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Appunti sulla corrente artistica "Impressionismo", Dispense di Storia Dell'arte

Appunti sulla corrente artistica "Impressionismo" per esame di arte e didattica dell'arte Scienze della Formazione Primaria.

Tipologia: Dispense

2017/2018

Caricato il 17/11/2023

Cristina.20
Cristina.20 🇮🇹

4.1

(16)

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Scarica Appunti sulla corrente artistica "Impressionismo" e più Dispense in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! IMPRESSIONISMO RIFERIMENTI STORICI Il gusto pubblico della Francia dell’800 era orientato verso un classicismo accademico, freddo quanto elegante ed esteriore. Patria, famiglia, religione, mode esotiche, buoni sentimenti erano i soggetti ricercati nelle esposizioni ufficiali del SALON annuale. Le opere del salòn diventavano patrimonio della cultura, erano viste dal pubblico e alcune anche comprate. Erano opere storiche, religiose, era un contesto distaccato dalla realtà, rappresentava mondi diversi. Rito mondano importante e possibilità di acquisto delle proprie opere da parte dei governi. Per l’arte più aggiornata, aperta, rivoluzionaria, le porte del salon erano chiuse. Malcontento artisti Napoleone III viene in contro alle proteste favorendo la nascita di un SALON DES REFUSES, per le opere non accolte dalla giuria (Manet, Pissarro, Cezanne). Ma l’opinione pubblica lo considera il salone dei rifiuti più che dei rifiutati. Manet, Renoir, Degas, Sisley, Monet,…. Personalità isolate accomunate da una polemica antiaccademica, che allestiscono una prima MOSTRA ALTERNATIVA (mostra della “Société Anonyme coopérative d’artistes-peintres, sculptures, graveurs et lithographes”) alle esposizioni ufficiali nel 1874 presso lo studio del fotografo Felix Nadar, al 35 del boulevard des Capucines. Vi erano esposte 165 opere di trenta artisti, che dichiaravano di volersi sottrarre alle regole ufficiali del sistema artistico. La reazione del pubblico fu tuttavia disastrosa: i quadri apparivano appena abbozzati, non finiti, confusi. Il 25 aprile 1874 il giornale satirico parigino “Le Chiarivari” pubblicò, a firma dell’artista e letterato Louis Leroy, il resoconto della visita. n Nell’articolo Louis Leroy insieme al paesaggista Joseph Vincent commentano i quadri esposti. Ecco le parole pronunciate di fronte al quadro di Pissarro, Matinée du mois de juin (con dipinti alcuni cavoli): “Ah, gli sventurati sono proprio caricature. Giuro di non mangiarne più per il resto dei miei giorni”. Ma fu il quadro di Monet a suscitare ancora più perplessità. “Cosa rappresenta questa tela? Guardate sulla guida. Impression, soleil levant. Impressione, ne ero sicuro. Mi dicevo anche, dal momento che sono impressionato, che ci dev’essere proprio dell’impressione lì dentro… La carta dipinta allo stato di abbozzo è comunque più compiuta di questa marina”. Il termine “impressionismo” nasce qui, primo di una serie di epiteti spregiativi che le avanguardie di fine Ottocento e del primo Novecento assumeranno orgogliosamente come denominazioni ufficiali, con piglio polemico: dai “fauves” ai “cubisti”. L’impressionismo non è da considerare un movimento monolitico. L’unico artista che sempre può definirsi impressionista è Monet. Gli altri parteciparono per alcuni momenti e per alcuni aspetti, apportando costantemente modifiche e arricchimenti. Il movimento pittorico francese dell’impressionismo, che nasce intorno al 1860 a Parigi, deriva direttamente dal realismo, in quanto come esso si interessa alla rappresentazione della realtà quotidiana. Ma rispetto al realismo, l’impressionismo non ha alcun impegno ideologico o politico: non si occupa dei problemi ma solo dei lati gradevoli della società. Nell’impressionismo non c’è alcuna romantica evasione verso mondi idilliaci. C’è invece una volontà di calarsi nella realtà urbana di quegli anni per evidenziarne tutti i lati positivi e piacevoli, la bellezza e il progresso della società, i paesaggi visti con gli occhi dei cittadini. L’impressionismo non nacque dal nulla. Esperienze fondamentali per la sua nascita vi sono nell’ambito pittorico della prima metà del secolo: pittura di Delacroix, Constable e Turner. Influenza anche di pittori che nei scoli precedenti avevano esaltato il tonalismo coloristico: veneziani del ‘500; fiamminghi del ‘600; spagnoli Velazquez e Goya. Nell’ultimo trentennio del secolo, parallelamente al consolidarsi della Terza Repubblica 1 , anche la Parigi del barone Haussmann consolida il proprio aspetto borghese e festoso arricchendosi ulteriormente di teatri, musei, ristoranti, sale da ballo, casinò e soprattutto di caffè. I boulevard si riempiono di persone sedute ai tavolini dei bar ed appaiono come “una lunga sala all’aperto scintillante di luci e di colori”. Il sottosuolo della capitale era già percorso da quella che ancora oggi è una delle reti di metropolitana più estesa ed efficienti del mondo mentre la notte veniva schiarita da un impianto di lampioni a gas tecnologicamente all’avanguardia. Ovunque erano le novità e progresso: dalle imponenti stazioni ferroviarie, le cui gallerie venivano realizzate con ardite strutture in acciaio e vetro, fino ai primi grandi magazzini, al cui interno erano già in funzione avveniristici ascensori mossi da motori a vapore. È nella grande città di Parigi, viva e moderna, piena di splendori ma anche di miseria, che maturano i presupposti per la più grande novità artistica del secolo. Senza Parigi l’Impressionismo non sarebbe potuto esistere, ma senza l’Impressionismo Parigi non sarebbe mai stata immortalata e ritratta nei suoi aspetti più vari e fantasiosi, con quell’affetto e quella dolcezza che hanno contribuito a costruire il mito della belle époque (“bella epoca”) 2 . Gli impressionisti, nel loro complesso, sono infatti figli di quella stessa borghesia imprenditoriale che aveva contribuito al prodigioso sviluppo economico della Parigi di fine secolo. Ma a fronte di una straordinaria sensibilità verso il progresso tecnico e scientifico questa classe, di cultura generalmente modesta e conservatrice, è