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archetipi dell'inconscio collettivo, Dispense di Psicologia Dinamica

basi teoriche psicologia archetipica

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 06/04/2024

Fiammettabonti
Fiammettabonti 🇮🇹

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Scarica archetipi dell'inconscio collettivo e più Dispense in PDF di Psicologia Dinamica solo su Docsity! Riassunto- “GLI ARCHETIPI DELL’INCOSCIO COLLETTIVO” - JUNG CAPITOLO I Secondo Freud l’inconscio è il punto in cui convergono i contenuti rimossi e dimenticati del soggetto ed è inteso come di natura personale. Un certo strato è certamente di natura personale, quello che identifichiamo come inconscio personale, superficiale. Questo poggia però su uno strato più profondo che è innato e non deriva da acquisizioni personali ma è innato. Questo è l’inconscio collettivo che è di natura universale, è cioè al contrario della psiche personale, ha comportamenti e contenuti che sono gli stessi dappertutto e per tutti gli individui. È un sostrato psichico comune, di natura sopra personale, presente in ciascuno. Possiamo parlare di inconscio solo quando siamo in grado di identificarne i contenuti. Quelli dell’inconscio collettivo sono i cosiddetti archetipi. L’archetipo è una parafrasi esplicativa dell’éidos platonico, nel senso tipi arcaici o primigeni quindi immagini universali presenti fin dai tempi remoti. L’archetipo rappresenta un contenuto inconscio che viene modificato attraverso la presa di coscienza e per il fatto di essere percepito e per il fatto di essere percepito e ciò a seconda della consapevolezza individuale nella quale si manifesta. Jung afferma che nell’inconscio, oltre a uno strato (che chiama inconscio personale), i cui contenuti constano di materiali riconducibili al passato personale di ciascuno, vi sono anche immagini in cui non vi è nulla di personale e che appartengono a uno strato più profondo, che è innato. Jung lo chiama inconscio collettivi, perché i suoi contenuti sono gli stessi ovunque. È composto e strutturato da immagini primordiali dette archetipi o anche categorie ereditarie cioè immagini comuni presenti fin dai tempi remoti e che sono dotate di contenuto affettivo. Jung trova il termine archetipo già in filone (con riferimento all’immagine di Dio nell’uomo) e ne riconosce in Agostino il concetto, come parafrasi dell’idea platonica, e vede nelle “rappresentazioni collettive” di Lévy- Bruhl, figure simboliche delle primitive visioni del mondo, qualcosa di molto vicino a ciò che intende per archetipo, anche se Jung lo considera u contenuto inconscio. Archetipi si manifestano e sono rappresentati nelle favole e nei miti, il cui senso è quello di essere manifestazioni psichiche che rivelano l’essenza dell’anima. Per la psicologia analitica è nel sogno che riemergono queste antiche immagini e si fa presente l’inconscio collettivo. L'interesse di fratel Klaus per la figura della ruota deve avere avuto un motivo: visioni simili alla sua producono spesso confusione e disintegrazione. L'esperienza insegna che il circolo protettivo, il mandala, è l’antidoto tradizionale a uno stato mentale caotico. È perciò fin troppo comprensibile che il frate fosse affascinato dal simbolo della ruota. L'inconscio collettivo come oggi lo intendiamo non fu mai psicologico, poiché prima della chiesa cristiana esistevano i misteri antichi, i quali a loro volta si perdevano nelle nebulosità del neolitico. Mai l'umanità ha mancato di immagini potenti, apportatrici di magica protezione contro la perturbante realtà delle profondità tipiche; le figure dell'inconscio furono sempre espresse mediante immagini protettrici e risanatrici e in tal modo respinte nello spazio cosmico e ultra psichico. Gli dei dell’Ellade e di Roma perirono della stessa malattia dei nostri simboli cristiani: allora come oggi gli uomini scoprirono che quei simboli non dicevano loro niente, mentre gli dèi stranieri avevano ancora del mana cui attingere. Secondo Jung invece di cercare di coprire la nostra mancanza di simboli ricoprendoci dei simboli orientali, come fanno i teosofi, sarebbe molto meglio per noi riconoscere la nostra povertà spirituale conseguente alla mancanza di simboli, anziché appropriarci di una ricchezza della quale assolutamente non siamo eredi legittimi. Siamo piuttosto gli eredi legittimi del simbolismo cristiano, ma abbiamo in certo qual modo