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Guide e consigli
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Appunti tecnico di radiologia, Sbobinature di Radiologia

Dose, camera di ionizzazione e relativi problemi, camera gap, tubo di Crux, descrizione dei 3 fuochi, radiografia in trasmissione , curva di carico , misura del server , dosimetria personale, rilevatore a scintillazione.

Tipologia: Sbobinature

2019/2020

In vendita dal 21/11/2020

graziaserio
graziaserio 🇮🇹

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25 documenti

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Scarica Appunti tecnico di radiologia e più Sbobinature in PDF di Radiologia solo su Docsity! 1. Appare la misura della dose : possono essere scritte in modo diverse, c’è un cavo che collega il ? che permette di fare la misura di dose con la camera di ionizzazione . La camera di ionizzazione : all'interno c'è il volumetto d'aria che deve raccogliere il ?, quindi noi mettiamo il tubo radiogeno, diamo il raggio verso il basso e mettiamo la camera di ionizzazione a 75\100 cm dalla macchia focale (per fare misure di radiologia preventiva). Al centro c'è un'asticella di alluminio sottile che fa da uno dei 2 elettrodi (uno di alluminio e l'altro sono le parte interne). Quindi viene messo con il centro del volume sensibile, sull'asse centrale del fascio , camera in aria e non appoggiata , erogate i raggi e all'interno avviene l'interazione tra i protoni che entrano ->interagiscono con aria -> staccano elettroni e creano ioni + e - (raccolti nell'elettrodo + e - ). Ci saranno degli elettroni che il fascio produce fuori ma che vanno a finire dentro e ci saranno elettroni prodotti dentro che escono. La camera ha al di sotto un cavo che la collega all'elettronico che raccoglie le informazioni. Questa camera di ionizzazione ha un volume di 6 cm3. Quello che interessa è avere un segnale significativo. Se si lavora in radioterapia le dosi sono più elevate e le camere avranno volumi di 0.6cm3, il vantaggio è che , la corrente è la stessa, ma si ha una migliore risoluzione spaziale . Ma in radiologia non si ha solo questa camera. All'elettronico attraverso i cavi si attaccano\staccano le varie camere. C'è per esempio una camera di ionizzazione : noi misuriamo la dose con il rame , quindi la camera precedente noi appoggiamo la camera sopra e poi sotto (per sapere la dose che esce dal paziente), questo è molto pratico, ma in questo modo non facciamo una reale misura della dose che arriva dato che la camera la mettiamo tra lettino e rame ,perché l'intensificatore di brillanza è quasi attaccato al lettino e non passerebbe quella camera, invece questa qui è fatta apposta per essere appoggiata sopra e questa misura è quella che arriva davvero. E' chiama "Camera gap". Ci sono poi camere che non misurano la dose in un punto, ma su tutta la lunghezza , è una camera per mammografia. Essa non deve attenuare il fascio ed ha uno spessore molto piccolo, ha una finestra di alluminio piccolissimo che non attenua i fasci. Problemi con le camere di ionizzazione : ripetendo : ci sono 2 elettrodi interno ed esterno, le pareti di grafite su cui arriva la ionizzazione , le oltrepassa senza essere turbata e interagisce con le molecole di ioni creando ioni , che sono attratti dagli elettrodi opposti, con una velocità proporzionale al campo elettrico . Nei gas inerti gli ioni negativi hanno mobilita maggiori di quelle positive. Esiste comunque una probabilità che 2 ioni di segno opposto si ricombinino che quindi non vengono più raccolti. Cioè all'interno della camera l'elettrone potrebbe combinarsi con uno ione positivo, il numero di ioni persi deve essere calcolato , attraverso un fattore numerico chiamato Coefficiente di ricombinazione. Più la camera è piccola meno è probabile che si ricombinino. Come cambia la corrente nella camera di ionizzazione in funzione dei V per diverse intensità di esposizione , in questo caso abbiamo camere di ionizzazione a ? piani e paralleli : un fascio x arriva sulla camera di ionizzazione che ha una certa differenza di potenziale tra i die elettrodi e c'è poi un micro amperometro , immaginiamo che ci sia 1cm di distanza tra i 2 elettrodi . Quando arriva il fascio X sulla camera : 1 caso : c'è un'intensità di esposizione di 50 mnewton , man mano che aumenta il voltaggio tra le pareti della camera all'inizio vengono prodotti ioni e non sono tutti raccolti perché il voltaggio è basso, ma poi verranno raccolti tutti e quindi si raggiungono i valori di saturazione , cioè il plateu. Se aumenta l'intensità di esposizione -> cioè quanti fotoni vengono prodotti nel tubo radiogeno nell'unita di tempo : si passa da 50 a 100 , quindi il num. di ioni prodotti è raddoppiato , quindi se abbiamo il doppio dei fotoni raddoppiano anche gli ioni , quindi si ha il doppi di probabilità che si ricombinino mentre vanno al loro elettrodo di raccolta. Per raccogliere dovrò aumentare il voltaggio di polarizzazione della camera, in modo che gli ioni si muovano più velocemente, quindi prima bastava 150 V , ora invece il valore di saturazione lo raggiungo a 200 V, perché se si muovono lentamente (V basso) è più facile che si ricombino. Se raddoppio ancora l'intensità del fascio fotonico , maggiore sarà, per evitare la ricombinazione , la differenza di potenziale che devo applicare. Man mano che il num. di ioni per minuto è maggiore -> maggiore concentrazione di ioni -> maggiore probabilità di ricombinazione , quindi il valore di saturazione si raggiungerà a valori più alti. Quando invece siamo in scopia e misuriamo l'intensità della produzione della camera , cioè l'intensità di produzione della corrente di ioni, lo strumento misura l'intensità dell'esposizione. Che è espressa come "raggio di dose" , cioè tot fotoni\minuto. L'esposizione è = intensità esposizione * num.minuti . L'esposizione ha come unita di misura il Coulumb \Kg , ma si usa un'altra unità di misura : Reghel, ma noi ora usiamo un'altra unita di misura. La prima cosa che si fa è fare un’erogazione per vedere se la dose è quella aspettata, in radiologia non lo farete perche non siamo interessati alla dose che raggiunge il paziente , ma quella che produce l’immagine. Si fa così : all’uscita c’è una camera di ionizzazione è divisa in 4 che misura in queste 4 porzioni la dose che incide , ad es. se la dose su Q1 è = q2 e Q3 =Q4 significa che la dose che arriva è uguale e quindi il campo è piatto con la stessa dose ai 2 lati del campo. Se Q3= Q2 e Q1=Q4 il campo è simmetrico, piatto nella stessa direzione, il campo deve essere più uniforme possibile, quindi si fa questa prova. Tubo di Crux : antenato del tubo radiogeno , che inizialmente aveva 3 elettrodi . Macchia focale : è un’astrazione generica, è una proiezione in una certa direzione di una superficie inclinata. Cioè , gli elettroni all’interno del tubo colpiscono l’anodo, si trasformano in fotoni ed escono, la superficie di proiezione del fuoco è la macchia focale, quindi è la proiezione in una certa direzione di una superficie inclinata (anodo). Ci sono 3 fuochi : fuoco elettronico : la porzione di anodo colpita dagli elettroni, quella che davamo per scontato fosse il fuoco, quindi è l’area che dà origine ai raggi x Fuoco ottico : proiezione geometrica del fuoco elettronico lungo la direzione dell’anodo, è quello che vediamo sulla lastra Fuoco termico: parte di anodo sottoposta al riscaldamento a causa del bombardamento degli elettroni, più del 95% degli elettroni colpiscono l’anodo e lo riscaldano. Nei tubi ad angolo fisso il fuoco termico coincide con quello elettronico . Comunque la proiezione della macchia focale efficace è data da una formula trigonometrica : Cd =Ab* sen angolo teta (angolo di inclinazione dell’anodo) , quando l’angolo diminuisce , diminuisce anche la macchia focale. I tubi di solito vanno da 6 a 16°. La radiografia in trasmissione consiste nel misurare in ogni punto del piano dell’immagine le energie che sono riuscite ad attraversare il paziente , quindi si misura l’attenuazione del fascio ed è collegata in ogni punto , la densita ottica è collegata all’attenuazione del tessuto attraversato. Un fascio di 80 kV non caratterizza la qualità del fascio (includere anche il SEV). Misura del SEV : ci sono strumenti che misurano il SEV con solo