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Archeologia dell'Italia Medievale, Augenti, Sintesi del corso di Archeologia

Sintesi completa, capitolo per capitolo, del manuale "Archeologia dell'Italia Medievale" di Andrea Augenti. L'autore ricostruisce in modo facilmente fruibile i principali fenomeni indagati dall'archeologia medievale. Il lasso di tempo preso in considerazione va dalla Tarda Antichità al Basso Medioevo (IV - XV sec.).

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 24/04/2020

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Scarica Archeologia dell'Italia Medievale, Augenti e più Sintesi del corso in PDF di Archeologia solo su Docsity! 1 ARCHEOLOGIA DELL’ITALIA MEDIEVALE Andrea Augenti Capitolo primo : IL MEDIOEVO IN ITALIA. STRUMENTI PER LA NAVIGAZIONE 1.La periodizzazione: un solo Medioevo, molti modi di suddividerlo. Archeologi e storici affrontano lo studio delle varie epoche scomponendole in blocchi e individuandone i confini cronologici, attuando la periodizzazione. Questa ci aiuta a non essere travolti dal flusso della storia e quindi a comprenderla meglio. Ha senso quando è pensata con intelligenza, separa e distingue blocchi cronologici che possono comprendere situazioni molto diverse tra di loro. Le periodizzazioni sono l’esito di scelte soggettive, arbitrarie, possono essere influenzate da vari fattori; primo fra tutti il taglio (metodologico e di contenuti) con cui si affrontano i periodi. Nella percezione comune il Medioevo è un periodo molto ampio che dura circa 1000 anni. Secondo la maggior parte dei manuali l’inizio del Medioevo si colloca nel V secolo, periodo nel quale si collocano l’ondata più rilevante delle migrazioni dei popoli germanici e la fine dell’impero romano d’Occidente. A volte le date possono avere un valore esclusivamente simbolico: è il caso del 476, data nel quale fissiamo la caduta dell’impero romano d’Occidente. Oggi la maggior parte degli storici concorda sul fatto che si tratti di una convenzione e che quella data indichi l’anno di deposizione dell’imperatore Romolo Augusto. Le date possono segnare anche punti di reale svolta come il 24 Agosto 410, il primo giorno del saccheggio di Roma ad opera dei Goti. Un altro esempio di questo genere è l’11 Settembre 2001, data universalmente riconosciuta. Il Medioevo è per molti aspetti differente dall’Antichità. Il V secolo è da considerarsi un punto di partenza. Inizia qui, secondo gli storici, l’Alto Medioevo, il primo e lungo segmento in cui viene di solito diviso il Medioevo. Da qualche tempo è stata introdotta una sotto-periodizzazione : dal IV secolo al VII secolo incluso si è definita la tarda Antichità; questo termine intercetta l’esigenza di dimostrare quanto il mondo che ha inizio nel IV secolo (affermazione definitiva del cristianesimo) sia diverso dal precedente, ma pur trasformandosi mantiene alcuni dei suoi caratteri fino alla fine del VII secolo. In Occidente è l’epoca delle invasioni e dei regni romano – barbarici. Sul piano economico è importante sottolineare il grande commercio del Mediterraneo. La fascia cronologica che va dal IV al VII secolo è sicuramente per molti aspetti omogenea all’Antichità, ma al suo interno prendono progressivamente piede elementi che poi si affermano con completezza nel corso del Medioevo. La data simbolica che chiude l’Alto Medioevo è l’anno Mille, convenzione che funziona se pensiamo a questo anno come rappresentativo di una fascia temporale durante la quale ebbe luogo la mutazione feudale, uno dei tratti più significativi dei secoli successivi. Ulteriore sotto-periodizzazione avviene per i secoli centrali del Medioevo: gli studiosi concordano sul fatto che XI e XIII secolo mostrino caratteristiche particolari che coinvolgono soprattutto la vita economica, politica, sociale. Anche sul versante archeologico si osserva la piena affermazione di fenomeni ed elementi che prima erano comparsi da poco o addirittura erano assenti. Due esempi : 1) Incastellamento : diffusione capillare degli insediamenti fortificati 2) Balzo tecnologico: affermazione sui mercati di ceramiche rivestite e smaltate Il Basso Medioevo va dal XI secolo in avanti. Quanto in avanti? Dipende. - 1348 : anno della peste che decimò l’Europa 2 - 1453 : anno di conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani - 1492 : anno della scoperta dell’America La soggettività di questi tagli è evidente. Convenzioni, certo. Ma ognuna di queste date è significativa a seconda del tipo di storia che si vuole raccontare. È possibile osservare la coesistenza di una periodizzazione in formato abbreviato e una più estesa. L’archeologia tende ad allinearsi a queste periodizzazioni facendole proprie; talvolta è in grado anche di fornire dati per nuove. La periodizzazione è un cantiere sempre aperto, ai cui lavori partecipa anche l’archeologo. 2. Breve atlante del Medioevo italiano: elementi di geopolitica La vendetta della geografia : titolo del libro di Robert Kaplan. L’autore ha capito che senza la geografia non si capisce davvero l’andamento della storia. Forse grazie alla geografia è possibile anche intuire gli sviluppi futuri della storia. La geografia serve se vogliamo orientarci nella storia, a maggior ragione in un periodo complesso e mutevole come il Medioevo. Mille anni vedono il nostro territorio frammentarsi e ricompattarsi innumerevoli volte in modo sempre diverso. Geografia e geopolitica = bussole. a) L’Italia tardoantica, tra l’Impero e il Regno Goto (IV – V sec.) L’Italia tardoantica è uno spazio unitario: a Nord c’è l’Italia Annonaria, a Sud quella Suburbicaria. La città ha una funzione centrale, in questo periodo si contano circa 360 centri urbani. Tra le città vi è una gerarchia, in cima alla quale regnano le capitali: Roma fino al 286, Milano fino al 402, Ravenna fino al 751. Il Regno Goto non modifica di molto la geopolitica italiana, in quanto la loro presenza si concentra a Nord-Est. Nel 535 scoppia la guerra tra Goti e Bizantini; pochi decenni dopo il mondo bizantino sconvolgerà la geopolitica della penisola. b) L’Italia tra Bizantini e Longobardi (VI – VIII sec.) I longobardi (attuale Ungheria) entrano in Italia attraverso le Alpi Giulie nel 568-69; inizialmente si stanziano nell’area Padana, in seguito creano 3 diversi nuclei: Tuscia (vicino l’Arno), Spoleto e Benevento. Le conquiste successive permettono una suddivisione tra Longobardia Major (Nord) e Minor (Sud). Nel VII secolo alla Major si unirà anche la Liguria. Nel 751 si appropriano di Ravenna e delle alte Marche, unificando così i loro possedimenti. Le capitali sono Verona, Milano e Pavia. Città in passato secondarie diventano ora dei cardini importanti (Spoleto e Benevento). Il mondo longobardo si mescola con quello bizantino: questi ultimi possiedono Veneto, Umbria, Puglia, Calabria e le Isole. c) L’Italia carolingia Nel 744 l’esercito di Carlo Magno sconfigge i Longobardi e inizia il regno dei Franchi. Carlo Magno non unifica la penisola ma favorisce una nuova ripartizione dei territori: i Franchi amministrano l’area Padana, la Toscana e il Ducato di Spoleto; il papa possiede Roma, la Romagna e le alte Marche; i Bizantini continuano ad amministrare Calabria e Sicilia. Nel XI secolo gli Arabi si appropriano della Sicilia, di Taranto e Bari. d) Il regno italico e l’impero romano-germanico (X – XI sec.) Dopo la fine dell’impero Carolingio (888) vi è un tentativo di unificare il Settentrione, prima da Re Ugo, poi dal re di Germania Ottone I. Il Papa resta detentore del centro Italia, mentre il sud è in mano a Longobardi e Bizantini. La Sicilia resta in mano agli Arabi. Le città marinare quali Venezia, Amalfi, Pisa e Genova acquistano una nuova importanza. Ricordiamo che questo è il secolo dell’incastellamento: il castello serve come difesa militare, ma anche come status - symbol. 5 collaborazione di un team di Britannici. Esso ha poi lavorato all’Atlante dei siti d’altura della Toscana, a indagini di archeologia urbana a Siena e a Firenze, alla creazione di parchi e musei archeologici; e organizzato numerosi convegni ed incontri. Francovich ha indirizzato in maniera attiva e consapevole i suoi studi, indicando linee di ricerca e stimolando continuamente il dibattito con le sue idee. Il contributo degli stranieri si è fatto sentire anche nell’affermarsi di alcuni temi di ricerca, primo tra tutti : l’archeologia urbana. Il primo scavo stratigrafico urbano di ampio respiro è quello di colle San Silvestro a Genova, iniziato nel 1967 che dal 1971 vede collaborare Tiziano Mannoni, Hugo Blake e David Andrews. In questo modo l’archeologia medievale apre la strada all’archeologia urbana in Italia. La disciplina, nel corso degli ultimi decenni, ha preso molte direzioni di ricerca diverse: dagli studi sulle fortezze tardoantiche a quelli sull’etnicità; dalle ricerche sugli edifici di culto, sui monasteri a quelle sull’edilizia residenziale; dalle indagini sull’archeologia della produzione a quelle sulle tracce materiali della signoria territoriale. Altra tappa fondamentale : la creazione della Società degli Archeologi Medievisti Italiani (SAMI), 1994. Capitolo terzo : ARCHEOLOGIA DELLA CITTA’ MEDIEVALE «Si definisce città un insieme di esseri umani unito da un vincolo sociale ». Isidoro di Siviglia, Etimologie, XV, II, 1 Cartografie. Il punto di partenza è la Notitia Dignitatum, un documento di età tardoantica (IV – V sec.) che illustra la struttura dell’impero : - Cariche dei funzionari - Legioni dell’esercito - Articolazione di territori e province - Il testo comprende alcune raffigurazioni e in queste colpisce la centralità delle città, dei centri urbani e dei castelli. - Nella vignetta dedicata all’Italia sono riprodotte le Alpi e l’intera provincia è sintetizzata in un'unica città fortificata. Un’Italia fatta di città che dimostra come l’elemento urbano sia saldamente in cima alla gerarchia percepita dagli insediamenti. Il punto di arrivo è la Galleria delle carte geografiche in Vaticano. Tutt’altro stile ma ancora una volta con la medesima percezione: cartografare la penisola significa prima di tutto indicarne le molte città. Fin da prima dei Romani, ha preso forma l’idea dell’Italia dalle molte città, con vari centri fondati dalle popolazioni locali e dai colonizzatori greci. Tuttavia è il dominio romano a dare la svolta definitiva in questa direzione. Nei secoli della Repubblica e dell’Impero si definisce una scacchiera urbana e articolata. Il Medioevo si misura quindi con l’eredità urbana dell’antichità, la raccoglie, la trasforma e la lavora. 1.La scacchiera urbana : continuità e mutamenti attraverso i secoli Le capitali La città è un luogo nevralgico rispetto a molte sfere (sociale, economica, religiosa, politica). Particolare attenzione spetta alle capitali, sedi a partire dalle quali si amministra il governo. Roma smette di essere capitale nel 286 quando il ruolo viene trasferito a Milano. Nel 402 la nuova capitale diviene Ravenna, città che vanta una posizione migliore rispetto alle esigenze del momento. Si affaccia sul Mar Adriatico che la pone in comunicazione diretta con Costantinopoli, la più importante capitale dell’impero. Ravenna dopo la caduta dell’impero continuerà a svolgere un ruolo di capitale, prima sotto i Goti e poi sotto i Bizantini. 6 Nel 568 – 569 i Longobardi invadono l’Italia e nasce il loro regno. Viene a crearsi un nuovo stato. Questo fatto provoca notevoli ripercussioni sulla geografia urbana della penisola e le capitali si moltiplicano. I Longobardi in circa due secoli cambiano per ben tre volte la capitale: Verona, Milano e infine Pavia che rimarrà una delle città più importanti della penisola e residenza dei re anche durante il dominio dei Franci e al tempo del regno italico, fino al XI sec. incluso. Successivamente alla moltiplicazione degli stati si osserva una frammentazione del territorio. Diventa difficile seguire le vicende di tutte le capitali. Le città che si avvicendano nel ruolo di “capitale” vengono attrezzate per questo scopo attraverso monumenti e infrastrutture. Roma anche se non è più capitale richiede un’analisi a parte : la sua importanza storica, la centralità religiosa (sede papale e grande numero di santuari), le dimensioni, la portata demografica, la vitalità commerciale e la politica, rendono questa città una sorta di perenne capitale-ombra. Le altre città : cambiamenti di status, scomparse e nuove fondazioni Fenomeni principali che coinvolgono le città : 1) Lo status: in base alle esigenze del momento, alcuni centri fino ad allora secondari possono assumere una posizione preminente, altri possono passare in secondo piano. Città che acquistano, sotto il dominio barbarico, importanza sono ad esempio Cividale del Friuli (Forum Iulii), Spoleto, Benevento, Lucca, Rimini, Otranto. Città che perdono potere e passano in secondo piano sono centri come Aquileia (Friuli) e Luni (Toscana). I motivi della parabola discendente di queste città sono diversi. La fortuna di Aquileia era legata al porto; la città entra in crisi con l’affermarsi di Ravenna e di Classe, sua città portuale. La fortuna di Luni è invece legata alle cave di marmo il cui sfruttamento termina in età tardoantica. Aquileia e Luni non scompaiono del tutto. A tenerle in vita è la presenza di una cattedrale e di un vescovo. 2) Scomparsa senza alcun seguito. Prendiamo ad esempio il Piemonte meridionale: qui varie città iniziano a scomparire già dal III secolo e nessun nuovo centro viene creato per rimpiazzare le perdite. I romani avrebbero fondato troppe città rispetto alle reali esigenze e portate demografiche dell’area. Preposta convincente se si considera che l’urbanizzazione romana non è solo funzionale ma anche espressione materiale di un programma politico e propagandistico. Sulla costa nord-est dell’Italia settentrionale: svariate città scompaiono ma vengono fondati nuovi centri che almeno in parte sostituiscono quelli perduti. Nuove fondazioni quindi. Molte delle nuove città nascono come fortezze. In questa zona della penisola, dove i Longobardi premono da nord verso i territori bizantini, l’amministrazione imperiale reagisce al pericolo in questo modo. Alcuni di questi centri avranno successo nel corso del tempo come Ferrara. 