Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Appunti sull'Inferno di Dante (Divina Commedia), Appunti di Italiano

Appunti sull'Inferno di Dante (Divina Commedia). Con analisi, parafrasi e commento completi dei canti principali dell'inferno. Sono: - PRIMO CANTO dell’INFERNO; - SECONDO CANTO dell’INFERNO; - TERZO CANTO dell’INFERNO; - QUARTO CANTO DELL’INFERNO; - QUINTO CANTO DELL’INFERNO; - SESTO CANTO DELL’INFERNO; - DECIMO CANTO DELL’INFERNO; - TREDICESIMO CANTO DELL’INFERNO; - SEDICESIMO CANTO DELL’INFERNO; - VENTISEIESIMO CANTO DELL’INFERNO.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 06/09/2023

alibum
alibum 🇮🇹

6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti sull'Inferno di Dante (Divina Commedia) e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! 1 APPUNTI SULLA DIVINA COMMEDIA: ANNO SCOLASTICO 2022/2023 INDICE DEGLI APPUNTI: - PRIMO CANTO dell’INFERNO; - SECONDO CANTO dell’INFERNO; - TERZO CANTO dell’INFERNO; - QUARTO CANTO DELL’INFERNO; - QUINTO CANTO DELL’INFERNO; - SESTO CANTO DELL’INFERNO; - DECIMO CANTO DELL’INFERNO; - TREDICESIMO CANTO DELL’INFERNO; - SEDICESIMO CANTO DELL’INFERNO; - VENTISEIESIMO CANTO DELL’INFERNO. 2 PRIMA CANTICA DELL’INFERNO: QUANDO? Tra la notte del giovedì Santo del 7 aprile 1300 e l’alba del venerdì Santo dell’8 aprile. DOVE? Nella Selva Oscura, un bosco intricato dove ai margini si vede il Colle delle Tre Grazie, illuminato dal Sole. CHI? Dante, Virgilio e le tre fiere: lonza (simbolo della lussuria), il leone (superbia) e la lupa (avidità). PARAFRASI: Nel mezzo del cammin di nostra vita Giunto a metà del percorso della mia vita terrena mi ritrovai per una selva oscura, mi ritrovai in un bosco oscuro, ché la diritta via era smarrita. poiché la via del bene era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura Ahi quanto è difficile descrivere quanto esta selva selvaggia e aspra e forte fosse selvaggia e intricata e impenetrabile questa selva che nel pensier rinova la paura! che al solo ripensarci mi rinnova la paura. Tant’ è amara che poco è più morte; È così angosciosa che poco più lo è la morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, ma per esporre il bene che vi ho trovato, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. parlerò delle altre cose che lì ho visto. Io non so ben ridir com’ i’ v’intrai, Non so riferire bene il modo in cui vi entrai tant’ era pien di sonno a quel punto tanto ero pieno di sonno in quel momento che la verace via abbandonai. in cui/che abbandonai la via della verità. ANALISI: PERCHÉ LA DIVINA COMMEDIA È AMBIENTATA NEL 1300?? trascrizione in italiano moderno rispettando il numero delle parole e cambiando in strutture sintattiche dei nostri giorni -> non è un riassunto!! figure retoriche: di suono, di significato, di ordine; possibili interpretazioni del passo o di versi proposte dagli studiosi 5 COMMENTO 2: Il poeta, giunto al limite della selva, scorge un colle, la cui cima è illuminata dal sole. Come il naufrago che, uscito dal pericolo, si volge al mare da cui è riuscito a salvarsi, Dante volge lo sguardo verso la selva rimasta alle sue spalle e dopo un breve riposo per rinfrancare le forze, riprende il cammino verso l'erta del colle. PARAFRASI 3: E come quei che con lena affannata, E come colui che con respiro affannoso, uscito fuor del pelago a la riva, scampato dal mare verso la riva, si volge a l’acqua perigliosa e guata, si rivolge verso l’acqua piena di insidie e guarda, così l’animo mio, ch’ancor fuggiva, così il mio animo che ancora fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo si girò indietro a osservare quel passaggio che non lasciò già mai persona viva. che non aveva mai lasciato vivo nessuno. Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso, Dopo che ebbi riposato un po’ il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, ripresi il cammino lungo quel pendio deserto, sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso. in modo che il piede saldo fosse sempre il più basso. Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, Ed ecco, quasi all’inizio della salita, una lonza leggera e presta molto, una lonza agile e molto veloce, che di pel macolato era coverta; che era ricoperta di pelo maculato; e non mi si partia dinanzi al volto, e non si allontanava dal mio sguardo, anzi ’mpediva tanto il mio cammino, anzi ostacolava tanto il mio cammino, ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto. che io più volte fui tentato di tornare indietro. ANALISI 3: 6 VERSO 22-27 è una lunga similitudine, con il paragone del naufrago Dante vuole indicare il proprio stato d’animo. PELAGO (v.23) è latinismo. Guata (v.24) vuol dire guarda, GUATARE è il verbo intensivo di guardare. Il Benvenuto, uno studioso della Divina Commedia, ci dà due INTERPRETAZIONI (v.26-27): - Tutti quelli che si inoltrano nella selva del peccato muoiono spiritualmente; - Nessun vivente ha mai potuto completamente evitare il vizio. Nella prima interpretazione il CHE è soggetto (passaggio che non aveva mai lasciato vivo nessuno); nella seconda il soggetto è “persona viva” e il CHE è complemento oggetto (il passaggio che nessuna persona aveva giammai lasciato). VERSO 8 èi è passato remoto del verbo avere. Dante sta camminando in salita. LASSO (v.8) è un latinismo per stanco. La lonza è la prima delle tre fiere che incontra e gli impedisce la salita al colle delle Grazie, rappresenta la lussuria. I tre vizi (lussuria, avidità, superbia) sono le RADICI DI TUTTI I PECCATI. La lonza è un’animale della fantasia medievale, una simil lince o leopardo o pantera, è un felino, animale crudele e perennemente in calore. Ha le stesse caratteristiche della lussuria, cioè leggera, veloce e agile. PIU VOLTE VOLTO (v.36) è una paronomasia, cioè l’accostamento di due parole di suono simile, ma significato diverso. COMMENTO 3: Apparizione di tre fiere: Dante retrocede verso la selva 7 Proprio mentre il poeta inizia la salita gli si para dinanzi una lonza leggera e veloce che gli sbarra il cammino. Il momento favorevole dell'ora e della stagione (la mattina dell'equinozio di primavera) sembra ridare momentaneamente al poeta la speranza di raggiungere la sommità del Colle, speranza che svanisce del tutto all'apparizione di un leone che avanza minaccioso ruggendo e di una lupa magra e affamata. Questa anzi, movendo contro Dante, lo ricaccia a poco a poco nella selva oscura. PARAFRASI 4: Temp’era dal principio del mattino, Era l’alba, e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle e il Sole saliva in cielo in congiunzione con quelle stelle ch’eran con lui quando l’amor divino che erano con lui quando divino Amore mosse di prima quelle cose belle; impresse il movimento per la prima volta agli astri; sì ch’a bene sperar m’era cagione cosicché erano motivo di speranza per me di quella fiera a la gaetta pelle contro quella fiera dalla pelliccia screziata l’ora del tempo e la dolce stagione; l’ora del giorno e la dolce stagione; (sogg) ma non sì che paura non mi desse ma non a tal punto che non mi incutesse paura la vista che m'apparve d'un leone. la visione che mi apparve di un leone. Questi parea che contra me venisse Questo pareva che venisse contro di me con la test’alta e con rabbiosa fame, con la testa alta e con una fame rabbiosa; sì che parea che l’aere ne tremesse. tanto che l’aria stessa sembrava tremare. ANALISI 4: VERSO 37 si hanno delle indicazioni cronologiche, siamo alle prime ore dell’8 aprile (Venerdì Santo). 10 Quando vidi costui nel gran diserto, Non appena vidi costui in quella landa desolata "Miserere di me", gridai a lui, gli gridai: “abbi pietà di me, "qual che tu sii, od ombra od omo certo!". chiunque tu sia, o spirito o uomo vero”. Rispuosemi: "Non omo, omo già fui, Mi rispose: “non uomo, ma fui uomo, e li parenti miei furon lombardi, e i miei genitori furono dell’Italia settentrionale, mantoani per patrïa ambedui. tutti e due mantovani di nascita. Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, Nacqui al tempo di Giulio Cesare, sebbene troppo tardi e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto e vissi a Roma sotto il valente Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. Al tempo degli dei falsi e bugiardi. Poeta fui, e cantai di quel giusto Fui poeta e cantai di quel giusto figliuol d’Anchise che venne di Troia, figlio di Anchise che venne da Troia, poi che ’l superbo Ilïón fu combusto. dopo che la superba Ilio fu bruciata. ANALISI 6: Compare Virgilio. Tutti i personaggi non sono scelti a caso, ma per il loro valore storico ed allegorico. In particolare Virgilio rappresentava un modello letterario per Dante. VERSO 63 FIOCO indica l'inconsistenza corporea delle anime. LUNGO SILENZIO perché Virgilio è morto tanto tempo fa. VERSO 68 parenti è un latinismo (da parens, tis). VERSO 65 miserere è un latinismo. VERSO 68 nel Medioevo con Lombardia si indicava tutta l'Italia settentrionale. VERSO 70 quando Cesare muore, Virgilio non era ancora un poeta noto e non poteva essere apprezzato da Giulio Cesare. SUB IULIO è un latinismo. 