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PROCEDURA CIVILE - BALENA - Arbitrato balena 2017, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

sintesi del capitolo 16, parte 5. ARBITRATO. procedura civile BALENA

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

In vendita dal 03/05/2018

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Scarica PROCEDURA CIVILE - BALENA - Arbitrato balena 2017 e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! PARTE QUINTA L’ARBITRATO lehranova lahya CAPITOLO XVI L’ARBITRATO Sezione I I PRESUPPOSTI DEL GIUDIZIO ARBITRALE L’arbitrato e le figure ad esso affini Secondo l'art. 806 le parti, a meno che non ci sia un espresso divieto di legge, possono sempre stabilire che le controversie tra loro insorte, aventi ad oggetto diritti disponibili, siano sottratte alla giurisdizione dello Stato e rimesse alla decisione di arbitri. Derogano parzialmente a tale principio le controversie di lavoro art 409 ed altre ad esse assimilate, considerate meritevoli di particolare protezione, l’art 806 consente che possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro. L'arbitrato direttamente disciplinato dal codice si definisce rituale e dà luogo ad un giudizio qualitativamente equivalente a quello davanti al giudice dello Stato; al lodo, ossia alla decisione resa dagli arbitri, competono, in teoria, gli stessi effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria. Nel nostro ordinamento esiste anche un arbitrato irrituale o libero, sempre finalizzato a definire una controversia ma con cui si chiede agli arbitri una manifestazione di volontà negoziale, che le parti stesse si impegnano preventivamente ad accettare e far propria. Vengono poi in rilievo altre figure affini all’arbitrato, tra cui, in particolare, l’arbitraggio e la perizia contrattuale. L'arbitraggio è diverso dall'arbitrato: mentre questo presuppone un rapporto sostanziale controverso ma già perfetto, l'arbitraggio serve ad integrare un elemento del contratto che le parti non avevano determinato. L’art 1349 cc distingue a seconda che la determinazione della prestazione dedotta in contratto deferita ad un terzo debba compiersi secondo l’arbitrium boni viri (le parti si siano rimesse al prudente apprezzamento dell'arbitratore ) oppure secondo l’arbitrium merum (le parti si siano rimesse al mero arbitrio del terzo, l'arbitratore è in tale senso completamente libero, essendo il proprio intervento impugnabile a cagione della sola mala fede ). La perizia contrattuale, recepita nella prassi, presuppone invece una controversia in atto, e la sua particolarità è d'essere risolubile attraverso una valutazione tecnica, rimessa alla determinazione di un terzo che le parti si impegnano ad accettare come diretta espressione della propria volontà negoziale. La controversa natura dell’arbitrato rituale Il rapporto tra il procedimento arbitrale vero e proprio e la giurisdizione dello Stato è mutato nel tempo, col passaggio dal codice del 1865 a quello attuale, e con le varie riforme 1983,1994 e 2006. Il codice del 1940 prevedeva che il lodo non possedesse alcuna rilevanza autonoma, dovendo essere depositato in cancelleria entro un brevissimo termine perentorio dalla sua pronuncia, per poter esser dichiarato esecutivo ed acquisire efficacia di sentenza; senza tale exequatur (ossia provvedimento giurisdizionale attraverso il quale un Giudice dà esecuzione a un lodo arbitrale) la decisione rimaneva priva di effetti. La riforma del 1983 rese il deposito del lodo facoltativo, stabilendo che potesse aver luogo entro un anno dalla pronuncia e precisando che il lodo stesso, indipendentemente dall'omologazione, acquistava efficacia vincolante fra le parti già dal momento della sua ultima sottoscrizione. La l. 25/1994 svincola il deposito del lodo dal termine di decadenza annuale ed ammette espressamente l'impugnazione del lodo non depositato. Sezione II GLI ARBITRI La nomina degli arbitri: principi generali Premesso che qualunque persona fisica può assumere la veste dell'arbitro, salvo che sia in tutto o in parte priva di