3) In altri casi nuove fondazioni tardoantiche sono volute da sovrani e governanti per soddisfare esigenze di carattere propagandistico. Nella maggior parte dei casi hanno vita breve. (es. Theodericopolis voluta da Teodorico nella zona dell’Alto Adige; Sicopoli voluta da Sicone, principe di Benevento). Se ci spostiamo nell’Alto Medioevo notiamo che anche in questo periodo la scacchiera urbana antica continua a restare struttura portante dell’urbanesimo. Le nuove fondazioni sono poche e gli sforzi si concentrano sulle città esistenti: si provvede al loro generale funzionamento e si restaurano le mura. Vi sono però delle eccezioni : 1) Venezia : i dati disponibili confermano che la città inizia a prendere corpo nel IX secolo. Uno degli indizi è la datazione degli impianti per la lavorazione de vetro a Torcello, segnata proprio nel 800. Al VIII – IX secolo risalgono, sempre a Torcello, le prime abitazioni in legno. 7 2) Città Leonina : la seconda eccezione la fanno i papi, partendo da Leone IV (847-855). La civitas Leoniana è la fortificazione del Vaticano; di fatto una città annessa alla città, le cui mura sono un prolungamento di quelle di Aureliano. Nel fondarla – dopo aver chiesto l’autorizzazione dell’imperatore – Leone IV compie tutta una serie di gesti che lo assimilano ad un sovrano costruttore : la processione, la benedizione delle mura, l’apposizione delle iscrizioni sulle porte. I pontefici diventano sovrani a tutti gli effetti. L’episodio non è isolato. Altre misure analoghe vengono attuate ad esempio nelle fortificazioni di importanti edifici di culto, considerati dai pontefici a rischio di saccheggio. Leone IV, nel cuore del Lazio, fonda un nuovo centro per rimpiazzare Centumcellae, l’antica Civitavecchia. Il nome è Leopoli, città vera e propria. Le nuove fondazioni papali sono tutte concentrate nel IX secolo. Queste città/fortezza segnano il consolidamento del potere pontificio, le ampie disponibilità e le aspirazioni della corte papale. In realtà nessuna i queste nuove fondazioni sopravvive a lungo. Nemmeno a cavallo dell’anno Mille si registrano modifiche sostanziali alla rete urbana più antica; neppure dopo la conquista da parte di popolazioni straniere. Tuttavia un elemento di novità si può però vedere tra il X e IX secolo; questo interessa innanzitutto le aree del Sud in mano ai Bizantini. Vengono fondati nuovi centri urbani a scopo militare, di riorganizzazione del territorio a seguito della ripresa demografica. Queste nuove fondazioni, come ad esempio Catanzaro, nel corso del tempo risulteranno vincenti. Il quadro quindi si arricchisce con nuovi centri che infittiscono la trama insediativa. Nella maggior parte dei casi si tratta di castelli che riescono ad affermarsi come centri direzionali per i territori circostanti. Si tratta di “quasi città”, attrezzati come città anche dal punto di vista monumentale con mura, palazzi e chiese. Vediamo ora come cambia la struttura e l’aspetto fisico delle città italiane nel corso del Medioevo. 2. La città nell’età tardoantica (IV – VII secolo) a) Le infrastrutture Le MURA diventano uno degli elementi più distintivi delle città a causa della grande instabilità dell’epoca, caratterizzata da incursioni e invasioni. A questo proposito, verso la fine del III secolo, Roma fa da apripista e da modello : l’imperatore Aureliano provvede alla costruzione di un nuovo circuito di mattoni, poi sopraelevato da Massenzio (IV sec.) e da Onorio (V sec.). Roma cessa di essere una “città aperta” e diventa un enorme centro fortificato. Molte altre città vengono fortificate in questo periodo; in alcuni casi si provvede al restauro dei vecchi circuiti, in altri si realizzano delle aggiunte. A Verona ad esempio l’anfiteatro viene inglobato nella città, in altri casi, come a Bologna, le nuove mura chiudono una parte ridotta dell’antico insediamento. A conti fatti, non molte città si comportano come Roma. Solo Milano e Ravenna seguiranno l’orma della città pontificia. L’investimento maggiore insomma sembra avvenire nelle capitali che stanno crescendo sensibilmente. Infine è bene segnalare che in alcuni casi le città erano in origine prive di mura e solo nel V secolo se ne dotano (es. Porto, altro scalo portuale di Roma assieme ad Ostia). Il RIDOTTO URBANO è un’altra forma di fortificazione che si diffonde in questo periodo. Per rafforzare le difese, in alcune città vengono costruite delle FORTEZZE, l’ultima possibilità per il centro assediato in caso di attacco. Le fortezze vengono a volte ricavate all’interno delle aree urbane quando ad esempio dispongono di un’acropoli. Altre volte le fortezze si trovano all’esterno della zona urbana. Le STRADE: spesso si tende a mantenere in funzione gli assi stradali antichi, restaurandone la pavimentazione in blocchi di basalto; altrimenti le nuove pavimentazioni tendono a sovrapporsi a quella antica. In altri casi si creano nuovi percorsi, in semplice terra battuta o costituiti da migliaia di frammenti di ceramica pressati nella terra. Accanto a queste soluzioni emerge un tipo particolare di strada, caratteristico dell’età tardoantica : la via porticata, una delle quinte scenografiche della tarda antichità : 10 ritrovata nel Capitolium di BS datata VI-VII sec.). Caso particolare rappresenta la grande officina di cui la discarica è stata trovata a Roma, presso la Cripta di Balbo. Qui una bottega artigianale, in funzione nel VII sec., accoglieva specialisti della lavorazione di vari metalli e doveva soddisfare una domanda di alto livello. Doveva trattarsi di una officina annessa ad un monastero, e da questo controllata. Tra il VII e VIII secolo i monasteri sono uno dei poli principali attorno ai quali si coagulano i più alti livelli del sapere artigianale. La Roma del V secolo riflette anche la situazione di molte altre città: un luogo dove si alternano vuoti e pieni, macerie e monumenti appena costruiti. Un luogo dove si procede per selezione perché l’eredità del passato è importante, utile ma difficile da gestire nella sua interezza. Altre volte non serve poiché è ingombrante per un’epoca e un contesto in cui stanno cambiando molte categorie mentali. La città tardoantica è un oggetto complesso, disomogeneo, diseguale. È diversa da quella romana, così come da quella medievale e moderna 3. Le città nell’Alto Medioevo (VIII – X secolo) a) Le infrastrutture In questo settore la città altomedievale non registra grandi innovazioni. L’attività prevalente è provvedere ai restauri in caso di necessità. Episodio che si registra, ad esempio, per le Mura Aureliane a Roma, con interventi da parte dei papi. Si registra comunque anche la costruzione di nuove cinte, ad esempio la fortificazione del Vaticano o le mura di Benevento, costruite verso la fine del VI secolo e ristrutturate e ampliate nel VII secolo. In conclusione nell’Alto Medioevo si mantengono in funzione le fortificazioni più antiche e all’occorrenza se ne costruiscono di nuove. L’esigenza difensiva resta di primaria importanza. L’attività di restauro è segnalata anche per acquedotti, strade e reti fognarie. I pozzi seguono la tendenza del periodo precedente: si moltiplicano in modo esponenziale nelle aree urbane per servire i singoli edifici, così come le fosse per lo smaltimento dei rifiuti e i pozzi neri. b) Il paesaggio monumentale La sfera monumentale è segnata dall’attività costruttiva dei secoli precedenti. La maggior parte dei palazzi civili ed ecclesiastici continua a svolgere le sue funzioni, anche se ogni tanto subisce delle aggiunte. Si evidenzia la forte vena conservativa delle scelte architettoniche. Nel VIII sec., il Palazzo Laterano a Roma viene dotato di due aule absidate che riprendono il modello della sala per le udienze tardoantica. È evidente la ripresa dei modelli delle architetture del potere dei secoli IV e V. A volte i palazzi diventano anche luoghi di sperimentazione, accogliendo soluzioni innovative. Sempre nel Palazzo Lateranense, durante l’VIII secolo, compaiono le torri → una delle più importanti evoluzioni dell’architettura medievale occidentale che dall’anno Mille si diffonderà in modo consistente. Per quanto riguarda l’edilizia ecclesiastica si restaurano e ristrutturano gli edifici di culto più antichi e se ne costruiscono di nuovi. Questo perché si verifica una nuova disponibilità economica derivante dalle donazioni dei re franchi ai pontefici e, più in generale da un’economia che torna in crescita. Chiese, basiliche e santuari si moltiplicano nelle aree urbane. Si assiste anche ad una ripartenza dell’artigianato artistico, gli edifici vengono arricchiti da nuove decorazioni architettoniche in pietra e marmo, mosaici e pitture. c) Il tessuto urbano Nei secoli dell’ Alto Medioevo l’impianto complessivo dei centri urbani tende a proseguire sulla base delle linee già tracciate. La città diviene un abitato policentrico all’interno delle mura. Alcuni fenomeni si accentuano : 11 - Progressiva rarefazione dell’abitato all’interno delle mura. Le aree libere diventano sempre più numerose a causa dei crolli dei complessi antichi. - Nuova articolazione dello spazio : le case si dispongono in nuclei più o meno estesi, addensati presso le strade principali o intorno alle chiese. Questi nuclei non sono troppo compatti. Gli atti notarili sottoscrivono anche la presenza di orti, piantagioni di alberi da frutto, spazi aperti e cortili. - Le sepolture vengono riunite in cimiteri che si concentrano attorno alle chiese (così fino al XIX). L’addensarsi delle tombe nelle chiese dipende anche da una grande novità : l’ingresso delle reliquie in città. L’Alto Medioevo è il momento d’oro del commercio e del movimento delle reliquie dei martiri, che dai cimiteri suburbani vengono spostate negli altari degli edifici di culto dentro le mura. Ne consegue la volontà dei fedeli di esser sepolti presso le tombe dei santi ( ad sanctos) → creazione di ampi cimiteri urbani con epicentro negli edifici di culto. - Le case : continuano ad esistere le forme più semplici di abitazione, realizzate in legname, pietra o mattoni di recupero. Gli edifici del ceto medio- basso sono molto essenziali, caratterizzati da una forma a parallelepipedo, suddivisi all’interno da tramezzi, spesso accolgono un focolare. Essendo in un’epoca caratterizzata dal riuso non è difficile trovare casi di sfruttamento dei resti di monumenti antichi come abitazioni (ad es. teatri ed anfiteatri). Il Colosseo e l’Arena di Verona diventano dei veri e propri condomini (fonti scritte). - L’Alto Medioevo è un periodo di forte riorganizzazione sociale, in cui si afferma una nuova nobiltà. Le case dell’aristocrazia medievale sono simili a quelle dei ceti inferiori ma si differenziano per dimensioni maggiori, materiali (pietre e mattoni), elementi aggiuntivi (portici, solai, colonnine e capitelli decorativi, pozzi per l’acqua, fosse granarie e pozzi neri), simbolo di maestranze specializzate. - In questo periodo, tra le classi più elevate si diffonde un’ulteriore maniera di abitare : la curtis, una serie di edifici – tra cui l’abitazione – che fanno capo alla stessa famiglia e gravitano su uno spazio aperto più o meno ampio; può essere inclusa anche una chiesa privata, un balenum (ambiente termale), orti, arboreti, fienili, stalle, recinti per animali. L’ultimo scorcio dell’Alto Medioevo, il X secolo, è un momento di grande instabilità e tensione; un’epoca di militarizzazione del territorio, conteso tra le varie famiglie emergenti (secolo di ferro). Nelle campagne → decolla il fenomeno dell’INCASTELLAMENTO; Nelle città → proliferano le FORTEZZE URBANE, sedi fortificate dei clan in lotta. A Roma nel X secolo si trasformano in fortezze i Mausolei di Augusto e di Adriano, le terme di Diocleziano, i teatri di Marcello e Pompeo. Iniziano a diffondersi anche le TORRI, edifici che garantiscono la difesa. La loro esplosione si osserverà tra XI e XII secolo. 4. La città nel Basso Medioevo (XI – XIV sec.) a) Le infrastrutture La città del Basso Medioevo, rispetto ai periodi precedenti, appare sensibilmente diversa. Dopo svariati secoli in cui le mura venivano sottoposte quasi esclusivamente a restauri, ora vengono costruite di nuovo. I centri si avvalgono di nuove mura perlopiù in pietre squadrate che definiscono in modo inequivocabile i limiti e proteggono le zone urbane. Le esigenze di difesa e di controllo sulla popolazione prevedono a volte anche la costruzione di un castello urbano, fenomeno che si ripresenta in luoghi diversi dal XI al XV sec. Nuovi investimenti vengono indirizzati anche verso altre forme di infrastrutture come strade, gestione del sistema delle acque e smaltimento dei rifiuti. 