ancora legata alla produzione artistica di tipo accademico. Ed è proprio contro l’accademismo (fedeltà pedante e priva di fantasia e originalità, legata alle regole tradizionali studiate nelle Accademie) che gli impressionisti si scaglieranno. L’Impressionismo, infatti, si sviluppa in modo completamente diverso e per molti versi anormale rispetto a tutti i movimenti artistici o successivi. In primo luogo esso non è da considerarsi un vero e proprio movimento perché non è organizzato o preordinato, ma si costituisce spontaneamente, senza manifesti o teorie che ne spieghino le tematiche e le finalità. Questa nuova corrente artistica si forma in seguito al riunirsi di giovani ragazzi, accomunati dall’interesse per una forte insofferenza per la pittura ufficiale del tempo, in un locale parigino al numero 11 della Grande Rue des Batignolles: il CAFÉ GUERBOIS. Quello che all’inizio era un semplice e ritrovo casuale e saltuario divenne in breve tempo un appuntamento rigorosamente settimanale (ogni venerdì) e in alcuni periodi dell’anno addirittura giornaliero. All’interno di questi Café nascevano accese discussioni sul modo in cui avrebbe dovuto evolversi la pittura abbandonando le forme accademiche tradizionali fino a quel momento utilizzate: la necessità di trovare una nuova forma d’arte da parte di questi giovani artisti rientrava nelle richieste del tempo contemporaneo. In secondo luogo, contrariamente a ogni altro movimento precedente, quello impressionista è privo di una base culturale omogenea in quanto i vari aderenti provenivano da esperienze artistiche e da realtà sociali fra le più disparate. Dura poco meno di 20 anni (1886 ultima mostra) ma lascia un’eredità molto influenze nell’affermazione dell’arte contemporanea. 1 Nel 1870, dopo la pesante sconfitta di Sedan, la Francia volta definitivamente le spalle all’impero proclamando, pur tra mille incertezze e resistenze, la sua Terza Repubblica. Ciò avviene senza un ricambio vero e proprio della classe dirigente al potere e questo favorisce la progressiva ascesa di una borghesia moderata e conservatrice la quale, allettata dai facili profitti derivanti dal forte sviluppo industriale e dal crescente espansionismo coloniale, instaura una politica di rigida difesa dei propri interessi di classe. 2 periodo compreso tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e l’inizio della prima guerra mondiale. Espressione indicante il benessere economico e vita spensierata che caratterizzava la classe borghese del tempo. Raimondi, Il giudizio di paride, ‘500 circa MONET (1840-1926) È il pittore che seguì con maggiore coerenza i principi dell’impressionismo. Frequentò liberamente sia i maestri come Manet sia gli artisti più giovani come Degas e Pissarro. Nel 1863 si entusiasmò per “La colazione sull’erba” di Manet e cercò di apprenderne il segreto. Nel 1870 conobbe la pittura di Constable e Turner. Definisce in questo periodo sempre più il suo stile, fatto di tocchi di colore a rappresentare autonomi effetti di luce senza preoccupazione per le forme. Nel 1872 dipinse il quadro che poi diede il nome al gruppo: “Impression. Soleil levant”. Esso fu esposto nella prima mostra impressionista del 1874. Louis Leroy, cronista della rivista Le Charivari, ironizzò sul titolo dell’opera definendo gli artisti “impressionisti”. Anziché seguire l’insegnamento accademico, percorreva la campagna dipingendo en-plein-air e osservando i mutevoli effetti della luce. I suoi soggetti vengono spesso ripetuti più volte per esplorarne tutte le varianti coloristiche e luministiche. Lo si vede nelle serie, come quella raffigurante la facciata della Cattedrale di Rouen: la facciata viene replicata in ore e condizioni di luminosità diverse. Spesso lavorava su un battello adibito a studio, perciò prediligeva soggetti come la Senna e le barche a vela. Tuttavia non trascurava la rappresentazione della vita cittdina. Dal 1909 al 1926 (anno della morte) esegue una serie di quadri con soggetto “Le ninfee”. In questi fiori acquatici sono sintetizzati i suoi interessi di pittore. IMPRESSION: SOLEIL LEVANT È uno dei simboli della pittura impressionista. Ci sono molti elementi caratteristici di questa pittura: la luce che svolge il ruolo da protagonista, il colore steso a tocchi e macchie, la sensazione visiva che fa a meno della definizione degli oggetti e delle forme. Il quadro rappresenta uno scorcio del porto di Le Havre. L’immagine è colta all’aurora, quando il sole inizia a filtrare attraverso la nebbia mattutina. Monet abbozza forme indistinte. Due barche sono solo due ombre scure, il cerchio del sole rimanda i riflessi nell’acqua, un insieme di gru e ciminiere fumose si intravedono in lontananza. È attento a registrare con immediatezza e verità solo l’impressione visiva che si coglie guardando un’immagine del genere. Nella sua pittura esiste solo la realtà sensibile, ciò che l’occhio coglie d’istinto: la luce e il colore. Alle forme e allo spazio egli è indifferente. In questo quadro la sensazione, l’impressione, visiva è data dalla sintesi di luce e colore. Viene rappresentato un attimo fuggente in quanto un attimo dopo la visione può essere già diversa, poiché la luce cambia e con essa anche la tonalità del colore che si diffonde. L’acqua svolge un ruolo fondamentale: riflette le immagini distorcendole e il riflesso varia in continuazione. Questa visione tremolante è già un’immagine impressionista per eccellenza. LA SERIE DELLA CATTEDRALE DI ROUEN Tra il 1892 e il 1894 Monet dipinse la serie di cinquanta vedute della Cattedrale di Rouen. Stesso soggetto ma effetti di luce diversi a seconda del momento della giornata rappresentato (effetti di luce mattutina; primo sole; pieno sole; mezzogiorno; tempo grigio; nebbia mattutina;…). La facciata della cattedrale gotica perde la sua identità. Il punto di vista ravvicinato infatti stravolge i contorni e il taglio adottato esclude alcune parti alla sommità o ai lati. Come già nei covoni o nel ciclo delle ninfee, la superficie pittorica diventa una realtà a sé, differente e autonoma rispetto a quella naturale. LE NINFEE DA GIVERNY