sperperato questa eredità, perché secondo Jung abbiamo lasciato crollare la casa che i nostri padri hanno costruito, e ora cerchiamo di fare irruzione in palazzi orientali che essi non hanno mai conosciuto. Psicologicamente, l'acqua nei sogni significa spirito divenuto inconscio: è il simbolo più ricorrente dell'inconscio. Chi guarda nello specchio dell’acqua vede per prima cosa la propria immagine. Lo specchio non lusinga, mostra fedelmente ciò che in esso si riflette, e cioè il volto che non esponiamo mai al mondo perché lo vediamo per mezzo della Persona, la maschera dell’attore. Ma dietro la maschera c’è lo specchio da cui il vero volto traspare. Questa è la prima prova di coraggio, l’incontro con sé stessi è infatti una delle esperienze più sgradevoli, alle quali si sfugge proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo che ci circonda. Chi è in condizione di vedere la propria Ombra e di sopportarne la conoscenza ha già assolto una parte del compito, quindi fatto affiorare l’inconscio personale. L'incontro con sé stessi è l'incontro con la propria Ombra che è come una gola montana, come una porta angusta. Primitiva o no, l'umanità sta sempre sull'orlo di azioni essa stessa compie ma non controlla. Oggi gli dèi sono chiamati “fattori”, nome che deriva da facere, fare. I “fattori” stanno “dietro le quinte del teatro del mondo”. Per quanto siamo padroni di noi stessi, sembriamo addirittura noi i fattori, ma se varchiamo la porta dell'Ombra, ci accorgiamo con spavento che di questi fattori noi siamo l’oggetto. È stato necessario un impoverimento senza precedenti dei simboli per riscoprire gli dèi come fattori psichici, cioè come archetipi dell'inconscio. Dopo aver parlato dell’archetipo dell'Ombra, Jung passa ad analizzare l'archetipo dell'Anima, e parla dell'ondina, che ne rappresenta un livello ancor più istintuale. L’ondina indica un pesce femminile semiumano, delle creature ammaliatrice, come le sirene. Può trattarsi anche di melsuine, ninfe dei boschi, grazie, figlie del re degli elfi, lamie e succubi che seducono i giovani e succhiano loro la vita. Queste figure sono proiezioni di stati d'animo pieni di bramosie e di fantasie riprovevoli. Poiché la conturbante grazia dei tempi passati è l'odierna fantasia erotica che complica la nostra vita psichica, l’Anima ci si fa incontro come un’ondina o un succubo, che, come una strega, assume forme diverse. Soprattutto l'Anima fruisce di un’intollerabile autonomia che non spetterebbe a un contenuto psichico. Inoltre, questa Anima meravigliosa e immortale è un'idea dogmatica, che ha lo scopo di esorcizzare e di imprigionare qualcosa di inquietantemente vivo e spontaneo. La parola tedesca seele (anima) è strettamente imparentata con la parola greca aiolos (mosso, cangiante), qualcosa di simile a una farfalla, in greco psyke, che svolazza ebbra di fiore in fiore e vive di miele di amore. Nella tipologia gnostica l'uomo psichico è inferiore all'uomo spirituale o pneumatico, e ci sono quindi anche anime malvagie e debbono ardere nell'inferno per tutta l'eternità. Presso i primitivi l’Anima è magico soffio vitale quindi anche fiamma. L'anima è la parte vivente dell'uomo, che vive di per sé e lo abita: se Dio ha immesso in Adamo un soffio di vita è perché potesse vivere. Con astuzia l’anima attira verso la vita l'inerzia della materia che non vuole vivere. Avere un’anima è il rischio della vita poiché essa è un demone dispensatore di vita, non è un'entità dogmatica ma è un archetipo naturale che sussume in modo soddisfacente tutte le attestazioni dell’inconscio, dello spirito primitivo, della storia della lingua e della religione. L'anima non può essere fatta: è sempre l’a priori di tutto quel che esiste di spontaneo nella psiche. Con l'archetipo dell'anima incontriamo il regno degli dèi, ovvero la regione che la metafisica ha riservato a se stessa. Tutto quel che l'anima tocca diventa numinoso, cioè assoluto, pericoloso, soggetto a tabù, magico. Poiché vuole la vita, l'anima vuole il bene e il male. L'anima crede sia nel bello che nel buono, concetto primitivo anteriore alla scoperta dell'opposizione tra estetica e morale. È occorsa una lunga differenziazione cristiana per chiarire che il bene non è sempre bello e il bello non è necessariamente buono. Dice Jung, se il confronto con l'Ombra è opera da apprendista, il confronto con l'Anima è opera da maestro. Il rapporto con l'anima è infatti