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appunti Teatro Greco (Sofocle), Appunti di Lingue e letterature classiche

Sofocle - Aiace --> La dea invisibile: Atena e Odisseo --> Il suicidio di Aiace - Antigone --> Coro dell'Antigone --> Antigone sfida Creonte --> Lo scontro di Creonte con il figlio --> La sposa della morte - Edipo re --> Prologo --> Edipo e Tiresia --> Il sospetto --> Edipo comprende il passato - Edipo a Colono --> L'elogio di Colono --> La morte di Edipo

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 16/03/2023

nicu-sabina
nicu-sabina 🇮🇹

7 documenti

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Scarica appunti Teatro Greco (Sofocle) e più Appunti in PDF di Lingue e letterature classiche solo su Docsity! SOFOCLE 496-406 a.c Entriamo nella fase più classica del teatro greco dove si ha una maturità della produzione. Ci sono arrivate solo 7 tragedie di oltre 120 circa. Aneddoto  un evento che accomunava i 3 principali autori del teatro greco era la battaglia di Salamina, e che a questa battaglia avesse partecipato anche Sofocle che all’epoca aveva pochi anni quindi nell’età dell’Efebia (periodo in cui un cittadino ateniese diventava adulti) infatti lui aveva partecipato alle celebrazioni per la vittoria, mentre Euripide secondo la tradizione è nato proprio il giorno della battaglia di Salamina. Questo ci fa capire come questo evento avesse un ruolo centrale nella storia di Atene. I 3 autori rappresentano 3 momenti diversi della storia dell’Atene classica: Eschilo il mondo di passaggio, Sofocle che vede nell’Atene la parabola da quando vince a quando ormai sta perdendo la guerra del Peloponneso (vede la crescita e la decadenza), mentre Euripide l’ultima fase della vicenda politica di Atene. Sofocle viene da una famiglia aristocratica e ricopre anche cariche pubbliche importanti ad Atene: insieme alla presentazione dell’Antigone ricopre il ruolo di stratego. Partecipa in maniera attiva alla vita pubblica e politica dell’Atene  ha una posizione politica moderata (né conservatore né democratico radicale), e incarna per tanti aspetti in maniera perfetta e definita la maturità e la pienezza dell’evoluzione del genere letterario, ne incarna lo spirito classico. Nell’idea di classicità greca c’è una perfezione esteriore (armonia, eleganza) che però contengono all’interno una sorta di inquietudine, di visione problematica del mondo. I drammi di Sofocle contengono la perfezione, il raggiungimento di un equilibrio formale e allo stesso tempo una visione problematica del mondo. Sofocle è la fusione perfetta di questa apparenza ordinata, armoniosa ed elegante e allo stesso tempo presenta una serie di temi problematici. Sofocle aumenta il numero degli attori da 12 a 15 e usa in maniera più funzionale la figura del tritagonista: il terzo attore. Inoltre, a differenza di Eschilo che aveva sviluppato una struttura della trilogia complessiva, quelle di Sofocle sono tragedie monografiche. Ogni tragedia ha un suo tema e un suo protagonista. La forma monografica che hanno le sue tragedie si riflette anche in una fortissima esasperazione del ruolo del protagonista: tema fondamentale. La dimensione religiosa di Sofocle non arriva a trovare un senso. Da un lato c’è una visione del mondo ordinata, dall’altro il senso dell’enigma, del mistero, dell’inconoscibilità di qual è il senso della vita dell’uomo. Le tragedie che ci sono arrivate sono solo 7: - Aiace - Antigone - Elettra - Filottete - Edipo a Colono - Edipo re - Trachimee + in maniera incompleta un dramma satiresco “i cercatori di Orme”. Sofistica: mette in dubbio tutte le verità. 