capacità legale di agire (art. 812), dovrebbero essere le stesse parti con la convenzione di arbitrato o con accordo separato e ad essa posteriore, a designare direttamente gli arbitri e a stabilire il loro numero e il modo di nominarli. L'unica limitazione posta dall'art. 809, ove debbano essere più di uno, arbitri siano in numero dispari, al fine di una maggioranza per la decisione. L'art. 809 detta alcune regole destinate ad integrare eventuali lacune della convenzione arbitrale: se la convenzione ha omesso d'indicare il numero di arbitri e le parti non raggiungono un accordo a proposito, il numero resta fissato a 3; se invece essa prevede un numero di arbitri pari sarà il presidente del tribunale a nominare un altro arbitro. La convenzione d'arbitrato potrebbe attribuire la funzione di arbitro anche ad un organismo precostituito, discorrendosi in tale ipotesi di arbitrato amministrato es a taluna delle Camere arbitrali istituite presso le singole camere di commercio. Il procedimento per la nomina e la sostituzione degli arbitri Quando siano le parti a dover nominare gli arbitri, ciascuna di esse può avviare il procedimento attraverso la notifica di un atto (cd domanda di accesso agli arbitri) con cui nomina l'arbitro o gli arbitri propri ed invita l'altra parte a designare i propri (art. 810). La parte cui è rivolto l'invito deve provvedere entro i 20 giorni successivi, notificando a sua volta all'avversario le generalità dell'arbitro/i nominati. In mancanza, la parte che aveva formulato l'invito può chiederne la nomina con ricorso al presidente del tribunale nel cui circondario si trova la sede dell'arbitrato, ovvero, se la sede ancora non sia stata determinata, al presidente del tribunale nel cui luogo era stata stipulata la convenzione di arbitrato, o, se questo luogo è all'estero, al presidente del tribunale di Roma. Il presidente provvede alla nomina senza esser tenuto a sentire le parti, a meno che la convenzione d'arbitrato non sia manifestamente inesistente o preveda manifestamente un arbitrato estero (art. 810 co 3°). Tale provvedimento è sottratto a qualunque impugnazione. Obblighi, responsabilità e diritti degli arbitri Quanto anzitutto agli obblighi, con l'accettazione della nomina, che deve essere messa per iscritto e può anche risultare dalla sottoscrizione del compromesso o dal verbale della prima riunione, gli arbitri assumono, verso le parti, il dovere di condurre diligentemente a termine l'incarico ricevuto e di decidere la controversia loro sottoposta. Dall'inosservanza di tale dovere può derivare una responsabilità risarcitoria nei confronti delle parti stesse ed eventualmente la decadenza dall'incarico. Ex art 813 bis salvo che le parti non hanno diversamente convenuto, l'arbitro che omette, o ritarda di compiere un atto relativo alle sue funzioni, può essere sostituito d'accordo tra le parti o dal terzo a ciò incaricato dalla convenzione d'arbitrato. In mancanza, decorso il termine di quindici giorni da apposita diffida comunicata per mezzo di lettera raccomandata all'arbitro per ottenere l'atto, ciascuna delle parti può proporre ricorso al presidente del tribunale, affinchè dopo aver sentito gli arbitri e le parti, provvede con ordinanza non impugnabile e, se accerta l'omissione o il ritardo, dichiara la decadenza dell'arbitro e provvede alla sua sostituzione. Quanto invece alla responsabilità, l'arbitro è tenuto al risarcimento del dei danni nei confronti delle parti quando: 1. con dolo o colpa grave, ha omesso o ritardato il compimento di atti dovuti ed è stato quindi dichiarato decaduto; 2. ha rinunciato all'incarico senza giustificato motivo; 3. con dolo o colpa grave, ha omesso o impedito la tempestiva pronuncia del lodo, nel rispetto del termine fissatogli; 4. nelle stesse fattispecie in cui sarebbe esperibile l'azione risarcitoria per danni causati da magistrati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie per dolo o colpa grave. Infine, quanto ai diritti, gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese sostenute e al pagamento dell'onorario maturato per l'opera