11 VERSO 71 Augusto è il primo imperatore di Roma, governa dalla battaglia di Azio (31 a. C.) al 14 d. C. VERSO 72 DEI BUGIARDI ci si riferisce alla religione pagana, post-mortem Virgilio è stato relegato nel limbo e ha avuto modo di conoscere il Cristianesimo. VERSO 74 Anchise è Enea, il figlio di Anchise e Venere. COMMENTO 6: Mentre retrocede verso la selva, Dante vede una figura umana e a quella si rivolge chiedendo aiuto, anche se non sa distinguere se si tratti di ombra o di uomo vivo. L'ombra risponde di essere stata un uomo un tempo e, rivelandosi per Virgilio, invita il poeta a salire il dilettoso monte, principio di ogni completa felicità. All'udire ciò, Dante risponde con umiltà esaltando Virgilio come onore e lume degli altri poeti, come autore e maestro suo, e in nome della sua fedeltà di discepolo lo prega di liberarlo dal pericolo della lupa. Il pianto accompagna la disperata richiesta e Virgilio, rincuorandolo, esorta Dante a incamminarsi per una via diversa perché la lupa è così pericolosa non solo da impedire il cammino, ma anche da uccidere chi si trovi sulla sua strada. PARAFRASI 7: Ma tu perché ritorni a tanta noia? Ma tu perché torni a un così grande affanno? perché non sali il dilettoso monte perché non sali il beato monte ch’è principio e cagion di tutta gioia?". che è principio e causa di totale felicità? "Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte Sei davvero il famoso Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?", che spande un così grande fiume di eloquenza? rispuos’io lui con vergognosa fronte. Gli risposi con la fronte alassata. 12 "O de li altri poeti onore e lume, O tu che sei onore e guida degli altri poeti vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore mi giovi la costante attenzione ed il grande amore che m’ ha fatto cercar lo tuo volume. che mi ha spinto a studiare a fondo la tua opera Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore, Tu sei il mio maestro e colui che ha su di me grande autorità, tu se’ solo colui da cu’ io tolsi Tu sei il solo da cui io trassi lo bello stilo che m’ ha fatto onore. quello stile alto che mi ha procurato onore. ANALISI 7: NOIA è un provenzalismo usato per indicare la selva oscura, significa tormento. DILETTOSO MONTE è il Colle delle 3 Grazie. ILLE in latino è "quel", vicino ai nomi propri assume il significato di famoso (Virgilio è fonte di eloquenza, onore e guida per gli altri poeti, Dante elogia Virgilio). Auerbach trova qui le basi dell’interpretazione figurale, infatti Virgilio non è inteso solo come guida, ma anche come autore. RISPUOSI IO LUI: eclissi della preposizione del complemento di termine. CON VERGOGNOSA FRONTE: Dante considera sé stesso un peccatore e non si sente all'altezza di salire il Colle delle 3 Grazie. VAGLIAMI: i doppi soggetti sono lungo studio e grande amore, ma il verbo è al singolare (riferimento ad Eneide). Con AUTORE si intende ogni persona degna di essere creduta ed obbedita. BELLO STILO si ci riferisce allo stile tragico (vedi De Vulgari Eloquentia). PARAFRASI 8: 15 - se gli animali sono gli altri due vizi, la cupidigia si associa ad altri vizi. VELTRO (VERSO 101) era un cane da caccia, rappresenta l'allegoria di un riformatore fortemente agognato da Dante capace di ristabilire l'ordine compromesso dalla politica e dalla religione. Alcuni studiosi pensano che il veltro sia il restauratore religioso che dà alla Chiesa un'impronta più evangelica. Altri pensano rappresenti un paciere super partes, per esempio Cangrande della Scala, il Signore di Verona, o Arrigo VII. Però nessuna di queste interpretazioni è pienamente convincente. VELTRO (VERSO 103-105) è l'antagonista dell'ingordigia, ha le caratteristiche opposte: - è distaccato dalle ricchezze; - rappresenta la sapienza (Figlio), l'amore (lo Spirito Santo) e la virtù (Padre) (trinità); - ha le caratteristiche del Buon cristiano. In senso letterario è anche una lega di metalli di poco valore, insieme di metalli; ricchezza in senso proprio. VERSO 105 viene ribadito l'elogio alla povertà, come Gesù quando è nato. UMILE ITALIA è un riferimento all'Eneide (3; 522-523), indica una situazione di decadenza. PERSONAGGI DELL'ENEIDE: Camilla è la figlia del re dei Volsci, la quale è morta combattendo contro Enea. Eurialo e Niso sono due eroi Troiani, erano amici e moriranno insieme. 16 Turno, re dei Rutuli, è ucciso da Enea (Eneide, 12). Dante cita indifferentemente personaggi troiani e latini, mescola vincitori e vinti che hanno creato la società latina. VERSO 109 VILLA è un francesismo usato per indicare la città. VERSO 111 Lucifero tenta la donna e l'uomo con una domanda "Vuoi conoscere tutto quello che Dio sa?" e loro ci cadono. PRIMA INVIDIA indica Lucifero, che è il primo invidioso della storia. VERSO 112 ME è un’apocope della parola meglio, cioè un troncamento della vocale finale o della parte finale della parola per ragioni fonetiche di brevità o comodità. VERSO 114 LOCO ETERNO indica l'Inferno. Nell'inferno la vista e l'udito sono sconvolti dalle pene dei dannati. SECONDA MORTE (V. 117) indica la morte dell'anima. Tre diverse interpretazioni: Per Boccaccio i dannati non maledirebbero la dannazione, ma evocherebbero la seconda morte per far cessare le sofferenze. Per Buti, invece, i dannati attendono la resurrezione dei corpi ed il giudizio finale per vedersi assegnata la condanna definitiva. Per Ottimo l'imprecazione nasce dalla disperazione. COMMENTO 9: Proseguendo nel suo discorso, Virgilio dichiara che l'opera nefasta della lupa continuerà ancora sulla terra finché non giungerà un veltro (cioè un salvatore) a liberare il mondo dalla sua presenza. Con linguaggio oscuro come si addice alle 17 profezie, il veltro è designato per mezzo di alcune caratteristiche: non si ciberà né di terra né di peltro, ma sarà nutrito solo di sapienza, di amore e di virtù, e la sua nascita avverrà tra “feltro e feltro”. Sarà la salvezza dell'Italia, per la quale sono morti i primi eroi cantati da Virgilio, e caccerà finalmente nell'inferno la lupa, che da quello era uscita. PARAFRASI 10: e vederai color che son contenti E vedrai coloro che sono felici nel foco, perché speran di venire pur nel fuoco, perché sperano di arrivare quando che sia a le beate genti. quando sia il tempo tra le anime beate. A le quai poi se tu vorrai salire, Alle quali se tu poi vorrai salire, anima fia a ciò più di me degna: ci sarà a ciò un'anima più degna di me: con lei ti lascerò nel mio partire; con lei ti lascerò quando dovrò lasciarti; ché quello imperador che là sù regna, perché quell'imperatore che regna lassù nei cieli, perch’i’ fu’ ribellante a la sua legge, dal momento che io fui ribelle alla sua legge non vuol che ’n sua città per me si vegna. non permette che io entri nella sua città. ANALISI 10: VERSO 118 E SEGUENTI Virgilio fa riferimento alle anime del Purgatorio. Mentre le anime del Purgatorio possono sperare di accedere al Paradiso, i dannati rimarranno per sempre nell'inferno. La tradizione cristiana immaginava le anime del Purgatorio avvolte dalle fiamme, mentre per Dante l'unica categoria del Purgatorio in cui c'è il fuoco è quella dei lussuriosi. VERSO 124 perifrasi per indicare Dio. VERSO 125 Virgilio in vita fu ribelle perché non credette nel Messia, quindi non poté essere salvato. 20 Beatrice ad intercedere per Dante, poiché lui l'aveva amata tantissimo e grazie a questo amore si era elevato dalla mediocrità morale ed artistica. Virgilio termina il racconto e spinge Dante ad abbandonare tutti i suoi timori. Dante è confortato e si addentra nella Selva Oscura accompagnato da Virgilio. SIMBOLI E SIGNIFICATI: “IO NON ENEA, IO NON PAOLO SONO”. Queste due figure sono usate per esprimere i dubbi che sorgono a Dante: Enea era sceso nell’Ade nell’Eneide, San Paolo racconta di essere salito al terzo cielo nella seconda lettera ai Corinzi. Indicano i due Soli teorizzati nella visione politica di Dante: San Paolo rappresenta la Chiesa, mentre Enea l’impero. Dante è furbo perché sembra umile, ma in realtà non è così, lo è solo in apparenza: dal momento che compirà e porterà a termine questo viaggio si paragona a personaggi illustri. L’INTERCESSIONE DELLA VERGINE MARIA è un sigillo di sacralità al destino di Dante e questa è la prima testimonianza del culto mariano. SANTA LUCIA è una santa siracusana ed è la protettrice degli occhi. Per Dante la vista è fondamentale, nonostante lui abbia sviluppato una grave malattia agli occhi. Viene ripreso il motivo SALVIFICO dell’amore della donna, tratto tipico dello Stilnovo che salva effettivamente l’uomo. Il fatto che Beatrice fosse preoccupata è motivo per Dante di affrontare il viaggio con ardore. 21 MARIA → grazia preveniente LUCIA → grazia illuminante BEATRICE → grazia operante Dante INVOCA LE MUSE perché vuole elogiare i canoni tradizionali del proemio epico. TERZO CANTO: DOVE? Nell’Antinferno I peccatori sono i pusillanimi CHI? Dante, Virgilio e Caronte. PARAFRASI 1: ’Per me si va ne la città dolente, Attraverso di me si entra nella città della sofferenza, per me si va ne l'etterno dolore, attraverso di me si entra nel dolore senza fine, per me si va tra la perduta gente. attraverso di me si entra tra la gente dannata. Giustizia mosse il mio alto fattore; La giustizia ha guidato il mio supremo Creatore; fecemi la divina podestate, mi ha creato il potere divino (Dio Padre), la somma sapïenza e ’l primo amore. l’altissima sapienza (Dio Figlio) ed il primo amore (Spirito Santo). Dinanzi a me non fuor cose create Prima di me non sono state create delle cose se non etterne, e io etterno duro. che non fossero eterne ed io duro in eterno. Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate’. Abbandonate ogni speranza voi ch’entrate. 