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Archetipi dell’oportere ex sponsio, Appunti di Diritto Romano

Appunti lezione di diritto romano 1

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 06/08/2019

Giovanni206
Giovanni206 🇮🇹

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Archetipi dell’oportere ex sponsio e più Appunti in PDF di Diritto Romano solo su Docsity! Archetipi dell’oportere ex sponsio Ci sono due istituti giuridico religiosi nei quali emerge l’uso dell’oportere, la dichiarazione di guerra (indictio belli) e gli opima spolia (le ottime spoglie del nemico). Indictio belli: la guerra per i romani è nel diritto, non è un fatto, non è fuori ma dentro il ius. È uno stato di eccezione allo stato naturale della pace, dunque ha bisogno di cause che la giustifichino perché se non fosse giustificata si considererebbe un atto di barbarie che non è proprio di un popolo. I romani hanno una serie di regole, lo ius in bellum. Regole giuridiche con le quali si deve esercitare e gestire la guerra. Con l’indictio belli il popolo romano può dichiarare guerra, in base a specifiche e tipizzate cause, ad un altro popolo. Come avveniva? In epoca regia, epoca molto antica, i Feziali (che non era un ceto esclusivo del popolo romano, ma erano presenti in molte altre comunità italiche) gestivano il rito di dichiarazione di guerra. Tale rito aveva una struttura: • Evento grave posto in essere da un altro popolo ai danni di Roma; • Il Pater Patratus (padre dei padri) capo dei feziali andava nel territorio dell’altro popolo (che tecnicamente non era ancora nemico) dove era intoccabile, non poteva essere ucciso, e faceva una dichiarazione formale consistente in: o Dichiarazione di ciò che è accaduto; o Fa una CONDICTIO (no condicio), ossia una intimazione formale al popolo aggressore in cui si intima di rendere le res e/o le persone oggetto dell’evento grave entro 30 giorni; • Torna a Roma; • Scaduti i 30 giorni il Rex si rivolge al Senato riferendo l’accaduto, quest’ultimo decide con votazione a maggioranza se dichiarare guerra oppure no. Liv. 1, 32,11: Confestim rex his ferme verbis patres consulebat: QUARUM RERUM LITIUM CAUSARUM CONDIXIT PATER PATRATUS POPULI ROMANI QUIRITIUM PATRI PATRATO PRISCORUM LATINORUM HOMINIBUSQUE PRISCIS LATINIS, QUAS RES NEC DEDERUNT NEC FECERUNT NEC SOLVERUNT, QUAS RES DARI FIERI SOLVI OPORTUIT DIC – inquit ei qui primum sententiam rogabat – QUID CENSES ? Livio (1.32.11), siamo nel primo libro in epoca regia, ci ricorda la prima dichiarazione di guerra e il formulario che si usava; contestualmente, immediatamente il re consultava i padres con queste parole: “Quarum rerum, litium, causarum condixit pater patratus populi Romani Quiritium patri patrato Priscorum Latinorum hominibusque Priscis Latinis, quas res nec dederunt nec fecerunt nec solverunt, quas res dari, fieri solvi, oportuit, dic quid censes?”–“A proposito degli oggetti, delle controversie e delle cause di cui il pater patratus del popolo romano ha discusso con il pater patratus dei Latini Prischi e con alcuni dei Latini Prischi, a proposito di ciò che non è stato consegnato, restituito e fatto di quello che doveva essere consegnato, restituito e fatto, dimmi,che cosa ne pensi?” Traduzione delProfessore: “Quelle cose, liti, cause il pater patratus del popolo romano dei quiriti al pater patratus degli antichi latini e uomini ha intimato quelle cose, nonché non fece, non sciolse quelle cose che OPORTUIT (al passato) dal fare o sciogliere, quindi che ritieni di fare?”. A questo punto il senato decideva se dichiarare guerra oppure no. La qualifica del popolo romano dei quiriti: i romani ne hanno una concezione concreta e plurale per questo non si può parlare di Stato romano. Nella dichiarazione di guerra l’intimazione del pater patratus non è fatta solo all’altro popolo in generale, ma anche a tutti i singoli cittadini di quella comunità (pater patratus populi Romani Quiritium patri patrato Priscorum Latinorum hominibusque Priscis Latinis) perché la guerra una volta dichiarata coinvolge ogni singolo cittadino. Abbiamo un uso di oportere al passato: il re dice al senatore “guarda lui aveva intimato a quello di restituire le persone/cose e quello non le ha restituite”, c'è un fatto storico che viene espresso (quas res nec dederunt nec fecerunt nec solverunt). Quindi quello che ha intimato ha fatto una condictio e passati i 30 giorni nessuno ha restituito niente e questo è un fatto passato, che è già accaduto nel momento in cui il re si rivolge al senato. Poi si ripete la stessa costruzione formale usando le stesse parole agganciandole a “oportuit”, la dottrina questa ripetizione la ritiene inutile si limita a semplificare, invece (secondo il professore) non lo è. Quella ripetizione ci fa capire lo slittamento tra il piano della realtà delle cose con