anonime, la collaborazione tra la borghesia e la nobiltà, le misure legislative per migliorare le condizioni del lavoro, l'impiego dei minori nelle fabbriche, l'impiego dei romanzi e la riflessione sull'arte. Vengono inoltre analizzati i romanzi di george eliot, le sorelle bronte, stevenson e altri autori vittoriani e modernisti.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 13/02/2024

chiiarastylinson
chiiarastylinson 🇮🇹

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Scarica L'Epoca Vittoriana: Produzione, Società e Letteratura - Prof. Sebellin e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! IL VITTORIANESIMO Il regno della Regina Vittoria dura dal giugno del 1837 al gennaio del 1901 —> per la sua lunghezza è però impossibile trattarlo come un periodo unitario, perciò va diviso in due momenti: 1. caratterizzato dalla rivoluzione industriale, termina nel 1860; 2. dall’espansione coloniale al 1901. Possiamo definirlo come un periodo di grandi contraddizioni. E’ l’epoca del rigore, del senso del dovere e del lavoro —> della rispettabilità e del perbenismo. Tuttavia sono qualità che non potevano nascondere i mali sociali, come la povertà, la prostituzione e lo sfruttamento minorile e della manodopera; mali che sono stati nascosti sotto un velo di ipocrisia e ignorati in nome del progresso, il quale nella prima metà dell’800 è stato grandioso, ma allo stesso tempo ha generato parecchi problemi. L’epoca vittoriana appare attraversata da alcune figure memorabili ma anche da figure anonime e indistinte che venivano chiamate “hands”: le masse proletarie impiegate negli opifici e relegate nei quartieri squallidi (slums) delle grandi città industriali delle Midlands —> ovvero la fascia centrale dell’Inghilterra dove la diffusione di una nuova forma di produzione e di sviluppo economico e sociale basata sull’impiego della macchina e sulla parcellizzazione del lavoro manuale era più forte e impetuosa. La Rivoluzione industriale è un processo lento ma traumatico che gli storici fanno partire dagli ultimi due decenni del Settecento e che raggiunge il suo culmine verso la metà dell’Ottocento —> è una sequenza di fenomeni e di mutamenti socioeconomici di enorme portata: un universo ancora rurale e patriarcale che si mette in moto verso le città industriali che si espandono in modo disordinato —> viene definita “mechanical age” - aumenta fortemente la popolazione, di conseguenza cala la mortalità infantile; - si modificano radicalmente le condizioni di lavoro e nasce un nuovo ceto: il proletariato (working-class). E’ una Rivoluzione quindi che si è tradotta nello spostamento di una civiltà rurale e patriarcale verso le città industriali, dove le fabbriche assicuravano un salario mensile al proletariato. CONSEGUENZA = SPOPOLAMENTO DELLE CAMPAGNE Il sovraffollamento urbano ha inoltre costretto i governi britannici ad intervenire con le leggi sui poveri, che obbligavano le persone indigenti a risiedere nelle workhouses. La borghesia mercantile e imprenditoriale quindi corrode il potere della vecchia nobiltà terriera —> allo stesso tempo però ci stabilisce una collaborazione fruttuosa per entrambi i ceti, rappresentata a livello politico dall’alternanza dei governi: - Tory —> ovvero i conservatori che avevano una visione dello Stato ancora fortemente gerarchica, incarnata dalla Corona e dalla Chiesa d’Inghilterra; - Whig —> composti dai liberali aperti alla nuova economia, all’espansione commerciale, al progresso della scienza e dunque ad una concezione dinamica potenzialmente riformatrice, dell’organizzazione statale. Conservatori e liberali condivisero l’esigenza di arrivare ad un allargamento dell’elettorato, come dimostrano i “Reform Bills” del 1832 e del 1867. La storia dell’Inghilterra vittoriana è fatta anche di una fitta rete di misure legislative tendenti a migliorare le condizioni del lavoro in fabbrica, e a consentire la partecipazione dei ceti inferiori alla gestione dello Stato —> non si tratta solo degli operai, ma anche dei braccianti o dei domestici; tuttavia rimane irrisolto ancora il problema dell’ emancipazione femminile. L’età vittoriana è nota anche per l’impiego dei minori nelle fabbriche: i bambini dei poveri dovevano aiutare nel sostegno del bilancio familiare, spesso lavorando molte ore in