A PARIGI Nel 1890 Monet, trasferitosi a Givery, si diede alla creazione di un giardino acquatico: deviando il corso di un torrente riuscì a formare un vasto stagno, di forma irregolare, in cui cominciò a coltivare piante, soprattutto ninfee. Per l’artista, attratto dagli effetti della luce sulle acque, questo divenne il soggetto preferito ed ispirò circa sessanta dipinti e molti studi. Egli studia la superficie delle acque, nella quale non solo vi sono le foglie piatte delle ninfee e le corolle galleggianti, ma si intravedono perfino i riflessi delle nuvole, del cielo, e delle fronde degli alberi. Essi sono però appena distinguibili, poiché i diversi elementi sono fusi in un fluido cromatico che rende labili i confini tra la realtà sensibile e gli effetti illusori. I dipinti dedicati alle ninfee diventano sempre più autonomi rispetto alla realtà naturale: il colore-luce diviene protagonista. Dapprima sono riconoscibili alcuni elementi della realtà, ma progressivamente Monet attua una sorta di astrazione evocando un mondo privo di orizzonte, fluttuante, instabile, fondato su infiniti riflessi di acque e luci. Crea inoltre ventidue pannelli destinati a decorare due sale inaugurate nel 1927 (dopo la sua morte) al museo dell’Orangerie a Parigi. In essi cerca il massimo coinvolgimento dell’osservatore, studiando la disposizione dei pannelli in modo tale che chi guarda si senta al centro di un flusso naturale, circondato da colori, riflessi e ombre. Le tele, di grandi dimensioni, e dal taglio fortemente orizzontale (es: 2m x 6m), sono destinati a pareti senza spigoli, ovvero a stanze ovali. proseguisse fremente di vita, suoni e grida festose, oltre i bordi del quadro. Non inquadra i soggetti in modo analitico e simmetrico ma accetta il caos della vita urbana riflettendolo in un quadro destrutturato. Questo quadro è divenuto anch’esso un simbolo dell’impressionismo. In esso sono sintetizzati quello spirito giovane e ottimista che caratterizza i pittori, ma anche quella gioia di vivere, tipicamente parigina, che coinvolge anche le classi popolari che trovano i loro luoghi di svago nei bar lungo la Senna per una vita apparentemente senza pensieri. Il Moulin de la Galette era un locale popolare di Montmartre ove si andava a ballare all’aperto. Tutto il quadro è pervaso da una sensazione rilassata e tranquilla. Le persone sono tutte sorridenti. Sono protetti da una ombra fresca che riflette su di loro una luce chiara ma non accecante. Nella più pura tradizione tonale, Renoir realizza gli spazi e i volumi solo con accostamenti di colori. La sua pennellata, in questo quadro, non è il solito tocco virgolettato ma si allunga in un andamento sinuoso e filamentoso. Questo che rimane, probabilmente, il quadro più celebre di Renoir è quasi la sintesi di tutto ciò che l’impressionismo ha portato come carica innovativa nella pittura francese ed europea. NEOIMPRESSIONISMO RIFERIMENTI STORICI Alcuni autori parlano di POSTIMPRESSIONISMO. Insieme degli artisti che, conclusa l’esperienza dell’impressionismo, danno vita a nuovi percorsi. Data di inizio: - per alcuni (Redon, Seurat, Signac) già l’1 dicembre 1884, giorno in cui si inaugura una nuova esposizione al Salon des Artistes Indèpensants. - per altri invece è importante il 1886, anno dell’ultima mostra impressionista, in cui si manifesterà il neoimpressionismo in modo più definito. Il termine neoimpressionismo fu coniato dall’editorialista Fèlix Fènèon sulla rivista “L’Art Moderne”. POETICA DEL MOVIMENTO Le caratteristiche comuni dei neoimpressionisti sono: - Rifiuto della sola impressione visiva - Tendenza a ricercare la solidità dell’immagine, la sicurezza del contorno - Libertà del colore - Si cerca di andare al di là della sola impressione e, per questo, i neoimpressionisti dipingono in un primo momento en plein air, per poi riprendere il lavoro nell’atelier, dove avveniva la realizzazione tecnica del dipinto. PAUL SIGNAC  l’artista postimpressionista non pointille ma DIVIDE. Dividere significa assicurarsi i benefici della luminosità, del colore e dell’armonia con: - Miscuglio ottico dei soli pigmenti puri - La separazione dei diversi elementi - L’equilibrio di questi elementi e della loro proporzione - La scelta di una pennellata proporzionata alla dimensione del dipinto. Gli studi neoimpressionisti furono fortemente influenzati dagli studi scientifici sul colore Come quelli di Cheuvreul - cominciò a distinguere i colori in primari e secondari; - scoprì che due colori giustapposti, sovrapposti o vicini da lontano danno l’effetto di un colore unico (base dei puntinisti); - scopre l’esistenza dei colori complementari. Uno dei principali esponenti del neo impressionismo è Paul Signac. NOMI DEGLI ARTISTI e QUALCHE OPERA ESEMPLIFICATIVA PAUL SIGNAC (1863-1935) Pittore francese, diede vita insieme a Seurat al puntinismo. In occasione di una mostra di Monet, scopre la sua vocazione pittorica. Scriverà a Monet per ottenere qualche consiglio. Frequenta esposizioni, gallerie e studia opere degli impressionisti. Ha due passioni: la pittura e la navigazione (dipinge infatti molte imbarcazioni). La sua pittura subisce l’influenza di Monet, dipinge con tocchi separati molto colorati. Lavora con Seurat e con Picasso, coi quali crea il gruppo dei cosiddetti “impressionisti scientifici”. Nel 1894 scopre la tecnica degli acquarelli e abbandona la pittura en plein air. Le sue opere sono sempre più colorate e le pennellate più larghe. In seguito alla guerra viene nominato pittore ufficiale della marina militare francese. Morì a Parigi in seguito a una crisi (stato tossico del fegato). LA BOA ROSSA Paul Signac, appassionato di navigazione, ha spesso dipinto i litorali marini ed i porti, in questo caso, il porto di Saint-Tropez che egli aveva scoperto tre anni prima a bordo del suo yacht L'Olympia. All'epoca questo era semplicemente un porticciolo peschereccio che, nel giro di poco tempo, fu subito frequentato da numerosi pittori come Cross, Matisse, Derain o Marquet, prima di trasformarsi in una località turistica e mondana. L'acqua azzurrognola occupa una gran parte della