1. AIACE Ha una struttura a dittico: tragedia formata quasi da due parti separate. Siamo nel mito di Troia. Coro  i marinai di Salamina . La tragedia si svolge sulla spiaggia davanti al muro di Troia. Dopo la morte di Achille nasce una disputa sull’eredità delle sue armi: si trovano a combattere Aiace e Odisseo. Perché? Odisseo è quello che ha permesso di vincere la guerra. Odisseo riesce a persuadere i principi Achei ad avere le armi e quindi vince su Aiace. Aiace non la prende bene, si sente disonorato, decide di vendicarsi uccidendo tutti i capi degli Achei. Interviene Atena che gli fa avere una visione e lui, credendo di star ammazzando i principi degli achei, si sfoga sulle greggi che trova sulle rive del mare. Quando gli passa il raptus e si rende conto di aver sbagliato bersaglio si ritrova completamente provato di qualsiasi forma di onore e di gloria. Ha perso quello che era il motivo per cui aveva deciso di vendicarsi. Si ritrova peggio di prima. L’unica soluzione per lui: il suicidio. Il suo suicidio è una scenografia classica: prende la sua spada, data a lui da Ettore in uno scontro, la pianta per terra con la punta rivolta verso l’alto e si butta sulla spada. Il mito diceva che lui fosse invulnerabile tranne nel punto sotto l’ascella. Il suicidio arriva a metà del dramma: dopo la storia continua. Per questo si parla di una struttura a dittico: il primo dramma si conclude con il suicidio ma la storia va avanti. Agamennone e Menelao scoprono qual era il piano di Aiace e intervengono: non vogliono restituire la salma, gli vogliono togliere la possibilità di trovare la pace dopo la morte. Alla fine il corpo viene riconsegnato e Aiace sepolto. La dea invisibile: Atena e Odisseo - C’è Atena che parla. Compare come presenza invisibile, si sente solo la voce. - È il momento successivo a quando Aiace si rende conto di aver fatto strage di bestie. - C’è un forte legame tra Odisseo e Atena  rapporto dilemmatico; Odisseo si trova quasi in contrasto con Atena: per l’azione di Atena, Aiace ha perso completamente l’onore. Odisseo non ha una posizione di condanna: sarà lui a difendere il cadavere di Aiace dalla furia di Agamennone e Menelao. - Atena definisce Odisseo ‘’cagna della Laconia’’ . Ai tempi non aveva un significato dispregiativo, anzi, erano dei cani da caccia particolarmente pregiati. - Nel testo greco predomina il campo semantico legato alla vista usato da Atena e poi Odisseo, è quello che fa riferimento a quello che si vede alla realtà concreta riguardo quello che Aiace ha fatto. Si crea un’opposizione tra quello che si vede e quello che è in realtà. o Dedorka  perfetto dal verbo derkomai, che vuol dire osservare con un’intensità quasi ipnotica (radice di drakon: serpente, a cui si fa riferimento per lo sguardo). o V. 15 la parola apoktos  apo + opsomai, che non viene visto. - V. 10 xeifos  spada + ktono [kteino] le mani che uccidono con la spada. Odisseo che prevale su Aiace rappresenta la lotta della forza contro l’intelligenza e l’astuzia. Aiace era il secondo più forte dopo Achille, ma Odisseo era quello ad aver fatto vincere i greci su Troia con l’inganno; è l’elemento che lo distacca dagli altri eroi. - Odisseo si affida completamente alla guida della divinità. Il concetto dell’essere guidato è espresso dal verbo kubernaw (legato al significato del timoniere). Odisseo ha fiducia in Atene, è un abbandono fideistico: lo si ritrova nelle opere di Sofocle. - Odisseo si riferisce ad Atena con l’elemento della caccia. Lui è come il cane che segue le tracce e ha solo un’immagine sfocata della situazione (campo visivo). - Lui dice ftegm’Atanas (voce d’Atena)  non può vederla, solo sentirla. - L’ambientazione è notturna , il che rende ancora più difficile a Odisseo il trovare le tracce. Al verso 5 c’è il verbo kuneghetounta che vuol dire andare a caccia con i cani. Al verso 32 dice che si è messo subito