di nuovo una prova di coraggio, una prova del fuoco per le forze spirituali e morali dell'uomo. Non bisogna mai dimenticare che si tratta di fatti psichici che non sono mai stati in possesso dell'uomo in quanto, come proiezioni, sono quasi sempre al di fuori del suo campo psichico. Per il figlio, ad esempio, l'anima sta nel predominio della madre, all'uomo antico invece appariva come Dea o strega, e all'uomo medievale ha sostituito alla dea la regina del cielo e la madre chiesa. Jung dice che l’Anima nasconde come un'intenzione segreta, che sembra corrispondere a una superiore conoscenza delle leggi della vita, una saggezza nascosta. E quanto più questo significato profondo si fa manifesto, tanto più l'anima perde il suo carattere impetuoso e coattivo. L'anima e la vita sono prive di significato nella misura in cui non offrono interpretazione. Interpretabile è tuttavia la sua essenza: per opposto l'uomo pensa, e quindi l'uomo può pensare che dietro al non-senso dell'anima vi sia l'archetipo stesso del significato della vita, e non può essere spiegata perché è percezione del mana che esiste da ben prima che l'uomo pensasse. Perciò l'anima viene prima della coscienza. Le idee sono tutte fondate su forme archetipiche primigenie, la cui evidenza risale a un'epoca in cui la coscienza ancora non pensava, ma percepiva soltanto: perciò l'inconscio pensa e prepara le soluzioni che poi giungono alla coscienza e possono essere interpretate. L'archetipo del mago o del vecchio saggio rappresenta un maestro psicopompo e somma guida, è archetipo dello spirito e richiama alla figura dello stregone nella società primitiva. Il vecchio saggio è quindi archetipo del significato. Per Jung, la posizione dell'inconscio è sempre superpartes, cioè superiore alla coscienza di colui che ha sognato: come Zarathustra per Nietzsche è il vecchio saggio o l'archetipo del Vi sono delle eccezioni, in particolare nel caso degli artisti, in cui il problema si pone spesso in maniera diversa e sfocia nella omosessualità, di regola contraddistinta da una identità con l'anima. Superata la metà della vita, una perdita durevole dell'anima implica invece un danno crescente in termini di vitalità, flessibilità e umanità. CAPITOLO IV – La Grande madre Il concetto dell'archetipo della Grande Madre trae origine dalla figura della Madre o Dea Madre, sviluppandosi attraverso il corso della storia religiosa. Carl Gustav Jung esamina il platonismo in una prospettiva filosofica, suggerendo che sia stato superato dall'empirismo, il quale trasforma l'idea (archetipo) da a priori a derivato secondario. Tuttavia, la teoria kantiana delle categorie apre la strada a una rinascita del platonismo, sottolineando che l'esperienza umana è intrinsecamente limitata da strutture a priori della conoscenza. Il pensiero diventa così una funzione psichica dipendente dalla personalità, evidenziando l'importanza dell’“equazione personale" o temperamento individuale. Jung identifica le disposizioni psichiche istintuali come forme funzionali o immagini che risalgono alle origini della specie. Gli archetipi, secondo lui, non sono vincolati contenutisticamente, ma piuttosto dal punto di vista del contenuto, limitandosi alla forma. L'archetipo, quindi, rappresenta un elemento formale e vuoto, una possibilità a priori della forma di rappresentazione ereditaria. Le forme dell'archetipo della Madre includono figure come la madre personale, la Dea, la Vergine e simboli più ampi come Chiesa, università, città e natura. Tutti questi simboli possono avere un significato positivo, favorevole, oppure negativo, nefasto ad esempio: la strega, il drago e ogni animale che stritoli o avvinghi come un grosso pesce o il serpente, la tomba, il sarcofago, le acque profonde, la morte, l'incubo, lo spauracchio per bambini. La madre può essere vista come amorevole e nutriente, ma anche come terrificante o distruttiva. Il parallelo storico a noi più familiare è quello di Maria, che nelle allegorie medievali è anche come croce di Cristo. In India sarebbe l’ambivalente dea Kali. I tre aspetti essenziali della madre sono la sua bontà che alimenta il protegge, la sua orgiastica emotività, la sua infera oscurità. Per Jung, a differenza di Freud, non è tanto importante la madre personale quanto quella archetipica, l'archetipo su di lei proiettato, che le conferisce uno sfondo mitologico e la investe di autorità e numinosità. Gli effetti