22 ANALISI 1: PER ME VERSO 1-3 costituisce un’anafora in incipit di verso; indica l’inesorabilità/inevitabilità della condanna dell’Inferno. CITTÀ DOLENTE indica l’Inferno, è una chiara antitesi con la Gerusalemme celeste. DOLENTE (VERSO 1) E DOLORE (VERSO 2) sono una replicatio per indicare la natura delle sofferenze dell’Inferno. FATTORE è Dio, il quale ha creato il Paradiso come massimo premio e l’Inferno per coloro che non hanno accettato il suo amore. PADRE è una potenza creatrice ed ordinatrice, FIGLIO è la sapienza, SPIRITO SANTO è l’amore. Prima dell’Inferno esistevano solo cose create da Dio che erano eterne ed incorruttibili (come gli angeli e le sfere celesti). ETERNO ha valore di avverbio, è costruito alla latina. VERSO 9 rammenta che la pena dell’Inferno è eterna, a differenza di quella del Purgatorio. COMMENTO 1: I due poeti sono davanti alla porta dell'Inferno. Dante legge su di essa una terribile iscrizione che dichiarando l'eternità del luogo, ammonisce chi entra a lasciare ogni speranza. Queste parole turbano il poeta, ma Virgilio lo rinfranca esortandolo a lasciare ogni dubbio e ogni viltà. Presolo per mano, lo introduce nel regno dei morti. PARAFRASI 2: Queste parole di colore oscuro Vidi queste parole a carattere nero vid’ïo scritte al sommo d’una porta; scritte sulla sommità di una porta; 25 VERSO 30 similitudine, è ricorrente nella Divina Commedia. La tempesta di vento sulla spiaggia semina il panico tra i bagnanti. COMMENTO 3: SIAMO NELLA PRIMA SCHIERA DELLE ANIME DANNATE. Appena entrato nell'Inferno, Dante sente sospiri, pianti e lamenti confusi in un tumulto fatto di diverse lingue, parole, urla, mani che percuotono corpi, tanto spaventoso da spingere alle lacrime. Chiesto a Virgilio chi sono quelle genti che si lamentano, viene a sapere che sono le anime dei pusillanimi (IGNAVI), che in vita non si sono mai schierati dalla parte del bene o del male, respinte dallo stesso Inferno per la loro vita senza scopo. A queste sono mischiati gli angeli neutrali, che attesero l'esito della lotta tra Dio e Lucifero: i cieli li cacciano, l'Inferno li respinge. Virgilio sdegnosamente invita il poeta a passare oltre. Dante scorge tra quegli spiriti l'ombra di colui che fece un gran rifiuto, passa e non lo nomina neppure. Osserva la loro pena: costoro sono costretti a correre eternamente dietro un'insegna priva di significato, punti da vespe e mosconi, mentre il sangue, che riga loro il volto, e le lacrime cadono a terra, raccolte da schifosi vermi. PARAFRASI 4: E io ch’avea d’error la testa cinta, Io che avevo la mente avvolta dal dubbio dissi: "Maestro, che è quel ch’i’ odo? dissi: “Maestro, che cos’è quello che sento? e che gent’è che par nel duol sì vinta?". e chi è quella gente che sembra così sopraffatta dal dolore?”. Ed elli a me: "Questo misero modo Ed egli a me: “In questa misera condizione tegnon l’anime triste di coloro stanno le anime disgraziate di coloro che visser sanza ’nfamia e sanza lodo. che vissero senza infamia e senza lode. 26 Mischiate sono a quel cattivo coro Sono unite a quella vile schiera di angeli de li angeli che non furon ribelli che non furono ribelli né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. né fedeli a Dio, ma stettero in disparte. Caccianli i ciel per non esser men belli, I cieli li cacciano per non offuscare la propria bellezza, né lo profondo inferno li riceve, e neppure gli accoglie il profondo Inferno, ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli". perché i dannati da loro potrebbero avere qualche motivo di vanto”. ANALISI 4: VERSO 36 LODO, è un metaplasmo, cioè un mutamento fonetico e formale di una parola. Nell’Apocalisse non si fa riferimento agli angeli, ma questi sono testimoniati dai Vangeli apocrifi, dalla visione di Pauli e nella Navigatio Sancti Brandani. VERSO 40 CACCIALI, si ha un’enclitica del pronome. I dannati possono essere compiaciuti dall’avere tra loro degli angeli e dei peccatori così spregevoli, costituirebbero un motivo di vanto per l’Inferno. PARAFRASI 5: Fama di loro il mondo esser non lassa; Il mondo non lascia che resti alcun ricordo di loro; misericordia e giustizia li sdegna: sia la misericordia sia la giustizia di Dio li rifiutano: non ragioniam di lor, ma guarda e passa". non parliamo di loro, ma guardali e cammina”. E io, che riguardai, vidi una ’nsegna E io, che guardai, vidi una bandiera che girando correva tanto ratta, che girando correva così veloce, che d’ogne posa mi parea indegna; che mi sembrava essere incapace di ogni sosta; 27 e dietro le venìa sì lunga tratta e dietro la seguiva una così lunga fila di gente, ch’i’ non averei creduto di anime, che io non avrei mai creduto che morte tanta n’avesse disfatta. che la morte ne avesse distrutte tante. Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, Dopo che io vi ebbi riconosciuto qualcuno, vidi e conobbi l’ombra di colui vidi e riconobbi l’anima di colui che fece per viltade il gran rifiuto. che per viltà fece il grande rifiuto. Incontanente intesi e certo fui Immediatamente capii e fui certo che questa era la setta d’i cattivi, che questa era la schiera di quei malvagi, a Dio spiacenti e a’ nemici sui. disprezzati sia da Dio sia dai suoi nemici. Questi sciaurati, che mai non fur vivi, Questi vigliacchi, che non furono mai vivi, erano ignudi e stimolati molto erano nudi e punti di continuo da mosconi e da vespe ch’eran ivi. da mosconi e vespe che stavano lì. Elle rigavan lor di sangue il volto, Questi rigavano loro il volto di sangue, che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi che, mischiato a lacrime, da fastidiosi vermi era ricolto. era raccolto ai loro piedi da ripugnanti vermi. ANALISI 5: VERSO 50 MISERICORDIA E GIUSTIZIA sono metonimie, cioè al posto di designare l’oggetto con un termine specifico ne uso un altro che ha con il primo un rapporto di varia natura, per il Paradiso e l’Inferno. VERSO 52 STENDARDO che non ha valore, non è specificata. Questo meritavano i vili: seguire una bandiera qualunque (esempio di contrappasso). VERSO 56-57 moltissime anime hanno peccato di viltà, ignavia, vede davanti a sé un’immensa moltitudine. 30 momento in cui saranno sulle rive dell'Acheronte. Improvvisamente appare sul fiume una barca condotta da un vecchio nocchiero, che rivolge alle anime minacce terribili. Poi, voltosi a Dante, gli ordina di ritornare indietro perché di Ii non potrà passare. È il demonio Caronte, che Virgilio invita a non crucciarsi perché il viaggio di Dante è voluto da Dio. Intanto le anime, gridando e bestemmiando, si affrettano a salire sulla barca, mentre Caronte le percuote con il remo; ma prima che quelle siano giunte all'altra riva, su questa se ne raduna una nuova schiera. PARAFRASI 7: Caron dimonio, con occhi di bragia Il demonio Caronte, con occhi rossi come il fuoco loro accennando, tutte le raccoglie; le riunisce tutte con gesti a loro rivolti; batte col remo qualunque s'adagia. batte col remo chiunque indugia. Come d’autunno si levan le foglie Come in autunno si staccano le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo una dopo l’altra, finché il ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, vede tutte le sue spoglie a terra, similemente il mal seme d’Adamo così i discendenti malvagi di Adamo gittansi di quel lito ad una ad una, si slanciano da quel lido nella barca a uno a uno, per cenni come augel per suo richiamo. secondo i gesti di Caronte, come un uccello al suo richiamo. Così sen vanno su per l’onda bruna, In questo modo se ne vanno per l’acqua cupa, e avanti che sien di là discese, e prima che siano giunti all’altra sponda, anche di qua nuova schiera s’auna. di nuovo si raduna di qua una nuova schiera. ANALISI 7: 31 VERSI 95-96 COLÀ…VUOLE è una sentenza che indica che il viaggio di Dante è voluto da Dio, una formula rituale. CARONTE figura mitica classica pagana, invece demonio è un appellativo cristiano. Spesso Dante associa diverse religioni. VERSI 112-117 doppia similitudine: il movimento delle anime è paragonato al movimento delle foglie (modello di Virgilio, Eneide 6; 309-312), le anime rispondevano ai cenni di Caronte come gli uccelli sono richiamati dalle reti e dalle trappole. VERSO 120 tanti dannati. COMMENTO 7: Con dolcezza Virgilio spiega a Dante che attraverso l'Acheronte non può passare anima non dannata: perciò le parole di Caronte diventano ben chiare. Appena terminato questo discorso, un bagliore improvviso squarcia le tenebre, preceduto da un terremoto pauroso, per cui Dante perde i sensi. SIMILITUDINE DELLE FOGLIE: La similitudine che mette in relazione la stirpe umana e le foglie ricorre, con accenti e significati differenti, tre volte nei poemi omerici. 1. La prima - e più celebre - occorrenza dell'immagine è quella di Iliade, VI vv.146-149. Sul campo di battaglia si incontrano per la prima volta il greco Diomede e Glauco, alleato dei Troiani. Diomede domanda allo sconosciuto avversario la sua identità - teme di trovarsi di fronte ad un dio - e Glauco risponde:“Tal e quale la stirpe delle foglie è la stirpe degli uomini. Le foglie il vento ne sparge molte a 32 terra, ma rigogliosa [la selva delle altre ne germina, e torna l'ora della primavera: così anche la stirpe degli uomini, una sboccia e l'altra sfiorisce”. L'elemento che accomuna i due termini messi a confronto, è la mancanza di rapporto fra una progenie (di uomini come di foglie) e quella precedente: il legame di stirpe sembra essere qui svuotato di significato e sostituito dal sentimento di appartenenza ad una medesima generazione di coetanei. Senonché, subito dopo, Glauco indugia, ed è proprio la constatazione di un'antica amicizia fra la stirpe di Glauco e quella di Diomede a determinare la conclusione positiva dell'episodio. 