superficie pittorica, ma i riflessi della case arancioni ne riducono l'estensione. Situata in primo piano, la boa di colore rosso-arancio attira l'attenzione, risaltando nettamente sull'azzurro chiaro dell'acqua del porto, sia per i suoi valori cromatici scuri che per il contrasto dei colori complementari. Con il neoimpressionismo, un impressionismo di tipo scientifico, non occorre più rendere la spontaneità della prima impressione. Signac non lavora direttamente dal vero ma in bottega sulla base di studi realizzati sul posto. Nella tela La boa rossa la tecnica resta DIVISIONISTA, l'artista, però, prende le distanze dal neoimpressionismo propriamente detto. "L'artista raggiunge un'intensità di colori luminosi e vibranti, un'ingegnosità di composizione tale da portare a compimento un quadro e lasciare a bocca aperta dallo stupore; egli emana serenità". Paul Signac, La boa rossa, 1895 Cielo ondulato con le sfere luminose. Cupo cipresso. Vorticoso movimento Una corrente per partecipare alla ascensionale, come tormentata vita una nera fiamma, dell’universo, privo espressa nel cupo delle sue certezze , ma cipresso, lo porta in immerso su uno un vortice di sfere di sfondo azzurro e luce e di fuoco che sereno e saldo. vorticano in un cielo sereno, abbagliano e Paesino con la chiesa. stupiscono. Vorticoso movimento Notte stellata (Saint-Rémy, giugno 1889) Egli lascia sullo per partecipare alla sfondo i ricordi del tormentata vita paese natio olandese, dell’universo, privo così ordinato e delle sue certezze , ma tranquillo, con la sua immerso su uno chiesa, simbolo della sfondo azzurro e religiosità passata. sereno e saldo. ADOTTARE UN ARTISTA CHE SI APPREZZA PARTICOLARMENTE GEORGES SEURAT (1859-1891) Pittore francese, pioniere del movimento puntinista. Studiò le copie degli affreschi della Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca, e frequentò assiduamente il museo del Louvre, dove, oltre a interessarsi alle sculture egizie e assire, poté rendersi conto che Delacroix, ma anche antichi maestri come il Veronese, avevano già messo in pratica, pur in modo empirico, principi relativi alle reciproche influenze esercitate dai colori. Nel maggio del 1879 Seurat visita la quarta Mostra degli Impressionisti per ammirare i capolavori di Degas, Monet, Pissarro, Forain, Caillebotte, Cassatt e Lebourg. Profondamente colpito dalla nuova corrente artistica, Seurat si convinse dell'insufficienza dell'istruzione accademica, decidendo di non frequentare più l'École. In ottobre Seurat dovette assolvere agli obblighi di leva, che prestò per un anno a Brest, dove realizzò numerosi disegni, abbandonando la linea in favore della ricerca dei contrasti di tono con la tecnica del chiaroscuro. Continuò lo studio della funzione della luce e del colore e riprendeva le teorie di Chevreul: non impiegare i pigmenti, i colori terrosi, e il nero, e utilizzare la mescolanza ottica, ossia dipingere a piccoli tocchi di colori diversi e anche opposti. Desideroso di dimostrare nella pratica le nuove teorie, già nel 1884 Seurat pose mano al progetto di una nuova grande tela, che non si allontana, quanto a metodologia di preparazione e scelta del soggetto, da quella della Baignade: UNA DOMENICA POMERIGGIO SULL'ISOLA DELLA GRANDE-JATTE (1884) Olio su tela. 202x300 cm  nota: è molto grande per essere un quadro puntinista/divisionista Custodito: Istituto d'Arte di Chicago Realizzato: tra il 1884 ed il 1886 Seurat vi ha dipinto una tipica domenica pomeriggio della società borghese parigina di fine secolo sull'isola della Grande Jatte, un luogo molto popolare ai suoi tempi, sulla Senna, a nord-ovest di Parigi. Fece molti schizzi del paesaggio e delle molte figure che lo animavano (come la madre con la bambina, o la donna a destra vestita all'ultima moda) prima di dipingere, nel suo studio, il quadro completo. É una composizione perfettamente studiata e la situazione è presentata con un po' di ironia (ad esempio la scimmia al guinzaglio). Inoltre le figure sono immobilizzate e la scena è statica, priva dell'immediatezza impressionista. L'opera è organizzata secondo precise regole geometriche e la donna con la bambina e con l'ombrello rosso, che è l'unica in posizione frontale, fa da asse centrale. Lei è il perno su cui ruota tutta la scena: la composizione è difatti simmetrica ed equilibrata. Inoltre vi è un incrocio di linee verticali (le figure in piedi, gli alberi), orizzontali (le ombre sul prato) e, per spezzare l'ortogonalità, di linee oblique. Lo spazio è nitidamente messo a fuoco e perfettamente proporzionato (come la distanza tra le varie figure) e la prospettiva è completamente abbandonata. Le figure sono di forma geometrica e i personaggi sono statici, immobili, quasi statue o manichini. Il colore è scomposto in una fitta trama di punti, stesi con assoluta precisione scientifica. Un'ampia zona d'ombra in primo piano aumenta la luminosità della parte in profondità: lo scopo del pittore è infatti la resa della luce, utilizzando la giustapposizione di colori contrastanti per ricreare l'effetto del fenomeno luminoso. Seurat, intendendo portare a risoluzione gli studi sui rapporti cromatici, predispose un DISCO CROMATICO (riprende gli studi di Chevreul), ossia un cerchio la cui corona esterna riporta tutti i colori prismatici e intermedi, come già aveva fatto il chimico Michel-Eugène Chevreul a partire dal 1839. In questo modo il colore opposto a ciascun altro, rispetto al centro del cerchio, era individuato come il colore complementare. L'interesse di Seurat nell'individuare l'esatto complementare di ogni colore consiste nel fatto che ogni colore si intensifica se viene avvicinato al suo complementare e si annulla quando viene mescolato con quello, formando un grigio di particolare tonalità. Inoltre, due colori non complementari non «stanno bene» insieme se avvicinati, ma risultano invece armonici se sono separati da una tinta bianca, mentre due tinte dello stesso colore ma di diversa intensità, avvicinate fra loro, hanno la caratteristica di dare sia un contrasto, dovuto proprio alla loro differente intensità, che un'armonia, grazie