un’esposizione , dipende dal grado di accuratezza che vogliamo . Però la misura vera del SEV è migliore farla con delle “scatolette” di 6-7 cm che mettiamo all’uscita del fascio X. Quindi collimiamo il fascio, mettiamo la camera di ionizzazione e lo spessore di alluminio all’uscita della finestra del fascio. Comunque, se non riusciamo ad usare il pre e post collimatore , almeno posizioniamo l’alluminio in posizione corretta , cioè : il problema è che il filtro di alluminio deve essere tra la camera e gli ioni , ma si può posizionare non all’uscita del fascio, ma sopra la camera di ionizzazione . Il problema è che se mettiamo lì il filtro, sulla camera di ionizzazione arriva anche la radiazione diffusa dal filtro , quindi non va bene perché la misura fatta dalla camera ha un’attenuazione un po’ più alta . Quindi la camera di ionizzazione non va appoggiata sul lettino, né si deve appoggiare il filtro sulla camera. Vediamo 2 curve continue : sull’asse delle X c’è la filtrazione e sulle Y c’è l’esposizione . La curva B è una curva in cui ho messo il filtro vicino al rilevatore, quella nella posizione A ho messo il filtro vicino alla sorgente , ci sono 0.7 mm di rame di differenza. Quindi se il filtro è vicino al rilevatore , l’esposizione misurata è maggiore a causa della diffusione e il fascio sembra più penetrate . La scatolina blu misura il SEV : con una sola esposizione ha diversi filtri e misura la lettura sotto diversi filtri , quindi sono appoggiati direttamente sul rilevatore , quindi questi strumenti sono comodi ma imprecisi. Digitalizzazione dell’immagine analogica : alcuni reparti dicono che non hanno più pellicole analogica, ma se arriva un paziente con una lastra? Si deve digitalizzare con 2 o 3 metodi. Il metodo più semplice è la telecamera : sopra all’elettroscopio si mette una camera digitale, si appoggia la lastra sul negativoscopio e si acquisisce l’immagine . Spesso vengono riusati negativiscopi già presenti . E’ un metodo economico e istantaneo . Il limite è la qualità dell’immagine . Un altro sistema è quello in cui si hanno delle piccole telecamere e un vassoio porta lastre, è ingombrante. La lastra inizia a scivolare sotto , viene letta dalla matrice selezionate e fa l’immagine . E’ meno economico e richiede 1-4 minuti per la scansione, ma la qualità dell’immagine è migliore. Oppure si possono usare laser : si ha un vassoio di lettura, scansione fatta da raggio laser. E’ costoso, richiede qualche minuto, ma l’immagine è buona. Ci sono poi i sistemi SSD : possibilità di inserire audio . DLD : dosimetria a luminescenza Alcuni materiali quando riscaldati, emettono una quantità di luce proporzionale alla luce ricevuta , l’emissione di luce in questo caso è chiamata luminescenza , termo – luminescenza perché provocata dal calore. Se noi la misuriamo , si può determinare la dose della radiazione ricevuta durante l’irraggiamento : Dosimetria a termo- luminescenza . Il materiale più usato è il fluoruro di iodio. Due esempi di questo fenomeno : Dosimetria personale : questi dosimetri sono a termo luminescenza con materiale di questo tipo, durante il vostro lavoro prendete una piccola dose di radiazione e ogni mese mandate il dosimetro alla ditta che vi dirà quanta dose avete preso. Le ditte possono usare anche pellicole fotografiche che è messa al posto del materiale termo luminescente. Per motivi medico-legali la pellicola rimane, mentre nel dosimetro l’informazione una volta letta viene persa. Determinazione della dose in piccoli punti del corpo che altrimenti sono di difficile accesso. Ho questi dosimetri al petto, vengono consegnati alla ditta che mette in un fornellino, lo riscaldo, c’è un tubo fotomoltiplicatore che registra la luce emessa dal dosimetro che emette luce proporzionale alla radiazione. Quando il dosimetro viene riscaldato : sull’asse delle X c’è il tempo, sulle Y la luce emessa, quindi ci sarà una curva . L’irraggiamento deve essere fatto in modo controllata, dando la temperatura adeguata per l’emissione della luce. La curva si chiama “? Curve” e ‘area sotto la curva è proporzionale alla radiazione . L’informazione è pero distrutta dalla lettura. Quindi