eziologici o traumatici legati alla Madre devono essere distinti tra quelli basati sul suo carattere effettivo e quelli derivanti da proiezioni fantasiose del bambino. Il complesso materno, afferma Jung, costituisce il fondamento dell'esperienza materna, con effetti differenti su figli e figlie. Effetti tipici sui figli possono includere l'omosessualità, il dongiovannismo e l'impotenza, mentre per le figlie si manifestano attraverso ipertrofie o atrofie femminili. Nel figlio, la femminilità della madre come fattore della trazione e della repulsione erotica, è componente fondamentale che incide sulla maschilità. Il complesso materno può anche avere esiti positivi, contribuendo allo sviluppo di Eros e producendo una differenziazione positiva dell'individuo. Jung esplora le dinamiche del complesso materno in diverse situazioni, delineando figure come la figlia devota, la donna divoratrice e la figlia indifesa. Inoltre, identifica l'amore materno come un valore supremo, rappresentando la Madre sia come Mater Natura che come Mater Spiritualis. L'uomo ha sempre aggiunto alla coppia parentale quella divina del padrino e della madrina, per non dimenticare di investire i propri genitori di attributi divini. Nell'uomo, il complesso materno è sempre mescolato l'archetipo dell'anima con il risultato che ciò che l'uomo dice alla madre è il più delle volte di natura emotiva, ossia permeato di animosità. Jung analizza l'idealizzazione della madre, sottolineando la tendenza maschile a idealizzarla come una forma di difesa segreta contro le paure inconscie. Discute anche delle differenze tra uomini e donne nella percezione dell'archetipo della madre, evidenziando la complessità di queste dinamiche. Infine, Jung esplora il simbolismo dell'Albero Cosmico come un tentativo moderno di connessione con la natura e di superamento della sensazione di estraneità. Conclude sottolineando l'importanza dell'esperienza della realtà simbolica per il ritorno a un senso di appartenenza al mondo, considerando il dogma della chiesa come un sintomo compensatorio che riflette l'aspirazione della scienza a un'immagine unitaria del mondo. In questo contesto, l'uomo moderno cerca nella simbologia una via di ritorno a un mondo in cui non si sente straniero. CAPITOLO V- Sul rinascere Diverse modalità di rinascita possono essere contemplate: Metempsicosi: La metempsicosi implica il transito delle anime, proiettando l'esistenza attraverso svariati corpi nel corso del tempo. La continuità della personalità oltre al karma rimane ambigua. Reincarnazione: La reincarnazione, invece, incorpora l'idea di una continuità della personalità. In questo contesto, la personalità umana conserva una coerenza e una memoria tale che, al momento della nascita o della reincarnazione, è possibile ricordare le vite precedenti come proprie. Resurrezione: La resurrezione implica una trasformazione dell'essenza stessa, ristabilendo l'esistenza umana dopo la morte e anticipando uno stato successivo di incorruttibilità. Rinascita (o renovatio): La rinascita, o renovatio, si riferisce all'intero arco della vita, rappresentando un rinnovamento non solo dell'essenza, ma anche come autentica trasformazione o metamorfosi. È un completo risorgere dell'individuo. Partecipazione a un processo di trasformazione: Una forma indiretta di rinascita è la partecipazione a un processo di trasformazione che si verifica al di fuori dell'individuo. In questo contesto, si adopera un rituale di trasformazione, come ad esempio la celebrazione di una messa o i misteri pagani. Il processo di rinascita, sebbene non osservabile, è innegabilmente reale. Tuttavia, esso non può essere percepito dai nostri sensi e, in quanto realtà psichica, può essere compreso solo attraverso le testimonianze. Pertanto, rappresenta un'idea archetipica che affonda le sue radici nelle testimonianze primordiali dell'umanità. Questa concezione trae origine da eventi psichici che riguardano due categorie di esperienze: la trascendenza della vita e la trasformazione individuale. L'esperienza della trascendenza della vita coinvolge la partecipazione a un evento di trasformazione e rinnovamento, come nei riti eleusini di smembramento e risurrezione di Osiride o nella celebrazione della santa messa. Allo stesso modo, si verificano esperienze immediate di estasi o visioni spontanee. È essenziale distinguere le esperienze più estetiche, come i sogni, da quelle che