attività pericolose per paghe molto basse; stessa sorte è spettata alle donne, sfruttate come forza lavoro a buon mercato e costrette anche ad un duro lavoro domestico. La donna veniva considerata inferiore, nullatenente, non poteva ne studiare ne lavorare, non poteva votare e viveva in una sfera di separazione nella famiglia tanto da non poter educare neanche i figli, i quali dopo la nascita venivano affidati alla balia; era vista come una proprietà da possedere e da amministrare con le buone o cattive maniere —> questa condizione di soggezione al marito creava alle donne problemi psicologici e fisici, per questo motivo sono state le protagoniste di numerose battaglie per ottenere l’approvazione dei più elementari diritti sociali ed economici. La situazione muta grazie alla nascita del “women’s movement” e nel 1870 grazie alle leggi sulle proprietà delle donne sposate, che da quel momento hanno potuto conservare le loro proprietà senza doverle cedere al marito. Un altro passo in avanti è stato fatto con l’approvazione nel 1871 dell’Education act, una legge che ha diffuso l’istruzione elementare accelerando l’alfabetizzazione: a questo periodo risale l’espansione del mercato editoriale a favore del giornalismo e della letteratura di intrattenimento —> il pubblico vittoriano quindi ora è interessato non solo ai libri religiosi, ma legge anche periodici che hanno conosciuto una forte espansione dopo l’abrogazione dello Stamp tax, la tassa sui giornali. L’espansione delle città industriali, la crescita del benessere della borghesia, il diffondersi dell’alfabetizzazione e il progresso medico-scientifico sono tutti segnali dell’evoluzione che genera ottimismo nel progresso universale —> ciò è celebrato dalla prima esposizione universale organizzata nel 1851 al Crystal Palace: un edificio costruito in vero e acciaio eretto ad Hyde Park, dove sono state appunto esposte le novità scientifiche e tecnologiche del periodo vittoriano; non solo, innalzato anche per celebrare la politica coloniale della regina Vittoria, diventata Imperatrice delle Indie orientali ed occidentali nel 1876. NOVEL AND ROMANCE Inizialmente il romanzo venne considerato come un genere minore, sconsigliato alla gioventù perché ritenuto diseducativo, e quindi assimilato alla letteratura minore d’intrattenimento Nell’ambito del romanzo si distinguono due classi: - novel; - romance; NOVEL Il novel nasce nel 700 e avrà successo anche nell’800, fino a diventare il genere più riuscito della letteratura vittoriana, nonostante l’ostilità delle frange religiose più radicali. Acquisisce una notevole importanza come strumento di intrattenimento della società borghese, ma conosce anche un’ampia diffusione presso i ceti più bassi —> per questo divenne oggetto di preoccupazione per il pericolo di imbarbarimento della cultura umanistica. Quella del novel è un’impostazione realistico-didascalica: - realistica perché ritrae realisticamente la vita quotidiana e contemporanea, distaccandosi dal’unreal romance, definito “così diverso dalla vita”; - didascalica perché assolve alla funzione morale e pedagogica di cui il romanziere deve farsi carico (secondo i critici del tempo). Il narratore è onnisciente, ovvero esprime il suo giudizio etico su ognuno dei personaggi, penetrando spesso nella loro interiorità e rivolgendosi spesso e volentieri al lettore. La pubblicazione è a puntate, in fascicoli mensili su riviste e giornali: ciò spiega la complessità dell’ intreccio e la struttura ramificata fatta di richiami e colpi di scena del novel, che attraverso l’impiego della tecnica della suspence scatena la voglia di lettura in un pubblico sempre più vasto ed estremamente vario. Data la diffusione a puntate, l’opera si crea con la collaborazione dei lettori, il cui gradimento, di puntata in puntata, può anche modificarne gli svolgimenti narrativi previsti dall’autore. Dall’interesse dei vittoriani alla cronaca nera (detective story), deriva il tono a volte esagerato e melodrammatico e didascalico del novel: quindi si fa evidente la sua doppia identità: per un verso realistico e didascalico e per l’altro melodrammatico e sensazionalistico —> ciò porterà il novel verso la crisi e quindi la sua trasformazione verso il romance. CHARLES DICKENS Esibisce fin da subito una ricchezza verbale