12 Pisa → i molti scavi hanno permesso di ricostruire per questo centro alcune caratteristiche generali che possiamo impiegare per inoltrarci nel sistema delle infrastrutture : - Le strade : se tra X e XII secolo le pavimentazioni di Pisa sono prevalentemente in pietre e ciottoli di fiume, dal 1200 si diffonde l’uso dei laterizi, disposti in diversi modi, primo fra tutti a spina di pesce. La medesima tendenza è stata riscontrata a Firenze. - La gestione delle acque e l’approvvigionamento risultano garantiti da un sistema di pozzi e cisterne pubblici e privati. Un altro elemento importante per la gestione delle acque è la costruzione di fontane pubbliche che potevano essere bacini rettangolari o a pianta centrale. Quest’ultimo tipo, concepito per esser collocato al centro della piazza era spesso decorato con sculture e iscrizioni che esplicitavano la committenza dell’opera. L’alfabetizzazione raggiunge un buon livello medio e la città torna ad essere luogo privilegiato delle scritture esposte. Le epigrafi diventano un elemento ricorrente che spessissimo correda i monumenti delle città medievali. - Lo smaltimento dei rifiuti : continua ad essere un problema delegato ai singoli abitanti, lasciati liberi di adottare soluzioni diverse. Spesso accanto alle strade trovano posto dei canali per lo scolo di acque e liquami. Sono presenti anche fosse, discariche a cielo aperto… Sovente i rifiuti vengono gettati dalla finestra nei viottoli che separano le abitazioni. b) Il paesaggio monumentale Il paesaggio monumentale va incontro ad enormi cambiamenti mosse da nuove forme politiche, nuove disponibilità economiche, demografia crescente. Si sviluppa un nuovo stile architettonico : IL ROMANICO. Tutti questi fattori concorrono a rendere obsoleti i monumenti più antichi; inizia un processo di rinnovamento che coinvolge la maggior parte dei centri urbani. Dall’anno Mille le aree urbane iniziano ad ospitare enormi cantieri edilizi nei quali si riversano molte delle risorse economiche disponibili. Stiamo parlando della ricostruzione di cattedrali, chiese e palazzi comunali. La committenza comprende quindi diversi attori sociali. Le costruzioni sono realizzate in pietra o mattoni: da metà del XII secolo l’industria dei laterizi ricomincia a funzionare su vasta scala. I centri del potere sono i PALAZZI. In origine questi mostrano una forma comune : semplici parallelepipedi unitari, a volte dotati di una torre. In seguito la concezione di palazzo si articola : allo schema precedente se ne affianca un altro a quadrilatero con corpi di fabbrica articolati intorno ad un cortile (es. Broletto di Brescia). In Meridione l’apporto dei Normanni e di Federico II hanno influenzato la costruzione di palazzi urbani di enorme impatto. Le chiese in questo periodo si moltiplicano in varie formi: ad una o più navate, con una o più absidi. Le cattedrali sono tra i monumenti più spesso ricostruiti, in forme grandiose e con nuove decorazioni, e così i battisteri loro annessi. Una delle novità è costituita dai campanili, protesi verso l’alto. I monasteri sono ormai uniformati allo schema standard con i corpi di fabbrica disposti intorno al chiostro. Conseguenza non trascurabile di questi grandi cantieri medievali → la loro realizzazione corrisponde all’apertura di immense voragini nel terreno, per gettare le fondazioni dei nuovi edifici. In questo periodo l’attività costruttiva tende a cancellare molte tracce delle fasi di occupazione precedenti. Le architetture bassomedievali hanno spesso distrutto la documentazione archeologica più antica. Un problema con cui fare i conti quando si cerca di ricostruire l’aspetto complessivo di un centro urbano attraverso le epoche. c) Il tessuto urbano Dopo l’anno Mille il tessuto urbano tende a diventare più compatto. Le residenze dei potenti cambiano poiché si apre la possibilità di realizzare complessi policentrici che 15 - Goti (400-500) : incursioni e stanziamento - Guerra Goti vs Bizantini (535-553) - Guerra Bizantini vs Longobardi (568 – 774) I castra possono far parte di sistemi difensivi articolati (Tractatus Italiae circa Alpes : rete di fortificazioni nella zona dell’Italia settentrionale a ridosso delle Alpi). Accanto alle città fortezza il territorio era presidiato da fortificazioni più piccole, funzionali per bloccare il nemico cogliendolo di sorpresa quando si era già inoltrato nel territorio (difesa in profondità). I castra tuttavia vengono costruiti un po’ ovunque dove c’è la necessità di difendere e controllare. I luoghi prescelti sono i più disparati e vanno dalle anse dei fiumi, a ridosso di montagne e colline, a difesa delle isole, lungo le strade, etc. Nella maggior parte dei casi queste fortezze sfruttano le difese naturali disponibili affiancando loro le strutture militari : cinte murarie, fossati, torri interne e edifici per ospitare le guarnigioni. Possono avere dimensioni differenti; a diversa grandezza corrispondono funzioni differenziate : - I (ettari < 0,1) = fortini militari - II (ettari da 0,1 a 1) = Abitati rurali arroccati - III (ettari da 1 a 2,5) = Fortezze- ricetto a uso civile e militare - IV (ettari >2,5) = Grandi castra con funzioni amministrative e/o religiose Le difese principali sono costituite dalle mura, generalmente in pietra. Quando le mura sono in pietra possono essere dotate di contrafforti, camminamenti e altri elementi di rinforzo utili al controllo. Altre volte l’apparato difensivo può essere affidato a palizzate e fossati. Vi sono poi le torri che potevano scandire con ritmo il circuito difensivo. Le torri a volte si possono trovare anche al centro dei castra, utili in questo senso per l’avvistamento, per le segnalazioni e come ultima difesa contro gli assedianti. Fungono anche da elementi simbolici, pensati per incutere terrore e manifestare un dominio incontrastato sul territorio. A rigori di logica le funzioni militari dovrebbero aver lasciato tracce di altri tipi di edifici quali caserme, quartier generali, stalle, granai. Sotto questo aspetto l’archeologia ha ancora poche risposte. Vi sono ovviamente delle eccezioni : - Monte Barrio, Lombardia : venuto alla luce un grande edificio, un complesso articolato su tre ali intorno a un cortile. L’interpretazione più accreditata lo ricollega ad un quartier generale che ospitava le stalle, le stanze per i soldati, l’appartamento del comandante e la sala in cui esercitava le sue funzioni. In quest’ultima è stato ritrovata una corona di bronzo, emblema del potere dell’autorità fino a tutto l’Alto Medioevo. Il grande edificio trova i propri modelli di riferimento nell’architettura militare romana. Lo schema del complesso ad ali disposte simmetricamente attorno a uno spazio aperto è quello dei principia e dei praetoria, rispettivamente il centro del comando e il cuore psicologico degli accampamenti delle legioni romane. Si osserva quindi una continuità. La fase II e la fase III indicano che nelle fortezze tardoantiche si poteva anche abitare e infatti in alcuni luoghi scavati sono state ritrovate delle case. Questo dato indica l’affermazione, nel Medioevo, di un modello socialmente e territorialmente trasversale. Ultimo elemento importante da osservare è la presenza di chiese ed edifici di culto all’interno delle fortificazioni. 16 Chi costruiva queste fortezze? L’autorità per fondare una fortificazione in epoca tardoantica e per parte dell’Alto Medioevo è completamente nelle mani dello STATO. I regnanti sono gli unici depositari di questa facoltà che a volte può essere delegata ad altre autorità tipo quelle ecclesiastiche. Nelle campagne i CASTRA sono il segno più evidente lasciato dalla crescente militarizzazione della società tardoantica. Il controllo del territorio non si ottiene però solo attraverso le fortezze. Esiste anche un tessuto diffuso di fortificazioni intercalari come le torri isolate a guardia degli abitanti o delle vie di comunicazione d) Un paesaggio ideologizzato : le chiese rurali A partire dal V secolo iniziamo a trovare le tracce delle numerose chiese in campagna, conseguenza della spinta alla conversione degli abitanti delle aree rurali da parte della Chiesa. Gli edifici sono mossi dalla necessità di garantire alle popolazioni la somministrazione dei sacramenti e quindi il prendersi cura e seguire la vita dei fedeli dalla nascita alla morte. A costruire le chiese, alle origini, non sono solo i vescovi. Gli edifici vengono finanziati anche dai membri dell’aristocrazia che promuovono e finanziano a partire dal IV secolo → una notevole volontà di controllo delle popolazioni rurali. I contesti in cui si inseriscono i nuovi monumenti religiosi sono diversi : 1) Nelle ville : apparentemente le chiese vengono a occupare spazi interni al perimetro delle ville più antiche quando queste ultime sono in disuso. Inoltre le chiese possono essere costruite utilizzando strutture già esistenti e riadattandole. Questa opzione si verifica in presenza di mausolei. A volte le ville vengono abbandonate, e le chiese affiancano nuove forme di occupazione di quegli stessi luoghi. Monte Gelato (Lazio) → all’inizio del V sec. una piccola chiesa viene costruita tra le rovine di una villa abbandonata da circa 300 anni. Alcuni edifici di questa villa vengono riadattati e nuovamente abitati. Il rapporto chiesa-villa si configura in diversi modi, coinvolgendo anche i cimiteri che in molti casi sono da subito saldamente legati all’edificio ecclesiastico. 2) Nei vici : questi spesso avanzano di condizione proprio grazie alla costruzione di edifici ecclesiastici e finiscono per diventare sedi vescovili. 3) Nelle stazioni : ad esempio la stazione Ad Baccanas ospita fino al IV secolo un santuario dedicato al martire Alessandro. 4) Nelle fortificazioni : alcuni dei castra tardoantichi scavati dimostrano di aver avuto una chiesa al loro interno. Le costruzioni possono essere edifici piuttosto piccoli ma anche notevoli, in alcuni casi persino di annessi per le liturgie più complesse. 5) In posizione isolata : ad esempio in aperta campagna, senza insediamento attorno. Generalmente collocate lungo le principali vie di comunicazione per garantire una facile accessibilità a tutti i limitrofi. Un altro caso di edilizia legata al cristianesimo è quella delle sedi di diocesi rurali. Luoghi toccati da uno sviluppo monumentale straordinario soprattutto a partire dal V secolo, legato alla creazione di una sede vescovile extraurbana. Vescovati di campagna, una rarità per un’epoca che vede la città in cima ad una ideale gerarchia di luoghi di amministrazione del territorio. - San Giusto : caso meglio scavato in questa categoria di siti. In precedenza si trovava una villa, tra il V e VI secolo vengono costruite due grandi chiese, collegate da un corridoio in facciata, e affiancate da un imponente battistero. Le dimensioni e la qualità delle strutture suggeriscono che si potesse trattare di una sede vescovile. 17 Il quadro va completandosi con i monasteri rurali. Il monachesimo si diffonde nelle campagne dal IV secolo. È proprio la tarda Antichità l’età fondativa di questo fenomeno. In quest’epoca i testi scritti documentano l’esistenza di molti complessi monastici. Eppure si fa fatica ad individuarli sul terreno poiché in questo periodo l’architettura monastica non ha ancora una forma rigidamente codificata. Non esistono planimetrie ricorrenti, e di volta in volta i monaci e gli asceti si adattano alle situazioni che trovano : 1) Si sistemano nelle ville abbandonate; 2) Costruiscono nuovi edifici; 3) Scavano eremi nella roccia. Le forme materiali con cui il cristianesimo si manifesta nelle campagne sono molte. Il momento d’inizio di questa ondata edilizia è da collocarsi tra il IV e il VI secolo, a seconda dei casi. Le chiese sono un elemento di novità e modificano sensibilmente il paesaggio. Sono punti di riferimento, luoghi di interazione sociale e di controllo della popolazione rurale. Sono i perni su cui si innesta e si sviluppa un lungo processo di trasformazione della mentalità, delle pratiche attraverso l’ala della nuova ideologia dominante. Dal punto di vista insediativo la rete di questi edifici non è ancora troppo fitta; e l’articolazione per diocesi rigidamente codificata, che comprende cattedrale – pievi – parrocchie non esiste ancora. e) Nuovi orizzonti : il VII secolo e la conquista delle alture Nel VII secolo le caratteristiche delineate sino ad adesso si accentuano ulteriormente. La nuova articolazione del territorio e la sua gerarchizzazione prendono forma sempre più nettamente con l’affermazione delle fortezze e la loro coesistenza assieme a forme insediative come villaggi, fattorie, case sparse. Si continuano a costruire chiese e oratori di dimensioni piccole. In Italia centro-settentrionale i committenti sono membri dell’aristocrazia terriera del regno longobardo, la loro funzione principale è quella di edifici funerari a carattere famigliare. Sono chiese private, fondate nelle terre dei loro stessi proprietari; veri e propri mausolei che marcano il territorio e segnano in forma monumentale la supremazia a livello locale delle singole famiglie. Parallelamente inizia a farsi strada una novità: un fenomeno che inizia a manifestarsi nel VII secolo, una tendenza, ossia, stabilire nuovi insediamenti al di sopra delle alture e delle colline. - Montarrenti, non lontano da Siena, scavato da Francovich e Hodges e poi studiato da Cantini. Qui nel corso del VII sec. nasce un villaggio, un agglomerato di case in legno con pavimenti in terra battuta e tetti di paglia. Due palizzate cingono la parte alta e quella bassa della collina, difendendo l’abitato. Questo caso rappresenta il miglior esempio di villaggio d’altura fortificato (VII sec.) - Scarlino : in provincia di Grosseto. Su questa collina a partire dal VII secolo trovano posto alcune case in legno e materiali deperibili che in parte sfruttano le antiche rovine romane. - Casale San Donato: nel Lazio. Qui la sommità di una collina è dominata da una chiesa moderna quattrocentesca ma poco più giù sono stati trovati resti di alcuni edifici in legno associati a una ceramica datata al VII secolo. Al momento della sua nascita questo sito poteva trattarsi di una fattoria o di un’azienda agricola. Montarrenti è un vero villaggio fortificato. Scarlino non presenta elementi difensivi. Casale San Donato è un piccolo insediamento abitato al massimo da qualche nucleo famigliare. Analogamente i tre siti, seppur in regioni diverse, nascono nel VII secolo, si trovano al di sopra di rilievi collinari e le strutture sono completamente in legno. Questi tre esempi evidenziano i sintomi di notevoli cambiamenti nel paesaggio dal VII secolo. Si coglie l’inizio di un processo di formazione di un nuovo tipo di paesaggio caratterizzato dalla risalita in altura e dalla riconquista delle colline. Ipotesi di questo processo : 20 unidirezionale. All’occorrenza i papi potevano usare i dipendenti delle domuscultae come forza-lavoro per altre opere. c) L’organizzazione ecclesiastica del territorio (1): nascita e consolidamento del sistema delle pievi; le chiese private Abbiamo visto nascere, dal IV secolo gli edifici di culto, nei sobborghi delle città e nelle campagne, si dif- fonde il fenomeno di cristianizzazione. "Geografia ecclesiastica": con un grado di gerarchizzazione che vede al vertice la cattedrale, urbana, dalla quale dipendono le varie chiese, chiamate paroeciae, parrocchie sparse sul territorio, dall'VIII secolo prende forma l'organizzazione ecclesiastica nelle campagne, l'elemento principale di questo sistema è la pieve. La chiesa è "territorio di cura delle anime", i vescovi che amministrano un territorio lo suddividono poi in circoscrizioni che fanno capo ad una pieve, le pievi sono punti di riferimento, cardini dell'identità locale, nel IX secolo possiamo vedere una rete di edifici che controllano le campagne. Nell'VIII-IX secolo, gli investimenti si intensificano, vi saranno nuove fondazioni, ma si ristrutturano chiese, aumentano le dimensioni, si rinnovano di sculture e pitture. In area ravennate parte delle chiese diventano pievi, e abbiamo testimonianza di scultura, indizi di interventi. Sia vescovi che privati finanziano tutto ciò, difficoltà per l'archeologo poi risalire ai committenti, però vi sono alcune linee di tendenza che possono aiutarci: nel VII-VIII secolo, molti aristocratici dell'Italia longo- barda aumenta l'attività di costruzione di chiese, spesso semplici cappelle che ospitano tombe, cosa spiega? Ci troviamo di fronte a chiese funerarie, fondate da esponenti delle cassi elevate, che accolgono la loro tomba e poi quella dei familiari, come San Zeno a Campione d'Italia a Lugano, del VII secolo, a navata unica con abside, accoglie tombe per 3 generazioni, e i documenti ci dicono sulla famiglia. Non è l'unico caso questo: i morti sepolti all'interno della chiesa venivano ricordati nel corso delle funzioni rafforzando l'identità della famiglia, poquesti edifici fungevano da poli di riaggregazione del patrimonio attraverso donazioni a essi rivolte dai membri della famiglia. Erano la materializzazione del potere dei loro fondatori per restare prota- gonisti di una memoria collettiva, questa è la mentalità medievale, cioè elementi come la memoria e la reli- giosità affiancata ai luoghi di culto come mezzi utili per raggiungere un fine economico. Le aristocrazie non smettono di costruire chiese nonostante le disposizioni di Carlomagno che fece distruggere edifici tra l'VIII- IX secolo. Elementi di controllo della popolazione da parte della chiesa erano il sacramento del battesimo e il diritto di sepoltura. Ecco un'altra delle trappole dove può cadere l'archeologo: se è vero che diritti di battesimo e sepol- tura sono un ruolo delle pievi dal IX secolo, è anche vero che non tutte le chiese con battistero e cimitero sono definite come pievi, delle volte non lo sono. A Monte Gelato, la chiesa tardoantica viene completata con un battistero e attira a sè un cimitero, forse fu parte di una domusculta, quindi una fondazione del papa, vescovo di Roma, ma nei documenti non appare come pieve. Ma qual è il rapporto tra le chiese e gli insediamenti circostanti? Le chiese si costruiscono in luoghi disabitati per poi accogliere a sé la popolazione? Spesso le chiese di VIII-IX-X secolo sono costruite in luoghi già abitati, come Castelseprio e Monselice. Il molti casi sono le reliquie a decretare il successo di un luogo di culto. Spesso le nuove chiese restano isolate, succede a partire del X secolo, chi costruisce le chiese, o pievi, punta su una accessibilità della struttura e fonda in pianura e in corrispondenza di strade, chi invece costruisce castelli punta scoraggiare l'accessibilità costruendoli su alture, ecco che nel IX secolo le pievi si trovano spesso altrove rispetto ai castelli. Vi è anche un altro caso opposto ma più raro: alcune chiese possono attirare delle case e l'intero insediamento può poi essere incorporato dal castello, ciò avviene a Santa Maria a Monte, Lucchesia, alcuni documenti testi- moniano l'esistenza della chiesa circondata da abitazione e nel X secolo viene a trovarsi dentro un castello di nuova fondazione, voluto dal vescovo di Lucca, si trattava di una chiesa a navata unica, acquistano poi funzioni di pieve nel X, i fonti battesimali dovrebbero legittimare questo cambiamento di status dell'edificio. 21 d) L’organizzazione ecclesiastica del territorio (2): i monasteri Il monachesimo è una delle novità più dirompenti; la sua “età dell’oro” va dal VIII al XII secolo. Nell’Alto Medioevo : 1) Prende forma la rete dei più potenti monasteri rurali d’Italia. La sequenza di fondazioni e rifondazioni è impressionante. 2) Si formalizza e si afferma la tipologia di monastero che poi si diffonderà per lungo tempo : complessi a più corpi di fabbrica articolati intorno ad un chiostro, uno dei cui lati è in genere costituito dalla chiesa abbaziale. Questo schema viene esplicato meglio in un prezioso documento su pergamena altomedievale : la pianta di San Gallo, schema ideale disegnato intorno all’820. Tra il VIII e IX secolo, la gran parte dei complessi monastici aderisce a schemi ancora molto diversi tra di loro poiché l’impianto proposto dalla pianta di San Gallo necessita di essere digerito. Centoporte, Salento: nella prima metà del VI secolo viene costruita una chiesa piuttosto grande con caratteri- stiche tipiche dell’architettura bizantina: internamente è divisa in tre navate tramite pilastri, è dotata di abside poligonale all’esterno e semicircolare all’interno. Non si esclude che si tratti di una chiesa monastica sin dalle origini. Nel corso dell’VIII secolo, l’edificio viene modificato : una piccola chiesa sfruta l’abside prece- dente e occupa parte della navata centrale, affiancata da un altro ambiente che occupa la restante parte della navata. Quest’ultimo sarebbe il refettorio. Il nuovo complesso risulta inserito nella struttura della basilica più antica e circondato dai muri perime- trali. Si tratta probabilmente di un monastero fortificato, fino ad ora unico caso italiano confermato. San Vincenzo al Volturno : nel VIII secolo il cuore del complesso è costituito da due chiese affiancate. Ad est della chiesa Sud si trova il chiostro, a pianta trapezoidale; su questo si affaccia, ad est, il refettorio con le cucine e il dormitorio. Presso l’ala Nord del chiostro si trova invece un palazzo(?). Nel VIII e IX secolo, San Vincenzo suscita l’interesse dei Franchi che vedono questo monastero come im- portante ponte per il controllo dell’Italia centro-meridionale. Si apre un conflitto tra i monaci fedeli al Duca di Benevento e quelli ben disposti verso i Carolingi. La situazione si risolve con l’elezione ad abate di Giosuè, franco educato alla corte carolingia. Esso fa costruire la chiesa nota come San Vincenzo Maggiore. La pianta si articola su tre navate separate da colonne (di spoglio) e preceduta da un quadriportico e da un ingresso monumentale. Le mura perimetrali all’interno sono dipinte ad imitazione dell’opus sectile, in alto vi sono raffigurazioni iconiche. Il lato ovest termina con tre absidi. La maggiore, al centro. È dotata di una cripta con camera per reliquie. L’edificio riassume svariati secoli di architettura sacra e lancia precisi messaggi politici e ideologici. A sud della grande chiesa sono situate alcune officine per la lavorazione del vetro e del metallo, usate per la produzione di oggetti utili ai cantieri (es. vetrate) e per la vita quotidiana dei monaci; a nord si trova il chiostro, attorno al quale si dispongono dormitorio, magazzini, cucine e refettorio. Più a nord vi è la fore- steria (ala per accogliere ospiti stranieri di ceti elevati). Il complesso tocca l’apice con l’abate Epifanio che fa costruire la cripta affrescata della chiesa nord. Da metà del IX secolo per San Vincenzo inizia il declino : nell’847 il monastero viene danneggiato da un forte terremoto. I successivi attacchi dei Saraceni danno all’edificio il colpo di grazia. Abbazia della Novalesa, Piemonte : appare come uno dei casi più precoci dell’adozione dell’impianto articolato intorno ad un chiostro centrale. 1) La prima fase di vita del complesso include una chiesa abbaziale a navata unica con abside rettangolare. Gli edifici del monastero seguono altri orientamenti. 22 2) Nella seconda fase, che inizia nel IV secolo, la chiesa viene dotata di un avancorpo in facciata e l’abside diviene semicircolare. In questo momenti si iniziano a vedere le evidenti tracce di un grande chiostro adiacente alla chiesa, assieme ad un refettorio. Monastero di San Severo, Classe : aderisce al medesimo schema. L’impianto nasce già articolato intorno al chiostro, immediatamente a sud della basilica in età tardoantica. Il chiostro, molto ampio include anche un mausoleo. I principali fondatori dei monasteri rurali in questo periodo sono: regnanti, autorità ecclesiastiche e aristocratici. Questa informazione ci aiuta a capire meglio la natura di alcuni contesti territoriali delle fondazioni monastiche. Dove nascono i monasteri medievali ? ➢ Possono sorgere nelle ville romane dismesse che offrono numerosi spazi ben adattabili alla vita monastica e materiali da costruzione in abbondanza ➢ Nelle città abbandonate ➢ Presso santuari più antichi, per tenere vivo il culto e tramandare la memoria dei santi e costudire spoglie e reliquie Nei monasteri vengono praticate numerose attività : ➢ Pratiche di tipo religioso ➢ Produzione di cultura negli scriptoria. Leggendo i testi antichi, copiandoli e producendo nuove opere, in particolare le cronache, ovvero le storie delle singole comunità monastiche ➢ Attività produttive di tipo artigianale: maestranze specializzate che producono oggetti utili per la costruzione dei complessi (officine temporanee, smantellate una volta che il monastero è costruito). Vi sono anche alcuni tipi di produzioni che possono trovare postazione fissa nel complesso come quelle della ceramica, quelle delle lavorazioni dell’osso, dell’avorio, della pergamena. San Vincenzo al Volturno : si osserva il passaggio dai laboratori temporanei a impianti più stabili. Qui le officine vengono impiantate per la prima volta verso la fine dell’VIII secolo. In questa fase si producono tegole, oggetti in metallo, vetro e una campana. La seconda fase si data al IX secolo. Nei nuovi impianti si producono oggetti smaltati in metallo e vetro, forse in osso e avorio. L’ipotesi è che siano stati trattenuti a lavorare alcuni artigiani molto abili. Gli oggetti prodotti potevano essere donati e scambiati. I monaci risultano molto attivi anche sul fronte dei commerci. Gli oggetti d’artigianato vanno incontro alla domanda di fasce medie e alte del mercato fino a sfere molto elevate. I monaci gestiscono anche diverse proprietà : i testi scritti parlano di un notevole impegno nella riorganizzazione del paesaggio da parte delle comunità monastiche. Opere di deforestazione, dissodamento, ristrutturazione di vecchie aziende, creazione di nuove, tutte attività volte a una riorganizzazione in termini economici delle risorse disponibili. I monasteri finiscono col diventare degli ulteriori, fondamentali punti di riferimento per le comunità rurali. Gli abitanti delle campagne possono seguire le funzioni e farsi battezzare al loro interno, possono farsi seppellire nei loro pressi e lavorare per la comunità monastica. In alcune occasioni i monasteri possono concorre all’organizzazione della vita nelle campagne, religiosa e non solo, al pari di pievi e parrocchie. 25 tecniche edilizie; delle produzioni, dei commerci, dei consumi… i castelli hanno spesso una consistenza materiale che li rende particolari, più monumentali rispetto alla media degli altri siti. a) L’incastellamento: affermazione, diffusione e assestamenti; e successive evoluzioni Non sempre i castelli del X secolo sopravvivono in epoca successiva; spesso vengono abbandonati, principalmente perché i modelli di popolamento e di scelte logistiche che li avevano generati funzionano solo in quella prima fase. Avviene poi il primo decastellamento. Il paesaggio inizia ad accogliere le rovine dei castelli. Dal XI secolo si assiste all’aumento progressivo del numero di castelli: è l’epoca dello sviluppo delle signorie territoriali; le famiglie più potenti fanno perno sui castelli per garantirsi il controllo dei possedimenti, delle risorse e della popolazione. I castelli, nella fase originaria, oscillavano ancora (in fisionomia) tra l’abitato fortificato e la residenza del nobile. In seguito assumono l’aspetto di villaggi fortificati. La fisionomia degli insediamenti inizia quini a definirsi sempre meglio: al centro, o in posizione marginale, in genere sopraelevata c’è l’area signorile, cinta da un muro; più in basso si trova il borgo, difeso da una seconda cerchia in muratura. Quando il borgo si espande e le abitazioni travalicano la seconda cinta, in alcuni casi si provvede anche a difendere questo nuovo ampliamento del villaggio, con un apposito terzo circuito murario. Per quanto riguarda le architetture : già dal XI secolo iniziano a diffondersi delle forme architettoniche fino ad ora sconosciute o quasi in campagna : torri, casseri, dongioni, palazzi e altro ancora. Sono le più evidenti e impegnative manifestazioni in pietra del potere dei signori, la prova materiale della loro capacità di presa sul territorio e di coercizione sui contadini, simboli e strumenti di potere allo stesso tempo. Le torri molto diffuse in tutta la penisola sono la più elementare asserzione di potere tradotta in pietra all’interno di un castello. Puglia : il modello edilizio del castello viene declinato in forme diverse a seconda delle zone e delle differenti compagini politiche che lo adottano. I castelli normanni, ad esempio, a volte ricorrono a schemi già descritti dominati da torri in muratura, altre volte ricorrono a motte, ossia, colline artificiali difese da fossati e palizzate, sulle quali possono trovare posto delle torri in legno. Toscana: un’indagine a tappeto ha permesso di mettere a fuoco alcuni tratti caratteristici dell’evoluzione architettonica dei castelli. Apparentemente i castelli posseduti dai più potenti hanno una conformazione molto poco monumentale e le architetture del potere si limitano ad una torre (es. Donoratico, castello di un ramo della famiglia Della Gherardesca). Edifici più complessi, come i palazzi, si trovano più spesso nei castelli di famiglie emergenti, ancora non ben identificate, i cui membri risiedono nei castelli e hanno bisogno di rappresentare la loro potenza attraverso architetture ricercate e massicce. Più ci si inoltra nei secoli centrali del Medioevo ( XII – XIII) e più le architetture tendono a farsi poderose ed elaborate, sintomo di signorie sempre più potenti e di un’economia sempre più florida. Illasi nel Veronese : il castello compare nei documenti già dal X secolo, nel corso del tempo raggiunge un notevole sviluppo, accogliendo dentro la cinta muraria un enorme torre (mastio) e svolge funzioni esclusivamente militari; e un palazzo, edificio residenziale a pianta rettangolare ampio. Questi elementi vengono costruiti verso la metà del Duecento. Il grande cantiere qui allestito a metà del XIII secolo, a quale partecipano maestranze altamente specializzate, trasforma il precedente villaggio fortificato in una importante fortezza militare, attrezzata adeguatamente per accogliere all’occorrenza uno dei più potenti signori d’Italia di quel periodo. Gli stessi sviluppi in chiave monumentale, la stessa evoluzione verso forme sempre più grandi e complesse delle architetture del potere si colgono nel Meridione: spesso anche i castelli costruiti dai 26 Normanni si caratterizzano inizialmente per la presenza di sole torri alle quali, col tempo si affiancano altri edifici. A Vaccarizza (Foggia) il castello è stato costruito sopra ad una motta; scavando la motta ci si è accorti che nascondeva un grande edificio in muratura, parte di un precedente insediamento bizantino. La struttura bizantina era un praetorium, un edificio legato all’amministrazione del potere di quel distretto, usata dai Normanni come l’anima sulla quale impiantare la motta : caso esemplare di riuso funzionale, caratteristica peculiare dei Normanni. Tra le architetture del potere bisogna includere anche le chiese. I castelli potevano ospitare degli edifici di culto fin dalle loro prime fasi di vita. Le chiese nei castelli si moltiplicano soprattutto dal XI secolo. In molti casi si tratta di semplici edifici a navata unica, con una sola abside. Spesso le chiese vengono costruite chiamando a lavorare sul posto maestranze specializzate, il che è indice delle notevoli potenzialità economiche dei signori. Archeologicamente, segnano la presenza delle grandi maestranze i tagli accurati, le rifiniture e le pose dei blocchi in pietra. La presenza crescente degli edifici ecclesiastici all’interno dei castelli è un elemento di grande importanza nell’evoluzione del paesaggio rurale nei secoli centrali del Medioevo, indice di una sorveglianza sempre maggiore dei signori sulla popolazione. Controllare la Chiesa equivale a controllare l’intero ciclo di vita dei sottoposti. Dentro la cinta trovavano ampio spazio anche le case, le abitazioni dei sottoposti al signore. La struttura prevalente è elementare: si tratta di edifici a pianta rettangolare al limite dotati di un tramezzo all’interno. Campiglia Marittima, Toscana : a partire da metà XIII secolo, i tipi e le soluzioni architettoniche di alcune case di Campiglia sono esemplati su modelli della vicina Pisa, in particolare quello della casa con pilastri e grandi arcate al piano terra. Questi edifici sono stati interpretati come le abitazioni di esponenti di un ceto medio-alto residente nel castello: proprietari terrieri, artigiani, commercianti. Costoro scelgono la forma architettonica come veicolo di autorappresentazione e di distinzione e al tempo stesso di affiliazione al centro urbano più vicino: Pisa. L’incastellamento è un fenomeno molto complesso, un processo che si articola nel tempo e nello spazio con alcune costanti, ma che non si manifesta sempre allo stesso modo. L’incastellamento subisce una evoluzione nel corso del tempo. Un vero punto di svolta avviene tra XII e XIII secolo. È il periodo in cui si affermano le architetture in pietra, vengono rimescolate le carte del popolamento rurale, per razionalizzare lo sfruttamento dei territori. Il XII secolo è un momento molto importante perché i signori e gli altri attori sociali, quindi vescovi, monasteri e città, iniziano ad investire su castelli dalle dimensioni più grandi, delle volte accorpandosi le popolazioni di castelli e villaggi più antichi, quindi vengono potenziati centri già esistenti oppure si assiste alla fondazione ex novo di nuovi insediamenti. Si tratta del secondo incastellemento un fenomeno che attraversa l'intera penisola tra il XII e XIII secolo. Processo che porta i castelli ad avvicinarsi alle dimensioni delle città, lo storico Chittolini ha coniato il termine "quasi-città", prive però di una istituzione che li caratterizzi, come Monza, San Gimignano. L'archeologia ci dice che la scala degli insediamenti e degli oggetti della ricerca non mostrano elementi peculiari che li differenziano, certo una cultura materiale più ricca, testimone del successo economico. Altro tema è quello relativo all'accentramento della popolazione: la creazione delle terre nuove o ville fran- che o borghi nuovi, che risultano essere diversi dai castelli della prima e seconda generazione perché na- scono da abitati già esistenti ma sono fondati ex novo, compaiono tra il XII e XIII secolo in diverse regioni per iniziativa di soggetti potenti che vogliono affermare il proprio dominio sul territorio, quindi i comuni e alcuni signori. L'archeologia ci aiuta ad affermare delle caratteristiche ricorrenti: sono abitati pianificati, a pianta ortogo- nale, ovvero basata su uno schema in cui gli assi stradali si incrociano da angoli retti a formare una griglia, difesi da mura e da fossati, hanno un loro grado di monumentalità quindi con i palazzi per il governo, 27 edifici ecclesiastici, piazza centrale; si tratta di case a schiera con sistemi di infrastrutture idrauliche, come i pozzi, cisterne, fonti, o silos scavati per la conservazione del grano. Abitati organizzati, dei castelli dall'aspetto regolare, un caso lo è San Giovanni Valdarno, in Toscana. Nascono centri come Alessandria, Cuneo, Bolzano, L'Aquila; vi sono altri esempi però più tardivi come Muro Leccese, in Puglia: un insedia- mento a pianta rettangolare protetto da mura e da fossato, all'interno è suddiviso in lotti, poi una fortifica- zione che funge da residenza del signore si trova nell'angolo est-sud, un palazzo a pianta rettangolare su tre piani, piano interrato vi erano silos. Poi vi sono le fortificazioni minori, la documentazione scritta ci informa che dall'XI secolo si assiste ad una moltiplicazione fi luoghi fortificati nelle aree rurali, sono le motte, casali, sono aziende fortificate con una torre o recinto, quindi un territorio militarizzato. b) Le altre forme dell’insediamento Castelli : voluti da signori, vescovi, monasteri e comuni → non sono l’unica forma di insediamento. I paesaggi dei secoli centrali del Medioevo sono luoghi articolati e complessi nei quali convivono diverse forme di insediamento. I borghi (burgi) : sono insediamenti aperti che originariamente nascono soprattutto lungo le principali vie di comunicazione. Le fonti dicono che i borghi si moltiplicano tra IX e X secolo. Borgo di San Genesio, Valle dell’Arno : nella sua fase tardoantica e altomedievale si chiamava vicus Wallari e comprendeva una piccola chiesa dedicata al Santo. L’importanza di questo edificio aumenta in modo pro- gressivo, assieme alle sue dimensioni; lo stesso accade per il villaggio. Nel 991 l’insediamento compare nei documenti sotto una nuova definizione. Ormai è diventato “burgus Sancti Genesii” e la chiesa è una importante pieve, ricostruita con una grande pianta a tre navate e tre absidi. Il successo del borgo si misura anche a partire da una ulteriore ricostruzione della pieve nella prima metà del XI secolo. Il nuovo edificio viene dotato di cripta e di una canonica. L’abitato del borgo è composto so- prattutto da case con muri in terra. In uno degli edifici sono stati trovati molti frammenti di ceramiche, resti organici riferibili a pasti, dadi da gioco. Forse si trattava di una taverna. →Il borgo può avere una evoluzione : San Genesio nasce come villaggio, diventa borgo, raggiunge notevole spessore monumentale, finché cessa di esistere perché diventa uno scomodo concorrente per i più potenti vicini. Oltre ai borghi troviamo i villae, ovvero i villaggi aperti, senza mura difensive, case senza caratteristiche specifiche nella disposizione degli spazi e senza spessore monumentale, l'unico è l'edificio ecclesiastico. Questi contesti sono ancora oggetto di indagini da parte dell’archeologia; un caso noto è quello dell'antica città romana di Pollenzo, con alzati in legno sopra un zoccolo di pietra. In Sardegna, non lontano da Sassari è venuto alla luce l'abitato di Geridu, che nasce nel XIII secolo e si presenta privo di elementi difensivi, le abitazioni nascono attorno dei cortili usati come spazi comunitari. Ha un suo spessore monumentale, nel XIV secolo viene aggiunta una chiesa a navata unica con transetto: la chiesa di Sant'Andrea, con vicino un grande edificio a piante rettangolare, forse l’abitazione di un alto esponente della società oppure la residenza di un appartenente clero. Esisteva anche un'altra di chiesa quella di San Biagio. Abbandonato nel corso del XIV secolo, a causa di episodi di distruzione, come incendi. Altro insediamento è la casa isolata: problema poco affrontato dal punto di vista archeologico e meno risolto, non è stato scavato nessun esempio, case del genere sono state identificate nel Veronese, nel Reggiano. c) L’organizzazione ecclesiastica del territorio : pievi, parrocchie e monasteri Il Basso Medioevo è l’epoca in cui si definisce con precisione l’organizzazione ecclesiastica delle campagne. La struttura è a piramide: il vescovo risiede e opera in città, amministra la diocesi. I caposaldi 30 anni Ottanta. La pratica si diffonde poi a macchia d’olio. I passaggi principali di una indagine di archeologia dell’architettura : • Rilievo archeologico : rilevare è un gesto fondamentale nello studio di un monumento. È il momento in cui si entra in contatto in profondità con il manufatto a causa del dettaglio che si deve raggiungere • Scomposizione del monumento in U.S.M, ovverosia le zone omogenee, risultato di azioni differenti, di segno positivo o negativo. • Definizione dei rapporti stratigrafici : le unità identificate vanno delimitate, numerate e descritte in apposite schede. Anche i rapporti stratigrafici vanno identificati e compresi. Grazie alla loro analisi è possibile passare al livello interpretativo. I rapporto stratigrafici sono l’elemento-cardine che permette di ricostruire la cronologia relativa, la sequenza dei vari interventi. Entra in gioco il matrix di Harris, il diagramma stratigrafico che sintetizza sottoforma di numeri l’intera sequenza stratigrafica edilizia. Tutte le unità individuate e documentate vengono inserite nel diagramma. Da qui, il raggruppamento delle USM in attività, e quindi il passaggio dalla cronologia relativa a quella assoluta: cioè la datazione raggiunta in base ad elementi intrinseci alle USM (materiali da costruzione, malte, iscrizioni, indagini archeometriche, mensiocronologia, confronti con elementi esterni…) Rilevare – identificare – numerare e schedare (USM) – stabilire la cronologia relativa, la sequenza costruttiva e raggiungere la datazione assoluta per ogni fase edilizia. Bisogna imbastire anche ricerche sui materiali dell’edilizia e sulle loro trasformazioni e usi nel corso del tempo; sugli attrezzi da lavoro, sulle trasformazioni delle tecniche edilizie; sui cantieri e la loro organizzazione interna e su un intero settore dell’artigianato medievale. Le architetture sono potenti veicoli di informazioni su altri aspetti della società medievale. Ci parlano di tecniche edilizie, tipologie, ambizioni e scopi che avevano coloro che volevano costruire. I monumenti sono status symbol con cui gli aristocratici tentavano di affermare la loro supremazia su un territorio, uno strumento di competizione. Le architetture possono aver rivestito molti significati. Sta all’archeologo, attraverso le sue indagini e conoscenze, studiarle nel dettaglio e interpretarle con la giusta profondità storica. → Aspetto estetico, funzionale, di durata, culturale, propagandistico e simbolico. «L’acquisizione di una mentalità stratigrafica nel progetto di restauro permette al progettista di misurare più concretamente la responsabilità che si assume, e quindi rafforza il suo statuto etico. Lo mette in grado di valutare meglio i danni che ogni sua azione può causare al monumento-documento […]. Lo indurrà ad agire con maggiore circospezione, a ridurre le alterazioni non necessarie, a prevedere azioni nette, che lascino tracce intenzionali non equivoche». Francesco Doglioni Il vero punto di arrivo è un cantiere in cui archeologia dell’architettura e scavo coesistono nello stesso momento, e insieme costituiscono la base per il progetto di restauro. L’interazione tra archeologia e restauro non è un concetto nuovo, lo avevano già intuito in modo lucido personaggi come Viollet- le- Duc, uno dei più grandi conoscitori del Medioevo : - Rapporto stretto tra archeologia di scavo e restauro - Idea che dalla posizione dei frammenti si possa ricostruire la dinamica del crollo. 3.Leggere i monumenti: i caratteri fondamentali delle architetture medievali Solo riconoscendo l’insieme e le parti che compongono un monumento, potremmo farci sorprendere dai dettagli. 31 a) Leggere un castello Castello di età comunale (XII-XIII secolo), si articola su uno sperone roccioso, delimitato da mura rinforzate da torri con piante differenti, quadrangolari, rettangolare, pentagonale con la parte superiore merlata. Gli accessi all'esterno son pochi, all'interno vi è un cortile dove vi è la chiesa, può avere dimensioni diverse e può svolgere la funzione di pieve o parrocchia, o essere chiesa privata dei proprietari del castello, con intorno il cimitero. Nel secondo cortile diviso dal primo da un muro, si affacciano magazzini (caneve), in posizione dominante la torre alta (mastio), accanto il palazzo, residenza dei signori, pianta rettangolare in pietra con due piani, la parte del castello è detta dongione, parte signorile, concentrazione degli edifici del potere. All'e- sterno delle mura vi è un fossato, oltre questo vi è il borgo, un agglomerato di case, ma sei il castello cresce di importanza il borgo può includere edifici come chiese. b) Leggere una chiesa Esistono chiese con piante rettangolari, quadrate, circolari, con una o 3 absidi, con transetto o senza. Quelka che leggiamo p una chiesa con tradizionale pianta basilicale, rettangolare allungata, divisa in 3 navate, proce- duto da un quadriportico, cortile di portici su tutti i lati, cella facciata vi sono 3 aperture. All'esterno e superfici sono movimentate da lesene, una sorta di contrafforti con funzione estetica, dentro le navate sono separate da due serie di colonne che sostengono le arcate, che sostengono le capriate della copertura, la navata centrale termina con un abside grande semicircolare con aperture, arco absidale, zona presbiterio per il clero, al centro una cattedra, trono per il vescovo, difronte all'abside il ciborio, baldacchino per l'altare con tetto a spioventi. Intorno la schola cantorum, recinto di marmo per il clero e cantori, che termina verso la facciata con un corri- doio, la solea, zona di transizione per l'eucarestia. Poi il pulpito o ambone in una delle navate laterali, sacerdote legge le omelie. c) Leggere un monastero Originariamente i monasteri non avevano una struttura fissa fino al IX secolo, solo in età carolingia viene sancita la pianta che trova testimonianza iconografica nella pianta di San Gallo: esempio, un