comportano una reale trasformazione della natura individuale. La trasformazione soggettiva, riconducibile al campo della psicologia, comprende eventi non infrequenti che giocano un ruolo significativo nella psicopatologia. Essa può manifestarsi come una riduzione della personalità, descritta come la perdita dell'anima nell'uomo primitivo o come un abbassamento del livello mentale secondo Janet. D'altra parte, può anche verificarsi una trasformazione della personalità in senso opposto, un ampliamento interiore in cui la crescita affettiva si traduce nel riconoscimento di un'espansione proveniente dalle fonti interiori. La possessione dell'Ombra può comportare danni all'individuo, inducendolo a cadere nelle insidie che lui stesso ha creato. D'altra parte, la possessione causata dall'Anima o dall'Animus rivela tratti controsessuali, con l'uomo che incorpora elementi femminili e la donna quelli maschili. In entrambi i casi, le figure perdono il loro fascino quando rivolte all'esterno ma mantengono il loro potere nell'isolamento e nell'introversione, fungendo da ponte verso l'inconscio. L'identificazione con un gruppo può condurre a esperienze collettive di trasformazione, generando uno stato d'animo condiviso. L'esperienza comunitaria, tuttavia, si verifica a un livello di coscienza inferiore rispetto a quello individuale, dando luogo a una "partecipation mystique" in cui si perde il senso di responsabilità e timore. L'identificazione con un eroe di culto, come nei misteri, può trasformare il singolo nella sua partecipazione al destino del dio. Il rito nel contesto di un gruppo aiuta a bilanciare la regressione psicologica, impedendo alla moltitudine di cadere nell'istintualità inconscia. Le procedure magiche, inoltre, vengono utilizzate esplicitamente per generare la trasformazione e il rinnovamento desiderati. La trasformazione naturale, alla base delle esperienze di rinascita, si rifà ai processi spontanei che avvengono nella natura. Tali processi si manifestano specialmente nei sogni come simboli del percorso di individuazione. Simboli come il pesce, rappresentante del Padre dell'Ombra, e la figura di al-Khidr, il Longevo, sono esempi di come la trasformazione avvenga attraverso elementi originariamente naturali. In definitiva, il concetto di rinascita si incarna in molteplici sfaccettature, ciascuna con il potere di trasformare e rinnovare l'individuo nel suo percorso di vita. CAPITOLO VI Il Fanciullo Gli archetipi emergono non solo nei miti delle fiabe, ma anche nei sogni e nelle manifestazioni della fantasia psicotica. Nel primo caso, sono parte di un insieme di significati coerenti, mentre nel secondo si presentano come una sequenza di immagini spesso irrazionali e deliranti, ma con una coerenza latente. I miti, nelle origini dell'uomo primitivo, sono rivelazioni della psiche preconscia, testimonianze involontarie di eventi psichici inconsci, e distano molto dall'essere allegorie di processi fisici; essi costituiscono la stessa vita psichica della tribù. La mitologia di una tribù rappresenta la sua religione vitale, la cui perdita porta inevitabilmente a una catastrofe morale, persino per l'uomo civilizzato. Si fa distinzione tra fantasie personali e non personali, queste ultime appartenenti all'inconscio collettivo. Entrambi i tipi emergono in uno stadio di coscienza ridotta, simile a uno stato di coscienza primitivo in cui nacquero i miti. I contenuti di natura archetipica sono manifestazioni di processi che si svolgono nell'inconscio collettivo. La loro interpretazione rimane sempre nel dominio del "come se", poiché il significato ultimo può solo essere circoscritto, non descritto, essendo un nucleo di significato inconscio destinato a rimanere sempre inaccessibile alla coscienza. Gli archetipi sono forze psichiche vitali che cercano di imporsi e sono stati sempre garanti di protezione e salvezza. Ignorarli comporta le ben note "minacce all'anima" nella psicologia primitiva, in quanto agiscono come organi o sistemi funzionali organici trascurati o lesionati. Gli archetipi non possono essere eliminati né neutralizzati; ogni nuovo grado di differenziazione culturale della coscienza deve confrontarsi con il compito di trovare una nuova interpretazione adeguata, in modo da ricollegare la vita passata ancora viva in noi con la vita presente che rischia di separarsene. L'archetipo del Dio Fanciullo è ampiamente diffuso e intimamente legato ad