2. Con un significato leggermente differente l'immagine delle foglie ritorna in lliade, XXI vv. 462-466, dove, a Posidone che gli propone di intervenire in battaglia in aiuto dei Greci, Apollo risponde: delle foglie ritorna in Il., XXI vv. 462-466, dove, a Posidone che gli propone di intervenire in battaglia in aiuto dei Greci, Apollo risponde: «Scuotitore della terra, che non sono saggio tu dovre- [sti dire, se con te mi mettessi a combattere per far piacere ai [mortali miserabili, che simili a foglie una volta si mostrano pieni di forza, quando mangiano il frutto dei campi, altra volta cadono privi di vita». Il tertium comparationis è in questo caso la brevità e la caducità della vita umana, a differenza di quella degli dei. 3. Infine, il paragone tra uomini e foglie ricorre in Odissea, IX v.51-52: i Ciconi sopraggiungono a vendicare la scorreria 35 Come nel passo dell'Odissea qui il tertium comparationis è la quantità: le foglie, numerose, sono però questa volta osservate alla fine della loro stagione, non all'inizio, coerentemente con la situazione dei defunti nell'Oltretomba. Lorenzo de' Medici (1449-1492) nel poemetto Corinto, ricco di reminiscenze letterarie, riprende il parallelo fra uomini e foglie: il tema è quello del rimpianto del tempo breve della giovinezza. Il pastore Corinto, proiezione dello stesso Lorenzo, effonde al lume della luna i suoi lamenti d'amore per la giovane e bella ninfa Galatea, ritrosa ad ogni suo approccio; il suo discorso si conclude con l’immagine delle rose candide e rosse, appena sbocciate nel giardino e presto sfiorite. Il malinconico motivo delle rose, che si nascere e morire, offre lo spunto per un invito a cogliere il fiore della giovinezza e della bellezza. Infine, Giuseppe Ungaretti (1888-1970), nella lirica Soldati, composta nel bosco di Courton, in Francia, sul finire della Prima guerra mondiale (nel luglio 1918), attraverso la similitudine uomini-foglie, resa in forma epigrammatica, sottolinea, come già Mimnermo, la fragilità della condizione umana, accentuata in questo caso dalla drammatica esperienza della guerra. Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie 36 Il titolo, Soldati, è il primo termine del paragone che viene svolto nei quattro versi del testo; il tertium comparationis è il modo di stare, precario: quello dei soldati in attesa del distacco definitivo e inevitabile della vita e quello delle foglie in autunno, quando un soffio di vento basta per far le cadere. CONCLUSIONE DEL CANTO: Tutti gli animi che vanno all’Inferno vogliono attraversare velocemente il fiume poiché sono spronati dalla giustizia divina che trasforma la loro paura in desiderio. Trema la terra, Dante-autor al solo ricordo inizia a sudare, c’è un terremoto, un lampo, il vento e lui sviene. QUARTO CANTO DELL’INFERNO: DOVE? Ci troviamo nel Limbo, qua inizia ad esserci l’oscurità più totale. CHI SONO I DANNATI? I dannati sono i virtuosi non battezzati o nati prima di Cristo (sono anche detti spiriti magni) Tra queste anime ci sono Virgilio, la moglie di Catone l’Uticense ed i bambini morti prima del battesimo. QUAL È LA LORO PENA? I non battezzati sono gli unici dannati a dover soffrire una pena solo spirituale. Per contrappasso loro che non hanno conosciuto Cristo in vita, ora desiderano contemplare Dio ma non possono. Non essendo stati battezzati o non avendo conosciuto Cristo, non hanno avuto la possibilità di essere salvati. Dante chiede se mai qualcuno fosse riuscito ad uscire dal Limbo e Virgilio gli 37 ricorda che Gesù è sceso agli inferi ed aveva liberato i patriarchi e gli ebrei dell’Antico Testamento, che avevano vissuto in attesa del Messia. Nella zona luminosa, in cui stavano coloro che si erano distinti per i meriti, Virgilio e Dante incontrano gli spiriti dei quattro sommi poeti: Omero, Orazio, Ovidio e Lucano. Questi accolgono Dante fra loro ed insieme vanno al luminoso castello degli spiriti magni (coloro che si erano distinti per l’altezza dell’ingegno o per il coraggio nelle armi). Intorno al castello ci sono sette cerchie di mura, oltre alle quali si trova un prato verde dove camminano questi spiriti magni. Successivamente Virgilio e Dante si congedano dagli altri poeti e proseguono il loro cammino. Tra i liberati sopracitati c’è anche Catone l’Uticense: dopo essere stato liberato diventa il guardiano del Purgatorio, anche se era un suicida. Si era suicidato per non dover abiurare i propri ideali repubblicani. Catone rappresentava un modello per i cristiani: infatti lui per la libertà repubblicana ha dato la vita, così come i cristiani dovrebbero star lontani dal peccato. CANTO QUINTO DELL’INFERNO: DOVE? Secondo cerchio dell’Inferno. CHI? Ci sono i lussuriosi, coloro che in vita hanno ricercato l’appagamento dei sensi contro ogni regola e quindi si sono abbandonati alle passioni smodatamente. Poi gli altri personaggi principali sono Minosse, il giudice infernale, Francesca da Rimini e Paolo Malatesta. 40 "guarda com’entri e di cui tu ti fide; bada a come entri e di chi ti fidi; non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!". non ti inganni la facilità di entrare!” E ’l duca mio a lui: "Perché pur gride? E la mia guida a lui: ”Perché continui a gridare? Non impedir lo suo fatale andare: Non impedire il suo cammino voluto dal fato: vuolsi così colà dove si puote si vuole così là dove si può ciò che si vuole, e più non dimandare". ciò che si vuole, e non fare più domande”. Or incomincian le dolenti note Ora le grida di dolore a farmisi sentire; or son venuto iniziano a farsi udire da me; ora sono giunto là dove molto pianto mi percuote. là dove il forte pianto mi colpisce. Io venni in loco d’ogne luce muto, Io giunsi in un luogo privo di ogni luce, che mugghia come fa mar per tempesta, che risuona come fa il mare a causa della tempesta, se da contrari venti è combattuto. se è sferzato da venti contrari. ANALISI 2: VERSO 6 indica, con gli avvolgimenti della coda, il numero dei cerchi che l’anima dovrà percorrere per giungere al luogo a lei destinato. VERSO 16-20 l’interruzione del giudizio è determinata dalla presenza eccezionale di un vivo nel regno dei morti. VERSO 20 viene ripreso il vangelo di Matteo VII, 13, in cui si dice di non fidarsi della via larga che conduce alla perdizione, ma di condurre la via erta e difficile che ci porterà alla salvezza. VERSO 23-24 sono le stesse parole che Virgilio rivolse a Caronte e fanno tacere immediatamente il guardiano infernale. VERSO 28 sinestesia fra occhi (luce) e udito (muto). VERSO 31 BUFERA INFERNAL indica la legge del contrappasso. 41 COMMENTO 2: 19 Secondo Boccaccio, Minosse dice che non è furbo seguire una persona che in vita non ha saputo salvare sé stessa. Invece, secondo Landino, Minosse dice a Dante di non fidarsi solo delle forze della propria ragione. PARAFRASI 3: Quando giungon davanti a la ruina, quando giungono davanti al baratro, quivi le strida, il compianto, il lamento; qui le urla, il compianto, il lamento, bestemmian quivi la virtù divina. bestemmiano qui la virtù divina. Intesi ch’a così fatto tormento Compresi che a tale tormento enno dannati i peccator carnali, sono condannati i peccatori carnali che la ragion sommettono al talento. che sottomettono la ragione al piacere. E come li stornei ne portan l’ali E come le ali portano gli stormi nel freddo tempo, a schiera larga e piena, nella fredda stagione, in una schiera ampia e compatta così quel fiato li spiriti mali così quel turbine gli spiriti malvagi di qua, di là, di giù, di sù li mena; di qua, di là, di giù e di su li trascina; nulla speranza li conforta mai, nessuna speranza li conforta mai, non che di posa, ma di minor pena. non solo di tregua, ma nemmeno di pena minore. ANALISI 3: VERSO 34 RUINA è il baratro causato dal terremoto tremendo che nel Vangelo di Matteo ha segnato lo sbigottimento della natura di fronte alla morte di Cristo. Anche l'Inferno ha tremato e si sono aperte tre voragini: lussuriosi (2 cerchio), violenti (7 cerchio) e la 5 bolgia (dei barattieri). I dannati urlano ancora 42 di più perché la voragine gli ricorda il destino di eterna dannazione (congettura). VERSO 38 ENNO analogia di essere (per sono). VERSO 38 PECCATORI CARNALI sono i lussuriosi che si sono abbandonati ai piaceri della carne. VERSI 40-49 presentano due similitudini entrambe legate agli uccelli (storni e gru). Le similitudini sono legate tra loro perché gli storni indicano la complessità di tutti i lussuriosi, mentre la seconda (gru) si riferisce alla sottoschiera dei lussuriosi morti di morte violenta (come Paolo e Francesca). In particolare, questi sono isolati rispetto agli altri, sono più stretti in fila, la loro fine è tragica e Dante in un certo senso li compatirà. Infatti li rispetta per chi, anche nel male, ha avuto la forza di eccedere (in questo caso hanno portato fino all’estremo l’amore cortese). Gli storni sono degli uccelli neri e in Italia migrano ai primi freddi, indicano delle anime arse d'amore, si ha quindi un contrasto con l'inverno. VERSO 42 FIATO è un latinismo da flatus (=vento). VERSO 44 NULLA è un latinismo, deriva da un aggettivo pronominale latino che significa nessuno. QUA LO STILE NON È BASSO. PARAFRASI 4: E come i gru van cantando lor lai, E come le gru vanno cantando i loro canti lamentosi faccendo in aere di sé lunga riga, Facendo di sé nell'aria una lunga riga, così vid’io venir, traendo guai, Così vidi io avvicinarsi, emettendo voci di dolore ombre portate da la detta briga; Delle anime trasportare dalla suddetta tempesta 45 ELENA è la figlia di Zeus e di Leda, una semidea. Suo marito era Menelao, ma viene rapita da Paride e portata a Troia. Per lei scoppia la guerra di Troia. ACHILLE è un semidio figlio di Peleo e di Teti. Teti cerca di sottrarlo dalla guerra, lo nasconde a Sciro, ma Ulisse lo scopre perché Achille era rimasto ammaliato dalle armi che questo aveva portato. Teti sapeva che sarebbe morto nella guerra di Troia. Infatti è stato ucciso da Paride mentre si recava ad un incontro amoroso con Olissea, figlia di Priamo. COMBATTEO è una epitesi, un fenomeno fonetico consistente nell'aggiunta di suoni non etimologici alla fine di una parola. PARIDE è il figlio di Priamo ed Ecuba, era stato abbandonato sul monte Ida a causa di una profezia infausta riguardo a lui, ma viene salvato da pastori e ricondotto a Troia. Viene eletto arbitro nella disputa tra Atena, Era ed Afrodite. Per intervento di Apollo, riesce ad uccidere Achille. Tristano ed Isotta, nipote del re di Cornovaglia. PARAFRASI 7: Poscia ch’io ebbi ’l mio dottore udito Dopo che io ebbi udito il mio maestro nomar le donne antiche e ’ cavalieri, nominare le donne dell'antichità e i cavalieri, pietà mi giunse, e fui quasi smarrito. mi prese la pietà e rimasi smarrito. I’ cominciai: "Poeta, volontieri Io cominciai: "Poeta, parlerei volentieri parlerei a quei due che ’nsieme vanno, a quei due che procedono insieme, e paion sì al vento esser leggeri". e sembrano essere così leggeri nel vento". Ed elli a me: "Vedrai quando saranno Ed egli a me: "Le vedrai quando saranno più presso a noi; e tu allor li priega più vicini a noi; e tu allora pregale in quel momento per quello amor che i mena, ed ei verranno". in nome di quell'amore che li conduce, ed essi verranno". 