che gli permette di rappresentare Londra nei suoi aspetti multiformi, esplorando gli ambienti più squallidi e gli scenari notturni, e, nello stesso tempo, cogliendo tutto ciò che comprendeva l’ascesa del ceto piccolo e medioborghese fatto di impiegati e commercianti. Nonostante il successo, Dickens diventerà il bersaglio della critica successiva, che considera il romanzo vittoriano troppo inadeguato e condiscendente verso i lettori. La carica comica di Dickens fa parte di una strategia di smascheramento delle apparenze che inizialmente riguarda soprattutto le istituzioni e le ipocrisie dell’epoca, ma che sempre più finisce per coinvolgere anche le esperienze quotidiane. In Oscar Wilde si intrecciano sia le aspirazioni di un riscatto attraverso l’arte dell’individuo asservito alla macchina, sia le dichiarazioni della piena autonomia dell’artista e del critico. I maggiori saggi di estetica si concentrano sulla concezione dell’arte come momento supremo dell’esperienza umana —> ciò si incarna nell’artista dandy, antiborghese, si realizza nella superiorità dell’artificio sulla natura. IL TEATRO VITTORIANO Il teatro diventa lo strumento espressivo più importante, l’unico in grado di restituire un minimo di identità nazionale a un pubblico ormai diviso. Non riguarda però solo la scena inglese, bensì coinvolge anche la cultura irlandese del Celtic Revival con Yeats e Lady Gregory, che recuperano il folklore irlandese e utilizzano i miti in funzione anti naturalistica per dare forza allo spirito nazionale irlandese —> fondano il “Lady Theatre” In Inghilterra continua a diffondersi la moda del “well made play” o “pièce bien faite”, ovvero un teatro di intrattenimento che ha come caratteristica quella di avere dialoghi brillanti, un plot ben costruito ma poca indagine psicologica e poca critica sociale: è un teatro per i borghesi. A questa struttura si oppongono: - Oscar Wilde —> fa una satira del perbenismo borghese - George Bernard Shaw —> si rifà alla lezione ibseniana (Ibsen = autore scandinavo che porta il realismo pieno a teatro), ed è l’unico che porta questa rivoluzione. C’è però una distinzione tra il teatro alto di autore e il teatro basso (cabaret, musical), più adatto alle classi popolari. Attraverso la “Royal Shakespeare Company” viene recuperato Shakespeare, rimettendo in scena anche drammi storici con funzione patriottica —> Wilde rimane un po’ eccentrico rispetto a questa moda, dato che ha drammi brillanti ma con venature serie; Shaw invece riprende Ibsen, scrive di testi raccolti come “Plays Unpleasant” perché mostra situazioni sociali non pienamente accettabili, avendo come idea quella di mettere in crisi la borghesia benpensante. Nella prefazione ai Plays Unpleasant (1898), rende esplicito il carattere polemico del suo teatro, rivolgendosi agli spettatori con un’aggressività che sottolinea appunto il suo distacco dalla tradizione vittoriana —> Shaw costituì una voce rivoluzionaria e capace, per ricchezza di humour, di paradossalità, di costruire opere che utilizzavano spesso le formule del teatro popolare rovesciandone presupposti e conclusioni. Gilbert e Sullivan si esprimono attraverso lo stile operettistico, mentre Pinero e Jones, dominatori della scena inglese di fine secolo, rappresentano la società alto-borghese riprendendo il “well made play”. Il teatro di fine secolo è un teatro di impostazione realistica: quindi incipit con presentazione della crisi, sviluppo con intreccio, conclusione più o meno a lieto fine a seconda del genere (dramma, dramma di denuncia sociale, commedia, tragedia, ecc…). Samuel Beckett invece rivoluziona il teatro portando un linguaggio quotidiano nella sua struttura dialogica, fa a meno del plot, senza incipit o finale. Il teatro del secondo dopoguerra invece segue tre filoni in Inghilterra: - filone tradizionale, ovvero quello del well made play, che viene rinnovato per i temi, ambientazione sociale, e il tipo di personaggio messo in scena con linguaggio giovanile; - filone beckettiano, che si rinnova da un punto di vista strutturale e tematico in cui lavorano Pinter e Stoppard, che prendono da Beckett l’inaffidabilità del linguaggio; - filone brechtiano, che prende il nome da Brecht, il quale ha un teatro definito epico, facendo uso di tecniche antinaturalistiche come l’uso di