altri aspetti mitologici del motivo del Fanciullo, come ad esempio il Bambin Gesù, ancora presente tra di noi. Nel folklore, il motivo del Fanciullo si manifesta attraverso figure come il nano e l'elfo, espressioni di forze nascoste della natura. Altre manifestazioni includono l'omino di metallo delle miniere o Mercurio rinato ermafrodito, visto come una visione spontanea sotto forma di putto nudo o giovinetto radioso, rappresentando il Puer aeternus, ma anche come spirito maligno, come il Faust di Goethe, o come bambino immaginario e homunculus. Il carattere "avvenire" dell'archetipo del Fanciullo è un potenziale avvenire: anticipa gli sviluppi futuri, dove il Fanciullo prefigura, nel processo di individuazione, la forma che emergerà dalla sintesi degli elementi consci e inconsci della personalità. È un mediatore degli opposti, un Salvatore, un artefice della totalità. Trova espressione in forme rotonde come il cerchio o la sfera, o nella quaternità, un'altra forma di totalità e unità. La pluralità del motivo del Fanciullo può manifestarsi come l'apparizione di una molteplicità di omuncoli, nani o bambini, indicando una dissociazione o frammentazione della personalità, o come l'espressione di una sintesi non ancora raggiunta nella personalità di individui normali. Il Dio Fanciullo e l'Eroe Fanciullo sono entrambi tipi di archetipi che condividono la nascita prodigiosa e le prime vicende infantili, come l'abbandono e la persecuzione. Il Dio è puramente soprannaturale, mentre l'Eroe ha un carattere umano, ma potentemente elevato al limite del soprannaturale, essendo semidivino. Mentre il Dio personifica l'inconscio collettivo non ancora integrato nell'essere umano, l'Eroe, soprattutto nella sua stretta affinità con l'animale simbolico, comprende anche l'essere umano, rappresentando così una sintesi tra l'inconscio divino, ancora non umanizzato, e la coscienza umana. L'Eroe significa la potenziale anticipazione di una individuazione già prossima alla totalità rappresentando l'Ombra dell'Eroe. La fiaba può quindi descrivere processi inconsci che compensano la situazione della coscienza e indicare che il raggiungimento della totalità è possibile solo attraverso l'intervento di uno Spirito Oscuro. CAPITOLO XIX - Briccone Il briccone, o buffone, viene associato al carnevale della Chiesa medievale, in cui si verifica un capovolgimento dell'ordine gerarchico e il demonio o Diavolo è caratterizzato come una sorta di gabbato o sciocco. Tra i motivi tipici associati al briccone, compare la figura di Mercurio o Ermes, noto per giocare tiri maligni, avere la capacità di trasformarsi e possedere una duplice natura animale e divina. Tale figura è esposta a torture e si avvicina alla rappresentazione di un Salvatore. Nelle fiabe, il briccone può manifestarsi come un poltergeist, uno spirito che fa scherzi, e può assumere forme animali. Questi temi sono collegati allo sciamanismo, poiché nello sciamano e nello stregone si riscontra qualcosa del briccone. Viene suggerita un'approssimazione al Salvatore come una relazione compensatoria tra il briccone e il Santo, evidenziando l'imprevedibilità e l'autodistruttività di Dio nel Vecchio Testamento. Questo è rappresentato nei Saturnali medievali, cerimonie che mostravano il lato del briccone insito nel Santo. Un esempio è il festum asinorum, in cui l'asino è posto in una relazione simbolica con Cristo, e questi aspetti festivi sono stati soppressi dalla Chiesa. Il testo poi analizza il briccone come un mito che rappresenta l'Ombra e le tendenze opposte nell'inconscio, agendo come una sorta di seconda personalità puerile o Poltergeist. Il briccone è descritto come un essere divino e animale, sovrumano e subumano contemporaneamente, caratterizzato dalla sua incoscienza. A causa di questa incoscienza, il briccone è abbandonato dagli umani e può trasformarsi in diverse forme, come donna o generare bambini. Il processo di civilizzazione del briccone inizia nel suo ciclo, indicando che lo stadio primordiale è superato. Man mano che il ciclo procede, il briccone perde le caratteristiche della sua incoscienza e comincia a fare cose utili in maniera sensata. Tuttavia, i lati oscuri del briccone non scompaiono completamente e possono riapparire. Il mito del briccone è quindi considerato un efficace strumento psicoterapeutico, in quanto mantiene visibile lo stadio precedente di inferiorità intellettuale e morale di un individuo