al loro tono uniforme. Poiché la luce che noi percepiamo è sempre il risultato di una combinazione di colori determinati, questi colori dovevano essere riuniti nella tela non mescolati fra di loro, ma separati e strettamente avvicinati mediante leggeri colpi di pennello: secondo il principio della mescolanza ottica, dove l'osservatore, posto a una determinata distanza dalla tela dipinta non vede più separati questi punti colorati, ma li vede fusi in un unico colore, che è la loro risultante ottica impressa sulla retina dell'occhio. La tecnica a puntini è l'elemento essenziale della pittura di Seurat, mediante la quale si raggiunge la mescolanza ottica dei colori. Seurat non chiamò puntinismo ma «DIVISIONISMO» la sua concezione tecnico-artistica che tuttavia verrà definita da lì a poco, nel 1886, con il nome di «neoimpressionismo», per sottolineare la differenza tra l'Impressionismo originario, «romantico», e il nuovo Impressionismo «scientifico». LA POETICA DEL MOVIMENTO Questa nuova forma d'arte popolare rivolge la propria attenzione agli oggetti, ai miti e anche ai linguaggi della società dei consumi, e si è posta l'obiettivo di superare le convenzioni artistiche del passato, includendo l'immaginario dalla cultura popolare come la pubblicità e le notizie. Il materiale oggetto dell'espressione artistica è, a volte, rimosso visivamente dal suo contesto noto, isolato (ecco il perché alcuni lo associano al dadaismo), e in combinazione con materiale estraneo. Atta a criticare il consumismo che si diffondeva negli anni sessanta, la pop art guarda al complesso di stimoli visivi che circondano l'uomo contemporaneo: il cosiddetto "folklore urbano". È infatti un'arte aperta alle forme più popolari di comunicazione: i fumetti, la pubblicità, i quadri riprodotti in serie. Il fatto di voler mettere sulla tela o in scultura oggetti quotidiani elevandoli a manifestazione artistica si può idealmente collegare al movimento svizzero Dadaismo, ma completamente spogliato da quella carica anarchica e provocatoria. La sfrontata mercificazione dell'uomo moderno, l'ossessivo martellamento pubblicitario, il consumismo eletto a sistema di vita, il fumetto quale unico, residuo veicolo di comunicazione scritta, sono i fenomeni dai quali gli artisti pop attingono le loro motivazioni. In altre parole, la pop art attinge i propri soggetti dall'universo del quotidiano e fonda la propria comprensibilità sul fatto che quei soggetti sono per tutti assolutamente noti e riconoscibili. Gli artisti che hanno fatto parte di questo movimento hanno avuto un ruolo rivoluzionario introducendo nella loro produzione l'uso di strumenti e mezzi non tradizionali della pittura, come il collage, la fotografia, il cinema, il video e la musica da quale gli stessi Beatles per alcune canzoni hanno trovato ispirazione. L'appellativo "popolare" deve essere inteso però non come arte del popolo o per il popolo, ma più puntualmente come arte di massa, cioè prodotta in serie. E poiché la massa non ha volto, l'arte che la esprime deve essere il più possibile anonima: solo così potrà essere compresa e accettata dal maggior numero possibile di persone. Gli artisti della pop art si interrogarono sul problema della riproducibilità dell'arte nell'epoca industriale, sul come e se mantenere il carattere esclusivo dell'opera d'arte, o se invece conciliare la realtà consumistica con il proprio linguaggio. Dalle diverse risposte date a questi interrogativi nacque la diversità di stili e di tecniche tipica della pop art: - da un lato la creazione artistica divenne meccanica - dall'altro vennero recuperate le lezioni delle principali avanguardie del Novecento: dalle provocazioni del dadaismo che per primo mescolò arte e realtà, ai collage di foto o immagini pubblicitarie di sapore ancora cubista, fino agli happening o gesti teatrali, in cui l'artista crea l'opera d'arte direttamente davanti agli spettatori, lasciando spazio all'improvvisazione. Con sfumature diverse, gli artisti riprendono le immagini dei mezzi di comunicazione di massa, del mondo del cinema e dell'intrattenimento, della pubblicità. La pop art infatti usa il medesimo linguaggio della pubblicità e risulta dunque perfettamente omogenea alla società dei consumi che l'ha prodotta. L'artista, di conseguenza, non trova più spazio per alcuna esperienza oggettiva e ciò lo configura quale puro manipolatore di immagini, oggetti e simboli già fabbricati a scopo industriale, pubblicitario o economico. Nelle mani di un artista pop le immagini della strada si trasformano nelle immagini "ben fatte" dell'arte colta. I temi raffigurati sono estremamente vari: prodotti di largo consumo, oggetti di uso comune, personaggi del cinema e della televisione, immagini dei cartelloni pubblicitari, insegne, foto di giornali, riviste. NOMI DEGLI ARTISTI e QUALCHE OPERA ESEMPLIFICATIVA ANDY WARHOL (1928-1987) È stato un pittore, scultore, sceneggiatore, produttore, direttore della fotografia, montatore e attore statunitense, figura predominante del movimento della Pop Art ed uno dei più influenti artisti. È il rappresentante più tipico della pop art americana. Figlio di un minatore cecoslovacco emigrato negli USA, egli è uno dei rappresentanti più tipici della cultura nord-americana, soprattutto per il suo rifiuto totale per qualsiasi esperienza artistica europea e per la storia dell’arte: l’arte di Warhol si muove unicamente nelle coordinate delle immagini prodotte dalla cultura di massa americana. La sua arte prende spunto dal cinema, dai fumetti, dalla pubblicità. L’opera di Warhol appare quasi come un catalogo delle immagini-simbolo della cultura di massa americana: dal volto di Marilyn Monroe, alle bottigliette di Coca Cola, dal simbolo del dollaro ai detersivi in scatola,… In queste opere non vi è alcuna intenzione polemica nei confronti della società di massa: esse ci documentano semplicemente quale è divenuto l’universo visivo in cui si muove la “società dell’immagine” odierna. Il percorso di Warhol si è mosso tutto nella cultura newyorkese. Warhol divenne in questo ambiente uno dei personaggi più noti, costruendo