canzoni, a livello politico, per far pensare. IL MODERNISMO Dopo la morte nel 1901 della regina Vittoria, la fiducia nella scienza viene a sgretolarsi e vengono messi in discussione i valori vittoriani. Sono gli anni di: - Edward 7; - George 5; - Edward 8; - George 6; - Elisabetta 2; - Carlo 3. Il modernismo è un complesso movimento che nasce in Inghilterra verso la fine dell’800 e si sviluppa fra gli anni 20 e 30 in Europa, coinvolgendo tutte le arti —> obbiettivo comune è il rinnovamento generale delle forme e delle convenzioni letterarie del passato, in nome della modernità. La WW1 marca una rottura tra il vecchio e il nuovo mondo, e fa da spartiacque tra i due modernismi: - modernismo prebellico (1890-1914) —> considerato il vero modernismo in quanto più esaltante ed entusiasmante. Caratterizzato da sperimentalismo, furia iconoclasta, distruzione delle vecchie forme; - modernismo postbellico (1914-1930) —> dedicato alla reconstruction, maggiore introspezione, approfondimento dei temi e più attenzione al dolore. C’è l’industrializzazione che diventa sempre più disperata, con una forte alienazione e di perdita dell’identità e del valore del lavoro. Le città diventano sempre più grandi e diventano simbolo del modernismo; inoltre la scoperta dell’inconscio grazie a Freud, svela all’essere umano l’io, la persona come entità non monolitica ma largamente inconoscibile e l’importanza della memoria. Si inizia quindi a dubitare sul fatto che la scienza e il progresso non siano stati solo positivi: il progresso tecnico viene percepito come alienante e disumano, l’uomo si sente asservito alle macchine. Cambia l’idea del tempo —> Henry Bergson è il filosofo che modifica quest’idea della concezione del tempo: parla di “durée”, ovvero un tempo non più misurabile cronologicamente, bensì come flusso tramite le sensazioni, quindi la percezione individuale modifica il tempo ed è la memoria che è la sola a garantire stabilità e coesione alla coscienza individuale. Viene percepita l’inadeguatezza delle forme letterarie vittoriane per parlare dell’uomo del 900: - la linearità è sostituita dalla contemporaneità; - la cronologia è sostituita dalla simultaneità; - il narratore onnisciente viene sostituito dalla frammentazione del punto di vista; - la complessità dell’intreccio è sostituita dall’analisi della vita interiore. Nasce quindi l’esigenza di nuove modalità di scrittura e di nuove tecniche narrative: l’interior monologue e lo stream of consciousness sono dei tentativi di portare sulla carta il pensiero intimo e preverbale —> sia James Joyce con l’Epiphany, che Virginia Woolf con i moments of being, individuano dei momenti di “sudden spiritual manifestation” (improvvisa manifestazione spirituale), nei quali la realtà si rivela. Le caratteristiche del modernismo sono: - la distorsione intenzionale della forma; - le percezioni sono incerte, temporanee e soggette a cambiamenti; - la necessità di riflettere la complessità del mondo moderno, urbano e industriale; - i momenti isolati che rivelano il reale (epifanie e moments of being); - la contaminazione delle arti; - si attinge più liberamente al passato e alle culture, citazioni e uso dei miti; - la vita a livello inconscio è importante quanto quella a livello cosciente; - l’impossibilità di definire il reale in modo univoco e assoluto; - il rifiuto della linearità del racconto. I testi modernisti sono molto complessi e grazie al modernismo cambia anche la critica letteraria —> l’impulso viene da Eliot, che è anche un critico come Woolf: egli da l’avvio alla Scuola di Cambridge fondata da Richards con i suoi “Principles of Literary Criticism” e “Pratical Criticism”. Secondo la nuova critica l’oggetto letterario va visto come fenomeno linguistico complesso in cui vanno analizzate tutte le strutture attraverso i “close reading”, però vanno esclusi fattori extratestuali come la biografia dell’autore e il contesto storico culturale. Dagli anni 20 la critica analitica si afferma, negli anni 40 Richards si stabilisce negli USA, dove la scuola di Cambridge prende il nome di “New Criticism” —> pian piano però perde vigore fino agli anni 60, quando prendono piede altre modalità critiche. Il Bloomsbury Group è un gruppo attivo negli anni 10, 20 e 30 del 900, e sono una forza propulsiva per il