più evoluto. Il briccone rappresenta anche la figura collettiva dell'Ombra, agendo come una sorta di ritorno continuo di questa figura. La risoluzione del problema generato dall'Ombra si verifica a livello dell'Anima a livello individuale, mentre a livello storico collettivo si tratta dell'evoluzione della coscienza collettiva che si libera dalla prigione dell'incoscienza. Infine, il testo introduce il concetto di individuazione come un processo che produce un individuo psicologico, un'unità separata e indivisibile. La coscienza non rappresenta la totalità della psiche, e l'individuazione coinvolge il confronto e il conflitto tra coscienza e inconscio. L'individuazione mira all'unione degli opposti e alla realizzazione dell'unità psicologica. CAPITOLO X - Coscienza Il concetto di individuazione, secondo Jung, rappresenta un processo che porta alla formazione di un individuo psicologico, un'unità separata e indivisibile. La coscienza, da sola, non rappresenta la totalità della psiche, ma comprende anche i processi inconsci. Jung critica Freud e Janet per aver derivato l'inconscio da fonti consce, poiché sostiene che la loro esperienza era limitata alle nevrosi e non includeva pazienti psichiatrici con personalità indipendenti e volontà autonome. Jung evidenzia che negli individui psicotici, l'inconscio può assumere il ruolo dell'Io, portando a deliri e confusione. L'inconscio non è visto come una seconda personalità centralizzata, ma piuttosto come una congerie di processi psichici decentralizzati con tendenza all'autonomia. L'autonomia dell'inconscio inizia con l'origine delle emozioni, che sono reazioni istintive e involontarie che turbano la coscienza. L'inconscio è considerato una realtà in potenza, dove tutto ciò che facciamo è già presente inconsciamente. I "pericoli dell'anima" primitivi, come fascinazione, incantesimo e possessione, sono visti come fenomeni di dissociazione e repressione della coscienza causati da contenuti inconsci. I frammenti dissociati dell'inconscio, noti come complessi, possono assumere una sorta di personalità autonoma, anche se personalità non implica necessariamente coscienza. Le figure archetipiche di Animus/Anima, Ombra, Eroe, Vecchio Saggio, ecc., emergono in modo autonomo nella coscienza in presenza di stati patologici. Animus e Anima sono localizzati all'interno della struttura psichica nel profondo strato filogenetico chiamato inconscio collettivo. Il processo di individuazione rappresenta uno stadio di sviluppo originato dal conflitto e dal confronto tra i due fatti psichici fondamentali: coscienza e inconscio. La funzione trascendente della individuazione è l'unione degli opposti, mirando all'unificazione. L'archetipo è visto come un simbolo unificatore, e la conoscenza dei simboli è considerata indispensabile per il trattamento psicologico. CAPITOLO XI - Empiria del Processo di Individuazione In questo saggio di Jung, l'intenzione è fornire un esempio di come si formano le immagini, del loro significato e delle riflessioni e osservazioni necessarie per interpretarle. Il processo di individuazione, che comprende molteplici stati e vicissitudini, viene illustrato attraverso il corso fittizio dell'opus alchemica. Jung sottolinea che i pazienti desiderano comprendere come avviene la liberazione, se sono prigionieri dell'inconscio. Tuttavia, non esiste una soluzione predefinita; i modi e i mezzi dipendono sempre dall'inconscio del paziente. Jung enfatizza che sono gli istinti, che hanno affrontato con successo molte sfide nel corso del tempo, a essere la guida per il processo di trasformazione. L'uovo è analizzato come un simbolo cosmogonico e filosofico, rappresentando sia l'Uovo orfico, i primordi del mondo, sia l'Uovo filosofico dell'alchimia medievale, da cui nasce l'homunculus, l'uomo spirituale. Le uova possono trasformarsi in cerchi astratti, simboleggiando un tocco magico che penetra lo stato inconscio. Jung richiama l'antica tradizione che associa l'anima a una forma sferica. La Folgore, simbolo di liberazione, è interpretata anche da Paracelso e dagli alchimisti come un segno di trasformazione. Il lampo rappresenta un cambiamento di stato improvviso e sconvolgente, associato a Mercurio, lo spirito animante del lampo. Per gli alchimisti, il processo di individuazione rappresentato dall’opus è un'analogia dell'origine del mondo, e l’opus stesso è vista come un'analogia dell'opera creatrice