sulle sue tracce. Questo campo semantico si lega con quello della vista. Al verso 25 usa il verbo euriskw, al verso 28, quando bisogna attribuire la responsabilità dell’atto, si usa il termine ten aitian, la causa. Verbi che uniti al discorso sul campo semantico della vista indicano la ricerca di una causa visibile di quello che è successo; però Odisseo non arriva a una risposta [verso 32]. - Con Sofocle, gli uomini non si domandano il perché o il come dietro la fiducia agli dei, invece con Eschilo nella fiducia troviamo un messaggio, un mathos. Dal punto di vista umano, la vicenda tragica in Eschilo dà l’insegnamento, con Sofocle si comprende che c’è la giustizia, ma non se ne comprende il perché. La distanza tra divino e umano è incolmabile per Sofocle. - Aiace non si rende conto del motivo per cui si trova nella condizione di doversi suicidare: non ammette la sua colpa, a differenza di Clitemnestra e Oreste con Eschilo. La dimensione tragica è legata all’accettazione della sua condizione, senza una sua giustificazione. - Semaino  significare. È come se la ricerca fosse rappresentata intrecciando i campi semantici della caccia e della vista, ma non si arriva alla soluzione perché non è possibile con le risorse umane. - La colpa si manifesta come un’incapacità di trovare una via d’uscita , e non come un cattiveria della dea. Sa per certo che deve uccidersi per difendere l’onore. Il comportamento di Atena rimane nei limiti del comportamento teologico, però Aiace non è in grado di capirlo. Nel caso di Sofocle, la colpa diventa una vicenda più politica  una volta perso l’onore, non può più entrare in comunione con gli achei se non morendo. Antigone sfida Creonte Creonte aveva minacciato le guardie perché dovevano trovare chi aveva seppellito il corpo di Polinice, sennò sarebbero stati incolpate loro. Ha senso che per seguire le leggi positive ci si spinga così tanto? Situazione ambigua di dover consegnare Antigone, persona che gli sta a cuore [tous filious]. Da qui comincia una specie di stikomitia tra Creonte e Antigone [Creonte, fratello di Giocasta, è lo zio di Antigone]. Antigone è l’ultima di una generazione sciagurata [Edipo padre e fratello] - commento del corifeo. - Creonte agisce come personificazione dello stato, sfociando in una forma di ubris perché come unico obiettivo in mente [personaggio monolitico] è che lo stato e le sue leggi siano rispettati. - Antigone invece non riesce in alcun modo a discostarsi dalla sua idea di rispettare le leggi non scritte, il diritto naturale, viene prima di tutto [quasi per questo motivo sembra che voglia arrivare allo scontro]. - Ruolo del potere = tema centrale della tragedia. Attacco anche contro i membri del coro che non si aggregano a Antigone pur condividendo le sue idee, ma solo perché non volevano andare contro a Creonte. - Io sono nata [fa parte della mia natura di essere umano] per condividere l’amore e non l’odio. Ritorna il tema dello stare insieme e della filia [come elemento che ha un suo peso specifico preciso]. - Visione teonomica del mondo = diritto naturale a cui fa riferimento Antigone [=Sofocle] ≠ visione antroponimica [Creonte]. - C’è anche la paura di andare oltre perché Sofocle vive nel periodo di passaggio dell’Atena democratica a quella più autarchica, a una dove c’è troppa fiducia nel progresso umano se non tiene conto delle leggi naturali La posizione religiosa di Sofocle è rappresentata dal pensiero di Antigone: idea che esiste una legge di origine divina, che non si può spiegare ma che ciò nonostante esiste. Questa è in contrasto con la legge dell’uomo, rappresentata da Creonte e da Pericle. Due visioni del mondo: - Caratterizzata dalla fiducia nei confronti dell’uomo - Quella di Sofocle che sottolinea i limiti