modernismo perché racchiudono intorno a sé una serie di figure molto importanti ed eterogenei che hanno come obbiettivo quello di contrastare il moralismo vittoriano che percepiscono ancora come molto forte. Ne fanno parte i figli di Leslie Stephen: Adrian, Thoby, Vanessa e Virginia Woolf —> parteciparono però anche Roger Fry, Duncan Grant e a volte Forster, Bertrand Russel ed Elliot. Bloomsbury Group: - è un gruppo eterogeneo di estrazione alto-borghese; - non crea manifesti; - si oppon alle convenzioni estetiche, sociali e morali dell’Inghilterra vittoriana; - promuove la tolleranza anche in materia sessuale; - promuove la scrittura femminile; - viene accusato di addomesticare la carica più estrema e dirompente del Modernismo. Di tutti gli autori modernisti vanno ricordati bene Eliot, Joyce e Woolf. THOMAS STEARRIS ELIOT 1888-1965 Thomas Stearris Eliot è americano, naturalizzato inglese nel 1927, è un poeta e critico militante: scrive poesia saggistica e teatro in versi, mentre non scrive nulla in prosa di tipo narrativo. Studia ad Harvard letteratura e filosofia, dove legge i metafisici ed è avviato allo studio di Dante e della poesia francese simbolista; decide poi di perfezionare gli studi a Parigi dove ha modo di seguire le lezioni di Bergson alla Sorbona. Va poi in Germania per approfondire Husserl e la fenomenologia, mentre ad Oxford completa la tesi di dottorato. Incontra e frequenta Pound e gli esponenti dell’imagismo e del vorticismo. Inizia a pubblicare su BLAST, la rivista dei modernisti, nel 1915. Uno dei suoi testi principali, pubblicato anche grazie all’aiuto di Pound, è “Prufrock and Other Observations” (1917) in cui: - è chiara la rottura del continuum narrativo; - il testo è frammentato, quindi si passa da un argomento all’altro; - è presente la frammentazione della coscienza, per cui non si capisce chi è il personaggio principale e se parla con se stesso o con qualcuno; - c’è discontinuità tematica e stilistica, di toni tra una sezione e l’altra della stessa poesia; - adotta il verso libero, l’uso della rima è occasionale e il verso è instabile. Però il suo capolavoro è “The Waste Land” (1922), un poemetto in verso libero di cinque sezioni, il cui tema è la crisi e la frammentazione della cultura occidentale, simbolicamente rappresenta come perdita della fertilità naturale. Fa uso del metodo mitico inaugurato da Joyce, ma formulato da Eliot in un saggio intitolato “Ulysses, Order and Myth” (Ulisse, l’ordine e il mito): il metodo mitico è un continuo parallelismo tra il passato e il presente che ci porta a vedere l’anti eroicità del presente. Per il suo poemetto si ispira a “The Golden Bough” di James Frazier e “From Ritual to Romance” di Jessie Weston —> fa un vasto impiego di citazioni e impieghi intertestuali. Pound però suggerisce a Eliot di tagliare molte parti descrittive e nessi narrativi dal suo testo, per renderlo più moderno. Eliot come critico scrive: - “Traditional and the Individual Talent” (1920) —> in cui si sottolinea l’importanza della tradizione, teoria dell’impersonalità, e una poetica antiromantica; - “Hamlet and His Problems” (1920) —> in cui definisce il cosiddetto correlativo oggettivo, sensazioni senza descriverle; - “Ulysses, Order and Myth” (1923) —> in cui ci illustra il metodo mitico. VIRGINIA WOOLF 1882-1941 Virginia Woolf raggiunse il pieno riconoscimento delle sue capacità narrative con “Mrs. Dalloway”, il suo terzo romanzo. L’esordio negli anni prebellici, dal 1904, era avvenuto nell’ambito della critica: aveva avuto modo di affinare le sue ipotesi operative e strumenti di indagine per la narrativa che stava maturando. Sia in “Modern Fiction” che in “Mr. Bennet and Mrs. Brown”, Virginia Woolf sostenne l’inattualità delle convenzioni del romanzo di Bennet, Wells e Galsworthy —> il realismo con cui quegli scrittori raccontavano la realtà era per lei totalmente inadeguato: sia cogliere il contesto di una realtà completamente diversa, sia fronteggiare la complessità modernista. Sono però due fenomeni a permettere la svolta dell’autrice: - la riflessione sulla rivoluzione delle forme che aveva caratterizzato il periodo prebellico; - la riflessione sulla rivoluzione delle tecniche narrative, attuata soprattutto da Joyce.
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