prestata, a meno che non vi abbiano rinunciato al momento dell'accettazione o con un successivo atto scritto (art. 814). La ricusazione degli arbitri Tenuto conto che gli arbitri sono liberi di accettare o meno l'incarico, o di rinunciarvi in presenza di un giustificato motivo (art. 813-ter), viene disciplinata solo la ricusazione per i motivi ex 815. La ricusazione è esclusa di regola per gli arbitri che la parte abbia direttamente nominato o contribuito a nominare, salvo si fondi su motivi conosciuti dopo la nomina, e deve essere proposta con ricorso allo stesso presidente del tribunale competente ex art. 810 entro il termine perentorio di 10 giorni dalla notificazione della nomina ovvero dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il presidente decide con ordinanza non impugnabile, sentito l'arbitro ricusato e le parti ed eventualmente assunto sommarie informazioni, e provvede sulle spese. La proposizione dell'istanza di ricusazione non sospende di per sé il procedimento arbitrale, a meno che non siano gli stessi arbitri a voler disporre al sospensione. Se però l'istanza viene poi accolta, l'attività compiuta dall'arbitro ricusato o con il suo concorso è inefficace e quindi deve essere reiterata. Sezione III IL PROCEDIMENTO E LA DECISIONE La sede dell’arbitrato Le parti dovrebbero indicare nella convenzione d'arbitrato la sede dell'arbitrato (art. 816), cioè un’indicazione geografica, una località. Questa deve trovarsi necessariamente nel territorio della Repubblica e in quanto tale determina la natura italiana dell'arbitrato. Quando la sede non sia stata indicata dalle parti, sono gli stessi arbitri a sceglierla e, se neanche loro vi provvedono, la sede coincide con il luogo in cui è stata stipulata la convenzione d'arbitrato. Se tale luogo si trova all'estero e nonostante questo risulti che le parti hanno voluto un arbitrato italiano, la sede è a Roma. La rilevanza della sede è formale, cioè serve per individuare il presidente del tribunale cui spettano una serie di provvedimenti connessi al procedimento arbitrale, nonché gli uffici competenti per l’eventuale dichiarazione di esecutività del lodo. Le regole generali sullo svolgimento del processo Ai sensi dell'art. 816-bis le parti possono direttamente predeterminare le norme cui gli arbitri si devono attenere ed ogni altro aspetto del procedimento, inclusa la lingua dell'arbitrato e il luogo in cui gli arbitri devono svolgere le proprie attività. L'art. 832 prevede espressamente che la convenzione di arbitrato possa limitarsi a rinviare in tutto o in parte ad un regolamento arbitrale precostituito, cioè predisposto da determinati enti o associazioni, pubblici o privati; nel qual caso il rinvio potrebbe essere circoscritto alla disciplina procedimentale, senza dover designare arbitro l'organismo indicato in tale regolamento. In assenza di una predeterminazione delle parti, sono gli stessi arbitri a poter concretamente regolare il procedimento e scegliere la lingua dell'arbitrato nel modo che ritengono più opportuno, ferma restando la garanzia del contraddittorio che deve essere attuata concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa. È chiaro che questo giudizio gode di molta elasticità, quindi il legislatore del 2006 si è preoccupato di regolare alcuni aspetti, al fine di evitare problemi ed incertezze applicative. La rappresentanza tecnica Anche davanti agli arbitri è ammessa (non obbligatoria) la rappresentanza tecnica. La procura, in mancanza di espressa limitazione, si estende a qualunque atto processuale, compresa la rinuncia agli atti e la determinazione o proroga del termine per la pronuncia del lodo (art. 816-bis co 1°). L’unica esclusione dovrebbe riguardare gli atti di natura sostanziale che implichino una diretta disposizione del diritto controverso quali ad es la transazione. Le modificazioni soggettive del processo Le possibili variazioni soggettive del processo arbitrale ex art 816 quinquies devono tener conto delle peculiarità di tale giudizio, si pensi all’eventualità di partecipazione di un terzo estraneo alla convezione, che oltretutto potrebbe ampliare l’oggetto del giudizio. Le variazioni soggettive incondizionatamente consentite sono solo per l'intervento adesivo dipendente ex art. 105 co 2°, in cui il terzo non propone alcuna domanda autonoma nei confronti delle parti originarie, e per l'intervento volontario del litisconsorte necessario ex art. 102. In ogni altro caso l'intervento volontario o la chiamata nel giudizio di un terzo presuppongono l'accordo tra le parti ed il terzo, nonché il consenso degli stessi arbitri. Durante la pendenza del procedimento arbitrale non possono proporsi domande giudiziali aventi ad oggetto l'invalidità o l'inefficacia della convenzione d'arbitrato; tali domande sono proponibili prima dell'inizio del procedimento arbitrale. La sospensione del processo arbitrale Al fine di risolvere delle questioni in precedenza controverse il legislatore del 2006 ha disciplinato in modo specifico con l'art. 819-bis la disciplina della sospensione del procedimento arbitrale, prevedendo che sia disposta, con ordinanza motivata, quando: • avendo il giudizio arbitrale ad oggetto le restituzioni o il risarcimento dei danni derivanti da reato, è contemporaneamente pendente il processo penale e ricorre una delle ipotesi all'art. 75 co 3° c.p.p., che prevede la sospensione obbligatoria per il giudice civile; e quindi quando il procedimento davanti agli arbitri è iniziato, nei confronti dell'imputato, dopo che l'azione era già stata proposta in sede penale attraverso la costituzione di parte civile o dopo che nel processo penale era già intervenuta sentenza di primo grado; • sorga davanti agli arbitri una questione pregiudiziale che non può essere oggetto di convenzione d'arbitrato e che deve essere per legge decisa con efficacia di cosa giudicata; • gli arbitri rimettono alla Corte costituzionale una questione di legittimità costituzionale; gli arbitri sono obbligati, quando sorga tale questione, non manifestamente infondata e rilevante per la decisione, ad adire la Consulta. Oltre a queste fattispecie di sospensione obbligatoria, che sono tassative, e all'ipotesi di sospensione facoltativa a causa della morte o perdita di capacità di una delle parti, l'art. 819-bis richiama l'art. 337 per il caso in cui nel procedimento arbitrale sia invocata l'autorità di una sentenza e questa sia impugnata, lasciando intendere che il giudizio arbitrale può allora sospendersi in attesa della definizione del giudizio d'impugnazione. Una volta che sia stata disposta la sospensione, il procedimento arbitrale dev’essere riattivato, a pena di estinzione entro il termine fissato dagli arbitri oppure in mancanza entro un anno dal venir meno della causa di sospensione. L’art 819 bis prevede semplicemente che la parte interessata depositi presso gli arbitri un’istanza di prosecuzione, che dovrà portarsi a conoscenza delle altre parti. La fase introduttiva e la trattazione della causa In teoria, nulla impedisca che l'oggetto del giudizio arbitrale venga a precisarsi e magari si ampli in corso di causa, attraverso l'introduzione di domande nuove o la modificazione di quelle anteriormente proposte. In passato si riteneva che l’atto introduttivo del processo arbitrale (si è soliti definire di accesso) non fosse equiparabile all’atto introduttivo del giudizio ordinario; nella prassi l’atto conteneva un mero richiamo del compromesso o della clausola compromissoria e un’indicazione generica della controversia insorta, mentre la determinazione delle domande avveniva in un momento successivo cd formulazione dei quesiti sottoposti agli arbitri. Già nel 1994 le cose cambiano; oggi tanto l'art. 669-octies co 5°, relativo all'ipotesi in cui, dopo la pronuncia di un provvedimento cautelare ante causam, il giudizio di merito debba instaurarsi davanti agli arbitri, quanto gli art. 2652, 2653, 2690, 2691 e 2943 c.c. (concernenti la trascrizione di domande giudiziali e l'interruzione della prescrizione), prevedono che alla domanda giudiziale sia equiparata la notificazione dell'atto con cui una delle parti, in presenza di un compromesso o di una clausola compromissoria, dichiara all'altra la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri. Se ne può dedurre che il legislatore considera normale l’ipotesi che l’atto di accesso contenga già una compiuta formulazione delle domande. Non significa che la mancata specificazione del petitum o della causa petendi renda di per sé invalido l'atto introduttivo o precluda un successivo ampliamento dell'oggetto del giudizio: è possibile che il thema decidendum sia individuato in un momento successivo. Per quel che concerne la trattazione della causa, in assenza di regole predeterminate, gli arbitri possono procedere nel modo che ritengono più opportuno, assegnando alle parti dei termini per il compimento delle attività più significative, quali: formulazione domande ed eccezioni nuove, precisazione di quelle già proposte e l’offerta di nuovi messi di prove o di documenti. Di regola, tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento sono risolte con ordinanza revocabile non soggetta a deposito, a meno che gli arbitri non ritengano di provvedere con un lodo non definitivo. Le ordinanze concernenti il mero svolgimento del procedimento possono essere deliberate, su autorizzazione delle parti o degli altri arbitri, dal solo presidente del collegio arbitrale. La istruzione probatoria e l’esclusione di provvedimenti cautelari La disciplina dell’istruzione probatoria nonostante delle integrazioni recate dal legislatore del 2006 rimane lacunosa. In teoria si ammette l'applicabilità dei principi comuni in materia di prova. Per quel che riguarda, poi, il catalogo delle prove utilizzabili, l'art. 816-ter detta una disciplina specifica della prova testimoniale, diretta a superare l’ostacolo della mancanza dei poteri coercitivi in capo agli arbitri. Per agevolare l’assunzione della testimonianza, è previsto che gli arbitri, al posto di assumere la deposizione presso di sé, possono assumerla anche presso l'abitazione o l'ufficio del testimone, con il suo consenso, e possono anche deliberare di chiedere al teste, in luogo della deposizione orale, di fornire loro risposte scritte a specifici quesiti nel termine che stabiliscono. Se il testimone rifiuta di comparire, gli arbitri, quando lo ritengono opportuno secondo le circostanze, possono rivolgersi al presidente del tribunale della sede dell'arbitrato, chiedendo che ordini al teste la comparizione davanti a loro; in questo caso la mancata comparizione è sanzionabile dallo stesso presidente ex art. 225. Nel procedimento arbitrale sono esperibili, in teoria, gli stessi mezzi di prova solitamente utilizzabili nel processo davanti al giudice, con maggiore libertà nel ricorso alle prove atipiche. Si ritiene però che siano esclusi il giuramento, decisorio o suppletorio, a cui competerebbe efficacia di prova legale ed incontrovertibile, senza un adeguato bilanciamento come il delitto di spergiuro. Si noti, infine che la mancanza dei poteri coercitivi in capo agli arbitri preclude la concessione di provvedimenti cautelari, che potranno essere richiesti prima del procedimento o durante, al giudice indicato ex art 669 quinquies. Il termine per la pronunzia del lodo Il potere degli arbitri di decidere la causa è circoscritto nel tempo e il superamento di tale termine può incidere sulla validità del lodo. La misura del termine può essere fissata dalle parti nella convenzione d'arbitrato o in un separato accordo che sia anteriore all'accettazione degli arbitri. In mancanza gli arbitri sono tenuti a pronunciare il lodo entro 240 giorni dall'ultima accettazione della nomina. Questo termine in ogni caso ex art 820 può essere prorogato: a) mediante dichiarazioni scritte di tutte le parti indirizzate agli arbitri; b) dal presidente del tribunale indicato nell'articolo 810, secondo comma, su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri, sentite le altre parti; il termine può essere prorogato solo prima della sua scadenza. Se le parti non hanno diversamente disposto, il termine è prorogato di 180 giorni nei casi in cui (per una sola volta soltanto per ciascuna di esse): • debbono essere assunti mezzi di prova; • sia disposta consulenza tecnica d'ufficio; • viene pronunciato un lodo non definitivo o un lodo parziale; • quando, per qualunque motivo, sia mutata la composizione del collegio arbitrale o sia sostituito l'arbitro unico; • il decorso del termine resta sospeso • in tutte le ipotesi di sospensione del giudizio arbitrale; in tal caso il termine torna a decorrere dopo la ripresa del procedimento e, quando il periodo residuo sia inferiore, viene esteso senza 90 giorni; • quando sia stata ordinata dal presidente del tribunale la comparizione di un testimone, ex art. 816-ter co 3°, la sospensione opera dalla data del provvedimento fino al giorno dell'udienza fissata per l'assunzione della testimonianza. La scadenza del termine, originario o prorogato, implica in teoria la decadenza degli arbitri dall'incarico, ma non opera ipso iure. L'art. 821 prevede che la parte che intenda farla valere è tenuta a notificare tale volontà alle altre parti e agli arbitri prima della deliberazione del lodo risultante dal dispositivo sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri. Se invece la parte fa valere tempestivamente la decadenza, gli arbitri, verificato il superamento del termine, devono dichiarare l'estinzione del procedimento. La deliberazione ed il lodo (definitivo, non definitivo, parziale) Nessuna disposizione di legge regola, relativamente al procedimento arbitrale, la chiusura dell'eventuale fase probatoria ed il passaggio alla fase decisoria. È opportuno tener presente che è consentito frazionare la decisione della controversia in più provvedimenti, il legislatore distingue il lodo non definitivo, il cui contenuto è assimilabile alla sentenza non definitiva su questione, e il lodo parziale da intendersi come limitato all’accoglimento o rigetto di taluna delle più domande oggetto del giudizio. Per quel che riguarda la fase decisoria in senso stretto, gli arbitri sono obbligat a decidere secondo le norme di diritto, salvo che le parti non abbiano disposto che essi si pronuncino secondo equità L'art. 823 stabilisce che il lodo è deliberato a maggioranza di voti con la partecipazione di tutti gli arbitri e quindi redatto per iscritto. È previsto che ogni arbitro possa chiedere che il lodo, o una parte di esso, sia deliberato dagli arbitri riuniti in conferenza personale: se ne deduce che, in mancanza di tale richiesta, la delibera potrebbe avvenire a distanza, senza una materiale riunione del collegio arbitrale, sfruttando i moderni sistemi di comunicazione. Gli elementi prescritti per il lodo sono: 1. il nome degli arbitri; 2. l'indicazione della sede dell'arbitrato; 3. l'indicazione delle parti; 4. l'indicazione della convenzione d'arbitrato e delle conclusioni delle parti; 5. l'esposizione sommaria dei motivi; 6. il dispositivo; 7. le sottoscrizioni degli arbitri e la relativa data, tenendo presente che potrebbero essere apposte in momenti diversi; è sufficiente la sottoscrizione della maggioranza degli arbitri, purché sia accompagnata dalla dichiarazione che il lodo è stato deliberato con la partecipazione di tutti e che gli altri non hanno voluto o potuto sottoscriverlo. Il lodo può essere redatto in uno o più originali. Di esso gli arbitri entro 10 giorni dalla ultima sottoscrizione, devono dare comunicazione alle parti consegnando una copia o l’originale, anche con spedizione in plico raccomandato. 3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell'articolo 812: essendo privo in tutto o in parte della capacità legale di agire 4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d'arbitrato, ferma la disposizione dell'articolo 817, quarto comma, o ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso: il richiamo all’art 817 sta ad indicare che il vizio deve essere eccepito nel corso del procedimento arbitrale (817 ult co La parte, che non eccepisce nel corso dell'arbitrato che le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti della convenzione arbitrale, non può, per questo motivo, impugnare il lodo) 5) se il lodo non ha i requisiti indicati nei numeri 5), 6), 7) dell'articolo 823: ossia manca della esposizione sommaria dei motivi della decisione, del dispositivo e della sottoscrizione degli arbitri. Rileva il difetto totale della motivazione o vizi tanto gravi da renderla meramente apparente. 6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine stabilito, salvo il disposto dell'articolo 821: cioè a condizione che il superamento del termine sia stato tempestivamente dedotto nel procedimento arbitrale 7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte dalle parti sotto espressa sanzione di nullità e la nullità non è stata sanata; 8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non più impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti purché tale lodo o tale sentenza sia stata prodotta nel procedimento; 9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il princìpio del contraddittorio; 10) se il lodo conclude il procedimento senza decidere il merito della controversia e il merito della controversia doveva essere deciso dagli arbitri; 11) se il lodo contiene disposizioni contraddittorie; 12) se il lodo non ha pronunciato su alcuna delle domande ed eccezioni proposte dalle parti in conformità alla convenzione di arbitrato: si tratta si omessa pronuncia. Si noti che l'art. 829 co 2° nega espressamente la possibilità d'impugnazione alla parte che abbia dato causa a un motivo di nullità o abbia rinunciato a farlo valere, ovvero che, derivando la nullità dalla violazione di una regola che disciplina lo svolgimento del procedimento arbitrale, non l'abbia eccepita nella prima istanza o difesa successiva. I motivi di nullità del lodo hanno natura normalmente relativa, essendo la loro rilevanza subordinata alla tempestiva eccezione della parte interessata. Gli errores in iudicando derivanti dalla violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia sono deducibili nei soli casi in cui sia stata espressamente prevista dalle parti o dalla legge; fermo restando l'impugnazione delle decisioni contrarie all'ordine pubblico (art. 829 co 3°). Fanno eccezione, cioè l'impugnazione del lodo è ammessa anche per violazione delle regole di diritto: • le controversie di lavoro ex art. 409, nelle quali il lodo può essere impugnato anche per violazione dei contratti ed accordi collettivi; • le ipotesi in cui le regole di diritto violate riguardano la soluzione di una questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto di convenzione d'arbitrato. Il procedimento e la decisione La disciplina del procedimento di impugnazione per nullità è gravemente lacunosa, si applicano le disposizioni generali in materia d'impugnazione, utilizzando la disciplina dell'ordinario processo di cognizione davanti al tribunale quale processo standard, nei limiti di compatibilità. Tale giudizio si introduce con atto di citazione contenente i motivi specifici di impugnazione. L'art. 830 prevede che la corte d'appello, su istanza di parte anche successiva alla proposizione dell'impugnazione, può inibire con ordinanza l'efficacia del lodo quando ricorrano gravi motivi. Il giudizio d'impugnazione ha una finalità anzitutto rescindente, poiché può concludersi col mero annullamento del lodo, che può essere anche parziale quando il vizio incide su una sola parte del lodo, che sia scindibile dalle altre. Ciò non toglie che nella maggior parte dei casi la corte d’appello debba provvedere ad un giudizio rescissorio con una nuova pronuncia sul merito, tranne per i n 1 2 3 4 e 10 dell’art 829, nei quali è esclusa la pronuncia sostitutiva; in questa ipotesi se la convenzione non è coinvolta dal vizio le parti potranno dar vita ad un nuovo arbitrato; se invece è coinvolta dal vizio le parti dovranno riproporre la controversia dinanzi al giudice dello stato competente in primo grado. Le altre impugnazioni (revocazione ed opposizione di terzo) Accanto all’impugnazione per nullità, l'art. 831 prevede che il lodo sia soggetto a revocazione straordinaria per i vizi contemplati all'art. 395 n. 1, 2, 3 e 6, e ad opposizione di terzo ex art. 404, proponibili davanti alla corte d'appello nel cui distretto si trova la sede dell'arbitrato, secondo i termini e le forme prescritti per l'impugnazione delle sentenze. Quando uno dei vizi che potrebbe dar luogo a revocazione venga scoperto durante la pendenza del giudizio d'impugnazione per nullità, il relativo termine resta sospeso fino alla comunicazione della sentenza che definisce tale giudizio. La corte d'appello può disporre la riunione dell'impugnazione per nullità, della revocazione e dell'opposizione di terzo in un unico processo, a condizione che lo stato del giudizio preventivamente instaurato consenta l'esauriente trattazione e decisione degli altri giudizi. È pacifico che la sentenza resa dalla corte su qualunque impugnazione del lodo è da considerare pronunciata in secondo grado, e come tale soggetta a tutte le impugnazioni esperibili contro una sentenza d'appello. Sezione V ALCUNE FORME SPECIALI DI ARBITRATO Cenni sull’arbitrato in materia societaria: le clausole compromissorie statutarie Gli artt 34-36 del decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 che hanno abrogato il cd processo societario sono sopravvissuti alla riforma del 2009 e dettano una disciplina peculiare per l’arbitrato in materia societaria. L’art 34 prevede che gli atti costitutivi delle società (tranne per le società con azioni quotate in mercati regolamentati oppure diffuse fra il pubblico in misura rilevante art 2325bis cc) possono contenere clausole compromissorie che devolvano ad arbitri alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la societa' che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. La clausola e' vincolante per la societa' e per tutti i soci, inclusi coloro la cui qualita' di socio e' oggetto della controversia. Non possono essere oggetto di clausola compromissoria le controversie nelle quali la legge preveda l'intervento obbligatorio del pubblico ministero. Le modifiche dell'atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso. La clausola deve prevedere il numero e le modalita' di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullita', il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla societa'. Ove il soggetto designato non provveda, la nomina e' richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la societa' ha la sede legale. La disciplina inderogabile del procedimento arbitrale In considerazione del fatto che la clausola è vincolante per i soggetti indicati dall’art 34, negli art 35 e 36 il legislatore prevede una disciplina specifica ed inderogabile per l’arbitrato che trae origine da tale clausole, parzialmente divergente da quella ordinaria. In primo luogo è previsto che la domanda di arbitrato proposta dalla societa' o in suo confronto e' depositata presso il registro delle imprese ed e' accessibile ai soci. Sul piano strettamente procedimentale le peculiarità possono così riassumersi: a) è ammesso l’intervento volontario e coatto di altri soci cui la causa sia comune, ma solo fino alla prima udienza di trattazione. b) Si applica l’art 820 co 2, cioè il termine ordinario per la pronuncia del lodo è di 240 giorni dall’accettazione della nomina c) Qualora gli arbitri abbiano dovuto risolvere incidenter tantum delle questioni che non possono essere oggetto di convenzione, oppure il giudizio abbia per oggetto la validità di delibere assembleari, il lodo deve essere pronunciato secondo diritto, salvo che la clausola autorizzi la decisione secondo equità d) Se la clausola devolve agli arbitri anche la validità delle delibere assembleari, in tali controversie agli arbitri compete il potere di disporre con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera. Deroga al principio che esclude i poteri cautelari in capo agli arbitri. e) Le statuizioni del lodo sono vincolanti per la società, stando all’opinione che appare preferibile essa va intesa nel senso che la società deve adeguarsi al lodo nei limiti in cui non ne sia giuridicamente pregiudicata. (parrebbe riferirsi alle ipotesi dove la società non sia stata chiamata a partecipare ed il lodo è intervenuto tra i soci)
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