46 ANALISI 7: DOTTORE VERSO 70 è un altro appellativo di Virgilio, che è un sinonimo di maestro (deriva da doceo=insegnare). VERSO 71 gli eroi, detti cavalieri, appartengono in parte a quello stesso mondo e in parte a quello dei romanzi medievali. Gli antichi eroi erano rappresentati come i cavalieri dei romanzi di avventura. Visione anacronistica. VERSO 72 PIETA Dante riflette sul tragico epilogo della sottoschiera dei lussuriosi. La lussuria è il peccato meno grave delle 3 lonze. VERSO 75 questo volo leggero può essere visto come un alleviamento della pena da parte di Dante e secondo alcuni addirittura giustificò il peccato di Francesca. Per altri, invece, è un aggravamento della pena, un contrappasso più grave. Oppure per altri l'aggettivo leggere si riferisce alla morte per amore. PARAFRASI 8: Sì tosto come il vento a noi li piega, Così, appena il vento li fa deviare verso di noi, mossi la voce: "O anime affannate, iniziai a parlare: "O anime tormentate, venite a noi parlar, s’altri nol niega!". venite a parlare a noi, se qualcun altro non lo vieta". Quali colombe dal disio chiamate Come colombe spinte dal desiderio amoroso con l’ali alzate e ferme al dolce nido con le ali alzate e tese volano nell'aria vegnon per l’aere, dal voler portate; al dolce nido, mosse dalla volontà; cotali uscir de la schiera ov’è Dido, così uscirono dalla schiera in cui si trova Didone, a noi venendo per l’aere maligno, venendo verso di noi attraverso il cielo malvagio, sì forte fu l’affettüoso grido. tanto efficace fu il grido affettuoso. 47 "O animal grazïoso e benigno "O vivente cortese e benevolo che visitando vai per l’aere perso che vai visitando attraverso il cielo oscuro noi che tignemmo il mondo di sanguigno, noi che tingemmo il mondo di sangue, se fosse amico il re de l’universo, se il re dell'universo fosse benevolo, noi pregheremmo lui de la tua pace, noi lo pregheremmo per la tua pace, poi c’ hai pietà del nostro mal perverso. poiché hai pietà del nostro peccato atroce." ANALISI 8: VERSO 80 AFFANNATE è un sinonimo di tormentate, è una parola aulica che conferma la raffinatezza espressiva di tutto l'episodio. Vocabolo tipico della lirica del 1200-1300. Dante in questo canto si esprime con cortesia, il registro linguistico è più alto di quello dell'Inferno. VERSO 81ALTRI è Dio. Dio non viene mai nominato nell’Inferno. VERSO 82-84 è una famosa similitudine ed il paragone con il volo degli uccelli si è già visto con gli stornelli e le gru. Riprende Eneide, vv. 213-217. Dante con argomenti gioiosi sottolinea l'ombra della dannazione eterna. Verso 82 parallelismo con le Georgiche, 1, 414. VERSO 86 VENENDO PER L'AERE in questo secondo termine del paragone si riprende parola per parola l'espressione della similitudine, ma si aggiunge maligno per designare l'aria dell'Inferno. VERSO 87 AFFETTUOSO GRIDO è l'invito che Dante rivolge alle due anime dannate di fermarsi poiché lui ne prova compassione. VERSO 88 parla Francesca che riprende il tono affettuoso dantesco ed è una donna cortese facente parte dell'immaginario stilnovistico. Non si ha una captatio 50 VERSO 102 Francesca è turbata per il modo in cui è stata uccisa, una fine così tragica non le ha dato il tempo di pentirsi. VERSO 101 E 104 sono versi speculari. PARAFRASI 11: Amor condusse noi ad una morte. Amore condusse noi a una morte. Caina attende chi a vita ci spense". La Caina attende colui che ci ha ucciso". Queste parole da lor ci fuor porte. Queste parole ci furono dette da loro. Quand’io intesi quell’anime offense, Quando io ebbi udito quelle anime travagliate, china’ il viso, e tanto il tenni basso, chinai il viso e continuai a tenerlo basso, fin che ’l poeta mi disse: "Che pense?". finché il poeta mi disse: "Che pensi?". Quando rispuosi, cominciai: "Oh lasso, Quando risposi, cominciai: "O misero, quanti dolci pensier, quanto disio quanti dolci pensieri, quanto desiderio menò costoro al doloroso passo!". condusse costoro al peccato. Poi mi rivolsi a loro e parla’ io, Poi mi rivolsi a loro e parlai io, e cominciai: "Francesca, i tuoi martìri e cominciai: “Francesca, le tue sofferenze a lagrimar mi fanno tristo e pio. mi fanno triste e pietoso fino a farmi piangere. ANALISI 11: VERSO 106 UNA MORTE Contini dice che si ha un'identità nella sorte dei due amanti. Unus in latino significa stesso. VERSO 107 CAINA il cerchio dei traditori dei parenti è il primo girone dell'ultimo cerchio dell'inferno. Il Caina aspetta Gianciotto Malatesta. VERSO 108 DA LOR in realtà parla solo Francesca, ma loro hanno la stessa volontà, sono due voci a parlare. 51 VERSO 109 OFFENSE riprende offendere del verso 102. VERSO 114 DOLOROSO PASSO è la definizione di adulterio, il momento della passione culminante. VERSO 115 il turbamento di Dante inizia a farsi sentire. Crede nell'amore cortese come elevazione spirituale, ma trova che gli eccessi siano una fonte di peccato. Per questo Dante non riesce a stabilire la colpa, perché l'amore è una forza sovrumana che supera i limiti della volontà. PARAFRASI 12: Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri, Ma dimmi: nella fase dei dolci sospiri, a che e come concedette amore da quali indizi e in che modo Amore concesse che conosceste i dubbiosi disiri?". che conosceste i vostri timorosi sentimenti? ". E quella a me: "Nessun maggior dolore E lei a me:" non c'è alcun dolore maggiore che ricordarsi del tempo felice che ricordarsi del tempo felice ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore. nell'infelicità; e il tuo maestro lo sa. Ma s’a conoscer la prima radice Ma se tu hai un così grande desiderio del nostro amor tu hai cotanto affetto, di conoscere la prima origine del nostro amore, dirò come colui che piange e dice. parlerò come chi piange e racconta allo stesso tempo. Noi leggiavamo un giorno per diletto Un giorno noi leggevamo per divertimento di Lancialotto come amor lo strinse; come l'amore assalì Lancillotto; soli eravamo e sanza alcun sospetto. eravamo soli e senza alcun presentimento. ANALISI 12: VERSO 123 viene accentuato il tono commosso. Virgilio sa cosa si prova. 52 VERSO 126 schema dei racconti dove il protagonista è folle d'amore e il dramma si consuma tra marito, moglie e amante della stessa famiglia. VERSO 128 Francesca è una donna colta e raffinata. L'exemplum di Lancillotto serve per ridurre il caso specifico di Paolo e Francesca ad una situazione già codificata in letteratura. VERSI 101-104-128 afferrare dell'amore. VERSO 129 dubitavano che il loro amore potesse divenire peccato. PARAFRASI 13: Per più fïate li occhi ci sospinse Per molte volte quella lettura indusse i nostri quella lettura, e scolorocci il viso; occhi a incontrasi, e ci fece impallidire il viso ma solo un punto fu quel che ci vinse. ma quello che ci sopraffece fu un unico punto. Quando leggemmo il disïato riso Quando leggemmo che la desiderata bocca esser basciato da cotanto amante, veniva baciata da un amante così ardente, questi, che mai da me non fia diviso, costui, che non sarà mai separato da me, la bocca mi basciò tutto tremante. tutto tremante mi baciò la bocca. Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: Il libro e colui che lo scrisse furono per noi come Galeotto quel giorno più non vi leggemmo avante". Quel giorno non vi leggemmo più oltre”. Mentre che l'uno spirto questo disse, Mentre un’anima diceva ciò, l'altro piangëa; sì che di pietade l’altra piangeva, così che per la pietà io venni men così com'io morisse. io svenni come se morissi. E caddi come corpo morto cade. E caddi come cade un corpo morto. 55 pute la terra che questo riceve. la terra che la riceve è maleodorante. Cerbero, fiera crudele e diversa, Cerbero, belva crudele e mostruosa, con tre gole caninamente latra latra con tre gole come un cane sovra la gente che quivi è sommersa. al di sopra delle anime che qui sono sommerse nell’acqua. Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, Ha gli occhi rossi, la barba sudicia e nera, e ’l ventre largo, e unghiate le mani; e il ventre largo, e le mani unghiate; graffia li spirti ed iscoia ed isquatra. Graffia le anime, le scuoia e le squarta. ANALISI 1: Nei primi sette canti Dante omette la spiegazione del passaggio tra un cerchio ed il successivo. VERSO 3 TRESTIZIA è un dolore prodotto da una forte commozione ed il motivo dello svenimento di Dante nel canto precedente. Oggi questa accezione della parola è normale, mentre per l’epoca era eccezionale, infatti significava malvagità e cattiveria. Secondo Boccaccio, la trestizia può essere causata da due cose: - Ciò che desidero ma non posso avere, perché i miei desideri sono dannosi. - Ciò che ho commesso poco giustamente. Dante è turbato di fronte al racconto dei due amanti, perché capisce che la lussuria alberga nel suo cuore. VERSO 86 GUATI è la forma intensiva del verbo guardare, in questo contesto significa “fissare lo sguardo”. 