di una esagerazione del ruolo della figura umana, e quindi poi anche dello stato Lo scontro di Creonte con il figlio Antigone ha scelto di isolarsi, ma in realtà la gente di Tebe la pensa come lei. Il coro inizialmente sembra essere contrario ma non è così: la polis è dalla sua parte perché se la rigidità di Antigone era un motivo di condanna, allo stesso modo la rigidità di Creonte è sbagliata. Se la tragedia si conclude nella solitudine di Antigone, dall’altra parte anche Creonte di fronte a un rifiuto ne impone un altro passando dalla parte del torto. Creonte passa dalla parte del torto: il figlio Emone cerca di convincerlo prima a parole, fino a quando poi non arrivano allo scontro e quindi qui anche il coro condanna il suo atteggiamento. Gli oracoli anche hanno una funzione fondamentale: arriva anche Tiresia (indovino cieco) che profetizza a Creonte un destino di sciagura se non cambia questo atteggiamento. Creonte che è chiuso nella sua incapacità di andare oltre alle proprie condizioni, lui reagisce accusando Tiresia di voler fare una specie di colpo di stato. Questa sua resistenza lo porta a una sorta di disprezzo da parte degli dei, anche perché la profezia non viene accolta, recepita. Quando Creonte sembra essere rimasto solo usa la Parektasis: a un certo punto però decide di tornare indietro, di ammorbidire la sua posizione: troppo tardi perché Antigone si è già suicidata. Quando lui entra vede il figlio Emone suicidarsi per la morte di Antigone. Una volta venuta a conoscenza della morte del figlio, anche la moglie di Creonte decide di suicidarsi. Toni: sorta di dibattito di Agone sofistico. Da un lato c’è la posizione di Creonte che difenda il dover seguire le leggi, e dall’altra parte la posizione di Emone che presenta delle obiezioni. Siccome poi nessuno è disposto a cedere da un discorso argomentativo si passa a un vero e proprio sconto. - Rischio visione antroponomica: la trasformazione del legislatore in un tiranno (Creonte). - Quella che Emone dice diventa una sorta di profezia: lei non morirà vicino a mei, lei si suicida da sola nel sepolcro. C’è sempre la costruzione del destino che si avvera, nei confronti dei quali Creonte e Antigone non sono passivi: i loro comportamenti sono delle scelte. L’idea di fare a meno di qualsiasi tipo di legge che viene da una realtà superiore (Dio per sofocle) a cui non bisogna per forza dare un valore fideistico. L’eccessiva fiducia nella realtà umana produce poi questi rischi. La sposa della morte - Nel momento in cui avrebbe dovuto sposare Emone decide di sacrificarsi per rimanere fedele ai suoi principi. - Menzione dei rapporti di parentele, soprattutto quelli legati al rapporto di fratellanza: termini nei riquadri. Fanno riferimento al rapporto come una casa comune - V 900: la scelta di Antigone viene definita “autokeir”, di propria mano. Autonomia che Antigone rivendica. - Antigone non capisce il perché di questa morte. L’uomo, così come Creonte, non riesce a svelare il mistero della legge divina, che però nonostante tutto esiste. 3. EDIPO RE Prequel dell’Antigone La presenza divina è forte, ma gli dei non appaiono e non si manifestano. Ruolo fondamentale giocato dagli oracoli, dalle profezie, gli dei parlano attraverso gli oracoli. Comincia in medias res, con Tebe in preda alla pestilenza. Quella di Edipo è solo l’atto finale di una tragedia cominciata molto prima. Edipo si ostina a voler conoscere e a voler comprendere: è un po’ questa la sua tragedia 2 oracoli in precedenza: - Quello che ha detto a Laio che non avrebbe avuto figli maschi: Laio ha contravvenuto e da lì è nato Edipo - Quello che riguardava Edipo, allevato come figlio del re e della regina di Corinto: lui avrebbe ucciso la madre e il padre. Lui quindi per non mettere in pericolo quello che crede essere il padre si allontana e incomincia ad avere una vita da vagabonda. Sulla strada per Delfi incontra il re Laio che sta tornando da lì e in seguito a un diverbio lo uccide: in questo modo ha avverato una parte di profezia. Quando poi capita nei pressi di Tebe va in soccorso della città in cui si era stabilita la sfinge che si diverte a strangolare chi non risolve gli enigmi. Edipo qua agisce come un eroe benefico: risolvendo l’enigma salva Tebe ma allo stesso tempo condanna se stesso alla catastrofe e alla sciagura. Diventa re di Tebe, sposa la moglie di Laio nonché sua madre. Dal matrimonio nascono i figli: Antigone, Ismene, Polinice, Eteocle. Solo quando a Tebe si scatena la pestilenza si capisce che Tebe è diventata impura, allora nello stesso modo in cui ha sconfitto la sfinge si mette alla ricerca di una soluzione. La soluzione arriva tramite l’oracolo di Delfi che dice “Tebe è impura, c’è il miasma, perché c’è in città l’assassino di Laio”. A questo punto Edipo è deciso a cercare questo assassino e su questo lancia una serie di maledizioni senza sapere che in realtà sta maledicendo se stesso: ironia tragica. Quindi i metodi di indagine di Edipo sono dei metodi di indagine di tipo fortemente razionalista: fiducia nella possibilità dell’uomo. La ricerca avviene attraverso una serie di indizi che tradiscono una realtà diversa da come si presenta (Edipo non si rende conto di stare indagando su se stesso). Si accumulano indizi che Edipo interpreta in un modo ma che in realtà alla luce di cosa lo spettatore sa hanno un altro significato. La colpa viene detta amartia: errore senza valore morale, Edipo crede di essere non colpevole e libero: Edipo agisce in maniera libera e più cerca di essere libero e più condanna se stesso Pestilenza di Tebe collegata a una avvenuta realmente all’inizio della guerra del Peloponneso quando Atene accoglie l’esercito si trova ad avere una marea di residenti in più e si ha un’epidemia di pestilenza [Pericle ne fu vittima] = si colloca l’Edipo re intorno al 431/30 a.C. Siamo in medias res: edipo ha già ucciso il padre e sposato la madre e avuto i figli Prologo - La prima parola è tecna: rimanda ai legami familiari. Lui qua la usa per parlare dei cittadini, come se fossero suoi figli - Ritorna sempre il legame stretto tra Edipo e la sua terra: idea che ci sia un legame coessenziale tra un re e la terra e il popolo che rappresenta, come se il re nella concezione sacrale della regalità è responsabile anche della salute del popolo e della terra. - Quando si parla di profumi di incenso, di canti e di lamenti: riferimenti alla purificazione. Sono le essenze che vengono bruciati durante le cerimonie sacre. I canti sono i peana, per Apollo perché era il dio guaritore e nello stesso tempo contaminatore (era lui il responsabile delle pestilenze). - Struttura retorica ad anello: si apre all’inizio con l’immagine della nave (assimilato come immagine di stato, polis) e si chiude alla fine con l’immagine di una nave deserta. - “dio che porta il fuoco”: è il fuoco della pestilenza, della malattia. La pestilenza è insieme una pestilenza della popolazione e della terra. - Il sacerdote si rivolge al re e dice mia e non estende la proprietà della terra a Edipo [ha senso in italiano nostra nel senso che sua e del popolo], è il primo indizio di estraneità del re verso la terra - Lui stesso si definirà come uno xenos, straniero. - La sfinge è detta cantatrice perché lei faceva gli enigmi come una formula magica: era una specie di carmen, canto e poesia, ma tutte le espressioni per le formule anche sacre. - Capacità di Edipo di liberare la città: siccome ha liberato la città da quella prima situazione problematica, adesso libera questa situazione [entrambi ignorano però che liberandola dalla sfinge gli ha dato questa pestilenza]. Figura in comune tra Antigone ed Edipo Re [oltre a essere entrambi della famiglia dei Labdacidi]: Tiresia, come indovino di stato per Tebe che in entrambi i casi entra in contrasto con il potere, prima con Creonte poi con Edipo, accusato da Tiresia di essere cieco nel non voler vedere la realtà e di voler supportare un colpo di stato: sia per Creonte sia per Edipo, la cecità è stata un’allegoria del personaggio [è Creonte cieco che non capisce il limite del potere, Edipo è cieco quando non capisce quando fermarsi nella ricerca della verità se non a proprio danno]. - Per Edipo la questione della pestilenza è un caso importante, è necessario risolvere il problema dato dall’omicidio di Laio. - In questo brano troviamo qualche lessico legato alla conoscenza [figli, cose note e non ignote]. - Il coinvolgimento di Edipo in quanto colpevole e come re è doppio. - Operazione intellettuale quella di scopeo: l’unico modo per risolvere la situa è mandare Creonte a Delfi per chiedere al dio cosa fare per purificare la città. - Viene descritto un processo di ricerca razionale per la risoluzione dell’enigma [osservare, trovare e chiedere]. Quella di Edipo può sembrare la vittoria sull’irrazionale, in realtà poi si manifesta nella catastrofe e tutto ciò che segue. Creonte poi torna e racconta che la città di Tebe è contaminata dal miasma perchè l’omicidio di Laio era rimasto impunito e che l’assassino si trova a Tebe. Aristotele quando parla dell’Edipo re, parla di amartia, ovvero l’errore, non è fatto apposta. Va punito ma non è colpa sua. La situazione è risolvibile, basta allontanare il colpevole. Edipo senza sapere di mentire: non sa di averlo ucciso. Quando viene informato che era legato all’omicidio lui si mette a cercare il colpevole. Come Creonte, emana un kerugma per arrivare alla soluzione. Non si parla mai di una punizione, ma semplicemente di un allontanamento dalla polis. Ironia tragica: cercherò il colpevole come se fosse mio padre. Edipo e Tiresia Scontro tra due modi di leggere la realtà Tiresia = indovino per eccellenza [lui sa che era figlio di Laio], sapienza rivelata mentre Edipo ricerca. Due modi diversi di intendere la realtà = tragedia strumento epistemologico La conoscenza di Tiresia è immediata mentre quella di Edipo procede attraverso indagini, conoscenza di tipo mediato. Mi servono ancora questi appunti, chi me li ha mandati li ha messi sul libro senza mandarmi le foto del libro Odisseo nel corso della tragedia subisce un cambiamento di identità, di tipo ontologico. - Sumbolon: elemento di riconoscimento - V 222-223: domanda l’editto di Edipo, che ha la forma giuridica di un decreto. È il decreto per proteggere chi avesse informazioni per la morte di Dario. - Prima ipotesi: autodenuncia del colpevole. - V 232: si aggiungerà la riconoscenza perché si elimina il miasma - Nemesi: radice di nomos. È la vendetta per qualcosa che hai fatto prima. È la giustizia distributiva. - Inizia la maledizione che Edipo pronuncia in quanto re (anche sacro). Ironia tragica: Edipo non sa di star maledicendo se stesso. - Keteukomai: pregare contro scagliare una maledizione - Quando Creonte aveva portato la risposta dell’oracolo di Delfi egli aveva detto Briganti e Edipo rispondendo ha detto brigante: consapevolezza subconscia di essere immischiato nell’omicidio. - Tema della necessità di conoscere: caratteristica essenziale dell’uomo. Edipo non è un eroe che ha compiuto grandi imprese, il suo lato eroico consiste nel cercare la conoscenza a tutti i costi. - Se lui non fosse morto i miei figli sarebbero stati i suoi figli quando in realtà Laio manco doveva avere figli. - Edipo dice “combatterò come fosse mio padre”: ironia tragica - Riprende tutta la genealogia dei re di Tebe: famiglia sfortunata - Figlia di Cadmo: madre di Dioniso - Augura quello che succede a Tebe - V 274 tad: queste cose, intransigenza nei confronti del crimine. - Conclusione: augurio di felicità a prosperità a chi è d’accordo con Edipo. - Tutto questo rigore di Edipo si scontra con la conoscenza di Tiresia che sa che le maledizione sono rivolte a se stesso. Conosce la verità e deve dirla, non è una situazione semplice. - C’è tutto un campo semantico legato alla conoscenza. Fronein: conoscere come può conoscere un indovino, non in maniera razionale. Tiresia dice che è orribile. - Contrasto tra la conoscenza di origine divina e quella di origine razionale. - “io ti vedo” di Tiresia: è un’affermazione forte per un cieco. - Edipo è alla ricerca di una verità oggettiva, razionale. Tiresia invece dice di dare per vero quello che si dice. - V 350: sei tu che insozzi questa terra = sei tu il miastor di questa terra. C’è l’uso politico degli oracoli che troviamo a Roma e in Grecia. - V 370: Edipo rinfaccia a Tiresia la sua cecità ma in realtà è lui stesso cieco - Coro: il popolo di Tebe - 410 il Lossia, essendo ambigua la gnome (forma di conoscenza di Ed) di Edipo non è in grado di capire - V 438, questo giorno ti farà nascere e ti annienterà: scopre qual è la sua natura - 440: non sei tu per natura il risolutore degli enigmi - La fortuna di aver sconfitto la sfinge in realtà è la sua rovina - Alla fine: Tiresia porge a Edipo un enigma/indovinello visto che ha risolto già quello della sfinge. Il sospetto - Edipo = quello con i piedi bucati (dall’origine della parola) oppure dalla radice del verbo conoscere dalle radici. Per impedire che i morti ritornino si tagliano i piedi e le mani per far sì che non resusciti e si muova (alla base anche del vampirismo dove bisogna uccidere una seconda volta). - Va in ansia perché sa di aver ucciso un uomo al trivio e quindi dalla rabbia inizia a passare verso il sospetto. Andava a Delfi proprio perché qualcuno gli aveva detto che avrebbe ucciso il padre (e lui voleva evitare di uccidere il padre adottivo senza sapere che poi ha ucciso quello biologico). Compie il suo destino nonostante fosse andato a Delfi solo per scoprirlo. - Edipo inizia a concepire di essere stato lui l’assassino però non sa di aver avverato la profezia quindi capisce di aver ucciso Laio ma non di essere suo figlio e quindi non può tornare a casa perché ha paura di uccidere Polibo, suo padre adottivo. - Parektasis = illusione dell’allentamento della situazione tragica. Le profezie invece si avvereranno in modo peggiore di quello che si sta aspettando adesso Edipo. A Corinto alcuni lo sapevano che Polibo non fosse il suo vero padre, ma lui no. - Edipo è uno ma ha molte personalità. - La scena successiva (momento della katastrofé) mostra come Edipo, il più fortunato tra i mortali, diventi l’uomo con cui il destino si è incazzato perchè non solo viene fatto arrivare il pastore di Laio presente al suo assassinio ma anche da Corinto un messaggero per dire che Polibo è morto (ancora spiraglio di possibilità). Questo messaggero è il pastore, servo di Polibo, che aveva avuto dal servo di Laio il neonato Edipo. Quindi i due si riconoscono (quello di Corinto non sa che tragedia sta per avvenire, mentre il servo di Laio fa finta di non riconoscerlo, l’altro invece glielo ricorda che si erano incontrati anni prima quando da lui aveva ricevuto il bambino) = Edipo continua l’interrogatorio. Giocasta silenziosa si impicca, invece Edipo continua a torchiare il servo di Laio che non vuole parlare e alla fine capisce pure lui. - Si acceca (contrappasso) e abbandona Tebe.
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