in maniera attenta il suo personaggio. Si mosse in stretta attinenza agli ambienti underground, legandosi al mondo della musica, del teatro e del cinema. Gli inizi della sua pittura risalgono al 1960, dopo un precedente periodo in cui aveva svolto attività di disegnatore industriale. Nel 1963 raccoglie intorno a sé numerosi giovani artisti, costituendo una comune a cui diede il nome di “factory”. Abbandona la pittura nel 1965 per dedicarsi esclusivamente alla produzione cinematografica. Il ritorno alla pittura avviene intorno al 1972, con una produzione incentrata soprattutto sui ritratti. Nel 1980 fonda una televisione dal nome “Andy Warhol’s TV”. Muore nel 1987 durante un intervento chirurgico. MINESTRA IN SCATOLA Andy Warhol, Minestra in scatola Campbell I, 1968 In esso è molto evidente quella mitica “American way of life” in cui l’uguaglianza è realizzata in una società che consente uguali possibilità per tutti. Appare nuovamente evidente che l’arte di Warhol sembra avere un solo intento reale: demolire il mito dell’arte europea come espressione di una cultura “alta”. In ciò si ricollega in maniera molto chiara alle esperienze dadaiste, soprattutto ai ready-made di Duchamp, con le quali l’arte di Warhol condivide l’intento dissacratorio. Alle scatolette Campbell Warhol ha dedicato una quantità enorme di quadri. L’ha rappresentata a volte chiusa, come in questo caso, e altre volte aperta. La grande ripetizione del medesimo tema sembra sfruttare i meccanismi della pubblicità: il bombardamento costante delle stesse immagini, colpendo in maniera subliminale, provocano quel meccanismo del “riconoscere”, che è una delle molle, a livello inconscio con cui le masse manifestano le proprie scelte e preferenze. Questo quadro è realizzato con procedimenti serigrafici*, sul quale Warhol è poi intervenuto con colori acrilici, dando all’immagine un nitore grafico che ricorda le immagini dei fumetti o della grafica pubblicitaria. * La serigrafia e' quel sistema di tecniche che permettono di depositare un inchiostro o una pasta con elevati spessori, su di una moltitudine di supporti di differente natura ( chimica ), forma( piana, solida o irregolare ) e misura teoricamente illimitate. La serigrafia rispetto ad altre tecnologie di stampa permette di controllare e scegliere lo spessore dell'inchiostro depositato. Questa caratteristica l'ha resa la tecnologia di stampa più utilizzata nel settore della decorazione industriale. È importante al riguardo, fare notare che lo spessore dell'inchiostro è uno dei parametri fondamentali che determinano la resistenza all'esterno e la resistenza alla luce e all'abrasione meccanica di una decorazione. ONE DOLLAR BILLS’ Raffigura una serie di banconote da un dollaro. Scrive Warhol: “Comprare è molto più americano di pensare, e io sono molto americano. In Europa e in Oriente la gente ama commerciare… gli americani non sono così interessati a vendere, infatti preferiscono buttare via che vendere. Quello che amano veramente è comprare: gente, denaro, paesi”. Da questo pensiero arriva la scelta di dipingere del denaro. L’artista si affida al metodo serigrafico. I quadri generati possono riprodurre semplicemente una sola banconota ingrandita, o, come in questo caso, una serie di banconote affiancate in serie ordinate su un’unica tela. Egli sfrutta della serigrafia le potenzialità meccaniche, ma anche i limiti che impediscono una riproduzione perfetta dell’originale: difficoltà di far combaciare i contorni dell’immagine serigrafica in modo perfetto con le aree di colore stese in precedenza sulla tela, la diversa qualità di stampa a seconda della quantità di inchiostro utilizzato o della pulizia del telaio serigrafico. 100 CANS È una pittura a spray e pastello su tela; protagonista e soggetto di 100 Cans, ossia 100 lattine, è la lattina di minestra Campbell. Con queste parole Andy Warhol spiega la sua scelta: “La mangiavo abitualmente. Sempre lo stesso pranzo ogni giorno, per vent’anni, se non mi sbaglio, tutte le volte la stessa cosa. Qualcuno ha detto che la mia vita mi ha dominato: mi è piaciuta questa idea.” In realtà, nella scelta della minestra Campbell, l’importante non è tanto che l’artista abbia dipinto qualcosa che faceva parte del suo vissuto, ma che abbia attinto all’esperienza quotidiana di tutti gli americani, dando nuova visibilità a qualcosa di già iper- visibile e iper-rappresentato. Dipingendo cento barattoli di zuppa in fila ordinata, l’uno accanto all’altro, ci mostra il vero volto dell’America, il paese del consumismo e della ripetizione, privo di alcun atteggiamento critico. Warhol sa bene che il sogno del consumismo si è avverato al meglio nelle democrazie occidentali, e lo rivela mostrandoci che tutti abbiamo gli stessi idoli, guardiamo le stesse cose, la pensiamo allo stesso modo e mangiamo la stessa minestra. Il fumetto non era considerato un’opera d’arte ma era invece visto più come una popolare forma alternativa di comunicare in modo sintetico un racconto. Naturalmente le cose in seguito cambiarono e il fumetto divenne anche un’opera d’arte e sicuramente un mezzo espressivo che poteva contenere canoni artistici. Fu comunque Lichtenstein ad utilizzarlo per la prima volta in questo senso, benché le sue opere non possano essere paragonate al fumetto. Infatti, osservando con attenzione i suoi quadri, si distanziano in modo sostanziale dalla vignetta o dalla tavola del fumetto. Innanzi tutto i suoi disegni sembrano non suscitare alcun sentimento o stato d’animo, a guardarli sembrano distaccati, come se riuscissero a rarefare uno stato d’animo all’infinito, senza bisogno di avere un’immagine successiva (per ciò diversi dal fumetto), ma raccontando la loro storia dentro all’immagine che rappresentano. Lichtenstein, nonostante sia oggi considerato uno dai maggiori esponenti della Pop Art americana, ha dovuto aspettare molti anni prima di vedere riconosciuto il valore del proprio lavoro. LOOK MICKEY! Olio su tela, 1961. Considerato il ponte tra il suo espressionismo astratto e le opere di pop art. Primo esempio dell'utilizzo dell'artista dei puntini