56 VERSO 7-9 Dante indica subito che ci troviamo nel terzo cerchio e delinea le caratteristiche della pena. Dante punisce così i golosi perché la golosità porta a dei disturbi e a delle malattie fisiche e la dignità umana viene degradata. VERSO 8 MALEDETTA i dannati spesso nell’inferno bestemmiano Dio e le sue vendette. VERSO 9 REGOLA…NOVA La pioggia cade sempre uguale con la stessa insistenza, intensità e non si arresta mai. Riferimento a canto V, vv. 31. VERSO 10 la grandine, l’acqua sporca e la neve sono le caratteristiche di questa eterna pioggia infernale. VERSO 12 PUTE LA TERRA è un’ulteriore connotazione della pena, infatti come i golosi erano abituati ad avere soddisfazione sentendo l’odore del cibo, adesso sentono il cattivo odore della terra (contrasto). VERSO 13 CERBERO Il mostro è tratto dalla mitologia pagana. Figlio di Tifeo e di Echidna, era un cane rabbioso a tre teste coperte di serpi e con una coda da serpente (non ha i tratti da rettile qui). Virgilio lo ha collocato come guardiano dell’Averno. Cerbero è la figura rappresentante l’ingordigia e voracità. VERSO 16 OCCHI VERMIGLI, anche lui, come Caronte (canto III) ha gli occhi vermigli. Questi erano segno di ira e di ubriachezza. VERSO 17 VENTRE LARGO è una citazione della Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi (3-19) in cui si dice “Il loro Dio è il loro ventre”. 57 PARAFRASI 2: Urlar li fa la pioggia come cani; La pioggia le fa urlare come cani; de l’un de’ lati fanno a l’altro schermo; con un lato del corpo cercano di riparare l’altro; volgonsi spesso i miseri profani. i miserabili peccatori si rigirano spesso. Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo, Quando Cerbero, l’orrendo mostro, le bocche aperse e mostrocci le sanne; ci vide, aprì le bocche e ci mostrò le zanne; non avea membro che tenesse fermo. non aveva parte del corpo che non tremasse. ANALISI 2: VERSO 19 COME CANI indica che il vizio trasforma chi ci cade. È un paragone animalesco collegato alla stessa figura di Cerbero. VERSO 20 DE L’UN…SCHERMO cercano di mitigare il continuo tormento della pioggia che li flagella, girandosi e rigirandosi. Viene sottolineata la natura animalesca dei golosi e le conseguenze della gola. VERSO 22 IL GRAN VERMO è un’espressione biblica poi riferita anche a Lucifero (Inferno, XXXIV, 108). PARAFRASI 3: E ’l duca mio distese le sue spanne, E la mia guida allungò le proprie mani, prese la terra, e con piene le pugna prese la terra, e con i pugni pieni la gittò dentro a le bramose canne. la gettò dentro le gole affamate. Qual è quel cane ch’abbaiando agogna, Come quel cane che latra per brama di cibo, 60 monologo, ma parla solo su invito e risponde unicamente alle domande. Inoltre compie anche una profezia. VERSO 42 DISFATTO, FATTO Nel Decameron nov. IX, rigo 8, Ciacco è un personaggio spiritoso. In questo caso Dante compie un giro di parole che sottolinea la contrapposizione tra la nascita e la morte. VERSO 43 ANGOSCIA ci si riferisce alla pena ed al dolore fisico che lo rendono irriconoscibile. È una sofferenza solo fisica, non interiore. VERSO 46-47 DOLENTE LOCO è un enjambement. VERSO 48 NULLA È SI SPIACENTE si sottolinea che Dante è ancora all’inizio del viaggio e non ha ancora visto gli orrori dell’Inferno. VERSO 48 MAGGIO si costruisce sul modello del comparativo latino maior e significa maggiore. VERSO 49-50 LA TUA CITTÀ…SACCO questo primo accenno all’invidia di cui è piena Firenze prepara il tema etico-politico del colloquio successivo. L’invidia deve essere intesa come l’ostilità che fu causa, con la superbia e l’avarizia, delle lotte e contese civili per gli uffici pubblici, principio della rovina della città. VERSO 51 IN VITA SERENA si fa riferimento alla vita terrena in contrapposto alle pene eterne dell’Inferno. Altri studiosi sostengono che sia la vita dei fiorentini prima del 1283. PARAFRASI 5: Voi Cittadini mi chiamaste Ciacco Voi concittadini mi chiamaste Ciacco: 61 per la dannosa colpa de la gola, a causa della colpa dannosa della gola, come tu vedi, a la pioggia mi fiacco. come vedi, mi piego alla pioggia. E io anima trista non son sola, E io non sono la sola anima colpevole qui, ché tutte queste a simil pena stanno poiché tutte queste soffrono una pena simile per simil colpa". E più non fé parola. a causa di una colpa simile”. E non disse più parola. Io li rispuosi: "Ciacco, il tuo affanno Io gli risposi: “Ciacco, il tuo dolore mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ’nvita; mi pesa così tanto, che mi spinge a piangere; ma dimmi, se tu sai, a che verranno ma dimmi, se tu sai, a cosa giungeranno li cittadin de la città partita; i cittadini della città divisa; s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione se vi è qualcuno giusto; e dimmi la ragione per che l’ ha tanta discordia assalita". per cui l’ha assalita tanta discordia”. E quelli a me: "Dopo lunga tencione E quello a me: ”Dopo una lunga contesa verranno al sangue, e la parte selvaggia arriveranno al sangue, e la parte selvaggia caccerà l’altra con molta offensione. esilierà l’altra con molti danni. ANALISI 5: VERSO 52 Ciacco prima parla della situazione di Firenze e poi rivela la sua identità. Questo sottolinea la nostalgia per la città perduta provata da Dante e da Ciacco, che è morto. VERSO 53 DANNOSA Ciacco ha compreso le conseguenze del suo peccato ed è consapevole di aver sbagliato. VERSO 55 TRISTA questo aggettivo ha una doppia accezione: misero, sventurato e colpevole (qua è colpevole). 62 VERSO 57 E Più NON FÉ PAROLA l’unica iniziativa di Ciacco è quella di fermare Dante per fargli ricordare chi è. VERSO 60 SE TU SAI i dannati hanno una visione confusa del presente, ma possono prevedere il futuro. VERSO 62 GIUSTO Dante spera che a Firenze ci sia un giusto, il veltro del canto I. VERSI 64-66: Il sesto canto per tradizione è politico (Inferno -> Firenze, Purgatorio -> Italia, Paradiso -> Impero). Ciacco profetizza le lotte interne tra neri e bianchi e ricompone gli ultimi anni della storia di Firenze: - 1266 i Ghibellini vengono cacciati dalla città; - 1 maggio 1300 scontro tra famiglie Cerchi e Donati, in cui questi tagliano il naso ad un membro della famiglia Cerchi; - 1301 cacciata dei capi della parte nera (confino) dopo la scoperta della congiura di Santa Trinità. Nelle altre invettive politiche Dante fa delle similitudini: - Purgatorio -> nave senza nocchiero, per indicare che l’imperatore si è dimenticato dell’Italia; - Paradiso -> paragone tra l’impero romano ed una guerra senza tregua per interessi meschini. VERSO 65 PARTE SELVAGGIA è la parte bianca, capitanati dalla famiglia Cerchi. I Cerchi erano del contado. PARAFRASI 6: Poi appresso convien che questa caggia Poi in seguito è destino che questa cadrà infra tre soli, e che l’altra sormonti dopo 3 anni, e l’altra prenderà il potere 65 VERSO 79 ricorda i personaggi della passata generazione, che appartengono alla prima metà del Duecento per fare un confronto tra il passato ed il degrado del presente. Nel Canto XV del Paradiso Cacciaguida loda queste personalità politiche. VERSO 79 FARINATA appellativo di Manente degli Uberti, un ghibellino che Dante incontrerà nel cerchio degli eretici (canto X). TEGGHIAIO è il podestà di San Gimignano e di Arezzo che verrà incontrato dal poeta nel cerchio dei sodomiti (canto XVI). VERSO 80 RUSTICUCCI fa da paciere per Firenze nel 1254 e viene condannato nello stesso cerchio del precedente (canto XVI). ARRIGO non si sa chi sia esattamente, può essere Arrigo della famiglia dei Fifanti, secondo Benvenuto. Con Mosca uccise in una congiura Buondelmonte Buondelmonti. MOSCA della famiglia dei Lamberti, lo si ritrova tra i seminatori di scandalo e di scisma nella nona bolgia dell’VIII cerchio (canto XXVIII). VERSO 81 E LI ALTRI..INGEGNI si ha un contrasto tra il ben far civile e la condanna nell’Inferno: la virtù civile non è sufficiente all’eterno. Si ha un contrasto tra umano e divino, tra Dante uomo e Dante cristiano. VERSO 82 Si ha un contrasto tra la condanna di Ciacco sul loro destino e la premura di Dante di sapere loro notizie. VERSO 84 ADDOLCIA O ATTOSCA sono due emistichi separati dalla congiunzione O. Addolcia e attosca sono verbi della stessa misura e condividono lo stesso prefisso preverbale. 