quello della doverosità giuridica in quanto a seguito dell’intimazione non è stato restituito ciò che DOVEVA essere restituito. Per questo si faceva la guerra, essa però non è la conseguenza diretta della razzia, dell’attacco, della depredazione che il popolo nemico ha fatto a Roma. Dunque nella mentalità romana la dichiarazione di guerra consegue all’inadempimento di un dovere di restituzione connesso a quella razzia (responsabilità), la guerra è una extrema ratio, si cerca di evitarla dando la possibilità di restituire. Per quanto riguarda la costruzione al passato di “oportuit”, l’oportere si considera nato nel momento dell’intimazione del pater patratus oppure lo si considera nato nel momento in cui si realizza l’atto illecito che precede l’intimazione (il Professore preferisce questa seconda ipotesi). È chiara l’idea dell’uso dell’oportere in cui risulta molto forte il concetto di doverosità giuridica connessa ad una responsabilità. I due soggetti coinvolti nella faccenda sono i popoli, che vengono posti su un piano di eguaglianza e di sovranità. Opima spolia: Cosa sono? Qual è il contesto? Siamo in epoca antichissima perché si ricorda una legge di Numa Pompilio, ma si riesce anche a risalire a Romolo il fondatore di Roma, VIII secolo a.C. In questo periodo l’esercito romano è essenzialmente organizzato in chiave gentilizia, ogni gentes ha il suo esercito e il rex è il capo condottiero che li conduce tutti. Siamo inoltre in epoca di combattimenti eroici, gli scontri armati tra eserciti spesso venivano anticipati, ossia, i capi potevano prevedere l’esito dello scontro ed evitare lo spargimento di sangue dei cittadini facendo un duello tra loro. Il vincitore del duello vinceva la guerra. Questo è il contesto che spiega questo istituto, dunque il capo/re che sconfigge l’altro ha il diritto di prendere le spoglie, i simboli più significativi del potere e dedicarli a Jupiter sul Campidoglio. Nella storia di Roma questo evento è avvenuto poche volte, ciò è dovuto a fattori come l’avvento dell’esercito centuriato e al fatto che il re non partecipava più direttamente alle guerre. Fest. de verb. sign. s.v. opima spolia (Lindsay, 302): unde spolia quoque dux populi Romani duci hostium detraxit; quorum tanta raritas est, ut intra annos paulo <minus octigentos> trina contigerint nomini Romano: una, quae Romulus de Acrone; altera quae [consul] Cossus Cornelius de Tolumnio; tertia, quae M. Marcellus <Iovi Feretrio de> Viridomaro fixerunt. M. Varro ait opima spolia esse, etiam si manipularis miles detraxerit, dummodo duci hostium, <sed prima esse quae dux duci, neque enim quae a duce capta> non sint ad aedem Iovis Feretri poni, testimonio esse libros pontificum, in quibus sit: ‘PRO PRIMIS SPOLIIS BOVE, PRO SECUNDIS SOLITAURILIBUS PRO TERTIIS AGNO PUBLICE FIERI DEBERE’; esse etiam Pompilii regis legem opimorum spoliorum talem: ‘CUIUS AUSPICIO CLASSE PROCINCTA OPIMA SPOLIA CAPIUNTUR IOVI FERETRIO DARIER OPORTEAT, ET BOVEM CAEDITO, QUI CEPIT AERIS CC<C>; SECUNDA SPOLIA IN MARTIS ARA IN CAMPO SOLITAURILIA UTRA VOLUERIT CAEDITO; TERTIA SPOLIA, IANUI QUIRINO AGNUM MAREM CAEDITO, C QUI CEPERIT EX AERE DATO; CUIUS AUSPICIO CAPTA, DIS PIACULUM DATO’... Festo (prima parte), sugli opima spolia: “Unde spolia quoque dux populi Romani duci hostium detraxit” – “Le spoglie che il capo del popolo romano abbia tolto al capo dei nemici”, di queste ipotesi vi è un'enorme rarità, in poco meno di 830 anni è accaduto tre volte: 1. Romolo (rex) che sconfigge e prende le spoglie di Acrone; 2. Il console Cornelius Cossus le toglie a Tolumnio (re di Veio); 3. Marco Claudio Marcello le offre al tempio di Giove Feretrio(Campidoglio). La fonte di Festo è storica. Varrone (seconda parte) ci dice: “Opima spolia esse, etiam si manipularis miles detraxerit, dummodo duci hostium” – “Non deve essere per forza il capo romano a togliere le spoglie al capo nemico, può farlo anche un singolo soldato” l’importante è uccidere il capo nemico. Nei libri libri dei pontefici si riportano tre tipi di spoglie: I. Le prime devono portare al sacrificio di un bue (animale che porta l’aratro quindi molto prezioso, importante); II. Le seconde devono portare al sacrificio di animali come maiali o vitelli; III. Le terze devono portare al sacrificio l’agnello. Il sacrificio va fatto pubblicamente insieme alla dedica delle spoglie. In seguito arriva la legge di Numa Pompilio che conferma quanto ricavato da Varrone dai libri dei pontefici sulle opima spolia: “Cuius auspicio classe procincta opima spolia capiuntur, Iovi Feretrio darier oporteat, et bovem caedito, qui cepit aeris. Secunda spolia, in Martis ara in campo solitaurilia utra voluerit caedito... Tertia spolia, Ianui Quirino agnum marem caedito, qui ceperit ex aere dato. Cuius auspicio capta, dis
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