divina. L'uomo infatti è considerato un microcosmo, un equivalente in miniatura del mondo. Nell'uomo, il cosmo rappresenta il processo evolutivo che inizia con l'origine del mondo e la formazione dei corpi celesti, comparata con la nascita del Sé, in cui quest'ultimo appare come microcosmo. Non è dunque l'uomo empirico a essere in corrispondenza col mondo, come il medioevo pensava, bensì l’ineffabile totalità dell'uomo psichico o spirituale, che non può essere descritto in quanto è composto dalla coscienza e dalla sfera indeterminabile dell’inconscio. Il numero 12, prodotto di 4 per 3, segue l'assioma di Maria o tetrameria, rappresentando un processo di trasmutazione diviso in quattro fasi di tre parti ciascuna. Mercurio è descritto come duplex, contenente il sesso opposto, e rappresenta l'anima Mundi che avvolge il mondo. Il serpente mercuriale rappresenta ciò che viene dopo il peccato originale, quindi scisso in Mercurio vulgi (l'argento vivo e grezzo), e lo spirito Mercurio, che si libra in cielo come folgore. Mercurio, diviso nei quattro elementi, è l'Anima Mundi che si ritrova nell'intimo e che avvolge al tempo stesso il mondo: come l'argento vivo, è una materializzazione di mercurio, e l’ oro è il Sole in terra. Il serpente mercuriale simboleggia l'Ombra. Jung esplora ulteriori simboli come l'Albero filosofico, lapis, mandala, arcobaleno, occhio, cancro, e altri, collegandoli al processo di individuazione. Le immagini dei mandala rappresentano i processi psichici legati alla riscoperta di parti sepolte della personalità. Jung sottolinea che tali esperienze interiori, parallele alle religioni, possono portare a una crescita psichica, maturazione e approfondimento della personalità, se vengono vissute con fedeltà morale. Esse sono le basi della fede e della conoscenza. CAPITOLO XII – Mandala Il termine "mandala" deriva dal sanscrito e significa "cerchio". Questi disegni circolari hanno un significato culturale e offrono protezione dagli estremi opposti, riservando dai rischi di lacerazione dovuti alla tensione tra gli opposti. I mandala sono strumenti di meditazione, concentrazione e esperienza interiore, volti a produrre un ordine interiore che compensa lo stato caotico e conflittuale dell'anima. Il mandala tibetano, uno yantra, è uno strumento di contemplazione che aiuta la concentrazione circoscrivendo il campo di visione psichico al centro. Secondo la dottrina tantrica, il mandala rappresenta la creazione come atto di separazione degli opposti, riuniti nella divinità, dando origine alla molteplicità del mondo. La contemplazione di questi processi mira a far prendere coscienza della divinità allo yogin, affinché riconosca se stesso come dio attraverso la meditazione. Il motivo della quadratura del cerchio simboleggia l'idea di un centro del mondo, un punto centrale all'interno dell'anima, da cui tutto è correlato e ordinato. Questo centro è identificato come il Sé, comprendente la coscienza, l'inconscio personale e una vasta porzione dell'inconscio collettivo. L'obiettivo è raggiungere uno stato caratterizzato dalla staticità e immutabilità, noto come il corpo adamantino nell'alchimia cinese, il Corpus incorruptibilis nell'alchimia medievale e il Corpus glorificationis nella concezione cristiana. I mandala individuali non seguono modelli o tradizioni specifiche ma sono plasmati da presupposti archetipici, rappresentando un nuovo ordinamento e il raggiungimento di un nuovo centro della personalità. Essi esprimono ordine, equilibrio e totalità, portando il paziente dalla confusione all'ordine in modo non consapevole. Gli elementi formali del simbolo mandalico comprendono figure circolari o sferiche, fiori come la rosa o il loto, un centro rappresentato da sole, stella o croce, figure rotanti o a spirale, quadratura del cerchio, un castello o una città disposti a cerchio o quadrato, un occhio, e figure tetradiche, triadiche o pentadiche. La rosa o il loto, in interpretazione tantrica, rappresenta il grembo femminile, mentre il serpente o Kundalini simboleggia l'inconscio in letargo alla base del tronco. Altri simboli includono pietre o vasi rappresentanti il Lapis philosophorum e animali che denotano le forze istintive dell'inconscio. Una stella a cinque raggi, un pentagono, rappresenta l'uomo come essere naturale e inconscio, mentre il sole rappresenta la coscienza e l'illuminazione.
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