66 VERSO 85 si ha una contrapposizione tra l’amara condanna di Ciacco sul destino di queste personalità e l’ansia di Dante di sapere qualcosa su di loro. VERSO 86 GRAVA è un verbo al singolare nonostante il soggetto sia plurale. VERSO 90 PIù…RISPONDO si ha un’anafora delle parole più non e con la cesura, Ciacco interrompe bruscamente e definitivamente il discorso. PARAFRASI 8: Li diritti occhi torse allora in biechi; Allora travolse lateralmente gli occhi dritti; guardommi un poco e poi chinò la testa: mi guardò un poco e poi abbassò la testa: cadde con essa a par de li altri ciechi. e con quello cadde al livello degli altri dannati. E ’l duca disse a me: "Più non si desta E la guida mi disse: “Non si leverà più di qua dal suon de l’angelica tromba, prima del suono delle trombe angeliche, quando verrà la nimica podesta: quando verrà il potere nemico dei dannati: ciascun rivederà la trista tomba, ognuno ritroverà l’infelice tomba, ripiglierà sua carne e sua figura, riprenderà la propria carne ed il proprio aspetto, udirà quel ch’in etterno rimbomba". udirà ciò che si ripete per l’eternità”. Sì trapassammo per sozza mistura Così passammo oltre, attraverso la sozza mescolanza de l’ombre e de la pioggia, a passi lenti, dei dannati e della pioggia, a passi lenti, toccando un poco la vita futura; parlando velocemente della vita nell’aldilà; ANALISI 8: 67 VERSO 91 Ciacco prima di ricadere fissa lo sguardo su Dante e lo mantiene lungo tutta la caduta, infatti gli si storcono gli occhi. Ciacco mantiene la sua fierezza anche durante la caduta, che è senza parole. VERSO 93 CIECHI i dannati sono privati della luce di Dio, sono ciechi nel corpo, e con un significato simbolico, nell’animo. VERSO 94-99 Virgilio qui ha uno stile solenne, infatti ricalca i passi delle Sacre Scritture. Sottolinea con tono minaccioso il futuro. VERSO 96 NIMICA PODESTA indica Cristo giudice che separa i buoni dai cattivi pronunciando una condanna eterna per coloro che in vita sono stati malvagi. Concretamente significa magistrato. Oggi il podestà, ma allora la forma femminile di podestà indicava il magistrato del Comune. VERSO 98 i morti risorgeranno anche con il corpo nel Giudizio Universale. VERSO 99 la sentenza di eterna condanna che risuonerà nel giorno del giudizio. Si ha un cupo eco di rime e un martellare di futuri nei versi di Virgilio. PARAFRASI 9: per ch’io dissi: "Maestro, esti tormenti per cui io dissi: “Maestro, dopo il Giudizio Universale crescerann’ei dopo la gran sentenza, questi tormenti aumenteranno o saranno minori o fier minori, o saran sì cocenti?". o ugualmente dolorosi come ora?” Ed elli a me: "Ritorna a tua scïenza, Ed egli a me: ”Ritorna alla tua dottrina, che vuol, quanto la cosa è più perfetta, la quale afferma che, quanto una cosa è più perfetta 70 Questa, però, viene interrotta da Cavalcante dei Cavalcanti, che si trova nella stessa arca di Farinata. Cavalcante cerca il figlio Guido perché pensa che sia degno di compiere questo viaggio tanto quanto Dante. Purtroppo Cavalcanti era un filosofo naturale, che interpretava i fenomeni solo usando gli strumenti naturali, inoltre sdegnava la grazia divina che ha guidato Dante, e per questo non era con lui. Cavalcante malinterpreta la risposta di Dante e pensa che il figlio sia morto e ricade supino nella tomba. Farinata riprende da dove era stato interrotto e si rammarica della cacciata dei ghibellini da Firenze. Farinata fa una profezia a Dante in cui lui dovrà subire la sua stessa sorte per lo stesso odio che prima lo ha cacciato. Dante poi affronta i temi politici delle lotte civili di Firenze rammentando le violenze della battaglia di Montaperti, a cui Farinata risponde dicendo che la salvezza di Firenze è dovuta a lui. Dante, inoltre, vuole sapere cosa e come conoscono i dannati, Farinata gli spiega che non sanno niente del presente, ma conoscono il futuro. Tra gli epicurei ci sono anche l’Imperatore Federico II ed il cardinale Ottaviano degli Ubaldini. Farinata rientra nella tomba e Virgilio esorta Dante a continuare il suo viaggio ed attendere la verità che gli sarà data da Beatrice. PARAFRASI 1: "O Tosco che per la città del foco O fiorentino che te ne vai vivo attraverso la città del fuoco vivo ten vai così parlando onesto, parlando così cortesemente, piacciati di restare in questo loco. degnati di fermarti in questo luogo. La tua loquela ti fa manifesto Il tuo modo di parlare manifesta 71 di quella nobil patrïa natio, che sei nato in quella nobile patria a la qual forse fui troppo molesto". alla quale forse fui troppo molesto. Subitamente questo suono uscìo Queste parole uscirono improvvisamente d’una de l’arche; però m’accostai, da una delle tombe; perciò mi avvicinai, temendo, un poco più al duca mio. Per timore, un po’ di più alla mia guida Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai? Ed egli mi disse: ”Girati! Che fai? Vedi là Farinata che s’è dritto: Là vedi Farinata che si è sollevato: da la cintola in sù tutto ’l vedrai". Lo vedrai interamente dalla cintola in su”. ANALISI 1: VERSO 22 CITTÀ DI FOCO è la città di Dite. VERSO 23 VIVO si riferisce a Dante ed è in questo modo che è riconosciuto da tutti. VERSO 23 ONESTO, termine frequente nella poesia cortese e nel linguaggio del Trecento significava conveniente, decoroso. VERSO 24 l’incontro con Farinata è uno dei più famosi della Divina Commedia. Viene celebrato da Dante, nonostante fosse ghibellino, per la sua grandezza come uomo politico e già nel VI canto Dante riceve sue notizie da Ciacco. Farinata ha come interesse quello di parlare di Firenze con un concittadino per capire la sorte della patria. Farinata degli Uberti nacque a Firenze nei primi anni del secolo XIII. Era un ghibellino, alto di statura, virile e saggio. La sua azione fu determinante nella sconfitta dei guelfi nel 1248. Alla morte di Federico II questi rientrarono a Firenze e si riaccesero i 72 contrasti, finché nel 1258 gran parte delle famiglie ghibelline andò in esilio, tra cui gli Uberti. Nel 1260 a Montaperti sbagliarono i guelfi. I capi ghibellini, sotto l’insistenza di Pisa, volevano distruggere Firenze, ma questi vi si oppose. Vi ritornò e nel 1264 vi morì. Dopo la battaglia di Benevento i guelfi rientrano in città, tranne la famiglia degli Uberti, che fu bandita per sempre. Un francescano pronunciò la condanna postuma per eresia contro Farinata e la moglie: le sue ossa vennero esumate e i beni vennero confiscati. Erano frequenti le condanne per eresia nei confronti dei ghibellini. La figlia Bice, ghibellina, dovette sposare Guido Cavalcanti (guelfo). VERSO 31 CHE FAI? Virgilio si stupisce che proprio ora che Farinata si mostra, che era stato desiderato da Dante, questo gli si accosti temendo, invece di volgersi verso di lui. PARAFRASI 2: mi dimandò: "Chi fuor li maggior tui?" mi chiese: “Chi furono i tuoi antenati?” poi disse: "Fieramente furo avversi poi disse: “Furono fieri avversari a me e a miei primi e a mia parte, a me e ai miei antenati e alla mia fazione, sì che per due fïate li dispersi". Così che li dispersi per due volte”. "S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogne parte", Io gli risposi: “Se essi furono esiliati, essi tornarono da ogni luogo”, rispuos’io lui, "l’una e l’altra fïata; l’una e l’altra volta; ma i vostri non appreser ben quell’arte". invece i vostri non impararono bene a fare lo stesso”. Allor surse a la vista scoperchiata Allora nell’apertura scoperchiata si sollevò un’ombra, lungo questa, infino al mento: un’ombra accanto a questa, fino al mento: 75 ANALISI 3: VERSI 61-63 ci sono tre interpretazioni: - Per i commentatori antichi il CUI si riferisce a Virgilio, infatti Guido aveva trascurato Virgilio, il simbolo per antonomasia della poesia. Per questo non sarebbe stato scelto per compiere il viaggio; - CUI è Beatrice, l’allegoria della teologia che Cavalcanti rifiuta favorendo la ragione. Per Dante la ragione cede alla fede, per Cavalcanti no; - CUI è Dio stesso, la meta del viaggio. La prima non è plausibile perché Dante compie questo viaggio grazie alle tre donne e alla grazia divina, non c’entra niente la fede che Dante aveva per Dio o Virgilio. Virgilio poi affiderà Dante a Beatrice, l’allegoria della grazia di Dio. VERSO 64 Si ha un contrasto tra due modi diversi di sapere: - Guido, legato all’aristotelismo e quindi agli strumenti umani ed alla ragione; - Dante, sosteneva la sudditanza della ragione alla teologia. VERSO 67-69 Le tre domande di Cavalcante indicano l’affanno incalzante del padre disperato. L’uso del passato da parte di Dante per Cavalcante è un sospetto diventare realtà accresciuto dall’amore paterno. Mentre il linguaggio di Cavalcante è affannoso, quello di Farinata è categorico, diplomatico e razionale. Fiere (colpisce) si riferisce alla luce del sole. Si ha un contrasto fra il sole (simbolo della vitalità) e l’oscurità (tipica dell’Inferno). 76 VERSO 70 DIMORA l’equivoco di Cavalcante viene confermato da questo breve attimo di esitazione dovuto allo stupore di fronte all’ignoranza del presente, nonostante che Dante avesse sperimentato che i dannati conoscono e prevedono il futuro. PARAFRASI 4: "S’elli han quell’arte", disse, "male appresa, “Se essi hanno imparato male quell’arte di tronare dall’esilio, ciò mi tormenta più che questo letto. Ciò mi tormenta più di questa tomba. Ma non cinquanta volte fia raccesa Ma non si illuminerà cinquanta volte la faccia de la donna che qui regge, la faccia della regina che governa qui, che tu saprai quanto quell’arte pesa. prima che tu sappia quanto pesa quell’arte di tornare dall’esilio. E se tu mai nel dolce mondo regge, E possa tu tornare nel dolce mondo prima o poi dimmi: perché quel popolo è sì empio ma dimmi: perché quel popolo è così crudele incontr’a’ miei in ciascuna sua legge?". contro i miei discendenti in ogni sua legge?” ANALISI 4: VERSO 78 iperbole, si ricollega al verso 51. VERSI 79-81 Farinata è più tormentato dalla futilità degli scontri che dalle pene dell’Inferno. Si ha il concetto delle due fazioni opposte, ma qui il focus è sul patimento dell’esilio unito ad una triste profezia. I temi sono la battaglia di Montaperti, il dolor per la patria, l’esilio e poi la chiarificazione sulla condizione dei dannati, ma soprattutto l’arte del tornare dall’esilio. Tutto 77 questo dolore che è taciuto è causato dalle lotte fratricide, poiché sono tra concittadini. La profezia cita la figura di Proserpina, moglie di Plutone e regina dell’Ade. È una dea triforme, infatti nel cielo è la Luna, mentre sulla terra è Diana, la dea della caccia. I cinquanta mesi lunari ci catapultano nel 1304, anno in