questi metodi possono essere utili per la valutazione anche della dose che riceve il paziente quando viene irraggiato da un fascio di radiazioni, in diagnostica e radioterapia. La dose che riceve all’interno si potrebbe misurare “affettando” il paziente, non si fa e quindi si usa un fantoccio che ha all’interno una composizione simile a quella umana. Il fantoccio è tagliato in sezioni di 1cm di altezza, ognuna di queste sezioni ha al suo interno dei forellini dove si possono mettere cilindretti , i TLD . Che sono radiotrasparenti ,quindi non si vedono. Se siamo interessati alla dose interna che arriva al paziente , si attaccano questi cilindretti, si apre il fantoccio e si mettono all’interno, si chiude , si prende e posiziona sotto il raggio come se fosse un paziente e irraggiate. Dopo l’irraggiamento lo scomponete . Il rilevatore a scintillazione è uno strumento in cui c’è un cristallo connesso a un fotomoltiplicatore (che ha un fotocatodo, dei ? e un ? di raccolta). Il fascio fotonico incide sul cristallo con raggi X o gamma, che penetrano sotto la superficie del cristallo, entrano dentro e in un punto O, il fotone interagisce con gli atomi del cristallo e produce elettroni che nel tratto da O a P con gli atomi di cristallo, emettendo flash di luce visibile\ultravioletta. Questi flash possono uscire solo da una finestra di uscita , affacciata sul fotomoltiplicatore, in particolare sul fotocatodo. Quando la luce colpisce il fotocatodo, elettroni a bassa energia vengono emessi e raccolti dal primo dinodo , che è positivo (funge da “anodo”) ma questi elettroni hanno un’energia sufficiente per espellere altri elettroni dal primo dinodo, che saranno poi raccolti dal secondo dinodo. Quindi gli elettroni si moltiplicano dal passaggio da un dinodo all’altro, fin quando non si arriva al dinodo di raccolta . Il num. Di elettroni emessi è proporzionale alla quantità di luce, quindi la grandezza degli impulsi che escono è proporzionale all’energia dei fotoni. In medicina nucleare : si possono usare radioisotopi diversi , che sono emettitori gamma di energia diversa, nel caso di una contaminazione radioattiva , ma non sappiamo il radioisotopi che ha contaminato. Quindi si prende una specie di carta assorbente , con superficie ruvida, che si strofina sulla superficie contaminata , si prende lo Smer test . In base all’energia del gamma e quindi del radioisotopo che ha contaminato , ci sono dei picchi energetici in uscita diversi a seconda della contaminazione e possiamo differenziare il radioisotopo. Il contatore ? è molto simile alla camera di ionizzazione , si aumenta il voltaggio tra i 2 elettrodi (è appuntato dalla ditta, non lo aumentate voi) . Sull’asse X : voltaggio tar i 2 elettroni, Y : corrente prodotta. La prima parte è la zona della camera di ionizzazione , a basso voltaggio lo strumento si comporta come una camera di ionizzazione. Tutti gli ioni sono raccolti , funziona bene , ma ha una bassa sensibilità , ma per la diagnostica dobbiamo avere un’area di raccolta di circa 6 cm3, perché la sensibilità della camera di ionizzazione non è molto elevata , dipende dall’intensità della radiazione. Man mano che aumenta il voltaggio applicato allo strumento gli ioni prodotti ne producono degli altri in modo proporzionale, quindi avrò un dosimetro che non è più una camera di ionizzazione, ma si chiama Contatore proporzionale, un po’ più sensibile della camera di ionizzazione, ovviamente la ditta deve valutare dei parametri in modo corretto. Ma se aumentiamo ancora la differenza di potenziale tra i 2 elettrodi : ci sarà una zona in cui il passaggio di ogni particella produrrà una scarica controllata , fissa e indipendente dal tipo di particella che l’ha prodotta. Questa zona si estende per 100-200 V oltre il valore soglia e da questa regione possono essere liberate le singole particelle. Limite dello strumento : se aumentiamo la differenza di potenziale tra i 2 elettrodi, bastano pochissime particelle per essere rilevate . Quindi questo strumento è utile per rilevare anche piccole contaminazioni , per sapere se c’è o meno contaminazione
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