monastero che ospita monaci benedettini, il monastero nasce accanto alla chiesa principale, a sud, il fulcro è il chiostro, con al centro un lavatoio per passare al refettorio e quindi bisogna lavarsi le mani, dove vi sono tavoli per man- giare e un pulpito dove a turno uno di loro legge le scritture, sempre nell'ala sud vi sono le cucine, da una finestra si passano le pietanze; al piano superiore vi è un magazzino. Dalla parte opposta vi è la lavanderia stanza riscaldata con latrine. L'ala est ha la stanza dei bottoni, dove l'abate da gli ordini e punizioni, e dove si elegge l'abate, al piano di sopra il dormitorio, l'ala ovest è occupata da cantine e dispense per il cibo. Poi altri edifici son presenti come la foresteria per gli ospiti separata dal resto del complesso, come gli apparta- menti degli abati, poi lo scriptorium, biblioteca-scrittorio, l'infermeria, recinti animali e stalle, officine. Capitolo sesto : ARCHEOLOGIA DEI CIMITERI E DELLE SEPOLTURE 1.Gli spazi dei morti Rapporto tra vivi e morti : è un elemento molto presente nella società medievale. È un rapporto mutevole che si trasforma nel corso del tempo. Si è parlato di una morte anonima, addomesticata e infine ecclesializzata. La morte nel Medioevo si affronta attraverso un rito di passaggio composito (la preparazione del corpo, della tomba, la liturgia, il funerale). L’archeologo deve partire dai luoghi, dagli spazi destinati alla morte ; i cimiteri. Durante l’antichità i morti venivano sepolti, celebrati, la loro memoria coltivata in maniere diverse. I defunti sono in larga parte marginalizzati, relegati nelle periferie di villaggi e città, fuori le mura, lungo le strade, lontani dai vivi, concentrati in luoghi appositi. Dal V secolo si fa strada un nuovo atteggiamento di fronte alla morte : i morti iniziano ad entrare in città. Dal VI secolo le sepolture urbane sono ormai la norma. Le prime sepolture sporadiche e i cimiteri si 32 dispongono spesso negli spazi che si liberano per via dei processi di allentamento e smagliatura del tessuto urbano. Avere i propri parenti sepolti accanto alla propria casa diventa un fatto normale. La morte diventa un affare di famiglia quotidiano. A volte i cimiteri possono concentrarsi anche intorno alle chiese. Nelle campagne non è facile individuare delle costanti, ma si possono mettere in chiaro alcuni elementi. In generale si può dire che dall’età tardoantica un agglomerato, di qualunque natura, può dotarsi di un proprio cimitero, oppure condividerlo con altri insediamenti. In città i cimiteri possono espandersi gradualmente dentro ad un abitato già esistente. Possono anche essere impiantati presso le rovine di monumenti e abitati antichi come a Sirmione dove una villa abbandonata già dal II secolo viene occupata da una necropoli tra IV e VII secolo. Vi sono poi situazioni più complesse in cui i cimiteri si formano attraverso percorsi molto articolati; a Centallo, in Piemonte una chiesa con battistero viene fondata nella prima metà del V secolo, presso i resti di una villa antica, e un cimitero nasce intorno al VI secolo. → sequenza villa – chiesa – cimitero. Garlate, Lombardia : su una villa romana, verso metà del V secolo viene costruito un mausoleo che ospita più di una tomba. In seguito, nel VII secolo, il mausoleo viene trasformato in una chiesa che attira attorno a sé un cimitero. È importante sottolineare un problema: il rapporto tra gli edifici di culto e i cimiteri. Questo rapporto è multiforme e dev’essere analizzato caso per caso: - La chiesa può esser fondata in un’area prima non occupata da una necropoli e stimolare un’attività funeraria - L’edificio di culto può essere preceduto da un mausoleo (elemento molto diffuso nelle campagne di epoca tardoantica e altomedievale). Gli stessi mausolei possono svolgere un ruolo intermedio nel processo di monumentalizzazione del culto e delle aree funerarie, se vengono in seguito trasformati in chiese - La chiesa può inserirsi in una necropoli più antica e successivamente favorirne un ulteriore sviluppo. (es. Castel Trosino, Marche: al centro di un cimitero di fine VI secolo, su tombe già preesistenti si sovrappone una piccola chiesa ospitante la tomba del suo fondatore, probabilmente una donna. Inizia una nuova fase del sito intorno alla chiesa: la necropoli è ormai risignificata in chiave cristiana). A queste possibilità si affianca il culto dei santi; in età tardoantica questo fenomeno svolge un ruolo determinante nell’evoluzione dei cimiteri. I morti – in seguito santificati – sono credenti uccisi per aver testimoniato la loro fede o sono illustri membri della Chiesa. Una volta divenuti santi le loro sepolture vengono monumentalizzate e iniziano ad attrarre nuove tombe attorno a sé. È la pratica della sepoltura ad sanctos. I fedeli cercano di farsi seppellire il più vicino possibile ai corpi dei santi, per ricevere protezione e influssi sacri. San Severo, Classe → Severo era un vescovo di Ravenna, vissuto nel IV secolo. Alla sua morte viene sepolto a Sud di Ravenna, nella zona periferica che poi verrà occupata dalla città di Classe, presso il mausoleo del proprietario di una grande villa. Alla fine del VI secolo, i vescovi di Ravenna promossero la costruzione di una enorme basilica, proprio accanto al mausoleo. Il corpo di Severo venne riesumato e collocato sotto l’altare della nuova basilica. Da quel momento l’intero complesso monumentale divenne l’epicentro di un grande cimitero, che resterà in uso per tutto il Medioevo. Progressivamente la Chiesa guadagna terreno, e la sfera funeraria diventa suo appannaggio. Il punto di svolta si deve individuare non prima del VIII – IX secolo, epoca in cui prendono piede : 35 definito da alcuni studiosi una vera performance, il tempo del distacco. In quel momento gli aspetti materiali e i gesti assumono un valor simbolico pregnante, perché sono in gioco i rapporti sociali e di forza; il tutto caricato da una forte componente emozionale. Veniamo ai simboli: come sostiene Heinrich Harke, un archeologo : “le sepolture non sono ‘specchi della vita’, semmai sono una ‘galleria di specchi della vita’ che forniscono riflessi distorti del passato. La più grande sfida per l’archeologia funeraria è quella di identificare in ogni caso il grado di distorsione, così come di cercare di inferire le cause della distorsione”. Uno dei dibattiti più accesi è legato all’etnicità. Secondo alcuni studiosi, a partire dagli oggetti contenuti nelle tombe sarebbe possibile stabilire l’appartenenza del defunto. Il punto di partenza sta nella cultura materiale, nei reperti. Questo ragionamento è basato sul presupposto che l’identità etnica sia ancorata alla cultura intesa come un fenomeno statico e immutabile. Sappiamo che non è assolutamente vero: la cultura è un elemento dinamico e in continua evoluzione. Gli oggetti originano delle culture, è vero; ma poi entrano nell’uso comune, rispondono alle esigenze di gusto, dell’estetica; possono essere donati, scambiati, comprati… e quindi usati indifferentemente da chiunque, laddove esistano diverse forme di scambio. I corredi indicano altre priorità più che l’appartenenza etnica. Il genere del defunto, l’età, il rango sociale, i legami famigliari. Il rituale funerario sarebbe dunque una forma di riproduzione sociale, un momento cruciale nella vita dei gruppi parentali i quali, attraverso forme di ostentazione funeraria, rivendicano per sé stessi le caratteristiche (sociali, materiali e immateriali) dei defunti. Il funerale e la sepoltura sono occasioni in cui viene enfatizzato il valore sociale dell’individuo. Esiste una terza via; consideriamo l’Italia in età longobarda. Se diamo per acquisito che le culture NON sono immobili e immutabili, ma che si modificano nel corso del tempo anche per via dei contatti tra i popoli, allora è possibile pensare che in un primo momento attraverso le sepolture dotate di corredi con oggetti di matrice culturale germanica si sia voluta esprimere un’appartenenza almeno di alcuni di quei defunti al popolo longobardo. Il significato dei corredi e degli oggetti saranno cambiati nel corso del tempo, in concomitanza con la progressiva definizione di una nuova società nata dall’osmosi tra popolazioni diverse; e le sepolture con corredo saranno diventate “segni di status indipendenti dall’origine etnica degli individui che le adottarono. È un processo articolato nel tempo. Un altro equivoco rispetto all’interpretazione delle sepolture è che il carattere degli oggetti di corredo ci debba parlare sempre e necessariamente dell’attività principale di quel moro finché era in vita. In questo contesto così fluido, gli oggetti entrano progressivamente nell’uso comune, senza limitazioni di carattere etnico. In più, anche i rituali funerari subiscono un processo di trasformazione: i corredi, nel VI secolo, non sono troppo complessi. Nelle tombe maschili compaiono una spada, uno scudo, una cintura; in quelli femminili fibule, collane e cinture. All’inizio del VII secolo, entra in gioco la stravaganza funeraria: ossia corredi molto ricchi. Nella seconda metà del VII secolo, le tombe con corredi risultano sempre meno numerose e si diffondono tombe con corredi neutri, non collegati a individui maschili o femminili. Nel corso del tempo cambia l’idea di cosa significa “essere longobardo” (longobardi si può diventare), e con essa si trasformano le strutture e anche il significato dei corredi. Es. Cimitero di Castel Trosino non è una “necropoli longobarda” ma un cimitero misto che accoglie una maggioranza di Romani e alcuni individui di origine germanica (tombe con corredi complessi e armi). A Collegno, in Piemonte è stata trovata una necropoli di VI-VIII secolo nella quale i defunti sono spesso sepolti con armi, ma in pessime condizioni fisiche, affetti da malattie o malformazioni. Possibile pensare a questi come guerrieri? Chi ha allestito le tombe e vi ha deposto i corpi assieme alle armi voleva dire sicuramente qualcos’altro. Possiamo capire che i ragionamenti, le idee di chi ha allestito questi cimiteri non privilegiano in maniera esclusiva il concetto di etnia, ma gli affiancano altri valori, che in seguito perverranno; 36 allo stesso modo, non necessariamente chi viene sepolto con armi è stato un guerriero. Il quadro a cui rimandano queste necropoli è quello di una società nuova, nata dall’incontro e dal confronto tra culture diverse. Un mondo con nuove priorità e valori, nel quale il carattere militare trova ampio risalto perché è un mondo in continuo stato di guerra. Essere potenti significa essere uomini liberi e armati: le armi nelle tombe sono simbolo di potere oltre che di status giuridico di uomo libero. In molti casi perciò non si tratta di guerrieri ma di membri delle fasce più elevate della società, non necessariamente tutti longobardi. Queste due necropoli ci parlano della percezione di sé, delle aspirazioni dei gruppi di aristocratici e proprietari terrieri dell’Italia di età longobarda e dei loro subalterni. E le donne? In alcuni cimiteri è stato accertato che tra V e VI secolo le donne con i corredi più ricchi sono quelle in età fertile, le madri potenziali: l’investimento nella tomba, e la sua esposizione al momento del funerale – cioè la performance allestita dalla famiglia di fronte alla comunità – rappresentano una sorta di compensazione per una perdita notevole che influisce sulle possibilità di perpetuazione del gruppo. Successivamente questa distinzione basata su sesso ed età sembra venir meno; le sepolture tendono a raggrupparsi attorno ad un antenato comune, per nuclei con corredi standard. Importanza dei cimiteri come elementi del paesaggio medievale → sono luoghi di memoria, dove si esplicita la modalità con cui si vuole che il defunto venga ricordato; sono luoghi di rituale e di emozione; luoghi dove avviene l’incontro con il concetto di mortalità e temporaneità dei vivi sulla terra. I cimiteri sono infine luoghi di potere: qui il potere viene rappresentato, asserito, sottolineato in modi diversi, in chiave monumentale attraverso mausolei o basiliche funerarie o attraverso la forma delle tombe e degli oggetti nei corredi. I gruppi sociali ribadiscono in questo modo la propria preminenza. Capitolo settimo : ARCHEOLOGIA DELLA PRODUZIONE E DEI COMMERCI Andamento dell’economia medievale: curva discendente che dal V secolo tocca il punto minimo nella prima metà del VIII, per poi iniziare una lenta, diseguale e progressiva risalita dal 750 circa, con un punto di svolta intorno al X secolo. L’inizio del VIII secolo è il punto di arrivo di una lunga crisi. In quel periodo registriamo la fine di una economia mondo: è il crollo di un intero sistema produttivo e com- merciale, quello messo a punto in età imperiale che coinvolge Europa e parte di Asia e Africa. Da li inizia una ripresa: si riparte sull’onda di uno slancio demografico, di una rinnovata spinta nel settore trainante dell’agri- coltura; e poi di un afflusso di ricchezze in metalli preziosi, della nascita di reti commerciali alternative, e di una nuova domanda che stimola i mercati. In questo quadro, continuano a lavorare gli artigiani: sono le tracce della loro opera quelle che spesso troviamo negli strati archeologici. Gli artigiani ci sono, non spariscono; continuano ad essere depositari di saperi tecnici molto importanti per la società del tempo. La produzione si trasforma, e in molti campi rallenta fin quasi a rarefarsi; ma poi decolla di nuovo, spesso in chiavi differenti e con maggior intensità. 1.I vasai La ceramica si conserva benissimo ed è un ottimo indicatore cronologico per gli archeologi: ci parla di produ- zioni, tecnologia, commerci, consuetudini alimentari, distinzione sociale. Tra il IV e VII secolo i grandi commerci del Mediterraneo sono gestiti dall'amministrazione imperiale, in Italia circolano anfore africane, egee, orientali, e il vasellame da mensa e cucina è la terra sigillata africana con un colore rosso intenso che è presente ovunque. Poi vi sono le produzioni locali, in Italia centrale e meridionale vi sono i contenitori rivestiti in rosso che imitano i corredi da mensa di importazione, poi vi è la ceramica invetriata, rivestita da una vetrina ottenuta dall'ossido di piombo, datate IV.VII secolo. Poi vi è la ceramica longobarda, contenitori da mensa, bicchieri, bottiglie di colore scuro, decorati a stampi- gliature o a stralucido. Dal VII secolo si affermano le fornaci locali, prende piede l’ anfora globulare VII-VIII prodotto in Puglia. 