cui Dante capisce che il ritorno in patria è difficile, poiché i tentativi degli esuli della parte bianca di ritornare a Firenze a mano armata falliscono (battaglia della lastra) e Dante si distacca dai compagni d’esilio creandosi inimicizie. La profezia dell’esilio è previsione di un destino analogo a quello dei suoi congiunti. Le profezie saranno chiarificate da Cacciaguida (Paradiso, XVII), poiché qua espresse con linguaggio oscuro. Infatti Farinata e Cacciaguida sono simili per personalità e dignità. VERSO 82 REGGE forma arcaica del verbo redire (=ritornare), deriva da redeo=andare ed è un latinismo. VERSO 83 EMPIO non tutti i ghibellini, ma la famiglia degli Uberti fu condannata ad un esilio perpetuo. Ha anche un significato religioso: odiare è offensivo nei confronti di Dio a causa della disumana ostinazione. PARAFRASI 5: Ond’io a lui: "Lo strazio e ’l grande scempio Per cui io a lui: ”La terribile strage che fece l’Arbia colorata in rosso, che colorò di rosso l’Arbia, tal orazion fa far nel nostro tempio". fa prendere tali decisioni nei nostri consigli.” Poi ch’ebbe sospirando il capo mosso, Dopo aver mosso la testa sospirando, "A ciò non fu’ io sol", disse, "né certo disse: “Non fui io soltanto a fare ciò, né certamente 80 Quando s’appressano o son, tutto è vano Quando le cose si avvicinano o sono, il nostro intelletto nostro intelletto; e s’altri non ci apporta, è del tutto inutile, e se qualcuno non ci informa, nulla sapem di vostro stato umano. nulla sappiamo della vostra condizione umana. Però comprender puoi che tutta morta Perciò puoi comprendere che la nostra fia nostra conoscenza da quel punto conoscenza sarà annullata del tutto che del futuro fia chiusa la porta". quando sarà chiusa la porta del futuro”. Allor, come di mia colpa compunto, Allora, come punto dal rimorso della mia colpa, dissi: "Or direte dunque a quel caduto disse: “Ora dunque direte a quel caduto che ’l suo nato è co’ vivi ancor congiunto; che suo figlio è ancora vivo; e s’i’ fui, dianzi, a la risposta muto, e se io poco fa non risposi, fate i saper che ’l fei perché pensava fategli sapere che lo feci perché già riflettevo già ne l’error che m’avete soluto". sul dubbio che voi mi avete risolto”. ANALISI 5: VERSI 97-99 la presbiopia dei dannati è un’ulteriori punizione riservata agli epicurei. Come in vita non credevano nell’immortalità dell’anima, per contrappasso per analogia e contrasto, non vedono il presente. Solo da questo punto in poi i dannati saranno tutti presbiti, infatti Ciacco è ancora informato sulla situazione di Firenze. VERSO 102 perifrasi per indicare Dio, il quale riflette la sua onniscienza sui dannati e permette a loro la visione del futuro. Dal giorno del giudizio in poi, questi eretici non potranno neppure ricevere conforto dal futuro. 81 VERSO 109 Dante si rende conto di aver causato dolore a Cavalcante dei Cavalcanti, infatti aveva taciuto pensando al dubbio nella conoscenza. VERSO 110 A QUEL CADUTO Dante fa rimandi extra testuali, ma anche intratestuali, per esempio CADUTO vv.110 e 72. CANTO XIII DELL’INFERNO: QUANDO? Sabato 9 aprile all’alba. DOVE? Cerchio 7 dell’Inferno, secondo girone CHI? In questo girone sono puniti i violenti contro sé stessi, i suicidi e gli scialacquatori (sperperavano le sostanze, i beni). COME SI PRESENTA? È un bosco senza sentieri formato da alberi privi di foglie, secchi, orribilmente contorti, dove fanno nido le arpie (dei mostri della mitologia greca, metà donna, metà uccello). QUAL È LA LORO PENA? I suicidi sono trasformati in alberi contorti e sono straziati dalle arpie. Questa è una pena per analogia: così come in vita hanno soppresso il corpo, adesso vengono straziati dalle arpie. Gli scialacquatori dovevano correre tra gli arbusti per sfuggire dalle bocche delle cagne. Anche questa pena è per analogia: infatti loro in vita hanno divorato i patrimoni come le cagne divorano le carni. PARAFRASI 1: 1 girone -> violenti contro il prossimo (omicidi, predoni) 3 girone -> violenti contro la natura, Dio e l’arte (bestemmiatori, sodomiti, usurai) 82 Da che fatto fu poi di sangue bruno, Dopo che divenne scuro di sangue, ricominciò a dir: "Perché mi scerpi? Ricominciò a dire: “Perché mi laceri? non hai tu spirto di pietade alcuno? Non hai tu alcuno spirito di pietà? Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: Fummo uomini, e ora siamo fatti sterpi: ben dovrebb’esser la tua man più pia, la tua mano dovrebbe essere assai più pietosa se state fossimo anime di serpi". persino se fossimo state anime di serpi”. Come d’un stizzo verde ch’arso sia Come da un tronco verde che sia bruciato da l’un de’ capi, che da l’altro geme da uno dei capi, che dall’altro gocciola e cigola per vento che va via, e strilla a causa del vapore che esce fuori, sì de la scheggia rotta usciva insieme così dal ramo rotto uscivano insieme parole e sangue; ond’io lasciai la cima parole e sangue; per cui io lasciai cadere cadere, e stetti come l’uom che teme. del ramoscello, e rimasi come l’uomo che ha timore. Dante è stato traghettato sul fiume con l’aiuto di Nesso e vede una selva, sente dei lamenti, ma non vede nessuno. Virgilio, per mandare via lo smarrimento di Dante, lo invita a spezzare un ramo di un albero. Una voce esce dall’albero e gli rimprovera il gesto impietoso. ANALISI 1: VERSO 35 SCERPI è un latinismo che deriva da escerpere (latino)=lacerare. VERSO 37 antitesi fra uomini in incipit di verso e sterpi in excipit; chiasmo fra uomini fummo (nome del predicato + copula) e 85 occultare il segreto e di manifestare il pubblico. Questa è un’espressione biblica, Isaia, 20-22. VERSO 62 FEDE PORTAI è un’anastrofe, la fede viene messa in incipit per sottolineare l’innocenza del personaggio. VERSO 63 la dedizione al lavoro ed al signore gli fa perdere il sonno, la quiete e poi la vita. VERSO 64-SUCC Pier delle Vigne spiega i motivi del proprio suicidio. Con il suicidio voleva dimostrarsi superiore e mettere a tacere le voci dei detrattori. Preferisce la morte alla lotta umiliante. Questo disprezzo ha una radice profonda che può essere ricercata nel senso di solitudine di una persona, era l’unico che sosteneva la propria innocenza. Il peccato di Pier delle Vigne è la superbia, che si scontra con il rispetto della vita, prova un eccessivo sdegno. Il suicidio per Dante non è sempre una colpa (es. Catone l’Uticense). Infatti secondo Dante, il cristiano dovrebbe essere disposto a suicidarsi per difendere la propria fede. Pier delle Vigne comprende il suo errore e l’inutilità del suo suicidio, infatti il suo nome non è stato rivalutato. VERSO 64 MERETRICE (prostituta) è l’invidia che porta astio nei confronti di chi si ritiene migliore di noi. VERSO 66 MORTE COMUNE concetto ripreso nella Sapienza (2- 24), l’invidia è la rovina del mondo. VERSO 69 si ha un’antitesi riguardo al crollo rapidissimo della fortuna, da prestigio si può passare velocemente alla rovina. VERSO 72 GIUSTO-INGIUSTO si hanno diversi ipotesi su come sia avvenuto il suicidio: 86 - Boccaccio dice che Pier delle Vigne è stato liberato cieco, si è recato davanti al muro della Chiesa di San Paolo, corse contro il murò e si spaccò la testa; - Benvenuto afferma che si suicidò in carcere. PARAFRASI 3: Per le nove radici d’esto legno Per le giovani radici di questa pianta vi giuro che già mai non ruppi fede vi giuro che non infransi giammai la fedeltà al mio segnor, che fu d’onor sì degno. al mio signore, che fu così degno di onore. E se di voi alcun nel mondo riede, E se qualcuno di voi ritorna nel mondo, conforti la memoria mia, che giace riscatti la mia memoria che è ancor del colpo che ’nvidia le diede". schiacciata ancora sotto il peso dell’invidia”. Un poco attese, e poi "Da ch’el si tace", Il poeta aspettò un poco, e poi disse a me: disse ’l poeta a me, "non perder l’ora; “Poiché egli tace, non perder tempo; ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace". ma parla e interrogalo, se ti piace ancora”. ANALISI 3: VERSO 73 Per Spitzer Pier delle Vigne si è così adattato alla condizione di albero da giurare sulle proprie radici e non sulla propria testa. Esprime la consapevolezza di essere diventato un essere nuovo, e quindi della giustizia del terribile contrappasso che lo condanna a questa forma di vita inferiore. VERSO 75 Pier delle Vigne conserva immutata la stima per il proprio sovrano, quasi a scagionandolo dall’atto compiuto nei 87 suoi confronti. Alla proclamata innocenza propria il dannato aggiunge la giustificazione del suo signore. La fedeltà in questo caso è un giuramento signore-vassallo, come nella società feudale, ed è un rapporto di fedeltà che supera i confini della morte. VERSI 77-78 richiesta di Pier di riscattare la memoria. VERSO 78 Dante sceglie di schierarsi a favore della sua innocenza, come lui anche il conte Ugolino era stato condannato ingiustamente (canto 33 dell’Inferno), questo però visse per vendicarsi. PARAFRASI 4: Allor soffiò il tronco forte, e poi Allora il tronco soffiò forte, e poi si convertì quel vento in cotal voce: quel vento si trasformò in queste parole: "Brievemente sarà risposto a voi. “Vi sarà risposto brevemente. Quando si parte l’anima feroce Quando l’anima crudele si stacca dal corpo ond’ella stessa s’è disvelta, dal corpo da cui ella stessa si è separata, Minòs la manda a la settima foce. Minosse la manda al settimo cerchio. Cade in la selva, e non l’è parte scelta; Cade nel bosco, e non c’è un luogo prestabilito; ma là dove fortuna la balestra, ma là dove la scaglia la fortuna, quivi germoglia come gran di spelta. qui germoglia come un seme di spelta. ANALISI 4:
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved