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Archeologia teorica - Enrico Giannichedda, Sintesi del corso di Archeologia

Riassunto del libro, utile per l'esame di Metodologie della ricerca archeologica

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 26/11/2018

valentina_97
valentina_97 🇮🇹

4.3

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Scarica Archeologia teorica - Enrico Giannichedda e più Sintesi del corso in PDF di Archeologia solo su Docsity! ARCHEOLOGIA TEORICA – Enrico Giannichedda Introduzione: L’archeologia è una disciplina estremamente pratica che si caratterizza per studiare oggetti concreti a scopo di ricostruzione storica. Metodo per far parlare oggetti altrimenti muti. Il reperto archeologico, può parlare; spesso lo si considera fonte diretta giunta fino a noi dal passato. I manufatti vanno forzati a essere parte di una storia avente per protagonisti gli uomini e il loro vivere in società. La concretissima archeologia segue percorsi segnati nel solco della tradizione scritta. Gli archeologi conoscono le fonti e ne ricavano schemi collaudati. Nello studio della preistoria trame utili a organizzare i reperti sono ricavate da fonti posteriori. L’archeologia è lo studio di oggetti materiali a scopo di ricostruzione storica; ma purché esista il problema di porre in relazione le osservazioni condotte nel presente con il passato che si cerca. Proprio per fare questo, dietro la concretezza dei materiali e la varietà dei metodi, si cela sempre un’idea che contraddistingue chi li cerca, li organizza e li utilizza. Si vedrà come le idee degli archeologi facciano ricostruire un certo passato anziché un altro. Le teorie sono insiemi di idee strutturate in modo coerente al fine di riconoscere, spiegare, interpretare fatti; esistono indipendentemente dalle teorie. Tra i fatti e teorie non ci sono vie di mezzo. Peggio della teoria c’è però l’ipotesi fine a se stessa. Non contribuiscono al progresso delle conoscenze, non sono strutturate logicamente al fine di spiegare i fatti e non è quindi possibile porle in discussione. Cap 1. Una teoria per la pratica Le teorie sono insiemi d’idee strutturate coerentemente al fine di spiegare determinati fatti è, per questo, motivo l’archeologia è disciplina lega teoria, metodologia e pratica. È di fatti la teoria che spinge a compiere determinate ricerche avvalendosi dei modi che si pensano più idonei per ottenere i risultati voluti. • Archeologia stratificata: si basa, per l’acquisizione dei dati, sulla valutazione della stratigrafia, intesa come l’esito materiale di una sequenza di eventi che hanno portato un qualcosa a essere quello che oggi ci appare. L’archeologia teorica non può essere una specializzazione per pochi, ma un ambito di riflessione per tutti: per discutere di storia della disciplina, dei problemi dell’interpretazione, del rapporto con l’antropologia e la storia, del senso che ha oggi l’essere archeologi. La definizione paradigma kuhniano, come insieme di idee condivise da una comunità di studiosi, e il chiedersi in quale misura l’archeologia possa definirsi scientifica, rinviano ad alcuni punti fermi generalmente condivisibili: dai reperti antichi si può ricostruire la storia, o una qualche sua parte; esistono leggi naturali certe o talmente probabili da aiutarci in tale compito. Lo studio degli aspetti materiali del vivere è più agevole dello studio degli aspetti simbolici o rituali; la complessa natura delle fonti archeologiche va affrontata nella sua interezza. • Scienza: si definisce quel procedere in cui l’attenta selezione di dati e metodi consente di svolgere ricerche le cui conclusioni non dipendono dalle opinioni del ricercatore. • Archeometria: è riconosciuta componente essenziale di ogni ricerca, è il moderno concetto di scienza; l’unico settore archeologico definibile come scientifico. Cap 2. La nascita di una disciplina Dal rinascimento i reperti antichi iniziarono a essere utilizzati a scopo di ricostruzione storica. La chiesa, affidandosi alla ricostruzione biblica delle prime vicende umane, frenò questo tentativo e solo con l’Illuminismo si giunse a riconoscere sia l’eguaglianza degli uomini sia il diritto a fare ricerca contro ogni dogma. Nell’Ottocento, archeologi e naturalisti giunsero a formulare alcuni paradigmi tuttora fondamentali: il cosiddetto sistema delle tre età, la geologia attualista, l’evoluzione naturale e l’alta antichità dell’uomo. • Progresso: pensato come qualcosa di naturale e inevitabile perché motivato dal desiderio di migliorare le condizioni di vita e controllare la natura. L’arretratezza dei popoli primitivi non dipende dalla natura umana. L’esistenza di società apparentemente ferme alla preistoria pose, poi, il problema dell’evoluzione sociale per il quale si ebbero risposte diverse e non da tutti condivise. Dal pensiero di Darwin derivò la giustificazione in chiave razzista dell’attardamento di alcuni popoli, ma anche l’ordinare, in sequenza evolutive, i diversi modi di produzione caratteristici d’ogni società come fecero Morgan, Marx ed Engels. • Pensiero marxista: la struttura come base nascosta della società è definita “la storia reale” i cui protagonisti sono le forze della produzione e dall’altro i rapporti di produzione. Fondamentale è lo studio delle relazioni fra gli uomini e quindi dei rapporti sociali che organizzano materiali, individui equiparati a merci. La sovrastruttura (politica) i modi stessi della vita collettiva e sociale, fondamentali perché si abbia il perpetuarsi di un certo modo di produzione, ma essi dipendono dai caratteri strutturali. Per altri, detti diffusionisti, la crescita della società europea era invece stata la conseguenza di fenomeni di acculturazione dai centri vicino-orientali. Sia i principali paradigmi sia queste ultime teorie avranno un’importanza fondamentale nel futuro sviluppo della disciplina. Cap 3. Consolidamento e tradizione Per gran parte del ‘900 la storia del pensiero archeologico ruotò intorno a due questioni: 1. L’importanza dell’arte antica 2. La definizione di ciò che deve intendersi per cultura. L’archeologia classica fin dalle sue origini riconobbe un posto centrale allo studio dell’arte. Winckelmann affermava difatti la superiorità dell’arte greca e sosteneva l’importanza di giungere a una comunanza emotiva con gli antichi. Da ciò il neoclassicismo, ma anche l’attuale credere, da parte di molti archeologi classici, che lo studio dell’arte sia fondamentale per la comprensione della storia. La preistoria è detta “scienza degli analfabeti” e il paradigma artistico-filologico porta spesso alla seriazione di oggetti artistiche che si ipotizza possano essere, un giorno, materiali per la storia. A metà del ‘900, Ranuccio Bianchi Bandinelli andò oltre la ricerca erudita e affermò che per lo studio dell’arte era fondamentale la comprensione del contesto storico: si riconobbe che le opere d’arte erano state prodotte, e non solo pensate. Trent’anni dopo fu sostenuta la necessità di un’archeologia classica che non confonda una sua parte con il tutto e approfondisca lo studio delle produzioni quotidiane e del territorio. In ambito archeologico, l’attuale uso del concetto di cultura si deve a Vere Gordon Childe che, definendola come associazione di manufatti coevi, ne fece un formidabile strumento di lavoro. Tali associazioni furono difatti equiparate a popoli ed etnie consentendo di tracciare una storia delle culture preistoriche come si trattasse di nazioni. Nel corso del tempo, grazie all’antropologia, il concetto di cultura è stato meglio precisato ma, nell’uso archeologico, spesso è tuttora usato soltanto per organizzare i dati. Cap 4. Scetticismo e scoperta del tempo A metà del ‘900 in archeologia prevaleva lo scetticismo circa il potersi davvero ricostruire il passato e, questo, anche per la difficoltà di datare con precisione i resti antichi. La descrizione di reperti e monumenti era ritenuta un risultato soddisfacente per molte ricerche e l’interpretazione si basava, dove esistenti, solle fonti scritte. Nuove tendenze di ebbero con il neomarxismo, che introduceva nello studio dei modi di produzione le questioni sociali, e con approcci neoevoluzionisti, che valorizzavano più approfonditamente i dati economici, tecnologici, ambientali. La scuola sostantivista rifiutava invece di considerare importanti, per le società precapitalistiche, le logiche di mercato e descriveva situazioni in cui prevaleva la reciprocità o la redistribuzione delle risorse. Nel 1949, la scoperta del metodo di datazione con il radiocardonio (C14) rivoluzionò lo stato delle conoscenze e indicò che le difficoltà imposte dalle questioni cronologiche possono superarsi. Intanto lo storico Francois Braudel riconobbe che la storia può avere diverse velocità con fenomeni di lunga durata, ad esempio il clima o il perdurare delle tecniche, fenomeni congiunturali, quali guerre o carestie, e “fatterelli”, che incidono per poco tempo sulla vita delle persone. Cap 5. La New Archaeology Negli anni sessanta e settanta la New Archaeology si affermò negli Stati Uniti e propose un nuovo modo di fare archeologia interpretativo anziché descrittivo, antropologico e scientifico anziché storico. L’obbiettivo era la ricerca di leggi universali in grado di descrivere il comportamento culturale indipendentemente dalle situazioni storiche. Presto, però l’impossibilità di giungere a leggi non banali portò a vari ripensamenti e, basandosi su ricerche etnoarcheologiche, l’attenzione si spostò verso la definizione di teorie di medio raggio che comparano ciò che si osserva nel presente alle tracce del passato.
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