37 Mentre la ceramica a vetrina pesante detta FORUM WARE, è ricoperta da vetrina rossa di ossido di piombo, contenente limatura di ferro che da un colore bruno e verde, compare sul mercato a Roma nell'VIII secolo, diventa oggetto di uso comune, grazie alla crescita economica in età carolingia. Dove lavoravano i vasai? Le fornaci ritrovate finora sono poche, ma il modello dovrebbe essere quello della officina isolata, produzione di un artigiano, maschio, specializzato che lavora per una clientela ristretta, non lavora tutto l'anno. La produzione comunque avviene sia in città che in campagna, e vi sono altri modelli come la produzione domestica, si utilizzano fornaci elementari e l'industria domestica con attività pro- duttiva più elevata. Dall’Alto al Basso Medioevo ci facciamo traghettare dalla ceramica invetriata: a partire dal X secolo, la vetrina inizia ad essere meno spessa e a non coprire più tutto il vaso, ma alcune parti infatti si chiama vetrina sparsa, si tratta di una ceramica prodotta a Roma, nei castelli che si diffondono, ma anche in Italia centrale, in Toscana, Emilia Romagna, Marche e Abruzzo. Anche in Veneto. Mentre nell'Italia meridionale si afferma dall'XI secolo invetriata monocroma prima e poi quella policroma dopo. Comunque nel basso medioevo resta viva la tradizione della ceramica acroma, da cucina, dispensa e mensa, con costi ovviamente più con- tenuti. A Roma nel XIII secolo si data una produzione di ceramiche da cucina invetriate. Dopo l’anno Mille sono due le tecnologie che rivoluzionano la ceramica italiana: 1) Ingobbio : un rivestimento in argilla molto chiara, che si diffonde tra la fine del XII secolo e la metà del XIII tra Liguria e Veneto. 2) Smalto : un rivestimento di vetrina con ossido di stagno dal caratteristico colore bianco lucido. Nascono così nuove generazioni di contenitori in ceramica. Prima le ingobbiate : i vasai liguri si cimentano nella creazione di graffita arcaica tirrenica o savonese, una produzione rivestita da ingobbio e con decora- zione graffita, il tutto ricoperto da vetrina piombifera; una produzione analoga si diffonderà alla fine del XIV sec. in area padana. Altre ceramiche rivestite da ingobbio con decorazione graffita e invetriatura vengono fabbricate in Veneto. Ci sono poi le ceramiche smaltate, spicca la maiolica arcaica, una ceramica piuttosto raffinata con ampio repertorio di forme chiuse e aperte. La maiolica arcaica compare nel XIII secolo. Nel Lazio la maiolica arcaica è affiancata dalla ceramica laziale. Al sud vi sono vari tipi di ceramiche dipinte sotto vetrina, in Campania vi è la Spiral Ware (XII-XIII), in Puglia sono dipinte in ramina, manganese, prende il nome RMR, del XIII-XV secolo. Poi vi è la protomaiolica (XIII-XV), in Campania, Puglia, e Sicilia, decorata in bruno, giallo o blu, il motivo principale è un cerchio, gridiron, dipinto al centro del piatto, in Sicilia, invece, si produce una protomaiolica detta Gela Ware , le cui fornaci sono localizzate ad Agrigento. Quindi le ceramiche ingobbiate sotto vetrina e smaltate sono quelle più diffuse in un primo momento nelle aree urbane, dove i vasai concentrano le loro attività, poi si diffondono nei centri minori, si spostano nelle aree rurali, stringendo rapporto tra loro e dando l'avvio alla figura dell'imprenditore, un personaggio che non fa parte del processo di fabbricazione ma investe il suo capitale nell'impresa. Come funziona la bottega allora? Rimane valida l'officina isolata. Ma inizia ad affermarsi un nuovo mo- dello più attrezzato, così all'interno della bottega inizia la specializzazione degli artigiani, e si arriva ad ag- glomerati di officine, quindi un sistema basato sulla collaborazione tra varie botteghe che formano un com- plesso industriale, con produzione standardizzata di alta qualità e di grande quantità ovviamente. Altro tema interessante è quello della pietra ollare; la produzione di vasi in pietra per cucina, mensa e di- spensa decolla dal IV – V secolo e vanta un successo di lunga durata, che le permette di attraversare l’intero Medioevo e l’età moderna. Gli artigiani di pietra ollare usano il tornio, grazie al quale fabbricano oggetti come bicchieri, pentole, tegami e coperchi. 40 mobili. Tra questi spiccano le sedie, più o meno elaborate. La cathedra era un emblema di potere e quindi poteva essere anche molto elaborata; come quella trovata nello scavo della Cripta di Balbo a Roma: un vero e proprio trono, con schienale a forma di timpano e braccioli, e parte bassa con una struttura ad archetti sostenuti da colonnine. L’oggetto molto raffinato era interamente in legno, rivestito da placchette intagliate in osso. Questo si data tra fine VIII e inizio IX secolo. Per qualche motivo venne gettato nel X secolo. La tradizione dei troni in legno attraversa tutto il Medioevo. Uno dei mobili più usati nel Medioevo è la cassa o cassone: contenitore a volte decorato che costituisce un elemento d’arredo. Anche questi oggetti potevano esser prodotti da maestranze specializzate. In legno, infine, venivano prodotti anche elementi per il gioco : pedine, scacchiere etc. I materiali impiegati dall’intagliatore potevano essere vari; oltre al legno vi erano osso, corno, avorio. A Roma è venuta alla luce discarica di un’officina dove venivano prodotti oggetti in osso e avorio. Il laboratorio risulta attivo dal I secolo d.C. fino al V e ha restituito più di 1.500 oggetti di diverso genere (da elementi ornamentali per l’arredamento, scatole, bambole, aghi per capelli, dadi, pedine…). Monastero di San Vincenzo al Volturno: nelle sue officine vengono lavorato l’avorio e l’osso; si producono pettini, placchette decorate per mobili, per scatole e per copertine di libri. Su tutti i reperti si staglia una piccola testa in avorio di un giovane (interpretato come un santo) con due perline di vetro colorato per le pupille. Reperto di grandissima eleganza, datato al IX secolo, forse parte di un reliquario o della copertina di un libro. 5.Tessitori L’industria tessile è tra le meglio documentate nelle fonti scritte; soprattutto nel Basso Medioevo, quando diventa un elemento portante dell’economia di molte città. Quella tessile è una produzione non semplice da individuare nel corso di uno scavo. Per l’Italia sono stati individuati due tipi di telaio : 1) Verticale 2) Orizzontale a pedali : soluzione che appare dal X secolo e resta in auge fino al XX. A Milano uno scavo ha riportato alla luce un laboratorio di tessitura del XIV secolo nel quale operavano contempo- raneamente cinque artigiani. Le tracce dei telai, tutte in negativo, sono sempre costituite da quattro buchi angolari dei montanti e al centro una piccola fossa dove alloggiava la pedaliera.Altri indicatori archeologici sono i battitori, ossia, gli strumenti lunghi e appuntiti realizzati in osso, che servivano a compattare la trama del tessuto; i fusi e le fuseruole, prodotte sia in legno, sia in ceramica, sia in pietra, a volte con materiali di recupero. Anche nel campo dell’industria tessile possiamo facilmente immaginare fin dall’età tardoantica una cospicua produzione. Nel pieno Medioevo il settore decolla e assume dimensioni quasi industriali. 6.L’industria edilizia: artigiani, operai Le materie dell’industria edilizia, una delle più fiorenti nel Medioevo, son davvero molte. • Pietra →durante l’Alto Medioevo l’estrazione della pietra è poco praticata rispetto ai secoli prece- denti. Ora la pietra viene soprattutto riusata; i monumenti antichi vengono spesso impiegati come cave da spoliare e rimettere in opera nelle nuove costruzioni (tufo, calcare, travertino). Un mutamento si assiste dal XI-XII sec., quando la pietra torna ad essere protagonista. Si diffonde l’opera quadrata, cioè murature con paramenti in blocchi regolari. I magistri, soprattutto del Nord Italia, sono artigiani specializzati e itineranti che svolgono la loro opera in varie regioni, diffondendo il loro sapere tecnico. Sono “artigiani senza bottega”. • Calce → (mescolata con acqua e sabbia) serve per produrre la malta: uno dei principali tipi di legante per le murature. La calce ci produce cuocendo pietra o marmo in apposite fornaci. Archeologicamente la lavorazione della calce ha lasciato molte tracce: la prima è la calcara (forno da 41 calce) rinvenuta niente popò di meno che nella Cripta di Balbo a Roma. Siamo di fronte ad una fornace, in un monumento romano dismesso, rinvenuta piena di frammenti di sculture, rocchi di colonne e decorazioni architettoniche di età romana. In alcuni castelli della Toscana sono stati rinvenute tracce di macchine per il mescolamento della malta: strutture in legno dotate di un elemento portante centrale che faceva da perno, intorno al quale veniva fatto ruotare a mano una trave orizzontale a cui erano fissati dei paletti verticali che mescola- vano la malta. È una testimonianza importante che informa della produzione di questo materiale in loco, nel cantiere di costruzione. Quando i castelli abbandonano la loro struttura iniziale prevalente- mente in legno, e si trasformano in articolati complessi in pietra c’è bisogno di questo genere di pro- duzione. • Legno → molto usato nell’architettura, soprattutto altomedievale. Nella documentazione scritta si tro- vano testimonianze di molte case, chiese, castelli del primo incastellamento costruiti in legno. L’uso di questo materiale attraversa tutto il medioevo. Nella Pianura Padana una serie di indagini hanno fatto emergere l’esistenza di case in legno anche nei secoli X e XII. Il legno viene impiegato in modo intensivo anche nei grandi monumenti, soprattutto per le coperture di basiliche, castelli e monasteri. Alcune delle tracce più significative risiedono nelle murature che conservano le tracce negative delle impalcature allestite. • Metallo → anche i fabbri e altri artigiani del metallo producono elementi utilizzati nell’industria edi- lizia. In genere questi elementi non sono sopravvissuti fino a noi, perché rifusi in età moderna. • Mattoni → l’industria della produzione dei laterizi è particolarmente attiva e molto ben organizzata in età romana. L’ultimo exploit si registra al tempo del re goto Teodorico. E dopo? È quasi esclusiva- mente faccenda di riuso: gli edifici antichi dismessi sono moltissimi, basta smontarli e impadronirsi dei loro mattoni per costruirne di nuovi. Questa è la tendenza più diffusa un po’ ovunque. Riusciamo a seguire l’andamento di questa produzione grazie ai bolli sui laterizi, rinvenuti in scavi e restauri. Questi sono indizi che ci mostrano un’industria poco sviluppata, spesso riattivata appositamente per la costruzione di un solo monumento. I committenti sono papi, vescovi, re e altre cariche dello stato. Essi lasciano il loro nome sui laterizi. La compresenza di un’industria del riuso e di una produzione sporadica e circoscritta di laterizi è una costante fino al XII secolo. Le cose cambiano quando inizia un’attività su vasta scala promossa dalle autorità comunali che la regolamentano e controllano stabilendo con precisione le misure di ogni tipologia di oggetto: mattoni, tegole, coppi e altro. Gli artigiani danno vita a produzioni molto diver- sificate e contribuiscono a far diventare i mattoni materiale molto pregiato. Le fornaci si trovano soprattutto nelle zone periferiche della città; conosciamo anche produzioni più ristrette, destinate a singoli edifici: in questi casi l’impianto può trovare posto direttamente dentro la costruzione per cui lavora. Con il passare del tempo le fornaci per i laterizi tenderanno a diffondersi in misura notevole anche in molti centri rurali. 7. I commerci Il commercio non smette mai di esistere, ma assume importanza e dimensioni diverse a seconda del periodo e delle zone. Nel Medioevo esiste una differenza molto netta tra un commercio di beni di lusso e uno dedicato ai beni di uso comune, primi tra tutti quelli per il consumo alimentare e quotidiano. Questa distinzione genera riscontri differenti nella documentazione archeologica: il commercio dei beni di lusso occupa una ristretta nicchia che negli scavi si individua di rado; molto più spesso troviamo le tracce dell’altro versante. 42 a)La Tarda Antichità: il sistema-mondo La penisola è completamente inserita nel grande circuito commerciale del Mediterraneo. È il sistema-mondo che caratterizza l’economia del periodo, nella quale lo stato gioca un ruolo importante attraverso l’annona (l’istituzione che garantisce l’approvvigionamento delle capitali e dell’esercito). Il mare è la principale via di comunicazione commerciale. Roma e l’Italia sono il fulcro della rete, sino al IV secolo; poi, con l’affermazione di Costantinopoli, il sistema diventerà ancora più complesso. Le importazioni sono una costante del periodo che va da IV fino alla fine del VII secolo, e sono ben diversificate. Le dispense, le cucine e le tavole, parlano molte lingue. I porti si attrezzano per ricevere immani quantità di merci, o nascono apposta per questo come Classe, la città portuale di Ravenna, fondata quando quest’ultima divenne una delle due capitali dell’impero d’Occidente nel 402. File di magazzini occupano i lati del porto-canale. A Ostia si osservano edifici allungati a due piani, talvolta forniti di portico e cortile. Dentro gli spazi sono adibiti all’immagazzinamento di anfore, sacchi e botti. Dai porti le merci vengono trasportate in città e poi redistribuite. I territori circostanti alla città usufruiscono di questa rete. Parallelamente alle importazioni sono attive anche le produzioni locali. Cominciamo quindi a percepire l’esistenza di mercati più ristretti. Per alcune merci esistono altri tipi di mercati, che si affiancano a quelli appena descritti e vi si intersecano. È il caso dei recipienti in pietra ollare. Estratta nell’arco alpino, viene lavorata da artigiani specializzati. Dal V secolo si crea un vasto bacino di approvvigionamento, soprattutto attraverso le vie d’acqua: i fiumi e anche il mare. I recipienti in pietra ollare raggiungono il Centro e l’Italia Meridionale fino alla Puglia inclusa. La pietra ollare rappresenta l’esempio di una merce che gode per lungo periodo di una vasta diffusione sul territorio della penisola, pur senza essere un bene di lusso. Nella Tarda Antichità si sviluppa una produzione di beni di lusso. In questo settore l’Italia è certamente un paese importatore. Ma anche qui si producevano prodotti per questo ristretto settore del mercato. Ancora una volta è utile citare l’officina della Cripta di Balbo: una parte del lavoro degli artigiani di questa officina è dedicato proprio alla produzione di beni di lusso. Questa officina romana ci dimostra che la domanda di oggetti preziosi non si esaurisce neanche nei momenti più difficili. Il fatto che alcuni stampi adoperati in quel laboratorio siano gli stessi che hanno prodotto oggetti rinvenuti nelle necropoli di Castel Trosino e Nocera Umbra, e cioè nei territori longobardi, dimostra che i flussi commerciali non si arrestano davanti alle barriere politico-amministrative. Se guardiamo al commercio dei beni di lusso, le frontiere sono più permeabili di quanto ci si potrebbe aspettare a livello teorico. Comunque, il sistema-mondo della tarda Antichità si sfalda progressivamente a partire dalla metà del VI secolo e poi crolla, fino a scomparire all’inizio del VIII secolo. b)L’alto Medioevo: frammentazione e ripartenza A guardare le ceramiche, tra metà del VIII secolo e X secolo, circolano molte meno merci, in aree più circoscritte. I centri di produzione si moltiplicano, così come i mercati. Grazie alla presenza di potenti istituzioni, alcune zone, come Roma, sono più attive di altre sul mercato. Il papato subisce un brutto colpo in questo periodo: nel 726 l’imperatore bizantino Leone III Isaurico confisca la Sicilia. La Chiesa di Roma reagisce mettendo in piedi una nuova rete commerciale che trova nella Calabria uno dei suoi punti di forza. Tra l’VIII e il X secolo la rete che fa perno su Roma include anche alcun territori longobardi. L’altra area attiva sul mercato sono i territori bizantini. I possedimenti bizantini in Italia sono concentrati lungo le coste, o comunque dispongono di sbocchi sul mare. La fascia dell’alto Adriatico, dalla Pentapoli fino all’Istria; i territori del Centro e buona parte dell’Italia Meridionale mantengono rapporti commerciali con l’Oriente. L’Adriatico si configura come un mare abbastanza in movimento, spesso solcato da navi cariche di merci. Comacchio: a giudicare dai contenitori ritrovati, tra VIII e X secolo è coinvolto in un traffico di ampia scala 45 individuare e separare le singole giornate di lavoro di un pittore su un affresco, o di mettere in luce ripensamenti in corso d’opera. Una delle possibili modalità di dialogo tra storia dell’arte e archeologia nel campo della pittura è quella di applicare al manufatto artistico i metodi propri dell’indagine stratigrafica. 2. Analisi archeometriche :lo studio degli edifici più significativi su cui abbiamo poca documentazione viene affrontato con impegno dagli storici dell’arte, che tendono ad interrogarsi sulla provenienza delle maestranze e dei materiali. Nella maggior parte dei casi son costretti a rispondere usando come guida l’analisi stilistica del monumento o delle sue singole parti. Es : Tempietto longobardo di Cividale del Friuli, monumento fondamentale dell’Alto Medioevo italiano: di recente è stata condotta un’indagine archeometrica sulla pittura di questo edificio. I risultati sono sorprendenti: analisi di vario genere hanno messo in luce l’uso, da parte dei pittori, di un tipo di pigmento detto “falso blu”, un tipo di pigmento, ottenuto dal carbone, non attestato in Occidente nell’Alto Medioevo. Altre analisi archeometriche hanno permesso di individuare la presenza di filamenti di cotone negli intonaci del Tempietto. Il cotone è una fibra proveniente dall’Asia e in Occidente on viene usato. La tecnica che prevede l’inserimento di questo materiale nell’intonaco è ben attestata in alcuni trattati artistici redatti in Oriente in area bizantina. Il monumento è ascrivibile, dal punto di vista architettonico, alla tradizione occidentale e decorato da maestranze giunte da Oriente. 3. Analisi iconografica e stilistica: l’iconografia (“sorta di tipologia delle immagini), da costruire e interpretare di volta in volta tenendo presente il più ampio contesto di riferimento. E se gli archeologi del Medioevo usano da decenni questi strumenti per analizzare le decorazioni delle ceramiche smaltate e dipinte possono usarle anche per affrontare lo studio dei cicli pittorici e delle sculture. 4. L’architettura: gli archeologi classici si sono da sempre misurati con il Partenone, il Colosseo e con molti altri monumenti antichi. Per quanto riguarda il Medioevo ci sono centinaia di altri monumenti voluti da una committenza più elevata, tra cattedrali, monasteri, palazzi comunali e molti altri, ancora in attesa di una dettagliata indagine archeologica, che parta ad esempio dal metodo dell’archeologia dell’architettura. Carandini: c’è bisogno di una presa diretta dell’archeologia sui grandi temi sia dei singoli oggetti sia dei monumenti, per dimostrare la sua capacità e le sue potenzialità ai massimi livelli di complessità e di luoghi simbolici dove si esercita la conoscenza degli oggetti. Gli archeologi medievisti possono e devono far parlare questi monumenti, i grandi monumenti del Medioevo- le loro totalità e le loro singole parti – con i loro metodi e i loro strumenti. Gli archeologi possono indagare la storia dell’arte, intervenire nello studio dei manufatti artistici con le loro specifiche modalità di analisi e ovviamente possono interagire con gli storici dell’arte. Si tratta di collaborare per ampliare le nostre conoscenze. Archeologia e storia dell’arte insieme interagiscono per raccontare una vicenda complessa, in un’ottica interdisciplinare. Capitolo nono : PRESENTE E FUTURO. GRANDI TEMI E NUOVE PROSPETTIVE • Il vero motore della disciplina sono: scavi, ricognizioni, uso delle tecnologie informatiche (archivi, database, GIS…). • Importante è tenere in considerazione il rapporto tra archeologia medievale e fonti scritte e le possibili aperture legate ad altri tipi di indagine come l’archeobotanica o l’archeometria. • Come comunicare l’archeologia medievale al grande pubblico. Una delle caratteristiche più evidenti dell’archeologia medievale è l’abbondanza di documenti scritti con cui può esser posta a confronto. Questi aumentano quando ci si avvicina all’anno Mille, e dopo questa data 46 crescono in misura esponenziale. L’archeologo svedese Anders Andrén ha messo in luce quelle che sono, a suo parere, alcune possibili modalità di interazione tra archeologia e documenti scritti. L’archeologia storica serve a : 1) Riempire i vuoti lasciati dai documenti scritti > Senza dubbio spesso con l’archeologia si riesce ad andare oltre le fonti scritte, a raccogliere dati che altrimenti non conosceremmo in nessun altro modo. Se questo è ovvio per le ricerche di ambito preistorico e protostorico, non è meno vero per quelle in ambito medievistico. A Montarrenti gli scavi del castello hanno permesso di scrivere una storia di questo sito molto più lunga di quella che proponevano i documenti superstiti. L’archeologia può fornire altre informazioni, che l’assenza o la perdita di documenti non avrebbero mai reso disponibili altrimenti. 2) Integrare i messaggi lanciati dai documenti > Non si tratta di trovare elementi per ampliare la narrazione lì dove presenta dei vuoti, ma di integrare i dati disponibili con ulteriori informazioni ricavate dai reperti. L’archeologia permette di integrare, con dati di altra natura, analizzando gli oggetti come se fossero un testo. 3) Esaminare i documenti come manufatti > I documenti hanno una loro materialità, e quindi nel rapporto tra archeologia medievale e fonti scritte esiste anche questa possibilità: cioè che l’archeologo analizzi il documento nei suoi aspetti materiali, altrettanto importanti rispetto al suo contenuto. È un tipo di approccio che si pratica più spesso rispetto alle epigrafi, ad esempio, ma probabilmente ancora non abbastanza, non quanto sarebbe necessario. Analizzare le iscrizioni in base al loro contesto di appartenenza, alla loro conformazione, alla materialità dei loro supporti, e all’apparato decorativo che a volte le accompagna, è un tipo di indagine che può fornire risultati di grande interesse rispetto alle tecniche di lavorazione, alla provenienza del materiale, all’identificazione delle officine lapidarie e a molti altri elementi degni di attenzione. 4) Guardare ai contrasti tra le informazioni fornite dai testi e quelle fornite dagli oggetti > L’archeologia come mezzo per esplorare la zona di contrasto che si viene a creare tra le informazioni offerte dai testi e quelle fornite dagli oggetti. Es. Versus de Verona, VIII secolo. Il poeta, in questo raro componimento altomedievale giunto sino a noi, celebra la città per il suo aspetto. Mura, torri, un labirinto, un foro lastricato, templi… un luogo da sogno, una città mitica dall’aspetto ricco. Questa immagine è confermata anche dall’Iconografia Rateriana: disegno eseguito nell’Alto Medioevo e giunto fino a noi in copia di età moderna. E poi… c’è l’archeologia. Verona è uno dei centri in cui si è praticata da molto presto l’archeologia urbana, e quindi lo conosciamo piuttosto bene. Verona fin dal V secolo inizia a trasformarsi in modo radicale: alcune zone vengono abbandonate, così come alcuni monumenti, sottoposti a spoliazione; le quote delle pavimentazioni stradali si innalzano e la città cresce su sé stessa; le sepolture entrano nel paesaggio urbano, come le fosse di spoliazione e le buche per i rifiuti: continuano le costruzioni in pietra, ma si diffondono anche case e strutture in legno. Eccoci in presenza di una zona grigia, territorio di contrasto tra fonti scritte e dati materiali. Es. “Garbage Project” condotto negli Stati Uniti dall’archeologo William Rathje. Esso ha frugato per anni tra i rifiuti di Tucson, Arizona e ha ricavato dei dati interessanti rispetto ai consumi. Ha inoltre intervistato un campione significativo degli abitanti, ponendo loro domande proprio sui loro consumi, quegli stessi su cui disponevano dei dati raccolti. Prendendo in considerazione un solo dato: l’80% degli abitanti di Tucson interrogati affermano di non consumare alcuna lattina di birra al mese. I dati archeologici affermano che solo il 25% della popolazione non consuma alcuna lattina. Bugie? La divergenza tra dati fa emergere come i cittadini stiano implicitamente 47 parlando di “come vorrebbero essere” e quindi esplicano gli ideali della società in cui vivono e i valori ai quali non riescono ad aderire totalmente. Lo stesso fenomeno si può osservare nell’esempio su Verona: le divergenze tra fonti scritte, iconografiche ed archeologiche ci fanno comprendere come era Verona e come l’avrebbero voluta e come la raccontavano a sé stessi e agli altri i suoi abitanti. L’archeologia è un modo di indagare il passato. Essa deve tener conto di tutte le testimonianze e capire come esse possano esser impiegate per ricostruire i contesti perduti, materiali e mentali. Quando le fonti scritte non sono più disponibili, l’archeologia può fare da sé, e trovare con i suoi metodi gli oggetti della ricerca per poi analizzarli. Si può fare archeologia medievale anche indipendentemente dalla disponibilità di fonti scritte. Quando ci sono, tuttavia, è indispensabile tenerne conto. 2.Archeologia medievale e analisi scientifiche Archeobotanica, archeozoologia, archeometria… le varie archeologie hanno instaurato un dialogo proficuo con le discipline delle scienze “dure” e con le scienze della natura attraverso le analisi scientifiche applicate ai loro oggetti di studio. L’archeobotanica, branca dell’archeologia, studia gli ecofatti relativi alle piante. Sempre più spesso gli archeologi dedicano attenzione a questi reperti, consapevoli che il loro studio porta informazioni di grande interesse rispetto ai siti da cui provengono. L’archeobotanica, così come l’archeozoologia, non è l’unica in grado di fornire nuove informazioni. L’antropologia fisica, ad esempio, attraverso l’analisi degli isotopi stabili contenuti nelle ossa umane è un settore in via di espansione che mostra fin da ora grandi potenzialità: permette di risalire alla dieta seguita dai singoli individui. 3.Comunicare l’archeologia medievale L’archeologo individua i siti, li scava, analizza la sequenza insediativa e pubblica il suo lavoro. Uno dei principali scopi dell’archeologia è fare uscire dall’oblio le tracce che l’uomo ha lasciato nel paesaggio e restituirle alla conoscenza di tutti. Uno dei compiti dell’archeologo è anche quello di comunicare il suo lavoro al pubblico, nella maniera più esauriente e comprensibile attraverso musei, parchi archeologici e mostre. Sui parchi archeologici dei siti medievali la principale lezione proviene da Riccardo Francovich. L’idea vincente è che la comunicazione in archeologia debba passare attraverso una molteplicità di strumenti: innanzitutto i resti materiali. I muri non parlano da soli, occorre quindi farli parlare; e allora: ricostruzioni al computer, ricostruzioni grafiche, pannelli esplicativi… tutti i possibili mezzi di decodificazione e trasmissione del dato vengono messi in campo e il visitatore si trova immerso in un flusso continuo e variato che lo aiuta sensibilmente nella comprensione. L’altro modo di comunicare l’archeologia medievale risiede nelle mostre; si organizzano spesso. Ma di che tipologia sono? Quelle più recenti e importanti, allestite nelle città e nei musei principali del nostro paese, con il catalogo pubblicato presentano delle costanti: Longobardi, Goti, Bizantini; e poi ancora Longobardi… è tutta qui l’archeologia medievale? Due considerazioni : 1) L’accento è chiaramente posto sui popoli provenienti dall’estero, sui Barbari. Qui dietro c’è un’idea molto forte: quello che ci interessa davvero del Medioevo sembra essere l’esotico, gli “altri”. Non solo perché diversi da noi ma anche perché in mostra fanno una gran figura. E qui c’è da domandarsi se facciamo mostre solo per esibire bei reperti o anche perché vogliamo raccontare il nostro passato. 2) Questo approccio al Medioevo è parziale, anche perché sbilanciato cronologicamente verso l’alto Medioevo e Tarda Antichità. Bisogna quindi trovare il coraggio per allestire mostre dedicate ai secoli del Medioevo inoltrato. Occorrono idee in grado di dimostrare che l’archeologia medievale può coprire un arco di tempo ampio che giunge fino al XIV secolo e che può raccontare in modo avvincente storie che vanno oltre all’epopea barbarica. 50 51
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