di Ben-Day . Basato sui suoi disegni dei fumetti del 1950. Lichtenstein prende in prestito da un libro di storia illustrato di Donald Duck mostrando Mickey Mouse e Donald Duck durante un incidente di pesca. Tuttavia, fa delle modifiche significative alla fonte originale, anche modificando lo schema e la prospettiva dei colori. Lichtenstein ha usato come fonte questa immagine da Donald Duck Lost and Found (scritto nel 1960 e illustrato da Bob Grant e Bob Totten) per Look Mickey . Durante la fase di fumetto della sua carriera, Lichtenstein ha spesso modificato leggermente la colorazione della fonte originale. Un certo numero di storie si propongono di raccontare il momento dell'ispirazione per Look Mickey: - l'artista ha ricordato uno dei suoi figli che ha indicato un fumetto e sfidato; "Scommetto che non puoi dipingere bene come quello; - un altro dice che il dipinto il risultato di uno sforzo per dimostrare le sue abilità per sia suo figlio e compagni di classe di suo figlio che si facevano beffe. Durante la fine degli anni '50 e nei primi anni '60 un diversi pittori americani cominciarono ad adattare le immagini e motivi di fumetti nel loro lavoro. Lichtenstein era tra loro. Andy Warhol ha prodotto i suoi primi dipinti nello stile del 1960. Lichtenstein, ignaro del lavoro di Warhol, ha prodotto Look Mickey e Popeye nel 1961. Quando Leo Castelli vede le opere a base di fumetti di Lichtenstein e di Warhol, sceglie di mostrare solo Lichtenstein, provocando Warhol a creare le casse di campbellserie per evitare di competere con lo stile più raffinato di fumetti che poi produsse Lichtenstein. Il dipinto è uno dei primi lavori non espressionisti di Lichtenstein , e segna la sua iniziale assunzione di puntini di Ben-Day che ha usato per dare un effetto "mezzo" tono industriale. Il dipinto è il suo primo utilizzo sia di un balloon di discorso che di fumetti come materiale di origine. Il lavoro ha segni di matita visibili ed è stato prodotto usando un pennello di seta di plastica per applicare la vernice a olio sulla tela. Al momento della sua morte, Look Mickey è stato considerato come il lavoro innovativo di Lichtenstein. Lichtenstein semplifica riducendo la composizione ai colori primari. Tipicamente, i puntini Ben-Day consentono ad un artista di produrre una varietà di colori utilizzando punti di pochi colori per dare l'illusione di un pallet più ampio. Miscelando punti di colori diversi, come una stampante a getto d'inchiostro, solo pochi colori possono creare un ampio spettro utilizzando un numero limitato di tonalità primarie. Lichtenstein ha fatto diverse modifiche all'opera originale: ha eliminato varie figure non essenziali e ha ruotato il bacino in modo che Donald guardasse al lato piuttosto che alla fine. Lichtenstein non solo ridisegnò lo spazio ma anche alterava la posizione del corpo e della canna da pesca di Donald per un migliore equilibrio ed eliminò i segni di stress e fatica per formare una composizione meticolosa. Walt Disney ha detto di Donald Duck: "Ha una grande bocca, un grande occhio belligerante, un collo twistable e una parte posteriore sostanzialmente flessibile. L'anatra si avvicina ad essere il soggetto ideale dell'animatore". La pittura di Lichtenstein riflette molte di queste caratteristiche fisiche. Rispetto alla fonte originale, Donald si appoggia ulteriormente verso l'acqua, e Mickey meno. PUNTI BEN-DAY Il processo di stampa a punti di Ben-Day , che prende il nome dall’illustratore e stampatore Benjamin Henry Day, Jr., è una tecnica datata 1879. A seconda dell'effetto, il colore e l' illusione ottica necessaria, i piccoli punti colorati sono strettamente distanziati, ampiamente distanziati o sovrapposti. I punti magenta , ad esempio, sono ampiamente distanziati per creare rosa. I fumetti di Pulp degli anni '50 e '60 utilizzavano punti Ben-Day nei quattro colori di processo ( ciano, magenta, giallo e nero ) a creare in modo poco costoso ombreggiatura e colori secondari come i toni verdi, viola, arancione e carne. I puntini di Ben-Day differiscono da punti mezzitoni in quanto i puntini di Ben-Day sono sempre di uguali dimensioni e distribuzione in una zona specifica. Per applicare i puntini a un disegno, l'artista avrebbe acquistato fogli di overlay trasparenti da un fornitore di cancelleria . I fogli sono stati disponibili in una vasta gamma di dimensioni e distribuzione dei punti. L'uso dei puntini di Ben-Day era un segno distintivo di Lichtenstein, che li ha allargati ed esagerati in molti dipinti e sculture. KISS II Kiss II è undipinto pop art 1962di Roy Lichtenstein . Ha precedentemente tenuto il record per il prezzo d'asta più alto per un dipinto di Lichtenstein. LA DONNA CON IL CAPPELLO IN FIORE La donna con il cappello in fiore è una pittura pop art 1963con Magna su tela di Roy Lichtenstein . Il lavoro è basato su un ritratto di Pablo Picasso di Dora Maar . Picasso ha dipinto diversi ritratti della suo amante Dora Maar in cui il suo volto è distorto in un modo simile alla pittura di Lichtenstein. Lichtenstein ha utilizzato specificamente il ritratto di Maar del 1939-40 come modello per la donna con il cappello fiorito . Il concetto di Body Art divenne in breve tempo un'impressione concettuale: il corpo doveva essere lo specchio dell’anima. Il termine body art è stato esteso (secondo alcuni in maniera non del tutto appropriata) alle moderne tecniche di tatuaggio, di scarificazione molto diffusa da secoli in tribù centroafricane ed amazzoniche e di piercing presente dagli albori dell'umanità come simbolo di potere, di ruolo ma anche di semplice decorazione (in massima parte) del viso e del torace che varia al variare di ritualità stagionali o dello stato di 'guerra' verso tribù ostili. In combinazione a tecniche di danza, con movimenti acrobatici, un'espressione di Body Art moderna è la Pole dance. NOMI DEGLI ARTISTI e QUALCHE OPERA ESEMPLIFICATIVA Arnulf RAINER ha elaborato una serie di performance e di fotografie in cui faceva smorfie di dolore o di emozioni estreme. Rudolf SCHWARZKOGLER metteva in scienza azioni in cui si feriva davanti al pubblico, ricordando i flagellanti medievali. Si dice che morì dopo un’azione particolarmente violenta. Ricordiamo gli artisti che hanno veramente fatto parlare di sé e vengono ricordati come rappresentanti della body art: la francese Gina Pane, l’austriaco Hermann Nitsch, e l’italo americano Vito Acconci. Hermann NITSCH concepì un teatro di cui era il sacerdote, dove avvenivano sacrifici animali e spargimenti di sangue votivi nel ricordo di quanto accadeva nelle civiltà precristiane. Le opere derivanti da queste azioni si mostravano come lenzuola macchiate di sangue. Gunter BRUS documentava in fotografie e disegni le sue azioni: dipingeva il proprio corpo di bianco come fosse una mummia e con questo tragico aspetto di esibiva nelle gallerie d’arte e per strada. Chris BURDEN mise in atto azioni come farsi sparare da un amico da una distanza di 15 passi o distendersi su una strada trafficata coperto da un telone. Di fronte ad espressioni artistiche di così difficile comprensione, rischiare la vita appariva come l’unica garanzia per dimostrare l’autenticità di una ricerca che avrebbe potuto facilmente essere considerata una serie di atti goliardici. Vito ACCONCI cercava di spingere i propri gesti più semplici, come l’emettere saliva il più a lungo possibile, verso il limite estremo delle esperienze fisiche e delle relazioni personali (indagare le distane di sicurezza tra due persone, cioè oltre quale vicinanza si provoca irritazione, o fino a che punto egli sopportava di esibire in pubblico i suoi comportamenti privati). Meno radicale è stato invece l’americano Dennis OPPENHEIM, che ha indagato sul suo corpo gli effetti e i mutamenti provocati da stimoli e pressioni esterne di vario genere, come per esempio l’azione del sole esercitata sulla sua pelle dopo ore e ore di esposizione completamente immobile. Altre manifestazioni della Body Art possono invece coinvolgere anche strumenti e tecniche diverse. Bruce NAUMAN, per esempio, si serve dell’olografia, una tecnica fotografica con la quale si possono ottenere immagini tridimensionali. Mediante l’ologramma egli accentua così le possibilità mimiche ed espressive del suo volto, contratto e plasmato dalle mani dello stesso artista in smorfie e deformazioni di ogni genere. Tra le più famose performances di questi anni vanno ricordate anche quelle operate alla coppia inglese GILBERT & GEORGE, due bizzarri personaggi che sono giunti a proclamarsi vere e proprie sculture viventi, fino a proporre le loro stesse giornate come esperienze artistiche in atto. Gilbert & George: coppia di artisti che si propone come sculture viventi. Nella loro performance più famosa, Underneath the Arches, apparvero su un tavolo quadrato con le facce dipinte e le loro tipiche giacchette a tre bottoni, abbigliamento tradizionale che si voleva contrapporre agli abiti lacerati del mondo giovanile. Accompagnano con movimenti meccanici le note di una canzone popolare. Molti artisti della Body Art hanno utilizzato il travestimento giocando con la propria identità ricercando identità multiple. - Luthi: fotografa se stesso in vesti androgine o autoironiche - Ontani: si fotografa nelle spoglie di protagonisti di quadri classici. Esiste poi un versante di azioni al femminile: l’esperienza del corpo per le donne è infatti più complessa di quella maschile a causa di aspetti come il parto, l’allattamento e la fine della fertilità. Gina PANE: artista francese che si presentò in pubblico vestita con dei jeans bianchi e un bouquet di rose in mano. Gli attributi della sposa, il bianco e i fiori, servivano a sottolineare il dono di sé, reso dalla metafora dl tagliuzzarsi i polsi con una lametta (donare il sangue) e dalla sopportazione di varie spine di rosa infilzate nell’avambraccio. Anche se sembra incredibile, il pubblico assisteva a queste azioni con distacco, come se si trattasse di una rappresentazione teatrale. Marina ABRAMOVIC: assunse farmaci per epilettici attendendone l’effetto; si fece scorrere sul viso un serpente; lavò un mucchio di ossa di bovino per otto ore al giorno nel sotterraneo della Biennale di venezia. Azioni tutte fondate sull’esibizione del massimo autocontrollo, della capacità di tollerare ogni sorta di paura, umiliazione e fatica. ADOTTARE UN ARTISTA CHE SI APPREZZA PARTICOLARMENTE JOHANNES STOTTER E’ un’artista, musicista e un ottimo bodypainter. Nato e cresciuto nel Sud Tirolo (Italia), ha trascorso la sua adolescenza nelle alpi in una famiglia di musicisti. Lui canta, suona il violino e studia educazione e filosofia all’Università di Innsbruck (Austria), ed è stato coinvolto in progetti sociali che ha combinato con arte e musica. Johannes ha sviluppato il suo stile e le sue tecniche di bodypainting senza nessuna relazione con altri body painter e il loro lavoro. Ha aderito alla comunità internazionale del body painting nel 2009 al World Body painting Festival in Austria, dove ha preso parte al body painting world champinship per la prima volta. Negli anni seguenti ha vinto diversi premi. Nel 2013 è diventato famoso nel mondo con la sua leggendaria creazione di una rana tropicale, formata con 5 corpi umani, quindi ha preso premi nel mondo ed è stato nelle prime pagine di giornali e quotidiani, e giornali online come New York Daily News, The Times … è stato nominato anche in canali TV come BBC, TV Globo, RAI. Oggi Johannes insegna Body painting all’accademia mondiale di Body painting (al Eorld Body painting Festival) e anche in giro per il mondo. Lavora e si esibisce su tutto il globo in collaborazione con la sua agenzia di produzione. WOLF Un’opera che sembra un lupo che ulula, in realtà sono tre donne coperte da body paint. Se si guarda da vicino la foto, che è una scultura in movimento, è difficile identificare dove siano le modelle. Puoi vedere la schiena di una donna che recita come la pancia del lupo, e anche dei piedi che sono fatti diventare coda. Ma niente ti può preparare per la decostruzione della scultura. Stotter è così riuscito nel suo tentativo di impacchettare tre ragazze in un’immagine di un lupo solitario.
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